La rinascita dell`antico nell`arte italiana

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La rinascita dell`antico nell`arte italiana
Archeologia.
La rinascita dell’antico
nell’arte italiana
Exempla medievali esposti a Rimini
Marco Bona
Castellotti
La scultura (Fidia)
1338 ca.
Andrea Pisano
Marmo
Museo dell’Opera del
Duomo
Firenze
2
La rinascita dell’antico, intesa come ripresa di particolari
moduli formali, stilistici e iconografici, non rappresenta un’esclusiva dell’arte del Duecento, né tanto meno di quella italiana. Per rendersene conto basta rileggere l’intramontabile testo
di Erwin Panofsky dal titolo Rinascimento e Rinascenze, dove il
grande problema del ritorno all’antico abbraccia epoche e testimonianze d’arte diverse: dalla cultura carolingia a quella del
Rinascimento propriamente detto.
Va sottolineato che il confronto degli artisti con la classicità
assume sempre connotati differenti, e nel Duecento e specialmente in quella grandiosa stagione di passaggio dal romanico
al gotico, il fenomeno è contraddistinto da un fervore peculiare, di cui il termine latino exempla, modelli, manifesta la forza
concettuale, che è poi quella dell’auctoritas, della renovatio
della tradizione. Tale senso di potenza si incarnava nelle moltissimi opere d’arte classica sopravvissute, che, nel medioevo,
erano davanti agli occhi di ogni artista e di tutti; in esse la componente etica del passato era un elemento determinante,
insieme a quella estetica.
Nei decenni che si dilungano all’incirca dalla
metà alla fine del XIII secolo, in Italia la rinascita dell’antico, pur diversificandosi nelle varie
espressioni di ogni singola personalità, si connota di un carattere fisso, potremmo dire di una
prerogativa, che è il riflesso della fusione della
sensibilità estetica di educazione classica, e del
naturalismo gotico.
I precedenti di questo straordinario fenomeno
di ripresa dell’antico si colgono nella circolazione
di un linguaggio figurativo, vivo già intorno al 122030 in un’ampia porzione dell’Europa francogermanica.
Qui, come poco più tardi in Italia, l’antico viene assimilato con
.Archeologia
profonda e appassionata consapevolezza, così che i modelli antichi divengono per davvero exempla, sulla spinta di un intensissimo sentire, dal quale «emerge e ne è sostanza la coscienza cristiana del valore dell’individuo come conquista di libertà e
dignità» (M.L. Testi Cristiani).
La zona di più precoce circolazione del classicismo, rinverdito dal naturalismo gotico e dal pensiero cristiano, si situa fra
Reims, Naumburg e Bamberg. Secondo Panofky proprio qui
l’arte medievale è «in grado di incontrare l’antico su un piano
di parità». Ma è in Italia, nei decenni a seguire, che «la verità di
vita», affermata dal gotico europeo, si accende in modo ancora più lucente dell’ascendente classico.
La rinascita dell’antico nell’arte italiana del Duecento esprime
infatti il vigore di una coscienza nuova, che si innerva nell’opera
di alcuni straordinari artisti: la coscienza di un’eredità viva e presente, il cui senso non va inteso come semplice frutto di un bagaglio dottrinale o di conoscenze filologiche e, al limite, neppure
come un fatto puramente colto, bensì di una “verità di vita”.
A differenza di quanto accadrà nei secoli successivi, quando si
entrerà nel pieno del rinascimento, nel Duecento l’antico è presente
e attuale, non un miraggio da contemplarsi di lontano; è qualcosa
di presente in quanto connaturato a una eredità imperitura.
Tale senso dell’origine investe le espressioni artistiche del
gotico italiano di quel fervore, percepibile da chiunque, la cui
varia gradazione è uno dei fattori che distinguono l’opera
degli artisti anonimi di più stretta osservanza ideologica
federiciana, dall’opera di Nicola Pisano, da quella di
Arnolfo di Cambio, da quella dei maestri romani, come
Cavallini e Torriti, da quella di Giovanni Pisano. Con
Andrea Pisano si sarà ormai voltata pagina, ma anche in
lui l’afflato della tradizione antica non si spegne (M.G.
Burresi), e quello che va pubblicando, negli anni Trenta
e Quaranta del Trecento a Firenze, è quanto di più intellettualmente classico si prospetti sul panorama dell’arte italiana, come, emblematicamente, insegna il rilievo già sul campanile di Santa Maria del Fiore con
Fidia intento a scolpire una statua.
L’ampio, variegato e complesso capitolo italiano della
rinascita duecentesca dell’antico si apre con Federico II. La
sua formazione è pervasa di ricordi classici, sia da parte
della madre Costanza d’Altavilla, che da parte del
padre Enrico, figlio del Barbarossa.
Danzatrice
Giovanni Pisano
(1248 ca.-post 1314)
Scultura in marmo
Museo dell’Opera
del Duomo
Pisa
2
Archeologia.
La lupa con Romolo
e Remo; Rea Silvia
128
Nicola e Giovanni
Pisano
Rilievi in marmo
Galleria Nazionale
Perugia
Leone
III secolo
Rilavorato nel XIII sec.
Arte romana
Scultura in marmo
Castello di Federico II
Lagopesole
Potenza
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Per Federico, e quindi per tutti
coloro che, a diverso titolo, ruotano
intorno alla sua corte – mondo chiuso
pur nella sua variopinta compagine –
l’antichità rappresenta un modello che
impone una ripresa in termini di intransigente assolutismo. La ripresa dei modelli, in taluni casi tardi, rasenterà l’imitazione. La mescolanza di antico e moderno, la rilavorazione e il riuso di materiali di spoglio, che avevano caratterizzato anche la tarda antichità romana e i primi secoli del cristianesimo, il recupero di un codice iconografico imperiale, sono il portato di un
programma ideologico. Con Federico la saldatura di passato e
presente si fonda su ragioni di propaganda politica e sull’esaltazione della propria immagine, costruita su modelli antichi e in
particolare augustei. La ferrea ideologia però non toglie che in
Federico II sia viva un’autentica passione per l’antichità, che si
esprime nelle collezioni di opere classiche, nel favorire la produzione di oggetti preziosi, come gemme e cammei, e nell’affermazione di una sorta di furor dionisiaco (A. Giuliano), visibile
nella terribilità che contraddistingue gran parte della produzione
plastica federiciana sopravvissuta alla damnatio memoriae: dalla
Porta di Capua ai rarissimi rilievi di Castel del Monte.
Federico fu un propugnatore indefesso del ritorno all’antico in chiave di potere, e proprio nel cantiere di Castel del
Monte (M.S. Calò Mariani), di quello straordinario edificio
metafisico, dove fra le maestranze impegnate a erigerlo troviamo anche alcuni conversi cistercensi, matura la personalità di
Nicola Pisano de Apulia.
Grazie alla sua non documentata e tuttavia certa attività,
Castel del Monte si trasforma nel centro più pulsante di quella rinascita dell’antico che, tramite Nicola, si corrobora poi in
Toscana, a contatto con un altro ambiente.
Da Piombino a Siena a Pisa e poi a Bologna e a Perugia, la
cultura gotica e classica di Nicola Pisano, allevata nei cantieri
federiciani, rinvigorisce al cospetto dei superbi exempla che lo
scultore-architetto poteva trovare nei sarcofaghi del Camposanto di Pisa, città che aspirava a presentarsi come àltera Roma.
Nessun altro artista della metà del Duecento fece scuola
quanto Nicola Pisano. Presso di lui si formarono Arnolfo di
.Archeologia
Cambio, scultore e architetto originario di Colle Valdelsa ai
confini dell’Etruria, e Giovanni Pisano, che, oltre a essere il
più grande scultore del Duecento, ebbe il coraggio di interpretare l’antico in modo del tutto personale: come fonte
inesauribile di ispirazione di una concezione drammatica della figura umana.
Arnolfo di Cambio si fa le ossa presso Nicola, ma,
nella sua copiosa produzione disseminata tra Roma,
Perugia, Firenze, mette in scena una stupenda sintesi di
antichità romana, paleocristiana ed etrusca, che si coniuga
con la verità del gotico. La vediamo nei rilievi della perduta
fontana “in pede fori” di Perugia, così come nelle sculture
della facciata di Santa Maria del Fiore. Qui il Volto di Cristo con
l’animula della Vergine Maria, opera di un aiuto di Arnolfo in
forte sintonia col maestro, rivela nella severità arcaica dei grandi occhi sbarrati, un ritorno all’antico che è emblema di verità
e di meditativa fierezza. Al suo confronto l’anima di Maria
assunta in cielo e da Cristo accolta, è di una purezza di forme
quasi ellenica, indispensabile a sottolineare la tenerezza che
emana dal suo viso. Sono i termini di un contrasto apparente che
si combina in una unità di altissima armonia concettuale.
A Roma Arnolfo lavorerà negli anni di Pietro Cavallini e di
Pietro Torriti. Della pittura romana del Duecento è rimasto
pochissimo, ma quanto basta per capire quale ulteriore, straordinaria sintesi di gotico, bizantino e classico sia alla base di questa produzione, superba e altera nella dignitas di matrice antica, accesa da splendide gamme di colore, nobile e statuaria
nelle forme.
Infine Giovanni Pisano. In lui il senso di classica staticità del
padre Nicola, le solide cadenze dei panneggi, si trasformano in
dramma di linee e di forme.Vi è in lui un’inquietudine che gli
deriva, sul piano degli exempla, «dall’espressionismo dei rilievi
storici tardo-antichi e dei sarcofaghi di battaglie» (de Lachenal).
Nella figura della così detta Danzatrice, proveniente dal
Battistero di Pisa, tutto si risolve nel violento ondeggiare della
veste. Questa statua, uno dei vertici della scultura del Duecento, è acefala e anche i piedi sono perduti. Così ella ha perduto per sempre la propria identità. Tuttavia ne ha, per così
dire, assunta un’altra, ancora più viva, che si concentra in una
forma piena di carnale energia, «perfetta integrazione tra il
dinamismo della sensibilità lineare gotica e l’evidenza dei volumi ancora di ascendenza classica» (Carli).
EXEMPLA
La rinascita dell’antico
nell’arte italiana. Da Federico
II ad Andrea Pisano
Rimini, Castel Sismondo,
20 aprile- settembre 2008
Orario della mostra: 9-19,
chiuso i lunedì non festivi.
La mostra è posta sotto
l’Alto Patronato del Presidente
della Repubblica Italiana
Mostra promossa e organizzata da
Associazione Meeting
per l’amicizia fra i popoli
In collaborazione con
Musei Vaticani
Fondazione CARIM
A cura di
Marco Bona Castellotti
Antonio Giuliano
Catalogo
Pacini Editore
www.pacinieditore.it
Informazioni e prenotazioni
Ufficio Mostre Meeting
tel. 0541/83100
fax 0541/8422
[email protected]
www.mostraexempla.it
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