Terrori notturni ed incubi nell`età di latenza
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Terrori notturni ed incubi nell`età di latenza
Terrori notturni ed incubi nell'età di latenza. Alcune tecniche di lavoro con bambini piccoli in terapia familiare Jeanne Magagna* La mia ipotesi è che i terrori notturni durante l'età di latenza (6-11 anni) si possono osservare in famiglie in cui un bambino rimane bloccato all'interno della relazione genitoriale, in una triangolazione incestuosa, ed il meccanismo di difesa che la famiglia condivide è rappresentato dalla negazione dell'ostilità. In questa sintesi del mio lavoro, desidero sottolineare l'importanza della creazione di uno spazio per una valutazione della comunicazione spontanea verbale e non verbale dei bambini piccoli durante le sedute di terapia familiare. L'incesto tra padri e figlie ha costituito di recente un punto nodale di interesse per i terapisti familiari, mentre non è accaduto altrettanto per le relazioni quasi incestuose tra le madri ed i loro bambini piccoli, sia maschi che femmine. Queste relazioni sono meno evidenti e raramente le troviamo inserite nelle valutazioni statistiche. Dal momento che i bambini di sei anni non possono avere realmente dei rapporti sessuali, la componente sessuale del loro comportamento viene spesso trascurata, negata. I terapisti familiari tendono a focalizzare l'attenzione sul problema della confusione dei confini familiari, ma non puntano sufficientemente l'attenzione sul modo in cui la confusione si crea attraverso manovre seduttive a sfondo sessuale. Gli psicoterapeuti infantili guardano alla relazione del bambino con il terapista, prendendo in considerazione nel transfert le fantasie sessuali del bambino, o gli acting out della seduta. Essi possono sottovalutare il fatto che, come parte di un più ampio sistema familiare, madre e bambino sono occupati in reciproche attività seduttive che possono creare confusione in entrambi. Ritengo che il terapeuta debba tenere conto che l'attività sessuale nella famiglia esiste anche in una forma incestuosa. Parlando di «forma incestuosa», non intendo riferirmi all'attività che potrebbe essere usata come criterio per valutare l'abuso sessuale del bambino, ma penso piuttosto ai comportamenti che si possono manifestare dai 6 agli 11 anni, che vedono il bambino desiderare di dormire con la madre, accarezzarla, prendere il posto del padre nel letto con lei, al punto che quest'ultima può dare l'impressione di preferire il contatto con il bambino piuttosto che la relazione di intimità sessuale con il marito. Fig. O - Disastro navale Vorrei aggiungere che, d'accordo con Melitta Sperling (1958) che ha studiato 30 famiglie con un bambino sofferente di incubi e terrori notturni, il più importante fattore eziologico nella * Consultant Child Psychotherapist Great Ormond Street Hospital. Un grazie speciale al dott. John Byng-Halln che ha supervisionato il mio lavoro Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 produzione di questi ultimi consiste nella sovrastimolazione sessuale del bambino all'interno della relazione incestuosa con un genitore (padre o madre). 1. I disturbi del sonno durante la latenza (o il triangolo terrificante) Quando un bambino è passato attraverso il periodo della latenza, in circostanze normali, egli dovrebbe aver sviluppato una sufficiente forza dell'Io (cioè una sufficiente capacità interna di contenere le paure e le ansie), da essere in grado di dormire e di sognare durante la notte. Quindi, quando un bambino in età di latenza, viene segnalato a causa dei terrori notturni, io ipotizzo che le situazioni che generano «terrore» abbiano probabilmente origine all'interno della realtà psichica familiare. Mi chiedo inoltre se la paralisi del bambino durante i terrori notturni, che non gli consente di sfuggire con successo all'oggetto di terrore, abbia una qualche relazione con una reale paralisi del bambino, catturato all'interno della relazione coniugale tra il padre e la madre. (Nel caso di un solo genitore possiamo supporre la genitorializzazione del bambino, un processo che vede quest’ultimo assunto come partner, utilizzandolo come difesa contro le problematiche coniugali. Quando la struttura psichica familiare non riesce a tollerare l'ansia che questa triangolazione del bambino produce, il tenore notturno e gli incubi ne sono il risultato. I terrori notturni (riferiti nei testi di medicina come pavor nocturnus) consistono generalmente in attacchi d'ansia, quale risultato della deviazione e della distorsione di impulsi sessuali ed aggressivi: presentano inoltre frequentemente fenomeni allucinatori ed ipermotilità. Un bambino può per esempio svegliarsi, sedersi sul letto, urlare, gridare, agitarsi come se stesse combattendo. Sensazioni di oppressione, di debolezza, di impotenza e di soffocamento, sono motivo di risveglio. Sebbene durante il sonno egli si muova o parli realmente, o tenga gli occhi aperti on uno sguardo vitreo, egli spesso sta agendo un sogno, e non è né del tutto sveglio, né realmente addormentato (Sperling, 1958). Generalmente, dopo il terrore notturno, il bambino ha difficoltà a recuperare un senso di realtà. Nella tarda adolescenza, i terrori notturni possono essere il primo sintomo di una epilessia del lobo temporale. Si presentano presto (spesso entro un'ora dall'essersi addormentati), durante la fase NRem, mentre gli incubi generalmente si presentano durante la seconda metà della notte, durante la fase Rem del sonno. ore Fig, 1 A differenza dei terrori notturni, che non sono sogni, l'incubo è certamente un sogno pauroso che sveglia il bambino. Viene ricordato come un sogno molto dettagliato, vivido ed intenso (Fisher, 1968). Ernest Hartman (1984) suggerisce che si può, da' un punto di vista clinico, differenziare tra incubi e terrori, chiedendo al bambino: «I tuoi incubi, sono proprio dei sogni?» Quei bambini che hanno avuto degli incubi rispondono: «Certo», e non hanno dubbi di aver fatto dei sogni paurosi. I bambini con terrori notturni, alla domanda se riconoscano come veri e propri sogni i loro incubi, rispondono dicendo: «No, naturalmente no». Essi possono ricordare, ma sanno anche che l'esperienza del terrore notturno è differente da quella di un sogno. Ciò che segue è una rassegna della letteratura in materia, che include il lavoro di Cloe Medanes sugli incubi in Strategie Family Therapy (1980), e la Implosive Therapy di Leo Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 Handler con bambini che soffrono di incubi (1972). 2. Rassegna di una parte della letteratura relativa al trattamento dei terrori notturni e degli incubi Le ricerche citate riflettono le attuali tendenze nel trattamento dei terrori notturni. Esame fisico. Schaefer e Millman (1978), in The Therapies for Children, suggeriscono la necessità di un completo esame fisico, per poter escludere irregolarità di origine fisiologica. Trattamento medico. Paul Keith, nel Journal of Child Psychiatry, scrive che i bambini con terrori notturni rispondevano bene alla Imipramina e non evidenziavano alcun sintomo sostitutivo. Entrambi gli studi citati suggeriscono che i bisogni fisici del bambino disturbato non vanno ignorati, soprattutto se altre modalità di trattamento non hanno fornito sufficiente assistenza al hi famiglia ed al bambino. Bisogna comunque tenere presente che il rischio di un trattamento ben riuscito dei terrori notturni, attraverso l'inibizione dell'ansia con l'uso di medicine, è grande. Mentre i diversi sintomi di ansia possono scomparire, si avrà sempre un alto costo per la personalità del bambino nel suo complesso; egli ha infatti devoluto una buona parte della sua energia disponibile alle forze della rimozione, con il risultato di una mutilazione, di un danneggiamento e di una limitazione dell'intera personalità. Ciò è particolarmente vero, quando i meccanismi familiari di difesa della negazione, ed i legami incestuosi con il bambino sono ancora presenti. Lavoro con i genitori come aiuto al bambino. Diversi altri autori, Rosenthal e Levine (1971), e Rangell (1950), hanno puntato l'attenzione sulla possibilità di lavorare separatamente con i genitori, per aiutarli a capire le ansie del loro bambino e per poterlo aiutare. Vi sono numerosi aspetti del trattamento terapeutico, di cui questi autori sottolineano l'importanza: i genitori venivano incoraggiati a non dividere i letto con il bambino, quando quest'ultimo non riusciva a dormire (come essi avevano fatto fino ad allora), e veniva loro richiesto di incoraggiarlo a raccontare i suoi sogni e a fare delle associazioni su di essi. I genitori, con l'aiuto del terapeuta, dovrebbero provare ad interpretare al bambino i suoi sogni. Questi ultimi sembrano incentrati su parure incestuose, correlate ai sentimenti aggressivi che il bambino prova verso il padre, colpevole di averlo tenuto lontano dalla madre; o su timori di subire aggressioni da parte del padre, poiché il bambino, che ha dormito con la madre, ha avuto la sensazione di essere riuscito a prendere il posto del padre accanto a lei. Ciò che colpisce maggiormente nel trattamento del dottor Rangell è che, nonostante le ripetute richieste ai genitori di non tenere il loro bambino di sette anni nella loro camera da letto, e di non andare a loro volta a dormire nel suo letto, uno o entrambi i genitori continuavano spesso a dormire con lui. Per un certo lasso di tempo, questo fatto veniva taciuto al terapeuta, probabilmente per paura di una sua disapprovazione. Il dottor Rangell suggerisce che questo legame incestuoso con il bambino possa essere connesso all'ansia cronica della madre, trasmessa al figlio. L'intervento terapeutico di Rangell, che è focalizzato soltanto sull'aiuto che i genitori forniscono al bambino, e non presta attenzione alle dinamiche presenti all'interno della relazione coniugale, forse ritarda l'efficacia del trattamento. Tuttavia, secondo Rangell, si verificava un cambiamento nelle forze minacciose del Super-io del bambino, che poteva così riprendere un sonno normale. II cambiamento nel rigido Super-Io del bambino, avveniva con l'aiuto di due fattori: 1. il reale e visibile cambiamento dei genitori, che si mostravano più comprensivi ed erano sentiti come meno minacciosi, quando riuscivano a parlare con il figlio, dei suoi sogni e delle sue fantasie; 2. le rappresentazioni interiorizzate del bambino, all'interno del Super-Io, si modificavano in base alla nuova relazione con i genitori esterni. Il modello di lavoro del dottor Rangell con i genitori, è tratto dal caso «Il piccolo Hans», in cui Freud descrive l'aiuto ad un padre alle prese con le fobie del proprio bambino. Terapia individuale per i bambino. Sia la Implosive Therapy, che la terapia psicoanalitica, sono state di aiuto nel caso di bambini che soffrivano di terrori notturni. Leo Handler (1972) Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 descrive l’uso della Implosive Therapy con un bambino in trattamento da un anno e mezzo. Egli sottolinea la necessita che si sviluppi un forte legame affettivo fra il terapista ed il bambino prima che questi possa cominciare a fare uso delle capacità di persuasione del terapista. Quest'ultimo tiene il bambino sulle ginocchia, gli dice di chiudere g l i occhi e di immaginare la presenza di un mostro nella stanza. Quando il barmbino afferma di essere riuscito a visualizzare il mostro, il terapista lo tiene con sicurezza su di sé, mentre batte allo stesso tempo su di una scrivania di metallo, gridando ripetutamente: «Fuori di qui, sei un brutto mostro, lascia da solo il mio amico John. Vai via e stai lontano, non tornare più indietro o io ti vengo ad uccidere. Lascia stare il mio amico John!». Quando il bambino comunica che il mostro è andato via dopo tutti questi incantesimi, il terapista fa ripetere al bambino stesso questa formula magica, prima con le luci accese e poi con le luci spente. Più tardi il bambino racconterà di aver visto il mostro di notte, e di avergli gridato di andare via. Sei mesi più tardi, la madre riferisce che il bambino non aveva avuto più difficoltà o problemi nel sonno. Questo esempio di trattamento suggerisce che, a volte, l'Io del bambino rimane un po' passivo e sommerso di fronte alle fantasie disturbanti: mentre, in realtà, il bambino può essere aiutato a fornire una risposta più attiva, data proprio dalla forza dell'Io che egli possiede, per proteggere se stesso dal cadere preda dei mostri notturni. È importante aiutare il bambino a capire che egli può combattere con i terribili mostri, invece di rimanere passivo di fronte ad essi. Melitta Sperling (1974) e Selma Fraiberg (1950) suggeriscono una forma di terapia individuale, in cui i sentimenti istintuali repressi, in particolare quelli violenti, aggressivi, possessivi, rivolti verso le immagini interne dei genitori e dei fratelli, possano essere fatti dialogare con le figure reali del terapeuta e dei genitori. Fraiberg, Freud (1909) e M. Klein (1955), illustrano come il gioco del bambino comprenda il tentativo dell'Io di ottenere una padronanza su di una situazione vissuta come internamente ed esternamente traumatica, attraverso la ripetizione della situazione spiacevole. Attraverso il gioco, il bambino tenta di raggiungere una conoscenza ed una adeguatezza rispetto alla situazione vissuta internamente come paurosa, che egli sta rappresentando nel suo gioco. Un bambino può ad esempio giocare ripetutamente con dei coccodrilli che attaccano degli agnellini, fino a che il terapista non lo aiuterà a contenere la propria aggressività ed ansia. Tecniche di terapia familiare. Le attuali ricerche elencano soltanto un numero limitato di tecniche di terapia familiare, da utilizzare specificatamente con famiglie in cui è presente un bambino che soffre di terrori notturni. Il più illuminante ed utile studio a riguardo, è illustrato da Cloe Medanes, nel suo libro Strategic Family Therapy (1980). Ella fonde la Implosive Therapy di Handler con delle tecniche di gioco che mirano a ricreare un evento temuto, chiedendo allo stesso tempo alla parte più sana, più forte dei genitori, di aiutare il bambino. Va comunque sottolineato, che le sue tecniche risultano più efficaci quando la relazione tra il bambino ed i suoi genitori è amorevole e sostenitiva, cioè quando è meno presente un fenomeno di capro espiatorio. La sua strategia terapeutica, nel lavoro con le famiglie che portano come sintomo i terrori notturni, comprende: 1. considerare il problema dei terrori notturni, come espressione di un problema di natura interna (e possibilmente esterna), ma anche come tentativo di fornire una soluzione al problema stesso, anche se tale soluzione si rivela insoddisfacente; 2. dare delle indicazioni che modifichino il comportamento della famiglia, così che i genitori vengano ad assumere una posizione di superiorità rispetto al bambino. Tale direttiva deve includere una comprensione del sintomo di terrore notturno in termini di: a. chi è il fuoco dell'interesse del bambino; b. chi viene protetto attraverso l'esperienza del terrore notturno; c. in che modo il bambino sta proteggendo la famiglia; 3. prestare anche attenzione al modo in cui ha luogo la comunicazione nella famiglia; 4. pianificare delle fasi terapeutiche, in cui viene mostrato ai genitori come affrontare i Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 problemi notturni dei figli. Per esempio, la Medanes (1980a; 1980b) ha seguito in terapia una famiglia in cui il figlio di 10 anni soffriva di terrori notturni. La madre, rimasta vedova due volte, aveva iniziato in segreto una relazione con un terzo uomo. Nell'incontro con la famiglia Medanes chiese a ciascun membro di parlare dei propri sogni. Quindi chiese cosa accadeva quando il bambino aveva gli incubi. Si fece l'ipotesi che i terrori notturni fossero allo stesso tempo, un'espressione metaforica delle paure della madre, ed un tentativo di aiutarla. Nella prima fase, fu chiesto alla madre di fingere di aver paura, mentre gli altri figli fingevano di essere degli scassinatori, e fu chiesto al bambino che presenta il sintomo, di proteggere la madre. La scelta di far rappresentare in seduta gli incubi e i terrori notturni, invece di far parlare la famiglia e considerare quindi questo materiale come qualcosa del passato, rispecchia l'obiettivo di rafforzare l'efficacia terapeutica dell'intervento. Veniva messa in gioco la incongrua struttura gerarchica, con il figlio in posizione di aiuto alla propria madre. Fu chiesto alla famiglia di ripetere giornalmente, per una settimana, la scena suddetta in cui la madre si mostrava spaventata ed il figlio l'aiutava. Questo compito aveva come scopo di incoraggiare madre e figlio a modificare il loro infelice modo di proteggersi reciprocamente. In questo gioco la dinamica nascosta, in cui la madre si sente in una posizione di inferiorità ed ha bisogno dell'aiuto del figlio, viene allo scoperto, si fa evidente. Nella seconda fase, la relazione tra madre e figlio fu riorganizzata secondo dei congrui confini generazionali, con la madre che aiutava il figlio nei suoi rapporti con la scuola, con i compagni, e nel contatto con il suo nuovo fidanzato, con l'obiettivo di scoprire delle attività appropriate alla sua età. Questo metodo di lavoro con la famiglia, si basa su alcuni punti importanti: 1) il fuoco dell'intervento è la relazione esistente tra i membri della famiglia in seduta; 2) prima che a ogni altra cosa, viene dato spazio al bisogno dei genitori di tornare a esercitare la loro funzione genitoriale con il bambino nella posizione di figlio. All'interno del trattamento, il gioco viene ad assumere una importante funzione terapeutica. 3. Bambini con terrori notturni ed incubi Ho provato il seguente approccio utile nel lavoro con queste famiglie: * l'uso di metodi strutturali che aiutino i genitori a lavorare insieme, combinando i ruoli di accudimento e di autorità genitoriale; * aiutare i membri della famiglia a capire i loro modelli di interazione osservabili; * sostenere la famiglia nella riconquista della sua capacità di sperimentare, invece di eludere, i conflitti emotivi intrapsichici; * incoraggiare la valorizzazione del gioco del bambino come un mezzo, uno strumento, per esprimere e lavorare sulle ansie relative alle attuali dinamiche familiari. Per raggiungere questi obiettivi è necessario: Stabilire un setting sicuro ed affidabile. Io provo a fornire un setting, con alcuni elementi di prevedibilità al proprio interno. Incontri quindicinali, alla stessa ora, della durata di un'ora, con un tempo di preparazione per la fine della seduta, separazioni tra le sedute, vacanze, fanno parte del mio setting abituale. I bambini hanno l'uso esclusivo della loro scatola di giochi, che contiene carta, plastilina, bambole, alcune famiglie di animali ed alcune macchinine. Tutti i disegni fatti dai bambini, sono conservati in una cartellina, e portati in ciascuna seduta come una specie di libro della storia delle sedute familiari, nella zona centrale della stanza, c'è anche un tavolo. Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 Fig. 2 Tenendo il resto della stanza libero da giocattoli, evito così di fare allontana re i bambini dalla protetta e visibile zona centrale di gioco. La certezza, che aspetti della loro relazione con me possano essere previsti, consente alla famiglia di sviluppare una dipendenza sufficiente, da sentirsi abbastanza sicura, per iniziare ad esplorare le proprie aree di difficoltà. Mantenere il contatto con tutti i membri della famiglia mentre si esplora lo scopo della loro Fig. 2 Tenendo il resto della stanza libero da giocattoli, evito cos’ di fare allontanare i bambini dalla protetta e visibile zona centrale del gioco. La certezza, che aspetti della loro relazione con me possano essere previsti, consente alla famiglia di sviluppare una dipendenza sufficiente, da sentirsi abbastanza sicura, per iniziare ad esplorare le proprie aree di difficoltà Mantenere il contatto con tutti i membri della famiglia mentre si esplora lo scopo della loro visita. Con il saluto a ciascun membro della famiglia, cominciando dal più piccolo, inizia il processo che consentirà di stabilire un legame emotivo con la famiglia, che incoraggi l'espressione degli affetti, accetti l'ostilità e fornisca una sicurezza sufficiente per sopportare verità che risultano al momento intollerabili. Prima di dare i giochi ai bambini cerco di capire con genitori e figli cosa è stato detto a questi ultimi per giustificare la loro venuta in clinica. troppo spesso questi genitori hanno tenuta nascosta al bambino la ragione dell'incontro. I segreti familiari caratterizzano il loro modo di entrare in relazione. Esempio. Arrivò alla clinica la famiglia Cuddle, con quattro bambini. Daniel di 10 anni, Shirley di 8, Jack di 6 e Kismet di 3, dissero tutti insieme di essere venuti per discutere del problema di Jack, che soffriva di Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 terrori notturni, genitori e bambini presero parte alla discussione, con i figli che speso interrompevano i genitori cercando di dare il loro contributo. Questi ultimi lasciarono che i figli bloccassero completamente le loro comunicazioni con il terapista. Essi raccontarono che Jack aveva paura di daddy long legs, il simpatico gigante della televisione, e che aveva anche paura del buio. Chiesi allora chi altri aveva paura di queste cose. Alcuni di loro risposero che avevano paura delle stesse cose. I genitori rispondevano alla paura di jack di stare solo di notte, consentendogli di dormire con loro. Per la maggior parte del tempo della seduta Jack rimase sdraiato come un bambino piccolo sulle gambe della madre, succhiandosi il dito. Disse che gli sarebbe piaciuto essere un elfo. In altri momenti abbracciava la madre, battendole la testa contro il seno. In seguito colpiva il padre, quindi lo abbracciava, per poi gridargli «Non mi piaci». In una seduta successiva, Jack disegnò un bambino che cadeva in acqua, commentando «Questo è terribile». Il bambino fu quindi disegnato immerso nell'acqua, che urlava chiedendo aiuto, mentre stava annegando in mezzo agli squali. Qualcuno stava remando nella sua direzione per andare a salvarlo dicendo «Sto arrivando». Io commentai come sembrava che vi fosse questa paura senza nome nella notte, un annegare nella notte, e come la famiglia aveva la speranza che io li potessi aiutare. Spiegare le mie ipotesi sulla funzione del sintomo del terrore notturno. Alla fine della prima seduta chiedo ai genitori di far tornare i bambini al loro posto, per ascoltare insieme la mia ipotesi sulla funzione per tutta la famiglia del sintomo presentato. Fig. 3 - Caduta del ragazzo Esempio: Dissi che Jack, manifestando così tanta paura con i suoi terrori notturni, stava facendo sì che i genitori venissero insieme alla clinica per aiutarlo. Venendo alla clinica consentiva inoltre che venisse dato un aiuto anche agli altri fratelli, che erano allo stesso modo triangolati nella protezione e nell'aiuto verso i loro genitori. Le coccole con la madre durante la notte permettevano in realtà a quest'ultima di dare e ricevere espressioni fisiche di affetto. Aiutare i genitori a lavorare insieme Padre e madre, la partner più forte (dominante), furono incoraggiati a stabilire un programma che tenesse Jack fuori dalla loro camera da letto. (È a questo punto che io avrei potuto introdurre una tabella notturna per i genitori e per Jack, da usare per vedere i progressi nella diminuzione dei terrori notturni). Incoraggiai anche il padre a coinvolgere Jack in alcune specifiche attività, che lo intrattenessero in giardino con gli altri bambini. Chiesi alla madre di rimanere in casa. Nello stesso tempo, cercai di aiutare i genitori a lavorare insieme nel dare delle regole a tutti i figli, compito che risultò molto difficile, la coppia non potè sentirsi unita, nelle proprie funzioni genitoriali, finché non fu mitigata parte della loro reciproca ostilità per non essersi venuti incontro nei rispettivi bisogni. Il bisogno della madre di un partner che la sostenesse venne fuori quando disse che lei, in realtà, non avrebbe voluto essere una donna così potente, al punto da sostituirsi al marito e da dover essere lei a dirgli cosa fare. Parlammo di come la madre avrebbe potuto chiedere al marito di aiutarla con i bambini, prima di non Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 poterne più e di come il marito avrebbe potuto sentire di non essere coinvolto con i figli solamente per questioni di disciplina. Dopo sei sedute, i terrori notturni di Jack erano scomparsi, ma chiaramente vi era ancora molto lavoro da fare. Focalizzare l'attenzione sulle preoccupazioni segrete della famiglia. Dico alla famiglia che in base alla mia esperienza, nel momento in cui le cose vengono fuori allo scoperto, i bambini sono molto più capaci di confrontarsi coni segreti familiari. Inizio un dialogo con le dimensioni non verbali cari che di ansia, che i bambini portano in seduta. Per esempio, in un'occasione in cui i genitori erano particolarmente chiusi, Jack (6 anni) e Shirley (8 anni), cominciarono a ridere. Jack gridò a Shirley di non guardare e Shirlev ripetè: «Non guardare!». Con questo eccitante gioco essi manifestavano la comprensione, ad un certo livello, del loro non dover sapere, riguardo ad alcuni spaventosi segreti familiari. Più avanti Daniel iniziò a disegnare la figura di un uomo con gli occhi molto scuri. Quando finì il disegno, cominciai a discuterlo con lui, con I;i speranza di usarlo in relazione alla forte ansia che circolava fra tutti i membri della famiglia. Daniel cominciò dicendo che l'uomo portava degli occhiali neri da pilota. Sta dicendo all'aereo di partire. Il pilota ha comincia to a decollare, ma qualcuno dice «Silenzio». Vi sono segnali che dicono via via-via, e segnali che dicono silenzio. Io parlo allora con la famiglia, del dilemma che Daniel esprime attraverso il suo disegno, «Dobbiamo parlare di ciò che sta succedendo o dobbiamo stare in silenzio». Quindi dico a tutti, genitori e figli, che ognuno di loro ha delle preoccupazioni. Chiedo cosa altro li preoccupa, oltre ai terrori notturni di Jack. Esempio. Kismet (3 anni) disse: «Mamma e papa sono tristi». Le chiesi se questo la preoccupava. Lei rispose di sì. Dissi che forse anche tutti gli altri erano preoccupa ti della stessa cosa, e mi chiedevo come ciascuno di loro reagisse al fatto che papa e mamma si sentissero così depressi. Daniel (10 anni) disse che suo padre lavorava in una fabbrica, e che lì non c'era un buon argano. Attraverso un cesto di mattoni appeso Daniel espresse la sua preoccupazione che se la corda si fosse rotta suo padre non sarebbe tornato a casa sano e salvo. Più avanti durante la seduta Daniel chiese ai suoi genitori: «Perché non divorziate come ha fatto tutta la famiglia di papa?». Quando chiesi chi fosse preoccupato di questa eventualità, Daniel rispose che lui non era preoccupato, perché aveva chiesi» > alla mamma se avrebbe divorziato, e lei aveva promesso che non sarebbe mai sue cesso. Quando dissi che forse qualcuno di loro era preoccupato che papa e mamma M separassero, ed anche di perdere il papa, Daniel esclamò: «Chi non lo sarebbe!». Alla fine dell'incontro spiegai come i genitori fossero posti di fronte all dilemma di cosa fare con le «altre cose» di ciò non volevano parlare. Essi pensavano che non parlare ai figli di tutte queste cose avrebbe potuto proteggerli, ma la mia idea era un'altra. Io penso che i bambini abbiano la sensazione che i segreti siano molto più orribili, e sono quindi molto più spaventati quando percepiscono che gli adulti non si sentono abbastanza sicuri da parlarne. Il padre rispose che i bambini avrebbero potuto capire molto, semplicemente osservando. Dissi che in effetti i loro bambini avevano capito molto osservando, ma potevano aver bisogno di un aiuto per dare un senso a quello che avevano capito. La madre rispose che c'era molta confusione. Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 Utilizzare la drammatizzazione e il disegno per esprimere l'ostilità. Negare un problema e tenerlo segreto, perché troppo doloroso da fronteggiare, è un pattern tipico delle famiglie che presentano il sintomo dei terrori notturni. Il segreto di questa famiglia, era che il padre aveva comprato un appartamento in una città vicina e che aveva una nuova partner. I genitori finiscono per separarsi. I bambini erano quindi più ansiosi circa il riconoscimento dei loro sentimenti ostili, per paura che fossero stati quelli a causare la rottura. Esempio. In una seduta chiesi ai bambini di mostrarmi cosa succedeva a casa Daniel e Jack immediatamente si sedettero l'uno sull'altro e cominciarono a combattere e Shirley, che soffriva di asma, finse di essere nella sua camera a battere i piedi perché arrabbiata. Ho usato questa drammatizzazione di ciò che accadeva in casa, per mettere in evidenza l'ostilità che i bambini avevano avuto difficoltà a riconoscere apertamente verso la madre. Esploro il come ed il perché i bambini abbiano spostato la loro collera verso la madre, in questo combattimento tra loro. Utilizzo il battere i piedi di Shirley per fornire un tempo speciale nella seduta per Shirley e sua madre, per prestare attenzione alla loro intensa relazione. Esempio. Più tardi Daniel fece un disegno, in cui comparivano cinque assassini con degli occhiali scuri da sole, che impedivano loro di vedere la vittima che stavano per uccidere. Spiegai come Daniel e gli altri bambini stessero cercando di trovare un posto sicuro, protetto, per la loro rabbia. Aggiunsi anche che ritenevo che Daniel stesse esprimendo l'ansia dell'intera famiglia. I figli avevano il timore che se avessero riconosciuto i loro sentimenti di ostilità, l'uno verso l'altro, la loro rabbia verso la madre ed il padre a causa della loro separazione, questi sentimenti sarebbero stati così forti che avrebbero solamente potuto distruggere qualcuno o mandar via, allontanare i genitori, ccome il papa era stato cacciato via dalle loro menti. Dissi loro, che mi sembrava che essi avessero dovuto nascondere la loro rabbia fra di loro, per la maggior parte del tempo. Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 Esempio. Daniel continuò ad esprimere la precaria situazione familiare attraverso il disegno di una barca di salvataggio, che era stata colpita nella parte centrale. Io parlai dello schiantarsi dell'imbarcazione, contro il siluro di ostilità e shock, dovuto alla rottura tra i genitori e alla mia assenza durante una vacanza. Fig. 5 – Assassini Osservai che, durante i momenti difficili della seduta, Jack e Kismet assumevano delle posture sessuali, come sdraiarsi l'uno sopra l'altro e baciarsi. Commentai il loro doversi stringere insieme in modo molto intenso per paura di essere separati e per fronteggiare questi colpi. Fare una tabella delle persone importanti che possano sostenere la famiglia. I figli sentivano di essere «troppo» per la madre, ed erano preoccupati per la sua sopravvivenza e per la paura di venire mandanti in collegio. Per I questo tendevano ad attaccarsi a lei e a nascondere i loro timori, che avevano invece bisogno di esprimerle per ottenere il suo appoggio. Questo mi suggerì di mettermi seduta sul tappeto con i bambini e di compilare una tabella degli amici della famiglia. La tabella includeva entrambi i familiari di entrambi i genitori e tutti gli adulti che adesso sostenevano la madre. I bambini furono tutti estremamente attenti e partecipi mentre li tenevo occupati parlando delle diverse persone presenti nella tabella e di come queste | sostenessero la madre e loro stessi. Ho usato la tabella degli amici della famiglia per mandare 3 messaggi: 1. la madre ha dei propri amici che la sostengono. Sottolineai ai figli e alla madre la presenza di amici che avrebbero potuto sostenere quest'ultima, mostrando apertamente alla madre come avrebbe potuto farsi aiutare da questi amici. La incoraggiai a discutere e a confrontarsi con il suo dolore di sentirsi sola, il suo bisogno di amici, e la necessità di permettere che i bambini si allontanassero da lei per poter crescere; 2. i bambini non hanno bisogno di essere dei compagni della madre. Quando parlai degli amici della madre che avrebbero potuto sostenerla, Jack, il paziente designato, si lamentò: «Ed io?». Dissi: «Tu puoi lasciare il tuo posto vicino alla mamma e puoi giocare con gli altri bambini, perchè non devi sentire di dover essere così preoccupato per lei; 3. madre, padre ed amici di famiglia sono disponibili. Aiutai i bambini n scoprire dei modi con cui avrebbero potuto mantenersi in contatto con il loro papa, tra una visita e l'altra. Esplorai anche i modi con cui essi avrebbero potuto mostrare alla madre l'angoscia che essi provavano durante il giorno. Cercammo anche i modi in cui avrebbero potuto entrare in contatto con i vicini e con i nonni, soprattutto in una situazione di emergenza, se la mamma fosse stata temporaneamente assente. Usare l'albero genealogico familiare, per mostrare come il paziente designato può farsi portavoce dei bisogni insoddisfatti della madre, fin dalla generazione precedente. Mi sedetti Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 di nuovo sul pavimento con i figli durante una seduta, ed aiutai i tre bambini più grandi a tracciare parli dell'albero genealogico della famiglia. Dissi loro di chiedere alla madre le informazioni che mancavano sulle relazioni e sulle caratteristiche delle famiglie di entrambi i genitori. Quindi usai la mappa per scoprire cosa era successo quando i genitori avevano l’età del paziente designato. Provai anche a vedere se la posizione del paziente designato (per esempio Jack è il bambino maschio più piccolo nella sua famiglia) fosse in qualche modo collegata alla posizione dei genitori nella loro famiglia di origine (per esempio la madre ha un fratello più giovane). Ritornerò all'albero genealogico in un momento opportuno in una successi va seduta. Esempio. Shirley (8 anni, affetta da allergie) e sua madre stavano lavorando sul!'emergere fra di loro di motivi di lite. Shirley era andata spontaneamente a sedi i si vicino alla madre, mentre loro stavano parlando, era arrivato Jack, che era andato» anche lui a sedersi accanto alla madre. Ella immediatamente gli mise un braccio attorno alle spalle e rise. Questo fece apparire subito l'enorme contrasto con c|u.mi" avveniva dall'altro lato, dove sedeva Shirley. La madre aveva quell'altro braccio strettamente chiuso in sé, dal lato della figlia, mentre parlava alla figlia. Feci notare questa posizione: un braccio che circondava il figlio e l'altro stretto a sé, dal lato della figlia, domandandomi in che modo esso potesse collegarsi con la sua esperienza di crescita, quando la madre aveva l'età di Shirley. Quest'ultima immediatamente disse che ella aveva appena conosciuto sua madre. Era stata allevata dalle nonne, ma quando aveva 8 anni, cioè l'età di Shirley, suo fratello di 6 anni (l'età di Jack) ebbe la leucemia, e sua madre fu costantemente assorbita dalle cure del figlio. Aggiunse anche che, quando lei rimproverava Shirley, non riusciva mai ad essere ferma o risoluta, perché era molto spaventata di poter essere crudele con lei, come aveva sentito che sua madre era stata. La conoscenza di questi legami con la famiglia d'origine della madre fu molto illuminante. I suoi bisogni infantili di dipendenza non erano stati soddisfatti. la madre si era sentita ostile verso la propria madre, che aveva sentilo come crudele e non interessata a lei. Questa ostilità le impedì l'identificazione con il ruolo genitoriale. Dare delle regole ai figli ed essere ferma con loro, poteva equivalere all'atteggiamento molto esigente del fratello, vittima della leucemia, del quale lei era stata molto gelosa e a cui si era rivolta con un misto di amore e rabbia, nascosto dalle cure che gli forniva. Shirley era diventata come una bambina allontanata, estranea, che conteneva i sentimenti infantili della madre, del suo sentirsi sola ed isolata dalla propria madre. Riconoscere il ruolo del terapista come salvagente emotivo per la famiglia e le paure di perdita della terapia. Dopo qualche tempo, la famiglia aveva accresciuto la propria capacità di entrare in contatto con dimensioni emotive conflittuali. Essi facevano ricorso meno frequentemente alle loro abituali difese di diniego attraverso le coccole, il litigare tra i bambini e le risatine durante i momenti emotivamente cruciali delle sedute. Mentre discutevano sui tempi per la fine del trattamento i bambini erano molto occupati a disegnare. Esempio. Il disegno di Shirley ritraeva una ragazza che cercava di aggrapparsi ad battello di salvataggio. Stava gridando aiuto. C'erano degli squali nell'acqua. Dovetti lavorare con la famiglia sul senso di ostilità, di perdita, di dolore per la separazione dal terapeuta tra le sedute e durante le vacanze. Sebbene avessi stabilito di terminare la terapia a questo punto, presi questo disegno come un segnale del bisogno che c'era di continuare, per qualche tempo ancora, a lavorare con le ansie della figlia in merito alla separazione da me, loro salvagente emotivo. Aiutare i genitori a entrare in relazione con i giochi dei bambini, i loro sogni ed i loro disegni. Ci imbarcammo nell'ultima fase della terapia, durante cui la madre stava cercando di mettere assieme, in famiglia, il ruolo di autorità genitoriale ed il compito di fornire nutrimento. Potei vedere dei segni, che mostravano come lei avesse interiorizzato il mio essere s t a t a attenta, riflessiva e sensibile alle espressioni emotive non verbali della fami glia. Comunque, nelle sedute finali della terapia, vi fu un riproporsi del problema. La madre si lamentava che Kismet, la figlia più piccola, la svegliavi! di notte, andava nel suo letto e lo bagnava. Fui colpita da come la difficoltà notturna emerse proprio nel momento in cui la famiglia stava per perdermi come supporto. Io ribadii come la madre fosse tentata di coccolare Kismet nel letto durante la notte e collegai questo fatto ai sentimenti della madre i degli altri figli, di essere lasciati soli dal padre, dal marito ed ora anche da me. Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 Fig, 6 - Ragazza in battello di salvataggio Shirley raccontò un incubo ricorrente che aveva abitualmente. L'incubo era quello di essere lasciata fuori dall'ascensore, nella sua carrozzina, tutta sola. Quindi la madre e i quattro figli parlarono dei loro sentimenti riguardo alla fine della terapia e dei cambiamenti che erano avvenuti nel corso del t rat t ament o . Quindi Kismet disse che era stanca perché la sua testa era «riempita di sogni». Incoraggiai la madre e Kismet a parlare ogni giorno di questi sogni e a fare dei disegni di qualunque cosa avesse preoccupato Kismet. Kismet avrebbe dovuto parlare alla madre di questi disegni che lei o la madre potevano fare. Suggerii che la madre dicesse a Kismet che lei era lì per aiutarla contro lo spaventoso mostro di cui Kismet si lamentava, ma che non avrebbe dovuto dormire con lei la notte. La madre si attenne a questo comportamento e due settimane più tardi, raccontò con sorpresa, che Kismet aveva smesso di bagnare il letto e di svegliarsi la notte. Kismet aveva confidato alla madre alcuni sogni e la sua paura di essere mangiata da un bambino a scuola. Spiegai come il miglioramento di Kismet fosse collegato alla capacità della famiglia di tollerare le proprie ansie riguardo alle separazioni. Incoraggiai la madre ad essere attenta e ricettiva alle preoccupazioni che inizialmente i suoi bambini non erano in grado di esprimere a parole. D'altra parte questi ultimi non avevano più paura che l'espressione dei loro sentimenti di rabbia o di ambivalenza fosse cattiva e portasse necessariamente ad una perdita di amore. Lentamente essi avevano cominciato a dire di più sui sentimenti espressi nei loro disegni, ed io adesso incoraggiavo semplicemente la madre a continuare questa forma di comunicazione attraverso le immagini dei sogni e dei disegni; Incoraggiando l'espressione di sentimenti di intimità nella famiglia, la terapia aveva fornito il terreno su cui i bambini potevano mettere le loro radici. Sommario della mia tecnica Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 - la spontaneità strutturata nello spazio del gioco. L'orientamento nella terapia familiare è, dal mio punto di vista, in direzione di una maggiore struttura e maggiore fiducia, negli apporti verbali dei vari membri della famiglia. I bambini piccoli sono una fonte molto ricca, da cui possono venir fuori le esperienze preverbali della famiglia, che premono per trovare un accesso alla coscienza durante la seduta, i bambini forniscono così un accesso alle forze curative spontanee nella famiglia. La mia tecnica di una spontaneità strutturata nello spazio del gioco si propone di rivalutare il ruolo dei giochi e dei sogni dei bambini, come strumento per esprimere e lavorare sulle preoccupazioni della famiglia, sui conflitti e sulle fantasie. Spesso i bambini, particolarmente quelli molto piccoli, non possono rispondere a domande dirette, perché non hanno, in modo cosciente, il modo di pensare adatto a fornire risposte agli adulti. Essi non hanno ancora dato un nome ad alcuni sentimenti che provano, o ad alcune esperienze della vita familiare. Il gioco spontaneo dei bambini, può avere l;i stessa funzione della conversazione dei genitori... se noi consentiamo ai bambini di esprimersi liberamente durante la seduta e diamo un valore ai loro contributi non verbali. In questa famiglia in cui esistevano dei terrori notturni, non ho richiesto ai bambini di giocare, né ho deciso il tema del loro gioco. Ho usato ciascuna attività dei bambini, non tanto come commento sulle loro fantasie individua li di un mondo interno, ma come un commento per spiegare gli attuali pattern familiari e le esperienze del mondo interno durante la seduta. Attraverso la mia presenza, i bambini furono capaci di portare nei loro disegni il terrore, l'ostilità e l'affetto che la famiglia sentiva. Ho incoraggiato un dialogo tra il bambino e l'immagine dei sentimenti che potevano essere disegnati ma non ancora discussi dalla famiglia. Puntando alla conversazione sui sentimenti rappresentati, invece che a semplici risposte verbali alle domande permisi ai bambini di cominciare a parlare a poco a poco delle loro terrificanti paure, di sentire le lacrime sotto i loro visi sorridenti e di sviluppare una maggiore sicurezza e fiducia, che le loro incontrollabili e terrificanti esperienze, avrebbero potuto essere affrontate e contenute da loro stessi e dalla loro madre. Fig. 7 - Disegno di Daniel La struttura nei contributi spontanei della famiglia era fornita in varietà di modi: 1. il primo incontro comincia con una spiegazione del motivo che ha portato alla richiesta di trattamento. I giochi vengono introdotti dopo, come strumenti utili per i bambini, per aiutare la famiglia a capire cosa sta accadendo al proprio interno; 2. comincio tracciando una linea della seduta. Il motivo rilevante può essere introdotto da me o da un membro della famiglia, ma io cerco di mantenere la seduta su un particolare tema; Interazioni, 2, 1993, pp. 81-103 3. incoraggio sempre i genitori ad assumersi la responsabilità dei loro bambini. Non sono io ad assumermela. Io posso comunque sempre dire: «Può aiutare Johnny a giocare più piano... può farlo tornare nella stanza... andare al bagno... aspettare il suo turno per parlare...»; 4. i contributi spontanei dei bambini sono molto apprezzati. Essi sono incoraggiati a dire qualunque cosa passi loro per la mente, ma sono anche aiutati a segnalarlo, senza però interrompere chi sta parlando. Generalmente io faccio parlare i bambini con me, con i loro genitori, e fra di loro, del loro gioco. Cerco poi di collegare questo alle dinamiche attuali della seduta; 5. diverse volte durante la seduta, in particolare verso la fine, chiedo ai genitori di fare smettere ai bambini le loro attività, di tornare alle loro sedie e di stare tranquilli. In questi momenti avviene uno scambio di messaggi importanti da parte mia o dei genitori, che vengono incoraggiati a trovare modi di parlare ai bambini sia in gruppo che singolarmente, in seduta; 6. la fine della seduta viene preparata cercando di rendere comprensibile ciò che è avvenuto. 4. Conclusioni Questo lavoro illustra il mio stile di lavoro con quelle famiglie che presentano i terrori notturni come sintomo manifesto. Esso illustra le ipotesi che ho cominciato a formulare attraverso il mio lavoro con quattro famiglie che presentavano questa sintomatologia. In tutte e quattro le famiglie, al paziente designato non era permesso di essere un bambino, di avere rapporti con altri bambini, adeguati all'età. Invece, per ragioni di fedeltà e per un attaccamento insicuro ai propri genitori, egli si sentiva paralizzato dal peso di ruoli inappropriati per lui, come genitore o partner sessuale di uno dei genitori. Ne risultavano terrori notturni, con il bambino che diventata indispensabile per i genitori, la cui relazione coniugale era caratterizzata da rabbia e delusioni. Egli era diventato una nuova sorgente di soddisfazione emotiva ma anche, il fare coppia con il bambino, era per i genitori un tentativo di evitare il dolore psichico riguardante le loro passate e perdute relazioni (con i propri genitori) ed il dolore di una separazione emotiva tra loro (5). La terapia familiare, prestando attenzione ad entrambi gli aspetti, verbali e non, delle comunicazioni fra i membri, ed in particolare al gioco spontaneo dei bambini, ha aiutato i membri della famiglia a sentirsi emotivamente abbastanza sicuri, da confrontarsi con le proprie frustrazioni, invece di eluderle. Il paziente designato è stato in tal modo liberato dal terrore paralizzante della bugia di essere ormai cresciuto, quando in verità è solo un bambino, con la conseguente diminuzione dei terrori notturni. Bibliografìa (1) Ack M., Beale B., Ware D., «Psychotherapy of the young child via the parent» Bulletin of the Meninger Clinic, 1973, pp. 436-447. (2) Ackerman Nathan W., The Strength of Family Therapy, Brunner, Mazel, Inc. New York, 1982. (3) Bion W.R., Transformations, Heinemann, London, 1965 (tr. it. di G. Bartolomei, Trasformazioni, Armando, Roma, 1983). (4) Box et al, Psychotherapy with Families, Routledge, Kegan Paul, London, 1981 (tr. it. di A. Russo Boncinelli, Psicoterapia familiare, Liguori, Napoli, 1985). (5) Boszormenyi-Nagy I., Spark G.M., Invisible Loyalties, Harper and Row, New York, 1973. (6) Byng-Hall J., Freeing the Index Child from the Position of Marital Distance Regulator. 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