Sviluppo della varroa, andamenti stagionali e pratica del

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Sviluppo della varroa, andamenti stagionali e pratica del
Sviluppo della varroa, andamenti stagionali e pratica del nomadismo
Recenti studi hanno mostrato come la capacità di sviluppo della varroa sia legata anche alla quota e agli
andamenti stagionali. Inverni caldi possono ridurre l’efficacia dell’intervento invernale (per la presenza di
covata al momento del trattamento) con uno svernamento di un numero eccessivo di varroe ed un livello di
infestazione molto alto nella primavera successiva. Anche la quota sul livello del mare ha la sua importanza:
gli inverni in montagna sono più lunghi (con un blocco naturale della covata protratto nel tempo) e con un
periodo di sviluppo della varroa primaverile ed estivo decisamente più breve. Anche la sperimentazione
condotta dai ricercatori di S. Michele ha evidenziato che in quota le infestazioni di varroa sono minori e le
famiglie resistono meglio.
Anche la pratica del nomadismo è in grado di influenzare in modo significativo lo sviluppo della varroa. In
condizioni naturali (arnie non soggette a nomadismo) il periodo del grande raccolto ha una durata limitata
e il massimo sviluppo della covata che accompagna l’importazione di nettare dura per un periodo di tempo
relativamente breve. Una pratica del nomadismo piuttosto spinta sfruttando due o tre fioriture tende ad
allungare di molto il periodo in cui le famiglie hanno un forte sviluppo della covata. Se per esempio
pensiamo a famiglie che facciano un primo raccolto di nettare molto anticipatamente in pianura, per poi
passare ad un secondo raccolto di robinia in collina e poi magari anche ad un terzo raccolto sul rododendro
in alta montagna è necessario pensare alle logiche conseguenze. Fatti i debiti conti ci accorgiamo che in
queste famiglie il massimo sviluppo della covata inizia a metà marzo per terminare verso la fine di luglio:
sono più di 4 mesi. I problemi che ne conseguono sono legati ad alcuni fattori importanti:
1. lo sviluppo della covata e anche della varroa è iniziato la primavera molto presto
2. la varroa ha avuto più di 4 mesi di presenza massiccia di covata (6 o più favi) per potersi riprodurre
3. lo sviluppo della covata e anche della varroa si protrae come minimo fino oltre la fine di luglio e i
melari potranno essere tolti solo molto tardi perché le ultime importazioni di nettare vanno avanti
fino alla fine di luglio (e anche oltre se puntiamo alla melata di abete). Di conseguenza anche i
trattamenti contro la varroa devono essere pericolosamente posticipati.
Di conseguenza esercitare con le stesse famiglie un nomadismo troppo spinto e protratto nel tempo ci
espone ad altissimo rischio per quanto riguarda la sopravvivenza degli alveari. Sappiamo per esperienza che
sono proprio le famiglie più belle (quelle che hanno prodotto di più) ad essere esposte ai rischi maggiori per
quanto riguarda la varroa. La famiglia che termina in alta montagna il suo ciclo di produzione dopo essere
partita con forte anticipo primaverile dalla pianura a fine produzione è una colonia ormai al collasso avendo
superato di molto il limite di varroe compatibile con la sopravvivenza.
La domanda a questo punto sorge spontanea, ma allora come operare per chi vuole fare nomadismo e
sfruttare più fioriture? Servono modi e tecniche diverse nell’operare con nuclei e famiglie. Personalmente
già dall’anno scorso ho iniziato a operare cosi:
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Con le famiglie più forti fin dalla primavera presto faccio al massimo due fioriture, una in pianura e
una sulla robinia in Valsugana.
Con i nuclei realizzati in aprile faccio la fioritura del tiglio e castagno o in alternativa quella del
rododendro (in questo modo si potrebbe fare anche la melata senza rischi particolari).
Agire in questo modo porta ad alcuni vantaggi:
1. Si può continuare a praticare il nomadismo sfruttando più fioriture e producendo diversi tipi di
miele
2. Si tiene più sotto controllo lo sviluppo della varroa rischiando molto meno in termini di
sopravvivenza delle famiglie, il periodo di massimo sviluppi della covata è più breve
3. Questo modo di lavorare è anche uno stimolo per fare nuclei primaverili e per avere famiglie meno
colpite dalla varroa
4. Non siamo “pressati” dall’esigenza di togliere presto (magari anche troppo presto!) i melari per fare
i trattamenti contro la varroa, perché sappiamo che l’acaro ha avuto un tempo di sviluppo non
troppo lungo.
5. Per le famiglie che hanno sfruttato le prime fioriture restano tempi più lunghi dopo il blocco della
covata per la ripresa autunnale.
Nonostante tutti questi accorgimenti, personalmente anche quest’anno farò il blocco della covata sia sulle
famiglie sia sui nuclei primaverili se pur in tempi diversi. Attenzione naturalmente ai problemi di re
infestazione che ci portano ad avere da una ad alcune decine di acari al giorno che possono entrare
nell’alveare da altre famiglie o da altri apiari. Quando lavoriamo con blocchi di covata fatti in tempi diversi
l’ideale sarebbe lavorare anche in apiari diversi proprio per ridurre le problematiche di re infestazione.
Buon lavoro
Romano Nesler