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“un miracolo, disco tanto meraviglioso che è quasi impossibile dire quale pezzo sia il migliore. I The Talking Bugs sono un quartetto che dovrebbe varcare i confini nazionali: con la loro raffinatezza dream-pop, elegante e sensuale, che sottende un’ispirata e decisa personalità, hanno infilato otto perle una dietro l’altra” Outsider - novembre 2013 – David Drago “Percussioni, contrabbasso e due chitarre classiche delizierebbero appassionati di tango e flamenco. Il italiano fa di più: richiama la grazia sofisticata dei Notwist e il pop acustico dei King Of Convenience” La Repubblica XL – novembre 2013 “difficile presentare i Talking Bugs come dei debuttanti. La maturità compositiva ed espressiva è già quella del gruppo navigato. Un suono tanto garbato, affabile, raffinato che ne contrassegna l’ingresso nel grande agone dell’indie folk contemporaneo. Nove tracce trasognanti intessute di squisiti arpeggi acustici. Delicato appeal melodico, timbro morbido delle voci, oculata parsimonia di additivi digitali” Rockerilla – novembre 2013 – Elio Bussolino “Pura malinconia che profuma di terra bagnata e sogni tormentati. Musica e parole tremanti sussurrano la dolceamara storia del mondo attraverso un indie folk contaminato e umorale tra ombroso garbo melodico e intimismo acustico. Che si lascia dolcemente violentare dal rivitalizzante calore di virtuose chitarre tangheiro spagnoleggianti e da una filiforme elettronica visionaria.” Rumore – novembre 2013 – Antonio Belmonte “Il garbo, la discrezione, la dolcezza, la calma, l'amore per la musica e per le sue basi tecniche, classiche (tutte cose rarissime in questo mondo), contraddistinguono il debutto dei Talking Bugs con questo Viewofanonsense. Loro sono in quattro, Alessandro di Furio alla chitarra classica e voce, Fausto Ghini sempre chitarra classica e voce, Paolo Andrini al contrabbasso e Youssef Ait Bouazza alla batteria e alle percussioni (a dire il vero spesso in veste elettronica) e sono tutti bravissimi….dimenticavo, non ho mai dato un voto così alto ad un disco italiano. Perchè lo faccio ora? Perché questo non è un disco italiano. Appartiene a chiunque voglia farlo suo. Ovunque voi siate. Ultimo avvertimento prima che corriate ad ascoltarlo: attenti, potreste rimanerne incantati.” Storia della Musica - Franz Bungaro “Talento, se ne trova in serbatoio davvero parecchio. Questi ‘insetti parlanti’ sono un quartetto che propone un pop raffinato e di gran gusto” Il Fatto Quotidiano – 29 ottobre 2013 – Pasquale Rinaldis “I Talking Bugs ci sussurrano, vicino all’orecchio, riportandoci al folk spagnolo, quello delle chitarre classiche e dei giri flamenchi, in Laika ed in I Don’t know why, per poi cullarci con la malinconica melodia della bossanova di My Wounds e sorprenderci con i profumi nordeuropei, a tratti elettronici e soavemente sincopati, di Like a ship in the sea e di Consequences of your sound. Un album caldo, il cui calore è dato dall’essenzialità dei suoni, dalla semplicità del racconto e dalla delicatezza e dall’intimismo dei toni utilizzati per dipingere l’intera tela.” Losthighways – 4 novembre 2013 – Elena Panchetti Pensate al meglio dell’indie folk internazionale, coniugatelo con una voce fragile e vagamente aspra, unitelo a numerosi sprazzi di originalità.. L’intreccio chitarristico in I Don’t Know Why, le peripezie ispaniche contenute in Solitude (Dancing With Her), il quasi-reggae di My Wounds, sono solo alcuni esempi a riprova del fatto che i ragazzi sanno suonare bene e comporre anche meglio. Eppure è con i brani più semplici ed immediati che conquistano definitivamente l’ascoltatore: Consequences Of Your Sound è una di quelle canzoni che una volta entrata in testa, vi farà compagnia a lungo. L’unico nonsense sarebbe non ascoltarli.” Il Mucchio – 11 novembre 2013 – Giovanni Linke “il calore essenziale e senza tempo delle chitarre classiche, in trame raffinate e “colte” incontra talora ritmiche elettroniche che pulsano come fuochi sottili, in un connubio che rammenta nell’intenzione, più che nei suoni, certe sperimentazioni di Beck, e abbraccia il suono fondo del contrabbasso.” L’indie-folk si fonde con sobrie fantasie gitane o balcaniche, e con ritmi latini e sinuosi o sfocia in cenni di Sonorità degne di quello che NME nel 2000 battezzò come New Acoustic Movement si colorano di sfumature world con un’attitudine alla contaminazione che ricorda quella di Beirut, ma, al di là delle indicazioni esemplificative, implica già un’impronta molto personale e uno stile peculiare. Brani eclettici benedetti da una buona dose di grazia, tanto da fluire con naturalezza ed efficacia. La voce di Alessandro Di Furio è accorata ed avvolgente e possiede un’intensità mai sopra le righe, che potremmo definire cantautorale.” Mescalina – 12 novembre 2013 - Ambrosia J. S. Imbornone È il pluriannunciato album di debutto di un gruppo particolare, difficile da incasellare in un genere proprio per questo molto, molto interessante. Il pregio principale di questi ragazzi, infatti, è la capacità di essere curiosi senza avere alcun complesso di inferiorità. Si muovono in un ambiente nu folk mescolando stili e atmosfere diverse come se volassero in giro per il mondo. Capita così che in qualche brano i Balcani incontrino i suoni e i ritmi della penisola iberica e che dall’incontro nasca un figlio ibrido e meticcio del tutto indefinibile ma di grande gradevolezza e suggestione. Gli Altri – 25 ottobre 2013 – Gianni Lucini “Lavoro in evidente stato di grazia, disco frutto di una meticolosa cultura ampliata che straccia vento tra Mediterraneo e Balcani, elettronica e aliti dreaming, uno di quei infinitesimali e rari incunaboli underground che troncano gambe e cuore a chi ha la fortuna di incontrarli sulle strade degli ascolti. Poesia calda e fredda si sposa con un’attenzione dettagliante di inserti e ricami sonori che non lasciano nulla di intentato o abbozzato, una melodia continua e sognante che fa viaggiare con la considerazione giusta di una incisione delicata e favorevole alla dolcezza, in poche parole un disco che strega e culla una serata al tramonto declinato tra ricordi e pensieri fitti. Disco navigato che incrocia e si integra anche con timbri spagnoli, Mediterraneo e tocchi folkly, refoli ancient, un indie nu-folk che è grande nella sua capacità di trasudare passione e cultura di suoni, nonché anticipato sempre da una voce misurata, che sa d’antico, bella sotto ogni aspetto e che fa di questo disco un vero e proprio scrigno uditivo di pregio e classe, che regge straordinariamente il confronto con band affermate o con scalini ben più alti della musica. Un piccolo gioiello la grazia impalpabile delle grandi dimostrazioni artistiche; otto tracce, otto battute sonore per redimere l’animo, otto rotte per un viaggio spanciato, non racchiudibile in nessun schema programmato, otto pezzi d’anima libera che armonicizzano tutto come il pathos latin acustico che vibra in “The lovers”, il soul ibrido di “Laika”, la solitudine fissa che regna nel macramè di corde “Like a ship in the sea” o l’eleganza malinconica di una rosa d’Espana che sulle sinuosità di “Broken sword” lascia l’ascolto e immette sangue caldo e saliva voluttuosa a chi sta a sentire – come in un tramonto svenevole – un’opera musicale che fa bestemmiare per trovarla ancora a ciondolare tra le vie secondarie dell’underground.” Stordisco – 22 novembre 2013 – Max Sannella “Folk, inde-folk e pop che si uniscono a misurati tocchi di elettronica e curati incastri ritmici e percussivi. Caratteristica vincente è quella di saper giocare anche sulla componente ritmica, così che fin dall’apertura si è stupiti dalle contaminazioni lievemente elettroniche che rendono il loro suono ancora più personale (oltre alla già caratterizzante presenza di due chitarre classiche e della voce incisiva di Di Furio).” Il Popolo del Blues – 5 gennaio 2014 – Giulia Nuti “basta un semplice ascolto per innamorarsi: armonie delicate, accoglienti come il tepore di una coperta dove rifugiarsi nelle lunghe domeniche invernali. Un disco fatto di sfumature folk accompagnate da un seducente contrabbasso, da chitarre acustiche che sorridono alle produzioni intimistiche dei Kings of Convenience, da linee vocali e percussioni che si aprono a sonorità tipiche degli splendidi lenti dei Notwist. Piccoli tarli nella testa insomma, che sussurrano tanti piccoli pensieri e ricordi, sensazioni ed emozioni espresse con un’assoluta sincerità e uno stile inconfondibile, che sicuramente spianerà la strada del successo per il gruppo.” HateTV – 9 dicembre 2013 – Claudia Losini “A sorprendere (positivamente), fin da subito, l’inedita “accoppiata” di strumenti utilizzati dai nostri, un motivo in più per elogiare questo lavoro: via elettrificazioni, tastierine lo-fi e suoni da musicassetta anni ’80; che ben vengano contrabbasso, percussioni, chitarre acustiche e voce … e che voce! Fragile, disincantata e sporca, costituisce, già dal primissimo ascolto, la punta di diamante di questa formazione che, seppur messa all’opera per “pochi” minuti, riesce a colpire duramente l’ascoltatore, trasportandolo in un cosmo sonoro capace di unire tutto il meglio, se possibile, dell’attuale scena indie contemporanea.” Music Zoom – 4 dicembre 2013 – Stefano Ricci “Nel loro primo album, “gli Insetti Parlanti”ci hanno messo tutto, ma quel tutto scorre magnificamente che se fosse uno: le sonorità balcaniche si sposano con il tempo in levare reggae, contaminazioni ispaniche si fondono al tango più moderno; ma la grande sorpresa è che a far da collante tra tutti questi generi è l’elettronica, quella “raffinata” però. Parliamoci chiaro, non è che i The Talking Bugs robotizzano il tutto con la tastiera oppure fanno strillare sintetizzatori; l’uso dell’elettronica si limita a tenere unite e vive le tracce di un album che rispecchia fedelmente quanto i quattro abbiano lavorato con impegno per maturare uno stile proprio. L’album suona bene: ritmi nervosi, melodie malinconiche e atmosfere suggestive si inseguono durante il percorso. All’ascolto di Viewofanonsense viene in mente quella tranquilla casa di campagna che in molti sogniamo vivere, dove la routine prevede tagliare la legna, coltivare l’orto con l’ausilio delle novità hi-tech, cucinare il raccolto con il robot da cucina e fare le foto al paesaggio per poi pubblicarle su un socialnetwork.” Demoncleanerzine - Antonio Caputo