disartria e disfagia nelle atassie 2
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disartria e disfagia nelle atassie 2
I^ Facoltà di Medicina e Chirurgia C.L.U.P.S. in FISIOTERAPIA Sede di Latina Presidente : Prof. Francesco Pierelli Tesi di laurea SINDROMI ATASSICHE: Aspetti Riabilitativi delle Funzioni Bulbari Relatore: Prof. Carlo Casali Candidato: Giuseppe Falangone Anno Accademico 2006/2007 INDICE INTRODUZIONE…………………………………………………………… 3 Capitolo primo LE SINDROMI ATASSICHE……………………………………………… 1.1 Atassie cerebellari congenite…………………………………………….. 1.2 Atassie ereditarie cerebellari a trasmissione autosomica dominante….… 1.3 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo I………………….……. 1.4 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo II…………………….... 1.5 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo III………………....…... 1.6 Sindromi atassiche autosomiche recessive - Atassia di Friedreich………. 1.7 Atassie metaboliche……………………………………………………… 1.8 Sindromi atassiche legate al dna mitocondriale………………………… 1.9 SARA (Scala per la valutazione e classificazione dell’atassia)…………. 1.10 Trattamento multidisciplinare…………………………………………... 4 7 10 11 12 13 14 16 17 19 22 Capitolo secondo LA DISARTRIA………………………………………………………...….... 2.1 Anatomo-fisiologia della voce……………………………………………. 2.2 Disartria atassica………………………………………………………….. 2.3 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disartria……………….. 2.4 Strategie di comunicazione per persone con atassia…………………….... 2.5 Strategie per l’ascoltatore…………………………………………………. 2.6 Il ruolo del logopedista-fisioterapista..............................................…….... 2.7 Lee Silverman Voice Treatment………………………………………….. 2.8 Trattamento basato sulla chiarezza e la prosodia………………………..... 23 24 33 36 38 40 42 43 46 Capitolo terzo LA DISFAGIA ……………………………………………………………… 3.1 Anatomo-fisiologia della deglutizione…………………………………… 3.2 Complicanze……………………………………………………………… 3.3 Team multidisciplinare…………………………………………………… 3.4 Valutazione clinica……………………………………………………….. 3.5 Obiettivi del trattamento…………………………………………………. 3.6 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disfagia………………. 3.7 Strategie di deglutizione per persone con atassia………………………… 3.8 Il ruolo del logopedista-fisioterapista ……….....………………………… 47 48 54 54 56 61 62 65 69 Capitolo quarto QUESTIONARIO…………………………………………………...………. 70 CONCLUSIONI……………………………………………………………... 76 Bibliografia…………………………………………………………………... 77 2 INTRODUZIONE Questo lavoro si prefigge di valutare, dopo un introduzione generale sulle sindromi atassiche, la situazione attuale riguardo la presenza di alterazioni delle funzioni bulbari ed eventuali trattamenti riabilitativi. Verrà descritto il ruolo del logopedista e del fisioterapista, saranno esposti dei consigli concreti per facilitare la comunicazione e la deglutizione del paziente e si cercheranno dei criteri di valutazione. Un questionario evidenzierà nel concreto la presenza di disartria e di disfagia nei pazienti atassici intervistati mettendo in luce la loro reale situazione. 3 Capitolo primo LE SINDROMI ATASSICHE ATASSIA dal greco “ataxis”: assenza di ordine Le sindromi atassiche sono un gruppo eterogeneo di patologie neurologiche, caratterizzato clinicamente da incoordinazione motoria e disturbi dell’equilibrio e del cammino. IL “MOSAICO” DELL’ATASSIA CEREBELLARE 1. DISMETRIA: Disturbo della posizione finale e della traiettoria di un movimento 2. ASINERGIA: Frammentazione di un movimento fluido in una serie di componenti irregolari e a scatti. 3. ADIADOCOCINESI: Incapacità di eseguire con ritmo rapido movimenti in direzioni opposte 4. DISCRONOMETRIA: Ritardo iniziale di un movimento e suo prolungamento eccessivo 5. BRADITELECINESIA: Rallentamento terminale del movimento 4 I deficit possono essere provocati da patologie a carico del cervelletto e delle sue vie afferenti ed efferenti. Le sindromi atassiche cerebellari e spinocerebellari possono essere sommariamente suddivise in: a) Congenite b) Acquisite (dovute a cause identificabili) c) Ereditarie d) Forme neurodegenerative sporadiche a eziologia ignota (tabella 1) 5 Classificazione delle Sindromi Atassiche Difetti di Sviluppo embrionario Autosomico-dominanti Autosomico-recessive X-linked DNA mitocondriale Immunitarie Infettive Neuropatie Neoplasie Endocrine Gastrointestinali Atrofia Multisistemica Tabella 1 Esordio neonatale-infantile Sporadiche, autosomico-recessive o legate all’X Spesso segni clinici associati (ritardo mentale, atrofia ottica, spasticità) Forme non evolutive ADCA tipo I-II-III (SCA 1…25) Atassie episodiche (EA1 e, EA2) DRPLA Atassia di Friedreich Atassia telangiectasia Atassia con aprassia oculomotoria (AOA1 E AOA2) Atassia da defici vitamina E Abetalipoproteinemia Malattia di Refsum Altre atassie metaboliche Atassia con anemia sideroblastica (XLSA/A) Neuropatia, atassia, retinite pigmentosa (NARP), Myoclonus Epilepsy with Ragged-Red Fibers (stroke) (MERRF) Sclerosi Multipla, sindromi paraneoplastiche, autoimmuni Infezioni virali acute, meningiti Celiachia, malassorbimento vitamina E Degenerazione striatonigrica (SND) Sindrome di Shy-Drager (SDS) 1.1 Atassie cerebellari congenite Lo sviluppo embriologico del cervelletto si protrae nel periodo postnatale, fino al terzo anno di vita, e richiede l’espressione programmata nel tempo di più geni. Tutto ciò rende le strutture cerebellari suscettibili ad anomalie genetiche e a insulti infettivi, vascolari, tossici e fisici. Le atassie cerebellari congenite costituiscono un gruppo eterogeneo di malattie sicuramente rare, ma probabilmente anche sotto- diagnosticate, in cui la patologia è presente sin dalla nascita. D’altra parte, la valutazione delle funzioni cerebellari può risultare molto difficile nei primi anni di vita, quando il cervelletto e le vie cerebellari non hanno ancora completato la loro maturazione e il bambino normale è fisiologicamente “atassico”. Un’atassia congenita può quindi manifestarsi in maniera aspecifica. Per esempio: un ritardo nell’acquisizione delle tappe motorie oppure prima ancora dell’atassia della marcia e degli arti, possono risultare evidenti ipotonia, nistagmo, tremore intenzionale, o segni associati, come ritardo mentale, spasticità e microcefalia. L’atassia spesso non è progressiva e talora può esservi miglioramento nel corso degli anni. 7 Nell’ambito delle atassie cerebellari congenite distinguiamo, dunque, forme non sindromiche, che hanno presentazione aspecifica, e forme sindromiche, che presentano caratteri peculiari che ne permettono il riconoscimento clinico (Harding,1984). La presentazione clinica è più caratteristica nelle forme sindromiche, le quali sono tutte genetiche (Tabella 2). La forma più frequente di atassia ereditaria congenita è la sindrome di Joubert nella quale, oltre ad atassia, disartria, ritardo motorio, tremore, nistagmo, sono presenti episodi di iperpnea e apnea, aprassia oculomotoria, facies dismorfica e agenesia del verme. Il quadro della RM è caratteristico, con ipoplasia del verme, approfondimento della fossa interpeduncolare posteriore, ispessimento e allungamento dei peduncoli cerebellari superiori, da cui risulta l’apparenza di un dente molare (molar tooth sign). La sindrome è eterogenea dal punto di vista genetico; una forma è causata da mutazioni del gene AHI1. 8 Forma Trasmissione Quadro Clinico Ipoplasia cerebellare AR Presentazione aspecifica Ipoplasia delle cellule AR dei granuli Ipoplasia AR pontocerebellare tipo 2 Sindrome con AR disequilibrio Presentazione aspecifica Presentazione aspecifica Presentazione aspecifica Sindrome di Joubert AR Episodi di iperpnea/apnea, anomalie dei movimenti oculari, facies dismorfica, agenesia del verme COACH syndrome AR Ipoplasia vermiana, oligofrenia, coloboma, fribrosi epatica Sindrome di Gillespie AR Ritardo mentale, aniridia parziale Sindrome da glicoproteine deficienti in carboidrati, tipo 1 AR Ritardo psicomotorio e di crescita, neuropatia, epatopatia, lipodistrofia CAMOS AR Ritardo psicomotorio e di crescita, atrofia ottica, alterazioni cutanee Ipoplasia cerebellare X-legata congenita X-legata Ritardo motorio, ipoplasia cerebellare Sindrome del Paine Microcefalia, ritardo psicomotorio, convulsioni, atrofia ottica, spasticità e ipoplasia olivo-ponto-cerebellare X-legata oftalmoplegia, Tabella 2 9 1.2 Atassie ereditarie cerebellari a trasmissione autosomica dominante Harding (1982) ha proposto una classificazione clinica che è stata ampiamente accettata: ADCA tipo I: è la forma più frequente ed è caratterizzata da atassia cerebellare progressiva, variamente associata con oftalmoplegia, demenza, atrofia ottica, amiotrofia e segni piramidali ed extrapiramidali. ADCA tipo II è caratterizzato da una degenerazione retinica pigmentaria. ADCA tipo III è una forma cerebellare “pura” a esordio più tardivo, nella quale sono assenti segni oculari, demenza e segni extrapiramidali. 10 1.3 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo I Prevalenze maggiori di questa forma sono state riportate nelle Azzorre, nella regione di Holguin (Cuba) e in Calabria, probabilmente per la presenza di un effetto fondatore. Eziologia: Espansioni patologiche CAG in SCA 1-3, 12 e CTG in SCA 8 sono associate ad ADCA tipo I. Sintomatologia: L’età media dell’esordio è 34 anni con range dalla 1° alla 7° decade. Circa il 10 per cento dei pazienti ha esordio prima dei 20 anni e il 95 per cento ha manifestato la malattia all’età di 65 anni. Il quadro clinico è caratterizzato da una costante atassia della deambulazione, che è il sintomo di esordio più frequente, disartria quasi costante e dismetria molto frequente. Anomalie dei movimenti oculari sono presenti in più del 70 per cento dei pazienti. L’oftalmoplegia sopranucleare si evidenzia inizialmente con una paralisi dello sguardo verticale e può portare nel corso della malattia a una paralisi dello sguardo in tutte le direzioni. La risonanza magnetica mostra costante atrofia cerebellare, usualmente associata ad atrofia della parte ventrale del tronco. 11 1.4 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo II ADCA tipo II è caratterizzata da distrofia maculare pigmentaria e rappresenta circa il 5 per cento delle famiglie dominanti. I reperti patologici sono quelli di un’atrofia olivopontocerebellare. Sintomatologia: L’età di esordio è usualmente più precoce che nella ADCA tipo I, ma può variare da 6 mesi a 60 anni. La malattia esordisce usualmente con atassia, preceduta da disturbo visivo in un terzo dei casi. Il quadro clinico non è specifico ed è caratterizzato da atassia, segni piramidali, oftalmoplegia sopranucleare, saccadi rallentate, occasionali movimenti coreiformi e talora demenza. I sintomi oculari consistono in ridotta acuità visiva centrale con conservazione della visione periferica, con progressione verso la cecità. L’esame del fundus mostra granuli di pigmento nella macula. Negli stadi tardivi di malattia è presente atrofia ottica. 12 1.5 Atassia cerebellare autosomica dominante Tipo III Le ADCA di tipo III sono rappresentate da forme di atassia cerebellare “pura”, lentamente evolutive a esordio tardivo. Rappresentano il 5-15 per cento di ampie casistiche di atassie dominanti. Il reperto patologico è usualmente quello di un’atrofia cerebellare corticale. 13 1.6 Sindromi atassiche autosomiche recessive Atassia di Friedreich E’ stata la prima atassia degenerativa a essere descritta ed è anche la forma più frequente nei paesi occidentali: la sua frequenza nella popolazione è di 1/500.000 mentre 1/100 è quella dei portatori sani. La malattia è assente in Cina, Giappone e nella popolazione nera subsahariana. L’atassia della deambulazione è il sintomo iniziale più frequente; compaiono poi dismetria e disartria cerebellare. L’esame obiettivo mostra areflessia osteotendinea, ipopallestesia, e molto frequentemente compare il segno di Babinski. Le anomalie dei movimenti oculari, quasi costanti, consistono in instabilità della fissazione, frammentazione saccadica dei movimenti lenti di inseguimento e dismetria dei saccadici. In un terzo dei pazienti è presente nistagmo nello sguardo laterale. Scoliosi e piede cavo sono molto frequenti. Con il progredire della malattia si aggravano i segni cerebellari e compaiono ipostenia prossimale agli arti inferiori, amiotrofie distali, disfagia per i liquidi, turbe sfinteriche. Possono essere presenti atrofia ottica e ipoacusia, le funzioni cognitive sono invece normali. 14 Il diabete mellito, presente nel 15-20 per cento dei pazienti, compare in genere nelle fasi avanzate della malattia. Dopo un tempo mediano di 15 anni dall’esordio, il paziente è costretto alla sedia a rotelle. La sopravvivenza media è di 36 anni dall’esordio della malattia ed è ridotta dalla presenza di diabete e di cardiomiopatia ipertrofica (De Michele e coll.,1996). 15 1.7 Atassie metaboliche Harding (1984) ha distinto le atassie cerebellari da difetto metabolico noto in forme intermittenti e progressive. Sono entità cliniche rare, con esordio precoce e trasmissione per lo più autosomica recessiva, con specifiche alterazioni biochimiche che possono essere rivelate da determinazioni di attività enzimatiche o di metabolici su siero o urine. L’atassia spesso si associa ad altri segni neurologici e a interessamento di altri organi. La malattia, X-legata, si presenta nei maschi come una grave encefalopatia iperammoniemica spesso fatale in età neonatale. Nelle femmine il quadro clinico può variare dalla normalità a una grave sintomatologia con ritardo psicomotorio e di crescita ed episodi di vomito, atassia, confusione, convulsioni, precipitati da eccessiva assunzione alimentare di proteine, da infezioni o da terapia con valproato. Le cause più frequenti di atassia metabolica progressiva sono deficit di vitamina E, encefalomiopatie mitocondriali e malattie da accumulo. Nei deficit di vitamina E un trattamento sostitutivo precoce può migliorare il quadro clinico. 16 1.8 Sindromi atassiche legate al dna mitocondriale Le encefalomiopatie mitocondriali sono caratterizzate da alterazioni morfologiche e biochimiche derivanti da deficit della fosforilazione ossidativa, la via comune finale del metabolismo mitocondriale. Il quadro clinico è multisistemico con prevalente interessamento di muscolo scheletrico e cardiaco, sistema nervoso e sistema endocrino. Può riscontrarsi aumento del lattato e della CPK nel siero e la biopsia muscolare può mostrare accumulo di mitocondri anormali in sede subsarcolemmale e intermiofibrillare (ragged-red fibers). L’atassia progressiva può anche essere presente in altre malattie metaboliche, quali leucodistrofie, gangliosidosi GM2, ceroidolipofusci-nosi, colestanolosi, malattia di Wilson. Nella maggior parte dei pazienti i sintomi di esordio della malattia sono l’atassia della marcia e la difficoltà a mantenere la stazione eretta. In altri casi, le prime manifestazioni della patologia consistono in evidenti alterazioni scheletriche, in particolare la scoliosi. Quest’ultimo segno clinico si presenta con una accentuata gravità direttamente relativa alla precocità dell’inizio della sindrome atassica. 17 Questa relazione si spiega con il fatto che l’atassia è fonte di disturbi dell’ equilibrio e dei riflessi posturali con evidenti alterazioni tridimensionali a carico della colonna vertebrale. L’areflessia degli arti inferiori e le alterazioni della pallestesia e del senso di posizione sono quasi sempre presenti fin dall’inizio. Nei due terzi dei casi il riflesso plantare è in estensione. Si registra un progressivo deficit di forza delle estremità, dovuto ad alterazioni dei fasci piramidali e dell’atrofia muscolare distale. Il tono muscolare tende a diminuire e alcuni pazienti possono avere spasmi spontanei in flessione. Questi pazienti inoltre presentano nel decorso della malattia disturbi del linguaggio (disartria), della fonazione, dei movimenti degli occhi e della deglutizione (disfagia). In meno del 10 per cento dei casi è presente ipoestesia tattile e dolorifica. La presenza del dolore non è un prodotto in se dell’atassia, ma è generalmente una sua conseguenza dovuta al fatto che i soggetti assumono posizioni alterate del corpo e degli arti, sono più esposti alle cadute e presentano una predisposizione alla insorgenza di dolori articolari. 18 1.9 SARA Una delle scale riconosciute per la valutazione specifica delle sindromi atassiche è la “Scala per la valutazione e classificazione dell’atassia” (SARA), composta da otto item, comprendenti l’osservazione della deambulazione, della stazione eretta e seduta, dei disturbi del linguaggio, della prova di inseguire con il dito, della prova indice-naso, movimenti veloci e alternati della mano, lo strisciare il tallone lungo la tibia. La SARA è utilizzata dall’Unità di Neuroriabilitazione della Clinica neurologica del Policlinico Universitario “Federico II” di Napoli e presso l’ICOT Polo pontino dell’Università “La Sapienza” di Roma. (tabella 3) 19 Scala per la valutazione e classificazione dell’Atassia (SARA) 3a versione Deambulazione Al paziente si chiede di camminare ad una distanza sicura dalla parete, con un cambio di direzione e di camminare in tandem (entrambi i piedi su di una unica linea, senza spazio tra il tallone e la punta delle dita) Normale , nessuna difficoltà nel 0 camminare, nel girare o camminare in tandem Scarsa difficoltà, solo visibile quando 1 cammina 10 passi consecutivi in tandem Chiaramente anormale, camminare in tandem non è possibile per più di 10 2 passi Stazione Eretta Al paziente viene chiesto di stare in posizione naturale, con piedi uniti in parallelo ed in tandem. Sta ad occhi aperti e non deve indossare scarpe. 0 Normale, capace di stare in tandem per più di 10 sec 1 Capace di stare a piedi uniti senza oscillare, ma non in tandem per più di 10 sec 2 Capace di stare a piedi uniti per più di 10 sec, ma con oscillazioni 3 Considerevole barcollamento, difficoltà nel girare, ma senza sostegno 3 4 Marcato barcollamento, richiesto il sostegno intermittente alla parete 4 5 6 7 8 Grave barcollamento, richiesto il sostegno permanente di un bastone o leggero sostegno di un braccio Cammina per più di 10 metri solo con sostegno ( due speciali bastoni o girello o una persona che accompagna) Cammina meno di 10 metri solo con sostegno ( due speciali bastoni o girello o una persona che accompagna) 5 6 Capace di stare in piedi per più di 10 sec senza sostegno in posizione naturale, ma non a piedi uniti Capace a stare in piedi per più 10 sec in posizione naturale solo con sostegno intermittente Capace di stare in piedi per più di 10 sec in posizione naturale solo con un sostegno costante di un braccio Incapace di stare per più di 10 sec con sostegno costante di un braccio Incapace a camminare, anche con una persona che accompagna Punteggio Punteggio Disturbi del linguaggio Il linguaggio è valutato durante una normale conversazione Seduto Si chiede al paziente di sedere sul lettino senza sostegno dei piedi, occhi aperti e braccia stese 0 Normale, nessuna difficoltà a stare seduto per più di 10 secondi 0 Normale 1 Scarse difficoltà, oscillazioni intermittenti 1 Tracce di disturbi del linguaggio 2 Oscillazione costante, ma capace di stare seduto per più di 10 secondi senza sostegno 2 Linguaggio alterato, ma facile da capire 3 Capace di stare seduto per più di 10 secondi solo con sostegno intermittente 3 Parole occasionali difficili da capire 4 Incapace di stare seduto per più di 10 secondi senza sostegno continuo 4 Molte parole difficili da capire 5 Singole parole comprensibili 6 Linguaggio incomprensibile, nessuna parola Punteggio Punteggio 20 Inseguire col dito Valutare separatamente ogni lato Il paziente siede comodamente. Se necessario gli viene concesso il sostegno dei piedi e del tronco. L’esaminatore siede di fronte al paziente ed esegue, cinque movimenti consecutivi, veloci ed improvvisi in direzioni imprevedibili in un piano frontale, nel 50% della portata del paziente. I movimenti hanno un ‘ampiezza di 30cm ed una frequenza di 1/2sec. Al paziente si chiede di seguire i movimenti col dito indice, tanto veloce quanto preciso. Un movimento lento ed ipometrico è valutato 0 finché il paziente è capace di eseguire i cinque movimenti indicati. Test “indice-naso” Valutare separatamente per ogni lato. Il paziente siede comodamente. Se necessario gli viene concesso il sostegno dei piedi e del tronco. L’esaminatore siede di fronte al paziente ed esegue cinque movimenti consecutivi indicati in direzione orizzontale su un piano frontale nel 90% della portata del paziente. I movimenti sono eseguiti ad una velocità modesta con un’ampiezza di 30cm. Al paziente viene chiesto di indicare ripetutamente con il suo dito indice dal naso al dito dell’esaminatore e viceversa. L’ampiezza del tremore è definita come la massima distanza dall’obiettivo o dalla traiettoria del movimento. 0 Normale, nessuna ipermetria 0 Normale, nessuna oscillazione 1 Ipermetria, mancare il bersaglio < 5cm 1 Oscillazione con un’ampiezza <2cm 2 Ipermetria, mancare il bersaglio <15cm 2 Oscillazione con un’ampiezza <5cm 3 Ipermetria, mancare il bersaglio >15cm 3 Oscillazione con un’ampiezza >5cm 4 Incapace per qualsiasi motivo di eseguire 5 movimenti indicati 4 Incapace per qualsiasi motivo di eseguire 5 movimenti indicati punteggio destra sinistra punteggio destra Sinistra Tabella 3 21 1.10 Trattamento multidisciplinare Le particolari caratteristiche delle atassie genetiche richiedono che i programmi riabilitativi siano curati da una equipe multidisciplinare in grado di garantire un approccio terapeutico e fisioterapeutico globale. È dunque opportuno coinvolgere figure professionali come il neurologo, il cardiologo, il fisiatra e l’ortopedico. Il piano di trattamento dovrà essere attuato da figure come il fisioterapista, il logopedista, il terapista occupazionale, lo psicomotricista, lo psicologo. La terapia riabilitativa certamente non risolve il sintomo ma punta a migliorare la qualità della vita del paziente. Prendersi cura e dare attenzione al paziente per un lungo periodo vuol dire sicuramente migliorare le sue condizioni di vita. 22 Capitolo secondo LA DISARTRIA La disartria è un disturbo della parola dovuto a cattiva coordinazione dei movimenti necessari per parlare (atassia della parola), è caratterizzato da: 1. Eloquio rallentato 2. Parola scandita, ritmo irregolare 3. Volume variabile (a volte esplosivo) N.B.: la comprensione del linguaggio è perfetta 23 2.1 Anatomo-fisiologia della voce Durante la fonazione l’energia aerodinamica generata dall’apparato respiratorio (mantice polmonare) viene trasformata a livello laringeo in energia acustica e successivamente modificata dalle strutture sovraglottiche (cavo orale, orofaringe, rinofaringe, cavità nasali, ecc.). La sorgente del suono è quindi rappresentata dalla laringe ed in particolare dalle corde vocali mentre il filtro che caratterizza il timbro vocale è rappresentato dalle strutture sovraglottiche. L’apparato fonatorio è l’insieme delle strutture che partecipano alla genesi ed all’emisione del suono ed è costituito da: Mantice respiratorio: strutture polmonari, muscolari toraciche diaframmatiche ed addominali che generano un flusso espiratorio con una pressione variabile. Sfintere glottico: corde vocali vere, le cui vibrazioni generano il suono la cui frequenza è proporzionale alla lunghezza, alla tensione ed alla massa delle corde stesse. Cavità di risonanza e articolazione o tratto vocale o vocal tract: cavo orale, orofaringe, rinofaringe, cavità nasali, ecc. che sono responsabili delle variazioni del timbro e dell’intensità vocale grazie al differente 24 posizionamento delle strutture muscolari delle labbra, della lingua e del palato molle verso le strutture ossee dei denti, del palato duro e delle altre parti del vocal tract. Il mantice respiratorio Il mantice respiratorio è un insieme di organi deputati innanzitutto agli scambi gassosi tra l’aria ed il sangue e solo secondariamente a produrre flusso aereo necessario alla fonazione, alla tosse, all’espettorazione, il raschio, il fischio, ecc. Questo apparato è costituito da: - scheletro toracico: costituito da 12 vertebre dorsali posteriormente, anteriormente dallo sterno e lateralmente dalle coste. Durante la respirazione sono possibili due modalità di movimento toracico. L’elevazione-abbassamento, che è più pronunciato nella parte alta del torace, corrisponde ad un movimento costale detto “a leva di pompa” che si verifica a livello delle articolazioni costovertebrali secondo un asse trasversale orizzontale; la dilatazionerestringimento, tipico della parte bassa del torace, si realizza per il movimento costale “a manico di secchio” lungo un asse orizzontale 25 antero-posteriore.In parole semplici mentre si inspira la parte alta del torace si innalza, mentre quella bassa si dilata. Espansione a manico di secchio Espansione a leva di pompa Anche la colonna vertebrale assume un’importanza fondamentale, infatti una estensione separa le coste e favorisce la inspirazione mentre la flessione favorisce gli atti espiratori. Posizioni scorrette della colonna vertebrale infatti può ridurre l’efficacia degli atti respiratori. 26 - muscoli inspiratori (diaframma, muscoli intercostali esterni), muscoli inspiratori secondari ( sternocleidomastoideo, scaleni, ecc.), muscoli espiratori (intercostali interni, muscoli addominali) - Polmoni: Organi in cui avvengono gli scambi gassosi tra l’aria ed il sangue. Presentano una espansione attiva (generata soprattutto dal diaframma) durante l’inspirazione ed una retrazione prevalentemente passiva che si realizza per mezzo della retrazione elastica del polmone e della gabbia toracica. Sfintere glottico: la laringe La laringe è un organo impari, mediano, localizzato nella regione anteriore del collo e che comunica superiormente con l’ipo-faringe e con l’orofaringe ed inferiormente con la trachea. E’ costituita da una serie di cartilagini che ne formano lo scheletro, dalle articolazioni e dai legamenti che le uniscono, dai muscoli estrinseci ed intrinseci. 27 Cartilagini della laringe cartilagine tiroidea: impari e mediana costituita da due lamine posizionate in modo tale da ricordare uno scudo rivolto anteriormente. Inferiormente si articola con la cartilagine cricoide. cartilagine cricoidea: impari e mediana ha forma di anello con castone posteriore. In alto si articola con la cartilagine tiroide. Sulla cartilagine cricoidea, posteriormente ed ai due lati della linea mediana, si articolano le due cartilagini aritenoidi, piccole e molto mobili: possono ruotare, spostarsi all'infuori e all'indietro in modo da separarsi o da mettersi a contatto. La loro forma ricorda vagamente una piramide triangolare con la base in corrispondenza dell'articolazione con la cricoide. 28 Gli apici delle aritenoidi si continuano nelle piccolissime cartilagini cornicolate o del Cantorini. L'epiglottide è una sottile cartilagine a forma di foglia che si ancora col suo “picciolo” nell'angolo interno della cartilagine tiroidea. Durante la deglutizione si abbassa come un coperchio a proteggere la laringe ed a permettere il passaggio del cibo nell’esofago, posteriormente. 29 Muscoli della laringe Li distinguiamo in estrinseci ed intrinseci. Gli intrinseci hanno entrambe le inserzioni sulla laringe; la loro contrazione consente i diversi movimenti alle cartilagini laringee modificando la posizione delle corde vocali. Possiamo dividere i muscoli intrinseci in dilatatori (consentono l’allontanamento delle corde vocali e l’apertura del piano glottico), costrittori (avvicinano le corde vocali) ed i tensori della corda vocale. I muscoli estrinseci si inseriscono a livello della cartilagine tiroidea e all’osso ioide ed allo sterno consentendo le escursioni verticali della laringe contribuendo alla sua stabilizzazione insieme ad altri muscoli del collo. 30 La laringe può essere divisa in 3 livelli: sovraglottico, glottico e sottoglottico. La sovraglottide comunica con il faringe attraverso l’aditus laringeo, orientato in senso postero-superiore. anteriore è La parete costituita dall’epiglottide, le pareti laterali presentano due rilievi (le false corde) e due concavità (ventricoli del Morgagni), la faccia posteriore corrisponde alla parete anteriori delle cartilagini aritenoidee. La glottide è uno spazio triangolare ad apice anteriore (commissura anteriore) che in fonazione diventa virtuale, delimitato dalle corde vocali vere. La sottoglottide, a forma di imbuto rovesciato, si continua con la trachea. 31 Le corde vocali vere appaiono come due legamenti bianchi mobilissimi, posti in posizione antero-posteriore con un bordo libero quasi tagliente. Nell’uomo le corde vocali vere sono lievemente più lunghe e più spesse rispetto a quelle della donna. Ciò contribuisce alla diversità di tonalità della voce maschile e di quella femminile. Anteriormente si inseriscono in prossimità dell’angolo interno della cartilagine tiroide mentre posteriormente ogni corda è inserita a livello della cartilagine aritenoide omolaterale. 32 2.2 Disartria atassica La disartria atassica è dovuta a una lesione cerebellare. Questa lesione può essere causata da un ictus, da un trauma o da disturbi neurologici Il cervelletto ha un importante ruolo nella coordinazione del movimento grazie alla sua integrazione delle informazioni sensitive e motorie. Grazie ai suoi collegamenti col sistema di vestibolare, interviene anche nell’equilibrio. Perciò, le lesioni cerebellari danno luogo ad incoordinazione e a disgregazione della fluidità dei movimenti (tremore) così come problemi con la postura, l’equilibrio e anche nell’articolazione delle parole può risultare ridotto l’efficiente movimento delle labbra, della lingua, del palato molle e della laringe. Dopo un danno cerebellare i pazienti sono lenti ad iniziare i movimenti e spesso non raggiungono o oltrepassano gli obiettivi. La disartria atassica è dovuta a un danno del circuito di controllo del cervelletto. Secondo Duffy (1995), esso può interessare la respirazione, la fonazione, la risonanza ma colpisce soprattutto la prosodia e la pronuncia. 33 Caratteristiche dell’eloquio disartrico FONAZIONE La fonazione può variare eccessivamente in altezza, l’eloquio dell'atassico è descritto a volte come esplosivo e a scatti; può essere evidente l'aumento dello sforzo necessario per parlare. La qualità vocale può essere rauca. RISONANZA Non è frequente il tono nasale, anche se può verificarsi. PROSODIA Pazienti con disartria atassica tendono a mettere un accento uguale ed eccessivo su tutte le sillabe pronunciate. Il termine PAROLA SCANDITA descrive questo tipo di prosodia (il termine fu usato originalmente da Charcot nel descrivere la prosodia di un paziente che parlava molto lentamente e faceva una pausa dopo ogni sillaba). 34 PRONUNCIA La pronuncia non è corretta, è scarsa la coordinazione del linguaggio e della respirazione. Il parlare del paziente con disartria risulta articolato male, lento. Le sillabe, a causa dell'incoordinazione dovuta alle lesioni cerebellari, sono suddivise in modo irregolare. I suoni di questi pazienti sono quasi inebriati. 35 2.3 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disartria: 1) L’Association française de l'ataxie de Friedreich afferma che la disartria nell’atassia di friedreich è presente nel 91% dei casi. 2) Uno studio eseguito su 13 pazienti con atassia di Friedreich [LateOnset Friedreich Ataxia] valuta anch’esso la disartria presente nell’85% dei pazienti con atassia di Friedreich tipica e nel 92% dei pazienti con atassia di Friedreich tardiva. 36 3) Un altro a lungo termine su 104 pazienti con atassia di Friedreich [Neurological, Cardiological, and Oculomotor Progression in 104 Patients With Friedreich Ataxia During Long-term Follow-up] ha notato nel follow-up un soggettivo miglioramento della disartria nel 31% (29 su 95) dei pazienti. 37 2.4 Strategie di comunicazione per persone con atassia 1. Prima di iniziare una conversazione con una persona sconosciuta, spiegarle che qualche volta ha difficoltà nel parlare. Chiedere loro di dire se non capiscono. Questo di solito aiuta a rilassare chi parla e chi ascolta; avvertire l'ascoltatore di fare molta attenzione; e permettergli di dire se ha difficoltà a capire (altrimenti potrebbe stare zitto per non provocare imbarazzo). 2. Può aiutare parlare faccia a faccia. L’Ascoltatore nel guardare in faccia chi parla ottiene un aiuto maggiore vedendo i movimenti della bocca e, se si vicina di più, potrà anche sentire meglio. 3. Se possibile ridurre il rumore di fondo (es. spegnere la tv, chiudere la porta o andare in un stanza silenziosa). 38 4. Parlare in modo lento per dare alla lingua più tempo per pronunciare le parole. 5. Ridurre la quantità delle cose da dire andando rapidamente al punto del discorso. 6. Dare prima una parola chiave: l'ascoltatore capirà molto meglio se conosce l'argomento, anche quando l’articolazione delle parole non è molto buona. 7. Per ripetere, cambiare leggermente le parole in modo da non essere ripetitivo Aiuti alla comunicazione Se parlare diviene troppo difficile, c'è una larga gamma di aiuti alla comunicazione dal semplice alfabeto, immagini e tabelle fino ad arrivare alla tecnologia più sofisticata. È importante ottenere il sistema giusto per l'individuo in base ai suoi bisogni, è qui che diviene necessaria la valutazione di un logopedista. 39 2.5 Strategie per l’ascoltatore 1. Ricordare alla persona con atassia le sue strategie di comunicazione se tende a dimenticare di usarle. 2. Lasciargli il tempo necessario; per parlare con qualcuno che è disartrico ci vuole sempre più tempo, ed egli parlerà meglio se si sente rilassato: non andare di fretta. 3. Essere un ascoltatore attivo e dare alla persona con atassia la massima attenzione. Questo permette di essere più coinvolti e concentrati e ascoltare meglio. 4. Essere onesto quando non si capisce: non fingere di aver capito. Dire ciò che si è capito, in modo che chi parla non deve ripetere l'intero messaggio inutilmente, poi lasciare che chi parla tenti di riempire le lacune ripetendo solo le informazioni mancanti. 40 Un altra cosa che può incidere sulla comunicazione è la frustrazione, da entrambi le parti. Bisogna comprendere i momenti in cui il paziente è irritato perchè non riesce ad esprimersi. Comunque, bisogna dire che l’umore, la malattia e la confidenza che ha il paziente con l’interlocutore possono influire sulla qualità della comunicazione. 41 2.6 Il ruolo del logopedista-fisioterapista Il logopedista può offrire un piano di trattamento e fornire degli esercizi per migliorare l’articolazione delle parole. Questo può includere: . consigli circa la buona postura . esercizi per migliorare forza e l’accuratezza dei muscoli . esercizi per pronunciare le parole in modo più chiaro, più lentamente e con pause frequenti . consigli su come concentrarsi sull’enfasi e l’intonazione nel discorso . strategie della comunicazione, come dire prima i punti più importanti di quello che si vuole dire . controllo della respirazione . uso di amplificatori o gli altri aiuti per la comunicazione 42 2.7 Lee Silverman Voice Treatment “Effetti di un trattamento intensivo della voce in una paziente con disartria atassica” Questo studio ha esaminato gli effetti del trattamento intensivo della voce (Lee Silverman Voice Treatment [LSVT]) sulla disartria atassica di una donna con disfunzione cerebellare secondaria alla deficienza di tiamina. È stata fatta una valutazione percettiva e acustica di frasi esempio registrate appena prima di somministrare il LSVT, subito dopo, e a 9 mesi di distanza. I risultati indicano miglioramenti a breve e a lungo termine nella fonazione, nell’articolazione, nella chiarezza delle parole, nella comunicazione complessiva e nell’attività lavorativa seguendo il LSVT. Le scoperte di questo studio offrono una base iniziale per l’applicazione del LSVT nella disartria atassica. 43 Trattamento della voce con metodica LSVT Il Lee Silverman Voice Treatment è stato creato per pazienti con malattia di Parkinson e viene applicato dal 1986. Il LSVT è un metodo nuovo per l’Italia, ma è usato da anni negli USA e in altri paesi del mondo ed è supportato da vari studi che ne dimostrano l’efficacia. Il LSVT è un trattamento che permette di aumentare l’intensità della voce del paziente mediante l’incremento della pressione dell’aria sottoglottica, quindi migliora la vibrazione delle corde vocali. Il trattamento si basa sul principio espresso dal motto: “pensa ad alta voce, pensa ad un urlo”: lo sforzo fonatorio che ne deriva aumenta il tono dei muscoli della laringe migliorando così l’eloquio del paziente. Concetti essenziali del trattamento sono: 1. Concentrarsi per aumentare l’intensità della voce 2. Aumentare lo sforzo necessario per la fonazione 3. Eseguire la terapia in maniera intensiva 4. Automonitorarsi 44 Il LSVT modifica i meccanismi neuronali con miglioramento della voce. Il paziente sa di dover incrementare lo sforzo per poter parlare meglio. Il trattamento si concentra sull’aumento del volume in contesti di comunicazione quotidiana. Il LSVT viene somministrato con un programma intensivo di 16 sedute di un ora al mese. Ogni seduta consiste di ripetizione di compiti simili, come la produzione di “ah” sostenuta alla massima durata e alla massima estensione possibile. Vi è una gerarchia di compiti linguistici che aumenta di difficoltà ogni settimana: - prima settimana: parole e frasi - seconda settimana: frasi - terza settimana: lettura - quarta settimana: conversazione Tutti i pazienti con malattia di Parkinson ottengono miglioramenti. È necessario eseguire ulteriori ricerche per verificare l’efficacia di questa metodica anche nelle sindromi atassiche. 45 2.8 Trattamento basato sulla chiarezza e la prosodia Lo studio è stato effettuato su quattro pazienti con disartria atassica. Il trattamento si è basato su due caratteristiche del linguaggio: la chiarezza e la prosodia. I miglioramenti nella chiarezza del discorso sono stati inizialmente raggiunti controllando la velocità del parlare. È stata studiata una gerarchia di strategie nel controllo della velocità, variando da un’impostazione forzata della velocità mantenendo un ritmo prefissato, ad un controllo della velocità auto-monitorato dai pazienti stessi. In questo modo i pazienti hanno migliorato le loro abilità di controllo, trovando un equilibrio tra la chiarezza e la velocità. Invece, non sono stati raggiunti modelli normali di prosodia a causa della difficoltà, dei pazienti atassici, nel coordinare con precisione la frequenza di base, l’altezza e il tempismo degli accenti. Tre dei quattro pazienti hanno imparato ad usare solo aggiustamenti della durata dell’accento. In questo modo sono capaci di mettere l’accento sulle parole giuste, minimizzando il loro modo di parlare bizzarro dovuto ai grandi cambiamenti della frequenza di base e alle brusche variazioni di altezza. È necessario eseguire ulteriori ricerche cliniche orientate. 46 Capitolo terzo LA DISFAGIA La disfagia è un disordine nella progressione di una sostanza dalla bocca allo stomaco. Altera la normale deglutizione a sua volta definibile come l’abilità a convogliare sostanze solide, liquide, gassose o miste dalla bocca allo stomaco. 47 3.1 Anatomo-fisiologia della deglutizione La deglutizione è un processo neuromuscolare articolato e complesso che consente la progressione ed il trasporto del bolo alimentare, liquido e solido, dalla cavità orale verso le vie digestive inferiori. E’ un atto che può avvenire sia volontariamente, durante l’assunzione degli alimenti, sia passivamente in seguito a stimolazione da parte di secrezioni salivari. E’ stato calcolato che vengono mediamente eseguiti 590 atti deglutitori in una sola giornata (145 durante i pasti, 395 fra un pasto e l’altro in stato di veglia, 50 nel sonno). La funzione deglutitoria viene suddivisa in quattro fasi cronologicamente successive e distinte, con riferimento alle regioni anatomiche via via interessate dal transito del bolo alimentare: 1. preparazione orale 2. stadio orale 3. stadio faringeo 4. stadio esofageo 48 Prima della deglutizione l’osso ioide, come postura preparatoria si sposta in posizione di moderata elevazione; contemporaneamente si verifica l’arresto della “manipolazione” intraorale e l’inibizione della respirazione, che si rendono indispensabili per l’incrociamento tra via aerea e digestiva, in modo da alternare funzione deglutitoria e respiratoria. Superiormente la separazione fra rinofaringe e orofaringe è determinata dall’azione del velo palatino, il cui muscolo tensore svolge un ruolo fondamentale, mentre inferiormente la base linguale compie un movimento di elevazione. L’atto deglutitorio è un complesso meccanismo attuato mediante l’azione coordinata dei nervi cranici deputati al controllo dei muscoli di bocca, laringe ed esofago. I nervi cranici interessati sono il V, VII, IX, X, XII, con l’interessamento del midollo allungato e dei neuroni motori superiori. La prime due fasi, durante le quali si verifica una contrazione rapida dei muscoli miloioidei, che danno inizio ai movimenti della deglutizione, sono sotto il controllo volontario. 49 Nella successiva fase faringea entrano in azione i muscoli faringei (costrittore superiore e medio) la cui contrazione, di tipo involontario, segue quella dei miloioidei. L’ultima fase, anch’essa involontaria, si conclude a livello esofageo con la contrazione del muscolo costrittore inferiore faringeo. Per l’innesco di questa componente riflessa dell’atto deglutitorio segnali afferenti provenienti dal cavo orale attraverso il trigemino, dal plesso faringeo, attraverso il glossofaringeo, dall’epilaringe e dai seni piriformi, attraverso il ramo interno del nervo laringeo superiore, convergono tutti nel sistema spinale trigeminale del fascicolo solitario e si portano al centro della deglutizione situato nel nucleo del tratto solitario e nella sostanza reticolare. Da qui segnali efferenti attraverso il IX, X e XII nervo cranico giungono ai muscoli sovraioidei, costrittori del faringe e cricofaringeo. In ogni emisfero cerebrale è presente un centro della deglutizione, capace di attivare l’atto deglutitorio; tali centri sono interconnessi sia tra loro che con i centri cerebrali responsabili del vomito, del respiro e della masticazione. 50 Durante la fase di preparazione orale viene conferita al cibo una consistenza adeguata alla deglutizione mescolandolo con la saliva e triturandolo. Nella fase orale la lingua opera un movimento verso l’alto ed indietro, in un’azione sequenziale di compressione e srotolamento verso il palato, spingendo così il bolo in faringe, ciò è possibile grazie all’azione coordinata, sinergica e progressiva dei muscoli linguali, intrinseci ed estrinseci: stilo-glosso, palato-glosso, faringo-glosso, muscoli trasversi e longitudinali della lingua. L’azione linguale non serve solo a raccogliere il bolo a mo’ di stantuffo verso l’istmo delle fauci, ma ha anche un ruolo predominante nell’elicitazione della successiva fase faringea. Lo stadio faringeo si svolge nella zona compresa tra l’istmo delle fauci e la parte antistante lo sfintere esofageo superiore. E’ questo un momento critico del processo di deglutizione poiché corrisponde all’attraversamento ed al superamento dell’incrocio aereo-digestivo. Quando il bolo passa in faringe, la stimolazione di questa per via riflessa, porta al rilasciamento dello sfintere esofageo superiore che permette al bolo di entrare in esofago dando inizio allo stadio esofageo. 51 Si ha poi la contrazione di tale sfintere che si richiude impedendo il reflusso alimentare esofagofaringeo. Fase orale: patterns motori Normalmente l’atto deglutitorio si svolge al di fuori del controllo corticale ma la fase orale si differenzia dalle altre perché è consapevole e volontaria, cioè è di fondamentale importanza ai fini terapeutici. Una volta che il cibo viene trasformato in bolo viene trattenuto e compresso tra la porzione anteriore del dorso linguale e la porzione anteriore del palato. La punta della lingua poggia sul terzo anteriore del palato, precisamente sulle creste palatine, la parte mediana si solleva schiacciandosi contro la volta del palato, mentre la parte posteriore si stacca dal palato formando un angolo di 45° permettendo così il transito del bolo. I bordi linguali si trovano fra il margine radicolare dei denti superiori e la porzione di palato iuxta dentale. Si 52 verificano in tal modo contrazioni intrinseche della lingua che deformano, con un movimento ondoso, il corpo linguale: il bolo è spinto in faringe come se fosse “pasta dentifricia” spremuta dal suo contenitore. L’apice della lingua esercita sul suo punto di appoggio una pressione di circa 100g/cm 2, mentre quella esercitata da tutto il suo insieme sui denti è di circa 2 kg, per un tempo che oscilla tra un quinto e un decimo di secondo. Contemporaneamente alla spinta verso l’alto della lingua, la mandibola si solleva e la arcate dentali vengono a contatto grazie alla contrazione dei muscoli masticatori: temporale, massetere e pterigoideo interno, innervati dal V paio di nervi cranici. La forza applicata ai denti durante la deglutizione è di circa 30 kg, per una durata di circa 685 millisecondi . Le labbra e le guance si chiudono senza sforzo o contrazioni visibili: non vi è alcuna partecipazione attiva della muscolatura mimica. 53 3.2 Complicanze Le complicanze della disfagia si distinguono in: - a breve termine: crisi asfittiche, broncopolmoniti - a lungo termine: complicanze respiratorie, dimagrimento, disidratazione e morte 3.3 Team multidisciplinare La definizione diagnostica e il trattamento di una disfagia coinvolge un gruppo eterogeneo ed articolato di operatori sanitari e non sanitari il cui intervento deve essere coordinato. La Tabella 4 riassume gli operatori professionali coinvolti nella gestione dell’utente disfagico. - Operatori coinvolti: chirurgo fisiatra e fisioterapista foniatra e logopedista gastroenterologo geriatra infermiere neonatologo, pediatra neurologo nutrizionista e dietista odontoiatra pneumologo radiologo internista otorinolaringoiatra psichiatra e psicologo terapista occupazionale Tabella 4 54 Primo momento dell’attività del team è la definizione diagnostica e stimare la gravità del disturbo in merito allo sviluppo di complicanze quindi identificare le opzioni terapeutiche, redigendo un piano di trattamento personalizzato che preveda il monitoraggio dei risultati raggiunti . Tale attività prevede uno scambio rapido e fruibile delle informazioni che ciascuna figura nel team è abilitata a fornire per il raggiungere una deglutizione funzionale o concordare l’impiego di una via alternativa di alimentazione a quella orale. La risoluzione dell’handicap correlato alla disfagia migliorerà la qualità di vita dell’utente. 55 3.4 Valutazione clinica La valutazione clinica dell’utente disfagico parte della anamnesi che dovrà porre particolare attenzione ai pregressi medici, chirurgici o radioterapici che possono aver interessato il distretto cervico-facciale o toracico, l’assunzione di farmaci (neurolettici, barbiturici, antistaminici, diuretici), lo stato nutrizionale e la variazione di peso ed idratazione negli ultimi mesi come espressione di possibili complicanze di disfagia (malnutrizione e disidratazione). (Tabella 5) Principali segni indicatori di disfagia: - manipolazione e selezione di cibi in termini di volumi, consistenze, preparazione del bolo, perdita di saliva o cibo dalla bocca - modificata abilità nell’assumere farmaci per os - uso di utensili o stoviglie con apertura non adeguata della bocca e delle labbra - comportamento durante il pasto: mangiare lentamente, deglutire più volte, utilizzo di posture facilitanti durante la deglutizione - affaticamento durante il pasto, interruzione precoce del pasto (spesso con imbarazzo per tosse, rigurgiti ecc.) - voce gorgogliante (o umida) dovuta a ristagno di secrezioni o bolo sulle corde vocali - tosse associabile alla deglutizione realizzandosi prima, durante o dopo l’atto Tabella 5 56 La tappa successiva della valutazione - prevede uno studio delle abilità motorie e della sensibilità degli effettori della deglutizione con particolare attenzione al grado di protezione offerta alle vie respiratorie - durante la deglutizione (innalzamento laringeo e tosse protettiva). - (Tabella 6) Valutazione di: stato mentale linguaggio articolazione e parola respirazione voce e risonanza postura labbra: sensibilità, forza apertura della bocca muscoli della masticazione denti salivazione sensibilità cavo orale e orofaringe lingua: mobilità, forza velo palatino deglutizione volontaria test con bolo Tabella 6 La terza fase di questa valutazione è condotta da deglutologi e prevede la somministrazione di boli a diverso volume e consistenza per valutare la successiva comparsa di tosse, raschio in gola, modificazione della qualità vocale. Al termine di ciascuna fase possiamo ottenere degli elementi per impostare il piano di trattamento, procedere alla tappa successiva ovvero richiedere una valutazione strumentale. 57 Una indagine strumentale è indicata per diagnosticare e/o pianificare la gestione e il trattamento in pazienti con sospetto o ad alto rischio di disfagia orofaringea (popolazione a rischio) desunta dalla valutazione clinica. Le indagini strumentali per lo studio della deglutizione oggi a nostra disposizione sono molteplici e opteremo per indagini dinamiche (studio in tempo reale). L’esame strumentale che più si avvicina al gold standard e oggi considerato tale è la videofluoroscopia (VFS) anche se evidenze mediche recenti documentano come non azzeri il rischio di falsi negativi. Ne deriva la necessità di ricorrere a più indagini strumentali. Fra queste l’indagine endoscopica ( Fiberoptic Endoscopic Evaluation of Swallow– FEES) è quella di più agevole reperimento . La Tabella 7 riassume i principali vantaggi e svantaggi delle due metodiche che devono essere considerate complementari. 58 VFS: vantaggi: - studio in tempo reale dell’intero atto deglutitivi (dalle labbra allo stomaco) svantaggi: - invasivo (rischio radiologico) - esecuzione disagevole (pazienti non collaboranti) - ambiente e personale dedicato - oneroso - visione bidimensionale (sottostima dei ristagni) - studio della sola componente motoria della deglutizione - non coglie l’affaticamento FEES: vantaggi: - non invasiva - facile esecuzione - studia pazienti acuti e non collaboranti - ripetibile - economica - visione simile alla tridimensionale - studia i ristagni svantaggi: - studia la sola fase faringea Tabella 7 59 L’esame strumentale, oltre a stimare l’integrità anatomica degli effettori della deglutizione, la loro prestazionalità per schemi motori deglutitori e non deglutitori e la sensibilità dei distretti, consente di eseguire test con bolo per documentarne la eventuale progressione nelle vie respiratorie durante la deglutizione nei termini di penetrazione (bolo sopra le corde vocali) o aspirazione/inalazione (bolo sotto le corde vocali). Non va dimenticato che una inalazione può essere silente cioè avvenire senza indurre tosse. L’inalazione può avvenire prima, durante o dopo l’atto deglutitivo distinguendo rispettivamente una inalazione pre-, intra- e post-deglutitoria. (Tabella 8) ASPIRAZIONE Pre-deglutitoria Nelle principali patologie neurologiche centrali. Trattamento conservativo: -dieta solida -posizioni facilitanti Intra-deglutitoria Per inadeguata protezione delle basse vie aeree. Trattamento conservativo:-esercizi di adduzione Post-deglutitoria Per ristagno in ipofaringe. Trattamento conservativo: - dieta morbida - rotazione del capo - manovra di Mendelsohn Tabella 8 60 3.5 Obiettivi del trattamento Obiettivo del trattamento è il raggiungimento di una deglutizione funzionale cioè una deglutizione che si realizzi col minor rischio di aspirazione garantendo in tal modo una adeguata nutrizione, idratazione ed assunzione di farmaci per os. Il trattamento del paziente disfagico deve sempre considerare la patologia di base. Esso può prevedere, se si escludono i provvedimenti medici o chirurgici, modificazioni consistenze), dietetiche (escludendo modificazioni dalla dieta specifiche comportamentali (per aumentare l’attenzione durante il pasto), posture e manovre facilitanti (che agevolano la progressione del bolo attraverso il faringe durante la deglutizione). 61 3.6 Studi che dimostrano la correlazione tra atassia e disfagia 1) Uno studio eseguito su pazienti coreani con Atassia spinocerebellare di tipo 1, 2, 3, 6 e 7 [Frequency Analysis and Clinical Characterization of Spinocerebellar Ataxia Types 1,2,3,6,and 7 in Korean Patients] evidenzia la frequenza delle caratteristiche cliniche di queste patologie tra cui è presente anche la disfagia. 62 2) Un altro studio eseguito su 13 pazienti con atassia di Friedreich [Late-Onset Friedreich Ataxia] valuta la disfagia presente nell’38% dei pazienti. 3) In uno studio a lungo termine su 104 pazienti con atassia di Friedreich [Neurological, Cardiological, and Oculomotor Progression in 104 Patients With Friedreich Ataxia During Long-term Follow-up] il 64% dei pazienti presenta problemi nella deglutizione (34 su 53). Inoltre, durante il follow-up si è notato un peggioramento della disfagia nell’11% (10 su 95) dei pazienti. 63 4) Ciliberti E. e Galvez-Jimenez affermano che con il procedere dell’atassia di Friedreich, compaiono disartria e disfagia. L’eloquio diventa via via indistinto, lento, e, alla fine, incomprensibile. I pazienti possono esperimentare lieve indebolimento dei muscoli facciali con associata debolezza alla deglutizione. L’incapacità a coordinare respiro, parola, deglutizione e risata può far sì che il paziente quasi si soffochi mentre parla (Ciliberti E and Galvez-Jimenez N. 2002. Friedreich Ataxia. eMedicine). 64 3.7 Strategie di deglutizione per pazienti atassici L'atassia può colpire i muscoli necessari per la masticazione e per la deglutizione allo stesso modo degli altri gruppi muscolari. Essi possono essere indeboliti e i loro movimenti rallentati o resi imprecisi e incoordinati. Il tipo e la gravità del problema variano enormemente tra gli individui. La disfagia può comportare problemi nel masticare, sensazione di cibo che si conficchi in gola o difficoltà nel trasportare il cibo attraverso la bocca. Mangiare può divenire molto lento, stancante e disordinato. Alcuni pazienti possono tossire o soffocarsi durante o dopo avere mangiato, ciò può spaventare il paziente. L’eccesso di saliva può fuoriuscire dalla bocca. Questi problemi possono combinarsi rendendo il mangiare stressante e sgradevole per il paziente. I pazienti possono anche aspirare liquidi o cibo nelle vie aeree e nei polmoni. Questo può essere un processo subdolo, senza tosse o altri segni evidenti (“aspirazione silente”, in cui il paziente non ne è consapevole) e ciò può causare infezioni e polmoniti. 65 Perciò le infezioni polmonari persistenti e ripetute dovrebbero essere sempre investigate. Quando vengono scoperti, i sintomi di disfagia spesso possono essere contrastati con successo rendendo la deglutizione più facile. Diagnosi e trattamento sono un sforzo dell’equipe e di solito coinvolgono un radiologo che esegua Raggi X durante la deglutizione, un logopedista, un dietologo, il paziente con atassia, la sua famiglia e chi se ne prende cura. La raccomandazione principale per aiutare a identificare precocemente la disfagia e per evitare complicazioni tardive è eseguire follow-ups regolarmente. 66 Dieta . Una dieta con cibi morbidi richiede meno masticazione; in modo che mangiare non è meno stancante . Evitare cibi grumosi o molto asciutti; aggiungere sugo (per esempio) a un cibo secco per ammorbidirlo . Purée o cibi frullati possono essere più facilmente maneggiati . Addensare le bibite (aggiungere una preparazione di farina o a base di granturco) per rallentare il flusso, dando più tempo e capacità di controllo durante i pasti . Alternare i liquidi al cibo solido; sorseggiare liquidi durante un pasto . Mangiare poco e spesso durante il giorno; ciò è meno stancante che fare pasti pieni . Se non vi sono difficoltà nel mangiare pasti pieni; mangiare il pasto principale a mezzogiorno quando la maggior parte dei pazienti ha più energia e forza in modo da ingoiare con più sicurezza e più facilità . Bere una piccola quantità di acqua alla fine di un pasto per rimuovere qualsiasi cibo che sia rimasto in gola; poi schiarirsi la voce tossendo intenzionalmente 67 Postura e ambiente . Mantenere una buona postura: sedersi comodamente anche usando supporti; piegare il mento in giù verso il torace quando ingoia per aiutare a chiudere le vie aeree e ridurre il rischio di soffocamento . Mangiare in un'atmosfera rilassata; senza distrazioni (parlare o guardare la tv) per aumentare la concentrazione . Non mangiare in fretta il pasto: prendersi il tempo necessario per masticare bene, aspettare un po’ tra una deglutizione e l’altra . Rimanere diritto per almeno 30 minuti dopo il pasto I dietologi possono dare dei consigli sulla preparazione del cibo, per ingoiarlo in modo più sicuro e con una dieta bilanciata, nutriente e appetitosa. I pazienti che hanno bisogno di aiuto con l’alimentazione dovrebbero essere fiduciosi verso chi si prende cura di loro. I care givers dovrebbero essere tranquilli e avere particolare attenzione nel porgere un boccone o nel dare da bere dopo che il paziente abbia deglutito. In teoria, chiunque si occupi di una persona con atassia dovrebbe conoscere la manovra di Heimlich: una prima manovra di soccorso per evitare il soffocamento del paziente. 68 3.8 Il ruolo del logopedista-fisioterapista Il logopedista esegue una valutazione completa della deglutizione e dà consigli basati su di essa, rivedendo regolarmente il paziente per effettuare eventuali modificazioni nel trattamento. Lo scopo principale è dare alla persona con atassia un maggiore controllo nel mangiare e nel bere. Le domande che deve porsi sono: - Il paziente mangia e beve in sicurezza? - Il paziente mangia cibi e bevande adeguati alla sua patologia? “Ognuno ha bisogno del giusto livello nutritivo e di idratazione per mantenere il proprio benessere e la propria salute.” 69 Capitolo quarto QUESTIONARIO PAZIENTE N° : 1 2 3 4 1.ha problemi nel parlare (DISARTRIA)? 5 SI (voce SI SI pochissimi NO nasale) nessuno nessuno nessuno // nessuno NO NO NO // NO NO NO NO // NO peggiora SI // SI 2.chi si occupa della sua disartria? 3.fa qualche trattamento per contrastarla? 4.Conosce il Lee Silverman voice treatment? 5.la sua disartria è stabile peggiora nel tempo? in estate 6.utilizza delle strategie concen- per parlare meglio? trazione parlare NO NO // lentamente, scandire le parole 7.utilizza degli aiuti alla comunicazione (es. tabelle, NO NO NO // SI NO NO // NO alfabeto,immagini,pc)? 8.considera la sua disartria un handicap? SI 70 PAZIENTE N° : 1 2 3 4 5 SI SI pochi SI SI 1.ha problemi nel deglutire (DISFAGIA)? 2.come le accade di tossire o strozzarsi? Con che frequenza? mangiando in fretta o soprattutto bevendo il con i caffè bevendo si strozza l’acqua liquidi caldo + volte al giorno raramente raramente con i liquidi e con la saliva spesso 2 volte al giorno 3.chi si occupa della sua disfagia? nessuno nessuno nessuno nessuno nessuno NO NO NO NO NO SI SI SI peggiora SI concentrazione NO NO evita il caffè caldo mangia lentamente NO NO NO NO NO SI NO NO NO SI 4.fa qualche trattamento per contrastarla? 5.la sua disfagia è stabile nel tempo? 6.utilizza delle strategie di compenso? 7.segue delle limitazioni dietetiche? 8.considera la sua disfagia un handicap? 71 PAZIENTE N° : 6 7 8 9 10 solo se SI: quando è NO agitato stanca SI SI // nessuno logopedista logopedista nessuno // NO esercizi esercizi NO // NO NO NO NO // SI migliorata peggiora peggiora 1.ha problemi nel parlare (DISARTRIA)? 2.chi si occupa della sua disartria? 3.fa qualche trattamento per contrastarla? 4.Conosce il Lee Silverman voice treatment? 5.la sua disartria è stabile nel tempo? 6.utilizza delle strategie per parlare meglio? respiri parla lentamen te // NO lunghi NO // NO NO NO NO // NO NO NO SI 7.utilizza degli aiuti alla comunicazione (es. tabelle, alfabeto,immagini,pc)? 8.considera la sua disartria un handicap? 72 PAZIENTE N° : 6 7 8 9 10 NO SI SI SI SI con i liquidi con i liquidi tiepidi, e con la saliva nel sonno con i liquidi con i liquidi // raramente 2 volte al giorno 2 volte al giorno 2 volte a settimana // nessuno 1.ha problemi nel deglutire (DISFAGIA)? 2.come le accade di tossire o strozzarsi? // Con che frequenza? 3.chi si occupa della sua disfagia? 4.fa qualche trattamento per contrastarla? logopedista logopedista nessuno // NO educazione all’ attenzione // SI migliorata esercizi NO SI SI 5.la sua disfagia è stabile nel tempo? 6.utilizza delle strategie di compenso? evita i liquidi tiepidi, concentrazio ne NO conosce le postura corretta ma non la utilizza // NO // NO NO NO NO // NO NO SI NO 7.segue delle limitazioni dietetiche? 8.considera la sua disfagia un handicap? 73 Resoconto questionario sulla disartria 1.ha problemi nel parlare (DISARTRIA)? Si: 8 No: 2 2.chi si occupa della sua disartria? nessuno: 6 logopedista: 2 3.fa qualche trattamento per contrastarla? No: 6 Si: 2 4.Conosce il Lee Silverman voice treatment? No: 8 5.la sua disartria è stabile nel tempo? Si: 3 peggiora: 4 No: 4 Si: 4 migliora: 1 6.utilizza delle strategie per parlare meglio? 7.utilizza degli aiuti alla comunicazione (es. tabelle, alfabeto,immagini,pc)? 8.considera la sua disartria un handicap? No: 8 Si: 3 No: 5 74 Resoconto questionario sulla disfagia 1.ha problemi nel deglutire Si: 9 No: 1 (DISFAGIA)? 2.come le accade di con i tossire o strozzarsi? liquidi: 9 Con che frequenza? + volte al giorno: 5 raramente: 4 3.chi si occupa della sua disfagia? nessuno: 7 logopedista: 2 4.fa qualche trattamento per No: 7 Si: 2 Si: 7 peggiora: 1 No: 5 Si: 4 contrastarla? 5.la sua disfagia è stabile nel tempo? migliora: 1 6.utilizza delle strategie di compenso? 7.segue delle limitazioni No: 9 dietetiche? 8.considera la sua disfagia un Si: 3 No: 6 handicap? 75 CONCLUSIONI Il questionario eseguito evidenzia la presenza massiccia di disartria e disfagia nei pazienti atassici intervistati. La percentuale molto bassa di essi che effettua un trattamento logopedico impedisce la validazione delle attuali tecniche riabilitative e lo sviluppo di nuove più appropiate. Esistono delle scale di valutazione, anche non specifiche per le sindromi atossiche, che permettono di valutare la disartria come un deficit della qualità di vita e la disfagia per la sua pericolosità, pensiamo ad esempio alle polmoniti ab-ingestis che negli stadi terminali della malattia possono provocare la morte del paziente. È necessario pertanto ampliare l’utilizzo delle scale di valutazione, eseguire degli studi mirati al raggiungimento di nuove strategie riabilitative valide e coinvolgere maggiormente medici, terapisti e pazienti nella lotta alle disfunzioni bulbari. 76 BIBLIOGRAFIA: 1. AISA, Associazione Italiana per la lotta alle Sindromi Atassiche: “Atassie Ereditarie: Diagnosi, riabilitazione e prospettive terapeutiche” 2006 2. “Anatomo-fisiologia della voce” www.e-socrates.org/mod/resource/view.php?id=150 3. Ataxia UK: ”Swallowing & Speech” 2005 www.ataxia.org.uk/publications_and_pictures/ swallowing_and_speech.pdf 4. 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