Crisi energetica (1973)

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Crisi energetica (1973)
Crisi energetica (1973)
Buoni benzina statunitensi emessi a seguito della crisi energetica.
La crisi energetica del 1973 fu dovuta principalmente alla improvvisa e inaspettata
interruzione del flusso dell'approvvigionamento di petrolio proveniente dalle nazioni appartenenti
all'Opec (l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) verso le nazioni importatrici del petrolio.
L'evento scatenante fu la guerra del Kippur, fra Egitto, Siria e Israele.
Contesto politico
Milano, corso Buenos Aires, domenica a piedi per il divieto di circolazione della auto,
con le strade invase di ciclisti e anche qualche cavaliere
Nell'ottobre del 1973, il giorno dello Yom Kippur, l'esercito egiziano attaccò Israele da sud,
ovvero dalla penisola del Sinai di concerto con quello siriano che attaccò invece da nord, dalle alture
del Golan. Israele si trovò in grave difficoltà durante i primi giorni della guerra, ma dopo i primi
momenti di smarrimento iniziale l'esercito israeliano risultò vincente su entrambi i fronti, tanto da
minacciare Il Cairo.
La guerra finì dopo una ventina di giorni con la proclamazione di un cessate-il-fuoco tra le
due parti. Contemporaneamente all'inizio dei combattimenti, gli stati di Egitto e Siria furono aiutati e
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sostenuti dalla quasi totalità dei Paesi arabi e anti-americani, che raddoppiarono il prezzo del petrolio
e diminuirono del 25% le esportazioni, per ammonire l'occidente a non appoggiare Israele, appoggiato
però dagli Stati Uniti. Ed è per questo motivo che i Paesi Arabi appartenenti all'Opec bloccarono le
proprie esportazioni di petrolio verso gli Usa e l'Olanda fino al gennaio 1975.
Questo processo portò all'innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in molti casi
aumentò più del triplo rispetto alle tariffe precedenti. I governi dei Paesi dell'Europa Occidentale, i
più colpiti dal rincaro del prezzo del petrolio, vararono provvedimenti per diminuire il consumo di
petrolio e per evitare gli sprechi. In Italia il governo, presieduto da Mariano Rumor, varò un piano
nazionale di “austerity economica” per il risparmio energetico che prevedeva cambiamenti immediati:
il divieto di circolare in auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi, la riduzione
dell'illuminazione stradale e commerciale. Insieme a questi provvedimenti con effetti immediati, il
governo impostò anche una riforma energetica complessiva con la costruzione, da parte dell'Enel, di
centrali nucleari per limitare l'uso del greggio.
Conseguenze
In Europa Occidentale la crisi energetica portò anche alla ricerca di nuove fonti di
approvvigionamento, che diede anche risultati positivi: la Norvegia trovò sui fondali del mare del
Nord nuovi giacimenti petroliferi. Ci fu poi un forte interesse verso nuove fonti di energia alternative
al petrolio, come il gas naturale e l'energia atomica per cercare di limitare l'uso del greggio e quindi
anche la dipendenza energetica dai Paesi detentori del greggio. Infatti si diffuse la consapevolezza
della fragilità e della precarietà del sistema produttivo occidentale, le cui basi poggiavano sui
rifornimenti di energia da parte di una tra le zone più instabili del pianeta. E le conseguenze della
crisi energetica non tardarono a manifestarsi anche sul sistema industriale, che a causa delle politiche
di austerità applicate a partire da quegli anni nei Paesi occidentali non conobbe più i tassi di crescita
registrati nei decenni precedenti. Negli Stati Uniti la situazione fu meno problematica, data la minor
dipendenza energetica dai Paesi Arabi produttori di greggio. Nell'Europa dell'Est gli effetti della crisi
furono gravi, perché mancavano i soldi per trasformare e modernizzare gli impianti industriali, che si
avviarono a una lenta decadenza.
Per quanto riguarda invece i Paesi arabi detentori dell'oro nero, le conseguenze della crisi
energetica furono positive perché le entrate degli Stati aumentarono in maniera considerevole, anche
se spesso questa maggiore disponibilità finanziaria non portò considerevoli vantaggi alla popolazione.
Per esempio tra Iran e Iraq - due Paesi produttori di petrolio - scoppiò una guerra con gravi lutti per
la popolazione civile. Ma questi combattimenti posero fine anche alle alte tariffe petrolifere perché
Arabia Saudita e altri Paesi dell'Opec aumentarono l'estrazione di petrolio e quindi il prezzo del
greggio diminuì. La “crisi energetica del 1973” poteva dirsi conclusa.
La crisi energetica cambiò certamente la mentalità della popolazione su alcuni importanti
temi. Si diffuse una maggior consapevolezza dell'instabilità del sistema produttivo e si rivalutò
l'importanza del petrolio, che non fu più visto come l'unica fonte di energia possibile. Con la crisi
energetica del 1973 cominciarono ad entrare nel vocabolario comune nuove parole come 'ecologia' e
'risparmio energetico', simboli di un cambiamento della mentalità della società europea.
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Crisi energetica (1979)
Coda ad una stazione di rifornimento negli Stati Uniti. 15 giugno 1979.
Con il termine di crisi energetica del 1979 si intende il brusco rialzo che si verificò nel
mercato internazionale del prezzo del petrolio a seguito della rivoluzione iraniana del 1979, dai gravi
effetti sull'apparato produttivo di un paese dipendente per il 70% dal petrolio e dai suoi derivati.
Nel secondo dopoguerra l'economia dei Paesi industrializzati era fortemente dipendente dal
petrolio, da tempo diventato la più importante fonte di energia per la produzione industriale, la
produzione agricola e il sistema dei trasporti.
Contesto Politico ed Economico
La prima vera e propria crisi energetica si ebbe nel 1973 a causa dell'improvvisa e inaspettata
interruzione del flusso dell'approvvigionamento di petrolio in seguito alla guerra del Kippur. Il
secondo shock petrolifero, invece, fu provocato dalla rivoluzione islamica in Iran (si afferma il regime
fondamentalista sciita) e dalla guerra tra lo stesso Iran e l'Iraq di Saddam Hussein del 1980. In Iran
nel 1979 il governo filo-occidentale dello scià Mohammad Reza Pahlavi era stato rovesciato da una
rivoluzione che aveva instaurato una teocrazia sciita. L’Iraq invece si reggeva all’epoca su un delicato
equilibrio tra la minoranza sunnita, di cui faceva parte lo stesso Saddam Hussein, e la maggioranza
sciita. Per Saddam Hussein la situazione era diventata delicata e pericolosa: un Iran governato dal
clero sciita poteva rappresentare un richiamo per la maggioranza degli sciiti iracheni, spingendoli a
compiere una rivoluzione simile a quella che aveva rovesciato lo scià. Con un attacco preventivo
Saddam Hussein sperava di destabilizzare il nuovo regime iraniano, rendendo più sicuri i suoi confini
e trasformando l’Iraq nella potenza egemone del Medio Oriente. Nei primi mesi del 1979, lo Shah
dell'Iran, Mohammad Reza Pahlavi, si allontanò dal suo paese a seguito del fatto che il settore
petrolifero urbano rimase turbato dalle proteste di massa: la produzione si ridusse enormemente e le
esportazioni furono sospese[1]. Una volta riprese le esportazioni, vennero riprese dal nuovo regime:
ci fu un aumento della produzione per compensare il declino e si verifericò una perdita di produzione
globale del 4% circa. Lo shock fu grave, ma breve: il greggio salì a 80 dollari al barile, equivalenti a
circa 100 dollari di oggi (2015), creando gravi difficoltà di approvvigionamento energetico. Seguì un
lungo periodo di contro-shock, caratterizzato da una lenta crescita della domanda mondiale, un
costante aumento dell'offerta e l'ingresso di nuovi fattori non-OPEC sul mercato. Tra i fattori chiave,
vi fu la rivoluzione tecnologica che aumentò l'efficienza energetica (e in particolare quella petrolifera)
delle economie occidentali:
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riduzione dei costi del greggio;
possibilità di sfruttamento dei giacimenti un tempo non economici e non raggiungibili;
effetti sulla geopolitica (i paesi industrializzati scoprono di essere fortemente dipendenti dai
paesi arabi a causa del proprio fabbisogno energetico);
effetti sulla ricerca tecnologica, macchinari più efficienti "energy-saver" e nella ricerca di
nuove riserve di petrolio, gas e carbone[3] ;
effetti sulla ricerca scientifica, nuove fonti di energia e le attuali energie alternative (solare,
fotovoltaico, eolico, geotermico, idroelettrico, nucleare);
Buoni benzina stampati per uso di emergenza (ma mai utilizzati) durante la crisi energetica del 1979
Le riserve di petrolio erano ben lontane dall'essere garantite: l'embargo imposto dall'Arabia
Saudita del 1973 e dagli altri produttori del Medio Oriente, provocò un forte incremento del prezzo
della benzina, dell'olio combustibile, del propano e di innumerevoli prodotti chimici.
Sulla costa orientale degli USA, la benzina divenne così difficile da trovare che gli
automobilisti passarono ore in lunghe file, attendendo di poter acquistare il rifornimento per pochi
giorni.
Nel complesso, tutta l'economia capitalistica avanzata è stata scossa a fondo dalla crisi,
rivelando una notevole fragilità e soprattutto la sua pericolosa dipendenza dalle fonti di energia
tradizionali e dalle situazioni e dalle svolte politiche dei paesi produttori di petrolio. I problemi del
Medio Oriente, quindi, già al centro dell'attenzione mondiale nel decennio precedente, hanno
acquistato, dopo la crisi, un'importanza vitale per gli assetti politici ed economici internazionali,
spingendo le potenze occidentali a intervenire sempre più massicciamente in quell'area, talvolta
contribuendo a mediarne le tensioni, altre volte invece incoraggiando, con interventi economici e con
grandi forniture di armi, la conflittualità e le guerre.
Conseguenze
Improvvisamente i problemi energetici divennero problemi di inflazione (che tra il 1972 e il
1980 ha eroso 116 mila miliardi di risparmio delle famiglie) e di disoccupazione: l'energia divenne la
principale responsabile del deterioramento della crisi economica degli anni settanta [6] A tirare sono
le esportazioni a fronte di un rallentamento della domanda interna e di una ripresa della domanda
mondiale. Il buio delle città, per la seconda volta in dieci anni, dopo la prima crisi del 1973, faceva
luce sulla forte dipendenza delle importazioni di petrolio. Serviva un piano energetico di lungo
periodo che conferisse all'Occidente una maggiore autonomia energetica. Europa Occidentale e Stati
Uniti iniziarono ad interrogarsi sulle possibili soluzioni e il risparmio energetico fu una delle
principali risposte alla crisi. Sarà proprio il risparmio energetico, insieme al picco dello sviluppo
nucleare, a permettere ai Paesi Occidentali di scalfire nella seconda metà degli anni Ottanta, il cartello
OPEC e di far crollare il prezzo del petrolio ai valori confrontabili con quelli della crisi del 1973,
quando si assistette ad un aumento definito politicamente, poiché gli emiri arabi che investivano
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abitualmente nelle borse occidentali, non furono interessati a cambiamenti dell’economia occidentale.
L'obiettivo dell'Italia era quello di mantenere competitive le esportazioni, ma non come nel 1973-74.
Infatti l'Italia, che nel 1973 aveva deciso di rendere fluttuante la Lira, nel 1979, entrò a far parte del
Sistema Monetario Europeo, varato l'anno precedente. Dal punto di vista politico e sociale si assistette
in quegli anni alla radicalizzazione delle lotte sindacali, a una accentuata instabilità dei governi, alla
recrudescenza del terrorismo. I radicali cambiamenti che interessarono l'Italia in quegli anni
trovarono ampio spazio nel dibattito che si svolse tra gli economisti, il quale per varietà, articolazione
e divergenze di vedute, rappresentò uno specchio delle divisioni sociali, politiche, ideali e ideologiche
che attraversarono l’Italia di quegli anni.
Netti Opec provenienti dalle esportazioni di petrolio dal 1972-2007
Conclusione
La crisi energetica del 1979 si concluse solo all'inizio degli anni ottanta con il tranquillizzarsi
dello scenario mediorientale e la messa in produzione di nuovi giacimenti petroliferi scoperti e
sviluppati nel territorio di nazioni non appartenenti all'OPEC, individuati soprattutto nel Mare del
Nord e in Alaska, e divenuti economicamente sfruttabili a seguito dell'incremento del prezzo del
petrolio mediorientale.
Alla crisi delle illusioni, derivanti da un'acritica fiducia nel progresso tecnologico e
scientifico, si è accompagnato negli ultimi anni, ma su un altro versante, il crollo di molte di quelle
convinzioni politico-ideologiche, ispirate al Marx, che avevano alimentato i movimenti degli anni
Sessanta e soprattutto il «mitico» Sessantotto. La crisi economica, da un lato, la crisi ideologica,
dall'altro, hanno indotto un fenomeno generalizzato e diffuso, soprattutto a livello giovanile, di
diffidenza e di sospetto nei confronti di qualunque visione politico-ideologica generale, di qualunque
progetto globale di trasformazione della realtà sociale.
Possiamo quindi dire che gli anni Settanta sono trascorsi, per il mondo intero, sotto il segno
di una forte crisi economica, che ha inciso a fondo sulle vicende di tutto il decennio.
Di pari passo, la crisi economica ha imposto la necessità di ridurre la dipendenza
dell’economia occidentale dalle fonti petrolifere mediorientali, attraverso la riduzione dei consumi,
la riorganizzazione della produzione industriale, la ricerca di fonti energetiche alternative. Ciò per un
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verso ha stimolato la proliferazione di centrali nucleari; ma, per altro verso, ha sollecitato un ampio
movimento d'opinione che denunzia l'intrinseca debolezza delle società industrializzate e mette in
discussione lo stesso concetto di «progresso», quando esso sia inteso come sviluppo lineare e
irreversibile attraverso l'industrializzazione avanzata, facendo nel contempo emergere tutti i gravi
problemi creati dal violento rapporto uomo-natura e da tutte le trasformazioni e gli inquinamenti
ambientali conseguenti a un incauto, e talvolta selvaggio, sfruttamento delle risorse.
«[...] Ma qualunque tentativo di risolvere una crisi contrasta con la soluzione delle altre: il
controllo dell'inquinamento limita le fonti energetiche utilizzabili, mentre il risparmio dell'energia ha
un prezzo elevato [...] Ci troviamo di fronte non già ad una serie di crisi separate, ma a un'unica
insufficienza fondamentale, un'insufficienza strettamente connessa alla struttura stessa della società
moderna. »
(Barry Commoner)
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