1 Al Ministro della Sanità Chiar.mo Prof

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1 Al Ministro della Sanità Chiar.mo Prof
Al Ministro della Sanità
Chiar.mo Prof Girolamo Sirchia
Richiesta dell’erogazione della Somatostatina in fascia A, su prescrizione del medico di famiglia
convenzionato, per tutte le patologie neoplastiche, in considerazione delle seguenti ragioni di
ordine scientifico, etico e sociale.
Ragioni scientifiche
La letteratura medico scientifica mondiale ha ampiamente ed esaurientemente confermato con
ventiduemilanovecentotrentanove pubblicazioni, recensite sulla maggior banca dati medico
scientifica mondiale Med-Line–PubMed (National Library of Medicine) www.ncbi.nlm.nih.gov, la
razionalità e l’efficacia dell’impiego della somatostatina nella cura dei tumori, in quanto
interviene su denominatori comuni a tutte le patologie neoplastiche quali la perdita del
controllo fisiologico dei meccanismi proliferativi e apoptotici, associando l’effetto antitumorale
all’assenza di rilevante tossicità. Tra queste pubblicazioni quella del Premio Nobel Schally, il
quale nel 1998 ha sostenuto nel suo studio che non solo la somatostatina è un farmaco
biologico ad elevata azione antitumorale, ma che esistono i presupposti razionali e scientifici
per il suo impiego in ogni neoplasia, definendone anche il meccanismo d'azione. La
pubblicazione di Schally “Mechanisms of antineoplastic action of somatostatin analogs” (Proc.
Soc. Exp. Biol. Med. 1998, Feb. 217:2 143-52) è giunta esattamente vent'anni dopo la
relazione del Prof. Di Bella ad Amsterdam del 1978, nel corso del congresso del “Pineal Group”,
pubblicata nella rivista Progress in Brain Research Vol 52 –1978 col titolo “Perspectives in
pineal functions”.
Successivamente, nel 1981, il Prof Di Bella ha presentato circa un migliaio di casi che avevano
positivamente risposto alla somatostatina e al suo protocollo, nella relazione “Somatostatin in
cancer therapy” pubblicata agli atti del II International Symposium of Somatostatin, 1981.
È pertanto incontestabile la priorità del Prof Di Bella, sull’impiego clinico terapeutico della
somatostatina in oncologia.
È ormai certo, sperimentato e comunemente ammesso, il deciso, evidente ed atossico effetto
antiangiogenetico della Somatostatina e analoghi, come l’octreotide, in misura superiore agli
altri inibitori dell’angiogenesi, come Endostatina, Angiostatina, Talidomide ecc… responsabili di
una tossicità anche rilevante, in assenza di tutti gli altri meccanismi inibitori antitumorali della
somatostatina. È confermato che, in assenza di neoformazione vascolare, qualsiasi cancro non
riesce a svilupparsi e disseminarsi, restando un cancro “in situ”. È fuori discussione il peso
rilevante dell’angiogenesi tumorale sulla progressione e metastatizzazione neoplastica.
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Sono noti e conosciuti nei loro aspetti chimici, biochimici e di biologia molecolare, i molteplici
meccanismi diretti della somatostatina sui siti recettoriali di membrana della cellula tumorale
SSTR 1-5 e sui due sottorecettori di SSTR-2. È da tempo superato e gravemente riduttivo il
concetto di un’efficacia della somatostatina condizionato dalla presenza di recettori SSTR-2 e
SST-5, evidenziabili dall’Octreoscan, in quanto questa tecnica:
- non rileva la presenza di SSTR-1, SSTR-3, SSTR-4, che svolgono un ruolo documentato nel
blocco del ciclo cellulare tumorale
- non evidenzia aggregati cellulari inferiori ai 4-5 millimetri di diametro
- ha dato falsi negativi in situazioni in cui la presenza di SSTR è stata accertata mediante la
polimerasi-transcriptasi inversa (PCR-RT) e/o l’indagine immunoistochimica (IHC)
- Considera l’espressione recettoriale come un dato fisso, stabile, mentre al contrario è
dimostrato che varie cause come la somministrazione continuativa della somatostatina e
analoghi possono indurre l’espressione di SSTR e modularla
Sono altrettanto noti i meccanismi indiretti, sia recettoriali che extrarecettoriali, i quali,
attraverso l’attivazione del SSTR-2 ipofisario, inibiscono l’increzione dell’ormone della crescita
(GH), massimo fattore potenzialmente neoplastico, di cui è dimostrato il ruolo determinante
nell’insorgenza e sviluppo tumorale. È esaurientemente dimostrato il ruolo dell’ormone della
crescita (GH) nell’induzione a livello epatico delle somatomedine IGF-1, fattore di crescita
similinsulinico, che esercita un rilevante e generalizzato ruolo nella proliferazione neoplastica.
È documentata la regolazione negativa da parte della Somatostatina non solo dell’espressione,
ma anche della trascrizione genica di altri potenti fattori di crescita e dei loro recettori,
responsabili dell’insorgenza e progressione tumorale, come quello epidermico EGF, il
fibroblastico FGF, quello di derivazione piastrinica PDGF, del fattore di crescita maggiormente
responsabile dell’angiogenesi come il VEGF, del fattore di trasformazione TGF, del fattore di
crescita derivato dal tessuto nervoso NGF e di altre molecole che intervengono nella
proliferazione neoplastica, come il VIP (Peptide Vaso-intestinale), la Gastrina ecc...
La somatostatina ha dimostrato pertanto di esercitare, attraverso numerosi e differenti
meccanismi d’azione, un ruolo fisiologico, e pertanto atossico e generalizzato, di controllo della
cancerogenesi, e di essere con la Melatonina un componente del DNES e un elemento primario
dell’omeostasi antiblastica.
È dimostrato che nel corso dello sviluppo di aggregati cellulari neoplastici, un numero variabile
di cellule diviene capace di attività endocrina. Se mediante tecniche istochimiche o di PCR-RT si
evidenzia la presenza di SST o di SSTR, ad essa è invariabilmente associata una maggiore
differenziazione e una prognosi nettamente migliore.
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È ammesso d’altra parte che la maggiore concentrazione plasmatica di GH, presente negli
acromegalici o nella somministrazione terapeutica di GH, nei deficit di crescita, è legata ad
un’incidenza dei tumori nettamente maggiore della media.
Alcuni parenchimi, come il pancreas endocrino contenente cellule B insulinosecernenti,
frammiste ad A glucagonesecernenti e a D somastatina secernenti, malgrado la ricchezza e
intensità di vascolarizzazione, sono raramente sede di diffusione neoplastica per contiguità o
per metastasi da organi limitrofi come lo stomaco, l’intestino o il fegato.
Ragioni etiche e sociali
In alcune Regioni gli ammalati di tumore che utilizzano la somatostatina ottengono un
rimborso, anche parziale, della spesa sostenuta. Dopo la fine della sperimentazione
ministeriale del MDB, è continuato il contenzioso tra pazienti e ASL per ottenere l’erogazione
della somatostatina. Il numero dei ricorsi accolti ha superato largamente il migliaio, e una
stima prudente del numero dei pazienti neoplastici in terapia domiciliare con la somatostatina
si aggira sui 15.000 circa. Alcune ditte italiane forniscono le farmacie di somatostatina come
prodotto generico e la produzione si aggira sulle quarantamila confezioni mensili, cui vanno
sommate le fiale di somatostatina prodotte galenicamente e quelle acquistate direttamente
all’estero, soprattutto in Germania.
A queste va aggiunta la vendita dell’analogo della somatostatina, l’octreotide, sia nelle
confezioni intramuscolari da 0,5 o 1 mg, che a lento rilascio da 10, 20 e 30 mg. Già solo il
consumo di octreotide supera ampiamente le richieste per rare patologie come l’acromegalia o
i tumori neuroendocrini, per cui il Ministero prevede l’erogazione della Somatostatina. Ne
deriva che la stima delle 15.000 persone in trattamento in Italia con somatostatina è
sicuramente approssimata per difetto.
Ciò testimonia una grave perdita di fiducia e credibilità da parte del cittadino verso le istituzioni
sanitarie e le terapie proposte come la chemioterapia, incapace di agire sui fattori causali
neoplastici e di eradicare i tumori solidi, malgrado l’elevata tossicità e una mortalità
inaccettabile denunciata anche da un’agenzia della Reuters Healt [Wesport,CT 2001-05-17]:
“Unexspected high mortality rated associated with chemoterapy regimen...”, “Non ci si
aspettava un tasso di mortalità così elevato associato ai protocolli chemioterapici”.
Le
effettive,
reali
possibilità
terapeutiche
dell’oncoterapia
medica,
chirurgica
e
della
radioterapia, tratte da una revisione della letteratura e dai dati del National Cancer Institute,
sono state evidenziate e confermate da M.A. Richards, D Stockson e AA (BMJ 2000;320:895 –
898) in uno studio condotto in Inghilterra e nel Galles su 782.902 pazienti neoplastici, con una
varietà di 47 diverse forme tumorali, di cui 541.976 sono morti a cinque anni dalla diagnosi.
Gli autori, oltre a riportare pertanto una sopravvivenza del 29% a cinque anni, sottolineano il
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dato che negli ultimi cinque anni esaminati, si è registrata una riduzione della mortalità di un
modestissimo 3,3%. La realtà è ancora peggiore perché la mortalità per tumore tra i cinque e i
10 anni dalla diagnosi aumenta ulteriormente, come risulta da diverse statistiche tra cui quelle
riportate da Paul Goss, direttore del Centro di Breast Cancer prevention and research di
Toronto, nel corso di un incontro nel giugno 2004 presso lo IEO. Egli ha evidenziato una verità
sconsolante: “la comunità medica ha sottostimato il rischio di ricaduta di donne considerate
guarite” (dopo 5 anni). Il suo istituto ha seguito un alto numero di donne dopo i cinque anni,
smentendo il concetto di guarigione dopo questo periodo per l’alto numero di recidive. Ciò
vanifica le statistiche di cosiddetta guarigione diffuse alla pubblica opinione dall’oncologia,
evidenzia drammaticamente la reale impotenza delle attuali terapie mediche nei tumori solidi e
rende immorale, inaccettabile e antietico il rifiuto all’erogazione della somatostatina ai pazienti
neoplastici che scelgono questo trattamento, imponendo di fatto una scelta terapeutica
coercitiva e ignorando l’articolo 34 della Costituzione, che sancisce la libertà di scelta
terapeutica.
La sempre più sentita esigenza di condizionare l’efficacia della chirurgia oncologica alla
radicalità, con interventi spesso estesi, a volte mutilanti, non di rado ripetuti, che non possono
comunque escludere recidive, rappresenta la più palese e ovvia conferma della piena
consapevolezza dell’incapacità della chemio di eradicare il tumore, e pertanto della giustificata
sfiducia in questa linea terapeutica. La chirurgia dei tumori nasce e trova la sua ragione
d’essere
dalla
consapevolezza
che
la
chemioterapia
consegue
un
transitorio
effetto
citoriduttivo, ma non guarisce il tumore. È ovvio che se la chemioterapia fosse realmente
efficace non avrebbe senso l’exeresi chirurgica dei tumori. Le radio e/o chemioterapie post
chirurgiche conseguono risultati limitati se a 5 anni il 71% degli ammalati neoplastici, come
evidenziato dal B.M.J., soccombe al cancro, senza considerare gli effetti collaterali e la tossicità
spesso grave della chemio. È particolarmente rilevante sottolineare che questa percentuale di
sopravvivenza è pressoché interamente dovuta alla chirurgia, come ammesso anche
recentemente da Garattini sulla rivista le Scienze: “il miglior trattamento quando sia possibile
rimane la chirurgia, mentre tutto l’insieme dei trattamenti antitumorali chemio + radio +
immunoterapia consente a malapena un 10% di sopravvivenza a 5 anni”.
Il concetto è ripreso dal Prof. Vittorio Staudacher, direttore emerito della clinica chirurgica di
Milano e membro del consiglio direttivo della Scuola Europea di Oncologia. In un’intervista sul
Corriere della Sera afferma che “la chemioterapia ad accezione di alcune patologie leucemiche
e dei linfomi è incapace di guarire i tumori (…) mette l’inferno nel corpo ai malati (…) La
chemio ha mai guarito qualcuno di tumori dell’esofago, dell’intestino, del colon, del cervello?
Ma i pazienti conoscono la vera portata degli effetti collaterali cui vanno incontro?”.
In una della patologie in cui l’oncologia vanta i risultati più brillanti, la leucemia linfoblastica
acuta (A.L.L.) e il Linfoma N.H., un’indagine approfondita evidenzia due dati sconfortanti.
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Atra A.Gerrard M. e AA [Br J Cancer 1998 Jun 77 (12) 2281-5], in uno studio su pazienti affetti
da Linfoma N.H. 4° stadio e Leucemia Linfatica acuta tipo B (B-ALL), sottoposti a un ciclo di
chemioterapia (regime francese LMB 86) registrarono per gli effetti tossici della
chemioterapia l’11% di decessi tra i 4 giorni e 11 mesi. Lo studio è particolarmente
significativo non solo per il numero dei pazienti, ma anche perché estende a 14 anni il
monitoraggio di bimbi con età media di 8,5 anni. La pubblicazione evidenzia come nel corso dei
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anni
successivi
ai
cinque
fatidici
anni,
la
percentuale
di
sopravvivenza
scenda
progressivamente.
Questi gravi limiti della chemio sono riportati e confermati anche dal National Cancer Institute
www.nci.nih.gov/cancertopics/pdq/adulttreatment, il massimo portale oncologico mondiale.
Scorrendo l'elenco alfabetico relativo ad ogni tipo di neoplasia e per ogni stadio, il sito infatti
illustra chiaramente l'aspettativa di vita con la chemio. Da questa rassegna emerge
evidentissimo il dato che quando un tumore solido supera i limiti chirurgici o recidiva dopo
intervento, la chemio non ha alcuna possibilità di eradicarlo e i tempi di sopravvivenza in
queste condizioni a volte non superano l’anno, raramente i 2 anni, eccezionalmente superano
questo limite.
Anche il noto quotidiano tedesco Spiegel, in un editoriale, ampiamente ripreso e diffuso da altri
siti e organi di informazione, ha evidenziato l'inefficacia della chemioterapia.
Dal sito www.whale.to/a/chemo1.html:
“Il giornale tedesco Spiegel racconta la verità sulla chemioterapia
Uno dei giornali più letti in Germania, lo Spiegel, ha recentemente pubblicato un articolo di tre
pagine sull’inutilità della chemioterapia. Mentre gli oncologi dicono ai loro pazienti che la
chemio aiuta ad incrementare l’aspettativa di vita, le statistiche hanno rivelato che per i tumori
più comuni la chemioterapia non migliora assolutamente la situazione. Nei casi di tumore alla
mammella, la chemioterapia diminuisce addirittura la sopravvivenza media da 24 a 22 mesi,
nel tumore alla prostata da 19 a 18 mesi, mentre la sopravvivenza media per il tumore al
polmone era stata aumentata da 5 a 6 mesi e da 12 a 14 per i tumori all’intestino. Tutto
sommato, la chemioterapia non agisce sui più comuni tipi di tumore.
Ciò che appare come una sorpresa per il lettore medio, il lettore informato di farmacologia lo
sapeva già da lungo tempo: il libro del Dott. Ralph Moss “Questioning chemotherapy”, una
meta analisi di un cospicuo numero di studi, rivela il medesimo risultato.
Il perché la medicina ortodossa continui a voler spendere più del 15% su questa inutile ed
eccessivamente costosa terapia, rimane un mistero per quasi tutte le persone con un
quoziente intellettivo di 3 cifre, tranne per coloro che, chiaramente, hanno capito che le
aziende farmaceutiche non si occupano di aiutare i pazienti ma di guadagnar denaro”.
Nel 1998 il rifiuto del Ministero della Sanità ad erogare la somatostatina, malgrado evidenze
scientifiche già allora documentabili, ha aperto un grave contenzioso con i cittadini, che le
Istituzioni sanitare s’illusero di risolvere con una sperimentazione dall’esito preconfezionato.
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Infatti, dalla fine della sperimentazione, oltre 1500 sentenze hanno condannato le ASL a
erogare il MDB in base a perizie medico-legali che ne certificavano l’efficacia, e alcune Regioni
come il Lazio, l’Emilia e la Toscana danno un sostegno alla cura, mentre in altre Regioni le ASL
non fanno opposizione ai ricorsi dei pazienti per avere il MDB.
Le conferme scientifiche sulla somatostatina e su ogni componente del MDB, come retinoidi,
Melatonina
ecc..,
rappresentano
l'ultima
e
definitiva
smentita
della
sperimentazione
ministeriale sul MDB del 1998, che ha certificato l'inefficacia di quegli stessi componenti del
MDB di cui la letteratura medico scientifica mondiale ha al contrario pienamente confermato
l'efficacia in assenza di tossicità, a differenza degli usuali cicli chemioterapici. Undici cause
d’invalidazione sono documentate e reperibili sulla pubblicazione del giornalista Vincenzo
Brancatisano “Un po’ di verità sulla terapia Di Bella”, sul volume “Il metodo Di Bella” di
Giuseppe Di Bella (Edizioni Mattioli, 2004), nelle trentotto interrogazioni parlamentari sulla
sperimentazione e nella sezione “Sperimentazione” del sito ufficiale della terapia Di Bella:
www.metododibella.org. Tra i fattori invalidanti: inquinamento con una sostanza altamente
cancerogena come l’acetone di tutti i composti di retinoidi fino a un massimo di 850 mg/litro,
ammessa dal Ministero, la somministrazione di farmaci scaduti a 1048 pazienti, come da
verbale firmato da due marescialli dei NAS, ecc...
Recentemente il principale trattato italiano di clinica medica, il Teodori, ha inserito la
melatonina (quarant'anni dopo le prime ricerche del Prof. Di Bella) tra i farmaci antitumorali e
la nota rivista Cancer Research, ha inserito i componenti del MDB tra i farmaci cui viene
riconosciuta e dimostrata una decisa azione antitumorale. È opportuno ricordare che nel 1996,
per iniziativa di Silvio Garattini, la CUF, con decreto legge N°191, aveva fatto divieto ai medici
di prescrivere la melatonina. Episodi come questo hanno creato un contenzioso destinato ad
aggravarsi tra cittadini e istituzioni sanitarie.
Sono state raccolte decine di migliaia di firme in varie regioni d’Italia per ottenere la
Somatostatina in fascia A, e la raccolta sta continuando con un numero crescente di adesioni,
promossa dalle numerose associazioni di volontariato che appogiano la libertà di cura e il MDB.
In considerazione delle evidenze scientifiche ormai inconfutabili, del diritto sancito dalla
Costituzione della libertà di cura e della reale e tristemente nota tossicità e inefficacia della
chemio, si chiede al Ministero di non frapporre ulteriori pretestuosi antietici e antiscientifici
ostacoli all’erogazione della somatostatina in fascia A.
Un rinnovato, immotivato e ostinato rifiuto scientificamente, moralmente e socialmente
inaccettabile, aggraverebbe la sfiducia e il contenzioso già in atto tra istituzioni sanitarie e
cittadini aggravando, per l’assenza di motivazioni di ordine scientifico, il sospetto di ragioni
inconfessabili e inaccettabili.
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