La Risoluzione ONU del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta

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La Risoluzione ONU del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta
Il diritto all'acqua risulta quale estensione del diritto alla vita affermato dalla Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani. Esso riflette l'imprescindibilità di questa risorsa relativamente alla vita umana.
« "È ormai tempo di considerare l'accesso all'acqua potabile e ai servizi sanitari nel novero dei diritti umani,
definito come il diritto uguale per tutti, senza discriminazioni, all'accesso ad una sufficiente quantità di acqua
potabile per uso personale e domestico - per bere, lavarsi, lavare i vestiti, cucinare e pulire se stessi e la
casa - allo scopo di migliorare la qualità della vita e la salute.
Gli Stati nazionali dovrebbero dare priorità all'uso personale e domestico dell'acqua al di sopra di ogni altro
uso e dovrebbero fare i passi necessari per assicurare che questo quantità sufficiente di acqua sia di buona
qualità, accessibile economicamente a tutti e che ciascuno la possa raccogliere ad una distanza ragionevole
dalla propria casa. »
La Risoluzione ONU del 28 luglio 2010 dichiara per la prima volta nella storia il diritto all'acqua un diritto umano universale e fondamentale. (http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_all'acqua). L'oro Blu:
La superficie terrestre è coperta per il 71% di acqua, ma è costituita per il 97,5% da acqua salata. L’acqua
dolce è dunque solo il 2,5% di tutta l'acqua presente sulla terra.
Quest'ultima poi è per il 68,9% contenuta in ghiacciai e nevi perenni, per il 29,9% nel sottosuolo e solo lo
0,3% è localizzata in fiumi e laghi, e quindi facilmente reperibile. Tale quantità corrisponde allo 0,008%
dell’acqua totale del pianeta.
Si tratta a ben vedere di un quantitativo irrisorio distribuito in modo ineguale sulla superficie terrestre.
La maggior parte di essa, infatti, è concentrata in alcuni bacini in Siberia, nella regione dei grandi laghi in
Nord America, nei laghi Tanganika, Vittoria e Malawi in Africa, mentre il 27% è costituita dai cinque più
grandi sistemi fluviali al mondo: il Rio delle Amazzoni, il Gange con il Bramaputra, il Congo, lo Yangtze e
l’Orinoco.
L’Italia è prima in Europa per il consumo d’acqua e terza nel mondo con 1.200 metri cubi di consumi l’anno
pro capite. Più di noi soltanto gli Stati Uniti e il Canada. Rispetto i parametri europei non possiamo invece
che passare per spreconi: gli italiani consumano quasi 8 volte l’acqua usata in Gran Bretagna, dieci volte
quella usata dai danesi e tre volte quello che consumano in Irlanda o in Svezia. Allarme sullo spreco anche
da parte del WWF che annuncia la disponibilità d’acqua dolce in Italia sta scendendo dai 2.700 metri cubi
pro capite ai 2.000 metri cubi. (fonte http://www.volint.it/scuolevis)
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Il Movimento 5 Stelle Civitavecchia è (ben poco lieto) di presentare
Un torbido affare
Un inedito documento foto-giornalistico che proverà a spiegare, attraverso dieci domande dieci e relative
risposte, perché la questione idrica a Civitavecchia è finita nella...melma.
Mettetevi comodi, quindi, e godetevi (si fa per dire) lo spettacolo.
Nota del relatore:
Quando abbiamo deciso di raccogliere tutta la documentazione e l'esperienza fatta nell'ultimo anno
riguardo la situazione del servizio idrico cittadino ci siamo chiesti con quale "vestito" costruire il progetto.
Avendo ben presto scartato l'idea di fare qualcosa di istituzionale abbiamo invece optato per un opera più
informale e diretta, meno dottrinale e più informativa. Questo perché la specificità del tema rischiava di
farci costruire un'opera troppo tecnica, finendo per risultare noiosa se non addirittura indigesta.
Infine, la particolare delicatezza della posizione di molte persone con le quali siamo andati a parlare e
che ci hanno fornito preziose informazioni (spesso in conflitto con i loro interessi relativi) ci hanno
persuasi ad avvicinarci ad una narrazione "romanzata" più che asettica delle vicende.
Crediamo però fortemente che invece che dare migliaia di freddi dati e numeri senza senso sia più
opportuno raccontare come, perché è chi ha portato a vivere questo ormai interminabile periodo di
emergenza.
Per tutte queste ragioni abbiamo optato per l'articolo con formula domanda/risposta.
Ne abbiamo ricavate dieci, presentateci dal nostro interlocutore preferito: Il cittadino.
Ecco quindi il nostro "Manuale idrico civitavecchiese per inesperti" o, per dirla in maniera in versione
2.0, "The water Handbook for Dummies".
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Acqua azzurra(?) Acqua chiara(?)
La nostra città, per i suoi bisogni idrici, si avvantaggia di cinque fonti di approvvigionamento:
-L'acquedotto comunale di Montanciano (situato all'interno della riserva naturale di Monterano)
-La fonte anch'essa comunale dell'Oriolo.
-L'acquedotto del S.i.t.
-L'acquedotto medio tirreno.
-Il contributo di Acea.
Una situazione variegata e vantaggiosa, si direbbe. Niente affatto.
La realtà è purtroppo decisamente diversa. Questo perché la politica è stata gravemente carente quando
non dolosa nel rendere oggi la situazione drammatica come abbiamo avuto modo di comprendere.
Ma andiamo con ordine: La città dispone di una portata idrica di 700 lt/sec. A regime il contributo piu'
sostanzioso lo garantiscono Acea e l'acquedotto di Montanciano (circa 200 lt/sec cadauno).
Il resto della portata è assicurato in parti variabili dalle altre fonti di approvvigionamento.
E' però sul più grande acquedotto cittadino (quello appunto di montanciano) che abbiamo da subito sentito
la necessità di porre la maggiore attenzione a causa del fatto che fosse latore non solo della portata più
significativa, ma anche, di conseguenza, dell'impatto più sostanzioso sul prodotto "consumato" a valle. E
cioè dalla cittadinanza.
Domanda n.1) MONTANCIANO è un gioiello o una patacca?
Cerchiamo di capirlo.
Dunque: Il complesso "gioiello" di Montanciano, inaugurato nel lontano 1973, è diviso in due parti: Il bacino
di raccolta e decantazione (situato nella splendida riserva naturale di Monterano ed alimentato dalle
acque torrentizie del fiume Mignone) è una diga artificiale che viene alimentata dalle acque del torrente
Mignone raccogliendole in un lago di circa mezzo km di lunghezza per 25 m. di larghezza. La profondità
media del bacino "dovrebbe" essere di 8 m.
Il luogo è incantevole e, appunto grazie al fatto che è situato all'interno di un parco naturale, ideale allo
scopo.
Il bacino si trova circa trecento metri a valle dell'acquedotto vero e proprio.
Questa seconda struttura, che prende il nome dal monte dove sorge (Montanciano, appunto), è stata
progettata e costruita a metà degli anni settanta e viene gestita dal nostro comune per chiarificare e
potabilizzare il prezioso liquido prima di spedirlo verso mare a noi che ogni giorno lo utilizziamo.
L'acqua viene prelevata dal bacino idrografico (denominato Lasco del falegname) e, attraverso delle
pompe a motore, portata alle vasche di trattamento.
Qui avviene la procedura sopra menzionata (chiarificazione) realizzata attraverso la decantazione in
vasche di raccolta (al fine di far sedimentare sul fondo gli elementi più pesanti che causano l'alterazione
della colorazione dell'acqua).
Il successivo passaggio attraverso ulteriori otto filtro/vasche (due a carbone attivo e sei a sabbia)
garantiscono la "microfiltratura" del liquido che viene cosi definitivamente chiarificato.
La potabilizzazione (tecnicamente definita clorificazione) avviene attraverso appunto l'addizione di cloro
(il noto disinfettante battericida) in quantità variabili in base alla "purezza" della "materia prima" che viene
prelevata dall'invaso.
Il tutto dovrebbe realizzarsi in maniera efficiente ed automatizzata.
2) Detta cosi sembrerebbe tutto perfetto. Dov'è la fregatura?
Ovviamente c'è. L'idea che ci siamo fatti è che tutto nasca dal fatto che il comune (e qui intendiamo tutte
le amministrazioni che si sono susseguite nel corso dei decenni) abbia disatteso in maniera evidente
gli obblighi istituzionali di tutela e gestione del servizio nella sua interezza.
Non è nostra intenzione puntare il dito su qualcuno proprio perché la nota è rivolta a tutti gli
amministratori indistintamente.
Un acquedotto modello come Montanciano è stato infatti oggetto di totale e progressivo disinteressamento
e ciò che si doveva e poteva fare con poche risorse nel corso degli anni oggi è necessario farlo attraverso
un impegno economico-finanziario notevole.
E probabilmente non basterà.
Cosi che oggi L'acquedotto versa nelle condizioni drammatiche che vi riportiamo sotto:
A) L'invaso, mai oggetto di manutenzione straordinaria per la pulizia dei detriti sedimentati sul fondo, è
ricolmo dei fanghi trascinati dal fiume nel corso degli anni. Cosi che la profondità dell'acqua (che in
condizioni normali dovrebbe essere in media di 8 m) in molti punti non supera i pochi centimetri.
La nostra prima visita al complesso risale a giugno 2012 ed ha appurato proprio questo.
In quel frangente l'acquedotto era salito agli onori della cronaca a causa dell'ordinanza di non potabilità
(l'ennesima) emessa dal sindaco neo eletto Pietro Tidei a causa della presenza nell'acqua dei
famigerati colibatteri.
I colibatteri, lo diciamo per chi non lo sapesse, sono agenti patogeni estremamente dannosi per
l'organismo umano. Nelle acque destinate al consumo umano, nelle acque di piscina, nelle acque adibite alla
balneazione, ma anche in altri tipi di matrici (per es. alimenti, cosmetici) è prescritta l’assenza obbligatoria
di Escherichia coli (appunto il batterio rilevato nelle campionature Arpa a Civitavecchia) in relazione al suo
ruolo di indicatore primario di contaminazione fecale.(Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Escherichia_coli).
In pratica quello che dovrebbe essere un poderoso bacino di raccolta non è altro che una sporca e
asfittica pozza d'acqua fangosa che nei mesi estivi specialmente, a causa delle alte temperature e del
residuo apporto d'acqua con cui viene alimentata dal fiume Mignone, si trasforma in una potenziale (e
spesso inevitabile) bomba ecologica.
B) La seconda visita, effettuata lo scorso mese di novembre a distanza di cinque mesi dalla prima in
condizioni climatiche ovviamente diverse, ci ha evidenziato gli stessi problemi con risultati però se possibile
anche peggiori.
Perché se è vero che le piogge cadute copiose in quel periodo hanno limitato gli effetti biologici negativi,
hanno però anche creato un problema ulteriore. Infatti le precipitazioni hanno portato, oltre ad un ingente
afflusso d'acqua, anche tutto il materiale organico e minerale che il fiume e le acque piovane, nel loro
tragitto, hanno raccolto. Questo ha ulteriormente aggravato la già critica situazione dell’invaso, colmo di
fango all'inverosimile.
Foglie, rami e materiale vario vanno cosi ad ostruire le bocche a livello dalle quali l'acqua viene captata.
Abbiamo visto coi nostri occhi il metodo di disostruzione al quale gli incaricati del comune sono "condannati".
Armati di un pesante rastrello a braccio lungo cercano di togliere i tappi di materiale che costantemente
limitano il lavoro di cattura delle acque.
Una lotta impari che ci ha riportato alla leggenda biblica di Davide contro Golia.
C) Il bacino non riesce a ricreare una riserva utile nei periodi di siccità proprio perché, essendo già di per sé
colmo di fango, l'acqua che arriva tracima oltre la diga e si perde a valle nel proseguo del tragitto del fiume.
D) Ciò che rimane quindi nell'invaso è un quantità d'acqua anno dopo anno sempre minore (a causa
dell'accumularsi dei detriti) e di qualità sempre più scadente. Nei mesi invernali poi diviene anche
particolarmente sporca, perché incapace di "decantare" naturalmente in un bacino dove questo processo è
impossibile in quanto fondo e livello del bacino coincidono in buona parte dell'invaso.
In effetti la diga non trattiene più acqua, se non in minima parte, ma fango.
E) Questi problemi creano a loro volta altre criticità.
E già, come in un gioco di scatole cinesi, l'individuazione di un problema porta alla evidenza di un altro
conseguente.
La decantazione dei fanghi (e di ogni materiale sospeso) infatti è come visto condizione essenziale del
processo di chiarificazione dell'acqua. Se non è possibile farlo naturalmente, quindi, si deve procedere a
farlo artificialmente.
In che modo?
Le pompe a motore (lo abbiamo detto) portano l’acqua dall'invaso al centro di trattamento (l'acquedotto vero
e proprio).
Qui l'acqua risulta ancora decisamente"sporca". Si deve quindi procedere ad una chiarificazione
chimico/fisica.
Allora il solerte dipendente comunale smette di giocare alle scatole cinesi e comincia col "piccolo chimico".
Viene infatti introdotto nelle vasche di raccolta un flocculante a base di alluminio policloruro (reagente) che
aggrega le particelle sospese creando tanti "piccoli" batuffoli chimici che a causa del loro peso affondano.
L'acqua finalmente comincia a chiarificarsi.
A che costo? Ovviamente a costo di sovraccaricare l'acqua di...alluminio policloruro.
A questo punto è doverosa una precisazione: L'operazione sopracitata è prassi comune in molti acquedotti
italiani e di per se non è ne rischiosa ne sbagliata.
Di più: Nei sistemi di gestione idrica in cui l'approvvigionamento d'acqua è garantito non da fiumi veri e propri
(con corsi d'acqua e portata "regolari) ma da torrenti (corso d'acqua caratterizzato da una scarsissima
alimentazione da nevai o altre sorgenti regolari e costanti, da una notevole pendenza dell'alveo a monte e da
una alternanza fra le magre estive e le piene autunnali e primaverili -regime torrentizio- in concomitanza con
i differenti regimi precipitativi interannuali. Inoltre, contrariamente ad un fiume, un torrente può rimanere
secco, cioè privo di acqua) l’uso dei flocculanti è spesso il modo più veloce per risolvere il problema della
chiarificazione.
Tuttavia questo trattamento deve essere supportato da un adeguato monitoraggio e trattamento dei residui
che genera. In pratica quei sedimenti formati dal reagente chimico e dai materiali portati dal fiume DEVONO
essere, prima o poi, smaltiti (con costi economici evidenti).
Pena il riempimento anche delle vasche dell'acquedotto.
Il problema, quindi, si ripropone nelle vasche: Per risolverlo o lo si affronta tenendo pulito l’invaso oppure
pulendo le vasche dove l’operazione viene attuata, meglio ancora facendo entrambe le cose.
In ogni caso servono degli interventi periodici che, indovinate un po’, non sono stati eseguiti. S’è preferito
anche qui fare le cicale ed attendere l’arrivo dell’inverno cantando, ballando ed ignorando bellamente il
problema.
Risultato: Alluminio nell’acqua a Civitavecchia!!!
Ricordate la crisi dello scorso settembre? Ora avete (forse) la risposta sulle cause.
Diciamo forse perché, ebbene si, c’è dell’altro. Ricordate le scatole cinesi? Arriva la prossima.
3) Cos’altro c’è?
La risposta si potrebbe riassumere cosi: Procedura d’emergenza. In casi eccezionali (ricordate bene
quanto appena detto) i tecnici del comune possono ricorrervi. Ma di cosa si tratta?
Durante una cordiale chiacchierata col dott.Sciferri Stefano (consigliere comunale a Canale Monterano e
autore dello studio sulla "Valutazione di incidenza" propedeutica al progetto di "Manutenzione Straordinaria"
commissionata dal presidente dell'acquedotto Solinas nel 2007 e peraltro mai messa in atto) ci è stato
spiegato che in determinate eccezionali circostanze, per poter pulire le vasche dell’acquedotto, i tecnici
hanno la possibilità di “invertire” il sistema di pompaggio. Questo processo si renderebbe necessario per
“spurgare” le vasche, cariche del fango portato “a monte” dalle pompe nei periodi di pioggia a carattere
torrenziale.
Questa è la famigerata procedura d’emergenza.
Procedura che, come nella migliore tradizione di casa nostra, a Civitavecchia è diventata sistematica. Per
noi civitavecchiesi l'emergenza è il nostro pane quotidiano.
La conferma ci è arrivata da uno dei tecnici dell’acquedotto che ci ha svelato che è l’unico modo (o il sistema
low cost adottato giocoforza- fate voi) trovato per far fronte alla sempre più elevata quantità di policloruro di
alluminio necessaria (e quindi residua) per chiarificare l’acqua presente nelle vasche dell’acquedotto.
4) E allora? Io non ci vedo mica particolari pericoli. Immagino però che lei mi
dimostrerà che sbaglio.
Sbaglia si. Perché reintrodurre in natura acqua trattata vuol dire chiaramente “inquinare”, tanto più in un
bacino allestito per reperire acqua ad uso alimentare.
Inoltre i residui, proprio per le loro caratteristiche fisiche, non vengono smaltiti nel bacino, ne tanto meno
vengono eliminati ma si depositano concorrendo ad aggravare la già critica situazione ecologica dell’invaso.
E se anche fossero sversate a valle dell'invaso inquinerebbero l'ecosistema del fiume e quello ed il territorio
percorso.
La situazione è a tal punto critica che, nel bacino da cui viene prelevato circa il 25/30% dell’acqua che si
consuma a Civitavecchia, secondo delle analisi effettuate in data 03/09/2012 a cura della "Farm s.r.l.analisi e servizi per l’ecocompatibilità" negli uffici di Guidonia Montecelio (RM) su di un campione prelevato
in superficie, la quantità di alluminio presente è risultata 1010 Mg/lt, che significa mille e dieci milligrammi per
litro (cosi si legge meglio).
Dimenticavamo di dirvi che il limite consentito per legge è duecento. Cinque volte di più!!! Evviva!!!
Senza considerare che, in realtà, in un contesto naturale quale dovrebbe essere il nostro, l’alluminio
dovrebbe essere del tutto assente.
Oltre a questo nelle stesse analisi troviamo valori fuori norma anche su: E.Coli e Streptococchi (180 e
570mg/lt su un limite di ZERO!!!) Fluoruro, Piombo e Nitrati in quantità varie tutte ovviamente fuori limite.
Questo ci porta alla considerazione successiva.
5)Questa la so. Ci arrivo pure io. Se ci sono cosi tanti "batteri fecali" nell’acqua vuol
dire che tra l'altro qualcuno, nel laghetto, ci … scarica. No? Ma non avete detto che
il bacino idrografico è situato in un parco naturale? Passi l’alluminio, passi il resto(e
non passa) ma... chi la fa fuori dal vaso? Le pecore?
Domanda arguta. In effetti anche questa è una sorpresa trovata nella scatola cinese dei problemi
dell'acquedotto.
La domanda è pertinente e dettaglia, urge risposta a esauriente. Eccola accontentato:
In effetti il nostro bacino di captazione è oggi utilizzato come scarico fognario da tre paesi: Canale
Monterano, Oriolo Romano e Vejano.
Siamo coscienti dello sbigottimento che la notizia produrrà nel lettore, perché è stato cosi anche per noi. Ma
vi assicuriamo che è tutto vero.
I tre comuni sopracitati riversano gli scarichi nel Mignone, qualche centinaio di metri a monte dell'invaso.
Ovviamente questa procedura dovrebbe essere anticipata da un adeguato trattamento di queste "acque
reflue".
Questo però, almeno nel caso di Canale Monterano, non avviene.
Abbiamo infatti in mano due distinte ordinanze della Provincia di Roma con dal 29/08/2012 e 26/09/2012
nelle quali si determina la sospensione(nel primo) e la revoca (nel secondo caso) dell'autorizzazione allo
scarico di acque reflue urbane nei due depuratori comunali (quelli che poi sversano nel mignone) a causa
della presenza in quantità pericolose di cloroformio (solventi clorurati e trialometani).
Elementi questi che fanno presupporre un maldestro tentativo "umano" di disinfettare l'acqua di scarico, a
fronte dell'incapacità strutturale a svolgere quel lavoro da parte dei depuratori stessi.
In sintesi: I depuratori di Canale Monterano non funzionano, quindi o si abbonda con il disinfettante o i
liquami scendono...nei nostri bicchieri.
Interrogati al riguardo alcuni tecnici dell'acquedotto ci hanno poi confermato quello che sembra essere il
segreto di pulcinella.
E cioè che il comune di Canale Monterano nonostante l'ordinanza ha preferito continuare a sversare i suoi
scarti in questa maniera piuttosto che smaltirli a norma di legge. Questo perché farlo in modo corretto
costerebbe molto di più rispetto alla eventuale sanzione dovuta all'inadempienza delle disposizioni.
Ah, dimenticavamo: A quanto ne sappiamo (e di questo chiediamo conferma a chi di dovere) Oriolo Romano
e Vejano neanche ce l'hanno, il depuratore.
6) Mamma mia, mi sembra di assistere alle dieci calamità d'Egitto. A quale siamo
arrivati? Se non sbaglio mancano le locuste e poi siamo al completo.
Se il suo intento era di sdrammatizzare c'è riuscito ma non è purtroppo andato tanto lontano dalla realtà.
Esiste infatti un'altra "piaga" che compromette la regolare erogazione del servizio idrico.
Parlo della disastrosa condizione della rete che porta l'acqua dall'acquedotto a Civitavecchia. Questa inoltre
scorre attraverso circa 20km di tubazioni prima di arrivare nelle cisterne di raccolta cittadine e ad oggi non
esiste un sistema che monitori la perdita della condotta.
O meglio: Esiste un rilevatore a valle (presso il centro di smistamento di Poggio del Capriolo al Casaletto
Rosso) ma non "a monte".
In pratica non sapendo quanta acqua viene spedita è inutile sapere quanta ne arriva giù. Quindi non si sa
effettivamente quanta ne viene persa durante il tragitto. Riguardo ai guasti, poi, gli addetti dell'acquedotto
(che, lo ribadiamo, lavorano in condizioni veramente difficili) riescono ad accorgersene "solo" dalle differenti
pressioni di partenza e di arrivo.
Questo perché è del tutto carente (né poteva essere altrimenti, visti i presupposti) un servizio di "guarda
condotta" che permetta di monitorare costantemente il percorso e rilevare tempestivamente gli eventuali
guasti. Si che spesso questi vengono segnalati (a detta degli addetti interpellati al riguardo) dalla guardia
forestale o da sporadici contadini o pastori quando già sono diventati dei graziosi laghetti artificiali di acqua
potabile ad uso alimentare!!!!.
Riguardo gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e sui guasti a rete ed acquedotto, infine,
esortiamo la magistratura ad indagare in merito a possibili irregolarità in tema di appalti e lievitazione dei
costi.
Facciamo infatti notare che la richiesta da noi formalizzata della documentazione al riguardo (inoltrata con
formale richiesta a Comune, Holding Civitavecchia Servizi ed a Civitavecchia Infrastrutture) lo scorso
ottobre 2012 è letteralmente caduta nel vuoto e non ha quindi avuto alcun seguito.
Sarebbe però oltremodo interessante capire se le manutenzioni programmate (quelle finanziate e ratificate
in bilancio- badate bene!!!) degli ultimi 5/10 anni siano poi state effettivamente fatte.
Sarebbe interessante sapere anche da quali ditte sono state fatti questi lavori e per quali importi, e quali
amministratori avessero il compito di vigilare su quei lavori. Questo per capire se veramente la fine a cui
siamo giunti era inevitabile o se esistono in merito responsabilità specifiche. E se magari qualcuno ci ha
anche speculato sopra.
Il servizio fa acqua da tutte le parti (ci perdoni l'ironia) e non certo per colpa degli addetti che tra mille
difficoltà cercano di garantire un servizio decente sempre meno perseguibile.
7)Temo, a questo punto, che l'unico modo per venirne fuori sia veramente affidare
tutto il servizio ad ACEA.
Bèh, concordo sul fatto che questo è il primo pensiero che qualunque persona farebbe in questa situazione.
Visto che noi non siamo capaci ad occuparcene, lasciamo che lo faccia chi lo fa per mestiere. ACEA.
Tanto più che anche il nostro caro sindaco non perde occasione di sposare questa tesi. D'altra parte se lo
dice lui?!?
Eppure pensi un po’: E' proprio per questo che noi cominciamo a nutrire dubbi in merito.
Infatti diversi sono stati gli appelli di Tidei, in questi primi mesi di amministrazione, riguardo la drammaticità
della situazione (e non a torto).
Più volte lo si è visto "stracciarsi le vesti" di fronte alla disastrata situazione economica del comune (e non a
torto).
Mai occasione è mancata perché il sindaco ribadisse alla popolazione tutta l'urgenza di una soluzione rapida
per il problema idrico (e non a torto).
L'emergenza era alfine servita!!!
Non mancava che presentare la sua come l'unica soluzione possibile (stavolta a torto!!!).
"ACEA è qui, pronta ed a nostra disposizione. Rileverà il servizio scadente e le strutture fatiscenti e (con la
bacchetta magica, immaginiamo noi) sistemerà tutto quanto. L'acquedotto, la rete ed il sistema di
riscossione tributi che sarà equo e solidale". Questo, immaginiamo, il sogno/pensiero del nostro primo
cittadino.
In realtà noi temiamo fortemente la sindrome da cucciolo bisognoso (anzi pretenzioso diremmo noi) d'affetto
(alias pecunia) di cui Tidei sembra affetto da quando gestisce il nostro comune. In fin dei conti ha fatto la
stessa cosa con ENEL.
Ogni volta che ha un problema economico da risolvere bussa a denari a destra e manca, salvo poi tuonare
(come nel caso delle misteriose trentasette criticità di cui ancora non ci ha resi edotti riguardo Torre
Valdaliga) se i soldi non arrivano. Tuonare a salve, s'intende.
Insomma: L’ACEA è la nuova gallina dalle uova d'oro o la mammella da succhiare a piene guance.
Ma sarà davvero cosi?
"ACEA è una delle principali multiutility italiane. Quotata in Borsa nel 1999, è attiva
nella gestione e nello sviluppo di reti e servizi nei business dell’acqua, dell’energia e
dell’ambiente. E’ il primo operatore nazionale nel settore idrico e tra i principali player
italiani nella distribuzione e vendita di elettricità e nel settore ambientale. Il Gruppo conta
oltre 7.000 dipendenti.
Tra le attività: servizio idrico integrato (acquedotto, fognatura e depurazione),
produzione di energia, in particolare da fonti rinnovabili, vendita e distribuzione di elettricità,
illuminazione pubblica e artistica, smaltimento e valorizzazione energetica dei rifiuti.
L'acqua, l'energia, l'ambiente sono elementi fondamentali per ACEA. Il Gruppo segue, da
sempre, il tema della responsabilità sociale d’impresa, dedicando particolare attenzione a
tutti gli stakeholder, alla redditività, alla qualità dei servizi e allo sviluppo
sostenibile. redditività, qualità e sostenibilità che insieme a innovazione, sviluppo, centralità
del cliente, efficienza operativa e organizzativa sono i valori portanti dell'agire quotidiano
dell'Azienda. Valori che si traducono in un impegno costante e in continua crescita".
Questa è la presentazione che ACEA fa di se stessa sul proprio sito. Abbiamo evidenziato quei concetti del
discorso che rendono maggiormente l'idea su chi stiamo facendo entrare in casa nostra, accogliendolo come
il salvatore della patria.
Chi vede un business nell'acqua; chi è impegnato a massimizzare la redditività dei suoi azionisti; chi
deve gestire 7.000 dipendenti e "dovrebbe" assorbirne altri 500; chi crede che il valore di un'azienda si
valuti esclusivamente sulla crescita (dei ricavi) ben difficilmente perseguirà l'interesse di sessantamila
anonime persone. Tanto più visto che quei sessantamila andranno ad aumentare il bacino di clienti
posseduti dall'azienda stessa, non certo quello di azionisti.
Concludo con una citazione:"La vera crisi che stiamo vivendo è quella dei valori, più che quella
dell'economia".
Concordo che, a prima vista, si possa faticare a trovare un nesso diretto col discorso appena fatto.
Eppure da quando casualmente l'ho letta sul blog di Beppe Grillo, mi frulla continuamente in testa e la sento
decisamente...adatta a concludere il concetto ultimo espresso.
Un ultimo concetto: Col referendum di due anni fa 24.000 votanti di Civitavecchia hanno detto NO!!! alla
privatizzazione del servizio idrico cittadino.
Quelli che un anno dopo hanno votato per eleggere Tidei sindaco (ancorché con un programma in cui si
lanciava in sperticate promesse sull'acqua pubblica) meno della metà. Oggi (rimangiandosi le promesse
fatte) a colpi di maggioranza il sindaco vuol decidere altrimenti in merito alla questione.
Ne tragga lei la morale, se mai ce n'è una.
8)Siamo quasi alla fine. Lei è stato abbastanza esauriente ma, a dirle il vero, sono
più confuso di prima. Tra l'altro non ha ancora parlato di arsenico ed io, adesso, ho
davvero paura a chiedergliene.
Però l'ha fatto. Ed io le rispondo:
Da Wikipedia: "L'arsenico è l'elemento chimico di numero atomico 33. Il suo simbolo è As. È
un semimetallo che si presenta in tre forme allotropiche diverse: gialla, nera e grigia. I suoi composti trovano
impiego come pesticidi, erbicidi ed insetticidi.
L'arsenico e molti dei suoi composti sono veleni particolarmente potenti. L'arsenico uccide danneggiando in
modo gravissimo il sistema digestivo ed il sistema nervoso, portando l'intossicato alla morte per shock.
Composti
contenenti
arsenico
sono
cancerogeni
e,
in
particolare,
sono
implicati
nella patogenesi del carcinoma della vescica, nel carcinoma mammario e di alcune neoplasie dell'apparato
tegumentario. Un'estesa letteratura scientifica disponibile su prestigiose riviste internazionali ha ormai
provato che l'esposizione cronica all'arsenico ha effetti multipli sulla salute".
Non andiamo oltre per pudore. Crediamo d'aver reso l'idea.
L'arsenico è effettivamente presente nell'acqua che ci arriva nei rubinetti ogni giorno, ma in questo caso con
sollievo possiamo dirle che la causa non è Montanciano. Stavolta niente centra l'acquedotto comunale.
Lei ci dirà: "E allora da dove viene quest'altra iattura?"
Presto detto: Ricorda che nella premessa abbiamo parlato di altri acquedotti oltre a Montanciano che
riforniscono Civitavecchia? Ecco: Gli incriminati stavolta sono loro. L'acqua che arriva dagli acquedotti Medio
Tirreno, Oriolo e S.i.t. proviene da falde acquifere che raccolgono naturalmente questo elemento, quindi se
anche la causa non sarebbe antropica (causata dall'uomo), ciò nonostante il problema si presenta anche da
noi ed è particolarmente urgente a partire dall'anno appena iniziato.
Il perché sta nelle righe successive:
"La Normativa CE n. 178/2002 stabilisce i requisiti generali della legislazione alimentare e fissa procedure
nel campo della sicurezza alimentare. Occorre che l’acqua utilizzata per il lavaggio, la preparazione,
produzione, trattamento degli alimenti sia sicura e cioè contenga arsenico in quantità ricompresa entro 10
microgrammi/litro".
Il problema è proprio questo: Fino al 31/12/2012 circa 91 comuni del Lazio (tra cui il nostro) hanno
usufruito di una deroga alla disposizione sopracitata che alzava (per legge, sigh!!) la soglia di tolleranza a 20
microgrammi, dovendo questi comuni (e tanti altri in Italia) fare il conto con valori decisamente oltre tale
limite. Un modo molto italiano di risolvere le criticità, diremmo noi, nascondendo il problema sotto il tappeto
come la polvere di casa.
La deroga, creata ad hoc dal nostro governo a suo tempo, è però stata da subito mal digerita dalla'Unione
Europea.
Tanto è vero che dal primo gennaio questa deroga è stata cancellata.
Diciamo quindi che fino allo scorso anno l'acqua era potabile "per deroga legislativa". Decaduta la deroga la
stessa identica acqua, potabile, non lo è più.
9) E allora? Si può bere o no 'sta benedetta acqua?
Dipende da dove abita. Si, mi rendo conto che la sto confondendo ulteriormente. Però è la verità.
Infatti il sistema idrico di Civitavecchia è concepito, ovviamente, per ottimizzare il percorso dell'acqua e la
sua distribuzione. Il liquido che viene dai bacini a nord della città (e con quantità di arsenico ad oggi non
conforme a norma di legge) prima di arrivare nella grande cisterna di smistamento (quella che denomina
anche il quartiere di, appunto, Cisterna Faro), serve tutti i quartieri che incontra lungo il tragitto. Quartieri
come Aurelia e Pantano, Santa Lucia, San Pio X e, dicono i bene informati, anche tutto il porto.
Queste zone sono servite esclusivamente da questi acquedotti e non avendo la possibilità di usufruire
dell'addizionamento dell'acqua proveniente da Montanciano o di quella garantita da ACEA, sono in pratica
condannati a non poter utilizzare per usi alimentari il rubinetto di casa.
Almeno fino a che il comune (o qualche disinteressato benefattore come, che so, l'autorità portuale,
desiderosa di farsi pubblicità dopo le polemiche sui controlli per le emissioni inquinanti dei fumi delle navi
ancorate in porto) si decidano ad acquistare un dearsenificatore che renda finalmente potabile l'acqua.
Il solito cavaliere bianco invocato da Tidei per risolvere i problemi che lui non sa gestire. E parliamo di una
criticità che riguarda circa 5mila persone.
Che poi mescolare acque di qualità mediocre (come quella di Montanciano e quelle in arrivo dalla Tuscia)
dia come prodotto un acqua di qualità migliore è tutto da vedere. Questo è infatti quello che succede nella
Cisterna Faro. Tutte le acque convogliate vengono mescolate (quelle cariche d'arsenico ma povere di
colibatteri. Quella povera di arsenico ma ricca di trialometani od alluminio e cosi via) e l'acqua che se ne
ricava va a servire il centro della città.
Acqua azzurra. Acqua chiara.
Ricapitoliamo: Io vivo in centro e mia madre al faro, ma ho un fratello a Santa Lucia ed una sorella a
Campo dell'Oro. Mi conviene prendere l'acqua da mammà e fare la doccia a casa di mio fratello, però
se voglio farmi due spaghetti meglio che vada a casa di mia sorella e subito dopo andare a lavarmi i
denti a casa mia. Giusto? Lasciamo perdere.
10) Un ultima domanda: Come se ne viene fuori?
Questa tra tutte è la domanda più filosofica che mi ha fatto. Le risponderò di conseguenza.
Parafrasando un fortunato film degli anni ottanta: "Con il cuore, la fede e la spada".
Più prosaicamente noi crediamo...in tre punti:
1)Riportando il servizio idrico nella sua interezza all'interno del perimetro di competenza esclusiva
del comune (Il Cuore).
Tante voci che parlano non fanno mai un discorso sensato. Serve un piano integrato che consideri nella sua
interezza tutti i punti (quelli di forza e quelli di debolezza) del nostro sistema idrico. Sia il comune ed il suo
ufficio preposto a studiarlo e ad applicarlo in maniera rigorosa. E per quanto riguarda la riscossione dei
tributi. E per quanto riguarda la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti.
A lavorare ci sia il giusto numero di persone e le giuste competenze professionali, non l'odierno carrozzone
(HCS) che succhia soldi ai contribuenti e disperde energie professionali e motivazionali. Siano chiari gli
ambiti decisionali ed operativi e riconducibili le responsabilità, perché siamo tutti bravi ed onesti in principio
ma non si può mai sapere.
2)A Civitavecchia abbiamo circa 23.000 utenze. Valorizzando questa ricchezza (La Fede).
Questo è il vero patrimonio con cui poter costruire un servizio idrico efficiente mantenendone pubblica (cioè
nostra) la proprietà.
ACEA lo sa, per questo ha l'interesse ad acquisirlo.
Perché in quelle 23.000 utenze non ci sono solo i nostri soldi, ma anche e sopratutto il nostro futuro. Che
deve rimanere nostro. La possibilità di decidere attraverso la rappresentanza comunale quale scelte fare in
merito ad quello che è un diritto fondamentale di ogni essere umano. L'acqua. Che deve rimanere pubblica
come sancito dal referendum del 2011.
3) Alzandoci dalla poltrona e cominciando ad informarci e ad agire per cambiare ciò che va cambiato
(la Spada).
Finiamola di delegare ad altri quello che è un nostro problema. Servono soluzioni, non chiacchiere.
Esempio: Serve un dearsenificatore. Quanto costa? Un Milione di euro.
Quanto fa un milione diviso ventitremila? Fa quarantatre euro a testa.
Le soluzioni ci sono sempre, basta un po’ di buona volontà. E cinque stelle a supporto.
Qualunque altra soluzione la ascoltiamo con piacere. Ci auguriamo anzi arrivi proprio da te.
Nota finale: Abbiamo tantissimo materiale: Foto, video ed audio.
Abbiamo acquisito conoscenze e competenze che, in qualche caso, neanche lo stesso comune ha.
Abbiamo impegnato tempo, energia e risorse su qualcosa che consideriamo di vitale importanza per tutta la
popolazione di Civitavecchia.
Se qualcosa manca (e qualcosa sicuramente mancherà) è il tuo apporto. Perché tutto è migliorabile ma lo si
può fare tanto meglio se l'apporto di ognuno si noi cresce. Nel poco o nel molto basta delegare.
Tutti siamo importanti. Questo è quello che crediamo. Questa è la nostra forza.
Movimento 5 stelle Civitavecchia