I SISTEMI CELLULARI - Dipartimento di Ingegneria dell`Informazione

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I SISTEMI CELLULARI - Dipartimento di Ingegneria dell`Informazione
Reti Radio Cellulari
L. Giugno, M. Luise – 15/11/2006
1.
OBIETTIVO
In questa documento si discutono le caratteristiche principali delle reti cellulari per radiocomunicazione con mezzi mobili (brevemente, sistemi radiomobili). In particolare, dopo una breve introduzione sulle tecniche di uso passato e presente, si discuterà la modellistica del canale di propagazione
e si illustreranno infine alcuni aspetti del sistema cellulare digitale di seconda generazione (2G)
GSM.
2.
INTRODUZIONE AI SISTEMI DI COMUNICAZIONE CON MEZZI
MOBILI: I SISTEMI CELLULARI
Si definisce sistema di comunicazione con mezzi mobili (o anche sistema radiomobile) un sistema
di telecomunicazioni in cui è possibile mantenere la connessione o il collegamento tra due o più utenti anche in situazioni di mobilità totale o parziale degli utenti stessi. Convenzionalmente si fa
coincidere la nascita delle comunicazioni con mezzi mobili con l'invenzione della modulazione di
frequenza FM (Frequency Modulation) avvenuta nel 1935 da E. H. Armstrong. Nella modulazione
FM, istante per istante, viene fatta variare la frequenza di un segnale ausiliario sinusoidale (detto
segnale portante o semplicemente portante) proporzionalmente ad un segnale analogico da trasmettere (segnale modulante) producendo il segnale effettivamente trasmesso (segnale modulato).
Nel corso di questo documento l’attenzione sarà rivolta alla descrizione delle principali caratteristiche di una particolare classe di sistemi radiomobili, cioè quelli impiegati per applicazioni di
telefonia mobile, al giorno d’oggi noti anche come sistemi cellulari.
2.1
CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI SISTEMI CELLULARI
Un sistema di telefonia mobile elementare può essere schematizzato come riportato nella Figura 1
sottostante. In esso sono generalmente presenti:
• una porzione più o meno vasta del territorio, nella quale il sistema radiomobile svolge le
proprie funzioni, detta area di chiamata o di copertura;
• un trasmettitore centrale, in genere fisso, detto BTS (Base Transceiver Station) impiegato per
instaurare le connessioni tra gli utenti;
• uno o più terminali utente mobili detti anche MS (Mobile Station).
Le connessioni che si instaurano da una MS verso la BTS sono dette in uplink, mentre quelle nel
verso opposto, cioè dalla BTS alla MS, sono dette in downlink.
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Figura 1 - Esempio di sistema elementare di telefonia mobile.
I primi sistemi analogici di telefonia mobile vennero sviluppati in via sperimentale verso la fine degli anni ’40 in diverse parti del mondo. Essi impiegavano formati di segnalazione e di controllo differenti ed incompatibili tra di loro. Tipicamente si trattava di apparati di tipo analogico destinati a
servire aree geografiche particolari, ed aventi capacità di servizio assai limitate (alcune decine di
canali, con interruzioni del servizio quando si usciva dall’area di copertura della BTS), nonché prestazioni (in termini di efficienza energetica e spettrale) non sempre soddisfacenti. Questi sistemi
prevedevano la suddivisione del territorio in zone geografiche autonome, ciascuna delle quali era
coperta da una BTS con l’impiego di tutte le frequenze assegnate al servizio. L’area di copertura
della BTS doveva essere la più estesa possibile, e ciò implicava l’impiego di potenze di trasmissione adeguatamente elevate. Una grave limitazione di questo sistema era, come già accennato, la necessità che l’MS aveva di reiterare la chiamata quando usciva dall’area di copertura della BTS. Inoltre il numero massimo di MS attivi all’interno di ogni area di copertura era limitato al numero dei
canali (cioè delle frequenze) assegnate al servizio, con conseguente bassa densità geografica di utenti. La tecnica di accesso al mezzo, cioè alla banda o porzione di banda di frequenze allocate al
servizio radiomobile, era di tipo FDMA (Frequency Division Multiple Access). Essa consiste nel
suddividere la banda frequenziale disponibile per il sistema in diverse sottobande in genere adiacenti, ad ognuna delle quali corrisponde un canale fisico utilizzabile per la trasmissione o ricezione del
segnale, come si nota dalla Figura 2.
L’FDMA è una delle tecniche di accesso multiplo al mezzo trasmissivo, che permettono
l'accesso contemporaneo alla risorsa fisica da parte di più utenti. Tali tecniche si basano o sulla suddivisione delle frequenze a disposizione entro la banda allocata (FDMA), o sulla suddivisione temporale della risorsa (Time Division Multiple Access o TDMA), o su entrambe con una tecnica di
accesso misto al mezzo (FDMA/TDMA). Non verranno considerate in questa sede altre tecniche di
accesso al mezzo come, solo per citarne alcune, la CDMA (Code Division Multiple Access), utilizzata nei sistemi cellulari di terza generazione (3G), la SDMA (Space Division Multiple Access) e la
ODMA (Opportunity Driven Multiple Access).
-2-
Figura 2 – Accesso al mezzo di tipo FDMA.
Nell’accesso di tipo TDMA, come si vede dalla Figura 3, ogni utente sfrutta ciclicamente la
risorsa fisica per un certo periodo di tempo, il cui valore dipende dalle caratteristiche del segnale in
questione. Ogni intervallo temporale dedicato all’utente è noto con il termine di time slot. E' evidente che le due tecniche, FDMA e TDMA, possono essere utilizzate congiuntamente, portando in tal
caso il numero dei canali fisici risultanti al prodotto tra il numero delle sottobande di frequenze disponibili per quello dei time slot definiti.
Figura 3 – Accesso al mezzo di tipo TDMA.
Sebbene il segnale telefonico occupi in banda base, cioè nella banda di frequenze “naturale”
in cui è allocato prima delle operazioni di modulazione, una porzione dello spettro delle frequenze
compresa tra 0 e circa 4 kHz, i canali su cui venivano trasmessi con modulazione FM i segnali telefonici dei primi sistemi radiomobili erano costituiti da bande frequenziali larghe circa 120 kHz, centrate attorno alla frequenza della portante FM.
In seguito si cercò quindi di ridurre la larghezza di banda del canale assegnato agli utenti,
cioè di ridurre il cosiddetto passo di canalizzazione del sistema. Negli anni '60 la banda del canale
si ridusse a circa 60 kHz e verso la fine degli anni '70 si arrivò a circa 25 kHz.
In quello stesso periodo, iniziarono a diffondersi i primi cosiddetti sistemi cellulari analogici. In
questi sistemi, il territorio interessato dal servizio viene suddiviso in tante porzioni relativamente
piccole dette celle, ciascuna delle quali in genere è servita da una BTS ed entro ciascuna delle quali
viene impiegato un sottoinsieme delle sottobande (cioè delle frequenze) totali disponibili che, allo
scopo di limitare le interferenze co-canale (cioè quelle generate da altri utenti che trasmettono alla
stessa frequenza dell’utente in esame), sono diverse da quelle utilizzate nelle celle adiacenti. La cella delimita una porzione del territorio convenzionalmente di forma esagonale.
I canali disponibili, cioè le porzioni della banda complessiva allocata per la fornitura dei servizi del
sistema cellulare, vengono distribuiti opportunamente su di un gruppo base, detto cluster, di celle
adiacenti. Il numero totale di canali disponibile per cluster, indicato con S , è pari a:
S = h⋅ N
(2.1.1)
dove h è il numero di canali in una cella e N è il numero di celle che compongono un cluster.
Al fine di massimizzare l'efficienza d'un sistema cellulare, occorre che la stessa risorsa fisica
(cioè un canale allocato in una sottobanda delle frequenze disponibili) sia utilizzata contemporane-
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amente dal maggior numero possibile di utenti. Un risultato del genere si può ottenere riutilizzando
la stessa frequenza più volte in celle tra loro diverse, per servire zone territoriali differenti e distanti.
In questo modo si rende trascurabile l'interferenza co-canale, in quanto l'attenuazione del segnale
radio trasmesso è proporzionale alla distanza percorsa dallo stesso durante il suo tragitto. In questo
modo è possibile consentire l’accesso ad un maggior numero di utenti operanti all’interno dell’area
di copertura. Infatti, agendo sulle dimensioni delle celle, è possibile variare la densità geografica
degli utenti stessi e quindi la capacità della rete cellulare, come verrà spiegato approfonditamente in
seguito. Questo modo di procedere consente di riutilizzare più volte uno stesso gruppo di canali
(principio della pianificazione o riuso delle frequenze) ripetendo la struttura di un cluster sul territorio quante volte è necessario per coprire un’area geografica comunque vasta.
Figura 4 - Struttura di un cluster e riuso delle frequenze.
Nella Figura 4 è riportata la struttura di due cluster adiacenti, composti da 3 celle, ed il secondo dei
quali ottenuto per ripetizione del primo. I gruppi di celle 1-2-3 e 1’-2’-3’ utilizzano tutte le frequenze allocate al servizio, ma quelle utilizzate da celle adiacenti sono diverse per minimizzare le interferenze co-canale, come spiegato precedentemente. In particolare le celle 1-1’, 2-2’ e 3-3’, utilizzano la stessa porzione di tutte le frequenze disponibili allocate al servizio. Queste coppie di celle sono alla massima distanza l’una dall’altra, detta distanza di riuso e definita come
D = 3N ⋅ R
(2.1.2)
dove N è il numero di celle che compongono un cluster, R è il raggio della cella esagonale e
k = 1 N è il cosiddetto fattore di riuso, in quanto ogni cella usa una porzione delle frequenze disponibili pari a 1 N .
Variando il fattore di riuso e contemporaneamente la dimensione delle celle è possibile far
variare il numero di utenti serviti a parità di canali disponibili e di area di copertura del servizio,
cioè far variare la capacità della rete cellulare. Per capacità di un sistema cellulare s'intende il numero massimo d'utenti che possono essere serviti dalla rete con un certo grado di servizio. Essa dipende da numerosi fattori, come ad esempio:
• il numero dei canali a disposizione per gli utenti;
• la distribuzione geografica e temporale dell'utenza;
• le caratteristiche tecniche del sistema utilizzato (immunità alle interferenze, le potenze trasmesse e le distanze tra gli utenti in gioco etc.).
La capacità di una rete cellulare, indicata con C , è pari a:
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C = M ⋅S = M ⋅h⋅ N
(2.1.3)
dove M è il fattore di ripetizione del cluster ed S è il numero totale di canali per cluster.
Vediamo adesso come varia la capacità C di una rete cellulare quando variano i vari parametri che compaiono al membro destro dell’equazione (2.1.3). Supponiamo quindi di dover coprire
un’assegnata area geografica, e di aver fissato un determinato numero N di celle componenti un
cluster elementare. Se diminuisce la dimensione delle celle, cioè se diminuisce il raggio R , poiché
N è fissato, per servire la stessa area geografica occorre aumentare M , cioè il numero che indica
quante volte il cluster è ripetuto. Dal momento che se R diminuisce M aumenta, osservando la
formula della capacità in (2.1.3), poichè h ed N rimangono fissati si ha il vantaggio che la capacità
C della rete cellulare aumenta. Questa situazione presenta però anche uno svantaggio intrinseco:
difatti, se il raggio R delle celle diminuisce, aumenta il numero delle antenne (e quindi delle BTS)
necessarie nella rete per servire la stessa area geografica e quindi aumenta anche il costo totale delle
rete, come si nota dalla Figura 5 sottostante.
Figura 5 – Influenza del raggio delle celle sulla capacità ed il costo di una rete cellulare.
Se invece supponiamo costante il raggio della cella R e facciamo aumentare il numero N di celle
per cluster, dalla formula (2.1.2) si nota che la distanza di riuso D aumenta, e quindi diminuiscono
le interferenze co-canale. Il valore ottimo di N , scelto come compromesso tra il livello di interferenza co-canale tollerato ed il costo della rete, è in genere fissato per ogni sistema cellulare.
E’ possibile anche in certi casi suddividere una cella in più sottocelle di dimensioni più piccole, in modo da aumentarne localmente la densità degli utenti ove richiesto (ad esempio, in una città).
Il passaggio tra due celle adiacenti è senza conseguenze per l’ utente, in quanto la rete fissa
di controllo provvede automaticamente ad assegnargli un nuovo canale (con frequenza diversa) che
sarà mantenuto all’interno della cella di arrivo. Questa operazione di sostituzione del canale, che
deve essere inavvertibile per l’utente, prende il nome di handover.
Il passaggio di un utente da una rete ad un altra, di diversa generazione o appartenente ad un
gestore diverso da quello in carica per la rete di partenza, prende il nome di roaming.
2.2
LA DIFFUSIONE DEI SISTEMI CELLULARI NEL MONDO
I diversi sistemi radiomobili o cellulari esistenti al mondo sono per convenzione suddivisi in diverse
categorie che vanno sotto il nome di generazioni. Queste sono le cosiddette:
• prima generazione (1G);
-5-
•
•
•
seconda generazione (2G);
seconda generazione e mezzo (2.5G);
terza generazione (3G).
Sono tuttora in fase di studio sistemi cellulari di quarta generazione (4G).
Esistono attualmente al mondo diversi sistemi 1G incompatibili tra di loro per le comunicazioni radiomobili telefoniche, tutti basati sull’uso della modulazione analogica FM per la trasmissione della voce. I principali sono:
• l’AMPS (Advanced Mobile Phone System) sviluppato negli Stati Uniti;
• l’NMT (Nordic Mobil Telefon-system), sviluppato dai paesi nordici europei;
• il TACS (Total Access Communications System), adottato anche in Italia, sviluppato dalla
Gran Bretagna e simile allo standard americano AMPS;
• il JTACS (Japan TACS) e NTACS (Narrowband TACS), sviluppati in Giappone.
L’NMT è stato realizzato in due versioni, operanti attorno a 450 MHz e 900 MHz, mentre il TACS
lavora intorno a 900 MHz. Entrambi i sistemi impiegano la modulazione FM con un solo canale per
portante (SCPC - Single Channel Per Carrier) e passo di canalizzazione pari a 25 kHz.
I sistemi di seconda generazione (2G), basati sull’impiego di tecnologia digitale, sono sostanzialmente tre:
• il sistema nord-americano IS-54 (Interim Standard-54), recentemente soppiantato dal IS-95
con accesso CDMA;
• il sistema europeo GSM (Global System for Mobile Communication), adottato anche in
molti paesi asiatici ed in Australia;
• il sistema giapponese PDC (Personal Digital Cellular).
Tra i sistemi 2.5G ricordiamo invece:
• il GPRS (General Packet Radio Service) nato come evoluzione del GSM;
• l’EDGE (Enhanced Data rates for GSM Evolution).
Infine, per quanto riguarda i sistemi di terza generazione (3G) menzioniamo:
• l’UMTS (Universal Mobile Telecommunications System) in Europa;
• il CDMA2000 negli Stati Uniti;
• il W-CDMA (Wideband CDMA) in Giappone.
2.3
LA DIFFUSIONE DEI SISTEMI CELLULARI IN ITALIA
Il primo sistema radiomobile italiano, l’RTMI (Radio Telefono Mobile Integrato), entrato in servizio nel 1973 e destinato ad una fascia molto ristretta di utenza, operava intorno a 160 MHz ed aveva
caratteristiche piuttosto primitive (mancanza dell’handover, non completa automatizzazione delle
chiamate). Esso fu soppiantato nel 1985 dal sistema RTMS (Radio Telephone Mobile System) operante attorno a 450 MHz, di tipo cellulare, impiegante ancora la modulazione FM con passo di canalizzazione 25 kHz. Nel 1990 entrò in servizio la rete cellulare TACS a 900 MHz con analoghe caratteristiche di modulazione e canalizzazione. Dall’ottobre del 1992, infine, è stato attivato il sistema cellulare digitale paneuropeo GSM, operante intorno a 900 MHz, avente caratteristiche nettamente innovative e superiori rispetto ai sistemi che l’hanno preceduto. Attraverso una particolare
codifica della voce, che consente di trasformare un segnale fonico o dati a 9.6 kbit/s in un flusso a
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13 kbit/s, nel GSM si ottiene la stessa efficienza spettrale del TACS nella trasmissione di segnali
vocali. Il GSM presenta caratteristiche superiori ai sistemi precedenti per quanto riguarda la densità
geografica di utenze (il cluster è composto da N =9 celle contro le 21 del TACS) e consente
l’attivazione di servizi non previsti dal TACS, quali la trasmissione dati, il fax digitale, la posta elettronica, il trasferimento di chiamata, la teleconferenza, l’SMS ed altri. In seguito verrà illustrato
brevemente il formato di modulazione e di accesso, nonché la struttura e le funzioni base del modem GSM. Preliminarmente verranno descritte l’organizzazione delle reti cellulari impiegate in Italia e le caratteristiche del canale radiomobile. Rimandiamo a note didattiche successive l’esame delle reti radio di terza generazione (3G) come l’UMTS, attive in Italia a partire dal 2004.
3.
ARCHITETTURA ED ORGANIZZAZIONE DELLA RETE GSM
Come schematizzato nella Figura 6, l’architettura semplificata di una rete GSM è costituita essenzialmente da tre sottosistemi principali che sono collegati tra loro e con gli utenti tramite varie interfacce [Rap01], [Meh97]. Essi sono:
ƒ Network and Switching Subsystem (NSS);
ƒ Base Station Subsystem (BSS);
ƒ Operation Support Subsystem (OSS).
La stazione mobile o Mobile Station (MS) viene di solito considerata come parte del BSS. Di seguito si riporta una breve descrizione di ogni sottosistema di rete su indicato e delle parti di cui è composto.
Figura 6 - Architettura semplificate della rete GSM.
3.1
NETWORK AND SWITCHING SUBSYSTEM (NSS)
Il Network and Switching Subsystem (NSS) si occupa della gestione della mobilità degli utenti, degli handover, della sicurezza e dell’interfacciamento con le reti fisse ed infine delle chiama-
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te da quando vengono instaurate a quando vengono terminate. In questa parte del sistema sono contenute le informazioni sulla posizione del MS e sui servizi ai quali l’utente è abilitato.
La struttura del NSS è mostrata nella Figura 7. Al suo interno sono presenti diversi MSC
(Mobile Switching Center) e GMSC (Gateway MSC) ed inoltre si trovano dei database che contengono tutte le informazioni riguardo gli utenti del sistema. Essi sono: l’HLR (Home Location Register), il VLR (Visitor Location Register), l’AuC (Autentication Center) e l’EIR (Equipment Identity
Register). Le varie entità del NSS comunicano tra loro utilizzando il protocollo SS7 (Signaling
System 7).
Figura 7 - Struttura del NSS.
3.1.1 Mobile Switching Center (MSC)
Il Mobile Switching Center (MSC) è il componente principale del sottosistema di rete;
all’interno di questi componenti avvengono tutte le operazioni di registrazione, aggiornamento della
posizione, set-up e commutazione per la gestione delle chiamate da e verso le MS. Gli MSC sono
collegati tramite l’interfaccia A ai BSS e tramite questi agli utenti GSM. Alcuni MSC sono anche
collegati alle reti esterne (es. PSTN, ISDN, ecc.) e costituiscono l’unica via per l’interazione della
rete con l’esterno, per questo vengono chiamati Gateway MSC (GMSC). Quest’ultimi sono dotati
delle interfacce necessarie per interagire con le reti esterne. L’MSC conosce tutte le celle e i BSS
della sua service area (area di competenza) e noto l’identificatore di cella è in grado di individuare
il BSC cha la controlla. Inoltre, ogni MSC conosce quali altri MSC controllano le celle adiacenti alla sua area di copertura, e sfrutta questa informazione quando devono essere effettuati handover tra
celle appartenenti a due diversi MSC. Oltre a tutto quanto detto finora, l’MSC svolge funzioni di
sincronizzazione dei suoi BSS e funge da gateway per inoltrare messaggi SMS provenienti
dall’SMSC (Short Message Service Center) verso gli utenti e viceversa.
3.1.2 Visitor Location Register (VLR)
Il VLR è un database collocato nel MSC che contiene tutte le informazioni necessarie per
gestire gli utenti che sono attualmente presenti nell’area servita dal MSC stesso. Tali dati però vengono mantenuti soltanto finché la MS è presente in quell’area, in quanto all’interno del database
viene tracciata la posizione di una MS mentre si sposta da una location area (LA) all’altra nella zo-
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na controllata dall’MSC/VLR. I dati relativi ad ogni utente sono presenti in modo permanente
nell’HLR, e quando una MS entra in una area controllata da un MSC/VLR queste informazioni
vengono copiate nel VLR in modo che possano essere facilmente reperite ogni volta che è necessario. Riguardo i dati contenuti:
ƒ Stato della MS (libero, occupato, ecc.);
ƒ Local Area Identity (LAI): le celle all'interno della rete sono raggruppate entro aree geografiche chiamate Location Area ed a ognuna di tali aree viene assegnato un LAI. Ogni VLR
controlla molte Location Area e quando un abbonato si sposta da una LA all'altra questo è
aggiornato nel VLR;
ƒ Temporary Mobile Subscriber Identity (TMSI): è un numero d'identità dell'abbonato utilizzato per ragioni di sicurezza. Viene periodicamente cambiato dal gestore del sistema. Il
VLR gestisce e controlla tali numeri e li notifica all'HLR;
ƒ Mobile Subscriber Roaming Number (MSRN): è il numero utilizzato da un abbonato esterno alla rete di un operatore GSM, per una chiamata dal GMSC verso l'MSC che controlla il
BSS connesso al chiamato.
3.1.3 Home Location Register (HLR)
È un altro database che memorizza in modo permanente informazioni riguardanti tutti gli utenti della rete o di un gruppo. Alcuni dei dati contenuti nell’HLR sono permanenti, ad esempio
l’IMSI (numero che identifica l'abbonato della MS) e l’MSISDN (numero telefonico della MS) che
identificano univocamente un utente nel sistema e possono essere modificati solo per questioni
amministrative; altri dati invece sono variabili e possono essere cambiati automaticamente dalla rete, ad esempio la posizione corrente della MS che viene registrata sotto forma dell’indirizzo del
VLR che ospita la MS. Inoltre l’HLR contiene parametri di autenticazione inviatigli dall’AuC, sa a
quali servizi supplementari è abilitato l’utente e quale SMS gateway ha messaggi ancora non trasmessi. Se la MS si sposta nell’area di un altro VLR, l’indirizzo del VLR che contiene la MS viene
aggiornato e l’HLR invia tutte le informazioni necessarie riguardanti il mobile al nuovo VLR; nello
stesso tempo tali informazioni vengono rimosse nel vecchio VLR.
Le informazioni dell’HLR sono inserite per la prima volta nel database dall'operatore di rete quando
si aggiunge un nuovo abbonato al sistema e consistono in:
ƒ Identificativi dell'abbonato, IMSI e MSISDN;
ƒ Il VLR attuale dell'abbonato;
ƒ I servizi supplementari forniti all'abbonato;
ƒ Lo stato e la chiave d'autenticazione KI della SIM card, il TMSI e l'MSRN.
In una rete GSM possono esserci più di un HLR a cui possono accedere gli MSC ed i VLR presenti
nella rete.
3.1.4 Authentication Center (AuC)
In questa parte della rete sono contenute le informazioni necessarie per proteggere la comunicazione dell’utente nell’interfaccia radio che altrimenti potrebbe essere facilmente intercettata.
Per evitare ciò, sono previste sia una procedura di autenticazione che una di cifratura; nell’AuC sono contenute in un database le chiavi di autenticazione degli utenti e di cifratura dei messaggi. Tali
chiavi non vengono mai trasmesse nell’interfaccia radio per evitare che vengano intercettate.
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3.1.5 Equipment Identity Register (EIR)
Ogni MS è identificata in modo univoco dall’IMEI (International Mobile Equipment Identity). Tale numero è registrato nell’EIR e garantisce che solo gli utenti autorizzati possano avere accesso alla rete. All’interno dell’EIR, gli IMEI sono divisi in tre categorie:
ƒ Lista bianca: contiene gli IMEI dei mobili che non hanno nessun tipo di problema e possono
accedere tranquillamente alla rete;
ƒ Lista grigia: contiene i mobili con problemi di funzionamento (es. problemi software);
ƒ Lista nera: contiene gli IMEI dei mobili che risultano rubati, in modo che questi non abbiano accesso alla rete indipendentemente dalla SIM usata.
3.2
BASE STATION SUBSYSTEM (BSS)
Il Base Station Subsystem (BSS), il cui schema a blocchi è riportato nella Figura 8, è l’unità
responsabile della comunicazione radio con le MS in una determinata area di copertura ed è vista
dall’MSC tramite una unica interfaccia: l’interfaccia A. Esso è costituito da una o più BTS, da un
BSC (Base Station Controller) e da una TRAU (Transcoding and Rate Adaption Unit), il cui scopo
è quello di adattare le diverse codifiche usate nella rete GSM e nella rete fissa. Di seguito vengono
descritte le principali funzioni delle varie parti che lo compongono.
3.2.1 Base Station Controller (BSC)
Questa unità svolge le funzioni di controllo all’interno del BSS, è connessa all’MSC tramite
l’interfaccia A, e alle varie BTS che controlla tramite interfacce A-bis. Il BSC è incaricato della gestione delle risorse radio di tutte le celle controllate; quando l’MSC stabilisce il tipo di canale logico
che va assegnato (es. un canale di traffico) a un particolare mobile, il BSC stabilisce gli effettivi parametri radio del canale (es. portate e time slot).
Il BSC inoltre controlla la potenza di trasmissione sia del mobile che della BTS nella propria
area, secondo degli algoritmi noti con il nome di power control; fornisce il segnale per il riferimento di frequenza e temporizzazione che viene poi trasmesso in maniera broadcast dalle BTS; misura
il ritardo del segnale inviato dalla MS rispetto al clock della BTS ed eventualmente, se il segnale
non è ben centrato nel time slot, comunica alla BTS di istruire il mobile ad anticipare la trasmissione.
3.2.2 Base Tranceiver Station (BTS)
Il principale compito della Base Tranceiver Station (BTS) è quello di trasmettere/ ricevere il
segnale radio alla/dalla MS attraverso l’interfaccia radio. Per questo la BTS svolge tutte le operazioni di codifica, cifratura, multiplazione e modulazione del segnale che deve essere trasmesso e le
operazioni inverse in fase di ricezione. Inoltre si occupa di trasmettere i segnali di sincronizzazione
di frequenza e temporizzazione sui canali broadcast di controllo. Un’altra importante funzione della
BTS è quella di rilevare i burst di accesso (Access Brst) di un mobile che cerca di stabilire una comunicazione radio e informare di ciò il BSC che provvede poi ad assegnare al mobile i canali necessari.
La BTS misura la qualità del collegamento radio in uplink e trasmette questa informazione
al BSC che la usa per decidere se è necessario o meno un handover.
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Figura 8 - Struttura del BSS.
3.2.3 Transcoding and Rate Adaption Unit (TRAU)
Lo scopo di questa unità è quello di adattare i vari bit rate (voce e dati) del sistema GSM (13
Kbps per canali vocali Full Rate) a quello usato sulla rete fissa (64 Kbps PCM). La TRAU può essere posizionata in varie parti all’interno del BSS ma di solito viene posta nelle vicinanze dell’MSC
in modo da permettere l’utilizzo della codifica GSM che ha un bit rate più basso per un tratto maggiore, consentendo così di trasmettere più canali a parità di capacità.
3.2.4 Mobile Station (MS)
La Mobile Station (MS) può essere sia portatile che istallata su un veicolo (es. auto o treno);
essa è provvista di una interfaccia MMI (Man Machine Interface) verso l’utente che ne permette
l’utilizzo per accedere ai servizi della rete GSM.
La MS è costituita dal Mobile Equipment (ME) cioè l’apparecchiatura vera e propria che è
utilizzata dall’utente (telefono) e dalla SIM card (Subscriber Identity Module) la quale rappresenta
l’utente mobile indipendentemente dal ME usato per accedere al sistema GSM.
Tra le varie funzione della MS, vi è il controllo della qualità e della potenza del segnale ricevuto; sfruttando la conoscenza a priori della sequenza di bit del midambolo, che verrà introdotto
in seguito, il mobile stima la BER (Bit Error Rate) della comunicazione. Questo processo viene eseguito sia sul segnale della BTS servente che su quello della BTS vicine; in seguito, la MS invia
alla BSC una lista con le 6 BTS migliori e il BSC sfrutta questa informazione per selezionare la
BTS più opportuna nel caso di handover.
3.3
OPERATION SUPPORT SUBSYSTEM (OSS)
Questo sottosistema è costituito da uno o più Operation Maintenance Center (OMC) che si
occupano del controllo e della manutenzione di tutte le parti della rete. Esso permette ai gestori di
avere una interfaccia tramite cui poter gestire tutta la rete. Le principali funzioni svolte da un OMC
sono:
ƒ Gestione di tutte le procedure di tariffazione e gestione del credito degli utenti;
ƒ Controllo di tutte le MS del sistema;
ƒ Manutenzione dell’hardware tramite monitoraggio dello stato delle varie parti del sistema;
ƒ Distribuzione ottimale del carico sui vari elementi della rete;
- 11 -
ƒ
Controllo della qualità del servizio.
Nella Figura 9 viene riportato lo schema logico completo di una rete GSM; con le linee tratteggiate
sono indicate le tratte wireless della rete.
Figura 9 - Architettura completa di una rete GSM.
3.4
PROCEDURE DI CHIAMATA NELL’AMBITO DELLA RETE GSM
Quando un abbonato delle rete fissa effettua una chiamata ad una MS della rete GSM componendo
il prefisso corrispondente, la rete fissa, dopo la ricerca della posizione della MS presso l’MSC di residenza dello stesso, provvede ad instradare la chiamata all’MSC competente per area (identificato
dai dati presenti nei database HLR e VLR) e da questo al BSC dipendente. Quest’ultimo è collegato
alle sue BTS attraverso linee dedicate ed effettua la chiamata irradiandola simultaneamente da tutte
le BTS. L’utente in ascolto riconosce la chiamata, risponde su un canale dedicato ed attraverso una
procedura particolare di scambio di informazioni con il BSC ottiene l’assegnazione del canale fullduplex sul quale ha poi luogo la conversazione. La MS deve ovviamente avere la possibilità di sintetizzare le frequenze relative ai canali di traffico e di controllo per la comunicazione da tutte le celle.
Viceversa, una chiamata proveniente da un MS viene recepita dalla BTS che copre la cella
nella quale si trova la MS. La BTS stessa, attraverso il BSC competente, instrada la chiamata
all’MSC, il quale a sua volta provvede all’assegnazione del canale fisico tra la MS e la rete fissa.
Infine nel caso di chiamata da una MS ad un’altra MS all’interno della rete cellulare GSM,
la chiamata viene recepita dalla BTS che copre la cella nella quale si trova la MS di partenza, come
nel caso di chiamata da rete cellulare a rete fissa. Dalla BTS, attraverso il BSC competente e l’MSC
della service area in cui si trova la MS di partenza, la chiamata arriva all’MSC di destinazione (che
potrebbe benissimo essere quello di partenza nel caso in cui le due MS si trovino nella stessa service area), attraverso la consultazione dei registri HLR e VLR. Da qui la chiamata è instradata al BSC
subordinato e poi irradiata simultaneamente da tutte le BTS da esso dipendenti.
- 12 -
4.
IL CANALE DI PROPAGAZIONE WIRELESS
Per garantire la qualità del servizio offerto da una rete cellulare, e più in generale da una rete wireless, assume particolare importanza lo studio delle caratteristiche del canale di propagazione, fondamentale per il progetto, il dimensionamento e l’analisi di un sistema di comunicazione radio.
Esistono due modelli largamente usati in letteratura per caratterizzare un particolare canale
di comunicazione:
• il modello a larga-scala, utilizzato per predire l’energia media ricevuta in un sistema wireless in funzione della distanza intercorrente tra il trasmettitore ed il ricevitore. In genere è utilizzato per determinare l’area di copertura di una rete cellulare;
• il modello a piccola-scala, utilizzato per la predizione dell’energia istantanea ricevuta e delle sue fluttuazioni causate da piccoli movimenti della MS.
La particolare tipologia di canale radio di volta in volta preso in considerazione dipende in genere
dalla scenario in cui si svolgono le applicazioni wireless e da altri fattori, tra i quali si può annoverare ad esempio il valore della frequenza della portante in uso. Solo per citarne alcuni, tipici scenari
standardizzati per la propagazione del segnale in sistemi wireless sono ad esempio quelli dei:
• ponti radio;
• collegamenti via satellite;
• sistemi di comunicazione terrestri fissi;
• sistemi di comunicazioni terrestri mobili (in ambiente urbano, suburbano etc.).
I vari segnali utilizzati nei sistemi di telecomunicazione wireless utilizzano in genere delle frequenze dislocate nell’intervallo compreso tra 30 MHz e 30 GHz. Poiché la lunghezza d’onda λ di un
segnale a frequenza f 0 è
λ=
c
f0
(4.1)
dove c è la velocità della luce nel vuoto pari a circa 3 ⋅108 m/s, ne consegue che valori tipici di λ
per applicazioni wireless sono quelli compresi tra 10 m e 1 cm.
La propagazione del segnale modulato sotto forma di onda elettromagnetica avviene per
cammini multipli. Oltre che attraverso il cosiddetto raggio diretto (quello cioè in visibilità ottica), il
segnale che si propaga da un trasmettitore ad un ricevitore in un sistema wireless può propagarsi
anche per:
• riflessione;
• diffrazione;
• diffusione o scattering.
In particolare, in un ambiente di propagazione urbano e nell’ambito delle frequenze utilizzate nelle
comunicazioni cellulari, si presuppone che sia applicabile un modello di propagazione del segnale
“a raggi” tipico dell’ottica geometrica, che risulta valido quando le dimensioni degli oggetti
nell’ambiente di propagazione risultano sensibilmente maggiori della lunghezza d’onda λ . In
quest’ipotesi, il segnale ricevuto è composto da diversi contributi rivelati dall’antenna ricevente,
ciascuno dei quali costituito da una “copia” del segnale trasmesso ma con differenti ampiezze e ritardi di fase, nonché differenti ritardi di gruppo. Il ritardo di gruppo indica il tempo che un segnale
impiega per attraversare un certo mezzo. Nel caso di propagazione radio, il mezzo è l’aria o i vari
ostacoli e tale misura indica quindi con che ritardo sono ricevute le repliche o “copie” del segnale.
- 13 -
Queste diversità sono fisicamente originate dalle differenti caratteristiche di propagazione incontrate da ciascuno dei “raggi” in cui l’onda elettromagnetica risulta scomposta. Ad esempio, il segnale
ricevuto può essere costituito o meno da un raggio diretto nel caso in cui vi sia effettivamente un
collegamento “a vista” tra antenna trasmittente e ricevente. Questa componente è in genere accompagnata anche da molte altre prodottesi per riflessione del raggio diretto su ostacoli nelle vicinanze
dell’antenna ricevente (come edifici, asperità del terreno ecc.), se le dimensioni dei suddetti ostacoli
sono maggiori della lunghezza d’onda λ del segnale trasmesso, come è gia stato accennato in precedenza. Ciascuno di questi raggi “riflessi” presenterà ampiezze diverse per la diverse caratteristiche del fenomeno di riflessione, e sarà caratterizzato da diversi ritardi di fase e di gruppo causati
dalle diverse lunghezze geometriche dei relativi percorsi. Questa semplice descrizione del fenomeno della propagazione per cammini multipli (multipath), rappresentata schematicamente nella
Figura 10, si avvicina molto alla realtà dei fatti ed è particolarmente sensibile in ambiente urbano e
suburbano ove la densità di utenti del servizio è più elevata.
Per quanto riguarda invece gli altri fenomeni che caratterizzano la propagazione di un onda
elettromagnetica in un ambiente in cui sono presenti ostacoli, la diffrazione si verifica ogni qualvolta un'onda incontra un ostacolo le cui dimensioni sono comparabili alla sua lunghezza d'onda λ (ad
esempio su superfici appuntite, spigoli etc. nel caso di segnali GSM). In questo caso il fronte d’onda
viene alterato (in fase o in ampiezza) e la propagazione non è più rettilinea, perché ciascun punto
del fronte d’onda si comporta come una sorgente puntiforme secondaria di fronti d’onda sferici. Si
generano quindi delle onde elettromagnetiche secondarie che generano campo anche nelle zone
d'ombra dietro l'ostacolo, cioè quelle che non sarebbero fisicamente raggiunte dal segnale a causa
della presenza dell'ostacolo stesso.
Infine, l’ultimo fenomeno si verifica quando un trasmettitore irradia nello spazio circostante
un’onda elettromagnetica che incide su eventuali oggetti subendo un fenomeno di riflessione disordinata, chiamato appunto diffusione o scattering. Una parte del campo diffuso torna verso la trasmettitore che può essere equipaggiato anche per le operazioni di ricezione (su questo modo di funzionamento si basano i sistemi RADAR per la scoperta di bersagli), mentre la restante parte si disperde, si attenua etc.. I fenomeni di scattering si verificano generalmente quando le dimensioni degli ostacoli incontrati dal segnale durante il suo tragitto sono minori di quelle della sua lunghezza
d’onda λ , ad esempio nel caso del fogliame.
TX
Multipath
Terminale Mobile
Figura 10 - Multipath.
- 14 -
Nei paragrafi successivi verranno illustrati diversi modelli di fading, cioè di attenuazione per
cammini multipli, largamente utilizzati nelle comunicazioni digitali cellulari.
5.
MODELLI DI CANALI RADIOMOBILI
Come già accennato nel paragrafo precedente, in un ambiente di propagazione tipico dei sistemi
cellulari, il segnale ricevuto è la somma di più contributi aventi ampiezze, ritardi e rotazioni di fase
casuali, indipendenti e variabili nel tempo. Il motivo principale di questa variabilità temporale è il
moto del terminale utente, che causa una variazione della distanza intercorrente con il trasmettitore
impiegato, cioè una delle varie BTS presenti nella rete. Un andamento tipico della variazione nel
tempo del livello del segnale ricevuto (con frequenza portante pari a 1 GHz) su un mobile dotato di
velocità costante pari a 20 km/h in ambiente urbano è mostrato nella Figura 11.
Figura 11 - Andamento tipico del livello del segnale ricevuto in un collegamento wireless con un mezzo mobile
dotato di velocità costante (v=20 km/h).
Il modello che viene comunemente adottato per descrivere un segnale ricevuto per propagazione attraverso N raggi (quindi in un canale multipath) è espresso dalla formula seguente, in cui è stato
trascurato il contributo dovuto al rumore termico:
N
y ( t ) = ∑ ρi ( t ) e
jϑi ( t )
i =1
x ⎡⎣t − τ i ( t ) ⎤⎦
(5.1)
dove i termini ρi ( t ) (con ρi ( t ) > 0 ), ϑi ( t ) e τ i ( t ) rappresentano rispettivamente le ampiezze dei
raggi ricevuti, il loro ritardo di fase e il loro ritardo di gruppo, mentre il termine x ( t ) rappresenta il
segnale trasmesso. Campagne di misura effettuate negli anni in maniera estensiva e sistematica
hanno permesso di quantificare con precisione l’ordine di grandezza dei vari parametri in gioco, e in
particolare dei ritardi τ i che i cammini multipli presentano tipicamente in ambiente urbano, suburbano, collinare, rurale etc. Ritardi tipici τ i sono dell’ordine del microsecondo, con valori anche
più piccoli (decimi di µs) per ambiente urbano e valori più grandi (fino a 10 µs e più) per ambiente
extraurbano o collinare.
La formula (5.1) suggerisce un’interpretazione dell’effetto che un generico canale di propagazione ha sul segnale trasmesso x ( t ) . Difatti, esso può essere ricondotto a quello di un filtro con
risposta impulsiva che in generale si indica con h ( t ,τ ) , che dipende specificatamente dall’istante
temporale t di osservazione e dai ritardi τ con cui sono ricevute le repliche del segnale. Poiché il
- 15 -
filtro in questione produce in uscita il segnale y ( t ) quando al suo ingresso è applicato x ( t ) , la
(5.1) rappresenta quindi la relazione ingresso-uscita del filtro considerato.
A seconda degli scenari propagativi tipici delle applicazioni wireless, il canale di propagazione può essere classificato ad esempio sulla base delle sue caratteristiche temporali, in quanto può
risultare:
• stazionario (o tempo-invariante o statico) se le sue caratteristiche non variano al variare del
tempo;
• tempo-variante, se invece le sue caratteristiche dipendono dal tempo.
Invece, dal punto di vista del comportamento in frequenza è possibile che un canale di comunicazione possa essere
• selettivo in frequenza se le diverse componenti frequenziali dello spettro del segnale in ingresso al canale vengono distorte in modo diverso a seconda di quale componente si considera.
• non-selettivo in frequenza se le diverse componenti frequenziali di cui sopra non sono distorte dall’effetto del canale di comunicazione.
Ovviamente, la condizione che il canale presenti un particolare comportamento nel tempo non esclude a priori che si possa verificare uno qualsiasi dei suddetti comportamenti in frequenza, e viceversa. Ad esempio esistono canali contemporaneamente stazionari nel tempo e non selettivi in frequenza oppure selettivi in frequenza e tempo-varianti.
Verranno adesso esaminati alcuni casi caratteristici di canali di comunicazione che possono
essere incontrati nella modellizzazione di sistemi di comunicazione cellulari.
5.1
CANALE COSTANTE
Il primo esempio di canale di comunicazione su cui rivolgere l’attenzione è quello di canale costante. Il segnale y ( t ) in uscita può essere ad esempio scritto come:
y (t ) = ρ x (t )
(5.1.1)
cioè in pratica assimilato al caso di propagazione in sola visibilità ottica o LOS (Line of Sight) con
un’attenuazione costante nel tempo sull’ampiezza del segnale x ( t ) trasmesso.
5.2
CANALE SELETTIVO STATICO
Il modello generico di canale multipath espresso dalla (5.1) si trasforma nel caso di canale statico
in:
N
y ( t ) = ∑ ρi e jϑi x ( t − τ i )
(5.2.1)
i =1
dove si nota l’indipendenza dal tempo delle variabili che rappresentano le attenuazioni in ampiezza,
i ritardi di fase ed i ritardi di gruppo dei singoli raggi ricevuti.
Una volta noto l’ambiente circostante e le posizioni relative di antenna trasmittente e ricevente è in teoria possibile valutare tutti i parametri del modello di canale di trasmissione di cui sopra. Supponiamo di essere riusciti a compiere questa operazione ideale, e valutiamo l’impatto della
- 16 -
propagazione per cammini multipli sulla ricezione del segnale. Per fare questo, semplifichiamo ulteriormente il modello di canale statico in modo da arrivare al cosiddetto canale a due raggi per il
quale vale la relazione:
y ( t ) = x ( t ) + ρ e jϑ x ( t − τ )
(5.2.2)
Come si nota, il segnale ricevuto è composto da un raggio diretto convenzionalmente fissato ad ampiezza unitaria, sfasamento e ritardo nulli, ed un solo raggio riflesso con ampiezza, sfasamento e ritardo dati. In ambito frequenziale la relazione di cui sopra si trasforma in
Y ( f ) = X ( f ) (1 + ρ e jϑ e − j 2π f τ )
(5.2.3)
corrispondente ad una risposta in frequenza del canale pari a
H ( f ) = 1− ρe
− j 2π ( f − f N ) )τ
(5.2.4)
ove f N = ϑ /(2πτ ) − 1/ 2τ è chiamata frequenza di notch del canale. La risposta in ampiezza del canale
H ( f ) = 1 + ρ 2 − 2 ρ cos ⎡⎣ 2π ( f − f N )τ ⎤⎦
(5.2.5)
con τ =1 µ s è mostrata nella Figura 12 per vari valori di ρ e per una frequenza di notch pari a 0.5
MHz, corrispondente ad uno sfasamento tra i due raggi pari a 2π . Essa varia in funzione della frequenza oscillando tra i valori (1 − ρ ) e (1 + ρ ) . Come si nota dalla Figura 13, se il segnale trasmesso x(t ) ha una larghezza di banda molto minore dell’inverso del ritardo 1/ τ (pari a 1 MHz), il
comportamento del canale è definito piatto e lo spettro del segnale subisce uguale attenuazione o
amplificazione per tutte le sue componenti.
2.0
ρ=1
1.8
1.6
1.4
ρ=0.5
|H(f)|
1.2
1.0
ρ=0.1
0.8
0.6
0.4
0.2
0.0
-2.0
-1.5
-1.0
-0.5
0.0
0.5
1.0
1.5
Frequency , [MHz]
Figura 12 – Esempio di risposta in ampiezza per canale a 2 raggi.
- 17 -
2.0
2.0
ρ=1
1.8
1.6
1.4
ρ=0.5
|H(f)|
1.2
1.0
ρ=0.1
0.8
0.6
0.4
|X(f)|
0.2
0.0
-2.0
-1.5
-1.0
-0.5
0.0
0.5
1.0
1.5
2.0
Frequency , [MHz]
Figura 13 – Condizione di canale non distorcente in frequenza.
Viceversa, se il segnale ha banda comparabile con 1/ τ , come in Figura 14, esso subisce notevoli
distorsioni da parte del canale per effetto dei cammini multipli in quanto esso ha un comportamento
selettivo in frequenza. La frequenza di notch corrisponde al punto di massima attenuazione del canale, che diventa un nullo quando ρ = 1 .
2.0
ρ=1
1.8
1.6
1.4
ρ=0.5
|H(f)|
1.2
1.0
ρ=0.1
0.8
0.6
0.4
|X(f)|
0.2
0.0
-2.0
-1.5
-1.0
-0.5
0.0
0.5
1.0
1.5
Frequency , [MHz]
Figura 14 – Condizione di canale distorcente in frequenza.
- 18 -
2.0
Per un segnale dati modulato con velocità di segnalazione R = 1/ T , dove T è il tempo di simbolo,
e quindi banda occupata B proporzionale a R , la condizione di non selettività del canale si traduce
nella condizione
B << 1/ τ
ovvero T >> τ
(5.2.6)
mentre nel caso di canale selettivo in frequenza ovviamente vale la condizione
B ≅ 1/ τ
ovvero T ≅ τ
(5.2.7)
La selettività in frequenza del canale trasmissivo si traduce in una distorsione lineare del segnale
trasmesso, che a sua volta genera interferenza inter-simbolica o ISI (Inter Symbol Interference) al
ricevitore. Questa deve essere opportunamente compensata per evitare una severa degradazione delle prestazioni del sistema. Le tecniche usate per la compensazione dell’ISI sono genericamente note
come tecniche di equalizzazione.
5.3
PROFILI DI CANALE PER CANALI REALISTICI
Per semplificare il modello di canale espresso dalla (5.2.1) pur mantenendo una certa aderenza alla
realtà, si caratterizza un particolare scenario operativo fissando un insieme di ritardi τ n ,
n = 1, 2,..., N ed associandoli ad un corrispondente insieme di potenze medie σ n2 , n = 1, 2,..., N ,
cioè fissando il cosiddetto profilo delle attenuazioni o profilo del canale. Pur non essendo un canale
utilizzato per applicazioni di telefonia cellulare, in questa sezione riporteremo a titolo di esempio, il
profilo di canale a 20 e 30 raggi adottato dallo standard DVB-T per la trasmissione di segnali televisivi digitali terrestre, con velocità di segnalazione x ( t ) 6 Mbit/s e tempo di bit T = 1 R =0.16 µ s .
Nella Tabella 1 sono indicati i valori dei ritardi, delle ampiezze e delle fasi dei singoli raggi tipici
del modello di canale DVB-T a 20 raggi, mentre nella Figura 15 riportiamo il suo modulo della risposta in frequenza.
Nella Tabella 2 sono indicati i valori dei ritardi, delle ampiezze e delle fasi dei singoli raggi tipici
del modello di canale DVB-T a 30 raggi, mentre nella Figura 16 e nella Figura 17, riportiamo, rispettivamente, il profilo del canale in questione ed il modulo della sua risposta in frequenza. Da
un’analisi dei valori dei ritardi nelle tabelle su riportate, si nota l’estrema selettività dei canali in
questione, in quanto la condizione espressa dalla (5.2.6) non è soddisfatta.
Per concludere questa discussione sulla modellistica del canale wireless, ripetiamo che il
modello qui considerato è stazionario nel tempo, e quindi incapace di descrivere il fenomeno di evanescenza (fading) della ricezione tipico delle comunicazioni verso mezzi mobili. Sottolineiamo
inoltre che la descrizione del canale adottata è di tipo deterministico e quindi incapace di descrivere
le variazioni statistiche dell’ambiente di propagazione che si incontrano considerando diversi casi
specifici di collegamento trasmettitore-ricevitore, anche nell’ambito della stessa tipologia di ambiente (urbano, rurale ecc.). E’ importante chiarire come il modello di canale deterministico fin qui
considerato possa essere convertito in un modello statistico che tenga conto della variabilità delle
configurazioni dell’ambiente di propagazione. In questo contesto, i canali fin qui proposti devono
essere intesi some una particolare realizzazione di un insieme aleatorio di canali con determinate
proprietà statistiche a comune. Nella sezione successiva, verrà effettuata una trattazione statistica
del modello di canale tempo-variante introdotto in precedenza e verranno descritti in dettaglio i
principali fenomeni di fading che tipicamente si verificano nelle comunicazioni con mezzi mobili.
- 19 -
i
Ritardo
[µs]
1.003019
5.422091
0.518650
2.751772
0.602895
1.016585
0.143556
0.153832
3.324866
1.935570
0.429948
3.228872
0.848831
0.073883
0.203952
0.194207
0.924450
1.381320
0.640512
1.368671
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
Ampiezza
0.057882
0.176809
0.407163
0.303585
0.258782
0.061831
0.150340
0.051534
0.185074
0.400967
0.295723
0.350825
0.262909
0.225894
0.170996
0.149723
0.240140
0.116587
0.221155
0.259730
Fase
[rad.]
4.855121
3.419109
5.864470
2.215894
3.758058
5.430202
3.952093
1.093586
5.775198
0.154459
5.928383
3.053023
0.628578
2.128544
1.099463
3.462951
3.664773
2.833799
3.334290
0.393889
Tabella 1 – Valori dei parametri caratteristici per canale DVB-T a 20 raggi.
5
|H(f)| (dB)
0
-5
-10
-15
-20
-25
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
Normalized Frequency, fT
Figura 15 – Modulo della risposta in frequenza del canale DVB-T a 20 raggi.
- 20 -
i
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
Ritardo
[µs]
0.0234610
0.346993
0.671203
0.817492
0.830262
1.23211
1.48168
1.73294
1.93329
2.33466
2.35711
2.76913
2.86895
3.12350
3.95978
4.48004
4.48977
4.85424
6.07079
6.52174
6.62952
7.15835
7.97514
8.19543
9.55228
9.88794
12.1370
12.5872
12.5994
18.8328
Ampiezza
0.957359
0.350609
1.00000
0.274581
0.995242
0.423510
0.151917
0.198345
0.405526
0.526505
0.374215
0.389423
0.292863
0.255054
0.616162
0.802417
0.223141
0.262891
0.218778
0.499728
0.458124
0.278998
0.455308
0.477646
0.272505
0.0446061
0.409052
0.171214
0.628700
0.460577
Fase
[deg.]
243.2
25.0
45.6
271.3
230.2
354.1
78.6
132.5
325.1
174.3
183.4
159.0
62.5
312.0
147.8
233.5
97.2
74.6
0.0
212.2
90.0
142.8
166.3
147.6
258.3
152.1
42.6
214.3
357.9
254.1
Tabella 2 - Valori dei parametri caratteristici per canale DVB-T a 30 raggi.
Figura 16 – Profilo del canale DVB-T a 30 raggi.
- 21 -
Figura 17 – Modulo della risposta in frequenza del canale DVB-T a 30 raggi.
5.4
CANALE TEMPO-VARIANTE E MODELLI DI FADING
Nei sistemi radiomobili il canale di propagazione non è realmente statico ma tempo-variante, a causa del moto relativo tra trasmettitore e ricevitore, che si traduce in una continua evoluzione e cambiamento delle caratteristiche del mezzo di comunicazione. L’inviluppo complesso del segnale ricevuto, a meno del contributo del rumore termico, sarà nuovamente quello espresso dalla (5.1), e cioè:
N
y ( t ) = ∑ ρi ( t ) e
jϑi ( t )
i =1
x ⎡⎣t − τ i ( t ) ⎤⎦
(5.4.1)
dove i parametri ρi ( t ) , ϑi ( t ) e τ i ( t ) variano casualmente nel tempo. La formula precedente può
essere riscritta come
N
y ( t ) = ∑ ⎣⎡ aiI ( t ) + jaiQ ( t ) ⎦⎤x ⎡⎣t − τ i ( t ) ⎤⎦
(5.4.2)
i =1
dove si è assunto che
()
{
}
( t ) = Im {ρ ( t ) e ( ) }
aiI ( t ) = Re ρi ( t ) e
jϑi t
aiQ
jϑi t
i
(5.4.3)
(5.4.4)
Se si verificano le seguenti ipotesi:
1. i vari ritardi di gruppo τ i ( t ) assumono dei valori paragonabili tra di loro, circa uguali al ritardo di gruppo medio τ M e molto minori del tempo di simbolo T , cioè vale la condizione;
τ i (t ) ≅ τ M T
- 22 -
(5.4.5)
2. i processi aleatori
N
a I ( t ) = ∑ aiI ( t )
(5.4.6)
i =1
N
a Q ( t ) = ∑ aiQ ( t )
(5.4.7)
i =1
hanno valor medio nullo e sono gaussiani in quanto, per il teorema del limite centrale, sono
ottenute come risultato della somma di diverse variabili aleatorie,
allora la (5.4.2) può essere riscritta nel seguente modo
N
N
i =1
i =1
y ( t ) = ∑ ⎡⎣ aiI ( t ) + jaiQ ( t ) ⎤⎦x ⎡⎣t − τ i ( t ) ⎤⎦ ≅ ∑ ⎡⎣ aiI ( t ) + jaiQ ( t ) ⎤⎦x ( t )
(5.4.8)
e quindi, sfruttando le (5.4.6) e (5.4.7)
y ( t ) ≅ ⎡⎣ a I ( t ) + ja Q ( t ) ⎤⎦ x ( t ) = a ( t ) x ( t )
(5.4.9)
Poiché si nota che il segnale y ( t ) all’uscita del canale è una versione semplicemente attenuata e
non distorta del segnale trasmesso x ( t ) , quando valgono le due condizioni elencate precedentemente si parla di attenuazione da fading piatto. Detta attenuazione è modellata instante per istante dal
processo aleatorio a ( t ) , che varia al variare delle caratteristiche del canale di propagazione.
Resta da capire adesso come è distribuita la variabile aleatoria (v.a.) ottenuta per campionamento del processo aleatorio a ( t ) ad un istante t prefissato. Analizzeremo due scenari propagativi
tipici delle comunicazioni radiomobili:
• propagazione in ambiente urbano, caratterizzata dall’assenza di un raggio diretto tra trasmettitore e ricevitore, quindi senza LOS, e da diversi raggi riflessi;
• propagazione da satellite, caratterizzata da un raggio diretto (LOS) e diversi raggi riflessi.
Nel primo caso, si suppone di avere un gran numero di raggi riflessi, tutti caratterizzati dalla stessa
potenza media e con angoli di arrivo al ricevitore uniformemente distribuiti nell’intervallo [ 0, 2π ] .
Sotto queste ipotesi si può dimostrare che a ( t ) è approssimabile con un processo gaussiano stazionario ed a media nulla. La v.a. che descrive il modulo del processo a ( t ) valutato ad un istante t
generico è espressa dalla seguente formula
A = a(t
)=
⎡⎣ a I ( t ) ⎤⎦ + ⎡⎣ a Q ( t ) ⎤⎦
2
2
(5.4.10)
da cui si nota che l’attenuazione in ampiezza subita dal segnale segue una distribuzione di Rayleigh,
con densità di probabilità (d.d.p.) data da
pA ( a ) =
⎧ a ⎫
exp ⎨− 2 ⎬ u ( a )
σ
⎩ 2σ ⎭
a
2
(5.4.11)
dove la funzione u ( x ) vale 1 se x ≥ 0 e 0 altrimenti. La Figura 18 riporta alcuni andamenti della
d.d.p. indicata dalla (5.4.11), ottenuti per diversi valori del parametro σ .
- 23 -
Figura 18 – Densità di probabilità della variabile aleatoria di Rayleigh.
Nel caso invece di propagazione da satellite, il segnale ricevuto può essere scomposto in due parti:
quella che arriva attraverso il percorso diretto (componente diretta o in LOS) e la somma di tutte le
altre (componente diffusa). La v.a. A è allora distribuita secondo il modello di Rice, con d.d.p. data
da
⎧ a 2 + v 2 ⎫ ⎛ av ⎞
p A ( a ) = 2 exp ⎨−
I
u a
2 ⎬ o⎜
2 ⎟ ( )
σ
⎩ 2σ ⎭ ⎝ σ ⎠
a
(5.4.12)
dove I o ( x ) rappresenta la funzione di Bessel Modificata di 1a specie e ordine 0. La Figura 19 riporta alcuni andamenti della d.d.p. indicata in (5.4.12), ottenuti per diversi valori del parametro v e
con σ = 1 . In questo particolare modello di fading, si definisce fattore di Rice K il rapporto tra la
potenza media della componente diretta e quella della componente diffusa. Il fattore di Rice viene
usualmente espresso in dB e tipicamente assume valori che variano in genere da 0 dB (propagazione quasi urbana) a 20 dB (propagazione quasi in spazio libero).
Ritornando adesso alle caratteristiche del processo aleatorio a ( t ) indicato dalla (5.4.9), si
può dimostrare che la sua densità spettrale di potenza o PSD (Power Spectral Density) S a ( f ) , riportata nella Figura 20 normalizzata per il valore assunto in f = 0 , è espressa dalla formula
Sa ( f ) =
σ2
2π f D
1
⎛ f ⎞
1− ⎜ ⎟
⎝ fD ⎠
2
(5.4.13)
dove il termine σ 2 rappresenta la potenza complessiva di a ( t ) ed f D è il massimo scostamento
Doppler o Doppler Shift del segnale rispetto alla frequenza della portante, espresso dalla relazione
seguente:
- 24 -
fD =
v
f0
c
(5.4.14)
In particolare, nella (5.4.14) v indica la velocità con cui si muove il ricevitore rispetto al trasmettitore, c è la velocità della luce nel vuoto pari a circa 3 ⋅108 m/s e f 0 rappresenta la frequenza della
portante del segnale trasmesso.
Figura 19 – Densità di probabilità della variabile aleatoria di Rice.
5
4
3
2
1
0
-2
-1
0
1
2
Normalized Frequency, f/f D
Figura 20 – Densità spettrale di potenza del processo di fading.
- 25 -
Com’è definito in generale lo scostamento Doppler? Nel cosiddetto modello cinematico del
mobile, rappresentato schematicamente nella Figura 21, si considera il caso in cui sul ricevitore
mobile incidano molti raggi propagatisi sul piano orizzontale, caratterizzati da angoli di arrivo casuali distribuiti su tutto l’orizzonte e da sfasamenti, oltre che indipendenti da raggio a raggio, distribuiti uniformemente tra 0 e 2π . Si suppone che il ricevitore mobile si sposti lungo la direzione x
del piano orizzontale ( x, y ) con velocità v . Nella stessa figura è inoltre rappresentato uno dei “raggi” ricevuti dal terminale utente sotto un’angolazione α n rispetto all’asse x . Il moto del veicolo introduce un’effetto Doppler sul segnale ricevuto lungo tale raggio, cioè uno “spostamento” ∆f in
frequenza rispetto alla frequenza della portante f 0 , il quale è pari a:
v
∆f n = ⋅ f 0 ⋅ cos (α n )
c
(5.4.15)
Figura 21 – Modello cinematico del mobile ed effetto Doppler.
Il massimo scostamento Doppler, f D = ∆f n ,max si ottiene quindi se cos (α n ) = 1 , cioè se i raggi pervenuti al ricevitore incidono con angoli α n pari a 0 º rispetto alla direzione x di movimento.
6.
IL SISTEMA DIGITALE GSM
Il Global System for Mobile Communications (GSM) è attualmente lo standard di telefonia mobile
più diffuso del mondo, utilizzato da oltre 2 miliardi di persone in 200 paesi diversi. Il maggior punto di forza del sistema GSM è stata la possibilità, da parte degli utenti, di accedere a tutta una serie
di nuovi servizi a costi molto contenuti. Ad esempio lo scambio di messaggi testuali (SMS) è stato
sviluppato per la prima volta in assoluto in ambito GSM. Uno dei principali vantaggi per gli operatori è stato, invece, la possibilità di acquistare e realizzare infrastrutture di rete ed attrezzature a costi resi bassi dall’accesa concorrenza fra i diversi produttori.
In questa sezione verranno descritte alcune delle principali caratteristiche del sistema GSM
relativamente al formato d’accesso, alla modulazione impiegata, ai modelli di canale di propagazio-
- 26 -
ne utilizzati ed infine verranno fornite alcune nozioni basilari riguardanti un esempio di struttura del
ricevitore comunemente impiegato nel terminali mobili GSM.
6.1
FORMATO DI ACCESSO
L’accesso previsto nel sistema GSM è di tipo FDMA/TDMA, in quanto su portanti distanziate di
200 kHz vengono sistemati 8 canali con accesso TDMA. Le bande allocate al servizio sono quella
compresa tra 890÷915 MHz per i collegamenti tra mobile e stazione base (uplink) e quella tra
935÷960 MHz per i collegamenti nel senso opposto (downlink). Nel corso di una comunicazione, il
terminale mobile utilizza un canale di traffico digitale full-duplex a commutazione di circuito e anche un canale di controllo separato che viene automaticamente assegnato a ciascuno dei canali di
traffico in uso; entrambi questi canali sono disponibili all’interno di un multiframe della durata di
120 ms, come indicato nella Figura 22 [Rap01], [GSM05.05]. I canali di traffico vengono impiegati
per le comunicazioni voce/dati da/verso la rete fissa, mentre i canali di controllo sono impiegati per
lo scambio di informazioni tra mobile e stazione base (informazioni sulla sincronizzazione, invio
dati sulla qualità dei segnali ricevuti per la procedura di handover etc.).
Figura 22 - Struttura del multiframe e del frame TDMA GSM.
Ciascun multiframe è composto da 26 frame TDMA divisi in due gruppi di 13, ciascuno dei quali
consta di 12 frame di traffico e di un frame di controllo. Ciascuno dei frame TDMA, della durata di
4.615 ms, si compone di 8 time-slot, come si nota dalla Figura 23, ognuno potenzialmente assegnato ad un utente.
La Figura 23 mostra inoltre la struttura del burst di traffico GSM, che ha una durata di 577
µs e si compone di due gruppi di 58 bit ciascuno, di cui 57 informativi ed uno utilizzato come flag
di identificazione voce/dati. Questi due gruppi sono posti prima e dopo una sequenza di 26 bit (midambolo) nota al ricevitore ed utilizzata per la stima della risposta impulsiva del canale (CIR o
Channel Impulse Response) e per il recupero dei sincronismi di frame, fase e clock del segnale. Il
burst inizia e finisce con tre bit di coda, tutti posti a -1. Infine è previsto un intervallo di guardia avente lunghezza pari a 8.25 intervalli di bit, impiegato per evitare sovrapposizioni tra burst nel collegamento mobile-SRB. La velocità di trasmissione è quindi pari a 156.25 bit/577 µ s ≅ 270.8
kbit/s e l’intervallo di bit Tb è pari a circa 3.69 µ s . Tenendo conto che il ritardo massimo relativo
dei raggi di un canale può estendersi, in accordo alle raccomandazioni GSM, fino a 16 µ s , si vede
come il ricorso ad un equalizzatore sia in questo caso indispensabile, essendo il canale fortemente
selettivo in frequenza.
- 27 -
Figura 23 – Struttura del burst GSM.
6.2
FORMATO DI MODULAZIONE
L’efficienza spettrale della modulazione è pari a 270.8/200 ≅ 1.35 bit/s/Hz. Il codificatore vocale
impiegato genera 13 kbit/s, che divengono 22.8 kbit/s in trasmissione, dopo l’aggiunta di codici a
rivelazione/correzione di errore.
Prima di analizzare la modulazione tipica del sistema GSM, verrà introdotta brevemente la
modulazione MSK (Minimum Shift Keying). Essa appartiene alla classe delle modulazioni CPM
(Continuous Phase Modulation), in cui la fase del segnale ed il segnale stesso variano con continuità, a differenza di quanto avviene ad esempio nelle modulazioni PSK (Phase Shift Keying) convenzionali. L’assenza di discontinuità nella fase del segnale produce una buona compattezza spettrale
dello stesso, che quindi può essere filtrato senza apprezzabile insorgenza di fluttuazioni
nell’inviluppo.
La forma generale dell’inviluppo complesso di un segnale CPM è:
x ( t ) = exp ⎡⎣ jφ ( t ) ⎤⎦
(6.2.1)
φ ( t ) = 2π h∑ α i q ( t − iT )
(6.2.2)
con
i
con h indice di modulazione, α i è il simbolo i-simo, equiprobabile ed indipendente dagli altri, ap-
partenente all’alfabeto di M simboli { ±1, ±3,..., ± M − 1} , mentre q ( t ) è la risposta in fase del modulatore CPM, legata all’impulso in frequenza g ( t ) dalla relazione:
φ (t ) =
t
∫ g (τ ) dτ
(6.2.3)
−∞
e con
lim q ( t ) = 0 , lim q ( t ) = 1 2
x →−∞
x →∞
- 28 -
(6.2.4)
Nel caso particolare di modulazione MSK, h è uguale a 1/2, gli α i ∈ { ±1} e l’impulso in frequenza
g ( t ) è rettangolare:
g (t ) =
1
⎛ t −T 2 ⎞
rect ⎜
⎟
2T
⎝ T ⎠
(6.2.5)
e corrisponde alla risposta in fase, riportata in Figura 24
t<0
⎧0
⎪t
q (t ) = ⎨
0≤t <T
2T
⎪
⎩1 2 t ≥ T
(6.2.6)
Figura 24 - Risposta in fase del modulatore MSK.
Il termine φ ( t ) per nT ≤ t < ( n + 1) T risulta essere uguale a
φ ( t ) = π ∑ α k q ( t − kT ) = πα n q ( t − nT ) +
k
⎛ t − nT
= πα n ⎜
⎝ 2T
⎞
⎛ t − nT
⎟ + ϕ n = 2πα n ⎜
⎠
⎝ 4T
π
2
∑α
k ≤n
⎞
⎟ + ϕn
⎠
k
=
(6.2.7)
avendo posto
ϕn =
π
2
∑α
k ≤n
k
(6.2.8)
Derivando rispetto al tempo la (6.2.7) e calcolando la cosiddetta frequenza istantanea del segnale si
ottiene quindi
φ ( t ) α n
1
=
=±
2π
4T
4T
(6.2.9)
Cosi si vede, nel generico intervallo di segnalazione nT ≤ t < ( n + 1) T , il segnale trasmesso è una
sinusoide avente una delle due frequenze
- 29 -
f −1 = f 0 −
1
4T
, f1 = f 0 +
1
4T
(6.2.10)
a seconda che il valore del bit trasmesso sia pari a -1 o 1, rispettivamente, e si può constatare che,
sempre nel suddetto intervallo specificato, le due sinusoidi sono ortogonali. Infatti la distanza in
frequenza tra f −1 e f1 , pari a 1 ( 2T ) , è la minima che garantisce l’ortogonalità dei segnali (da cui
l’appellativo MSK). Nella Figura 25 riportiamo lo schema di un modulatore MSK.
Figura 25 - Modulatore MSK.
Nel sistema GSM viene impiegata una modulazione a fase continua (CPM) con una sagomatura
dell’impulso ottenuta filtrando il consueto impulso rettangolare g ( t ) , espresso dalla (6.2.5) e di durata T = Tb , attraverso un filtro con risposta gaussiana gGAUSS ( t ) e di banda a -3 dB normalizzata
alla cadenza di bit pari a β Tb = 0.3 . L’andamento nel tempo del filtro gGAUSS ( t ) è del tipo
gGAUSS ( t ) ∝ exp {−t 2 }
(6.2.11)
L’indice di modulazione in frequenza h è pari a 1/2 ed il guadagno del filtro gaussiano è scelto in
modo tale che la risposta in fase tenda a 1/2 per t → ∞ . La modulazione così ottenuta viene chiamata GMSK (Gaussian Minimum Shift Keying) ed è per molti aspetti simile alla MSK, in quanto il
suo modulatore è identico a quello MSK salvo che per la presenza del filtro a risposta gaussiana,
come schematizzato in Figura 26.
Figura 26 - Modulatore GSMK.
Con il valore di β Tb scelto, il segnale GMSK ha una densità spettrale di potenza sensibilmente più compatta di quella del segnale MSK. In particolare, la modulazione GMSK presenta lobi
secondari notevolmente più ridotti in ampiezza, e consente una spaziatura stretta dei canali rispettando le severe norme di emissione fuori banda stabilita dal GSM. Si ricordi infatti che la spaziatura
tra i canali GSM è pari a ∆f = 200 kHz (ovvero ∆fTb ≅ 0.74 ), che è all’incirca la distanza esistente
tra il massimo ed il primo zero nella densità spettrale di potenza del segnale MSK, come mostrato
nella Figura 28, dove viene riportato un confronto in termini di PSD dei segnali MSK, GMSK con
filtro gaussiano con β Tb = 0.3 e con β Tb = 0.5 . Per valori di β Tb minori di 0.3 i lobi laterali dello
spettro GMSK diminuiscono ulteriormente, ma sulle componenti I e Q del segnale ricevuto compare notevole ISI che porta ad una degradazione della BER. Il valore della banda normalizzata è
quindi un buon compromesso tra l’esigenza di avere lobi laterali limitati (e quindi buona compat-
- 30 -
tezza spettrale del segnale) e la necessità di avere una quantità di ISI tollerabile al ricevitore, al fine
di garantire una buona qualità dei servizi (QoS) forniti dalla rete cellulare.
Figura 27 – Confronto tra PSD dei segnali MSK e GSMK.
6.3
MODELLI DI CANALE RADIO
I modelli del canale radio di riferimento per il sistema GSM sono relativi a tre distinti scenari operativi:
• l’ambiente urbano Typical Urban o TU;
• l’ambiente collinare Hilly Terrain o HT;
• l’ambiente rurale Rural Area o RA.
I profili convenzionalmente assunti per questi tre tipi di ambiente sono riportati nella Tabella 3. Si
vede che per i primi due tipi di canale i ritardi relativi dei raggi possono superare largamente
l’intervallo di bit Tb ; per il canale TU, inoltre, il raggio più corto non è il più intenso, come può accadere in una situazione in cui, a causa dell’elevato numero di ostacoli che circondano il mobile, un
raggio diretto non esiste o è fortemente attenuato. Il canale HT è caratterizzato da ritardi più elevati
dovuti alle riflessioni da parte di ostacoli lontani di grandi dimensioni, quali rilievi montuosi. Il terzo tipo di canale (RA) è caratterizzato da un comportamento opposto, vale a dire, i raggi sono poco
ritardati l’uno rispetto all’altro, rendendo meno marcata rispetto ai due casi precedenti la distorsione
da fading selettivo. Quest’ultima osservazione non deve comunque indurre a ritenere che l’ultimo
tipo di canale garantisca comunque in ricezione prestazioni migliori: come vedremo nel prossimo
paragrafo infatti, il ricevitore impiegato, di tipo adattativo, si adatta automaticamente alla diversità
temporale caratteristica di un canale a cammini multipli, traendone in molti casi vantaggio. Le sue
prestazioni sono in particolare tanto migliori quanto maggiore è la potenza media globalmente ricevuta su tutti i raggi e quanto più elevati sono i ritardi relativi tra i raggi (entro i limiti fissati dalle
specifiche del sistema).
- 31 -
TIPO
DI CANALE
Cammino
#n
Ritardo
τ n , [µs]
Ritardo
normalizzato,
Potenza
relativa,
[dB]
τ n /Tb
TYPICAL URBAN
(TU)
HILLY TERRAIN
(HT)
RURAL AREA
(RA)
1
2
3
4
5
6
1
2
3
4
5
6
1
2
3
4
5
6
0.0
0.2
0.5
1.6
2.3
5.0
0.0
0.1
0.3
0.5
15.0
17.7
0.0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.000
0.054
0.135
0.432
0.621
1.351
0.000
0.027
0.081
0.135
4.054
4.649
0.000
0.027
0.054
0.081
0.108
0.135
-3.0
0.0
-2.0
-6.0
-8.0
-10.0
0.0
-1.5
-4.5
-7.5
-8.0
-17.7
0.0
-4.0
-8.0
-12.0
-16.0
-20.0
Tabella 3 - Profili multipath dei canali standard GSM.
6.4
CENNI ALLA STRUTTURA DEL RICEVITORE GSM
Un ricevitore GSM di buona qualità (Figura 28) comprende tipicamente un demodulatore I-Q seguito da uno stadio di filtraggio adattato. L’uscita (complessa) di quest’ultimo viene campionata ed inviata ad un processore di Viterbi che compensa le distorsioni del canale multipath e procede alla decodifica dati. Nei ricevitori anche a basso costo tutti i blocchi successivi al demodulatore I-Q sono
interamente realizzati con tecnologia digitale.
Figura 28 - Struttura del ricevitore GSM impiegante un equalizzatore di Viterbi.
- 32 -
Un elemento fondamentale per il ricevitore è il blocco di stima del canale, che ha il compito
di generare una stima dell’inviluppo complesso della risposta impulsiva del canale h ( t ) , che viene
utilizzato per realizzare il filtro adattato e per calcolare alcuni parametri necessari al processore di
Viterbi. Il blocco di stima del canale consente anche un recupero automatico dei riferimenti di fase
e di clock oltre che una corretta identificazione dell’inizio del burst di traffico. Data la forte variabilità del canale è necessario effettuare tale stima in corrispondenza di ogni burst ricevuto, impiegando allo scopo i 26 bit del midambolo. La sequenza di midambolo è costituita da 16 bit centrali, da
scegliersi tra otto successioni diverse (tante quante sono gli slot temporali del frame TDMA), 5 bit
successivi uguali ai primi 5 bit centrali e 5 bit precedenti uguali agli ultimi 5 bit centrali, come è
possibile vedere dalla Figura 29. La funzione dei 10 bit laterali è quella di periodicizzare parzialmente la sequenza di midambolo, in modo da poter trarre vantaggio, almeno in un limitato intervallo temporale, delle particolari proprietà delle sequenza di auto- e cross-correlazione circolare dei bit
della porzione centrale. Per approfondimenti ulteriori si rimanda il lettore interessato a testi specifici
come [Rap01], [Reg00].
Figura 29 - Struttura del midambolo.
7.
BIBLIOGRAFIA
[GSM05.05]
[Meh97]
[Rap01]
[Reg00]
ETSI I-ETS 300 033, European digital cellular telecommunications system (Phase
1); Radio Transmission and Reception (GSM 05.05), 2001.
A. Mehrotra, GSM System Engineering, Artech House Publishers 1997.
T. Rappaport, Wireless Communications: Principles and Practice (2nd Edition),
Prentice Hall Communications Engineering and Emerging Technologies Series,
December 2001.
R. Reggiannini, “Appunti di Sistemi di Radiocomunicazione”, SEU Servizio Editoriale Universitario di Pisa, Febbraio 2000.
- 33 -