autovalori, autovettori e diagonalizzazione
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autovalori, autovettori e diagonalizzazione
M.GUIDA, S.ROLANDO, 2014 1 AUTOVALORI E DIAGONALIZZAZIONE / RICHIAMI Con il simbolo K indicheremo il campo reale o il campo complesso (cioè sarà K = R o K = C) ed indentificheremo sempre Kn con Kn,1 (cioè scriveremo indierentemente X 5 Kn o X 5 Kn,1 ). 0.1. DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI (REALI O COMPLESSE). Sia A 5 Kn,n una matrice quadrata. Si noti che se A 5 Rn,n allora A 5 Cn,n , quindi, per tutti i discorsi che seguono, va fatta a priori una scelta del campo K in cui si vogliono interpretare gli elementi di A. Definizione: 5 K si dice autovalore di A se <X 5 Kn , X 9= 0 tale che AX = X, cioè se il sistema (A In ) X = 0 ha soluzioni X 5 Kn non banali, cioè se (A In ) < n, cioè se det (A In ) = 0. In altri termini, gli autovalori di A sono tutte e sole le radici in K del polinomio P () = det (A In ) , detto polinomio caratteristico di A. Poiché P () ha grado n, le sue radici complesse sono esattamente n, se contate ciascuna secondo la propria molteplicità algebrica1 (teorema fondamentale dell’algebra); le sue radici reali, invece, sono al più n e possono essere eettivamente meno di n. Se è autovalore di A, allora il sottospazio Vb := VA,b := Sol (A In ) = {X 5 Kn : (A In ) X = 0} non è mai nullo ed è detto autospazio di A relativo all’autovalore ; i suoi vettori non nulli sono detti autovettori di A relativi all’autovalore . Valgono le seguenti proprietà: • P () è sempre della forma P () = (1)n n + (1)n31 tr (A) n31 + ... + det (A) ; • se 1 , ..., n sono le n radici complesse di P (), ripetute secondo molteplicità algebrica, allora det (A) = 1 · · · n e tr (A) = 1 + ... + n ; • autovettori relativi ad autovalori distinti sono linearmente indipendenti; • la somma di autospazi relativi ad autovalori distinti è diretta; • dim Vb = n (A In ) (Rouché-Capelli); • 1 dim Vb mb , dove mb è la molteplicità algebrica dell’autovalore come radice di P (). Definizione: A si dice diagonalizzabile se esistono P 5 Kn,n invertibile e D 5 Kn,n diagonale tali che P 31 AP = D. In tal caso, si dice che P diagonalizza A. 1 Ricordiamo che si dice che una radice b di un polinomio P ha molteplicità algebrica m se e solo se P (x) = (x 3 b)m Q (x) con Q (b) = 0 (il che si esprime anche dicendo che l’equazione P (x) = 0 ha esattamente m soluzioni uguali a b). 2 M.GUIDA, S.ROLANDO, 2014 A commento della definizione precedente, osserviamo che: • per matrici A 5 Rn,n , che possono essere viste anche in Cn,n , si può scegliere K = R o K = C e distinguere quindi tra le nozioni di diagonalizzabilità su R e diagonalizzabilità su C; in tal caso, se A è diagonalizzabile su R allora lo è anche su C, mentre non vale il viceversa; • P 31 AP = D con P invertibile si esprime dicendo che A e D sono simili; • poiché si dimostra che matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico (e quindi gli stessi autovalori) e che gli autovalori di una matrice diagonale sono gli elementi della sua diagonale (il che vale più in generale per ogni matrice triangolare), allora D non può che avere sulla propria diagonale gli autovalori di A; • le matrici P e D non sono uniche (anche se, per l’osservazione precedente, le matrici D possono dierire solo per l’ordine con cui gli autovalori di A appaiono sulla diagonale). Non tutte le matrici sono diagonalizzabili (nemmeno se K = C) e vale il seguente, importante: Teorema (criterio di diagonalizzabilità): A è diagonalizzabile su K se e solo se valgono entrambe le seguenti condizioni: (i) il polinomio caratteristico di A ha n radici in K (distinte o no); (ii) per ogni autovalore di A risulta dim Vb = mb (cioè (A In ) = n mb ). Nel teorema precedente, si noti bene che: • la prima condizione dipende da K ed è automaticamente verificata se K = C; • la seconda condizione non dipende da K ed è automaticamente verificata se mb = 1. Altre condizioni necessarie e su!cienti di diagonalizzabilità sono espresse dalla seguente: Proposizione: Le seguenti aermazioni sono equivalenti: • A è diagonalizzabile su K; • esiste una base di Kn composta da autovettori di A; • l’unione di basi degli autospazi di A è una base di Kn (composta da autovettori di A); • Kn è somma diretta degli autospazi di A; • la somma delle dimensioni degli autospazi di A è n. Concludiamo ricordando la seguente, importante procedura: se A è diagonalizzabile su K, allora una matrice P 5 Kn,n che diagonalizza A è la matrice di passaggio dalla base canonica di Kn ad una base di Kn composta da autovettori di A e quindi si ottiene: • determinando una base per ogni autospazio di A, • unendone i vettori (il che fornisce sempre una base di Kn ), • disponendoli sulle colonne di P . In tal modo risulta 3 4 1 · · · 0 E F P 31 AP = C ... . . . ... D 0 · · · n dove 1 , ..., n sono gli autovalori di A, ripetuti secondo la propria molteplicità algebrica ed ordinati coerentemente con la disposizione degli autovettori sulle colonne di P (cioè in modo che ciascun autovalore sia relativo all’autovettore disposto sulla corrispondente colonna di P ). 0.2. AUTOVALORI E AUTOVETTORI DI UN ENDOMORFISMO. Sia V uno spazio vettoriale reale e sia f : V $ V un endomorfismo. Definizione: 5 R è detto autovalore di f se <x 5 V, x 9= 0 tale che f (x) = x. In tal caso, il sottospazio Vb := Vf,b := {x 5 V : f (x) = x} è detto autospazio di f relativo all’autovalore ed i suoi vettori non nulli sono detti autovettori di f relativi all’autovalore . M.GUIDA, S.ROLANDO, 2014 3 In altri termini, 5 R è autovalore di f se e solo se Vb 9= {0}. Ovviamente V0 = ker f , quindi 0 è autovalore di f se solo se f non è iniettiva. Più in generale, si ha Vb = ker(f id) e quindi è autovalore di f se e solo se f id non è iniettiva. Risulta sempre che: • autovettori relativi ad autovalori distinti sono linearmente indipendenti; • la somma di autospazi relativi ad autovalori distinti è diretta. 0.3. ENDOMORFISMI IN DIMENSIONE FINITA. Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione n e sia f : V $ V un endomorfismo. Fissiamo una base qualsiasi B di V e sia M = B [f ]B 5 Rn,n la matrice di f rispetto a B (si badi bene: la stessa base va presa sia in partenza che in arrivo). Risulta che: • gli autovalori di f sono tutti e soli gli autovalori reali di M ; • Vf,b = {x 5 V : (M In ) [x]B = 0}, cioè l’autospazio Vf,b si identifica, tramite componenti rispetto a B, con l’autospazio VM,b della matrice M relativo all’autovalore . Definizione: f si dice semplice (o diagonalizzabile) se esiste una base di V composta da autovettori di f , ovvero, equivalentemente, rispetto a cui la matrice di f è diagonale. A commento della definizione precedente, osserviamo esplicitamente l’equivalenza tra le due asserzioni della definizione stessa: • se A = (u1 , ..., un ) è una base di V composta da autovettori di f , allora si ha (1) f (u1 ) = 1 u1 (= 1 u1 + 0u2 + ... + 0un ) , f (u2 ) = 2 u2 , .. . f (un ) = n un , e quindi risulta (2) 3 1 · · · E .. . . . A [f ]A = C . 0 ··· cioè [f (u1 )]A = (1 , 0, ..., 0) , cioè [f (u2 )]A = (0, 2 , ..., 0) , .. . cioè [f (un )]A = (0, ..., 0, n ) , 4 0 .. F , . D n ossia A [f ]A è diagonale; • se rispetto ad una base A = (u1 , ..., un ) di V la matrice A [f ]A è diagonale, cioè del tipo (2), allora le colonne di A [f ]A sono le componenti rispetto ad A di f (u1 ) , ..., f (un ) e quindi valgono le uguaglianze (1), ossia u1 , ..., un sono autovettori di f . Si noti bene che, in ogni caso, gli elementi della diagonale di A [f ]A sono gli autovalori di f (eventualmente ripetuti, se più elementi della base A sono autovettori relativi allo stesso autovalore). Non tutti gli endomorfismi sono semplici e vale il seguente, importante: Teorema: f è semplice se e solo se la sua matrice rispetto ad una base qualunque di V è diagonalizzabile su R. Altre condizioni necessarie e su!cienti di semplicità sono espresse dalla seguente: Proposizione: Le seguenti aermazioni sono equivalenti: • f è semplice; • l’unione di basi degli autospazi di f è una base di V (composta da autovettori di f ); • V è somma diretta degli autospazi di f ; • la somma delle dimensioni degli autospazi di f è n.