STORIA DELLA FORMA CANONICA DEL MATRIMONIO Prima del

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STORIA DELLA FORMA CANONICA DEL MATRIMONIO Prima del
STORIA DELLA FORMA CANONICA DEL MATRIMONIO
Prima del Concilio di Trento, la Chiesa non aveva stabilito una forma canonica ad
validitatem, ossia che rendesse l’atto - in questo caso l’unione tra due persone - valido e
stabile. Era presente un insegnamento della Chiesa che sosteneva non corrette le
relazioni stabilite in modo privato. La data dell’11 novembre 1563 rimane significativa
perché si riferisce alla emanazione della legge che introduceva in modo definitivo la
stabilità dell’atto, con l’obbligo di essere osservata ad validitatem. Tale legge è inserita nel
Decreto Tametsi1. Il punto più importante del decreto indicava che per evitare la
clandestinità dei matrimoni, diventava obbligatorio annunciarlo e durante la cerimonia
dovevano essere presenti il parroco della zona, dove almeno uno dei due coniugi
risiedevano, e almeno due testimoni. Il limite di tale decreto fu il fatto che non venne
esteso a tutta la Chiesa universale ma solo a zone limitate. Inoltre, nella pratica, la
presenza dei testimoni rimase facoltativa. Poiché la situazione non cambiava, alcuni
pontefici come Benedetto XIV, fecero delle riforme ma è papa Pio X che emana la
Costituzione Provida, (18 gennaio 1906), documento che anticipa il decreto Ne temere.
Questo decreto, datato 2 agosto 1907, segnò una svolta importante poiché riorganizzò in
modo quasi totale la legislazione del rito del matrimonio. Non si rendeva più necessaria la
presenza del proprio parroco ma era sufficiente la presenza del parroco del luogo in cui
veniva celebrato il matrimonio; fu creata la forma “straordinaria” che indicava come
comportarsi in caso di pericolo di morte o altre situazioni urgenti; la formula “ad
validitatem” venne estesa a tutta la Chiesa; l’obbligo di rispettare i doveri stabiliti dalla
forma canonica si applicava anche se uno solo dei due sposi era battezzato nella Chiesa
Cattolica; non era ammessa la presenza passiva del parroco ma questo doveva chiedere
e ricevere il consenso di entrambi gli sposi2. Il 27 maggio 1917 fu promulgato da papa
Benedetto XV il codice di diritto canonico3. Canoni specifici sul matrimonio li troviamo
all’interno del Codice di Diritto Canonico del 1917 (Pio Benedettino), nel libro V. Il nuovo
Codice di Diritto Canonico, promulgato da papa Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983,
stabilisce le norme per la celebrazione del matrimonio nei canoni 1055/1165 del libro IV.
Sr. Alessia Farronato
1
2
Cfr. J. F. CASTANO, Il sacramento del matrimonio, (ROMA 1991.), p. 210.
Ibidem, p. 213.
Il lavoro compiuto per arrivare a realizzare tale opera durò dodici anni e consistette soprattutto nel
considerare tutte le norme già vigenti riordinandole con un nuovo metodo. Tale metodo si basava
sulla codificazione che presentava i testi contenenti i precetti con una formula più breve e nuova.
Ne risultarono cinque libri. Questo Codice detto Pio-Benedettino, fu molto importante per la vita
della Chiesa. Tuttavia, si rese inevitabile la richiesta della sua revisione per i grandi cambiamenti
che si stavano verificando all'interno della società e della Chiesa stessa. Il 25 gennaio 1983, il Santo
Padre Giovanni Paolo II promulgava il Codice di diritto canonico dopo la sua revisione. Il progetto
di attuare tale revisione era stato annunciato da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959. In quella
occasione oltre all'intenzione di rivedere il codice del 1917, comunicò la volontà di celebrare un
sinodo nella diocesi di Roma e di convocare un Concilio ecumenico. Tutto il lavoro di revisione del
Codice si basò sulle indicazioni emerse dal Concilio. Lo scopo comune fu quello di restaurare la
vita cristiana. Le novità sostanziali introdotte dal concilio furono: la Chiesa è presentata come
popolo di Dio; l'autorità gerarchica è servizio; la Chiesa è spinta nel suo essere dalla "comunione".
Questo si realizza tra chiese particolari e Chiesa universale, fra collegialità e primato; i laici sono
membri attivi all'interno della Chiesa;è necessaria l'apertura ecumenica.
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