I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo

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I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo
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Concordato preventivo e accordi
Rapporti pendenti
I contratti in corso di esecuzione
nel concordato preventivo
di Giuseppe Bozza
La regolamentazione della sorte dei contratti in corso di esecuzione al momento della presentazione di una
domanda di concordato costituisce una delle novità più significative della riforma attuata dal D.L. n. 83 del
2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ma l’art. 169 bis, dedicato a questa
materia, contiene anche una delle norme a più ampio tasso di genericità, che ha determinato numerosi dubbi interpretativi, non risolti dal recente D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9
agosto 2013, n. 98. L’Autore focalizza l’attenzione su due di questi punti controversi: il momento in cui la
domanda di scioglimento o di sospensione può essere formulata e l’estensione di detta normativa al concordato con riserva, non trascurando qualche cenno al passato ed alle innumerevoli altre questioni che intersecano i temi principali.
1. Il trattamento dei contrati in corso
di esecuzione anteriormente alla riforma
del 2012
Una regolamentazione dei contratti pendenti si è
sempre posta come indispensabile nella disciplina
del fallimento in quanto strumentale alla realizzazione della funzione liquidatoria della procedura,
che si realizza non solo attraverso la conversione in
danaro dei beni materiali e immateriali, ma anche
attraverso la definizione dei rapporti giuridici patrimoniali derivanti dai contratti ancora pendenti.
Ed, infatti, la normativa contenuta nella Sezione
IV del Capo III incide non sul contratto in sé, quale atto espressione della autonomia negoziale, ma
sui rapporti giuridici dallo stesso derivanti, ossia sul
complesso degli effetti giuridici conseguenti da
quella espressione di autonomia contrattuale che,
alla luce delle mutate condizioni di una delle parti
dichiarata fallita, non possono più essere mantenuti
ed eseguiti come se nulla fosse successo (1), e si ricollega, come gli altri effetti patrimoniali di cui
trattano le precedenti Sezioni dello stesso Capo III,
allo spossessamento del fallito.
Eguale esigenza non ricorreva nel concordato preventivo in cui non vi era uno spossessamento del
debitore con interruzioni nella continuazione dell’impresa; questa, infatti, pur non essendo (come
nella amministrazione controllata) un mezzo necessario per l’attuazione della procedura, ma frutto della libera scelta dell’imprenditore, giustificava soltan-
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to il controllo previsto dall’art. 167 per gli atti di
straordinaria amministrazione allo scopo di verificare il crearsi di situazioni pregiudizievoli per la massa,
che potevano attivare la conversione in fallimento,
secondo il dettato dell’art. 173 comma secondo. Ed
anche lı̀ dove veniva prospettata la cessione dei beni quale modalità di adempimento del concordato,
la procedura fino al momento dell’omologa non realizzava lo spossessamento ed aveva una finalità tendenzialmente conservativa in vista della futura liquidazione, che, peraltro, dopo la riforma degli anni
2005/07, non era più il fine esclusivo, o prevalente,
del concordato a causa della ampia libertà data al
debitore di organizzare la propria crisi che, valorizzando l’esercizio dell’impresa, si presentava coerente
con la prosecuzione dei contratti in corso.
Era pacifico, pertanto, prima della recente riforma
attuata con il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertiNota:
(1) Del resto anche il diritto ordinario non rimane insensibile alla
insolvenza di una delle parti contrattuali; basti pensare all’art.
1186 c.c., per il quale il creditore, quantunque il termine sia stabilito a favore del debitore, può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente; all’art. 1274 c.c., per il
quale la insolvenza del delegato incide sulla liberazione del debitore originario nella delegazione e nell’accollo privativo; all’art.
1313 c.c., per il quale l’insolvenza di uno dei condebitori determina la ripartizione del debito solidale anche al condebitore liberato
dal creditore; all’art. 1943 c.c., che obbliga il debitore a fornire un
nuovo fideiussore quando quello indicato sia divenuto insolvente
e non sia stato scelto dal creditore; all’art. 1953 c.c., per il quale
il fideiussore può chiedere di essere rilevato quando il debitore è
divenuto insolvente, e cosı̀ via (cfr. artt. 1868, 1626 c.c., ecc.).
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to con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134,
che la disciplina fallimentare sui contratti pendenti
non trovasse applicazione nel concordato, proprio
perché, durante questa procedura, il debitore conservava l’amministrazione dei suoi beni; i tentativi fatti
per superare questa situazione, che costituiva uno
degli ostacoli che compromettevano la fruibilità dello strumento concordatario, erano rimasti infruttuosi
stante la obiettiva difficoltà sia ad estendere analogicamente la disciplina fallimentare in altra procedura
ove, peraltro, erano espressamente indicate le norme
del fallimento che potevano essere applicate al concordato (art. 169) (2), sia ad estendere l’interpretazione dell’art. 167 al punto da rendere autorizzabile
lo scioglimento dei contratti, per la mancanza di
qualsiasi suffragio normativo che avrebbe attribuito
al debitore concordatario una facoltà di scelta più
ampia di quella data al curatore senza che questa
fosse citata nella norma; sicché era assolutamente
prevalente l’opinione che i contratti dovessero avere
regolare esecuzione nel concordato (3).
In realtà l’argomento forte a favore di questo indirizzo era costituito dal mancato richiamo nella disciplina del concordato preventivo delle disposizioni
di cui agli artt. 72 ss., ma questo si riversava anche
sulla possibile applicazione dell’art. 167, giacché
ammettere, in pendenza di procedura, un potere
autorizzativo del giudice allo scioglimento dei contratti in forza di detta norma, avrebbe consentito di
applicare indirettamente il sistema previsto dagli
artt. 72 ss. per il fallimento, attribuendo al debitore
concordatario quel potere di scelta del curatore tra
subentro e scioglimento del rapporto previsto dalla
normativa non richiamata. Non credo, invero, che
esistesse una incompatibilità tra le fattispecie contemplate dall’art. 167 e lo scioglimento dei contratti, dato che la norma citata, dopo una elencazione
non tassativa di alcune fattispecie per il cui compimento necessitava l’autorizzazione del giudice, richiedeva tale condizione di efficacia per tutti gli atti
di straordinaria amministrazione, nel cui ambito poteva, e può, essere compreso l’atto dello scioglimento da un contratto. La dichiarazione di volersi sciogliere da un contratto, che, comunque venga configurato, consiste nella definitiva estinzione di ogni
possibile futuro effetto dello stesso va, invero, considerato quale atto eccedente l’ordinaria amministrazione in quanto idoneo a modificare la struttura
economico-organizzativa dell’impresa, che è la definizione più aggiornata e specifica data dalla giurisprudenza di tale categoria di atti (4).
Ad ogni modo, l’autorizzazione del giudice ex art.
167 avrebbe avuto lo scopo di rendere opponibile
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Note:
(2) È rimasta isolata l’opinione di Provinciali, che aveva ritenuto
il mancato richiamo frutto di una difettosa lacuna (R. Provinciali,
Trattato di diritto fallimentare, Milano 1974, IV, 2268; Id., Effetto
del concordato preventivo sui rapporti giuridici pendenti e in tema di compensazione, in Dir. fall., II, 934) per cui poteva essere
applicata per analogia al concordato la normativa fallimentare su
una concezione unitaria delle funzioni, dei presupposti e degli
effetti di tutte le procedure contemplate dalla legge fallimentare, non smentita dal mancato espresso richiamo nell’art. 169.
(3) A. Jorio, I rapporti giuridici pendenti nel concordato preventivo, Padova, 1973; P.F. Censoni, Gli effetti del concordato preventivo sui rapporti giuridici preesistenti, Milano, 1988; A. Bonsignori e Altri, I contratti nelle procedure concorsuali, Milano,
1992, 361 ss.; G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano,
1997, 455 ss.; G. Rago, Il concordato preventivo dalla domanda
all’omologazione, Padova, 1998, 251 ss.; A. Dimundo e A. Patti,
I rapporti giuridici preesistenti nelle procedure concorsuali minori, Milano, 1999.
Dopo la riforma degli anni 2005-2007, ma prima di quella del
2012, G.U. Tedeschi, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 554 ss.; P.F. Censoni, Sub art. 168 in Il nuovo diritto
fallimentare, diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, II,
Bologna, 2007, 2422 ss.; A. Di Majo, Sub art. 167, in Codice
commentato del fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano,
2008, 1511; S. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi
di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2008, 100; G. Lo Cascio, Il
concordato preventivo, Milano, 2008, 566 ss.; M.M. Gaeta, Effetti del concordato preventivo, in Fallimento e altre procedure
concorsuali, diretto da G. Fauceglia e L. Panzani, III, Torino,
2009, 1658 s.; M. Vitiello, Gli effetti del concordato preventivo,
dell’esercizio provvisorio e dell’affitto dell’azienda del fallito sui
rapporti giuridici pendenti, in Procedure concorsuali e rapporti
pendenti, a cura di S. Sanzo, Bologna, 2009, 374; A. Nigro-D.
Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2009, 362;
A. Patti, La disciplina dei rapporti giuridici preesistenti nel nuovo
concordato preventivo, in questa Rivista, 2010, 261 ss.; F. S. Filocamo, Sub art. 167, in La legge fallimentare. Commentario
teorico pratico, a cura di M. Ferro, Padova, 2011,1906 ss.; G.B.
Nardecchia, Gli effetti del concordato preventivo sui creditori,
Milano, 2011, 138; M. Fabiani, La sorte del contratto preliminare
di compravendita nel concordato preventivo alla luce della Riforma, in questa Rivista, 2011, 765 ss. F. Fimmanò, Gli effetti del
concordato preventivo sui rapporti in corso di esecuzione, ivi,
2006, 1050 ss riteneva che la mancata esecuzione del contratto
pendente avrebbe potuto derivare, quale effetto naturale, dal
piano predisposto dall’imprenditore laddove tale piano avesse
previsto, nella sua varietà di formulazioni possibili, una proposta
in ragione della quale per la prosecuzione dell’attività di impresa
necessitasse la risoluzione (o comunque l’inadempimento) di taluni contratti che gravavano particolarmente sul suo sistema
economico finanziario sı̀ da non apportare adeguati benefici all’impresa e qu indi al patrimonio od in quanto addirittura lo danneggiavano.
In giurisprudenza, Cass., 18 maggio 2005, n. 10429, Foro it,
Rep. 2005, voce Concordato preventivo, n. 49; Cass. 10 marzo
1995, n. 2802, in questa Rivista, 1995, 1045; Cass. 29 settembre 1993, n. 9758, Foro it. Rep., 1993, voce cit., n. 55; ecc. fino
a Cass. 3 dicembre 1968, n. 3868, id., 1969, I, 1585.
(4) Cass. 5 dicembre 2011, n. 25952, in Giust. civ. mass., 2011,
12, 1727, per la quale «nell’attività di impresa, l’ordinaria amministrazione non si distingue dalla straordinaria amministrazione
per la natura conservativa dell’atto (criterio valido, invece, nell’amministrazione del patrimonio degli incapaci), in quanto l’esercizio imprenditoriale presuppone necessariamente il compimento di atti dispositivi, e non meramente conservativi, sicché
la distinzione va fondata, per contro, sulla relazione in cui l’atto
si pone con la gestione normale del tipo di impresa e con le relative dimensioni. Pertanto, sono atti di straordinaria amministrazione solo quelli che modificano la struttura economico-organizzativa dell’impresa».
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ai creditori anteriori lo scioglimento, ma non certo
di sterilizzarne gli effetti per le parti coinvolte da
quell’atto, per cui l’intervento del giudice non poteva certo servire ad eliminare gli effetti risarcitori
conseguenti alla volontà manifestata in pendenza
del concordato dal debitore concordatario di voler
recedere da un contratto o non voler più adempiere
alle obbligazioni dallo stesso derivanti, a differenza
di quanto previsto nel fallimento. Qui, infatti, lo
scioglimento del contratto non è considerato fonte
di danno risarcibile in favore del contraente in bonis
perché il mancato adempimento non è ricollegabile
alla volontà dell’obbligato fallito, che è privato dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni,
ma è riconducibile o direttamente alla legge o ad
una scelta che il legislatore ha attribuito al curatore, in considerazione del preminente interesse della
massa dei creditori rispetto a quello del contraente
in bonis (5). Al contrario, nel concordato, la dichiarazione di volersi sciogliere dal contratto equivaleva ad un recesso unilaterale, che, non essendo
previsto contrattualmente né legislativamente, dava
luogo al risarcimento del danno (art. 1373 c.c.)
qualificabile (cosı̀ come il risarcimento per l’inadempimento conseguente al semplice comportamento omissivo del debitore) quale credito prededucibile essendo sorto il diritto in occasione e in
funzione del concordato; di conseguenza il debitore
concordatario o trovava un accordo con il contraente in bonis per una risoluzione consensuale, oppure pagava in prededuzione il credito per risarcimento del danno da scioglimento e, secondo le modalità del piano, i crediti per prestazioni scindibili
inadempiute precedentemente alla domanda.
Nel momento in cui si è rivoluzionato il concordato preventivo che, almeno nelle sue potenzialità, si
presta ad essere, anzi si propone di diventare una
vera procedura di riorganizzazione aziendale con
possibilità di salvataggio del valore di impresa, attuando quello che è stato definito il passaggio da
un sistema statico imperniato sul soggetto imprenditore insolvente e sul suo patrimonio quale garanzia per i creditori ad un sistema dinamico incentrato sull’attività di impresa e sul ripristino del ciclo
produttivo e dei flussi finanziari necessari per attivarli (6), il legislatore non poteva più limitarsi ad
impedire l’esercizio delle azioni esecutive dei singoli
sul patrimonio destinato ai creditori, ma, al fine di
rendere possibile il perseguimento della conservazione dell’impresa nell’interesse comune dei creditori, doveva compiere l’ulteriore passo di agevolare
il finanziamento della stessa tutelando il realizzo del
credito attraverso la prededuzione, consentire il pa-
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gamento fuori concorso dei crediti pregressi dei fornitori di beni e servizi indispensabili per la salvaguardia dei valori organizzativi, disporre la inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nell’immediatezza della data della pubblicazione dell’istanza di concordato e la efficacia retroattiva del periodo sospetto ai fini della revocatoria, attribuire al debitore la
facoltà di modulare la sorte dei contratti sulle esigenze del debitore, e cosı̀ via.
Ciò ha fatto il recente legislatore del 2012, introducendo, quanto ai contratti pendenti, l’art. 169 bis
(integrato dall’art. 186 bis, terzo, quarto e quinto
comma per l’ipotesi di concordato con continuità),
per il quale il debitore può chiedere al tribunale
l’autorizzazione a sciogliersi dai contratti in corso di
esecuzione alla data della presentazione del ricorso
(ad eccezione di quelli elencati nell’ultimo comma)
o chiedere la sospensione dei contratti per non più
di sessanta giorni, prorogabili una sola volta, corrispondendo un indennizzo, equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento, da soddisfare non in prededuzione ma quale
credito anteriore al concordato; in tal modo è stato
consentito al debitore di sgravarsi dai contratti che
ostacolano il processo di riorganizzazione e di concorsualizzare il diritto di credito che al contraente
in bonis deve essere riconosciuto in virtù del venir
meno del vincolo negoziale (7).
Sono rimaste nette, come si vede, le differenze rispetto alla disciplina fallimentare, dovute sempre al
fatto che il debitore conserva, nel concordato preventivo, l’amministrazione dei beni e dell’impresa;
ed, invero, mentre nel fallimento la regola generale
è che alla pronuncia di insolvenza segua uno stato
di quiescenza, equivalente ad una sospensione, in
cui vengono a trovarsi i contratti in corso di esecuzione per dar modo all’amministrazione fallimentare
di valutare, con la necessaria cognizione di causa,
la convenienza per la massa di subentrare o di scioNote:
(5) Principio pacifico che, in passato, si desumeva da alcune
previsioni normative (quarto e quinto comma dell’art. 72) e dalla
considerazione che lo scioglimento del contratto che consegue
al fallimento di una delle parti, automaticamente o per scelta del
curatore, non costituiva, di per sé, un fatto illecito che potesse
essere considerato causa di risarcimento del danno; oggi ogni
eventuale dubbio è stato definitivamente fugato dalla espressa
previsione in tal senso contenuta nel quarto comma dell’art. 72,
che ha valenza di norma generale regolante ii contratti pendenti.
(6) Parole di G. Terranova, Il concordato con continuità aziendale
e i costi dell’intermediazione giuridica, in Dir. fall. 2013, I, 4.
(7) M. Fabiani, Per una lettura ricostruttiva della disciplina dei
contratti pendenti nel concordato preventivo, in ilcaso.it, 11 marzo 2013, 4.
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gliersi dal contratto, nel concordato la sospensione
deve essere espressamente richiesta dal debitore
(cosı̀ come lo scioglimento), altrimenti i contratti
continuano, come accade anche nel fallimento
quando alla dichiarazione dello stesso segua la contestuale- o comunque immediata- apertura dell’esercizio provvisorio, ove la continuazione dell’attività
economica comporta di regola la continuazione dei
rapporti in corso di esecuzione (art. 104 l.fall.) (8)
o nell’amministrazione straordinaria delle grandi
imprese (art. 50, D.Lgs n. 270 del 1999) (9). Altro
dato non indifferente è che, nel mentre nel fallimento la sospensione e lo scioglimento non determinano alcuna forma di risarcimento del danno,
nel concordato sia l’una che l’altra scelta comportano l’obbligo del pagamento di ‘‘un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al
mancato adempimento’’, seppur da considerare quale credito anteriore al concordato. A ben vedere,
allora, la compromissione del contraente in bonis
nel concordato non riguarda tanto le conseguenze
della sospensione né quelle dello scioglimento, essendo queste compensate (seppur in via più teorica
che pratica, per quanto si dirà) da un indennizzo,
quanto la condizione di soggezione alla scelte della
controparte, che il contraente in bonis deve subire
anche quando avrebbe un interesse contrario (10).
La materia dello scioglimento e sospensione dei
contratti è molto ampia e investe aspetti poliedrici,
che non possono, per motivi di spazio, essere tutti
esaminati, per cui concentrerò le riflessioni che seguono su due temi, che tra loro di intersecano: il
momento in cui la richiesta di scioglimento o di sospensione può essere formulata e la possibilità di utilizzare questi strumenti nel concordato con riserva.
Prima di affrontare questi temi è doveroso ricordare
che l’art. 169 bis, sebbene non utilizzi la precisa formula di cui all’art. 72, che parla dei contratti ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti, non può che coprire la stessa area;
non può, cioè, che riguardare quei rapporti giuridici
contrattuali la cui funzione economico sociale non
si è ancora realizzata perché le prestazioni principali
e qualificanti la fattispecie negoziale (e non quelle
accessorie e marginali) dedotte nelle obbligazioni
contrattuali non hanno, al momento della pubblicazione della domanda di concordato, ricevuto
compiuta esecuzione da parte di entrambi i contraenti. E ciò per la semplice ragione che nei rapporti in cui il fallito come il debitore concordatario
da un lato o il contraente in bonis, dall’altro, abbiano, alla data della dichiarazione di fallimento o di
pubblicazione della domanda di concordato, già in-
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tegralmente adempiuto la prestazione a proprio carico, rimane un credito del fallito o del concordatario che potrà essere esatto o un credito del contraente in bonis che questi potrà insinuare al passivo
o potrà chiedere che sia incluso tra i crediti da soddisfare nel concordato (11).
Egualmente mi pare irrilevante la mancata riproduzione nell’art. 169 bis della dizione dell’ultima parte
dell’art. 72, lı̀ dove esclude la facoltà di scelta del
curatore nei contratti ad effetti reali ove sia già avvenuto il trasferimento del diritto, in quanto questa
norma detta un criterio da ritenere implicito nel sistema. Invero, con l’avvenuto trasferimento della
proprietà o di altro diritto reale alla controparte il
contratto ad effetti reali non è più un rapporto non
eseguito o non completamente eseguito da entrambe le parti; ossia cessa di essere un rapporto pendente in quanto il contratto è stato già eseguito da una
delle parti. Ovviamente tanto vale se la cessione ha
avuto ad oggetto un bene mobile determinato, perché in tal caso l’effetto traslativo è immediato con
conseguente inapplicabilità della normativa sui contratti pendenti e nascita, da un lato, del diritto del
compratore di ottenere la consegna del bene ancora
nella disponibilità della controparte e dall’altro, del
diritto dell’imprenditore in concordato di ottenere
il pagamento del prezzo. Se la vendita ha avuto ad
Note:
(8) Il comma settimo di tale norma dispone che «durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli».
(9) Tale norma regola la sorte dei contratti pendenti nella procedura di amministrazione straordinaria, disponendo che «Salvo
quanto previsto dal comma 4, il commissario straordinario può
sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe
le parti alla data di apertura dell’amministrazione straordinaria.
Fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto continua ad avere esecuzione. Dopo che e’ stata autorizzata l’esecuzione del programma, l’altro contraente può intimare
per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione
dell’intimazione, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano ...».
(10) E non potrebbe essere diversamente perché, nell’ottica di
favorire soluzioni concordate della crisi, non è compatibile con
la conservazione della garanzia costituita dal patrimonio del debitore costringere il debitore concordatario a subire le iniziative
dell’altro contraente, dettate dal proprio esclusivo interesse; ed
è questa diversa finalità operativa in cui si trovano il singolo contraente e il debitore concordatario che esclude un possibile contrasto con l’art. 3 Cost. delle norme che attribuiscono al solo debitore concordatario, e non anche alla controparte, la facoltà di
scegliere tra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto.
(11) Nella stessa situazione si vengono a trovare i contratti unilaterali (o bilaterali imperfetti) in quanto questi, quanto ad effetti
del fallimento, sono assimilabili ai contratti bilaterali integralmente eseguiti da una delle parti.
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oggetto un bene immobile l’effetto traslativo immediato discendente dal consenso va contemperato
con le norme che regolano la pubblicità in generale
e nei confronti della massa, di modo che - poiché
l’art. 169 richiama, tra le norme applicabili al concordato, anche l’art. 45 - ove il contratto non sia
stato trascritto prima della pubblicazione della domanda di concordato del venditore, questi potrà
considerare il bene come ancora facente parte del
suo patrimonio, con conseguente inapplicabilità
della disciplina sui contratti pendenti (12). In sostanza, la disciplina contenuta nell’art. 169 bis presuppone che le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi siano state compiute prima
della pubblicità della domanda di concordato, posto
che, in mancanza delle stesse, quegli atti sono senza
effetto rispetto ai creditori, per cui non si pone la
necessità di regolamentare i rapporti discendenti.
2. La richiesta di scioglimento.
Momento della formulazione
«Il debitore nel ricorso di cui all’art. 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi
dai contratti in corso di esecuzione alla data della
presentazione del ricorso».
Questo è il testo della prima parte del primo comma dell’art. 169 bis, la cui formulazione è stata ritenuta «ambigua, non essendo chiaro se la relativa
istanza di autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento del contratto in corso debba essere necessariamente proposta dal debitore nel contesto del
ricorso introduttivo o se possa essere proposta anche successivamente o al tribunale (prima della decisione sull’ammissione al concordato) o al giudice
delegato, come lascerebbe intendere il riferimento a
quest’ultimo, che, come si sa, viene nominato appunto con il decreto di ammissione» (13).
Per la verità il precetto normativo richiamato a me
sembra niente affatto ambiguo, ma, al contrario,
quanto mai chiaro nella sua formulazione testuale,
secondo la quale la richiesta di scioglimento deve
essere contenuta nel ricorso introduttivo, per cui
non può essere presentata successivamente al giudice delegato, che è indicato nella norma non come
l’organo al quale può essere rivolta la richiesta, bensı̀ quale l’organo che può dare l’autorizzazione una
volta nominato, qualora non abbia già provveduto
il tribunale al momento della decisione sul ricorso.
La norma richiamata dice, infatti, non che il debitore può chiedere al tribunale o, dopo il decreto di
ammissione, al giudice delegato l’autorizzazione a
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sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione, ma
che il debitore «può chiedere che il Tribunale o,
dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo
autorizzi a sciogliersi» da tali contratti, precisando,
altresı̀, che tale richiesta deve essere contenuta «nel
ricorso di cui all’art. 161». Alternativa che si spiega
agevolmente con la possibilità che il tribunale, al
momento dell’esame dell’ammissione del concordato, non sia in condizione di provvedere anche sulla
sorte dei contratti e allo scopo chieda, ad esempio,
ulteriori informazioni o ritenga di sentire la controparte contrattuale, e cosı̀ via. In questi casi, se non
fosse stato previsto l’intervento successivo del giudice delegato (che, come si è detto, non poteva intervenire sulla sorte dei contratti a norma dell’art.
167) (14), il tribunale sarebbe stato costretto a rinviare anche la decisione sull’ammissione del concordato, sebbene ne ricorressero i presupposti, ovvero a
decidere anche sui contratti senza avere a disposizione sufficienti elementi di giudizio; per evitare queste
inique conseguenze il legislatore ha preferito non
bloccare l’apertura della procedura e rinviare ad un
momento successivo la decisione sulla sorte dei contratti, comunque richiesta nel ricorso.
Ben diversa è la terminologia adottata dal legislatore fallimentare nei casi in cui i contratti continuino
di diritto dopo la dichiarazione di fallimento, ma si
attribuisce al curatore la facoltà di recesso. Basti
pensare al terzo comma dell’art. 80 che, in caso di
Note:
(12) Identiche considerazioni possono farsi nel caso di cessione
di crediti ove l’effetto traslativo va contemperato con la norma
dell’art. 1265 c.c., con quelle dettate per la cessione dei crediti
di impresa (art. 5, L. n. 52/1991) o con quella dell’art. 58 del
TUB per i crediti bancari.
(13) F.P. Censoni, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in ilcaso.it, 11 marzo
2013, 17; il quale poi conclude nel senso che «appare preferibile
ritenere che l’istanza possa essere proposta anche successivamente al ricorso introduttivo, soprattutto se si parte dal presupposto che il debitore debba prima fare (sia pur sommaria) disclosure delle proprie intenzioni sulla proposta concordataria». Anche G.B. Nardecchia, Sub art. 169-bis, in Codice commentato
del fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2013, 2002, ritiene che il riferimento al giudice delegato quale legittimato, in alternativa al tribunale, all’emissione dell’autorizzazione, fa ritenere che tale facoltà (quella di richiedere la sospensione o lo scioglimento del contratto) possa essere esercitata anche dopo
l’ammissione. Possibilista A. Patti, Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scioglimento, in
questa Rivista, 2013, 268-269, che ammette «una modulazione
temporale, per esigenze di tempistica di piano, in un momento
successivo all’apertura della procedura, cosı̀ giustificando il riferimento all’autorizzazione del giudice delegato».
(14) Non a caso nell’art. 182 quinquies non si parla del giudice
delegato giacché è previsto che l’autorizzazione sia ai finanziamenti che al pagamento dei creditori strategici va rivolta esclusivamente al tribunale.
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fallimento del conduttore, dispone testualmente
che «il curatore può in qualunque tempo recedere
dal contratto, corrispondendo al locatore un equo
indennizzo per l’anticipato recesso...», oppure al secondo comma della stessa norma che, in caso di fallimento del locatore, prevede che «qualora la durata del contratto sia complessivamente superiore a
quattro anni dalla dichiarazione di fallimento, il curatore ha, entro un anno dalla dichiarazione di fallimento, la facoltà di recedere dal contratto corrispondendo al conduttore un equo indennizzo per
l’anticipato recesso...», o, anche all’art. 79 che attribuisce ad entrambe le parti la possibilità di recedere dal contratto di affitto di azienda «entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un
equo indennizzo...»; ed, ancora, al settimo comma
dell’art. 104 che, nello stabilire che i contratti continuano in pendenza di esercizio provvisorio, fa salva la facoltà del curatore di «sospenderne l’esecuzione o di scioglierli», senza porre un limite di tempo, parimenti a quanto previsto dall’art. 50 del
D.Lgs n. 270 del 1999, che, nell’attribuire al commissario dell’amministrazione straordinaria la facoltà di sciogliersi dai contratti, anche ad esecuzione
continuata o periodica, ancora ineseguiti o non interamente eseguiti da entrambe le parti alla data di
apertura dell’amministrazione straordinaria, chiarisce, al secondo comma, che «fino a quando la facoltà di scioglimento non è esercitata, il contratto
continua ad avere esecuzione»; da cui si deduce
che, ferma restando la continuazione della produzione degli effetti dei contratti pendenti, il commissario in qualunque momento della procedura può
optare per lo scioglimento.
Soltanto nel primo comma dell’art. 169 bis è disposto che il debitore possa chiedere lo scioglimento
nel ricorso introduttivo, ed allora sorge spontanea
la domanda: perché mai il legislatore del 2012, che
disponeva di questi precedenti, non ha utilizzato
formule similari ove avesse avuto l’intenzione di
concedere al debitore la possibilità di sciogliersi in
qualsiasi momento della procedura, visto che si
tratta di casi in cui i contratti presi in considerazione continuano a produrre i loro effetti? Evidentemente l’intento del legislatore non era questo!
E la riprova è data dal fatto che nell’art. 169 bis
manca anche un termine entro cui, nel corso della
procedura, il debitore dovrebbe esercitare il diritto
di scelta circa la sorte dei contratti, né è data al
contraente in bonis la possibilità di metterlo in mora; come, invece, stabilito nell’amministrazione
straordinaria, ove è data sı̀ al commissario la facoltà
di sciogliersi in qualsiasi momento, ma il terzo com-
1126
ma dell’art. 50 contestualmente stabilisce che l’altro contraente «può intimare per iscritto al commissario straordinario di far conoscere le proprie determinazioni nel termine di trenta giorni dalla ricezione dell’intimazione, decorso il quale il contratto
si intende sciolto». Ed anche nel fallimento, ove
vige la regola generale che i contratti entrano in
una fase di quiescenza per lasciare al curatore/terzo
la libertà scegliere la soluzione più confacente agli
interessi della massa, per evitare questo stato di incertezza è stata attribuita al contraente in bonis la
facoltà di mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni entro cui effettuare la scelta,
decorso il quale il contratto si intende sciolto (15).
Il silenzio su questi temi nell’art. 169 bis si può spiegare soltanto con il fatto che il legislatore ha già fissato nel ricorso introduttivo il termine per indicare
i contratti da cui il debitore intende sciogliersi. Diversamente - se, cioè, fosse possibile sciogliersi anche dai contratti non indicati nel ricorso - si lascerebbe al debitore la massima discrezionalità di utilizzare i vantaggi dei vari contratti fino al momento
che ritiene opportuno, per poi sciogliersi quando
ha esaurito le utilità di ciascuno di essi pagando un
indennizzo come debito concorsuale, senza che il
contraente in bonis, nel frattempo già privato degli
strumenti di autotutela di cui agli artt. 1460 e 1461
c.c. nonostante le mutate condizioni della controparte, possa in qualche modo almeno imporre, o far
imporre, alla controparte in concordato un termine
entro cui far conoscere la sua scelta.
L’anticipazione della richiesta al momento della
presentazione del ricorso con l’elencazione in esso
dei contratti da sciogliere, oltre ad essere sostenuta
dal dato letterale, trova ulteriore conferma nella finalità seguita dal legislatore di attribuire natura
concorsuale all’indennizzo conseguente allo scioglimento (o alla sospensione); solo la volontà di non
adempiere manifestata nel ricorso realizza, infatti,
un recesso che si può far risalire ad un momento
Nota:
(15) Anche in alcune delle norme fallimentari sopra richiamate
sono fissati dei termini per l’esercizio del recesso, nel mentre
un termine espresso non è posto nell’art. 104, né è prevista alcuna iniziativa in favore del contraente in bonis, ma in tal caso il
termine è segnato dalla stessa durata dell’esercizio che, peraltro, apre una fase costantemente monitorata dagli organi fallimentari; egualmente manca un termine per il recesso nell’art.
80 nel caso di fallimento del conduttore perché qui prevalgono
le esigenze di gestione dei beni della procedura, che il curatore
terzo terrà presente nell’esercitare il recesso e, comunque, il
contraente in bonis è compensato dalla natura prededucibile
dell’indennizzo dovuto.
Il Fallimento 9/2013
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Concordato preventivo e accordi
anteriore all’apertura del concordato, tale da generare un credito risarcitorio da soddisfare come concorsuale e non in prededuzione.
Vi è chi ha letto la concorsualizzazione del credito
risarcitorio come uno strappo ai principi generali
perché, dipendendo il recesso unilaterale dall’autorizzazione del tribunale (o, dopo il decreto di ammissione, del giudice delegato), dall’inadempimento
dovrebbero derivare obblighi risarcitori del debitore
in concordato cui specularmente dovrebbero corrispondere diritti di credito di rango prededucibile (16). Se, però, si considera che il concetto di
autorizzazione implica un controllo al fine di rimuovere un limite all’esercizio di un diritto o di un potere già attribuito dalla legge ad un soggetto, se ne
deve anche dedurre che il momento genetico cui
ricollegare lo scioglimento del contratto è quello in
cui viene manifestata la relativa volontà da parte
del debitore (17), rispetto alla quale l’autorizzazione
si pone come una ratifica che rimuovere, con effetti
ex tunc (a decorrere dalla domanda), un ostacolo
giuridico alla piena efficacia dell’atto; sicché la concorsualizzazione dell’indennizzo non si pone come
una deroga ai principi generali, ma ne costituisce
una applicazione giacché si ricollega ad un comportamento anteriore all’ingresso alla procedura.
La natura concorsuale dell’indennizzo comporta che
tale credito, come tutti quelli concorsuali, debba essere incluso nell’elenco da allegare al ricorso introduttivo a norma della lett. b), comma secondo, art.
161 (elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione)
e contemplato nel piano tra i crediti chirografari da
soddisfare (18), eventualmente allocato in una apposita classe, da cui discende che l’entità dello stesso
sia determinata dal debitore fin dal momento della
presentazione del ricorso, con esclusione di qualsiasi
intervento del giudice, sia esso il tribunale o il giudice delegato (19). A questi, infatti, è dato soltanto il
potere di concedere o non l’autorizzazione allo scioglimento, ma nessun suo intervento è richiesto per
la determinazione dell’indennizzo, a differenza di
quanto stabilito dagli artt. 79 e 80 per i contratti di
affitto di azienda e di locazione di immobili, che, come già visto, continuano nonostante il fallimento di
una delle parti, ma è concessa (ad entrambe o solo)
al curatore, in presenza di determinate condizioni, la
facoltà del recesso «corrispondendo alla controparte
un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è
determinato dal giudice delegato». Ciò perché, in
questi casi, tale indennizzo ha collocazione prededucibile, nel mentre nel concordato il pari credito in
favore del contraente in bonis ha natura concorsuale,
Il Fallimento 9/2013
per cui va incluso nella documentazione da allegare
al ricorso, nella misura che il debitore stesso ha determinato, cosı̀ come accade per tutti gli altri crediti
concorsuali, andando incontro, come per questi, alle
eventuali contestazioni sulla entità, che vanno risolte dal giudice delegato in via provvisoria all’assemblea dei creditori ai soli fini della votazione e del
calcolo delle maggioranze (art. 176, comma primo)
e, persistendo la divergenza, dal tribunale ordinario,
mancando nel concordato un procedimento per l’accertamento dei crediti oppure dagli arbitri, se nel
contratto è contenuta una clausola compromissoria
che, a norma del terzo comma dell’art. 169 bis, sopravvive allo scioglimento del contratto (20).
Orbene, in un concordato pieno, l’elenco dei creditori, il piano e il programma vanno presentati contestualmente al ricorso, e l’ipotesi presa in considerazione dall’art. 169 bis è certamente quella del
concordato pieno perché solo in questo caso ricorre
l’alternativa che a decidere possa essere il tribunale
al momento dell’ammissione o, successivamente, il
giudice delegato che viene nominato non al momento della concessione del termine di cui al comma sesto dell’art. 161, ma con il decreto di apertura
della procedura di concordato.
Né si può spostare il momento della indicazione del
credito per indennizzo all’inizio delle operazioni di
voto per la possibilità data dal secondo comma dell’art. 175 al debitore di modificare fino a quel momento la proposta (21), perché, anche ammesso
Note:
(16) M. Vitiello, Scioglimento e sospensione dei contratti pendenti nel concordato con riserva, in Ilfallimentarista, 13 maggio
2013, 2.
(17) M. Fabiani, op. e loc. ult. cit.
(18) Il credito in questione è costituito dall’indennizzo per risarcimento del danno, per cui non gode di alcun privilegio (estraneo
alla fattispecie è il privilegio di cui all’art. 2768 c.c. per danni da
reato) anche se la causa delle prestazioni contenute in contratto
poteva giustificare l’attribuzione di un privilegio ove quella prestazione fosse rimasta impagata.
(19) A. Patti, Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scioglimento, in questa Rivista, 2013, 268;
F. Lamanna, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in Il Fallimentarista, 26 novembre 2012, 9.
(20) Il terzo comma dell’art. 169 bis, nel dettare la norma citata,
offre, al contempo, una ulteriore conferma della estraneità del
giudice fallimentare alla determinazione dell’indennizzo perché,
se sono gli arbitri a decidere sull’entità dello stesso ove nel contratto sia contenuta una clausola compromissoria, in mancanza di
una clausola del genere è il giudice ordinario a provvedere; il che
presuppone che sia la parte interessata a dover indicare il credito
del contraente in bonis nel piano con intervento del giudice ordinario o degli arbitri ove permanga una controversia sul punto.
(21) In tal senso sembra A. Patti, op.ult. cit., 269.
1127
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Concordato preventivo e accordi
che l’introduzione di un nuovo credito in precedenza non considerato possa essere configurata come
una modifica (22), si dà per scontato che il credito
da indennizzo possa essere prospettato al di fuori
del ricorso. L’art. 175, comma secondo, ha soltanto
riconosciuto il principio di modificabilità della proposta concordataria, fissandone il limite temporale
nell’inizio delle operazioni di voto, ma tutt’altro
problema è vedere quali modifiche possono essere
prospettate entro quel termine, che è problema che
sta a monte, per cui bisogna prima stabilire se la
legge consente che il credito da indennizzo possa
essere per la prima volta introdotto in corso di procedura e non sia, invece, da indicare necessariamente nel ricorso, salvo poi eventuali modifiche
(che potrebbero incidere sul quantum o sulle modalità di pagamento). Bisognerebbe, inoltre, spiegare
come mai il credito da indennizzo, introdotto per la
prima volta in corso di causa sotto la veste di modifica della proposta, non goda della prededuzione; il
che porta ad escludere anche che lo scioglimento
di cui all’art. 169 bis possa essere inquadrato tra gli
atti autorizzabili ai sensi dell’art. 167.
Analogo capovolgimento si ha quando, per sostenere la richiesta di scioglimento può essere fatta anche successivamente alla presentazione del ricorso,
si utilizza l’argomento che, se cosı̀ non fosse, lo
scioglimento non potrebbe operare nei concordati
con riserva perché difficilmente la domanda di scioglimento potrebbe essere contenuta nella originaria
domanda in assenza di una proposta e di un piano (23); in tal modo, infatti, si dà per scontato che
la norma sullo scioglimento dei contratti sia utilizzabile anche nel concordato con riserva, nel mentre
questo presupposto è tutto da dimostrare e, come si
vedrà, anche la formulazione della norma nei termini indicati contribuisce a dissuadere dall’accoglimento di una soluzione positiva.
Non vi è dubbio che l’esigenza dello scioglimento
da un contratto possa manifestarsi in pendenza del
concordato, ma bisogna prendere atto che il legislatore non ha preso in considerazione questa situazione lasciando che il contratto continui, cosı̀ come
accadeva in passato ed anche oggi per i contratti da
cui l’imprenditore concordatario non ha chiesto lo
scioglimento; per i motivi accennati ha posto un limite all’esercizio di tale facoltà, coincidente con
quello della presentazione della proposta e del piano, alla cui elaborazione la decisone sulla sorte dei
contratti è funzionale. E non poteva il legislatore
comportarsi diversamente perché il mancato riconoscimento di qualsiasi indennizzo avrebbe eccessivamente penalizzato il contraente in bonis, che si
1128
sarebbe visto posto nel nulla il contratto dalla opzione della controparte (e non del curatore, come
nel fallimento) senza alcuna contropartita, nel
mentre il riconoscimento della prededuzione avrebbe sostanzialmente vanificato gli effetti benefici
dello scioglimento; il giusto equilibrio è dato dal
contemperamento degli interessi delle controparti,
che si sostanzia nel prevedere un indennizzo, ma
con pagamento non prededucibile, che sono esattamente le conseguenze che deriverebbero dal recesso
che la parte interessata avesse manifestato prima di
presentare il ricorso per concordato e che spiegano
sufficientemente perché era necessario anticipare il
recesso alla fase dell’apertura della procedura. In
questo modo si favorisce il debitore nell’organizzazione della soluzione della crisi della sua impresa
eliminando i contratti più gravosi e dannosi, si salvaguardano le aspettative del contraente in bonis in
quanto gli si consente il recupero, seppur in via
concordataria, di un indennizzo per risarcirlo del
mancato adempimento (non previsto nel fallimento) (24) e si avvantaggiano tutti gli altri creditori, i
quali, dalla eliminazione di un contratto dannoso,
non subiscono le conseguenze di un inadempimento da soddisfare in via prededucibile.
Ed è sintomatico che lo stesso regime sia richiamato anche per i concordati con continuità aziendale,
nei quali, più che in altri tipi di concordati, la necessità di modificare i rapporti in corso potrebbe essere determinata dall’andamento dell’impresa; eppure, anche in tal caso, il terzo comma dell’art. 186
bis, nel riaffermare la regola generale della continuazione dei contratti - che, appunto, non «si risolNote:
(22) Da intendere con riferimento alla massa dei creditori, qualora, in conseguenza della presenza d el nuovo credito, siano modificate le proposte iniziali di soddisfacimento.
(23) Cosı̀, G.B. Nardecchia, op. e loc. ult. cit.
(24) Per la verità questa tutela sarebbe effettiva se il credito da
indennizzo non fosse, una volta quantificato, soggetto a riduzione, come tutti gli altri crediti concorsuali chirografari, tra l’altro
classabili, che è conseguenza inevitabile della natura concorsuale attribuita al credito in questione. Questa condizione comporta, infatti, che il debitore, una volta stabilità l’entità dell’indennizzo possa poi proporre la soddisfazione del creditore per la quota
che ritiene di offrire ai chirografari o addirittura meno, includendolo in una apposita classe diversificata dagli altri chirografari, ai
quale offre un livello superiore di soddisfazione, per cui l’indennizzo finisce per essere una presa in giro per il contraente in bonis, che, contro la sua volontà, si vede posto nel nulla un contratto, si vede quantificato un credito a titolo di risarcimento
danni da scioglimento (contro cui, come detto, può in qualche
modo reagire) e poi si vede offerta una percentuale minima di
questo credito, seppur l’attivo, diversamente distribuito, avrebbe consentito una soddisfazione maggiore di quella offerta (contro cui ha l’unica arma del voto negativo).
Il Fallimento 9/2013
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Concordato preventivo e accordi
vono per effetto dell’apertura della procedura» - fa
espressamente salvo quanto previsto nell’art. 169
bis. A ben vedere la norma è superflua perché riproduce esattamente la situazione prevista dall’art.
1169 bis, e si spiega solo per la presenza della disposizione successiva che sancisce la inefficacia dei patti contrari, sicché la norma è come se dicesse che
anche nei contratti con continuità i contratti continuano, seppur vi sia una clausola contraria, salva
la facoltà di scioglimento nei limiti e con le conseguenze di cui all’art. 169 bis. Il legislatore, se avesse
voluto affermare (o riaffermare) la facoltà del debitore ammesso ad un concordato con continuità di
sciogliersi dal contratto in qualsiasi momento, non
avrebbe fatto salvo quanto previsto nell’art. 169 bis,
ı̀vi compreso quindi il riferimento al ricorso introduttivo, ma avrebbe fatta salva la facoltà di scioglimento o usato, comunque, altra formula.
Ancor più indicativo è il prosieguo del terzo comma dell’art. 186 bis, lı̀ dove stabilisce che l’ammissione al concordato preventivo non impedisce la
continuazione di contratti pubblici «se il professionista designato dal debitore di cui all’art. 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento». Da come è formulata la
norma, che pone l’attestazione del professionista
come condizione per la continuazione dei contratti
pubblici, si capisce che questa attestazione deve essere contestuale alla presentazione della domanda comprensiva di ricorso, proposta e piano -, altrimenti i contratti appartenenti a questa tipologia (a
differenza degli altri, non pubblici) si sciolgono; e
non è immaginabile che, dopo una attestazione di
conformità al piano della continuazione dei contratti pubblici e di ragionevole possibilità di adempimento degli stessi, che ha consentito la continuazione del rapporto, poi la parte assoggettata al concordato possa cambiare idea e chiedere di essere
autorizzata a sciogliersi (25).
Peraltro, se si considera che l’imprenditore, per accedere al concordato con continuità, deve anche
redigere un piano che comprenda un budget per indicare costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività di impresa, che indichi le risorse finanziarie
necessarie per la prosecuzione di tale attività, nonché le modalità di reperimento delle risorse per coprire eventuali disavanzi e deve allegare la relazione
di un professionista che attesti che la prosecuzione
dell’attività d’impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei
creditori, appare evidente come il legislatore abbia
spostato proprio alla fase iniziale della presentazione
del ricorso, della proposta e del piano ogni valuta-
Il Fallimento 9/2013
zioni sugli sviluppi futuri connessi all’esercizio dell’attività nell’ottica della migliore soddisfazione dei
creditori, sicché sarebbe dissonante rinviare la scelta sulla sorte dei contratti ad un momento successivo in corso di esecuzione.
3. Lo scioglimento nel concordato
con riserva
L’applicabilità della norma di cui all’art. 169 bis alla
fattispecie del concordato con riserva è uno dei temi che finora ha visto maggiormente impegnata la
giurisprudenza di merito, che, tranne qualche eccezione, si è dichiarata favorevole allo scioglimento
dei contratti anche in questa fase, purché il tribunale sia messo in condizione di conoscere le ragioni
a fondamento della richiesta di autorizzazione allo
scioglimento dal contratto pendente (26), salvo poi
a valutare, caso per caso il grado di disclosure richiesto (27).
Questa risposta è poco appagante per la sua ovvietà; rientra, infatti, nel meccanismo del concordato
con riserva consentire al debitore, da un lato, di
non esporre fin dall’inizio il contenuto della proposta e del piano che intende presentare, ma, dall’alNote:
(25) Tanto più che della continuazione dei contratti può ‘‘beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d’azienda o di rami d’azienda cui i contratti
siano trasferiti’’ (ult. parte terzo comma art. 186 bis); precisazione che fa capire come il cessionario o il conferitario possa avvantaggiarsi della continuazione dei contratti pubblici proprio
perché, prima della cessione o del conferimento, vi è stata quella attestazione di cui parla la norma che ha consentito la prosecuzione dei contratti.
(26) Trib. Mantova 27 settembre 2012, in ilcaso.it; Trib. La Spezia 24 ottobre 2012, in questa Rivista, 2013, 77; Trib. Como 5
novembre 2012; Trib. Biella 13 novembre 2012; Trib. Modena
30 novembre 2012; Trib. Ravenna 24 dicembre 2012, tutte in ilcaso.it; Trib. Monza 16 gennaio 2013 e Trib. Catanzaro 23 gennaio 2013, in IlFallimentarista.it, con nota di C. Cavallini, «Spigolature» e dubbi in tema di (pre)concordato, continuità aziendale
e sospensione/scioglimento dei contratti pendenti; Trib. Roma
20 febbraio 2013, in IlFallimentarista.it, con nota di M. Vitiello,
Scioglimento e sospensione dei contratti pendenti nel concordato con riserva. Contra, Trib. Verona 31 ottobre 2012, in ilcaso.it;
Trib. Pistoia 30 ottobre 2012, in questa Rivista, 2013, 74, che
però ammette lo la sospensione.
(27) E, infatti, per il Trib. Roma 20 febbraio 2013, cit., «è indispensabile che il debitore che ha formulato domanda di concordato ai sensi dell’art. 161, comma 6 l. fall. prospetti al tribunale i
contenuti di proposta e piano accompagnati da una prima relazione del professionista che sia funzionale ad attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità di quanto prospettato»; per il
Trib. Monza 16 gennaio 2013, cit. l’autorizzazione allo scioglimento «è impossibile in assenza di elementi di giudizio quali la
tipologia di concordato che il debitore intende proporre, l’esposizione della situazione economica aggiornata, l’incidenza della
prosecuzione dei contratti sul passivo concordatario»; per il Trib.
Mantova 22 settembre 2012, cit, è, invece, sufficiente che venga «delineato il tipo di concordato che sarà proposto».
1129
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Concordato preventivo e accordi
tro, obbligarlo, quando vuole utilizzare le potenzialità del nuovo concordato (compimento di operazioni di straordinaria amministrazione, assunzione
di finanziamenti prededucibili, pagamenti di debiti
pregressi nel caso di continuità imprenditoriale,
scioglimento dai contratti in corso, etc.), ad una
scoperta dei suoi piani, fornendo gli elementi necessari a mettere il tribunale in condizione di capire
la natura e la portata dell’operazione da autorizzare,
essendo inconcepibile che l’organo giudiziario possa
concedere un’autorizzazione - tanto più ove produttiva di effetti definitivi che investono anche altri
soggetti vincolati, come nel caso si discuta della
sorte di un contratto - al buio o, comunque, sulla
base di informazioni sommarie e incontrollabili.
Questa conclusione richiede, però che, a monte, si
accerti se quelle operazioni al cui compimento si
chiede l’autorizzazione siano compatibili con lo
strumento processuale nel quale si innestano.
Orbene, il punto di partenza di tale indagine è la
constatazione che: (i) il settimo comma dell’art. 161
espressamente dispone che dopo il deposito del ricorso per preconcordato il debitore «può compiere
gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale»; (ii) il primo e il
quarto comma dell’art. 182 quinquies consentono al
debitore «che presenta, anche ai sensi dell’articolo
161 sesto comma, una domanda di ammissione al
concordato preventivo» di chiedere al tribunale di
essere autorizzato a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell’art. 111, e di pagare (ove sia
presente la continuità) i crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi essenziali per la prosecuzione
della attività di impresa e funzionali ad assicurare la
migliore soddisfazione dei creditori; (iii) l’art. 182 sexies rende inapplicabile la disciplina societaria posta
a tutela della conservazione del capitale sociale ‘‘dalla data del deposito della domanda per l’ammissione
al concordato preventivo, anche a norma dell’articolo 161, sesto comma; (iv) l’art. 161 non contiene
alcun accenno allo scioglimento o sospensione dei
contratti, né nell’art. 169 bis, che tratta di tale argomento, vi è alcun riferimento al sesto comma dell’art. 161 o, comunque, ai concordati con riserva.
È il silenzio di queste ultime disposizioni che fa nascere tanti dubbi perché, se nei casi elencati è sancita normativamente l’estensione delle relative norme, quanto meno in astratto, al preconcordato - e,
quindi, si potrà discutere soltanto del livello delle
informazioni che il debitore deve fornire per ottenere l’autorizzazione -, nel caso in esame, mancando
questo suffragio normativo, bisogna cercare di capire
il significato del silenzio del legislatore. Silenzio che
1130
non è ovviato dal fatto che l’art. 169 bis consente al
debitore di chiedere di essere autorizzato alla scioglimento o alla sospensione con il «ricorso di cui all’art. 161», in cui astrattamente rientra anche la fattispecie di cui al sesto comma dello stesso articolo
posto che anche il concordato con riserva si presenta con ricorso. In realtà non è cosı̀ perché, come si
è detto, la prima parte del primo comma dell’art.
169 bis prende in considerazione esclusivamente la
fattispecie del concordato pieno dal momento che
solo in questo ricorre l’alternativa che a decidere
possa essere il tribunale al momento dell’ammissione o, successivamente, il giudice delegato (28). Nel
concordato con riserva questa alternativa non sussiste perché con la concessione del termine di cui al
sesto comma dell’art. 161 non viene nominato un
giudice delegato, che subentra soltanto quando il
tribunale dichiara aperta la procedura di concordato
con il decreto di cui all’art. 163, tant’è che correttamente la norma espressamente attribuisce tale potere al giudice delegato «dopo il decreto di ammissione»; decreto di ammissione anch’esso estraneo al
preconcordato, ove il compito del tribunale si esaurisce nella concessione del termine, nella imposizione di obblighi informativi e nella eventuale nomina
di un commissario (29). Se questo è il contenuto
programmatico della norma, anche il riferimento al
ricorso di cui all’art. 161 non può che essere riferito
al ricorso di cui al primo comma per il concordato
pieno e non a quello di cui al sesto comma, essendo
inconcepibile che il legislatore pur volendo fare riferimento ad entrambi i tipi di concordato abbia poi
regolamentato la sorte dei contratti con riferimento
ad uno soltanto, la cui estensione all’altra figura
non è affatto scontata.
Va superata, quindi, la corrente asserzione che la
fattispecie del concordato con riserva sia contenuta
nella previsione dell’art. 169 bis per il richiamo al
ricorso di cui all’art. 161, e si deve muovere dal
concetto che il legislatore non ha regolamentato la
fattispecie dello scioglimento dei contratti nei concordati con riserva. Silenzio che, di contro, non
Note:
(28) Peraltro, non è solo il primo comma dell’art. 169 bis ad indurre a tale conclusione; anche, il secondo comma, trattando
dell’indennizzo, specifica, che ‘‘tale credito è soddisfatto come
credito anteriore al concordato’’, ove, ancora una volta, il riferimento è al concordato di cui al primo comma dell’art. 161 giacché solo in esso - o meglio in esecuzione di esso - si fa luogo alla soddisfazione dei creditori.
(29) Quest’ultima figura è stata introdotta dal D.L. 21 giugno
2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013,
n. 98, che, all’art. 82, ha apportato modifiche all’art. 161 l.fall.
Il Fallimento 9/2013
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Concordato preventivo e accordi
può essere, di per sé, considerato preclusivo dell’applicazione dell’art. 169 bis al concordato in bianco (30), perché, se cosı̀ fosse, analoga conclusione
dovrebbe trarsi anche per gli artt. 168 e 169, sicuramente, invece, applicabili al preconcordato, sebbene negli stessi manchi qualsiasi richiamo al concordato di cui al sesto comma dell’art. 161, in quanto
attuativi di quell’automatic stay, che costituisce lo
scopo precipuo dell’introduzione del nuovo istituto
in attesa che l’imprenditore, in grado di trovare
una soluzione concordata della crisi, predisponga le
adeguate misure di superamento della stessa.
In una situazione del genere si tratta allora di indagare, esaminando i problemi di compatibilità della regolamentazione dei contratti pendenti con le caratteristiche del preconcordato, se il silenzio del legislatore sia espressione di una inconscia omissione, di
una imprecisione superabile, di una superflua precisazione, ovvero sia consapevolmente voluto per esprimere la volontà di escludere l’applicazione di quella
regolamentazione alla fase del concordato in bianco.
Io, con riferimento allo scioglimento, opto per questa seconda soluzione per i seguenti motivi:
a- È vero che gli artt. 168 e 169 sono applicabili alla
fattispecie del concordato con riserva benché non
contengano alcun richiamo, diretto o indiretto, a
questa figura, ma è altrettanto vero che queste norme non sono state introdotte dalla riforma del 2012,
nel mentre, nelle nuove norme inserite nel tessuto
concordatario in tale occasione, il legislatore, quando
ha inteso estenderne l’applicazione anche alla figura
del concordato con riserva, lo ha detto espressamente, come nei casi in precedenza ricordati dei finanziamenti, del pagamento dei creditori strategici anteriori e della inapplicabilità della normativa sociale sul
capitale. Un eguale richiamo sarebbe stato tanto più
necessario nell’art. 169 bis, dal momento che in esso,
come si è visto, è raffigura la situazione tipica del
concordato pieno, per cui il silenzio solo in questa
unica norma, tra quelle nuove introdotte con la riforma del 2012, non può essere considerato frutto
soltanto di una dimenticanza o di una superflua precisazione; silenzio che è continuato anche nel recente D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, con il quale
il legislatore ha continuato a limare l’istituto del
concordato con riserva, ma non ha speso parola sul
controverso tema dello scioglimento dei contratti.
Quale migliore occasione per un legislatore cosı̀ solerte - da riformulare le caratteristiche di un istituto
introdotto meno di anno fa - per disporre che l’art.
169 bis è applicabile anche ai concordati presentati
con il ricorso di cui al sesto comma dell’art. 161!
Il Fallimento 9/2013
b- Posto che la domanda di scioglimento deve essere formulata, per i motivi in precedenza esposti, nel
ricorso, deve anche dedursi che, nel concordato
con riserva, è nel ricorso introduttivo di cui al sesto
comma dell’art. 161 che la richiesta di scioglimento
dovrebbe essere contenuta, perché già in esso deve
essere espressa non solo la volontà di ottenere la
concessione del termine per effettuare le successive
produzioni, ma principalmente l’intento di presentare una proposta di concordato, le cui modalità
propositive e attuative il debitore si riserva di
esporre nel termine che verrà concesso.
La collocazione della domanda di scioglimento nel
ricorso introduttivo comporta, però, conseguenze
inaccettabili ove si faccia riferimento al ricorso ex
art. 161, comma sesto; invero:
b.1- significa anticipare necessariamente in una fase
iniziale, quando ancora il debitore non ha chiare le
strategie da seguire, non solo la selezione dei rapporti giuridici da salvare e quelli da caducare, ma indicare, nella stessa fase, anche gli indennizzi da corrispondere ai rispettivi contraenti in bonis; il che si
pone in posizione asintonica rispetto alla finalità
perseguita dalla fattispecie del concordato in bianco,
che è quella di consentire al debitore di mettere a
punto, nel termine concesso, la proposta da proporre ai creditori e le modalità con cui intende realizzare la stessa, nonché di suffragare questo meccanismo
con la relativa documentazione da approntare.
È pur vero che, a norma dell’art. 82 del recente
D.L. n. 69 del 2013, il debitore che presenta una
domanda di preconcordato è tenuto ad allegare al
ricorso l’elenco dei creditori e dei rispettivi crediti,
ma- a parte il fatto che questo elenco non è quello
di cui alla lett. b) del secondo comma dell’art. 161,
nel quale vanno specificate anche le cause di prelazione- egli comunque non deve presentare il piano,
che contiene «la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta», che
sono elementi determinanti per l’eventuale accettazione da parte del creditore e perché la sua audizione abbia un significato. Il giudice, come si è detto,
non entra nella determinazione dell’indennizzo, ma
nel decidere sull’autorizzazione può - anzi deve nel
rispetto del contraddittorio - preliminarmente sentire la controparte, il cui parere è inevitabilmente
condizionato dall’entità dell’indennizzo da pagare,
dalla quota dello stesso che gli viene offerta in pagamento, dalle modalità temporali di soddisfaciNota:
(30) Cosı̀ Trib. Pistoia 30 ottobre 2012, cit.
1131
Forum
Concordato preventivo e accordi
mento, ecc., per cui in mancanza degli adeguati
supporti informativi, non si vede come la controparte, da un lato, e il giudice dall’altro, possano addivenire ad una qualche determinazione; ma prima
ancora c’è da chiedersi come possa il debitore stesso
stabilire, in quel momento iniziale, quale sia o sarà
la percentuale di soddisfazione dei creditori concorsuali, dato che, per definizione, la domanda di concordato in bianco presuppone una proposta non
formalizzata. È chiaro, cioè, che la produzione dell’elenco dei creditori e dei crediti ora richiesto per
la domanda di preconcordato ha il solo scopo di
fornire, attraverso una ulteriore informazione, maggior trasparenza sugli intenti della proposta e che
essa si adatta ai debiti già esistenti nella contabilità,
piuttosto che a quelli che vengono definiti proprio
al momento della formulazione della domanda,
quale è quello da indennizzo da scioglimento.
b.2- Significa, inoltre, che, in occasione della domanda di concordato pieno, il tribunale non potrebbe decidere su una proposta di scioglimento,
ove non inserita nel ricorso per concordato con riserva che lo ha preceduto, dal momento che in
questo deve essere contenuta la volontà di accedere
alla procedura di concordato alla scadenza del termine concesso (cui si pone come alternativa la possibilità di chiedere l’omologa di un accordo di ristrutturazione), allorquando il debitore non presenterà un’altra domanda di concordato, ma si limiterà
a depositare la proposta, il piano e la documentazione che si era riservata di produrre al momento
del deposito del ricorso (31).
D’altro canto, ove il tribunale non fosse in grado di
decidere sulla richiesta di scioglimento al momento
della concessione del termine, la decisione dovrebbe essere presa all’apertura della concordato quando
sarà nominato il giudice delegato, il che potrebbe
accadere anche dopo 180 giorni, vanificando l’effetto che i sostenitori dell’indirizzo qui avversato
propugnano come essenziale, e cioè l’intervento immediato sulla sorte dei contratti. L’alternativa, in
tal caso, potrebbe essere quella di ammettere che il
tribunale, se non decide lo scioglimento al momento della concessione del termine, possa farlo successivamente in pendenza dello stesso, ma il legislatore
non ha affatto considerato questa possibilità non
avendola minimamente regolata; egli infatti, dopo
aver disposto che la richiesta di scioglimento sia
formulata nel ricorso introduttivo, ha individuato
come unica ipotesi di decisione non contestuale al
provvedimento sulla domanda principale, quella
della nomina del giudice delegato dopo il decreto
di ammissione del debitore al concordato pieno.
1132
Se, come in quest’ultimo caso, anche nel concordato con riserva l’intento del legislatore era quello di
non bloccare l’apertura della procedura rinviando
ad un momento successivo la decisione sulla sorte
dei contratti (32), c’è da chiedersi perché mai nell’art. 169 bis non sia stata prevista la possibilità per
il tribunale di una decisione frazionata.
c- Il legislatore non ha previsto per la fattispecie dei
contratti pendenti alcuna attestazione sulla utilità
dello scioglimento e la funzionalità alla migliore
soddisfazione dei creditori, come nel caso dei finanziamenti e dei i pagamenti dei crediti anteriori, tanto che vi è non poco imbarazzo nella individuazione
dei criteri cui deve ispirarsi, non tanto la parte nel
proporre, quanto il giudice nel decidere. Carenza
che ha indotto il tribunale di Salerno (33) a ritenere che l’autorizzazione sia «una mera presa d’atto di
un diritto potestativo del debitore, il quale sceglie di
sciogliersi da un determinato rapporto giuridico nell’ambito di un proprio disegno imprenditoriale che,
nel caso di concordato con riserva, non è obbligatorio comunicare al tribunale, chiamato, quest’ultimo,
ad attendere il deposito del piano», ma è chiaro che
non è questa la funzione dell’autorizzazione, per il rilascio della quale può, in considerazione della finalità ultima della procedura, ritenersi utilizzabile il criterio della utilità e funzionalità dello scioglimento
alla migliore riuscita del concordato nell’interesse
della massa dei creditori (34), non potendo mai essere autorizzato un atto o una operazione non utile
o è addirittura dannosa per i creditori (35). Si tratta
Note:
(31) Tant’è che, qualora non adempia a tale impegno, trova applicazione l’art. 162, commi secondo e terzo, che trattano della
inammissibilità della domanda di concordato pieno e delle relative conseguenze; inammissibilità che si spiega proprio col fatto
che inammissibile è quella domanda di concordato contenuta
nell’iniziale ricorso, altrimenti, intervenendo la violazione nella fase in cui il termine è stato già concesso e non è ancora scaduto,
la sanzione sarebbe stata la revoca del termine dato. Ancor più
chiaro è il riferimento alla domanda di concordato nella violazione degli obblighi informativi imposti è comminata la inammissibilità (comma ottavo, art. 161), nel qual caso, è ancora.
(32) E nel concordato prenotativo questa esigenza, a maggior
ragione, si pone perché la documentazione a sostegno della
concessione del termine è minima e la decisone è quasi obbligata, nel mentre per l’accoglimento di ulteriori richieste, quale
quella di incidere sui rapporti pendenti, è sicuramente necessaria una discovery più ampia.
(33) Trib. Salerno 25 ottobre 2012, in questa Rivista, 2013, 75.
(34) Cfr. Trib. La Spezia 25 ottobre 2012, in questa Rivista,
2013, 76.
(35) Criterio utilizzabile anche per la valutazione della autorizzazione al compimento di un atto eccedente l’ordinaria amministrazione, per la quale neanche il settimo comma dell’art. 161
detta linee guida, oltre l’urgenza.
Il Fallimento 9/2013
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Concordato preventivo e accordi
di una valutazione che nella sostanza è simile a
quella richiesta nelle fattispecie previste nell’art.
182 quinquies, che però impone che un professionista, designato dal debitore in possesso dei requisiti
di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino all’omologazione, attesti che i finanziamenti richiesti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori o che i crediti concorsuali da
soddisfare fuori concorsi attengano a creditori che
effettuano prestazioni essenziali per la prosecuzione
della attività di impresa e funzionali ad assicurare la
migliore soddisfazione dei creditori.
Perché per lo scioglimento dei contratti il legislatore
non ha richiesto una attestazione similare? La spiegazione non può essere trovata nel fatto che dalle
operazioni di cui all’art. 182 quinquies derivano crediti prededucibili e nella fattispecie dello scioglimento dei contratti crediti concorsuali, perché la
prededucibilità è solo un sintomo del possibile pregiudizio per gli altri creditori, ma conseguenze altrettanto pregiudizievoli, ed anche più deleterie per i
creditori, potrebbero derivare dallo scioglimento o
dalla continuazione di un contratto. L’unica spiegazione plausibile è che il tribunale, al momento di
decidere sull’autorizzazione, disponga di un ricorso
completo di proposta e piano (36), che già contenga, cioè, le linee strategiche da seguire e le modalità
per attuarle, in cui si inseriscono le scelte programmatiche durature, quali sono quelle da prendere in
materia di scioglimento dei contratti.
Per la verità neanche per la concessione dell’autorizzazione di un atto eccedente l’ordinaria amministrazione di cui al comma settimo dell’art. 161 è richiesta una attestazione, ma in questo caso l’omissione si
spiega agevolmente con l’urgenza, che costituisce il
requisito principale per compiere un atto di tal genere in pendenza del termine e che evidenzia la eccezionalità di ogni operazione rilevante che viene posta in essere nella fase anteriore al concordato pieno;
come a dire che le operazioni eccedenti l’ordinaria
amministrazione vanno effettuate soltanto dopo la
presentazione del programma e del piano, a meno
che non rivestano i caratteri dell’urgenza e dell’indifferibilità. Tuttavia, il settimo comma dell’art. 161,
non potendo richiedere che il debitore presenti una
attestazione, ha previsto espressamente che il tribunale possa assumere, prima di decidere, sommarie informazioni, che, invece, non sono previste nell’art.
169 bis; anche questo silenzio diventa significativo
nel contesto con le altre norme prese in considerazione, perché, pur non escludendo che il tribunale
possa assumere informazioni, conferma ulteriormente
Il Fallimento 9/2013
come, nella previsione legislativa, il tribunale debba
essere in condizioni di decidere sulla base del materiale offerto, ossia in presenza della proposta, del piano e della intera documentazione richiesta dall’art.
161, commi secondo e terzo.
Inoltre il tribunale, nel decidere sull’autorizzazione
ad un atto di straordinaria amministrazione deve
ora (a seguito delle modifiche introdotte dal D.L.
n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla
L. 9 agosto 2013, n. 98) servirsi del parere del commissario straordinario, ove nominato, che, però,
non può essere d’aiuto per lo scioglimento dei contratti perché questi viene nominato con il medesimo decreto di concessione del termine, con il quale
il tribunale decide anche sulla richiesta di scioglimento. Il tribunale, per avvalersi della collaborazione di tale nuovo organo dovrebbe provvedere sulla
richiesta di scioglimento in un secondo momento,
che, come si è già detto, è ipotesi non contemplata
dall’art. 169 bis.
d- Si è appena detto che gli atti di straordinaria
amministrazione che presentino i caratteri dell’urgenza possono essere autorizzati anche in pendenza
del termine concesso ai sensi dell’art. 161 comma
sesto e tra tali atti si potrebbe far rientrare anche la
richiesta di scioglimento dei contratti (37), di modo che anche queste richieste diventerebbero possibili (quanto meno) (38) nel preconcordato quali
atti di straordinaria amministrazione.
In realtà non è cosı̀ perché il settimo comma dell’art. 161 contiene una norma di risulta applicabile
alle fattispecie non prese in considerazione da altre
disposizioni specifiche che dettano una disciplina
peculiare a determinati atti eccedenti l’ordinaria
amministrazione, quale è anche la richiesta di scioglimento da un contratto. Se, infatti, si equipara
questa richiesta a quella di cui al settimo comma
dell’art. 161, a parte il fatto che lo scioglimento dovrebbe essere indifferibile altrimenti mancherebbe
l’urgenza, non si possono poi ottenere i risultati
considerati dall’art. 169 bis. Le due norme, invero,
producono effetti inconciliabili perché l’ult. parte
del settimo comma dell’art. 161 dispone che i creNote:
(36) Conf. F. Lamanna, La problematica relazione.., cit.
(37) Di ordinaria amministrazione è la prosecuzione del contratto
pendente in quanto comportamento dovuto, mancando l’instaurarsi di una fase di automatica sospensione che, come nel fallimento, imponga, in linea generale, una scelta tra continuazione
e scioglimento.
(38) Visto che in precedenza si è escluso che nel concordato
pieno la domanda di scioglimento possa essere proposta al di
fuori del ricorso.
1133
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Concordato preventivo e accordi
diti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti
- sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione - purché legalmente compiuti dal debitore, sono
prededucibili ai sensi dell’articolo 111, nel mentre
per il secondo comma dell’art. 169 bis l’indennizzo
dovuto per lo scioglimento dai contratti va soddisfatto come credito anteriore al concordato (39).
Le norme sugli atti di straordinaria e ordinaria amministrazione, unitamente a quella sui finanziamenti
e sui pagamenti dei creditori anteriori strategici, fanno capire come, di regola, tutte le operazioni riguardanti la gestione dell’impresa nella fase del preconcordato, se realizzate nel rispetto delle disposizioni di
legge, generano crediti di natura prededucibile; solo
lo scioglimento dei contratti determina il sorgere di
crediti concorsuali (40). Non si può in astratto
escludere che il legislatore possa aver posto con l’art.
169 bis un criterio asimmetrico di natura eccezionale
rispetto agli altri atti di gestione, ma mi sembra davvero poco plausibile che nella norma generale che
tratta del concordato con riserva si sia preoccupato
di attribuire la prededuzione a tutte le operazioni legalmente compiute, siano esse di ordinaria che di
straordinaria amministrazione, e poi nella norma
specifica sullo scioglimento dei contratti abbia posto
una eccezione a questa normativa, senza fare il minimo accenno all’applicabilità della norma anche nel
preconcordato, come fatto appunto nelle altre disposizioni immesse con la riforma del 2012 nel tessuto
normativo del concordato; e tutto ciò sulla base del
flebile presupposto della onnicomprensività del riferimento al «ricorso di cui all’art. 161» contenuto nel
primo comma dell’art. 169 bis.
e- Nel fallimento lo scioglimento, sia esso determinato da scelta del curatore che discendente ope legis, ha valore sostanziale, assoluto e definitivo, nel
senso che la dissoluzione del rapporto rimane ferma
anche dopo la chiusura del fallimento, costituendo
un modo di definizione dei rapporti pendenti nell’interesse della massa e del contraente in bonis, che
viene definitivamente liberato dal vincolo contrattuale e lo stesso effetto di stabilità e definitività
produce lo scioglimento in caso di revoca del fallimento. Comunque venga configurato, il fenomeno
dello scioglimento (che non è istituto di diritto comune) consiste nella definitiva estinzione di ogni
possibile futuro effetto del contratto rispetto alla
massa dei creditori, che, quindi, cosı̀ come la controparte del fallito, rimane liberata dall’adempimento delle obbligazioni ancora ineseguite. E, non vi è
dubbio che gli stessi effetti si verifichino anche nel
caso dello scioglimento attuato nel preconcordato,
perché lo scioglimento è un effetto sostanziale,
1134
autonomo rispetto alla procedura in cui si inserisce,
sicché c’è da chiedersi come sia compatibile la definitività dello scioglimento con la provvisorietà del
concordato in bianco, che presuppone la concessione di un termine per completare una attività di predisposizione della proposta e del piano, che potrebbe anche non realizzarsi.
Il mancato deposito alla scadenza del termine concesso (o prorogato) della proposta e del piano di
concordato, con la relativa documentazione, o di
una domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione, determina, come precisa l’ult. parte del sesto comma dell’art. 161, l’applicazione dell’art. 162,
commi secondo e terzo, per cui la domanda di preconcordato, previa convocazione dell’interessato,
va dichiarata inammissibile (41) e, su istanza dei
creditori o del P.M., può essere dichiarato il fallimento, se ne ricorrono i presupposti. La declaratoria di inammissibilità produce la cessazione degli effetti protettivi a far data dal deposito del ricorso (42), in considerazione del fatto che tali effetti
derivano dalla pubblicazione della domanda di preNote:
(39) Eguali argomentazioni valgono anche nel caso che lo scioglimento sia richiesto nel ricorso introduttivo, sempre sotto il
profilo del compimento di atto di straordinaria amministrazione,
qualora l’urgenza sussista fin dall’inizio.
(40) Secondo il Trib. Pistoia 30 ottobre 2012, cit., «lo scioglimento dal contratto pendente non sembra costituire né atto di
ordinaria, né di straordinaria amministrazione di gestione dell’impresa, ma istituto peculiare della procedura concordataria, che
sfugge alla distinzione». In realtà il legislatore ha sovrapposto la
gestione dell’impresa a quella della procedura, vedendo la migliore gestione dell’impresa come uno strumento il miglior realizzo dei fini della procedura e viceversa, e questo spiega perché
per gli atti di un certo rilievo per la sorte dell’impresa sia richiesta l’autorizzazione da parte dell’organo giudiziario preposto alla
procedura. A me pare che lo scioglimento dai contratti, se non
è qualificabile come atto di straordinaria amministrazione (come
credo che sia), non possa che rientrare in quelli di amministrazione ordinaria, ma sotto questo profilo è superflua ogni indagine perché, come ricordato nel testo, anche gli atti di ordinaria
amministrazione, ove legalmente compiuti, generano crediti prededucibili.
(41) Inammissibilità che, nella fattispecie della scadenza del termine, non può riguardare la domanda di concordato in bianco
perché questa, con la concessione del termine è stata già accolta, né la revoca del termine concesso perché questo è già spirato, per cui, presumibilmente, ciò che è inammissibile è la domanda di concordato pieno, implicitamente contenuta nella richiesta iniziale di concessione del termine allo scopo di produrre
la proposta, il piano e la documentazione; il che conferma quanto in precedenza detto che, cioè, alla scadenza del termine, per
accedere al concordato, non vi è bisogno di un nuovo ricorso
che contenga una nuova domanda.
(42) In tal senso, Trib. Novara 2 maggio 2011 in questa Rivista,
2011, 1220 con riferimento al mancato deposito dell’accordo di
ristrutturazione dopo la fase anticipatoria cautelare. Sempre con
riferimento a tale fattispecie, M. Fabiani, L’ulteriore upgrade accordi di ristrutturazione e l’incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, ivi, 2010, 903.
Il Fallimento 9/2013
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Concordato preventivo e accordi
concordato in attesa del completamento promesso,
per cui, mancando il completamento e un provvedimento del giudice che stabilizzi la provvisorietà di
quegli effetti, questi perdono efficacia ex tunc. In altre parole, la dichiarazione di inammissibilità chiude l’iter processuale iniziato con la domanda di preconcordato, sicché gli effetti inerenti al procedimento che con questa domanda giudiziale la parte
aveva promosso non possono più realizzarsi perché
non potrà più essere aperta la procedura concordataria vera e propria, che si sarebbe saldata con la
iniziale domanda facendo retroagire gli effetti fin da
quella data, sicché tutti gli effetti reversibili collegati alla domanda di preconcordato sono dipendenti
dall’esito della stessa.
Lo scioglimento dei contratti, invece, sarebbe indipendente dall’esito della procedura perché, una volta realizzatosi, esso è irreversibile e il contratto interessato non può più rivivere; è vero che il fenomeno dello scioglimento produce la stessa conseguenza
di definitiva estinzione di ogni possibile futuro effetto del contratto, anche quando è inserito nel
concordato pieno, ed è anche vero che il concordato può non arrivare all’omologa e poi all’adempimento, ma è ben diversa la situazione di aleatorietà
e incertezza tra la fase del preconcordato, in cui il
giudice dispone soltanto di un ‘‘foglietto’’ di richiesta di un termine, da quella del concordato pieno
ove vi è, per definizione, una proposta, un piano e
un commissario con pienezza di poteri, delle indagini del quale potrà servirsi il giudice delegato ove il
tribunale abbia ritenuto di non essere in condizioni
di decidere sulla richiesta di scioglimento.
Nel concordato con riserva, la possibilità del ricorso
allo scioglimento dei contratti potrebbe tramutarsi
nel facile espediente per liberarsi dai contratti onerosi senza rischi eccessivi (43), che evidenzia una
carica eversiva nelle operazioni bancarie autoliquidanti, in quanto la domanda di preconcordato e di
scioglimento consentirebbero all’imprenditore in
crisi di ‘‘giocare d’anticipo’’ rispetto al ceto bancario al fine di far venire meno i presupposti per la
compensazione dei crediti/debiti della banca, anche
in presenza di un patto di compensazione (44), salvo poi a rimanere inerte alla scadenza del termine;
anche in tal caso, infatti, la banca mandataria che, secondo la giurisprudenza, seppur non uniforme (45) -, sarebbe legittimata a compensare il proprio debito per il versamento al cliente di quanto
riscosso con il credito pregresso per anticipazioni
concesse, a nulla rilevando l’anteriorità del credito
e la posteriorità del debito rispetto alla procedura,
sarebbe obbligata a riversare al debitore le somme
Il Fallimento 9/2013
riscosse, sebbene il debitore non sia poi stato assoggettato ad alcuna procedura concorsuale.
f- Alla scadenza del termine, il debitore potrebbe
anche depositare una domanda di omologa di un
accordo di ristrutturazione, con conservazione sino
all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso
del concordato con riserva (comma sesto art. 161);
situazione questa del tutto inconciliabile con lo
scioglimento dei contratti e la definitività di tale
scelta dato che negli accordi di ristrutturazione la
sorte dei rapporti contrattuali è regolata dalle parti
e, comunque, non trova applicazione l’art. 169 bis,
dettato esclusivamente per il concordato. Ritenendo operante tale norma anche nella fase del concordato con riserva, si potrebbe avere lo scioglimento di uno o più contratti che produce gli accennati effetti definitivi nella pendenza del termine, ma anche ai fini di un accordo di ristrutturazione, per il quale il debitore si troverebbe la strada
spianata perché negli accordi da fare potrebbe far
valere la già avvenuta cessazione dei contratti.
Per ovviare a questa situazione è stata proposta la
preclusione per il debitore che abbia chiesto ed ottenuto lo scioglimento dai contratti a presentare alla scadenza del termine la richiesta di omologa di
un piano di ristrutturazione perché, si è detto (46),
una volta scelta deliberatamente l’utilizzazione di
uno strumento previsto dal legislatore soltanto per
il concordato, i successivi sviluppi devono essere
Note:
(43) L’imprenditore in grado di presentare bilanci che evidenzino
almeno uno stato di crisi, seppur latente, potrebbe infatti presentare una domanda di preconcordato, chiedendo la concessione del termine minimo ed elencando i contratti che ostacolino la propria ripresa dai quali intende sciogliersi, offrendo un indennizzo; ottenuta l’autorizzazione, alla scadenza dei sessanta
giorni, egli rimane inerte. A quel punto, escluso il fallimento perché la premessa è che l’imprenditore in questione non sia in
stato di insolvenza e lo scioglimento dai contratti onerosi certamente sarà stato di giovamento, quel soggetto continua la sua
attività avendo trasformato gli impegni contrattuali pressanti in
un debito monetario da definire nel quantum attraverso un giudizio ordinario, con l’unico limite di non poter presentare per un
biennio altra domanda di preconcordato.
(44) Trib. Trib. Como, 5 novembre 2012; Trib. Busto Arsizio, 8
febbraio 2013; Trib. Piacenza, 1 marzo 2013, tutte in ilcaso.it.
(45) Cass. 1 settembre 2011, n. 17999 in Giust. civ. 2012, 4,
1027; Cass. 7 marzo 1998 n. 2539, in questa Rivista, 1998,
1254; Cass. 5 agosto 1997 n. 7194, ivi, 1998, 56, con nota favorevole di G. Tarzia, Anticipazioni su ricevute bancarie, ed accredito in conto delle somme riscosse durante l’amministrazione
controllata; Cass. 23 luglio 1994, n. 6870 in questa Rivista,
1995, 262; Trib. Roma 21 aprile 2010 in questa Rivista, 2010,
1300, con nota adesiva di V. Cederle, Anticipazione di crediti e
concordato preventivo: la banca mandataria tra obblighi restitutori e patto di compensazione.
(46) A. Patti, Rapporti pendenti ..., cit., 272.
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Concordato preventivo e accordi
coerenti con l’impostazione scelta, ma questa limitazione contraddice lo spirito del concordato con
riserva, che è quello di consentire al debitore in crisi di presentare una domanda di concessione di un
termine per mettere a punto una soluzione concordata della crisi in ambiente protetto dalle aggressioni dei creditori più agguerriti, esternando in linea
di massima la soluzione che intende perseguire, ma
con libertà di mutare la stessa fino alla scadenza del
termine, chiedendo l’omologa di un piano di ristrutturazione o anche rimanendo inerte e facendo
cessare la procedura.
Se il sesto comma dell’art. 161 consente al debitore
che ha ottenuto un termine per presentare una proposta concordataria, il piano e la relativa documentazione di optare, alla scadenza del termine per l’omologa di un piano di ristrutturazione, non può
l’interprete anticipare la scadenza della scelta al
momento in cui la parte chiede ed ottiene di sciogliersi da un contratto per far entrare la possibilità
dello scioglimento dai contratti nel concordato con
riserva. Al contrario, il dato da cui bisogna partire
è quello normativo che attribuisce al debitore la facoltà di scelta al momento della scadenza del termine concesso; orbene, se lo scioglimento dei contratti è possibile soltanto nel concordato e non nella ristrutturazione dei debiti, se ne deve dedurre, non
che è precluso al debitore di optare per questa seconda soluzione quanto è stato autorizzato lo scioglimento, ma che lo scioglimento, che produce i
suoi effetti di definitiva irreversibilità immediatamente, non è ammissibile nel concordato in bianco
perché non conciliabile con uno degli sbocchi possibili di questa fase (47). Se cosı̀ non fosse, peraltro,
la limitazione della libertà del debitore sarebbe particolarmente gravosa perché basterebbe la richiesta
di scioglimento di un solo contratto a precludersi il
ricorso alla ristrutturazione.
Anche la presenza di un commissario non è compatibile con la ristrutturazione dei debiti, ma c’è voluta
una norma apposita (art. 82, D.L. n. 69 del 2013,
convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013,
n. 98) per consentire la nomina di tale organo nel
preconcordato; in precedenza si poteva ipotizzare la
nomina di un consulente del giudice, ma non certo
di un commissario con poteri di controllo e di vigilanza assimilabili a quelli del commissario di un concordato pieno, di cui pur si era avvertita immediatamente la necessità. Eguale considerazione dovrebbe
essere fatta anche per lo scioglimento dei contratti,
per i quali il nuovo intervento legislativo nulla ha
detto, sebbene questo sia stato fin dall’inizio uno dei
temi più controversi dell’intera riforma del 2012.
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g- Le incompatibilità si accentuano quando il preconcordato si innesta nella previsione di un concordato con continuità, nel quale, più che in altri
casi, si presenta l’utilità di operare sui rapporti giuridici pendenti, perché, stante le numerose cautele
predisposte a tutela dei creditori in tale tipo concordatario, non si capisce come il debitore, in attesa di presentare la proposta, il piano, il budget e
l’attestazione richiesti dalle lett. a) e b) dell’art.
186 bis, possa sciogliersi dai contratti, a meno che
non presenti la accennata documentazione richiesta
per l’ammissione al concordato con continuità, nel
qual caso viene evidentemente meno la necessità
della domanda di preconcordato.
4. La sospensione
Il fenomeno della sospensione contrattuale non è
ignoto al diritto ordinario posto che il legislatore
ha dettato, con l’art. 1461 c.c., una regola generale,
cui è ispirato l’intero diritto delle obbligazioni e dei
contratti, secondo cui ciascun contraente può sospendere l’esecuzione della prestazione, se le condizioni patrimoniali dell’altro sono divenute tali da
porre in evidente pericolo il conseguimento della
controprestazione e non sia data garanzia, fino a rifiutare la propria prestazione in virtù dell’exceptio
inadimpleti ex art. 1460 c.c. qualora il mutamento
delle condizioni o altri motivi abbiano determinato
l’inadempimento della controparte (48). Il mutamento delle condizioni patrimoniali viene, cioè,
Note:
(47) E lo sbocco della ristrutturazione sarà sempre più diffuso
dal momento che è facile prevedere che anche chi ha in animo
di proporre un accordo di ristrutturazione troverà più agevole
chiedere il termine di cui al sesto comma dell’art. 161, piuttosto
che fare ricorso al procedimento previsto dall’art. 182 bis, comma sesto, che, per anticipare gli effetti protettivi dell’accordo alla fase delle trattative, richiede una procedura farraginosa ed offre una protezione per un periodo più limitato; tanto, non essendo la protezione che il preconcordato accorda funzionale esclusivamente alla presentazione di una proposta e di un piano di concordato, alla scadenza il debitore presenterà la domanda di omologazione dell’accordo.
(48) Principio che trova specifica attuazione nell’art. 1822 c.c.,
che autorizza chi ha promesso un mutuo di rifiutare l’adempimento dell’obbligazione «se le condizioni dell’altro contraente
sono diventate tali da rendere notevolmente difficile la restituzione»; nel primo comma dell’art. 1956 c.c., che consente la liberazione del fideiussore per obbligazione futura se il creditore,
senza speciale autorizzazione del fideiussore, fa credito al terzo,
«pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano
divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito», ovvero nell’art. 1969 c.c. che nel mandato
di credito consente al mandatario di non eseguire il mandato a
fare credito a un terzo se le condizioni patrimoniali di colui che
ha conferito l’incarico o del terzo «sono divenute tali da rendere
notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito».
Il Fallimento 9/2013
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Concordato preventivo e accordi
considerato dal legislatore come un evento che, facendo ragionevolmente ritenere che la controprestazione non potrà essere attuata dal soggetto le cui
condizioni patrimoniali si sono negativamente modificate, influisce sulla mancata realizzazione della
causa del contratto, legittimando il contraente in
grado di adempiere a sospendere l’esecuzione della
prestazione da lui dovuta in modo da essere protetto dalla possibilità che l’attribuzione patrimoniale,
che si realizza con l’adempimento della sua obbligazione, non venga assistita da adeguata controprestazione, proprio per l’aggravamento delle condizioni
patrimoniali della controparte (49).
Alla stessa esigenza è improntata la regolamentazione fallimentare dei contratti pendenti: evitare, cioè,
che il contraente in bonis sia tenuto ad eseguire la
sua prestazione senza la sicurezza di ottenere la controprestazione o di ottenerla per intero (subendo, se
si tratta di un credito, la falcidia fallimentare), cui,
però si contrappone l’esigenza della tutela degli interessi collettivi dei creditori, tipica dell’esecuzione
fallimentare; contrapposizione che porta alla fondamentale e rilevante differenza, rispetto al sistema
ordinario, che non è il contraente in bonis a scegliere se dare esecuzione alla sua prestazione a fronte
del mutamento delle condizioni della controparte e
della conclamata insolvenza, ma è la legge ad imporre alla controparte del fallito la momentanea sospensione, lasciando al curatore la scelta del mantenimento o della resiliazione del contratto, (oltre
che, in alcuni rapporti, la continuazione o lo scioglimento immediato del rapporto), in funzione, in
ogni caso, non tanto della tutela delle esigenze del
contraente in bonis, quanto principalmente di quelle della massa dei creditori.
Le stesse esigenze si ponevano anche nel concordato a fronte della crisi o dell’insolvenza di una delle
parti contrattuali, di modo che il legislatore, nel
momento in cui è intervenuto sulla regolamentazione dei rapporti pendenti, non poteva non prendere
in considerazione la sospensione e, avendo optato
per la continuazione dei rapporti, salvo richiesta di
scioglimento da parte dell’interessato, doveva necessariamente lasciare all’iniziativa della parte anche possibilità della sospensione; di modo che, a
differenza di quanto accade nel fallimento, in cui la
sospensione opera di diritto in funzione della opzione lasciata al curatore di subentrare o sciogliersi dai
contratti, nel concordato è la parte interessata che
individua i contratti che intende mettere in standby al fine di migliorare la possibilità di riuscita della
procedura concordataria, che viene incontro anche
all’interesse della massa dei creditori. Il curatore,
Il Fallimento 9/2013
infatti, non è parte del contratto, ma può assumere
la qualità di parte ove subentri e continui i rapporti
giuridici pendenti nella posizione del fallito, di modo che, fin quando con questo comportamento non
assume la posizione giuridica di parte di quei rapporti, egli è terzo per cui la non continuazione del
rapporto non costituisce una eccezione al principio
generale del primo comma dell’art. 1372 c.c., ma
una applicazione del secondo comma della stessa
norma, per il quale il contratto non produce effetti
rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge;
e si spiega perché il legislatore abbia legalmente disposto una fase di sospensione per consentirgli di
prendere le sue meditate decisioni definitive. Nel
concordato, invece, non c’è lo spossessamento ed è
la parte contrattuale stessa che sceglie di sospendere
il contratto, per cui la richiesta di tal genere non
può essere finalizzata soltanto a favorire una opzione ponderata sulla sorte dei contratti in corso, ma è
diretta anche a consentire, attraverso la quiescenza
dei rapporti per un certo periodo, di superare le difficoltà momentanee per poi far riprendere alla scadenza la normale funzionalità dei contratti e raggiungere cosı̀ le finalità della procedura.
La sospensione contrattuale si traduce, infatti, nel
temporaneo arresto - per non più di sessanta giorni,
prorogabili una sola volta, dispone l’art. 169 bis per entrambe le parti, degli obblighi di adempimento delle obbligazioni rimaste ineseguite all’atto della
richiesta poi autorizzata, come se fosse intervenuta
una impossibilità temporanea oggettiva di adempiere la prestazione da parte di entrambi i contraenti,
determinata dalla vicenda concorsuale che ha interessato una delle parti del contratto. La sospensione, cioè, come la impossibilità temporanea della
Nota:
(49) Questo rafforzamento della posizione del soggetto inciso
ha poi trovato ulteriore espansione nella giurisprudenza della
S.C., che ha da tempo statuito che, poiché il potere di sospensione ex art. 1461 c.c. è sorretto dal principio generale inadimplenti non est adimplendum, tale facoltà può esercitarsi anche
nel caso di prestazioni con eguale scadenza in quanto il sopravvenuto mutamento delle condizioni patrimoniali della controparte può mettere in pericolo il conseguimento della controprestazione anche quando l’adempimento di entrambe le parti deve
essere contestuale (Cass. 24 febbraio 1999, n. 1574, in Giur. it.,
2000, 737; Cass. 22 gennaio 1999, n. 602, in Giust. civ. mass.,
1999, 144); che ha ritenuto che per l’applicabilità dell’eccezione
dilatoria di cui all’art. 1461 c.c. non è neppure necessario che tale modificazione patrimoniale sia sopravvenuta rispetto al contratto, essendo sufficiente che il contraente che oppone la sospensione della sua prestazione ne sia venuto a conoscenza
successivamente e che egli non l’abbia conosciuta o potuta conoscere con la normale diligenza (Cass. 20 febbraio 2008, n.
4320, in Giust. civ., 2008, 2158; Cass. 15 maggio 2002, n.
7060, in Giust. civ. mass., 2002, 839); ecc.
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prestazione per causa non imputabile al debitore di
cui all’art. 1256, secondo comma, c.c, comporta un
esonero della parte all’adempimento delle obbligazioni future in scadenza ed esclude, finché perdura
l’impossibilità, la responsabilità del debitore per il
ritardo nell’adempimento, ma non produce effetti
riflessi sul rapporto contrattuale da cui l’obbligazione trae origine.
Questo richiamo ai principi generali spiega e chiarisce perché:
a) il contratto possa riprendere a produrre i suoi effetti alla scadenza del termine di sospensione o possa definitivamente cessare di produrre i suoi effetti
quando, per la scelta sempre della parte interessata
che chiede lo scioglimento, quell’impossibilità temporanea diventi definitiva;
b) rimangano ferme cosı̀ le obbligazioni anteriormente parzialmente eseguite (nel senso di doverne
tenere conto nella eventuale continuazione del
contratto e nell’eventuale resiliazione, per gli effetti
restitutori), come gli inadempimenti pregressi, che
possono essere valorizzati dal contraente in bonis a
fini risarcitori;
c) la sospensione debba operare per entrambe le
parti, consentendo loro di non adempiere, senza subire alcuna conseguenza, da cui discende che, nei
casi in cui non può essere attuata la sospensione di
entrambe le prestazioni, la sospensione non può
operare, altrimenti di essa si avvantaggerebbe una
sola delle parti (50). Se il legislatore avesse inteso
bloccare soltanto le prestazione del debitore concordatario, non avrebbe parlato di sospensione, che
è concetto oggettivo che colpisce gli effetti del contratto (51).
Ovviamente per la sospensione si pongono le stesse
problematiche in precedenza esaminate per lo scioglimento.
Per quanto riguarda il momento in cui la sospensione può essere chiesta, la formula utilizzata nella seconda parte del primo comma dell’art. 169 bis («Su
richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta
giorni, prorogabili una sola volta») non è altrettanto inequivoca come quella utilizzata per la richiesta
di scioglimento, per cui sembrerebbe non escludere
che la domanda di sospensione possa essere formulata anche in pendenza del termine e rivolta, quindi, al giudice delegato. Tuttavia, il fatto che la presente disposizione segua quella dello scioglimento
nello stesso comma e il fatto che nel secondo comma sia previsto che sia la sospensione che lo scioglimento danno luogo ad un indennizzo equivalente
al risarcimento del danno da soddisfare come credi-
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to anteriore al concordato - che, come visto, costituisce uno dei motivi che giustificano la necessità
imposta dalla norma di anticipare la scelta sullo
scioglimento fin dal momento della presentazione
del ricorso introduttivo - inducono a ritenere che
la formula dettata per lo scioglimento valga anche
per la sospensione e che, quindi, anche la sospensione debba essere chiesta nel ricorso. Conclusione,
peraltro, inevitabile per chi conviene sull’interpretazione normativa che la richiesta di scioglimento
debba essere contenuta nel ricorso introduttivo,
perché questa assorbe quella di sospensione, che
avrebbe modo di attuarsi solo nel caso non fosse
stato richiesto lo scioglimento, che non potrebbe
più essere formulato.
Se si parte dal principio che entrambe le domande
debbono essere contenute nel ricorso introduttivo,
si pone un problema di coordinamento tra le due;
e, posto che la sospensione lascia aperta la strada
dello scioglimento, ci si deve chiedere se la parte
che presenta domanda di concordato possa chiedere la sospensione, riservandosi di valutare alla scadenza del periodo sospensivo se sciogliersi o non
dal contratto, sulla falsariga del meccanismo attuato
nel fallimento.
Io non credo che un meccanismo del genere, giustificato nel fallimento, ove la sospensione opera di
diritto, non dà luogo al pagamento di alcun indennizzo e si giustifica con lo spossessamento del fallito
e la terzietà del curatore, possa essere importato nel
concordato, che non ha queste caratteristiche e dove la sospensione, come detto, non è primariamente finalizzata ad una scelta definitiva futura sulla
sorte del contratto, ma tende prevalentemente a
sopperire ad una esigenza gestionale momentanea e
contingente, cessata la quale il contratto riprende
la sua vita normale. Peraltro, la trasposizione in
questa procedura dello stesso meccanismo non si
concilierebbe con la natura concorsuale dell’indennizzo - previsto sia per lo scioglimento che per la
Note:
(50) Non a caso, nel fallimento, è prevista in alcuni casi la continuazione automatica del rapporto e non la sospensione, come
nel caso della locazione di immobili o dell’affitto di azienda, prevedendo poi dei correttivi.
(51) È chiaro che questa impostazione influisce sulla determinazione dell’indennizzo che sarà evidentemente inferiore lı̀ dove
anche il contraente in bonis non effettui le sue prestazioni; facendo l’esempio semplice della somministrazione di energia, se
il somministrato che chiede il concordato continua a riceverle le
erogazionii il danno è costituito dal mancato pagamento dell’energia consumata, nel mentre se anche il somministrante blocca le sue prestazioni il danno potrebbe essere costituito soltanto sul mancato guadagno che non ha avuto nel periodo.
Il Fallimento 9/2013
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Concordato preventivo e accordi
sospensione - ed altererebbe quell’equilibrio che il
legislatore ha faticosamente raggiunto con la regolamentazione dettata. Nel concordato, infatti, già la
facoltà del recesso a favore della parte che ha subito
un mutamento peggiorativo delle proprie condizioni costituisce uno strappo alle regole della vincolatività del contratto tra le parti; consentire poi che
quella stessa parte possa riservarsi di effettuare la
scelta dello scioglimento dal contratto alla fine del
termine di sospensione lascerebbe l’incolpevole
contraente, che pur inciso dal peggioramento delle
condizioni della sua controparte ha perso la possibilità di utilizzare gli strumenti di autotutela comuni,
alla mercè della discrezionalità dell’altro, senza alcuna adeguata contropartita.
Si è visto in precedenza che la domanda di scioglimento può essere formulata soltanto nel ricorso introduttivo di un concordato pieno non essendo
compatibile tale figura con il concordato con riserva; bisogna ora verificare se la stessa conclusione
sia estensibile anche alla sospensione.
Va subito detto che non tutti i motivi che hanno
portato ad interpretare la mancanza di qualsiasi riferimento nell’art. 169 bis alla fattispecie del concordato con riserva quale espressione della volontà del
legislatore di escludere lo scioglimento ricorrono
per la sospensione. Sicuramente, in questo caso,
non sussiste la caratteristica della definitività, che si
ripercuote anche sui possibili sbocchi del preconcordato, dato che la sospensione ha una durata limitata di sessanta giorni, prorogabili una sola volta
di massimo altrettanti giorni, per cui al più può durare centoventi giorni, dopo di che il contratto riprende a produrre i suoi effetti. La transitorietà degli effetti della sospensione potrebbe, inoltre, giustificare anche la mancanza di una attestazione, che
invece è inspiegabile in caso di scioglimento.
Gli altri impedimenti, invece sono tutti trasferibili
anche alla sospensione; anche in questo caso, infatti, il debitore deve offrire alla controparte un indennizzo, che va inserito nel piano che accompagna la proposta e non il ricorso per preconcordato;
anche in questo caso la prima parte del primo comma dell’art. 169 bis prende in considerazione esclusivamente la fattispecie del concordato pieno dal
momento che solo in questo ricorre l’alternativa
che a decidere possa essere il tribunale al momento
dell’ammissione o, successivamente, il giudice delegato, con le conseguenze in precedenza esaminate;
anche in questo caso non è richiesta alcuna attestazione di un esperto sull’utilità della sospensione; rimarrebbe altresı̀ l’alternatività tra sospensione e
scioglimento per cui la richiesta di sospensione nel-
Il Fallimento 9/2013
la fase iniziale precluderebbe la domanda di scioglimento nel concordato pieno, e cosı̀ via.
So bene che, quanto meno, la misura della sospensione nella fase del preconcordato potrebbe essere
utile e idonea a favorire le soluzioni concordatarie,
verso le quali il legislatore del 2012 ha fortemente
spinto, ma a me pare che tale ‘‘voluntas legis’’, non
si sia spinta fino al punto da consentire la sospensione e lo scioglimento nel concordato con riserva,
anzi che si sia manifestata in senso opposto.
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