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07 gennaio 2010 delle ore 11:03 COSE VISTE E MAI VISTE Si avvia alla conclusione il ciclo di interventi sul Futurismo proposti da Exibart.onpaper nell'anno del centenario. Questa volta a discuterne è Giacinto di Pietrantonio, curatore qualche tempo fa di una importante rassegna dedicata per l'appunto al Futuro del Futurismo. Che è scomparso perché diventato realtà... Sono qui / Sono Battista Sono a far da apripista alla tesi futurista C’è Boccioni e FuturBalla / Questa è un’arte che vi sballa Con John Cage silenziato non ho visto ma ascoltato Di Carrà vi faccio dono con la sua pittura a cono Se Schifano lo rivisita / Con Manzoni non è stitica Parigi, su “le Figaro” il 20/2/1909, Manifesto del Futurismo con: amore per il pericolo, energia, temerarietà, coraggio, audacia, ribellione, velocità, elettricità, modernità... Dove si intuisce che “il mezzo è il messaggio” (Mac Luhan, 1964). Difatti, nel 1912 hanno 350 articoli su giornali, riviste, cifra impressionante anche per oggi in cui disponiamo di migliaia di riviste, giornali... Futurismo che mette al centro la città, luogo e non luogo della tecnica, elettrico cantiere del presente-futuro, realtà temporanea, come Sant'Elia che parla di “un'architettura effimera”, punto non terminale di un processo, continuo flusso che, come la vita, non sta mai ferma. Luogo della comunicazione, come sottolineeranno le opere degli architetti radicali che progettano architetture “inutili”, nuovi manifesti critico-semiotici: No Stop City> Archizoom, Monumento Continuo>Superstudio, City moving>Archigram, o le nuove architetture di Mendini, Fuksas, Nouvel, Hadid, Cook, Gehry, ribaltando l'idea moderna de “la forma segue la funzione” in favore di quella postmoderna in cui “la forma segue la comunicazione”. Avanguardia che guarda al futuro e che, unica, ne porta anche il nome: Futurismo. Anarchici dalla tradizione, per cui bisogna “prostituire sistematicamente tutta l'arte classica sulla scena, rappresentando per esempio in una sola serata tutte le tragedie greche, francesi, italiane condensate e comicamente mescolate. Vivificare le opere di Beethoven, di Bach, di Bellini, di Chopin, introducendovi delle canzonette napoletane” (Marinetti). Dichiarazioni che sembrano detti e azioni della postmodernità, dove l'opera futura è fatta anche di frammenti anarchici del passato e dal passato, e/o di campionatura di musica e suoni come nella contemporanea, o nell’elettro-pop, hip hop, rap rumorista e dalle parole in libertà. Arte giovane fatta da giovani che porta Marinetti a dire: “I più anziani fra noi hanno trent’anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compiere l’opera nostra. Quando avremo quarant’anni altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. – Noi lo desideriamo!”. Anarchismo totale che non salva niente e nessuno, nemmeno se stessi, in cui inserire Work n° 2931/10 (2003) di Martin Creed, un foglio di carta A4 ridotto a una pallina accartocciata, che mette in opera il desiderio di accantonamento generazionale marinettiano. Anarchici e non fascisti, come scrive Gramsci su “L’Ordine Nuovo” del 5 gennaio 1921 nell’articolo Marinetti Rivoluzionario?: “È avvenuto questo fatto inaudito, enorme, colossale [...] A Mosca, durante il Congresso, il compagno Lunaciarsky [Ministro della Cultura e poeta, N.d.R.] ha detto in un suo discorso ai delegati italiani [...] che in Italia esiste un intellettuale rivoluzionario e che egli è Filippo Tommaso Marinetti [...] Molto spesso è avvenuto (prima della guerra) che dei gruppi di operai difendessero i futuristi dalle aggressioni di cricche di 'letterati' e di artisti di carriera [...] Sì la classe operaia aveva e ha la coscienza di dover fondare un nuovo Stato [...] I futuristi hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto [...] hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio: hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista [...] I futuristi nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come opera creativa, è probabilmente che la classe operaia non riuscirà per molto tempo di più di quanto hanno fatto i futuristi”. A cui aggiungiamo il loro Primo Manifesto politico (1913), nel quale si sostiene l’abolizione della monarchia, della chiesa, la contraddittorietà delle banche e dei leader della moda, l'illegittimità dell’autonomia militare e si chiedeva la socializzazione della proprietà della terra e dell’acqua, il diritto al divorzio, la giornata lavorativa di otto ore, il diritto di sciopero, il decentramento regionale, il diritto alla protesta del consumatore, la pari retribuzione salariale tra uomo e donna. Ma Marinetti ispirò a Mussolini la capacità oratoria di galvanizzare le masse anche roteando il busto da destra a sinistra fermo sulla perpendicolare del corpo, quasi un’anticipazione pelvica spiraliforme che sarà di Elvis Presley. Marinetti che richiamò Mussolini agli ideali socialisti e fu anche grazie a esso che non seguì Hitler nel promulgare l'arte degenerata e nemmeno la censura totale delle avanguardie. Anarchismo ripreso dall’immaginazione al potere di Surrealismo, Lettrismo e Situazionismo fino al Sessantotto. Processi della modernità, dove collocare artisti come Fabio Mauri> indagatore dell’estetica politica. Futurismo che troverà ulteriori sviluppi fino alle culture antagoniste del punk. Le provocatorie e rissose serate e il teatro futurista erano opere di disturbo linguistico e comportamentale in cui, nonostante il loro “disprezzo per il pubblico” e “il piacere di essere fischiati”, mostrano a specchio l’interesse per il pubblico stesso, che diventava nella rissa parte dello spettacolo, provocazione non fine a se stessa, ma volta a farsi pubblicità, diremmo oggi. Del Futurismo, che “è il solo che utilizzi la collaborazione del pubblico. Questo non vi rimane statico come uno stupido voyeur, ma partecipa rumorosamente all'azione cantando anch'esso, accompagnando l'orchestra, comunicando con motti imprevisti e dialoghi bizzarri cogli attori. Questi polemizzano rumorosamente con i musicanti” (Manifesto del teatro di varietà). Attitudine ritrovate in spettacoli-film come The Rocky Horror Picture Show, dove il pubblico in sala mima le azioni di quanto avviene sullo schermo o sulla scena. Opera postfuturdadaista e protopunk. Teatro futurista con attori dai “capelli verdi, braccia violette, décolté azzurro, chignon arancione, ecc. Interrompere una canzone facendola continuare da un discorso rivoluzionario. Cospargere una romanza d'insulti, di parolacce, ecc.”. Fino al teatro sintetico, atecnico-dinamico-simultaneo-autonomoalogico-irreale fatto di slogan e sketch; ce n’è quanto basta per capire quanto di tutto questo si è riversato non solo nel teatro, ma nella pubblicità e televisione. Dall’Umano, troppo umano Nietzsche parla di una teoria della vita e della vitalità a cui si rifacevano i futuristi, in cui si innesta la vita parallela alla vita che, con l'aiuto della tecnica, fa evolvere l'uomo nella costruzione e nell'estensione della vita moderna dei moderni PPP. Paladini, Pannaggi, Prampolini, che nel 1923 scrivono il Manifesto dell'arte meccanica in cui si legge: “Sentiamo meccanicamente, ci sentiamo costruiti in acciaio, anche noi macchine, anche noi meccanizzati [...] Dalla macchina e nella macchina si svolge oggi tutto pagina 1 Exibart.com il dramma umano”. Poi, 1931, nel catalogo della mostra futurista a Milano, Fillia, Oriani, Diulgheroff e Rosso dicono che le loro opere parlano di "organismi aerei spirituali [...] affermiamo cioè che la macchina annulla tutto il vecchio mondo spirituale ed umano per crearne un altro superumano e meccanico, dove l'uomo perde la propria superiorità individuale fondendosi con l'ambiente". Marionette, robot, moloch, androidi, ginoidi, mecha, cyborg, automi e fin dall'antichità doppi, alter ego di bisogni e desideri dell'umanità. È il passaggio dalla modernità meccanica a quella biologica postmoderna e non a caso Prampolini dipinge nel ‘30 L’automa quotidiano e già nel ‘35 Apparizioni biologiche. Sottile passaggio dall'uomo meccanico all’umano biologico. Passaggio che va dal moderno uomo d'acciaio Superman al postmoderno biologico Uomo Ragno, dall'uomo venuto dal pianeta Kripton che vola, sale e scende mantenendo solo tre posizioni moderniste come in un quadro suprematista - verticale, orizzontale e diagonale - al terrestre Uomo Ragno che, usando la tela di ragno, la rete, si muove con la flessibilità e la spiralità dell'acrobata e del funambolo come il vortice di un quadro e/o scultura futurista. Segni da ricondurre alla spiralità genetica del Dna e alla sua messa in immagine scientificoanatomica, la doppia elica a cui non a caso sono state assegnate forme e colori futuristi. Siamo appena stati nel XX secolo, avanzando in un territorio in cui la tecnica come fabbricazione e concettualizzazione del mondo si generalizza, estendendosi a tutto il corpo sociale. Significativo è che i futuristi chiameranno diversi loro manifesti Manifesto tecnico... Tempo tecnico moderno, dove il tempo non è più lineare, ma sostituito dalla rete dell'instant future, multitemporalità e sicretismo anch'essi dal sapore futurista. Plank, teoria dei quanti, 1900 e Einstein, teoria della relatività, 1905 aprono la matematica all'infinito e all'indeterminato, alla geometria non euclidea, permettendo nel 1925 a J.W. Sullivan di dire che la matematica è soggettiva quanto l'arte e a Marinetti - ne La matematica futurista su “La Gazzetta del Popolo” del 2 febbraio 1940 - che “il Futurismo italiano rinnova oggi anche la matematica. La verità scientifica non è unica quindi è variabile. Il suo spirito creatore Platone credeva nelle idee viventi, noi nelle immagini poetiche viventi. La nostra matematica antifilosofica antilogica antistatica [...] Applichiamo dunque la meccanica razionale alla valutazione dei quadri e delle sculture togliendo così l'osservatore dalla solita posizione statica verticale obbligandolo invece a girare vorticosamente [...] Cinepittura e cinescultura sintetica”. E non sorprende che il futuro del Futurismo è anche l’arte cinetica che apre all'estetica della ricezione, dove l'osservatore è dinamicamente impegnato nella realizzazione dell'opera d'arte, che essendo anche figlia del Futurismo è pur sempre un'opera aperta. L'immaginazione senza fili e le parole in libertà (1913) è il manifesto riferito a poesia e letteratura, ma utile anche per opere video e pagina 2 07 gennaio 2010 cinematografiche, immagini create dalla luce alla velocità della luce. Il cinema vede la luce nel 1895 prima della radio, 1896, anticipate dalla fotografia, 1826, e quindi è l’immagine nella modernità ad avere precedenza sulla parola, rovesciando così lo statement biblico de “al principio era il verbo” con “al principio della modernità era l’immagine”. Così il padre della videoarte, Nam June Paik, dice che “il Futurismo [...] è interessante, perché fu il primo movimento artistico che esponeva la componente 'tempo' e il video è Immagine più Tempo. Così il Futurismo è stato importante anche teoricamente. Il tempo influenza l'arte, così nella storia del video occorre ricordare il contributo del Futurismo”. Del montaggio parlano nel 1933 su “La Gazzetta del Popolo” Filippo Tommaso Marinetti-Pino Masnata nel manifesto La Radia: “Noi futuristi perfezioniamo la radiofonia destinato a centuplicare il genio creatore della razza italiana, abolire l’antico strazio nostalgico delle lontananze e imporre dovunque le parole in libertà come suo logico e naturale modo di esprimersi”. Per cui in una civiltà continuamente fotografata, filmata, registrata, osservata, ascoltata, intercettata si aggiunge la foto+scrittura+film+disegno, lettere, immagini, icone, loghi di sms e mms, nuova forma di comunicazione ad ampio spettro socio-logo-globale, dove pare avverarsi l'idea del futurista Buzzi di film+parole. È la civiltà postindustriale, o informatica fatta dei nuovi media: cinema, radio, tv, computer, stampanti, fax, sintetizzatori, fotocopiatrici, registratori, cellulari che mediano tra noi e il mondo, una psicogeografia mediatica attuata dal détournement mediale del Blob di Giusti e Ghezzi. Medialità su cui, ai suoi inizi, prima di questa capillarità d’info>comunicazione>estetica il Futurismo, sempre ne La Radia, diceva: “Possediamo oramai una televisione di cinquantamila punti per ogni immagine grande su schermo grande. Aspettando l’invenzione del teletattilismo, teleprofumo, telesapore [...] Un’arte senza tempo né spazio senza ieri e senza domani. La possibilità di captare stazioni trasmittenti poste in diversi fusi orari”. È l’odierno instant future dove il Futurismo sembra non esistere, perché quasi tutto quello di cui parlava è diventato realtà. articoli correlati Il Futurismo di Giovanni Lista giacinto di pietrantonio Fiore del Bene Fiore del Male / Fiore del Menomale *articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 61. Te l’eri perso? Abbonati! [exibart] indice dei nomi: Anatoliy Vasilievich Lunacharsky, giacinto di pietrantonio, Massimiliano Fuksas, Nicolaj Diulgheroff, Alessandro Mendini, Tommaso Marinetti, Enrico Prampolini, Vinicio Paladini, Antonio Gramsci, Albert Einstein, Giovanni Lista, Frank O. Gehry, Elvis Presley, J.W. Sullivan, Pino Masnata, Martin Creed, Ivo Pannaggi, Pippo Oriani, Jean Nouvel, Fabio Mauri, Zaha Hadid, Peter Cook, Mino Rosso, Beethoven, Mussolini, Archizoom, John Cage, Platone, Bellini, fillia, Chopin, Bach .