Dossier stampa Balthus
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Dossier stampa Balthus
cartella stampa Scuderie del Quirinale 24.10.2015-31.01.2016 Académie de France à Rome , Villa Médicis 24.10.2015-31.01.2016 Kunstforum Wien 17.02.2016-19.06.2016 Scuderie del Quirinale, La retrospettiva Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, L’atelier 24 ottobre 2015 – 31 gennaio 2016 a cura di Cécile Debray Scuderie del Quirinale via XXIV Maggio 16 00187 Roma T +39 06 696 27 1 www.scuderiequirinale.it Académie de France à Rome, Villa Médicis viale Trinità dei Monti 1 00187 Roma T +39 06 676 11 www.villamedici.it Kunstforum Wien Freyung 8 1010 Wien T +43 (0) 1 537 33 26 www.kunstforumwien.at sommario Comunicato stampa Scheda informativa Introduzione della curatrice Note biografiche della curatrice Biografia Balthus Approfondimenti Scheda catalogo Visite e attività didattiche Incontri comunicato stampa Le Scuderie del Quirinale, con Electa, e l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici presentano, dal 24 ottobre 2015 al 31 gennaio 2016, la mostra Balthus, una grande retrospettiva organizzata a quindici anni dalla morte del pittore e dall’ultima esposizione che gli è stata dedicata in Italia. La mostra sarà in seguito al Kunstforum di Vienna dal 17 febbraio al 19 giugno 2016, prima monografica dell’artista in Austria. Curata da Cécile Debray, conservatrice al Museo Nazionale d’Arte Moderna Centre Pompidou, con la collaborazione di Matteo Lafranconi per la sezione alle Scuderie del Quirinale a Roma e di Evelyn Benesch per Vienna, la mostra riunisce più di duecento opere: quadri provenienti da importanti musei e da collezioni private prestigiose, ma anche un’ampia selezione di disegni e di fotografie. L’esposizione ripercorre la carriera di Balthus proponendo nuovi spunti di riflessione sul lavoro di uno dei più originali artisti del Novecento. Balthus è profondamente legato all’Italia. Il suo primo viaggio nel nostro paese, nel 1926, rappresenta uno spartiacque per la sua vocazione artistica. Folgorato dalla scoperta dei maestri del Rinascimento toscano, in particolare di Piero della Francesca, Balthus ne eredita la chiarezza formale, la capacità narrativa, il senso della composizione. È proprio da questa tradizione – integrata dalla conoscenza dei movimenti italiani del Realismo magico e della Metafisica, oltre che dalla Nuova Oggettività tedesca – che trae origine quell’atmosfera sospesa ed enigmatica che è caratteristica distintiva delle sue opere, in particolare dei capolavori degli anni Trenta. Il legame con l’Italia si rafforza a partire dal 1961, quando viene nominato direttore dell’Accademia di Francia a Roma. Rimane a Villa Medici fino al 1977, e qui sviluppa una nuova pratica del disegno e della pittura, traendo ispirazione dalle tecniche del passato per reinventare la propria. In questo periodo intraprende degli importanti lavori di restauro di Villa Medici, che ancora oggi caratterizzano gli spazi interni del palazzo e i giardini. Alle Scuderie del Quirinale la mostra presenta circa centocinquanta opere, riunendo capolavori appartenenti a tutte le fasi della carriera di Balthus, in un percorso cronologico che si sviluppa attorno ad alcuni temi centrali: l’eredità rinascimentale, l’infanzia, l’influenza di opere letterarie come Cime tempestose di Emily Brontë e Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll; l’importanza degli scambi con Antonin Artaud, André Derain, Alberto Giacometti o con suo fratello Pierre Klossowski. Saranno esposte opere chiave, come La toilette de Cathy (1933), Le Roi des chats (1935), Les enfants Blanchard (1937), La Patience (1946-48), La Chambre (1952-54), Le Rêve II (1956-57), La Phalène (1959), Les Joueurs de cartes (1968-73), Le Peintre et son modèle (1980-81). Eccezionale il prestito del primo grande capolavoro di Balthus, La Rue (1933) dal MoMA, presentato per la prima volta a fianco alla prima versione del dipinto, realizzata dall’artista nel 1929. A Villa Medici l’esposizione si focalizza invece sul processo di lavoro dell’artista durante il periodo romano e negli anni successivi. Attraverso più di cinquanta opere tra dipinti, disegni e fotografie, i visitatori hanno l’opportunità di scoprire gli aspetti meno noti dell’universo creativo di Balthus, nella cornice unica di Villa Medici che per sedici anni è stata il suo laboratorio artistico. La mostra propone diversi capolavori, tra cui La Chambre turque (1963-66), eccezionalmente prestato dal Centre Pompidou ed esposto poco lontano dalla stanza che raffigura, Japonaise à la table rouge (1967-76) e Nu de profil (1973-77). Questi celebri dipinti sono accompagnati da una selezione di schizzi, fotografie e disegni preparatori che permette di ripercorrere le diverse fasi di lavoro. Il percorso non si limita alle sale d’esposizione ma include alcuni dei luoghi più emblematici di Villa Medici, reinventati da Balthus attraverso un metodo inedito di applicazione del colore. Inoltre la camera turca, raffigurata nell’omonimo quadro, è per la prima volta accessibile al pubblico. A Vienna la mostra, che inaugura a febbraio 2016, mette invece in particolare evidenza i legami tra Balthus e la cultura germanica, rivelando l’influenza decisiva del pensiero mitteleuropeo sul lavoro del pittore. L’esposizione è accompagnata da un importante catalogo, pubblicato da Electa, che comprende diversi saggi firmati da specialisti internazionali dell’opera di Balthus. %DOWKXVB,0335,0(SSLWDLQGG Coordinamento scientifico Valérie Loth Curatrice per il Kunstforum Wien Evelyn Benesch Co-curatela per le Scuderie del Quirinale Matteo Lafranconi Mostra e catalogo a cura di Cécile Debray, Centre Pompidou – Musée national d’art moderne Visita in mostra e laboratorio per famiglie e scuole dell’infanzia e primarie Servizi educativi, formazione e didattica Azienda Speciale Palaexpo Visite guidate per le scuole secondarie e gruppi CoopCulture, Società Cooperativa Culture Direttore area amministrazione e controllo di gestione Fabio Merosi Direttore area affari legali Andrea Landolina Responsabile comunicazione e immagine Luisa Ammaniti Responsabile promozione e customer care Chiara Guerraggio Responsabile catalogo e archivio iconografico Flaminia Nardone Ufficio stampa Piergiorgio Paris Responsabile programmazione cinema e auditorium Marco Berti Responsabile ICT Davide Dino Novara Responsabile eventi, coordinamento segreteria e attività di staff della direzione generale Barbara Guerrini Responsabile servizi di accoglienza Stefano Natali Responsabile affari generali Rossella Longobardi Responsabile servizi aggiuntivi e bookshop Marcello Pezza Grafica dell’Azienda Speciale Palaexpo Alfredo Favi – Arkè Project Team Direttore operativo Daniela Picconi Responsabile ufficio organizzazione mostre Alexandra Andresen Responsabile ufficio tecnico e progettazione Francesca Elvira Ercole Registrar per la mostra Chiara Eminente Commissione scientifica delle Scuderie del Quirinale Presidente Antonio Paolucci Cristina Acidini, Mario De Simoni, Louis Godart, Giovanna Marinelli, Claudio Parisi Presicce Segretario della commissione scientifica delle Scuderie del Quirinale e responsabile attività scientifiche e culturali Matteo Lafranconi La mostra è organizzata da Azienda Speciale Palaexpo – Scuderie del Quirinale con Electa Académie de France à Rome – Villa Medici In collaborazione con Kunstforum Wien Collegio dei revisori dei conti Presidente Andrea Bonelli Revisori Paolo Di Rocco, Erica Di Santo Direttore generale Mario De Simoni Commissario Innocenzo Cipolletta Assessore alla Cultura e allo Sport Giovanna Marinelli Sindaco Ignazio R. Marino Enti promotori Roma Capitale – Assessorato alla Cultura e allo Sport Ministère de la Culture et de la Communication Vienna, Kunstforum Wien 17 febbraio – 19 giugno 2016 Roma, Scuderie del Quirinale / Académie de France à Rome – Villa Medici 24 ottobre 2015 – 31 gennaio 2016 BALTHUS Con il patrocinio di Ministère de la Culture et de la Communication Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella Supporto amministrativo, tecnico e logistico Segreteria di direzione Assistente della direttrice Mariangela Colaneri Segretarie Roberta Cafasso, Antonella Grassi Architetto, assistente alla committenza e responsabile dei lavori e spazi verdi Françoise Laurent Giardinieri Massimo Annesi, Simone Checconi, Gianni Di Gianfelice, Giacomino Iannilli, Palma Longo, Paolo Marsili Bibliotecaria Raffaella Carchesio Missione di conservazione e valorizzazione del patrimonio Referente per le attività musicali Anouck Avisse Responsabile delle attività letterarie Michela Terreri Responsabile delle mostre, delle edizioni e delle attività pedagogiche Alexis Sornin Assistente all’organizzazione delle mostre e alla realizzazione dei cataloghi Cecilia Trombadori Assistente all’organizzazione delle mostre e alla didattica Maria Luisa Pappadà Assistente per le attività didattico-pedagogiche e per l’organizzazione delle mostre Selene Turchetti Assistente per le attività didattico-pedagogiche Mary Baldo Storia dell’arte Assistente addetta al patrimonio e agli archivi Alessandra Gariazzo Assistente addetta ai seminari, pubblicazioni e segreteria Patrizia Celli Assistente addetta alla documentazione scientifica Lena Maria Perfettini Referente per la politica di archiviazione Angela Stahl Missione di diffusione culturale Responsabile del supporto ai borsisti e residenti Christine Ferry Referente per la logistica per i borsisti e residenti, Referente per l’audiovisivo Giovanni Mastrocesare Missione di accoglienza dei borsisti e residenti Responsabile del dipartimento di storia dell’arte Jérôme Delaplanche Agente contabile Franck Rassu Segretaria generale Claudia Ferrazzi Direttrice Muriel Mayette-Holtz Presidente del consiglio di amministrazione Thierry Tuot Ufficio stampa e comunicazione Monica Brognoli Ilaria Maggi Valentina Masilli Catalogo Valérie Béliard Silvia Cassani Responsabile editoriale Carlotta Branzanti Direttore generale Rosanna Cappelli Assistente curatrice e assistente ufficio mostre Barbara Gilly Responsabile ufficio mostre Lisa Kreil Responsabile comunicazione Wolfgang Lamprecht Vice-direttrice e capo-curatrice Evelyn Benesch Direttrice Ingried Brugger con il patrocinio di Intendente Alessia Grassi Addetti all’accoglienza Floriana Filosini, Riccardo Iamotti, Grazia Michelangeli Addetto all’accoglienza notturna Stefano Morbidelli Agenti di servizio/addetti alle pulizie e alla manutenzione Sabrina Antonelli, Maria Grazia Forgia, Lyudmyla Mazur, Corrado Minnei, Marco Partigianoni Cuoco, maggiordomo Gabriele Grassi Maggiordomo, autista Stefano De Vecchis Responsabile dei servizi finanziari Franck Rassu Assistente Eugenia D’Ulizia Gestori contabili Sandro Guarneri, Ernesto Aloisi Responsabile delle risorse umane Lavinia Triglia Responsabile della promozione e delle locazioni Michela Terreri Responsabile della comunicazione e dell’informazione Alessandra Montecchi Assistente per la comunicazione e l’informazione Marie Artuphel Responsabile della produzione e della logistica Enrico Salvatore Assistente Massimiliano Gentilucci Addetto alla corrispondenza e alle commissioni esterne Graziano D’Onofrio partenaires médias couverture médiatique %DOWKXVB,0335,0(SSLWDLQGG partenaires techniques sponsors sponsor principal Autori del catalogo Evelyn Benesch Jean Clair Cécile Debray Catherine Grenier Stéphane Guégan Valérie Loth Camille Morando Didier Ottinger François Rouan Didier Semin Alfred Springer Marco Vallora Camille Viéville Revisione conservativa delle opere in mostra Grazia de Cesare (Scuderie del Quirinale) Emanuele Marconi (Scuderie del Quirinale) Tiziana Sorgoni (Scuderie del Quirinale) Manuela Belli (Villa Medici) Trasporti Montenovi Srl Realizzazione dell'allestimento Articolarte (Scuderie del Quirinale) Gisberto Bentivoglio (Académie de France à Rome – Villa Medici) voiture officielle Progetto di allestimento e direzione dei lavori d'installazione Francesca Ercole con Paolo Pezza e Luca Caselli (Scuderie del Quirinale) Enrico Salvatore (Académie de France à Rome – Villa Medici) Immagine coordinata della mostra e del catalogo Francesco Armitti catalogo con Olivier Husson E tutti i prestatori che hanno preferito rimanere anonimi Collezioni Harumi Klossowska de Rola Setsuko Klossowska de Rola Stanislas Klossowski de Rola Gli organizzatori, insieme con la curatrice, desiderano esprimere il massimo riconoscimento e la più viva gratitudine a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, hanno cooperato alla realizzazione della mostra, scusandosi per ogni eventuale e assolutamente involontaria omissione. Aix en Provence, Musée Granet Bruno Ely, Direttore Amiens, Musée de Picardie Sabine Cazenave, Direttrice Antibes, Musée Picasso Jean-Louis Andral, Direttore Barcellona, Fundació Joan Miró Rosa Maria Malet, Direttrice Berlino, Collezione Ulla e Heiner Pietzsch Caen, Musée des Beaux-Arts Emmanuelle Delapierre, Direttrice Chicago, The Art Institute of Chicago Douglas Druick, Presidente e Direttore Colonia, Collezione Speck Filadelfia, Philadelphia Museum of Art Timothy Rub, Direttore Hartford, Wadsworth Athenaeum Museum of Art Susan Ann Talbott, Direttrice Lisbona, Museu Coleção Berardo Pedro Lapa, Direttore Londra, Collezione Giancarlo Giammetti Londra, National Portrait Gallery Nicholas Cullinan, Direttore Londra, Roman Family Collection Londra, Tate Nicholas Serota, Direttore Chris Dercon, Direttore Tate Modern Marsiglia, Musée Cantini Christine Poullain, Direttrice Martigny, Collezione Fondation Pierre Gianadda Léonard Gianadda, Presidente New York, Anne Leone e Daniel Ludwig New York, The Elkon Gallery Dorothea McKenna Elkon, Presidente New York, The Metropolitan Museum of Art Thomas P. Campbell, Direttore New York, The Museum of Modern Art Glenn Lowry, Direttore New York, The Pierre and Tana Matisse Foundation Collection Alessandra Carnielli, Direttrice esecutiva Parigi, Bibliothèque nationale de France Bruno Racine, Presidente Parigi, Centre Pompidou – Musée national d'art moderne, Centre de création industrielle Serge Lasvignes, Presidente Parigi, Collezione Caroline La Blanche Parigi, Collezione Fondation Giacometti Catherine Grenier, Direttrice Parigi, Galerie Claude Bernard Claude Bernard, Direttore Parigi, Galerie Hopkins Waring Hopkins, Direttore Parigi, Musées d’Orsay et de l’Orangerie Guy Cogeval, Presidente Laurence des Cars, Direttrice Parigi, Musée national Picasso Laurent Le Bon, Direttore Poughkeepsie (New York), The Frances Lehman Loeb Art Center – Vassar College James Mundy, Direttore Rossinière, Fondation Balthus Peter Berger, Presidente Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen Sjarel Ex, Direttore Troyes, Musée d'Art moderne Éric Blanchegorge, Direttore Vevey, Musée Jenisch Julie Enckell Julliard, Direttrice Washington, D.C., Hirshhorn Museum and Sculpture Garden, Smithsonian Institution Melissa Chiu, Direttrice Zurigo, Collection M. David Lachenmann Tutti i prestatori siano qui ringraziati per la disponibilità a concedere opere la cui assenza, indubbiamente, sguarnisce i musei o le dimore dove vengono abitualmente conservate. In particolare si esprime la più sincera riconoscenza ai conservatori e ai loro collaboratori: Matthew Affron Stéphanie Barbé-Sicouri Sylvain Bellenger Claire Bernardi Mary Busick Daphné Castano Cyril Chazal Clément Chéroux Caroline Collier Stephanie D’Alessandro Nathalie Devèze Élise Dubreuil Guillaume Fau Matthew Gale Marie Pierre Gauzes Audrey Gonzalez Thierry Grillet Evelyn C. Hankins Cyntia Iavarone Olivier Le Bihan Mathilde Lecuyer Isabelle Le Drouillenec Olga Makhroff Claude Miglietti Cécile Morrison Sabine Rewald Joseph J. Rishel Cora Rosevear Véronique Sorano Stedman Per il generoso sostegno si esprime viva gratitudine a: Frédérique, Charles e Jean-Charles Tison Sia rivolta anche a loro la nostra riconoscenza. Galerie Gagosian, Parigi Larry Gagosian Jean-Olivier Desprès Pepi Marchetti Franchi Elsa Favreau La mostra ha beneficiato del prezioso supporto della famiglia dell'artista : Setsuko Klossowska de Rola Stanislas Klossowski de Rola Thadée Klossowski de Rola Harumi Klossowska de Rola Benoît Peverelli Anna Klossowska de Rola La mostra non sarebbe stata possibile senza il generoso sostegno del Centre Pompidou / Musée National d'Art moderne; al suo direttore, Bernard Blistène, va la nostra sincera gratitudine. Questo progetto deve molto al sostegno scientifico e amichevole di Jean Clair, che si ringrazia calorosamente. Ringraziamenti Prestatori Vogliamo anche ringraziare per i consigli e la disponibilità tutti coloro che hanno contribuito allo sviuppo della mostra e al suo catalogo: Eleanor Acquavella Patricia Aldobrandini Stefano Aluffi Pentini Alberto Arbasino Stéphan Auriou Sandra Basch et Frédéric Londeix Olivier Berggruen Raphaele Bianchi Élodie Boulte Estrellita Brodsky Guido Brivio Mary Busick Francesca Cappelletti Rita Caltagirone Caterina Cardona Clarenza Catullo Daniela Cecchini Alban Chaine Joshua Chuang Laura Cibrario Ester Coen Maud Collot Polissena di Bagno Christopher Dean/Loomis Dean Photography Moriah Evans Guillaume Fau Un particolare ringraziamento a Léonard Gianadda per la generosa collaborazione. Artcurial Francis Briest Jessica Cavalero Anne de Turenne Lefevre Fine Arts Ltd, Londra Sarah Talbot Capes Sotheby’s Christie’s, Parigi Tatiana Ruiz Sant Christie’s, Londra Olivier Camu Laetitia Pot Saskia Taylor Connery Pissarro Seydoux, New York Lionel Pissarro Annastacia Wollmering Galerie Gradiva, Parigi Thomas Bompard Galerie Claude Bernard, Parigi Elizabeth Mabin Richard Nagy Ltd., Londra Nina Hartl The Elkon Gallery, New York Per le gentili intermediazioni con i collezionisti privati, si ringraziano: Pari riconoscenza viene rivolta a tutti quei prestatori che hanno preferito restare anonimi. Jonas Storsve Ann Temkin Oliver Tostmann Sheena Wagstaff Gli eredi-donatori del Musée national Picasso Infine, gli organizzatori desiderano rivolgere uno speciale ringraziamento a Ginevra Elkann per l'inestimabile sostegno. Un ringraziamento particolare agli autori del catalogo. Olivier Gabet Bernhard et Mania Hahnloser Sabine Hahnloser-Tschopp Anna Hiddleston Dona Hochart Cynthia Iavarone Charles Janoray Lorenzo Latini Maria Leone Cattaneo Nicolas Liucci-Goutnikov Marina et Sandro Manzo Jackie Matisse-Monnier Mathilde Lecuyer Annick Lemoine Sylvia Lorant Olga Makhroff Daniel Marchesseau Ann Marcus Marica Mercalli Paola Montaldi Eliza Osborne Pilar Ordovas Dominique Païni Virginie Pedrisot Elena Pontiggia Dominique Radrizzani Elisabetta Rasy Alberto Ricci Connie Rogers Tilton François Rouan Francesco Scoppola Luis Serrano Caty Shannon e Antoine Monnier Esperanza Sobrino scheda informativa titolo BALTHUS La retrospettiva – Scuderie del Quirinale L’atelier – Villa Medici sede Roma, Scuderie del Quirinale Via XXIV Maggio 16, Roma www.scuderiequirinale.it Accademia di Francia a Roma – Villa Medici Viale Trinità dei Monti 1, Roma www.villamedici.it date al pubblico 24 ottobre 2015 – 31 gennaio 2016 mostra a cura di Cécile Debray patronato Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana promossa da Roma Capitale - Assessorato alla Cultura e allo Sport Ministère de la Culture et de la Communication organizzata da Azienda Speciale Palaexpo – Scuderie del Quirinale con Electa Accademia di Francia a Roma – Villa Medici in collaborazione con catalogo Bank Austria Kunstforum Wien orari Scuderie del Quirinale dalle 10.00 alle 20.00 da domenica a giovedì dalle 10.00 alle 22.30 venerdì e sabato (ultimo ingresso un’ora prima dell’orario di chiusura) Villa Medici dalle 10.00 alle 19.00 da martedì a domenica (ultimo ingresso alle 18.30) chiuso il lunedì biglietti Scuderie del Quirinale 12 euro intero; 9.50 ridotto Electa Villa Medici 12 euro intero; 6 euro ridotto. Biglietto valido per l’ingresso alla mostra e la visita di Villa Medici. Oltre alle riduzioni abituali, chi si recherà in una delle due sedi espositive con il biglietto della mostra Balthus emesso nell’altra sede, beneficerà dell’ingresso ridotto. scheda informativa informazioni, visite guidate e laboratori didattici Scuderie del Quirinale T 06 39 96 75 00 Villa Medici Singoli e gruppi [email protected] T 06 67 611 Scuole [email protected] T 06 67 61 243 comunicazione e ufficio stampa Ufficio stampa Azienda Speciale Palaexpo Piergiorgio Paris T +39 06 48 94 12 06 / [email protected] Segreteria - Dario Santarsiero T +39 06 48 94 12 05 / [email protected] Ufficio stampa Accademia di Francia a Roma Villa Medici Italia Marta Colombo T 340 34 42 805 / [email protected] Francesca Venuto T 349 57 80 211 / [email protected] Francia Isabelle Baragan / Babel Communication T +33 (0)6 71 65 32 36 / [email protected] Ufficio stampa Electa Valentina Masilli T 06 47 49 74 02 [email protected] Ilaria Maggi T 02 71 046 250 [email protected] introduzione dal catalogo Esporre Balthus Testo in catalogo di Cécile Debray La pittura di Balthus è rara, oggi poco esposta. La comparsa delle sue ultime polaroid ha suscitato una polemica, anacronistica e tuttavia molto attuale, a proposito dell’universo balthusiano1, rivelando una conoscenza sommaria e parziale della sua opera ma soprattutto un clima reazionario. In questo momento, perciò, una retrospettiva “Balthus” si rende necessaria. A quindici anni dalla morte dell’artista, dopo l’esposizione di Palazzo Grassi organizzata da Jean Clair nel 2001 (2), l’opera di Balthus va mostrata ancora una volta, per fornire al pubblico di oggi una lettura autentica delle implicazioni pittoriche, estetiche, intellettuali e storiche a essa legate. Il contesto del 2001 – momento della scomparsa del pittore – è mutato: mentre all’epoca il curatore della mostra – con un vero e proprio tour de force di cui gli fu reso merito – era riuscito a raccogliere tutti i quadri esposti nel 1934 alla Galerie Pierre, compreso lo scandaloso Leçon de guitare [La lezione di chitarra] (1933), oggi riunire i dipinti di Balthus è difficile ed esporre opere quali Thérèse rêvant [Thérèse sogna] (1938) o Les Beaux jours [I bei giorni] (1944-1946) suscita reazioni irritate e moraliste (3)… Il realismo aspro di Balthus provoca ancora un disagio e una tensione che costituiscono la forza e la particolarità della sua pittura, inclassificabile, come osserverà presto Antonin Artaud: “La pittura di Balthus è una rivoluzione incontestabilmente rivolta contro il surrealismo, ma anche contro l’accademismo in tutte le sue forme. Attraverso la rivoluzione surrealista, attraverso le forme dell’accademismo classico, la pittura rivoluzionaria di Balthus riscopre una sorta di misteriosa tradizione” (4). La potenza delle sue immagini è tanto più duratura quanto più classico è il suo stile, caratteristica che Pierre Klossowski– il fratello – enuncia con precisione: “In Balthus il vincolo della disciplina pittorica tradizionale esercita una censura nei confronti del suo stesso pathos; ma, come nei ‘classici’, il pathos ne risulta favorito” (5). Dopo aver ricordato la particolarità figurativa dell’opera di Balthus, è alla questione filosofica e fenomenologica del realismo e della rappresentazione che bisognerebbe rimandare gli osservatori della nostra epoca, cieca nei confronti della pittura. Per questo motivo ci permetteremo di riprendere le parole del filosofo Philippe Lacoue-Labarthe che nel 1984, in occasione della prima retrospettiva (6), pubblica un breve testo sulla fascinazione esercitata dalle immagini di Balthus, precisando: “Le immagini di Balthus, naturalmente includendo lo stile e la materia” (7) e indicando ciò che lui definisce “cliché”. “Di certe donne o di certe adolescenti, di alcuni interni o di alcune luci possiamo dire: questo è Balthus” (8), prosegue l’autore, dimostrando in che modo Balthus rappresenta la rappresentazione: “Poiché possiamo dire: è Balthus, comprendiamo o cominciamo a comprendere perché Balthus dipinge delle immagini. Non credo che il suo intento sia ‘dipingere la realtà’ – anche se la realtà, per ciò che possiede di insolito (non di meraviglioso, ma di enigmatico), lo affascina e attira il suo sguardo. E gli permette di vedere. Ma il suo proposito è proprio rappresentare ciò che permette di vedere. Ciò che per lui è immagine: per rendere possibile la visione, per riconoscere ciò che è, così com’è, servono le immagini. Senza immagini non vediamo nulla: senza rappresentazione non c’è alcuna presenza. Balthus lo sa, grazie al più indefinito e più determinante dei saperi, quello che i Greci chiamavano tékhnè: conoscere le cose del mondo. Questo infatti è l’arte” (9). “Rappresentare ciò che permette di vedere” sembra indicare con estrema precisione quello che l’anziano Balthus tenta disperatamente di fare con le sue polaroid, ripetute e ripetitive. Il fulcro della mostra si basa sull’approccio fondamentale costituito dalle analisi contemporanee di Antonin Artaud (10), Pierre Klossowski (11) e Pierre Jean Jouve (12) sulla dimensione sovversiva e crudele delle opere di Balthus che risalgono agli anni trenta del Novecento, caratterizzate da una figurazione incisiva; le analisi sono poi completate dalla visione filologica di Jean Clair che ricolloca il pittore in un sottile reticolo di relazioni testuali e visive, all’interno di un vasto contesto culturale che va dall’Italia del Rinascimento fino alla Mitteleuropa degli anni venti e agli artisti italiani del Novecento (13), studio che ha aperto la strada alle analisi storiche posteriori (14). La pubblicazione nel 2003 della curiosa e amara biografia a opera di Nicholas Fox Weber, alle prese con la questione dell’ebraicità di Balthus e del suo supposto odio per se stesso, ha evidenziato più chiaramente il tema dell’identità del personaggio di dandy e di ari- introduzione stocratico imprevedibile e caustico, seducente e provocatore che Balthus ha costruito durante la sua lunga vita: dal giovane Balthusz protetto da Rilke, all’amico di Artaud, di Giacometti e di Bataille, dal conte de Rola rinchiuso nel castello di Chassy con la giovane nipote Frédérique, al brillante e mondano direttore dell’Accademia di Francia a Roma, novello Ferdinando de’ Medici, fino all’anziano maestro, saggio eremita giapponese insieme alla giovane moglie Setsuko nel grande chalet isolato tra le montagne. La “costruzione” di un’identità, secondo una duplicità volontaria, scaltra e tirannica, un gusto incontestabile per il teatro, i costumi e i rituali, è significativa di una posizione artistica che, dagli esempi di Duchamp/Rrose Sélavy, alle finzioni di Broodthaers o di Sophie Calle, aderisce alle pratiche contemporanee. La questione della fotografia, infine, ultima controversia della storiografia balthusiana, permette di esaminare le sue procedure tecniche e pittoriche, sempre in evoluzione, e il suo rapporto con il disegno e gli altri supporti. Grazie a studi recenti dedicati agli interventi di Balthus a Villa Medici (15) e grazie alla testimonianza sensibile e riflessiva dell’artista François Rouan, uno degli ultimi amici e “assistenti” autorizzati a entrare nello studio di Balthus (16), oggi un approccio più “formalistico” alla sua opera è possibile. Il percorso di questa esposizione, cronologico nel suo complesso, si snoda tra alternanze e confronti con fonti e opere con cui Balthus dialogava – le note di Antonin Artaud, le illustrazioni e le fotografie di Lewis Carroll, la pittura di Derain, i disegni e la scultura di Giacometti, il video di François Rouan – e si articola in undici capitoli, ognuno dei quali associato, nel catalogo, a un breve saggio sul tema o su un aspetto a esso collegato. L’opera si conclude, infine, con un’importante cronologia che cita ampiamente i testi critici fondamentali e le dichiarazioni di Balthus. La Rue Balthus presenta la sua prima opera importante, La Rue [La strada], 1933, come il “manifesto di un atteggiamento plastico” (17). Il dipinto, scena di strada familiare ambientata in pieno quartiere latino e i cui personaggi principali sono dei bambini, sintetizza le caratteristiche principali delle sue opere future: scene di giochi infantili silenziosamente erotiche, costruzione quasi geometrica della composizione – come negli affreschi di Piero della Francesca che Balthus ha visto ad Arezzo nel 1926 – con il ricorso alla sezione aurea e alla griglia prospettica, fissità molto teatrale dei personaggi: Artaud parla di una “strada dove sfilano degli automi da sogno”. Se consideriamo le tele precedenti, piccole scene parigine dal naturalismo morbido, questa grande composizione costituisce in effetti una rottura, un’attuazione dei principi di disposizione e stilizzazione osservati nelle opere dei Primitivi italiani, essenzialmente Piero della Francesca di cui copia gli affreschi. Il vivo interesse per i Primitivi francesi e italiani non riguarda esclusivamente Balthus; i numerosi gruppi neoumanistici che si costituiscono negli anni trenta del Novecento nel contesto di una scena artistica in crisi, come il gruppo Forces Nouvelles che espone nel 1935 alla Galerie Billiet Pierre Vorms (Robert Humblot, Georges Rohner, Henri Jannot, Jean Lasne), predicano un ritorno al disegno, al ritratto, alla tradizione attraverso una figurazione pesante, monumentale, su temi contadini o operai. Nell’opera di Balthus, tuttavia, l’intento è molto diverso e si fonda su un insieme di fonti differenti che sono, oltre alle opere del Quattrocento, le illustrazioni di letteratura per bambini (Hoffmann, Tenniel, Wilhelm Busch, le tavole dei Pellerin a Épinal) rivelate dal fratello Pierre Klossowski e lungamente indagate da Jean Clair. Più che di prestiti e di influenze, si tratta di uno spirito particolare, una tonalità unica – asciutta e poetica – “un atteggiamento plastico” al quale Balthus non rinuncerà più. L’infanzia Balthus ha sempre evocato il rapporto felice con la propria infanzia (benessere materiale, vita a Parigi, circoli artistici) e confessato la sua fascinazione per i bambini e i loro giochi, che si esprime fin dalle prime tele, all’età di diciassette anni nel Jardin du Luxembourg. La maggior parte delle sue opere raffigura giovani modelle, appena adolescenti, che incarnano il momento ambiguo tra infanzia ed età adulta, tra abbandono innocente e posa sensuale. Attraverso i suoi primi modelli, i bambini Blanchard, Balthus coglie pose infantili e inusuali, tipiche della naturalezza o del lato “selvaggio” dei bambini: la noia, la contemplazione, la lettura nelle pose più scomode… In questo radicamento nei confronti di un’infanzia indefinita c’è una posizione quasi filosofica introduzione che mescola sovvertimento, fascinazione empatica ma anche una certa malinconia: su un disegno del 1976 che ritrae la sua giovane modella romana, Michelina, Balthus riporta significativamente un frammento della poesia di Lewis Carroll che chiude la prefazione di Al di là dello specchio: “E, sebbene di un sospiro l’ombra grave possa velar qua e là la luce della storia ché andati son ‘i felici giorni dell’estate’ portando via con sé ogni loro gloria… Mai offuscherà di pena o di mestizia Della nostra fiaba l’intangibile delizia”. Jean Clair vi vede una posizione metafisica: “L’infanzia, nell’uomo, resta per sempre l’unvollendetes Projekt [progetto incompiuto] di cui ci parla la filosofia. È il solo inadempimento di cui l’uomo possa, durante la sua vita, sentire concretamente il morso e l’unico a partire dal quale l’artista trovi lo stimolo per creare. L’opera compiuta porta a termine ciò che l’infanzia faceva solo presagire”. La pregnanza di Cime tempestose Il dipinto La Toilette de Cathy [La toilette di Cathy] (1933) o i disegni originali del 1933 che illustrano il romanzo Cime tempestose dimostrano quanto la fascinazione per l’universo minaccioso e romantico di Emily Brontë abbia segnato la pittura e la personalità di Balthus, che sviluppa un attaccamento profondo a uno stato selvaggio dell’infanzia, un rapporto di fusione con i paesaggi austeri e aspri delle lande scozzesi e una visione arcaica e grandiosa dell’aristocrazia terriera. La sua corrispondenza con Antoinette de Watteville, sua futura moglie e modella, testimonia questa identificazione fondamentale, nella quale i paesaggi montani svizzeri si sostituiscono alle terre di Scozia. Albert Camus vi ritrova l’origine di una tonalità crudele e malinconica tipica dell’opera di Balthus: “Il tema della fanciulla che ritroviamo in molte delle tele di Balthus è… rivelatore. Le illustrazioni che ha realizzato per Cime tempestose potrebbero talvolta adattarsi al Grande Meaulnes. Balthus ha capito che una delle chiavi di questo libro in cui l’amore urla con una rabbia adulta è il ricordo degli amori infantili di Cathy e Heathcliff e la terribile nostalgia che queste creature hanno portato con sé fino al momento della separazione definitiva. Bruciano letteralmente di nostalgia e questa sofferenza che immaginiamo così raffinata mostra il suo vero volto, cieco e consumato, il volto stesso della miseria umana, nel suo sforzo estenuante per risalire verso la fonte di innocenza e di gioia” (20). Il teatro della crudeltà Verosimilmente l’incontro con Artaud nel 1932 rafforza nel giovane Balthus questa estetica “crudele”, un realismo pungente idoneo a esprimere una visione non indulgente del mondo che segna in entrambi una vera e propria distanza rispetto all’estetica fantastica e onirica dei surrealisti. Nel 1932 Artaud pubblica Il teatro della crudeltà (manifesto) (NRF, Paris 1932), affermando: “Per quanto concerne gli oggetti ordinari, o anche il corpo umano, innalzati a dignità di segni, è evidente che ci si può ispirare ai caratteri geroglifici, non soltanto per registrare questi segni in maniera leggibile e tale da poterli riprodurre a volontà, ma per comporre sulla scena simboli precisi e immediatamente riconoscibili”, e più avanti: “Senza un elemento di crudeltà alla base di ogni spettacolo, non esiste teatro. Nella fase di degenerazione in cui ci troviamo, solo attraverso la pelle si potrà far rientrare la metafisica negli spiriti”. Ieraticità, leggibilità: Artaud ritrova queste qualità nella pittura di Balthus, che difenderà fin dalla sua prima esposizione nel 1934 alla Galerie Pierre. Balthus, da parte sua, giustifica in termini molto simili le proprie opere erotiche; scrive ad Antoinette: “No, bisogna urlare molto forte oggi se si vuole ancora farsi capire. Ci vogliono cose molto violente. Bisogna prendere le picche, le vanghe, i trapani meccanici per perforare tutto quello che è artificiale, far saltare l’asfalto e ritrovare la terra, la buona terra. Per questo voglio fare delle tele erotiche… bisogna giungere all’istinto; quello del basso ventre è ancora abbastanza tenero da poterlo toccare facilmente, ed è quello che contiene più dinamismo. Del resto oggi solo l’erotismo in arte può fare ancora sussultare i pupazzi di cui ti parlavo”. Artaud affida quindi al pittore la scenografia e i costumi della sua opera teatrale I Cenci che allestisce nel 1935, la prima di una serie di collaborazioni con il teatro (22) che rafforza il loro comune interesse per il tableau vivant (23), immagine ricca, che mescola feticizzazione, contemplazione e perversione, di cui Klossowski si serve per indicare ciò che molti hanno poi percepito come una forma di silenzio e pietrificazione all’interno delle opere pittoriche di Balthus: “È al introduzione tempo stesso la maledizione dell’arte il fatto di essere solo un simulacro e una benedizione potere così dare sollievo alla vita nel suo sforzo disperato di offrirsi a se stessa come spettacolo attraverso la propria reiterazione; se il tableau vivant, genere di per sé falso, ci raccontasse lo sforzo che la vita compie per trovare il proprio significato trascendente attraverso la sospensione della vita, l’iscriversi del tableau vivant nel dipinto, che io percepivo talvolta nell’opera di Balthus, deriva dalla funzione stessa della sospensione del gesto, in quanto comprensione del riposo in cui sta la perfezione finale e che coincide con lo spettacolo supremo; così Le Passage du Commerce [Il Passage du Commerce] [1952-1954] come immagine della vita sospesa, rifletterebbe in parte l’aspettativa della visione beatificata e allo stesso tempo la desolazione della vita nella sua stessa reiterazione” (24). Al di là dello specchio Accanto al romanzo fondamentale di Emily Brontë, anche i libri del pastore matematico Lewis Carroll ispirano una parte della pittura di Balthus, la più “fantastica”. Alice nel Paese delle Meraviglie e Al di là dello specchio costituiscono una fonte importantissima per il suo immaginario poetico: il ruolo dei gatti (King of Cats, Mitsou), degli animali, l’attenzione quasi feticista per ogni oggetto, un mondo strano – un’inquietante estraneità e non un mondo fantastico – l’onirismo intorno alla ragazzina… Possiamo cogliere anche un certa influenza delle illustrazioni originali di John Tenniel attraverso quei personaggi dalla testa grande che Artaud definisce nel 1936: “Con il suo disegno spigoloso e soffocato, il colore sismico, Balthus ha continuamente dipinto degli idrocefali”. Nella sua corrispondenza e nelle sue interviste sono frequenti i racconti di sogni che mescolano verosimiglianza e senso dell’assurdo, mostruoso e comico; come il “sogno della tarantola” in cui il pittore si ritrova sul banco degli imputati in un tribunale di animali velenosi per aver avvelenato un ragno: “Il ragno del mio sogno trae origine da un romanzo fantastico che ho letto tempo fa e che mi ha molto impressionato. Era la storia di Betsy la tarantola, un insetto spaventoso ma assolutamente innocuo, così amichevole che si sdraiava sulla schiena per farsi accarezzare la pancia” (25). Anche qui Pierre Klossowski coglie perfettamente l’ambivalenza della rappresentazione in Balthus: “…la malinconia e l’humour… compensano ciò a cui l’artista rinuncia attraverso la sua stessa creazione, vale a dire il piacere nel suggerire, talvolta in maniera veemente, la seduzione carnale e, quando sembra concedersi questo piacere di suggestione, sopraggiungono simultaneamente evocazioni da incubo. Talvolta queste sono isolate, come l’enorme testa di cavallo che domina lo spahi e i cui occhi, per via delle orbite profonde, hanno qualcosa che ricorda lo sguardo di Gertrude Stein. In Balthus la mostruosità è probabilmente una difesa contro la mostruosità dell’esistenza stessa perché l’artista, attraverso la proiezione di una malinconia ricreata, controlla la malinconia diffusa; la tristezza e l’angoscia sono invincibili solo perché non hanno un volto che le caratterizza, finché l’artista non le rinchiude nelle facies dei suoi mostri. Spesso nelle scene in cui la parte erotica sembra inizialmente predominare è presente lo humour mostruoso, o il mostruoso puro e semplice” (26). La Chambre [La camera] In molti dipinti – I bei giorni (1944), Jeune fille au chat [Fanciulla con gatto] (1945), La camera (1947- 1948), Jeune fille à sa toilette [Fanciulla che si lava] (1948), La Semaine des quatre jeudis [La settimana dei quattro giovedì] (1949) – Balthus suggerisce una dimensione erotica mettendo in scena giovanette che si lavano o abbandonate nella contemplazione o intente a giocare con un gatto, una sorta di doppio del pittore, che generalmente occupa il posto dello spettatore. La composizione monumentale di La camera (1952-1954) che conclude e completa le scene equivoche di interni cominciate con I bei giorni nel 1944, è ampiamente commentata da Pierre Klossowski; il fratello vi legge l’eco di uno dei suoi libri, Roberta stasera (1953): “La luce del giorno illumina la vittima offerta e riversa su una poltrona; è l’orgasmo che segue una violenza? O forse non è accaduto niente. Il dipinto sembra situarsi in un punto limite dove il ‘non è successo niente’ e l’irrevocabile sono in equilibrio. Il gesto deciso del personaggio che solleva la tenda garantisce una sorta di reiterazione infinita del delitto flagrante, il cui unico testimone è il gatto sul tavolo: questo gatto (dello stesso genere del nano con la gonna) segue con un certo stupore il gesto illuminante del personaggio: quali conseguenze trarrà quest’ultimo da ciò che ci mostra, se non un sontuoso dipinto?” (27). La pulsione scopica che presiede alle scene balthusiane e alla loro tonalità erotica è proprio ciò che viene celebrato da molti critici e poeti; per esempio René Char parla di un “pettirosso infu- introduzione so”: “Ciò che mi attira nella pittura di Balthus è in primo luogo la presenza di questo pettirosso infuso che ne è l’arteria e l’essenza. L’enigma che si chiama pettirosso è il pilota nascosto nel cuore di quest’opera le cui situazioni e i cui personaggi sgranano davanti a noi la loro volontà inquietante… L’opera di Balthus è verbo nel tesoro del silenzio. Noi desideriamo, tutti, la carezza di questa vespa mattutina che le api designano con il nome di una giovane donna che nasconde nel suo corpetto la chiave di Balthus” (28). La scatola prospettica “…fino alla metà degli anni cinquanta, l’opera di Balthus delinea una geografia particolare, un territorio che è anche un luogo spirituale ben determinato. Delimitato a est da place Saint-André-des-Arts, a nord dal quai des Grands-Augustins, a sud da place de l’Odéon, e a ovest da rue de Seine, questo quadrilatero di vie strette e ombreggiate con eleganti edifici Luigi XV, viuzze e passaggi nascosti, mantiene più di ogni altro i ricordi della Rivoluzione e del Terrore. I Settembrizzatori, Marat e Camille Desmoulins sono ancora vicini; la ghigliottina nasce nella cour du Commerce, e la rue Bourbon-le-Château per molto tempo è stata chiamata rue de Lucrèce vengée [di Lucrezia vendicata]” (29). Vent’anni dopo, dal suo studio della Cour de Rohan che occupa fin dal 1935, Balthus riprende il tema di La strada in una composizione monumentale quanto la contemporanea La camera. La costruzione spaziale chiusa e geometrica e le figure dai contorni semplificati trovano grande risonanza nelle opere di Giacometti, in particolare nella sua scultura La Place [La piazza]. Balthus e Giacometti si collocano entrambi ai margini del surrealismo – lo scultore a partire dal 1935 – attraverso il loro attaccamento alla figurazione che vedono incarnata in particolare dalla pittura di Derain. Stabilitisi entrambi in Svizzera durante la guerra, sono legati da una profonda amicizia e condividono ricerche simili, specie sull’inscrizione delle figure nello spazio ottenuta attraverso un fascio di rette, con una forma di simbolizzazione ieratica e metafisica. Interni Pierre Klossowski rileva nei dipinti del fratello le reminiscenze di “una certa Häuslichkeit”, l’ambiente borghese della casa di famiglia con tutti gli accessori quotidiani: “Tra i residui visivi di queste reminiscenze, la struttura del camino, quell’insieme formato dallo specchio, dalla cappa e dal focolare mi sembra uno di quelli che sono sopravvissuti in quanto schemi che si formano nell’immaginazione infantile…”. In Balthus anche diverse scene di interni – i giocatori di carte, le sorelle sedute a leggere su un divano, le donne che dormono sul sofà – rientrano nella diffusa evocazione dei dipinti intimisti di Bonnard o dei Nabis della sua infanzia e di una strana quotidianità, una raffinata forma di Unheimlichkeit. L’assonometria classica L’insediamento di Balthus nel 1953 al castello di Chassy nel Morvan, una specie di fattoria fortificata del XVII secolo, segna una svolta nel suo lavoro: un ritorno del paesaggio, come durante la guerra e il suo soggiorno in Svizzera, e alcuni esperimenti tecnici (impiego del casearti) volti a ritrovare l’opacità dell’affresco insieme a una certa ieraticità delle composizioni. Balthus, che ammira i paesaggi articolati degli artisti senesi, l’ordine di Piero della Francesca o di Poussin, moltiplica le vedute della valle della Yonne dalle finestre della sua casa, dove accentua la struttura della sua “matematica intima”. Allo stesso modo le figure che Balthus dipinge negli anni cinquanta del Novecento – spesso quella di Frédérique Tison, la sua giovane convivente – hanno una presenza monumentale e schematica che rimanda a una forma di arcaismo volontario. Dal modello al fantasma Pierre Klossowski è probabilmente il migliore fra gli esegeti dell’opera del fratello e ha saputo enunciare la particolarità di quest’opera figurativa tesa tra una disciplina pittorica tradizionale e un mondo privato, onirico e familiare, erotico e grottesco, le cui origini sono da ricercare nell’infanzia. Mentre lui affronta il disegno all’inizio degli anni cinquanta del Novecento, gli universi dei due fratelli – il pittore e il filosofo, scrittore germanista, traduttore di Hölderlin e specialista di Sade – si ricongiungono, e alcune opere tardive di Balthus, in particolare La Phalène [La falena] (1959-1960) o La Grande composition au corbeau [Grande composizione con corvo] introduzione (1983-1986), fanno eco a certi aspetti del mondo di Klossowski: la modella e la moglie, il reale e il fantastico, le figure gracili, il contesto teatrale e disadorno, i giochi di specchi, i cambiamenti di scala. Procedure Balthus, nominato da Malraux direttore dell’Accademia di Francia a Roma nel 1961, vi si stabilisce per quindici anni. Nel suo studio sotto la terrazza realizza solo una quindicina di tele mentre avvia il restauro della Villa e dei giardini e mette in atto una politica espositiva. Seguendo le tracce dei suoi illustri predecessori, Horace Vernet e Ingres, riformula un orientalismo partendo dalla sua modella, la giovane moglie giapponese Setsuko, e da nuove composizioni di stampe giapponesi nel quadro degli spazi riallestiti di Villa Medici, attraverso tre dipinti: La chembre turque [La camera turca ](1965-1966), Japonaise à la table rouge [Giapponese con tavola rossa] (1967-1976) e Japonaise au miroir noir [Giapponese con specchio nero] (19671976). Il susseguirsi di variazioni del contesto pittorico (temporale, geografico, poetico e soggettivo) è significativo della modalità con cui Balthus ricostituirà una sorta di “Rinascimento” immaginario della Villa, agendo più come decoratore e creatore che come scrupoloso storico e restauratore. I “castelli del conte di Rola” – Chassy, Villa Medici, Montecalvello o anche Rossinière – funzionano come altrettanti luoghi fantasmatici che Balthus costruisce parallelamente alla sua pittura. Accademie La produzione pittorica di Balthus rallenta notevolmente nel periodo in cui è direttore. Il pittore inizia allora a lavorare sul disegno, quasi autonomo, partendo dalla figura accademica che piega ai suoi criteri, gracili figure di ragazze giovanissime. Realizza alcuni dipinti, composizioni monumentali di personaggi sottili e isolati nel quadro spoglio degli spazi restaurati della Villa, che evocano le effigi metafisiche di Giacometti o i Primitivi italiani del Trecento, Gentile, Sassetta o Pisanello. In parallelo, forse con un po’ di malizia, secondo una sorta di gioco mimetico con la sua funzione di direttore di accademia, Balthus dà vita a un gran numero di disegni rifiniti secondo le secondo le norme classiche, la cui vendita gli permette di mantenere un tenore di vita mondano. Per queste opere, in aggiunta alle sessioni di posa nell’“atelier dei disegni”, ricorre per la prima volta a fotografie scattate su sua indicazione da Brigitte Courme, artista incisore che risiede all’Accademia. Paesaggi: suggestione, materia Con l’acquisizione alla fine degli anni sessanta del castello medievale di Montecalvello, molto diroccato, nella zona di Viterbo, Balthus riallaccia i legami con il paesaggio che associa alla pittura cinese: “Nella mia infanzia e adolescenza in montagna osservavo attraverso la finestra le montagne, la neve, l’inverno. Quando ho incontrato la pittura cinese e giapponese, ho ritrovato la stessa visione della natura. È stato questo a determinare la mia passione per l’arte dell’Estremo Oriente. Non che mi sia ‘giapponizzato’ in qualcosa, assolutamente no. È una comunanza di sguardo, che mi ha sostenuto da quando l’ho riconosciuta, e non un’influenza. Barthes ha perfettamente definito l’arte giapponese. Ha intitolato il suo libro L’Impero dei segni, sono le parole giuste: dei segni” (30). L’artista avvia allora una riflessione sull’incompiuto, sulla suggestione e la materia: “Quando guardo questo scorcio di paesaggio dalla finestra, immediatamente penso a un materiale per tradurne la qualità di luce, una scrittura per renderne i contorni delle forme, una visione spaziale per esprimerne l’articolazione dei piani: questo è già un processo di astrazione” (31). L’aspetto materico, la figurazione meno definita, più incerta, caratterizzano infatti l’ultima produzione di Balthus. L’ultimo dipinto Pierre Klossowski rimarca, fin dal 1957, la lentezza della gestazione della sua pittura: “Cosa rappresenta un pittore come Balthus che si trascina davanti a una tela immensa a rischio di rovinarla, a costo di dedicarle un altro lungo periodo? Nel suo modo di lavorare c’è perfino un ritmo di respiro proprio delle epoche della civiltà agraria, e in contrasto con lo spirito industrialista introduzione del nostro mondo” (32)… Le opere molto tarde di Balthus, rare, sono costituite da una materia molto spessa, da tonalità acide, talvolta disarmoniche, un disegno rigido e una successione di versioni radicalmente nuove di cui il pittore François Rouan è testimone. Le sue ultime serie dipinte al Grand Chalet di Rossinière, Le Chat au miroir [Il gatto allo specchio] e Jeune fille à la mandoline [Fanciulla con il mandolino], sembrano “capolavori sconosciuti”, di cui già Balthus diceva: “Le variazioni alle quali torno così spesso sono in un certo senso figlie dell’insoddisfazione. Se fossi stato soddisfatto, non ci sarebbero state diverse versioni di Trois soeurs [Le tre sorelle], né tre Gatto allo specchio…”. Per questi dipinti, Balthus sostituisce lo studio disegnato che non può più realizzare con una moltitudine di fotografie scattate con un apparecchio istantaneo polaroid. Come le stampe di Brigitte Courme, molte di queste polaroid sono chiazzate di pittura, e sono disseminate sul pavimento dello studio. Oltre a costituire il materiale grezzo da studio, la loro abbondanza e il ricorrere delle stesse inquadrature incerte sembrano il risultato del cogliere in modo compulsivo un motivo – l’opera? – che sfugge, però, inesorabilmente. Devo questo progetto a Gérard Régnier. I suoi consigli, la sua fiducia che nasce dall’amicizia e il suo incrollabile sostegno hanno reso possibile questa esposizione. Gliene sono molto riconoscente introduzione note 1 Si veda infra il testo di Valérie Loth che illustra le recenti polemiche della stampa sui supposti contenuti pedofili della sua opera. 2 Jean Clair (a cura di), Balthus, catalogo della mostra, Venezia, Palazzo Grassi, Flammarion, Paris 2001. 3 Si vedano gli articoli comparsi a proposito dell’esposizione organizzata da Sabine Rewald al Metropolitan Museum of Art, il cui sottotitolo sembrava un invito appena velato alla polemica: Balthus. Cats and Girls - Paintings and Provocations, New York, the MET, Yale University Press 2013. 4 Antonin Artaud, La jeune peinture française et la tradition, in “El Nacional”, Ciudad de México, 17 giugno 1936, ripubblicato in Balthus, Centre Pompidou Mnam, Paris / The Met, New York 1983-1984, p. 43 (trad. it. La giovane pittura francese e la tradizione, in Antonin Artaud, Balthus e i surrealisti, a cura di P. Lalario, Ananke, Torino 2008, p. 83). 5 Pierre Klossowski, Du tableau vivant dans la peinture de Balthus, in “Monde nouveau”, Paris, febbraio-marzo 1957, n. 108-109, pp. 70-80, ripubblicato in Balthus, 1983-1984, cit., p. 82. 6 Ibid. Andrebbe citata anche la grande esposizione monografica organizzata nel 1966 da François Mathey al Musée des Arts décoratifs di Parigi, oltre a quella curata nello stesso anno da James Thrall Soby al MoMA di New York, poi itinerante in diverse città degli Stati Uniti. 7 Philippe Lacoue-Labarthe, The Fascination of Balthus, in “Flash Art International”, n. 115, Milano, gennaio 1984, pubblicato in francese in Écrits sur l’art, Les Presses du Réel, coll. Mamco, Genève 2009, p. 139. 8 Ibid., p. 141. 9 Ibid., p. 141. 10 I testi critici di Artaud, Pierre Jean Jouve e Klossowski sono stati riuniti in un’antologia, nel catalogo della retrospettiva del 1983-1984 ideata da Jean Clair. Da questa antologia abbiamo estratto la maggior parte delle citazioni. Artaud, Exposition Balthus à la galerie Pierre, in “La Nouvelle Revue Française”, Paris, n. 248, maggio 1934, pp. 899-900 (trad. it. Esposizione Balthus alla Galleria Pierre, in Antonin Artaud, Balthus e i surrealisti, cit., p. 66); La jeune peinture française et la tradition (trad. it. La giovane pittura francese e la tradizione, in Antonin Artaud, Balthus e i surrealisti, cit.), pubblicato orginariamente in spagnolo in “El Nacional”, Ciudad de México, 17 giugno 1936; Balthus, in “Art Press”, n. 39, luglio-agosto 1980, p. 4. 11 Pierre Klossowski, Du tableau vivant dans la peinture de Balthus, testo pubblicato orginariamente in inglese, Balthus Beyond Realism, in “Art News”, New York, vol. 55, n. 8, pp. 26-31 poi in francese in “Monde nouveau”, Paris, febbraio-marzo 1957, n. 108-109, pp. 70-80. 12 Pierre Jean Jouve, Les Cenci d’Antonin Artaud, in “La Nouvelle Revue Française”, Paris, n. 261, giugno 1935, pp. 910-915; Oeuvre peinte de Balthus, Lettres I, Genève, n. 1, gennaio 1943, pp. 37-38; “Balthus”, in “La Nef”, Alger, settembre 1944, pp. 138-147; Ironie de “Cosi fan tutte”, in En miroir, Mercure de France, Paris 1952, pp. 192- 200; Le tableau, in Proses, Mercure de France, Paris 1960, pp. 4549; Description, Ibid., pp. 80-81; La douce visiteuse, Ibid., pp. 30-31; Les beaux jours, Ibid., p. 21. 13 Jean Clair, Les métamorphoses d’Éros, in Balthus, 1983 cit., pp. 256-279 ripubblicato nel 1996 da RMN; De La Rue à la Chambre. Une mythologie du Passage, in Balthus, 2001, cit., pp.17-34 e Balthus et Rilke: une enfance, in Ibid., pp. 35-42; Jean Clair e Dominique Radrizzani, Balthus. Exposition du Centenaire, Fondation Pierre Gianadda, Martigny, 2008. Jean Clair è anche l’autore con Virginie Monnier di Balthus. Catalogue raisonné de l’oeuvre complet, Gallimard, Paris 1999. 14 Si veda la bibliografia. 15 Nell’ambito di una campagna di restauro delle decorazioni di Balthus, Villa Medici ha organizzato le giornate di studio sulla pittura murale (28 maggio 2013) per la quale citeremo l’intervento di Véronique Sorano-Stedman, capo del servizio di restauro del Mnam, sulla tecnica pittorica di Balthus, Balthus peintre de chevalet, avant, pendant et après son séjour romain, ma anche quelli di Didier Repellin e di Pierre Caron, e sugli arredi (7 novembre 2014) di cui abbiamo potuto ascoltare le registrazioni con in particolare gli interventi di Chantal Coural, di Pierre Arizzoli-Clémentel, di Stanislas Klossowski de Rola e di Setsuko Klossowska de Rola. Abbiamo poi potuto consultare il Rapport sur les décors de Balthus et les restaurations effectuées sous son directorat (1961-1977) à l’Académie de France à Rome - Villa Médicis, a cura di Annick Lemoine, luglio 2011 - marzo 2012. Vogliamo qui ringraziare Éric de Chassey e lo staff della Villa per averci concesso di accedere a queste risorse. 16 François Rouan, Balthus ou son ombre, Galilée, Paris 2001; parallelamente alle nostre conversazioni su questo progetto espositivo, François Rouan ha realizzato un video, De la ressemblance (2015) che sarà presentato nel corso dell’esposizione, chiudendo il percorso a Villa Medici in modo pertinente. Il testo di quest’opera è trascritto in questo volume, infra. 17 Lettera di Balthus ad Antoinette del 18 gennaio 1934 in Balthus, Correspondance amoureuse avec Antoinette de Watteville, 1928- 1937, testo curato da Stanislas e Thadée Klossowski de Rola, Buchet- Chastel, Paris 2001 (trad. it. in Balthus, Lettere e interviste, a cura di Elena Pontiggia, Abscondita, Milano 2009, p. 31 27 Pierre Klossowski, Du tableau vivant dans la peinture de Balthus, cit. 28 René Char, Balthus ou le dard dans la fleur, agosto 1946, in “Cahiers d’art”, vol. 20-21, 1945-1946, p. 199 (trad. it. in Costanzo Costantini, L’enigma Balthus, Conversazioni con il pittore più affascinante del nostro tempo, Gremese editore, Roma 1996, p. 64). 29 Jean Clair, Balthus: Les métamorphoses d’Éros, Textes RMN, Paris 1996, p. 12. 30 Intervista con Philippe Dagen citata da Claude Roy, Balthus, Gallimard, Paris 1996, p. 118 31 Dichiarazione riportata da Françoise Jaunin, Balthus. Les méditations d’un promeneur solitaire de la peinture, La Bibliothèque des arts, Lausanne 1999, p. 78 (trad. it. Balthus. Riflessioni di un solitario della pittura. Intervista con Françoise Jaunin, trad. di Anna Morpurgo, Archinto, Milano 2000, p. 43). 32 Pierre Klossowski, Du tableau vivant dans la peinture de Balthus, cit. note biografiche della curatrice Cécile Debray è conservatrice al Museo Nazionale d’Arte Moderna Centre Pompidou di Parigi dal 2008. Curatrice di grandi esposizioni internazionali, tra cui: La Section d’or, 1912-1920 et 1925, 2000; Le Nouveau Réalisme (Paris, Grand Palais; Hannover, Sprengel Museum, 2007); Elles@Centrepompidou, 2009 (Paris, Centre Pompidou, 2009/2011; Seattle, SAM, 2012/13; Rio, CCBB, 2013); Lucian Freud. L’atelier (Paris, Centre Pompidou, 2010); Matisse, Cézanne, Picasso L’aventure des Stein / The Steins collect (San Francisco, SFMoMA; Paris, Grand Palais, 2011; New York, MET, 2012); Matisse. Paires et séries / Matisse. In search of true painting (Paris, Centre Pompidou, 2012; Copenhague SMK; New York, MET 2013); Marcel Duchamp. La peinture même (Paris, Centre Pompidou, 2014). Storica dell’arte, insegna presso l’École du Louvre, ha pubblicato numerosi studi sulle avanguardie storiche (di recente, Le Fauvisme, Paris, Editions Citadelles Mazenod, 2014, pp. 415) e sulla pittura moderna e contemporanea (Picasso, La Fresnaye, les Italiens de Paris, Lucian Freud, Matisse, Peter Saul, Gilles Aillaud, Balthus…). biografia Balthus Balthazar Klossowski de Rola detto Balthus nasce a Parigi nel 1908. Ha origini polacche da parte di padre – Erich Klossowski, storico dell’arte, pittore, scenografo teatrale – e russe da parte di madre, Baladine Klossowska. A causa di tali origini, durante la Prima guerra mondiale la famiglia è costretta a rifugiarsi in Svizzera. Poco tempo dopo i genitori si separano e Balthus trascorre l’infanzia nella regione di Ginevra. Cresce in un ambiente cosmopolita di cultura germanica, quello del salotto letterario creato da sua madre e dal poeta Rainer Maria Rilke – mentore e figura quasi paterna per il giovane Balthus – e frequentato da personalità di grande rilievo come André Gide, Maurice Denis e Pierre Bonnard. Nel 1933, dopo diversi soggiorni temporanei, si stabilisce definitivamente a Parigi, dove frequenta gli amici del fratello Pierre Klossowski tra i quali ci sono letterati e intellettuali come Georges Bataille, Pierre-Jean Jouve e Pierre Leyris, oltre ai surrealisti con cui, tuttavia, sente di avere poca affinità. Nel 1934 la famosa Galerie Pierre organizza la prima esposizione personale di Balthus, notata in particolar modo da Antonin Artaud che sarà tra i primi a recensirne l’opera. Nel 1953 lascia Parigi per il castello di Chassy, nel Morvan, dove si stabilisce per quasi otto anni. Dipinge grandi composizioni – scene d’interni, paesaggi – caratterizzate da una ieraticità classica e da una forte ispirazione poetica, che vengono acquistate da una cerchia di appassionati e dal suo mercante newyorchese, il gallerista Pierre Matisse, figlio del pittore Henri. Nel 1956 il Museum of Modern Art di New York organizza un’importante retrospettiva della sua opera. Dal 1961 al 1977 è direttore dell’Accademia di Francia a Roma, dove intraprende la vasta operazione di restauro e di riallestimento di Villa Medici e dei suoi giardini che darà al luogo al suo aspetto attuale. Dipinge poco ma si dedica al disegno, sviluppandolo in grandi composizioni autonome. Balthus muore il 18 febbraio 2001 nel suo chalet di Rossinière, in Svizzera, dove si era stabilito al ritorno da Roma. approfondimenti I luoghi di Balthus - percorso di visita libero A complemento della mostra a Villa Medici, è possibile scoprire alcuni dei luoghi più emblematici del palazzo rinnovati da Balthus negli anni in cui fu direttore dell’Accademia di Francia a Roma (1961-1977) e le personalità che ha frequentato. Le Gallerie di Ferdinando de’ Medici, la sala blu in cui si trova la caffetteria, il salon de musique, la loggia e l’appartamento del Cardinale fanno parte di un percorso che mostra come Balthus abbia investito e ripensato gli spazi di Villa Medici. Gli anni medicei, come amava ricordarli l’artista, segnarono “in maniera magica” la sua vita. In questo periodo, oltre a realizzare alcuni grandi capolavori, La chambre turque, La Japonaise à la table rouge, Nu de profil, visibili nelle sale espositive, Balthus si lancia nell’ambizioso progetto di restauro di Villa Medici. Altri direttori prima di lui erano intervenuti sulla villa, ma Balthus è stato il primo a ripensare l’intero edificio e i giardini. Appena arrivato a Roma, nell’inverno del 1961, iniziò i lavori di rifacimento dell’edificio principale, con l’obiettivo di restituire all’illustre dimora il suo carattere cinquecentesco. Il restauro della Villa fu completato nel 1967, quello dei giardini, iniziato nel 1973, venne terminato nel 1977. Balthus controllava ogni aspetto dei lavori di restauro: dalla riorganizzazione degli spazi alla decorazione delle pareti, dal mobilio all’illuminazione. Per le pareti, adottò una tecnica nuova eseguita sulla base di campioni realizzati personalmente per ogni sala. I muri venivano raschiati per portare alla luce gli strati di vecchi intonaci di diversi colori. Individuato il cromatismo originale, Balthus cercava di armonizzare la sala con i fregi dipinti del Cinquecento. Attraverso diverse mani di pittura sovrapposte arrivava alla tonalità desiderata. Il processo di rifinitura variava a seconda delle sale e dell’effetto ricercato. Questi interventi venivano eseguiti da una squadra di professionisti specializzati sotto la guida del pittore. Balthus si occupò anche degli arredi, scegliendo dei mobili intonati all’atmosfera che cercava di creare. Introdusse quasi sempre dei mobili italiani del Settecento, di stile rustico. Questi oggetti lo interessavano non come pezzi d’antiquariato, ma per il loro valore decorativo o la stranezza delle forme. Su alcuni di questi, come ad esempio il mobile da bar della caffetteria, intervenne per apportare delle modifiche, altri vennero progettati direttamente da lui. Il salon de musique è oggi la sala che meglio conserva lo stile Balthus originario. Le sue pareti spoglie, la volta dipinta mostrano come l’intervento di Balthus sia stato concepito in stretta relazione alla luce naturale. L’appartamento del Cardinale si compone di tre stanze riccamente decorate da Jacopo Zucchi (1541-1589), uno dei più grandi rappresentanti del tardo Manierismo a servizio del cardinale Ferdinando de’ Medici nel periodo in cui visse a Roma. Anche qui Balthus è intervenuto sulle pareti, dialogando con i fregi e i soffitti a tema mitologico realizzati da Zucchi e bottega. Nella stanza degli Elementi sono stati ripristinati gli arredi presenti al tempo del suo direttorato: le lampade in ferro battuto, visibili in diverse sale, che il pittore ha adattato a partire da un modello preesistente in Villa e alcuni mobili del XVIII secolo da lui acquistati. La stanza delle Muse veniva spesso utilizzata da Balthus per la cerimonia del tè pomeridiano. Un momento rituale che aveva assunto un respiro orientale grazie anche alla moglie giapponese di Balthus. La sala accoglie oggi alcune delle opere più importanti delle collezioni dell’Accademia di Francia a Roma, che raccontano la storia dell’istituzione e di Villa Medici. Il décor della terza sala, la stanza degli amori, è stato purtroppo alterato. Oggi il soffitto della camera accoglie l’opera dell’artista italiano Claudio Parmiggiani. Il restauro dei decori Balthus Il salon de musique e la sala in cui si trova la caffetteria nel 2015 sono state oggetto di un importante e accurato lavoro di restauro conservativo che ha permesso di recuperare gli equilibri cromatici voluti da Balthus, in linea con la sua sensibilità artistica di pittore e scenografo e con la sua visione del Cinquecento. Questo restauro è il risultato di una stretta collaborazione franco-italiana tra l’Accademia di Francia a Roma e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Italiano, garante della conservazione di questo patrimonio attraverso la Soprintendenza. La direzione dei lavori è affidata all’architetto responsabile dei restauri di Villa Medici, Pierre-Antoine Gatier. I lavori sono stati realizzati dalla ditta De Cesaris, selezionata attraverso un bando internazionale. In vista della mostra e di questi restauri, l’Accademia di Francia a Roma ha organizzato due giornate di studio: la prima, che si è svolta il 28 maggio 2013, è stata dedicata agli interventi pittorici di Balthus sulle pareti di Villa Medici, la seconda, organizzata il 7 novembre 2014, ha affrontato il tema degli arredi. A questi incontri hanno partecipato borsisti che hanno preso parte ai lavori, collaboratori dell’Accademia di Francia dell’epoca e la famiglia dell’artista, con l’obiettivo di ricostruire una memoria dell’opera di Balthus su Villa Medici. Questi studi hanno permesso di verificare l’autenticità dell’attuale assetto decorativo degli ambienti. Il percorso sonoro In occasione della mostra, l’Accademia di Francia a Roma ha scelto di realizzare un audio documentario per accompagnare i visitatori nel percorso libero negli spazi balthusiani e per approfondire il rapporto che ha legato il pittore a Villa Medici e alla città di Roma. Attraverso le voci di chi ha lavorato e frequentato Balthus durante i sedici anni trascorsi a Roma, prende forma un ritratto inedito, per certi versi inaspettato, di uno degli artisti più enigmatici del Novecento. Da Memmo Mancini della Coloreria Poggi, a cui Balthus si rivolgeva per ottenere i colori e divenuto amico del pittore, alla scultrice Anne Poirier, borsista a Villa Medici dal 1969 al 1971 durante il direttorato Balthus; da Bruno Racine, ex direttore dell’Accademia di Francia a Roma che ha accolto a Villa Medici il pittore negli ultimi anni della sua vita, alla regista Liliana Cavani, amica e presenza assidua delle serate che Balthus organizzava in Villa. La traccia sonora può essere ascoltata gratuitamente qui: Il documento audio, della durata di 24 minuti, è accessibile anche attraverso delle postazioni d’ascolto in caffetteria e nel Salon de musique e dal sito dell’Accademia di Francia a Roma. un progetto dell’Accademia di Francia a Roma realizzato da Luigi Giuliano Ceccarelli con i contributi di: Liliana Cavani, regista; Luisa Laureati Briganti, gallerista; Memmo Mancini, coloraio; Anne Poirier, scultrice borsista dal 1969 al 1971; Bruno Racine, direttore dell’Accademia di Francia a Roma dal 1997 al 2003, Didier Repellin, ex architetto responsabile dei lavori di Villa Medici, Jean-Loup Roubert, architetto responsabile dei lavori di Villa Medici durante il direttorato Balthus; Michelina Terreri, modella; Verde Visconti, amica di Balthus La Camera turca In occasione della mostra Balthus, il pubblico potrà accedere per la prima volta alla Camera turca, raffigurata nell’omonimo quadro visibile nelle sale espositive. Situata al piano più alto di Villa Medici, la Camera turca è uno degli spazi più pittoreschi dell’edificio. Fu progettata nel 1833 da Horace Vernet, pittore che fu direttore dell’Accademia di Francia a Roma dal 1829 al 1834, che, come molti in quel periodo, subì il fascino dell’Oriente. La Camera è decorata in stile neomoresco: per i muri e il pavimento sono state utilizzate delle ceramiche a motivo geometrico; il soffitto a volta dipinto a tempera e le finestre sono ornate da motivi arabizzanti, creando l’atmosfera intima di una camera orientale. In vista della mostra, la Camera turca è stata restaurata grazie al sostegno della Fondation du Patrimoine e al mecenatismo della Fondation Total. Attraverso operazioni di pulitura e la rimozione di ridipinture di inizi Novecento che alteravano la cromia del disegno originale delle decorazioni, è stato ristabilito l’equilibrio cromatico tra i diversi apparati decorativi: i dipinti murali a tempera della volta, i dipinti sulle cornici, le boiseries e le porte, le maioliche delle pareti e i motivi geometrici del pavimento. La Camera turca viene mostrata al pubblico per la prima volta. È possibile accedervi attraverso le visite guidate della mostra, dal martedì alla domenica (tranne il giovedì,) alle 17.00 in francese e alle 17.30 in italiano Biglietto visita guidata Balthus € 15,00 (visita + ingresso) La visita guidata include la mostra, alcuni spazi di Villa Medici decorati da Balthus e la Camera Turca scheda catalogo titoloBALTHUS a cura di Cécile Debray con il coordinamento scientifico di Valérie Loth co-curatela per le Scuderie del Quirinale Matteo Lafranconi editore: Electa formato: 23x33 cm pagine:288 illustrazioni: 250 prezzo: edizioni: in libreria: 39 € italiano, francese fine ottobre 2015 scheda catalogo Sommario Cécile Debray 12 Esporre Balthus Jean Clair 22 Balthus e Rilke: un’infanzia La strada Marco Vallora 40 Balthus e “Valori Plastici” L’infanzia Camille Viéville 64 Pulsioni. Riflessioni a proposito dei ritratti su commissione in Balthus La camera Alfred Springer 134 Balthus “il perturbante”. Riflessioni psicoanalitiche La scatola prospettica Stéphane Guégan 150 La scommessa sull’assoluto Interni Cécile Debray 164 Il castello dei desideri La semplicità classica Evelyn Benesch 182 L’atelier di Chassy La pregnanza di Cime tempestose Didier Semin 78 I bambini Blanchard Dal modello al fantasma Catherine Grenier 196 Balthus e Klossowski: da una parte e dall’altra dell’immagine Il Teatro della crudeltà Dominique Radrizzani 96 La casa dello specchio Camille Morando 100 Balthus il teatro: le creazioni per Antonin Artaud e Albert Camus Procedure Valérie Loth 228 La questione della fotografia François Rouan 236 Della somiglianza Al di là dello specchio Didier Ottinger 118 Il sadismo geometrico del conte de Rola 243 Balthasar Klossowski de Rola 264 Bibliografia 270 Mostre 273 Elenco delle opere riprodotte visite e attività didattiche SCUDERIE DEL QUIRINALE SPOT! 20 minuti un’opera - lettura guidata di un’opera dal 12 novembre 2015 alle ore 18.30 In occasione della mostra Balthus riprendono alle Scuderie del Quirinale i nostri appuntamenti di Spot! 20 minuti un’opera la lettura guidata di un’opera. Tre incontri per approfondire la storia di tre opere e imparare a conoscere la ricerca e il lavoro che stanno all’origine di ciò che vediamo. L’evento avrà luogo a partire da giovedì 12 novembre e sarà condotto da Matteo Lafranconi, curatore senior del Palazzo delle Esposizioni e Scuderie del Quirinale. Giovedì 12 novembre 18.30 La strada (La Rue) (MoMA) Il capolavoro giovanile dell’artista in cui tutte le principali caratteristiche delle future opere di Balthus sono già sintetizzate: l’evocazione dell’infanzia, le atmosfere sospese e indecifrabili, il rigore geometrico derivato dal Quattrocento italiano. E l’inedito confronto con la prima versione del dipinto realizzata dall’artista subito dopo il suo viaggio in Italia. Mercoledì 2 dicembre 18.30 Le Chat de la Méditerranée (coll. Privata) L’opera che ha reso celebre la componente bizzarra e fiabesca dell’arte di Balthus, spesso associata all’immagine del gatto, da molti considerato una rappresentazione simbolica dell’artista. È il mondo straniante di Lewis Carroll che con Alice nel paese delle meraviglie è fonte fondamentale per il suo immaginario poetico: il mondo animale, l’attenzione feticistica per la ‘vita’ delle cose e degli oggetti, il favolistico e il mostruoso.… Giovedì 7 gennaio 18.30 Le peintre et son modèle (MNAM Pompidou) Il mito più antico della storia della pittura, da Zeusi al Barocco, alla base dell’immaginario poetico di Balthus: la contemplazione analitica, la prossimità intima eppure intangibile, la sospensione del tempo, la condizione del pittore alle prese col suo doppio. L’ultima fase della pittura di Balthus, le sperimentazioni tecniche, le suggestioni letterarie e poetiche. info h. 18.30, appuntamento di fronte alla biglietteria – Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio, 16 partecipazione inclusa nel biglietto della mostra - è necessario arrivare 15 minuti prima [email protected] - www.scuderiequirinale.it BALTHUS per bambini e ragazzi C’ERA UNA VOLTA UNA GATTA…. 24 ottobre 2015 > 31 gennaio 2016 Come Alice incontra lo Stregatto così la micia Mitsou è la prima musa di Balthus. A lei dedica i primi disegni mentre appare e scompare dalla sua vita. Alla scoperta del Re dei Gatti, soprannome con cui il pittore era conosciuto nel mondo dell’arte, per sperimentare la sua pittura e l’originalità con cui mescolava le tecniche del disegno, della fotografia e della scenografia. Un percorso per conoscere il mestiere del pittore e scoprire i suoi quadri più misteriosi. AUDIOGUIDA KIDS Per un’originale visita in mostra il Laboratorio d’arte delle Scuderie del Quirinale ha progettato un’audioguida speciale per ragazzi dai 7 anni in su. Mitsou ci accompagna nella visita raccontando aneddoti e visioni del suo amico pittore. corsi di formazione • insegnanti e operatori Percorsi che vanno dalla didattica dell’arte ai libri illustrati, fino all’esperienza del laboratorio. Incontri pratici e teorici per approfondire una metodologia di lavoro fondata sulla partecipazione attiva dell’osservatore, capire l’importanza dell’allestimento, della qualità degli spazi, dei materiali didattici, elementi peculiari dell’attività dei Servizi educativi-Laboratorio d’arte. Un’occasione per ripercorrere le fasi di progettazione e sviluppo dei percorsi di laboratorio proposti in occasione delle mostre e fornire nuovi alfabeti per un’educazione all’arte. informazioni: www.scuderiequirinale.it [email protected] audioguida adulti € 4,50 - ragazzi € 3 - adulti+ragazzi € 7 - in streaming €2,50 VILLA MEDICI Visite guidate individuali da martedì a domenica (tranne il giovedì), 17.00 (in francese) e 17.30 (in italiano), €15,00 (visita + ingresso) max. 25 persone La visita guidata include la mostra, alcuni spazi di Villa Medici decorati da Balthus e la Camera turca. Prenotazione consigliata: [email protected] – tel. 06 67611 gruppi €10,00 + il costo dei biglietti - max. 25 persone – prenotazione obbligatoria [email protected] – tel. 06 67611 Laboratorio d’arte Alla maniera di Balthus a cura del dipartimento didattico dell’Accademia di Francia a Roma Ripercorriamo i luoghi in cui visse Balthus a Roma, artista che fu anche direttore dell’Accademia di Francia. Un laboratorio sul processo creativo di Balthus ci farà scoprire la tecnica utilizzata nei suoi dipinti, e quella che ha inventato per le pareti di Villa Medici. scuole • secondarie di primo e secondo grado dal martedì al venerdì 10.00 > 11.30 e 11.30 > 13.00 attività + ingresso mostra €1,00 per studente prenotazione obbligatoria: [email protected] famiglie • ragazzi 9 > 13 anni l’ultima domenica del mese 14.00 > 15.30 attività + ingresso mostra €6,00 per partecipante Prenotazione obbligatoria entro il venerdì (prima delle 14.00) [email protected] incontri SCUDERIE DEL QUIRINALE / INCONTRI CON BALTHUS In occasione della mostra Balthus alle Scuderie del Quirinale il Palazzo delle Esposizioni presenta Incontri con Balthus 28 ottobre 2015 – 13 gennaio 2016 Come di consueto, le Scuderie del Quirinale propongono al pubblico un ciclo di incontri di approfondimento sulla figura dell’artista e alcuni temi della sua opera affrontati in mostra. Al Palazzo delle Esposizioni, sede di tutti gli appuntamenti, la curatrice dell’esposizione, storici dell’arte e docenti universitari condurranno il pubblico in un viaggio attraverso le coordinate artistiche del Novecento di Balthus: la sua formazione, intellettuale e famigliare, il rapporto, prima, con l’arte italiana e, poi, con il nostro Paese, le suggestioni letterarie che così tanto influenzarono la sua opera e i rapporti con le comunità artistiche e intellettuali che attraversarono il secolo breve. Gli incontri e le testimonianze, tutti insieme, comporranno la figura di una personalità artistica originale e inimitabile che contribuì ad arricchire l’idea novecentesca di modernità. 28 ottobre, ore 18.30 Marco Vallora Balthus in italia. Balthus e l’Italia La folgorazione giovanile davanti agli affreschi di Piero della Francesca e la predilezione per Giotto e Masaccio; il rapporto con le correnti pittoriche contemporanee italiane, da Valori plastici a Realismo magico; il sentimento dell’antico. Tutti i tratti dell’italianità di Balthus. 18 novembre, ore 18.30 Guido Brivio Pierre Klossowski. Fratello eterodosso di Balthus Creatore infaticabile attraverso la parola e l’immagine di simulacri - cioè di luoghi in cui le intensità vitali possano svelarsi - Klossowski, fratello eterodosso di Balthus, percorre da un capo all’altro il ventesimo secolo rivelandolo in tutta la sua allarmante enigmaticità. 25 novembre, ore 18.30 Elena Pontiggia Balthus nel crocevia degli anni Trenta La definizione di una personalità artistica originale e inimitabile; le suggestioni letterarie, dal romanticismo di Cime tempestose al mondo capovolto di Alice nel paese delle meraviglie; il travolgente rapporto con Antoinette. Il decennio dei grandi capolavori sullo sfondo di un’Europa in corsa verso l’abisso. 9 dicembre, ore 18.30 Liliana Cavani in conversazione con Ester Coen Il mio amico Balthus Sovrano altero e ritirato della Villa Medici, negli anni trascorsi a Roma come direttore dell’Accademia di Francia, Balthus ha intrattenuto relazioni sporadiche e non sempre facili con la comunità artistica e intellettuale italiana. Con importanti eccezioni. incontri 16 dicembre, ore 18.30 Daniela Lancioni Balthus anti-moderno? Cultore degli antichi maestri e creatore di un’arte senza tempo, Balthus si professa estraneo all’arte moderna e alle sue avanguardie. Nonostante questa posizione eccentrica e defilata, gli orizzonti culturali ed artistici di Balthus contribuiscono ad arricchire l’idea novecentesca di modernità. 13 gennaio, ore 18.30 Cécile Debray Balthus. Dieci temi per una mostra Dall’incontro giovanile con il Rinascimento di Piero della Francesca, che condizionerà la sua visione dell’arte e della bellezza in tutto il suo percorso creativo, fino alle ultime tele rimaste non finite. La curatrice della mostra presenta un percorso ragionato attraverso l’opera di Balthus secondo i dieci capitoli del percorso espositivo. Si ringrazia Gioco del Lotto - Lottomatica Informazioni Palazzo delle Esposizioni - Sala Cinema scalinata di via Milano 9 a, Roma www.palazzoesposizioni.it INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI I posti verranno assegnati a partire da un’ora prima dell’inizio di ogni incontro Possibilità di prenotare riservata ai soli possessori della membership card L’ingresso non sarà consentito a evento iniziato