TeatroZeta

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TeatroZeta
TeatroZeta
Ministero per le Attività e i Beni Culturali
REGIONE ABRUZZO
Provincia dell’Aquila
Comune dell’Aquila
SENSO
di Gianni Guardigli
In” Senso” di Gianni Guardigli la vicenda narrata nella novella di Boito è trasportata a Roma nella Seconda
Guerra Mondiale e poi una quindicina di anni dopo all’inizio del “boom economico”.
La contessa Serpieri vive e patisce l’eterna colpa del suo gesto in una Roma stanca delle pene della guerra e
del dopoguerra.
E’ il periodo della Dolce Vita, gli anni ’60, quando la capitale si ammanta di “desiderio di futuro”. Nella
mente della nobildonna è stampato per sempre il giorno della sua vendetta, attimo dopo attimo, pensiero
dopo pensiero.
In tutto il testo regna sovrana la figura, l’ombra, il fantasma del soldato tedesco; ricordi, strazio, felicità ed
emozioni perdute, rimorso, ferite insanabili, dolore, per quel ménage sentimentale che tra la donna e il
giovane si era instaurato e che era arrivato ad eccessi estremi di scabrosità fisica e morale.
Un monologo dalla forza straziante che abbraccia nel ricordo un arco narrativo di molti anni.
Molti testi vivono del confronto, del raffronto con gli anni in cui vengono messi in scena per cui il
problema di “scegliere” una “via”, una “ chiave di lettura” e di messinscena è fondamentale .
La mia “lettura” intende “centrare” la messinscena su tre temi portanti: primo il difficile, ambiguo,
pericoloso rapporto tra status sociale e passione, secondo tema la solitudine dell’ “atto compiuto” del
“fatto”, terzo tema infine l’impotenza dell’uomo, all’interno del conflittuoso rapporto tra bene e male, nei
confronti delle passioni “eccessive” , forse “sbagliate” e quindi l’impotenza nei confronti dell’inevitabile,
tragico, terribile, viaggio di perdizione, vuoto e disperazione che spesso ne consegue.
La mia messinscena intende indagare le potentissime tortuosità dell’anima, la forza talvolta distruttrice
della passione estrema, l’annientamento fisico, morale, psicologico, la solitudine che scaturisce dall’ “atto”
compiuto, dal “fatto” incancellabile ed incontrollabile, nelle sue “conseguenze”.
Intendo inoltre porre al centro, perno di tutto ciò che accade, il desiderio di passione insito nell’uomo, le
“forze” che lo circondano, lo circuiscono e lo spingono in un balletto straziante, terribile, di pulsioni, di
paure, di ambizioni, di inganni, di folle gelosia; la parabola dell’ alienazione più “vera” ; la “passione”
talmente forte che talvolta sconfina nella follia e ci trascina nella solitudine più straziante, talvolta nel
disfacimento morale e fisico.
L’ imprevedibilità della passione , l’incalcolabilità delle conseguenze, gli strazi e il baratro in cui finisce una
coscienza colpevole saranno al centro di un allestimento, che farà della discesa agli inferi della protagonista
l’asse portante.
Elementi scenici, luci e musiche danno un fondamentale apporto alla costruzione di questo “incubo
d’amore”, accompagnandoci in questo viaggio, nel vizio mentale, nelle “patologie”
dell’anima della protagonista, nella sua “via crucis”, nel delirio e nell’ossessione di chi è
braccato dai propri fantasmi, nei perversi meccanismi (psicologici, ma fatalmente anche
“politici”, “sociali”) che scaturiscono dalla brama di passione, nelle pulsioni estreme, insite
nell’uomo, nel disfacimento e nella disgregazione dell’animo che, inevitabilmente, ne
scaturiscono.
Ogni periodo storico, ogni epoca ha norme, convenzioni, insensibilità di vario tipo; ”SENSO” è soprattutto
una guerra interiore tra passione, ragione, orgoglio e gelosia, ed è di questa guerra sanguinosa e
devastante che intendo parlare.
Siamo di fronte ad un’opera dai mille tempi e spazi, dai mille volti, dalle mille ambiguità e prospettive e la
contessa è uno splendido, variegato, prismatico personaggio, dal percorso umano straziante, il cui
significato più profondo é l’incessante aspirazione umana ad una compiutezza ed a un assoluto che sono
sempre, forse, irraggiungibili.
La protagonista, come abbiamo detto, vive il suo amore per un soldato tedesco, non durante le guerre di
Indipendenza, bensì nella Roma occupata della Seconda Guerra Mondiale.
L’amore cieco per l’ufficiale del Reich prende la forma della più atroce delle vendette quando la bella
Contessa scopre il tradimento dell’amato.
E tutto, sostiene Guardigli, diventa monologo interiore. La Signora è condannata da una sorta di Tribunale
che ha la sua sede all’interno di se stessa a ripercorrere tutte le mattine le tappe della sua Via Crucis
personale e a ricostruire con l’ossessione dell’esattezza tutti i momenti della vicenda con l’assoluta
precisione del particolare.
Un girone dantesco eterno e avvitato in se stesso.
Solo nella morte, forse, la frammentazione del reale potrà ricomporsi in unità, in un’immagine di armonia.
La regia intende restituire al testo la straordinaria capacità d'indagare l'animo femminile e le tortuose
relazioni che abbiamo con noi stessi e poi con gli altri; ansie, paure, malesseri, malinconie, dolori, solitudini
si confondono in un balletto straziante che ci trascina nell'inferno privato di una donna. Scene e musiche,
torno a sottolineare, daranno un apporto fondamentale a questo viaggio nel mondo femminile,
nell'inconscio, nella psiche, di cui sono proiezioni.
Francesco Branchetti