LE FIGURE RETORICHE DEL SIGNIFICATO File

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LE FIGURE RETORICHE DEL SIGNIFICATO
Le figure retoriche del significato (contrariamente a quelle del significante) possono essere
comprese solo se esiste un codice linguistico comune. Se, infatti, apostrofo una persona con la frase
“sei una volpe”, devo dare per scontato che anche il mio interlocutore possieda il concetto che la
volpe è furba, altrimenti non c’è comunicazione.
Se per esempio si dice a un bambino “sei un coniglio”, egli potrebbe pensare di avere le
orecchie lunghe o di avere una chioma particolarmente morbida: i bambini, fino a una certa età,
interpretano ogni concetto in senso letterale, in quanto non possiedono ancora la capacità di capire il
senso traslato. Nella fattispecie le frasi “sei una volpe”, “sei un coniglio” sono metafore [V.] .
L’ANAFORA È LA RIPETIZIONE DELLE STESSE PAROLE ALL’INIZIO DI VERSI
SUCCESSIVI ANCHE NON CONSECUTIVI
L’ANAFORA si basa su un meccanismo estremamente riconoscibile, in quanto usa
l’iterazione delle stesse parole all'inizio di versi successivi (non necessariamente consecutivi).
Vediamo subito qualche esempio: Per me si va nella città dolente, / per me si va nell'eterno
dolore, / per me si va tra la perduta gente. È evidente l’intenzione di sottolineare il concetto
attraverso l'uso ossessivo degli stessi termini.
Notevole l’utilizzo dell’anafora nelle canzoni; se ne cita solo qualcuna, fra tante:
Voglio una vita spericolata, / voglio una vita come quelle dei film; / voglio una vita esagerata, /
voglio una vita come Steve McQueen;
Oppure
Ehi, l’amore immaginato/ È quello vero quello vero quello vero quello amato / L'amore
immaginato / È quello che ti chiama e poi non ti chiama poi ti chiama poi sta li in agguato /
L'amore incasinato….
La caratteristica ripetitiva dell'anafora è tale da renderla riconoscibile anche in lingue
straniere eventualmente non conosciute:
it's times like these you learn to live again
it's times like these you give and give again
it's times like these you learn to love again
Simile meccanismo l’ANADIPLOSI, in cui l’ultima parola di un verso viene ripetuta nel
verso successivo: ma la gloria non vedo / non vedo il lauro e 'l ferro
L'ANTONOMASIA CONSISTE NEL SOSTITUIRE A UN NOME COMUNE UN NOME
PROPRIO CHE SIA IN UNA RELAZIONE CARATTERIZZANTE CON ESSO.
È molto comune nella lingua parlata, quando ci riferiamo ad oggetti chiamandoli col nome
del loro inventore, di chi l'ha commercializzato per primo o della marca più conosciuta: la penna
Byro per penna a sfera; Pullman per autobus; la Singer per una macchina per cucire; lo Scottex per
indicare la carta da cucina; il Kleenex per il fazzolettino di carta.
Si usa un'antonomasia quando ci si riferisce metaforicamente a personaggi conosciuti e
riconoscibili soprattutto per certe caratteristiche: essere (forte come) un Ercole, (bella come) una
Venere, (paziente come) un Giobbe, (incredulo come) un san Tommaso, (piangente come) una
Maddalena, (lamentoso come) un Geremia, (impari come) una lotta fra Davide e Golia; ma anche
"non sono Superman", "fare come Tarzan", ecc.
IL CHIASMO CONSISTE IN UN’INVERSIONE DEI TERMINI GRAMMATICALI O LOGICI
ALL’INTERNO DI UNA FRASE.
In frasi come “caffè dolce e cioccolato amaro” esiste una simmetria fra il sostantivo, che
viene espresso per primo, e l'aggettivo, che segue il nome. Stessa cosa nella frase “camminare
velocemente e parlare lentamente”: verbi e avverbi sono nello stesso ordine. Quando c’è un
chiasmo, invece, i rapporti sono asimmetrici, incrociati e le frasi diventano: “caffè dolce e amaro
cioccolato”, “camminare velocemente e lentamente parlare”: aggettivi e avverbi sono attigui,
sostantivi e verbi sono distanti. Il chiasmo prende infatti il nome da una lettera greca (la 'chi') che ha
la forma di un incrocio.
Il chiasmo dà come effetto un significativo cambio di ritmo che conferisce alla frase una
certa espressività, ed è piuttosto diffuso anche in poesia: Le donne superbe con pallida faccia, i figli
pensosi pensose guatar; E tremula la sera fatua: e fatua la sera e tremula, Sento greggi belar,
muggire armenti, Bei cipressetti, cipressetti miei.
Un famoso chiasmo logico è costituito dall’incipit dell’Orlando furioso, Le donne, i
cavalier, le armi gli amori: si tratta di quattro sostantivi, accoppiati da un’evidente attinenza.
IL CLIMAX CONSISTE NELLO STABILIRE UNA PROGRESSIONE ASCENDENTE TRA
TERMINI SUCCESSIVI.
Si usa per suggerire una tensione progressiva o regressiva (in tal caso di parla di climax
discendente o anticlimax) di una situazione: lo ho visto, riconosciuto e salutato; al contrario, lo ho
abbracciato, salutato con la mano e visto poi sparire dietro l'angolo.
Il climax si accompagna spesso all'asindeto, cioè l'uso insistito della virgola che serve a
esasperare il senso di fasi successive che incutono, per esempio, paura e senso di attesa: La terra
ansante, livida, in sussulto.
Altrettanto frequente il ricorso al polisindeto, vale a dire l'utilizzazione reiterata della
congiunzione per esprimere continuità o senso di soffocamento: E mi sovvien l'eterno e le morte
stagioni e la presente e viva e il suon di lei; oppure e l'uomo e le sue tombe e l'estreme sembianze e
le reliquie della terra e del ciel traveste il tempo.
L’ENDIADI CONSISTE NELL’UTILIZZO DI DUE TERMINI COORDINATI O ANCHE
SINONIMICI ALLO SCOPO DI SOTTOLINEARE UN CONCETTO.
Per rafforzare la valenza di un concetto viene spesso usata l’endiadi, che consiste nell’uso di
due termini che indicano lo stesso significato (spezza e fende; la vita e lo spirito), oppure
nell’utilizzo di due termini coordinati al posto del soggetto separato dal complemento (giustizia e
speranza anziché speranza nella giustizia; le vene e i polsi invece che le vene dei polsi).
LA FIGURA ETIMOLOGICA CONSISTE NELL'ACCOSTAMENTO DI DUE O PIÙ PAROLE
CHE CONDIVIDONO LA STESSA RADICE ETIMOLOGICA
Anche questa figura serve a rafforzare ed evidenziare un concetto (esta selva selvaggia),
talvolta con propositi allusivi di altri significati (Cred'io ch'ei credette ch'io credesse; e li
'infiammati infiammar sì Augusto)
Può essere confusa con la PARANOMASIA (vedi più sotto)
L’IPALLAGE CONSISTE IN UNO SPOSTAMENTO DI SIGNIFICATO DA UNA PAROLA A
UN’ALTRA
È una delle figure retoriche più difficili da individuare perché si può confondere spesso con
la metafora o la metonimia. Molto utilizzata da Dante e Leopardi, consiste nell’attribuire un
aggettivo a una parola contigua a quella appropriata (bianco per antico pelo: il bianco è da
attribuirsi al pelo, antico all’età di Caronte; la riva malvagia dell’Acheronte: la riva presso cui
sostano i dannati; le sudate carte: i libri su cui si studia; le chete stanze: in cui nessuno parla; le
mura dell'alta Roma, alto si riferisce alle mura).
Simile il meccanismo dell’ENALLAGE, molto utilizzato nella lingua parlata, che consiste in
uno scambio di forme grammaticali; p.e. una forma verbale per un’altra: domani non vengo; sabato
parto; un aggettivo per un avverbio: parla chiaro, E cominciommi a dir soave e piana.
L'IPERBOLE CONSISTE NELL'ESASPERAZIONE DI UN CONCETTO, PER ECCESSO O
PER DIFETTO.
Si tratta di una delle figure retoriche del significato più utilizzate anche nella lingua parlata: è
una particolare forma di metafora che intende rafforzare il concetto attraverso un'esagerazione
quantitativa che minimizzi o ingigantisca: ti sto aspettando da una vita; sono secoli che non ci
vediamo; attendi solo due secondi; faccio due passi; te l'ho detto mille volte; sono morto di
stanchezza; Ventiquattromila baci; in poesia: Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio.
L'iperbole nella forma dell'impossibilità assoluta prende il nome di Adynaton: S'i' fosse foco,
arderei il mondo / s'i' fosse vento 'l tempesterei.
LA LITOTE AFFERMA UN CONCETTO NEGANDO IL SUO CONTRARIO.
La litote afferma un concetto esprimendo la negazione del suo opposto. Si può infatti
parlare di una persona non alta (bassa); di un film non bello (brutto); di un libro non corto (lungo).
Ci sono esempi in ambito poetico: Che fugge dai brandi che sosta non ha, cioè continua a
correre; Non c'è cor che non batta per te, vale a dire tutti i cuori palpitano per te; io non son viva se
non nel tuo cuore, cioè sono morta.
La litote è molto simile all’eufemismo, con il quale si cerca di attenuare un concetto per non
ferire la sensibilità di chi ascolta (Com'è fatto il compito? Non tanto bene...); inoltre può avere una
sfumatura ironica, specie in espressioni metaforiche (non è uno stinco di santo, non è un fulmine,
non è una volpe, non è una cima, eccetera).
LA METAFORA È UNA COMPARAZIONE IMPLICITA, IN CUI NON APPARE IL SECONDO
TERMINE DI PARAGONE.
Gli esempi potrebbero essere innumerevoli, perché la metafora è usata comunemente anche
nella lingua parlata: sei una bestia, fare il gorilla, sembrare un figurino, hai una lingua di serpente,
essere una tomba, essere un asino e via dicendo.
Ecco invece qualche esempio in letteratura: Erano i capei d’oro a l’aura sparsi, intende
capelli biondi come l’oro; troppo sei bianca, il volto è quasi un giglio, vuole significare che il viso è
bianco come il fiore del giglio; Per gli altri no, eri un insetto miope, fa capire che si parla di una
persona poco importante; palpebre murate, indica una persona cieca.
LA METONIMIA CONSISTE NELL'UTILIZZARE AL POSTO DI UNA PAROLA UN ALTRO
TERMINE, CHE HA CON ESSA UN RAPPORTO DI CONTIGUITÀ LOGICA E
CONCETTUALE.
Esistono parecchie forme metonimiche: indicare il contenente al posto del contenuto (bere
un bicchiere di vino, mangiare un piatto di pasta); il materiale per l'oggetto (me vedrai seduto su la
tua pietra, cioè sulla tua lapide); l'autore per l'opera (ammirare un Velasquez; portate il Luperini);
l'effetto per la causa (con avido brando, maneggiare una spada col desiderio di uccidere); la causa
per l'effetto (Ora sento 'l coltello, cioè la ferita)
L’OSSIMORO ACCOPPIA TERMINI SOLITAMENTE ANTITETICI.
L'ossimoro è un tipico esempio di artificio stilistico che mira ad utilizzare la lingua in chiave
espressiva, senza tener conto della verosimiglianza. Infatti consiste nell'accostare parole in forte
contrapposizione e intende ottenere un effetto paradossale: Le urla del silenzio, per esempio, è il
titolo di un famoso film; Ghiaccio bollente, il titolo di una canzone.
Ecco anche alcuni esempi poetici: Sono giunto alla disperazione calma; Oh fortunati i miei
dolci martiri; bianca bianca nel tacito tumulto.
LA PARANOMASIA CONSISTE NELL'ACCOSTAMENTO DI DUE O PIÙ PAROLE SIMILI
CHE PERÒ NON CONDIVIDONO LA STESSA RADICE ETIMOLOGICA.
La paranomasia viene utilizata per conferire espressività alla frase creando un effetto
cacofonico o allitterante; è molto utilizzata nelle frasi idiomatiche e nei proverbi: carta canta, dalle
stelle alle stalle; Chi dice donna dice danno; Chi non risica non rosica; esempi letterari: Io fui per
ritornar più volte volto Talor, mentre cammino solo al sole
LA PERSONIFICAZIONE CONSISTE NEL RIVOLGERSI AD OGGETTI INANIMATI O
ASTRATTI CHE NON POSSONO RISPONDERE.
La personificazione intende conferire una certa enfasi al discorso, e consiste nel rivolgersi a
oggetti astratti o inanimati, ad animali o a persone già morte, pur con la consapevolezza che quindi
in nessun modo potrebbero rispondere.
In poesia, ma anche in prosa, esistono molteplici esempi: Or poserai per sempre stanco mio
cor; Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai / silenziosa luna?; Forse perché della fatal quïete / tu
sei l'imago a me si cara vieni / o sera; Pisa, vituperio delle genti; Né più mai toccherò le sacre
sponde / ove il mio corpo fanciulletto giacque,/ Zacinto mia; Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
/ di gente in gente, me vedrai sulla tua / pietra, o fratel mio.
LA SIMILITUDINE CONSISTE IN UNA COMPARAZIONE
COMPAIONO I DUE TERMINI DEL PARAGONE.
ESPLICITA,
IN
CUI
Esiste una relazione immediata fra la metafora [V.], che è un paragone implicito, e la
SIMILITUDINE, che è una delle figure del significato più facile da riconoscere: difatti individua
un’aperta somiglianza fra due termini, introdotta dalla congiunzione ‘come’ e meno frequentemente
da ‘quale’, ‘tale’; oppure dai verbi ‘sembrare’, ‘parere’, ‘apparire’.
Dal momento che la similitudine appartiene anche al linguaggio quotidiano, gli esempi sono
molteplicii: ti comporti come una bestia, sei imponente come una gorilla, sembri un figurino, sei
furbo come una volpe, sei tale e quale un coniglio, sembri una lince, eccetera.
Qualche esempio lirico: Qual raggio di sole da nuvoli folti; Ti sian come il fruscio che fan le
foglie; sei come la rondine che torna a primavera; Tu somigli un guscio di noce.
LA SINEDDOCHE È UNA PARTICOLARE FORMA DI METONIMIA CHE INDICA LA
PARTE PER IL TUTTO
Molto frequente in letteratura (da lunge il miei tetti saluto, cioè la mia città; a voi le palme
tendo, cioè le mani), esiste anche nella forma opposta, cioè il tutto per la parte (dire l'America per
indicare gli Stati Uniti; Ma perché pria del tempo a sé il mortale; Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali: per mortale si intende l’uomo, così come tutte le creature)
LA SINESTESIA METTE IN RAPPORTO PERCEZIONI RIFERITE A SENSI DIVERSI.
È un artificio stilistico (una particolare forma di metafora) estremamente espressivo che
mette in relazioni sfere sensoriali differenti, creando una frase ad effetto. Viene frequentemente
utilizzata in pubblicità (per esempio, Ascolta la tua sete) e nella lingua parlata: colore freddo, voce
chiara, bel sapore, bel profumo.
Frequenti gli esempi in poesia: urlo nero, la luce era gridata a perdifiato, pigolio di stelle, si
riferiscono a vista e udito; dolce rumore a gusto e udito.