caso clinico per esercitazione corso magistrale pvcif

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caso clinico per esercitazione corso magistrale pvcif
Caso clinico
PVCIF
Si presenta all’appuntamento P. di 45 anni. Appare molto stanca, sfiduciata e con uno sguardo spento. Fa fatica a
parlare ed è fortemente a disagio. Non guarda mai lo psicologo mentre dice le prime parole in modo confuso. Riferisce
di essere lì perché costretta dal marito che è preoccupato per il suo “stato di salute psichica”. Negli ultimi sei mesi M. è
uscita raramente da casa e ha lasciato il lavoro perché non se la sentiva proprio di alzarsi la mattina. E’ sempre triste e
riferisce di non riuscire a dormire. E’ sempre stanca e non riesce a concentrarsi su niente. Le poche volte in cui è uscita
da casa ha sentito una forte oppressione al petto e la convinzione di stare per morire e di sentirsi quasi “come un topo
in gabbia”, incapace di scappare o di essere aiutata da qualcuno. P. negli ultimi mesi ha anche tentato due volte il
suicidio ingerendo dei medicinali. Lo psicologo nota che la paziente ha le mani molto rovinate e chiedendo spiegazione,
P. riferisce che la settimana precedente mentre stava a casa e si annoiava ha provato a riparare un vaso di terracotta
che si era rotto; quando la colla le si è attaccata alle mani e non riusciva a ripararlo per la scarsa concentrazione, si è
così innervosita che ha tentato di spaccare il vaso con le mani e si è passata la colla sulle gambe spalmandosela come
una crema. Non sa perché lo ha fatto. Ora ha le mani e la gambe rovinatissime.
M. è stata una bambina problematica. Da piccola ha sofferto di disturbi alimentari e soprattutto nella fase
adolescenziale ha sofferto di bulimia, con abbuffate e grandi esplosioni di rabbia incontrollata. Quando a 17 anni il suo
fidanzato l’ha lasciata, ha cominciato ad avere mille storie “senza senso”. Le piaceva fare sesso in modo compulsivo.
Faceva sesso con chiunque si proponesse a lei e non “faceva differenze” Riferisce: “dottore non facevo differenze. Mi
piaceva così tanto fare sesso che lo facevo indifferentemente sia con uomini che con donne. Non mi interessava chi
erano. Mi piaceva e basta. Andavo in posti dove c’erano le prostitute e magari dicevo a chi passava che io a differenza
di quelle lo facevo gratis. E beccavo un sacco di gente”. Superata questa fase ha cominciato a frequentare “brutte
compagnie” e a fare uso di droghe leggere (prima) e anche pesanti (dopo) fino a 38 anni quando per
un’intossicazione è finita in ospedale. Dopo ha fatto un breve percorso in comunità da cui però è scappata dopo un
anno. Ora è da 7 anni che non f auso di niente. Solo ogni tanto qualche spinello con amici. P. riferisce che non riesce a
capire chi sia realmente. Alle volte è spensierata, gioiosa e pronta a conoscere persone e altre volte sente di essere
odiosa, cattiva e sente di voler ferire chiunque interagisca con lei. Anche se suo marito la ama molto, lei sente che ci
sono momenti in cui prova lo stesso affetto, ma altri in cui rimpiange i tempi in cui era sola e poteva divertirsi e fare
sesso con chi voleva. Riferisce che anche ultimamente ha tradito più volte il marito e che lo fa per il gusto di farlo,
senza poi in realtà provare così tanto piacere come vorrebbe o si aspetterebbe. P. quando si sente sola o arrabbiata
comincia a spaccare qualunque cosa trovi oppure si fa male in modo da punirsi per la sua rabbia. In questo modo
confessa di liberarsi dal senso di colpa. Ultimamente è sempre più nervosa perché sente che il marito, anche se fa finta
di fidarsi di lei e cerca di non starle troppo addosso, ha messo delle telecamere in casa per spiarla quando lui è a
lavoro. P. è molto arrabbiata per questo ed è successo tre volte nell’ultimo mese che quando il marito è rientrato in
casa lo ha accolto urlandogli che faceva schifo e provando a picchiarlo per il fatto che la spia. Tuttavia dopo queste forti
esplosioni P. scoppia e piangere ed è inconsolabile; piange così forte e così tanto che alla fine si addormenta stremata.
Al risveglio sembra non ricordare nulla dell’accaduto ma capisce dalla faccia preoccupata o cupa del marito che ha fatto
qualcosa di sbagliato o di grave. “Come una delle volte più memorabili in cui, mi dicono, io mi sono ubriacata e sono
uscita sul bancone nuda e chiamavo i passanti per fare sesso con loro.” Ha paura di essere abbandonata dal marito.
Sente che senza suo marito non potrebbe più vivere. Quando infatti una volta il marito è andato via di casa sbattendo la
porta dopo un litigio in cui P. era “su di giri”, lei si è sentita persa. Le sembrava che tutto fosse finito ed è stato quella
volta che ha ingerito i medicinali trovati in bagno, dopo essersi tagliata le gambe con il rasoio del marito. E’ stata
ricoverata 2 settimane in SPDC e tornata a casa ha ripreso la sua vita di sempre, fatta di tristezza, angoscia, rabbia ma
anche momenti in cui si sente così felice che le viene da ballare, da ridere, da vedere gente. Una di queste volte in cui si
sentiva alle stelle ha rubato la carta di credito del marito e ha fatto acquisti sfrenati di cose inutili che ha poi regalato ai
passanti o a chi incontrava lungo la strada di ritorno a casa. Ora non sa più che pensare di sé e della sua vita. Sa solo
che alle volte vorrebbe morire per porre fine al suo dolore e a quello degli altri.
a) Ipotesi diagnostica più rispondente ai comportamenti e alla sintomatologia espressa, attraverso il rimando agli
specifici criteri nosografico-descrittivi;
b) ipotesi diagnostica differenziale, attraverso il rimando agli specifici criteri nosografico- descrittivi;
c) ipotesi di approfondimento diagnostico in chiave psicodinamica (strumenti, aree di indagine, dinamiche e meccanismi
che sembrerebbero essere alla base del funzionamento sintomatologico della paziente)