Governo Monti: quanti dei suoi sostenitori sono forse

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Governo Monti: quanti dei suoi sostenitori sono forse
Governo Monti: quanti dei suoi sostenitori sono forse avversari?
Scritto da Francesco Gironda
Giovedì 15 Dicembre 2011 01:00
Per due settimane abbiamo sospeso gli aggiornamenti di GettaLaRete , e ci siamo impegnati a
completare il sistema, inserendo nuove funzioni e inserendo le installazioni necessarie al loro
funzionamento.
In Italia prendeva intanto corpo il tentativo del Presidente della Repubblica Napolitano di
offrire, con il
Governo Monti
, al paese una alternativa credibile e funzionale, per superare la fallimentare politica muscolare
del muro contro muro tra le coalizioni in scontro permanente in parlamento e nella società.
Questo primo periodo, ancora sperimentale, di pubblicazione del nostro giornale on-line,
anticipato rispetto ai programmi iniziali, per il desiderio di partecipare con i nostri commenti al
dibattito ,che è seguito all’evolversi negativo degli effetti della crisi che ha investito, dopo la Gr
ecia
, l’
Italia
, e che
minaccia ora l’intera area dell’euro
, ci ha fatto testare la fluidità del progetto editoriale e ed adottare gli opportuni accorgimenti per
adattarlo alle esigenze emerse nel rapporto con i nostri primi lettori.
GettaLaRete è un progetto ambizioso, concepito per avere una crescita graduale ma continua,
scelto per trasformare in “sistema” l’apporto di tanti amici, che vogliono partecipare a questa
avventura e crescere, idealmente e professionalmente in essa.
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A cominciare dal 15 di novembre, per qualche settimana, siamo intervenuti con i nostri
commenti sulla evoluzione della situazione italiana, cercando di identificare i ruoli e gli obiettivi,
che le forze politiche, economiche e sociali, attualmente in campo, avrebbero scelto, per
“marcare” le loro
posizioni rispetto ai sacrifici che collettivamente i
cittadini italiani avrebbero dovuto affrontare.
Posizioni legittime, ma tra di loro contraddittorie, espresse da chi si è però ritirato dalla
responsabilità di gestire direttamente la crisi, e che, di fronte ad un programma di un governo,
fatto da tecnici, assurti a quel ruolo, dopo l’evidente rinuncia delle classi dirigenti di tutti i partiti
politici italiani, ad impostare i termini di una manovra necessaria a salvare il sistema Italia
dal fallimento
.
Dopo il riconoscimento palese di non essere riusciti a dare vita ad uno sforzo “bipartisan” per
promuovere, essi stessi, un
governo di unità nazionale
, l’unico che avrebbe potuto assicurare l’attuazione di un impegnativo programma di
risanamento, i partiti di destra e di sinistra si sono trovati, come unico ruolo, quello di tentare di
condizionare la scelta su chi, in Italia, dovesse pagare di più in termine di
sacrifici economici per convincere i mercati
che il nostro paese poteva sostenere il costo dei debiti contratti in passato e da rinnovare,
mano a mano che venissero a scadenza.
La risposta è stata chiarissima anche se non proprio lungimirante: a pagare di più debbono
essere sempre i votanti per i partiti avversari. Anche a prescindere da qualsiasi principio di
equità e funzionalità della manovra.
Dopo la nascita del Governo Monti, anche noi di GettaLaRete abbiamo salutato questa
straordinaria, insperata soluzione per la formazione di una maggioranza ampla e che
contestualmente sembrava poter assicurare uno spazio di tregua necessario a ridurre le
tensioni accumulate, in anni di settaria ed inconcludente polemica tra le coalizioni.
Avremmo sperato in un più rapido e previdente utilizzo da parte dei gruppi dirigenti politici ,di
questa opportunità, vantaggiosa prima di tutto per un ceto politico, giudicato fallimentare dalla
maggioranza degli italiani, che avrebbe potuto utilizzare il tempo per l’indispensabile
ripensamento della sostanza e dei metodi, nonché degli scenari di riferimento, del loro progetto
politico.
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Invece, in queste due ultime settimane sono riemersi progressivamente tutti i difetti, tutte le
devianze del nostro
sistema politico-sociale
, che appare sempre più capace di programmare solo la soluzione dei problemi di spartizione di
una torta sempre più piccola, senza alcuna attenzione ai problemi della crescita e
dell’adeguamento alle nuove sfide, derivanti da una globalizzazione da essi, fino ad ora, mal
gestita e peggio compresa nelle sue conseguenze di lungo termine.
Abbiamo dovuto registrare, come in una sorta di gioco delle tre tavolette, che i partiti politici e i
loro leaders, dopo aver accettato che il gruppo di “tecnici” di buona volontà si impegnassero ad
affrontare
la più grande crisi
economica finanziaria degli ultimi cento anni
, in un più o meno sottile gioco di delegittimazione delle proposte di risanamento avanzate da
questi, hanno iniziato a sviluppare una manovra per depotenziare il valore e a sminuirne i
possibili futuri effetti, pur assicurandone l'approvazione parlamentare con numeri di tutto
rispetto.
Ma certo a stupire non è il comportamento di forze politiche, ormai culturalmente residuali,
come la Lega, espressione velleitaria di un localismo riscivolato in un rivendicazionismo di
maniera, e la cui marginalizzazione dovrebbe essere obbiettivo comune di tutte le forze
politiche degne di questo nome.
Rispetto alla Lega, l’unico obiettivo dovrebbe essere quello del recupero dei suoi elettori
attraverso un sforzo maieutico che faccia emergere l’inganno, il pressapochismo, la malafede
del progetto bossiano.
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Progetto che tenta di demonizzare chi tenta di risollevare l’economia nazionale, mentre si è
coinvolti, come "sistema Italia", come "sistema Europa" e come "sistema Mondo Occidentale",
in una vera e propria guerra tra continenti, fatta solo, per ora; con gli strumenti economici e
finanziari, ma distruttiva nei suoi effetti finali, come una guerra tra i eserciti. A questo tentativo che cerca di mettere in sicurezza l'intero paese, la Lega oppone la velleitaria risposta della
secessione.
La sua classe dirigente, sempre di più, nei momenti di crisi, dimostra di essere solo una rozza
interprete di umori, emersi dalle fognature della storia, con il ricordo avvizzito di un’epoca
definitivamente chiusa dal riscatto risorgimentale. Bisognerà in un prossimo futuro che il
problema della Lega venga affrontato da tutti senza infingimenti o concessioni strumentali. Chi
negozia appoggi dalla Lega o accetta alleanze, dichiara con questo implicitamente di accettare
come legittimo il principio della secessione, e va trattato da tutti quelli che a questo sono
contrari per quello che è. La grande occasione della Lega per entrare a pieno titolo nel novero di coloro che avrebbero
potuto contribuire sia in ruoli di maggioranza che in termini di opposizione alla ricostruzione
della società italiana è definitivamente tramontata con l'indecente comportamento che ha
contradistinto le dichiarazioni di bossi e l'indecente gazzarra i parlamento. Legittimo invece il
ricorso all'ostruzionismo da sempre ultimo strumento per esprimere un dissenso che potrebbe
non essere sufficentemente avvertito dai cittadini.
Per questi motivi il tentativo del PdL di tentare di mantenere una porta aperta che rinnovi
l’antico patto con la Lega, testimoniato anche dalle acrobazie a cui sono costretti i due
quotidiani di riferimento dell’area del centro-destra, per giustificare le gazzarre leghiste,
contraddice nei fatti la volontà del Pdl di appoggiare al governo Monti nel tentativo riuscire
nell’intento per cui è stato votato.
Sulla tenuta di una preliminare pregiudiziale antileghista, potrebbe passare una demarcazione
alle prossime elezioni, che dividerà gli elettori tra chi considera pricipio discriminante il valore
assoluto dell'Unita Italiana, che potrebbe rappresentare un fattore determinante per la sconfitta
di una coalizione di centrodestra, che ragionasse in termini di indifferenza di questo principio
rispetto ad altre ragioni nelle alleanze di coalizione, con effetti sull'elettorato per ora ancora
imprevedibili.
Vi è da parte del Partito Democratico poi la tentazione di cavalcare almeno formalmente, la
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protesta dei ceti meno abbienti, dolorosamente colpiti dalle ricadute negative sul loro potere
d’acquisto, per alcuni contenuti della manovra, specularmente a come il PdL cavalca le paure
dei ceti medi e gli egoismi dei percettori delle grandi rendite, circa il 10% degli italiani, che pur
non trovandosi di fronte certamente al rischio di discesa verso la condizione di ristrettezza,
temono di potersi trovare costretti a sacrifici fino ad oggi mai contemplati, da chi è collocato
nell'area sociale che detiene più del 40% delle ricchezze del paese.
Entrambe queste posizioni, pur comprensibili, hanno il difetto di provocare una diminuita
incidenza nella rassicurazione dei mercati ed il rischio che l’affidabilità delle promesse italiane
nell’adottare un percorso virtuoso della propria finanza pubblica e privata, diventi molto scarsa
agli occhi degli investitori, proprio mentre ci apprestiamo, nei primi mesi dell’anno prossimo, ad
affrontare il rinnovo di una parte considerevole dei nostri titoli di debito, che se dovessero
essere negoziati a tassi di interesse crescenti, ucciderebbero sul nascere qualsiasi possibilità di
rilancio della nostra economia.
Quello che appare terribile è che ancora adesso, forse per motivi di prudenza, lo scenario di un
eventuale default ho dell'abbandono dell'euro e le conseguenze di questo per la qualità della
vita del popolo italiano non sono ancora state con precisione descritte agli italiani, anche se
qualcosa in tale senso comincia a circolare in circuiti di informazione per ora limitati.
Il comportamento complessivo dei partiti appare, per ora, orientato ad una sorte di fuga dalla
realtà, e le soluzioni diverse auspicate, per le diverse convenienze, rispetto alle aspettative del
proprio elettorato di riferimento, sembrano estratti dal libro dei sogni. Nessuna di queste
otterrebbe il voto "bipartisan" alle Camere, riaprendo così la lotta, senza quartiere e senza
speranze, a cui abbiamo assistito nell'ultimo ventennio. Nessuno sembra comprendere che “la vaporizzazione dei redditi degli italiani” potrebbe essere
veramente dietro l’angolo, e chi gioca al tanto meglio tanto peggio, come la Lega, deve avere
la certezza, e ce ne sono già amplissimi segnali nella società, che l’elettorato non premierà alla
fine le sue fughe dalle responsabilità.
Auguriamoci poi che la collera dei cittadini ingannati, quando dovessero trovarsi ad affrontare i
problemi insuperabili di una eventuale disconnessione dell’area dell’euro, non esploda come
potrebbe in movimenti di piazza, difficilmente controllabili, mentre quel dieci per cento di italiani,
che possiede, come abbiamo sopra detto, più del quaranta per cento della ricchezza
complessiva del paese potrebbe essere tentata di portare fuori dai confini nazionali, con ogni
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mezzo, tutto il possibile dei loro beni, aggiungendo così disastro al disastro.
Scenari terribile di una società, in cui gli egoismi di singoli o di gruppi, rappresenteranno il
grimaldello perché forze esterne approfittino, per completare un progetto lungamente
perseguito nella storia del nostro paese, contro il nostro paese per acquisirne di asset migliori,
lasciando, questa volta, le nostre probabilità di sopravvivenza, alla benevolenza di ben altri
commissari, forse nemmeno italiani.
Il passaggio per una possibile, ma a questo punto non certa, salvezza, passa obbligatoriamente
per il rilancio della coesione sociale e, sopratutto dell’Unità nazionale.
Chiunque non accetti questa necessità come primaria, chiunque giochi fuori dal progetto, che
grazie al presidente Napolitano è stato fatto emergere col tentativo del governo Monti, va
considerato di fatto un nemico del paese, e chi spera che altri risolvano il problema che tutti ci
condiziona, pensando di poterne approfittare per rivendicare che i sacrifici fatti potevano essere
evitati, merita la sua scomparsa politica ed il disprezzo degli uomini e delle donne perbene di
questo paese.
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