Ing.S.Rossi, Dr
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Convegno Una Scelta estetica per la durabilità nel tempo:Vernest L’acciaio inossidabile colorato Bologna SAIE 17 ottobre 2003 L’ECCEZIONALE DURABILITÀ DERIVANTE DALL’ASSOCIAZIONE TRA SUBSTRATO INOSSIDABILE E RIVETIMENTO ORGANICO S. Rossi, F. Deflorian Dipartimento di Ingegneria dei Materiali, Università di Trento, Via Mesiano 77, Trento, [email protected] La possibilità di verniciare dei laminati in acciaio inossidabile, oltre a rappresentare una interessante alternativa ai prodotti tradizionali con caratteristiche estetiche particolari, permette di utilizzare un materiale con un’apprezzabile durabilità. Questo risultato, non scontato in partenza, è il prodotto di una serie di attività di ricerca svolte presso l’Università di Trento, una parte delle quali, quella relativa all’effetto delle deformazioni meccaniche è riportata di seguito come esempio. Il quadro complessivo che ne consegue è che nelle condizioni ottimali, questo prodotto ha una resistenza al degrado in ambienti aggressivi particolarmente interessante per applicazioni in edilizia. EFFETTO DELLE DEFORMAZIONI MECCANICHE SUL DEGRADO DI ACCIAIO INOSSIDABILE PRERIVESTITO INTRODUZIONE La produzione di acciaio inossidabile rivestito in linee coil coating rappresenta una interessante prospettiva per il panorama industriale europeo ma è una realtà consolidata da tempo in altri paesi come il Giappone. Le finalità di un rivestimento organico su acciaio inossidabile non sono ovviamente principalmente protettive ma dettate da altre esigenze, prevalentemente estetiche (per uso in edilizia) o antiriflesso (barriere antirumore o coperture interne a tunnel stradali) o funzionali (segnaletica stradale). Il prodotto finale dovrebbe garantire comunque una resistenza alla corrosione maggiore di quella dei prodotti tradizionali su substrati quali l’acciaio zincato o l’alluminio, in modo da compensare i maggiori costi della materia prima. Inoltre la presenza di zone scoperte, quali bordi di taglio o graffi, potrebbe risultare meno critica. In realtà la verniciatura di una superficie come quella dell’acciaio inossidabile offre numerose difficoltà legate alla bassa adesione che generalmente si sviluppa, inoltre la possibilità di formazione di blister e zone ad aerazione e concentrazione differenziata potrebbero indurre nell’acciaio inossidabile fenomeni di crevice corrosion, anche maggiori di quelli presenti su una superficie non rivestita. Per questo motivo sono stati caratterizzati diversi tipi di rivestimenti organici applicati su acciaio inossidabile AISI 304 con diverse finiture superficiali. L’attività di ricerca si è sviluppata attraverso diverse fasi atte ad individuare gli acciai inossidabili più adatti a questo tipo di applicazione, le migliori finiture superficiali per ottenere un’adeguata adesione ed infine le tipologie di rivestimento organico in grado di garantire una buona durabilità. In questo scritto in particolare ci si occuperà di studiare il comportamento di questi materiali dopo deformazione meccanica ottenuta per imbutitura. Successivamente alla produzione infatti, nelle operazioni di formatura si possono introdurre difetti e sforzi residui all’interfaccia metallo-rivestimento tali da accelerare i processi di degrado soprattutto delaminativi. Ricordando come le caratteristiche estetiche siano sempre molto importanti per questo tipo di prodotti, si può riconoscere l’importanza di valutare questo tipo di degrado. L’approccio sperimetale ha fatto uso sia di tecniche elettrochimiche (spettroscopia di impedenza) sia di tradizionali tecniche di invecchiamento in ambienti che accelerano i processi degradativi. MATERIALI E PROCEDURA SPERIMENTALE I materiali oggetto dello studio sono lamierini di acciaio inossidabile austenitico di tipo AISI 304 e si differenziano sia per il tipo di finitura superficiale (BA e 2B) che per il tipo di rivestimento applicato (poliuretanico, poliestere A, poliestere B). La finitura BA (bright annealing) è una finitura standard (ASM Committee on Cleaning and Finishing of Stainless Steel) per l’acciaio inossidabile, che si ottiene attraverso un processo di ricottura in ambiente riducente (idrogeno o ammoniaca dissociata) che segue la laminazione. Il risultato è una superficie brillante e liscia, priva di scaglie d’ossido superficiali. La finitura 2B consiste invece in una ricottura, dopo laminazione, in una atmosfera non controllata, seguita da un trattamento di pulizia per eliminare la scaglia di ossido. La pulizia è eseguita mediante immersione in sali fusi a 420-500°C, rapido raffreddamento in acqua, attacco acido mediante una soluzione di HNO3 6-8% a 40°C circa ed infine un decapaggio a 70°C con una soluzione di 8-10% HNO3 e 1.5-1.8% HF. In questo caso la superficie è di apparenza meno brillante ed al microscopio elettronico a scansione è possibile osservare un leggero attacco a bordo di grano che evidenzia la grana cristallina. Queste due finiture erano state scelte fra una più ampia lista di possibili finiture attraverso un lavoro sperimentale preliminare che le ha evidenziate come quelle più efficaci. Al fine di contenere le fasi di produzione e limitare i costi del ciclo ci si è orientati su rivestimenti protettivi tipo coil coating a mano unica. Le proprietà di resistenza alla corrosione sono infatti in gran parte garantite dalla natura inossidabile del substrato, mentre il rivestimento ha principalmente funzioni estetiche. Scegliendo quindi materiali che garantissero contemporaneamente buona adesione al substrato e sufficiente resistenza al degrado ambientale (ad esempio alla foto-ossidazione) è possibile limitare ad uno solo gli strati di rivestimento. Ci si è quindi orientati, dopo uno screening iniziale, su rivestimenti di tipo poliestere (di due tipi, A e B, dove B si differenzia principalmente per la presenza di uno speciale stabilizzante UV) e poliuretanico. Lo spessore di tutti i rivestimenti è di circa 20 m. In un precedente lavoro sono state studiate le proprietà di questi sistemi in condizioni indeformate. In questo lavoro invece tutti i materiali sono stati imbutiti al fine di simulare il comportamento dopo formatura. I campioni sono stati quindi deformati con imbutitore Erichsen (ISO 1520) a 3 diverse frecce: 2, 4 e 6 mm. L’obiettivo principale era quello di verificare se uno stato di deformazione poteva indurre delle tensioni all’interfaccia substrato-rivestimento tali da favorire la delaminazione del rivestimento e la totale perdita di adesione. E’ stato inoltre sviluppato un modello agli elementi finiti per individuare in modo puntuale lo stato di deformazione sui campioni dopo imbutitura. Figura 1: Imbutitore Erichsen utilizzato e campione imbutito fino a rottura del rivestimento organico I rivestimenti sono stati testati mediante spettroscopia di impedenza elettrochimica (EIS)A nel range di frequenze (105-10-3 Hz), ampiezza di segnale 10 mV in una soluzione aerata A La spettroscopia d’impedenza elettrochimica (EIS) è oggi la tecnica d’analisi più diffusa e più utile per valutare le proprietà protettive di un rivestimento organico. Brevemente descriviamo i presupposti teorici. Sul campione rivestito si applica una perturbazione sinusoidale in un range di frequenze che normalmente è compreso fra 100000 e 0.001 Hz: contenente cloruro di sodio 3.5% per una durata di 20 giorni circa (figura 2). Come informazioni di confronto sono state anche eseguite prove di invecchiamento accelerato in camera a nebbia salina (ASTM B117)B e in camera umidostatica (ASTM D2247)C. Sono state inoltre eseguite osservazioni al microscopio ottico ed elettronico per individuare la difettosità e prove di adesione mediante immersione in solvente. Figura 2: Cella elettrochimica utilizzata per le prove d’EIS RISULTATI E DISCUSSIONE Lo stato di deformazione introdotto dalla prova di imbutitura è piuttosto complesso essendo di natura biassiale e variabile da punto a punto. Per fare delle considerazioni approfondite è Et = E0 sin (t) = E0exp(jt). Se il sistema è lineare (con piccole ampiezze della perturbazione) si ottiene una risposta in corrente: It = I0sin(t + ) = I0 exp(jt -) dove: Et: perturbazione di potenziale nel tempo (volt); E0: ampiezza della perturbazione (volt); It: risposta in corrente del sistema in funzione del tempo (Ampere); I0: ampiezza della risposta in corrente del sistema (Ampere); t: tempo (s); : (rad); frequenza angolare (rad/s). L’impedenza viene definita come il rapporto fra il potenziale della perturbazione e la corrente di risposta: Z(exp(j) = |Z|exp(j) = |Z| (cos + sin) = Z’ + jZ”. Considerando i valori di impedenza alle diverse frequenze si possono ottenere informazioni sulle caratteristiche del sistema protettivo e sulle reazioni che avvengono sul substrato. Per ulteriori informazioni si rimanda ai riferimenti 1 e 2 B La prova d’esposizione in camera a nebbia salina è una delle prove di corrosione più diffuse in ambito industriale. Nonostante numerose limitazioni e la difficile correlazione con il comportamento reale del materiale che questo test presenta la prova ha avuto, ed ha un’ampia diffusione, per la sua facilità d’esecuzione e comprensione. Numerose normative internazionali3 stabiliscono i parametri di prova. Quelli più comunemente utilizzati sono i seguenti: esposizione continua in una nebbia prodotta da una soluzione di cloruro di sodio al 5% con la temperatura della camera di 35°C; nel test di campioni potetti mediante un rivestimento organico viene prevista l’effettuazione di un intaglio a croce al fine di evidenziare possibili problemi di scarsa adesione fra rivestimento e substrato. Alcune normative prevedono modifiche della soluzione di partenza per renderla più aggressiva e la possibilità di effettuare cicli secco-umido. C Molto simile alla prova di esposizione in camera a nebbia salina consiste nell’esposizione in una camera a saturazione di umidità a temperature comprese fra 35 e 40°C. 4 necessario conoscere in maniera esauriente lo stato di deformazione. Per questo motivo è stato necessario ricorrere a una modellazione agli elementi finiti per calcolare lo stato di deformazione punto per punto dei campioni imbutiti. Il contributo alle proprietà meccaniche del rivestimento polimerico è stato trascurato mentre il comportamento meccanico sia in campo elastico che plastico degli acciai studiati è stato ricavato da dati di letteratura. Gli sforzi e deformazioni nominali (n e n) sono stati trasformati in quelli reali (r e r) mediante la seguenti relazioni: r = n (n + 1) (1) r = ln(n + 1) (2) La deformazione è stata quindi scomposta in direzione radiale e lungitudinale a partire dal centro del campione, avendo il campione simmetria radiale. Da questi dati è possibile ricavare i valori di massima deformazione, di deformazione media e di area interessata alla deformazione, utili soprattutto per confrontare i dati che verranno descritti con altri tipi di deformazione, diverse dall’imbutitura (tabella 1). Grado di deformazione freccia 6 mm freccia 4 mm freccia 2 mm max circonferenziale (%) max radiale (%) 5 7 10 3 10 17 raggio area deformata [mm] 8 10 12 Tabella 1: Valori di deformazione associati alle frecce di imbutitura. Definito lo stato di deformazione in questo modo, si è passati alla caratterizzazione dei campioni deformati mediante spettroscopia di impedenza. Va subito precisato che il comportamento elettrochimico di un acciaio inossidabile rivestito è particolarmente complesso ed è stato oggetto di studi specifici atti a individuare un modello (circuito elettrico equivalente) che pur con sensibili semplificazioni potesse essere utile a studiare il sistema inox-rivestimento. Il modello proposto per campioni piani è riportato in figura 3. Qc Q1 Q2 Rp R1 R2 Figura 3: Circuito elettrico equivalente per acciaio inossidabile protetto mediante un rivestimento organico. Il circuito descrive il comportamento elettrico del rivestimento (capacità del rivestimento Qc e resistenza del rivestimento Rp), il comportamento elettrico dell’ossido superficiale (R1 e Q1) ed il comportamento elettrochimico dell’interfaccia (R2 e Q2). La notevole semplificazione che viene introdotta modellando semplicemente con una capacità (Q2) ed una resistenza (R2) il complesso comportamento dell’interfaccia, ci induce a non usare i termini resistenza a trasferimento di carica e capacità di doppio strato per questi parametri, i quali sono in realtà influenzati anche da altri fattori, quali la presenza di intermedi di reazione, che non sono direttamente associabili alla reazione faradica o alla capacità di doppio strato. I parametri R2 e Q2 potrebbero essere definiti pseudo-resistenza a trasferimento di carica e pseudo-capacità di doppio strato. Ciò che comunque risulta molto importante per i nostri scopi è che tali parametri possono essere considerati proporzionali alla capacità di doppio strato e alla resistenza a trasferimento di carica. Possiamo cioè utilizzare i valori di R2 e Q2 per avere una stima della entità dei processi elettrochimici sulla superficie dell’acciaio e fare confronti sulla ampiezza della superficie bagnata dall’elettrolita e quindi sui processi di delaminazione. La prima coppia di parametri che può essere discussa riguarda le proprietà del rivestimento: Rp e Qc. Tali caratteristiche sono dipendenti dalla tipologia e natura del rivestimento, e non dalle caratteristiche chimiche o di finitura superficiale del substrato. La resistenza al flusso ionico attraverso il rivestimento Rp è una indicazione della presenza di difetti, di natura microscopica o macroscopica nel rivestimento1. Dopo deformazione tali difetti possono essere accresciuti in numero e dimensione, e benché nel nostro caso tale difettosità non sia così critica come nei casi in cui il rivestimento sia il metodo principale di protezione dalla corrosione (ad esempio rivestimenti organici su substrato d’acciaio) è evidenti che tali difetti passanti attraverso il rivestimento possono fungere da punto di nucleazione per processi di delaminazione all’interfaccia con il substrato e, quindi, devono essere tenuti sotto controllo. In figura 2 sono riportati come esempio i valori di Rp dopo diversi tempi di immersione per il rivestimento di tipo poliuretanico imbutito a tre frecce diverse di imbutitura. Il primo commento che emerge dai dati di figura 4 riguarda i valori relativamente bassi di Rp, compresi fra 1.8 e 4 Mcm2. Sono comunque valori accettabili se si considera il fatto che sono riferiti a rivestimenti ad un unico strato e con spessori limitati (20 m). In secondo luogo risulta evidente, come era lecito attendersi, un aumento della difettosità (e quindi una riduzione di Rp) all’aumentare del grado di deformazione. Infine si nota una tendenza all’aumento della difettosità passante al crescere del tempo di immersione, più chiara però per i livelli più bassi di deformazione. 4,00E+06 14 ore 67 ore 214 ore 3,50E+06 Rp (ohm cm2) 3,00E+06 2,50E+06 2,00E+06 1,50E+06 1,00E+06 5,00E+05 0,00E+00 freccia 2 freccia 4 freccia 6 Figura 4: Valori di resistenza dei pori (Rp) per il rivestimento poliuretanico a diversi tempi e frecce di imbutitura. Confrontando i diversi rivestimenti, riportiamo di seguito in tabella 2 i valori medi di Rp dopo 50 ore di immersione nel caso di imbutitura a freccia 4. RIVESTIMENTO Poliestere A Poliestere B Poliuretanico Rp (M cm2) 6 5 2.7 Tabella 2: Valori della resistenza dei pori (Rp) dopo 50 ore di immersione per i campioni imbutiti a freccia 4 mm. Ripetendo questi confronti anche per gli altri valori di freccia e per campioni indeformati, la minore difettosità complessiva dei campioni di tipo poliestere rispetto ai campioni di tipo poliuretanico è stata confermata, con un leggero migliore comportamento del campione poliestere A. Tali differenze possono essere messe a confronto con i valori di assorbimento d’acqua dei rivestimenti ricavati dai valori di capacità del rivestimento Qc mediante l’equazione di Brasher Kingsbury5. Tali valori sono riportati in tabella 3 nel caso di deformazioni a freccia 2 mm. RIVESTIMENTO Poliestere A Poliestere B Poliuretanico Assorbimento d’acqua (% volumetrica) 10 9 15 Tabella 3: Valori di assorbimento d’acqua espresso come percentuale volumetrica per i campioni deformati a freccia 2. Nuovamente il campione poliuretanico si differenzia dagli altri due per un’azione di barriera all’acqua meno efficace. Dopo questa analisi preliminare delle proprietà del rivestimento viene discussa la parte più significativa delle informazioni ottenibili dalle misure di impedenza: i valori associabili all’interfaccia rivestimento-metallo, cioè Q2 e R2, trascurando in questo contesto la discussione dei dati relativi allo strato d’ossido. Sia Q2 che R2 possono essere messi in relazione con l’area di metallo a contatto dell’elettrolita sotto-vernice. In realtà per R2 l’analisi risulta un po’ più complessa poiché il valore della resistenza che si misura è influenzato sia dall’area di metallo su cui avvengono le reazione elettrochimiche, sia dal tipo di reazioni elettrochimiche che avvengono. Risulta quindi più conveniente focalizzare l’attenzione sull’andamento del parametro Q2, che essendo collegabile alla capacità di doppio strato può essere assunto come direttamente proporzionale all’area del metallo a contatto con l’elettrolita, e quindi alla perdita di adesione. In figura 5 è mostrato l’andamento del parametro Q2 in funzione del diverso rivestimento su substrato con finitura 2B e imbutito a freccia 4 mm. 5 Q2 (nF/cm2) 4 3 POLIESTERE A POLIURETANO POLIESTERE B 2 1 0 0 50 100 150 200 tempo (ore) Figura 5: Valori di Q2 in funzione del diverso rivestimento sulla finitura 2B, con freccia di deformazione 4 mm. Innanzitutto si può notare che i valori sono per tutti i campioni piuttosto bassi, inferiori cioè a 5 nF/cm2; approssimando tale valore ad una vera capacità di doppio strato la quale, misurata sul metallo nudo vale circa 50 F/cm2, l’area delaminata ricavabile dal rapporto è comunque, inferiore allo 0.01%. Sono però chiare le differenze fra i diversi rivestimenti. Il rivestimento poliuretanico mostra un sensibile incremento nel valore di Q2 già dopo una decina di ore di immersione, al contrario dei campioni di tipo poliestere che mostrano una crescita più lenta e valori dopo una settimana di immersione molto inferiori. La stabilità dell’interfaccia migliore è comunque quella del rivestimento poliestere A. Tale risultato è stato confermato anche a diversi gradi di deformazione ed è indipendente dalla finitura superficiale (BA e 2B). Il confronto tra le due diverse finiture non ha permesso di evidenziare significative differenze, mentre più interessante è risultato il comportamento a diversi gradi di deformazione. A titolo di esempio è riportato in figura 5 l’andamento di Q2 per il campione con rivestimento poliestere su finitura BA a diversi gradi di deformazione. E’ immediato notare come la freccia d’imbutitura influenzi sensibilmente il valore di Q2, indicando per la freccia 6 una più ampia delaminazione (maggiore ampliamento assoluto del valore di Q2), mentre molto simile sembra essere il comportamento degli altri due campioni. E’ probabile che livelli di deformazione elevati come quelli che si hanno con imbutitura con freccia 6 (vedi tabella 1) siano critici per questo tipo di rivestimento, sia causando maggiore difettosità attraverso il rivestimento, sia inducendo stress all’interfaccia e difettosità tali da compromettere almeno in parte l’adesione (delaminazione). Risultati analoghi sono stati ottenuti con gli altri due rivestimenti. Figura 6: Valori di Q2 in funzione del diverso grado di deformazione del campione poliestere B sulla finitura BA. Sono state eseguite, come prove di confronto sia prove di esposizione in camera a nebbia salina per 800, ore sia prove in camera umidostatica a 40°C per 40 giorni sui campioni in studio non deformati, dopo incisione a croce secondo normativa ASTM. Alla fine di entrambe queste prove non era evidenziabile nessuna presenza di blisters o stacchi del rivestimento visibili ad occhio nudo. Nelle vicinanze dello scratch però, con l’azione di una lama affilata, era possibile staccare, a partire dall’incisione scaglie di rivestimento, soprattutto alla fine delle prove umidostatiche. Tale fenomeno testimonia che un indebolimento dell’adesione nelle vicinanze dello scratch è effettivamente avvenuto, pur senza portare a completo stacco della vernice e quindi compromettere le caratteristiche estetiche del prodotto. Comunque la mancanza di sostanziali degradi è stata ritenuta una conferma importante della adeguatezza della adesione inox-rivestimento; tuttavia questo tipo di prove non ha permesso di differenziare in modo significativo le differenti finiture o rivestimenti organici. Per avere una ulteriore fonte di informazione sulle proprietà di adesione è stato eseguito un test di immersione in solvente (NMP, normal-metil pirrolidone). Il NMP è un liquido incolore di formula C5H9NO. Per effetto della sua forte polarità tende a dare swelling, cioè a solvatare i segmenti delle catene del legante facendolo rigonfiare, senza però dissolverlo. L’aumento di volume della vernice fa nascere all’interfaccia con il metallo uno sforzo di taglio che causa delaminazione che risulta inversamente proporzionale all’adesione. La valutazione dell’adesione si può quindi fare misurando il tempo di distacco, se la vernice si pela completamente, oppure l’area delaminata in un tempo prefissato, se il distacco del film non è totale. Il test NMP dà risultati riproducibili, ma il loro valore numerico non è significativo in termini assoluti: due vernici con formulazione completamente diversa danno tempi di distacco non confrontabili. Risulta invece particolarmente adatto a confrontare vernici simili differenziando l’effetto dei pretrattamenti e dei substrati. In questa situazione il metodo è sensibile e consente di distinguere variazioni anche minime. Sono state eseguite prove di immersione in NMP su tutti i campioni studiati a diverse deformazione, dopo essere rimasti in immersione in 3.5% NaCl per 20 giorni. Lo stacco completo del rivestimento è avvenuto dopo pochi minuti in tutti i casi. Questo indica una volta di più la non elevata adesione inox-rivestimento, anche se questa può essere considerata sufficiente per le funzioni prevalentemente estetiche che il rivestimento deve svolgere. Le differenze in funzione delle diverse finiture, a parità di rivestimento, sono risultate così contenute da non essere facilmente misurabili e, quindi, con questo metodo non è stato possibile ottenere informazioni sull’influenza dei pretrattamenti. Interessante è risultata invece la differenza nei tempi di stacco in funzione delle deformazioni. Infatti i campioni imbutiti a freccia 2 hanno mostrato tempi di pelatura circa doppi (e molto simili ai tempi di stacco dei campioni non deformati) rispetto ai campioni imbutiti a freccia 6. Tempi intermedi si sono misurati per i campioni imbutiti a freccia 4. Questo dato dimostra come gli stress residui all’interfaccia abbiano indotto una perdita di adesione durante i 20 giorni di immersione, evidenziata dal test NMP. CONCLUSIONI La durabilità di acciaio inossidabile prerivestito, ottimizzata per quanto concerne pretrattamenti e rivestimenti in un precedente studio, è accettabile anche per materiali deformati fino a livelli di deformazione associati a imbutitura a freccia 6 mm. Fra i diversi rivestimenti studiati, sia le proprietà di barriera che quelle di adesione del rivestimento poliuretanico sono inferiori a quelle dei rivestimenti di tipo poliestere. La scelta fra poliestere A e B in fase di produzione potrà essere fatta principalmente in funzione del fatto che le applicazioni siano per esterni o per interni, contenendo il poliestere B uno stabilizzatore UV. Entrambe le finitura superficiali (BA e 2B) sono adatte a favorire una adeguata adesione con i rivestimenti protettivi, anche in condizioni di deformazione. L’approccio di studio che fa uso della spettroscopia d’impedenza elettrochimica ha permesso di evidenziare differenze e valutare proprietà altrimenti difficilmente quantificabili con prove di tipo tradizionali. L’associazione dello studio dello stato di sforzo mediante analisi agli elementi finiti e la caratterizzazione mediante impedenza rappresenta un modo preciso e sufficientemente veloce per la valutazione delle proprietà protettive di lamiera verniciata deformata. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 1 S. Rossi, “Characterisation of organic coatings properties using electrochemical impedance spectroscopy” (caratterizzazione delle proprietà dei p.v. organici mediante spettroscopia ad impedenza elettrochimica), European Coatings (Pitture e Vernici), 79 (2003), 7 2 J.R. Macdonald, “Impedance Spectroscopy”, Wiley, 1986. 3. 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