Relazione 111° Consiglio Nazionale

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Relazione 111° Consiglio Nazionale
FEDERAZIONE AUTONOMA BANCARI ITALIANI
Relazione 111° Consiglio Nazionale
E’ trascorso un anno dal consiglio nazionale di Abano.
Un anno soltanto e lo scenario che, oggi, abbiamo di fronte è così profondamente mutato da
lasciar pensare che, in realtà, sia trascorso un tempo infinitamente più lungo.
All’orizzonte, nel gennaio del 2006, vedevamo il Congresso nazionale straordinario, il
primo della nostra lunga storia, ed una situazione fra le organizzazioni sindacali del settore
ancora piuttosto instabile.
Speranze di ricomposizione del tavolo sindacale e disillusioni si alternavano con frequenza
a volte sconcertante.
In quel contesto, piuttosto complesso, ci rafforzava la convinzione di muoverci con
coerenza ed equilibrio, ma senza esitazioni, coscienti di operare in modo chiaro e
trasparente e che alla fine il tempo ci avrebbe dato ragione.
Dopo un anno di intenso lavoro, possiamo oggi affermare che Abano ha rappresentato un
passaggio fondamentale per la nostra storia.
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Chi era presente a quell’assise, ed in particolare, alla tavola rotonda, ricorderà senz’ombra
di dubbio la lunga attesa di Savino Pezzotta.
Ma vi ricordate quelle ore? Tutti gli aeroporti del nord Italia chiusi per il maltempo; una
nebbia che ad Abano non si era mai vista; per non parlare poi della neve e della temperatura
polare.
E vi ricordate come reagirono i nostri delegati all’ingresso di Savino? Un lungo applauso
sincero, oserei dire quasi liberatorio.
La presenza dell’allora Segretario generale della CISL al 110 consiglio nazionale assumeva,
infatti, non solo una connotazione simbolica, per la prima volta un segretario generale
confederale partecipava ad un’assise della nostra organizzazione, riconoscendo di fatto il
ruolo che la F.A.B.I. ha avuto nella storia non solo dei lavoratori bancari italiani, ma
dell’intero movimento sindacale, ma sanciva il patto di unità d’azione fra CISL e FABI.
Una novità nel panorama sindacale italiano, fatto spesso di divisioni ed un momento
assolutamente rilevante per la nostra Organizzazione che si apriva all’esterno con fiducia,
pur senza rinnegare la propria storia e la propria autonomia.
Un giorno, un momento, vissuto da tutti con grande partecipazione ed emozione .
Non sarebbe giusto però, dimenticare o nascondere ora, come al nostro interno vi fosse in
quel frangente più di uno scettico.
“Pezzotta non arriverà.
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Sono solo sogni della segreteria.
Stiamo navigando verso una rotta senza futuro”.
Pensieri e parole in libertà, com’è giusto che sia in una grande organizzazione, dove è
assolutamente legittimo che esistano e vengano manifestate, nelle sedi opportune, opinioni e
posizioni diverse, purché poi, questi differenti indirizzi, vengano ricondotti a sintesi, in
nome del principio di democrazia e nell’interesse di coloro che rappresentiamo.
Così è accaduto.
A Genova, altro momento fondamentale ed indispensabile per consacrare il cambiamento
avvenuto al nostro interno, al Congresso straordinario, la FABI tutta si è riconosciuta in un
progetto preciso, e nelle persone che questo progetto avrebbero portato a compimento.
Un’unità interna non di facciata, ma convinta, chiara e senza tentennamenti.
E proprio a Genova, dopo circa tre anni di isolamento, l’intera segreteria nazionale della
F.I.B.A. CISL partecipava ai nostri lavori congressuali, sancendo di fatto la fine dell’
apartheid di cui, anche per nostra responsabilità, eravamo stati fatti oggetto.
Oggi, praticamente ad un anno di distanza, io, la segreteria nazionale, il comitato direttivo
centrale e, sono convinta, la F.A.B.I. tutta, non possiamo dimenticare chi per primo ci ha
teso la mano, chi, senza pregiudizi e preconcetti, ha deciso di ascoltare le nostre ragioni e di
credere nel nostro progetto.
Si dice e nulla fu mai più vero, che le organizzazioni, nel bene e nel male, si connotino
attraverso le persone che le rappresentano.
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E’ certo che senza l’amicizia e la stima personale che mi legano a Giuseppe Gallo, nulla di
quello che è accaduto avrebbe potuto prendere l’avvio.
Un sindacato forte nei numeri, ma soprattutto nelle idee, come il nostro, che, fin dalla sua
fondazione, ha rappresentato un punto fermo per i bancari italiani, non può occuparsi solo
del presente, deve saper guardare avanti, prevedendo i fenomeni per poi governarli,
nell’interesse dei propri rappresentati. Un sindacato come il nostro non può vivere di
tattiche, alleanze contingenti o basate sulla pura convenienza momentanea.
Un sindacato come il nostro deve aprirsi al confronto e alla discussione, accettando punti di
vista diversi, gettando ponti verso chi pratica i propri stessi valori, ma soprattutto facendo
sintesi di proposte e posizioni che, pur venendo da esperienze diverse, hanno come unico
obbiettivo la valorizzazione del fattore lavoro e la sua ascesa a ruolo di stake holder a tutti
gli effetti.
Noi, come dicemmo a Genova, non dimenticheremo mai la nostra storia, orgogliosi del
nostro passato, ma soprattutto consapevoli che agli occhi di tutti si diventa tanto più
credibili quanto più si è coerenti e leali.
E’ appunto la coerenza che ci ha sostenuto nei momenti più diffcili ed è la lealtà nei
confronti dei nostri rappresentati e di coloro che condividono i nostri obbiettivi che deve
caratterizzare il nostro agire futuro.
Ma ritorniamo ad Abano. A quella che definirei la pietra miliare della nostra storia recente.
La relazione di Abano fu sintetica e pragmatica, come nostro costume.
Parole verso un obiettivo e non parole perse nel vento.
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Voglio rileggere un passaggio di quella relazione che bene sintetizzò il pensiero della
segreteria e del CDC:”…occorre avere pazienza e calma, perché il buon tessitore non
accetta provocazioni e prosegue nel suo lavoro con meticolosa dedizione”.
Il nostro obiettivo era chiaro: contribuire alla riunificazione della categoria, dopo un periodo
di lacerante divisione, ma occorreva pazienza, calma e grande dedizione per realizzarlo.
Non proclami, ma fatti.
Oggi. possiamo affermare, con orgoglio, che tale obiettivo, ribadito da atti formali al
Congresso, è stato finalmente raggiunto.
In un mondo dove purtroppo, sempre più spesso, le parole restano tali, siamo riusciti, tutti
insieme, a trasformare quell’unità universale, che fino a pochi mesi fa pareva un’utopia, in
una realtà.
Il merito è stato di tutti. Di tutti coloro che ci hanno creduto e che, anche nei momenti più
difficili, non hanno gettato la spugna; di tutti coloro che, anche correndo il rischio di essere
additati come sognatori, hanno speso energie, idee, passione per rendere possibile
l’impossibile.
Di questi gesti, piccoli o grandi che siano, è fatto il progresso dell’uomo.
Per quanto ci riguarda, il merito è stato davvero di tutta l’organizzazione che non ha
ceduto nel momento delle difficoltà, restando compatta, forte, viva e vitale sul territorio e
nelle aziende, addirittura crescendo sia sul piano quantitativo che qualitativo.
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I SAB, i nostri motori, le RSA, ogni struttura della federazione: tutti hanno moltiplicato il
proprio impegno, riscoprendo, in alcuni casi, e credo con piacere, la gioia del proprio
lavoro.
Ma l’organizzazione ritengo abbia saputo anche trarre insegnamento dagli eventi e dalle
difficoltà. La determinazione di non restare chiusi nel fortino, di rivedere coraggiosamente
alcune scelte operate , ci ha consentito di aprirci all’esterno, attuando una profonda
trasformazione, che ha dimostrato la versatilità della FABI, la sua capacità di reagire e di
essere ancora il sindacato punto di riferimento della vita del settore.
Inizia con questo rinnovo contrattuale un tempo nuovo, il tempo dell’unità di tutte le
sigle sindacali del settore, evento mai verificatosi prima.
Un fatto concreto, da noi fortemente voluto, che consentirà, ne siamo certi, alle lavoratrici
ed ai lavoratori di realizzare quelle conquiste che fattori diversi
hanno impedito di
raggiungere appieno negli ultimi anni.
Non ci si accusi ora di eccessivo ottimismo, perché una vena di ottimismo non guasta
affatto.
I nostri rappresentati ed in genere le lavoratrici ed i lavoratori chiedono a gran voce un
sindacato, moderno, dinamico, che sappia ascoltare e dar voce alle loro istanze, autonomo,
nel pensiero e nell’azione e, soprattutto, fortemente determinato a costruire una società più
equa.
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L’unita delle organizzazioni sindacali ci rende sicuramente più forti, ma ci toglie anche
l’alibi di concludere quella che ritengo sarà una battaglia contrattuale epocale con un
semplice pareggio.
Dobbiamo vincere e, per farlo, dobbiamo stare uniti, lavorando perché, anche in quelle
realtà periferiche dove permangono situazioni conflittuali, non sono molte, ma si
peccherebbe di superficialità non citandole, prevalga il buonsenso e soprattutto le
indicazioni dei lavoratori che, da sempre, hanno auspicato una riunificazione dei tavoli.
Via i pregiudizi, via gli odi e le beghe personali, per tornare a lavorare insieme, per
ricostruire un linguaggio e una strategia comuni, per stabilire regole di comportamento che
valgano per tutti, ma, soprattutto, per non consentire alle aziende, in una lotta che si
preannuncia senza esclusione di colpi, di poter giocare sulle nostre divisioni.
Se da un lato siamo convinti che l’unità ritrovata produrrà i suo benefici effetti, dall’altro
non ci nascondiamo che il clima che aleggia dentro e fuori l’Associazione Bancaria non è
dei migliori.
Le mega fusioni che oggi si susseguono con un ritmo ritenuto impensabile solo fino a pochi
mesi fa, le divisioni fra banchieri, sempre più impegnati a farsi le scarpe piuttosto che a fare
responsabilmente sistema, ci preoccupano non poco.
Tuttavia, proprio perché siamo sempre stati liberi da condizionamenti sia nel pensiero che
nell’azione, rifiutiamo di farci intrappolare in logiche di partigianeria che non ci
appartengono.
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Noi non tifiamo per nessuno, ma nemmeno accettiamo di essere spettatori di giochi che
sappiamo bene si scaricano sempre sulla pelle dei lavoratori.
Chiediamo semplicemente quello che ci è dovuto: una controparte unita in grado di
confrontarsi, ma soprattutto, cosa che purtroppo anche nel recente passato non è accaduta,
che si dimostri in grado di rispettare gli impegni assunti. Questo ci chiedono i bancari,
questo ci sentiamo di esigere da chi ci sta di fronte.
Le aziende di credito rappresentano un nodo nevralgico per il rilancio di questo Paese e, tale
ruolo, ne siamo certi, non può prescindere dall’apporto dei lavoratori che operano nel
settore.
Le imprese, così da un po’ di tempo a questa parte amano definirsi le banche,
devono si produrre valore, ma non certo a scapito della società in cui operano, dei
dipendenti, che in esse prestano servizio e ad esclusivo vantaggio di azionisti assolutamente
refrattari ad investire i loro profitti in progetti ed idee che producano nuovo valore da
ridistribuire equamente.
Equilibrio ed equità non significano livellamento ed omologazione, significano invece
democrazia, libertà e sviluppo.
Questo è quello che i bancari si attendono dalle aziende in cui operano: contribuire con il
loro lavoro alla produzione di valore che venga poi equamente ridistribuito.
L’essere socialmente responsabili, secondo noi, non puo prescindere dal concetto di
produzione e redistribuzione della ricchezza secondo criteri di equità.
Mai come oggi, tuttavia, nonostante molte aziende sbandierino ai quattro venti di essere
socialmente responsabili, questo criterio viene disatteso.
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Ne sono l’esempio tangibile le stock option milionarie di molti managers del settore, le cui
retribuzioni, in molti casi, non sono nemmeno agganciate ai risultati d’impresa ottenuti e i
mille euro di stipendio dei ‘laureati apprendisti’ che, per quattro anni, rimangono appesi ad
un filo, non potendo spesso sulla soglia dei trent’anni fare alcun progetto per la loro vita
futura.
Forse è il tempo di ritornare a considerare ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, ciò che è
morale e ciò che, di fatto, in un Paese, dove sempre più alto è il numero di persone che
vivono al di sotto della linea di povertà, supera ogni limite di decenza.
Parole forti! Probabilmente, ma d’altra parte le parole non sarebbero così forti se la
situazione non fosse così grave.
In una logica di sempre maggior attenzione verso ciò che sta accadendo, anche fuori dai
nostri confini nazionali, nel cosiddetto sistema Europa, un’analisi ed un approccio sindacale
innovativo vanno riservati alle aziende italiane che sviluppano la propria attività su territorii
extranazionali.
In un futuro, che è ormai prossimo, non possiamo escludere che i CAE assumano rilevante
importanza e che i molteplici intrecci societari transnazionali rendano necessari nuovi livelli
di confronto.
A questo proposito, riteniamo che la partecipazione dei lavoratori all’impresa diventerà
sempre più centrale e strategica, rendendo necessaria l’armonizzazione della legislazione in
materia dei paesi coinvolti.
Il settore, lo possiamo affermare senza tema di smentita, non è più in crisi, tuttavia si
sta profondamente riassestando.
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Eventi che interessano oltre un terzo della categoria quali, la fusione banca intesa-san paolo,
sono sicuramente da affrontare con la dovuta cautela e con giusto senso di realismo.
In questo scenario, due elementi ci preme sottolineare con forza.
Il primo che non è più possibile accettare che le aziende di credito chiedano sacrifici
rilevanti a carico dei lavoratori e poi destinino cifre, spesso spropositate, a favore dei propri
managers.
Il secondo è che il capitale azionario va sì remunerato, ma non a discapito della forza
lavoro.
Persino i giornali più liberali inglesi affermano come si tenda oggi ad un’esasperazione
della remunerazione del capitale azionario e come questa tendenza finisca per operare come
una tenaglia sull’economia dei paesi.
E’ poi innegabile che la ve ra ricchezza di un’impresa sta racchiusa nelle persone che ne
fanno parte, tutte e non solo i managers di punta.
La tutela dei lavoratori va costruita come un mosaico fatto di tante piccole tessere, tutte
importanti e tutte ugualmente necessarie alla formazione del quadro complessivo.
Peraltro, le imprese di credito tendono oggi ad utilizzare in maniera scorretta anche gli
accordi nati nel periodo della grande crisi del settore.
Troppo spesso, infatti, la parte straordinaria del fondo esuberi, anziché un intelligente modo
per evitare licenziamenti collettivi in imprese in crisi, appare come una valvola di sfogo che
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ciclicamente le banche aprono per fare uscire
personale ritenuto, secondo criteri
moralmente inaccettabili, obsoleto o più semplicemente troppo costoso.
Qualsiasi imprenditore coscienzioso sa bene come la professionalità dei suoi dipendenti
rappresenti l’arma vincente sul mercato. Qualsiasi imprenditore conosce questo elementare
principio, fuorché i managers d’assalto del credito, i quali, per blandire i propri azionisti,
pensano solo a ridurre i costi .
Quante ristrutturazioni, quanti piani industriali, quante circolari contraddittorie, quanta
precarietà nella gestione hanno vissuto in questi anni le bancarie ed i bancari, per non
parlare degli esattoriali.
Il disegno di depauperare progressivamente la categoria appare tanto chiaro quanto
inaccettabile.
Un bancario insoddisfatto e deluso è un bancario che aspira spesso soltanto a lasciare al più
presto la propria azienda .
L’indagine che abbiamo condotto con il Censis ci fornisce esattamente queste risposte.
Chi fuoriesce viene poi sempre sostituito da lavoratori precari con minori garanzie, minore
forza contrattuale che, molto difficilmente, decidono di iscriversi al sindacato.
Così il cerchio si chiude. Escono le professionalità, chi entra viene sottopagato e chi rimane
si ritrova con carichi e ritmi di lavoro inaccettabili.
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Le lavoratrici ed i lavoratori, tuttavia, non ci chiedono di fermarci all’analisi dei
fenomeni, ma esigono risposte pronte e nuove forme di tutela.
Anche questo, trovare soluzioni ai problemi, è il significato della contrattazione collettiva,
la cui centralità resta per noi un valore assoluto
E’ però indispensabile fornire risposte nuove e tutele più efficaci.
Il contratto non rappresenta un insieme di regole immutabili, ma una forma dinamica di
norme, idonee a realizzare le migliori condizioni possibili di lavoro.
In virtù di questo obiettivo abbiamo lavorato con sei commissioni e spesso in plenaria,
intensamente, per circa due mesi. Tutte le OO.SS hanno dato il loro contributo con spirito
costruttivo, ciascuna rappresentando la propria sensibilità.
In verità, noi della F.A.B.I. avevamo già una linea politica ben tracciata, quella che ci
proveniva dalla mozione finale del nostro congresso, approvata all’unanimità e dal
documento per la ripresa dei rapporti unitari. Un primo principio condiviso sul quale si è
basato il lavoro a nove è che questa piattaforma dovrà essere una piattaforma rivendicativa a
tutti gli effetti.
Tengo a ribadire questo termine, rivendicativa, che forse ultimamente è caduto un po’ in
disuso, ma che mi sembra sia venuta l’ora di rispolverare.
L’iter di stesura è stato molto complesso e partecipato, prevedendo tra l’altro la riservatezza
sui contenuti dei documenti in fase di definizione, al fine di evitare la divulgazione, da parte
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di qualche dirigente sindacale troppo zelante di informazioni incomplete e, per questo,
fuorvianti.
Il semilavorato, licenziato solo alla fine della settimana scorsa e precisamente il giorno 25,
è stato riportato immediatamente, come da impegni assunti fra le nove organizzazioni, agli
Organismi deputati alla discussione ed alla approvazione, nel nostro caso, a norma di
statuto, il Comitato Direttivo Centrale.
Quella che stiamo vivendo è la settimana di interruzione dei lavori delle commissioni,
lasciata, come da accordi, agli approfondimenti da sviluppare all’interno di ciascuna
organizzazione.
Detto del metodo entriamo ora nel percorso di definizione di questa piattaforma, per
passare poi alla declinazione dei contenuti.
* Discussione ed approvazione da parte degli organismi;
* riunione delle segreterie congiunte;
* varo della piattaforma;
* consultazioni capillari fra i lavoratori, precedute da attivi unitari regionali.
Non solo il consenso, ma la piena condivisione dei lavoratori sono, oggi più che mai,
essenziali.
Infatti, senza la loro convinta adesione non potremo superare efficacemente gli ostacoli che
le controparti ci porranno, fin dalle prime battute di avvio della trattativa.
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Infine, ultimate le assemblee, la piattaforma, verrà inviata all’Associazione Bancaria che
auspichiamo avvii la trattativa in tempi brevi.
Detto dei tempi, passiamo ad una analisi dei macrotemi che caratterizzano la piattaforma.
La premessa, di grande rilievo e assolutamente innovativa, perché sintetica e di facile
lettura, enuclea i tre cardini fondamentali su cui si svilupperà l’intero impianto della
piattaforma:
centralità
del
lavoro,
riequilibrio
distributivo,
responsabilità
sociale
dell’impresa.
Sull’area contrattuale la preoccupazione prioritaria è stata quella di tutelare i lavoratori a
fronte delle operazioni transnazionali con un forte ampliamento ed un rafforzamento delle
relazioni sindacali, che devono rispondere alle esigenze di tutela in un settore sempre più
articolato.
Si prevede, infatti, una maggiore informativa preventiva e confronti di Gruppo sui macro
temi.
L’obbiettivo è quello di ampliare l’area contrattuale ( inserendo per esempio call center, e
credito al consumo ) e di evitare per il futuro, che vi siano elusioni da parte delle aziende
attraverso
trasferimenti di ramo d’azienda e distacchi, che spesso mascherano vere e
proprie operazioni di esternalizzazione.
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Particolare cura occorrerà prestare agli appalti, con trattative fra le parti, evitando
l’interposizione di mano d’opera.
Sull’orario di lavoro non abbiamo ritenuto di proporre ulteriori riduzioni, che apparirebbero
oggi in controtendenza rispetto al mondo del lavoro in Europa, ma si è preferito incidere
sulle norme esistenti, con un rafforzamento delle procedure sugli orari portandole a
negoziazione piena.
Così come si intende intervenire, rendendo maggiormente esigibili le norme contrattuali, su
ogni elemento che potenzialmente può peggiorare la qualità della vita dei lavoratori.
Gli stessi briefing e le conventions, sistemi oggi diffusi in maniera endemica, andranno
finalmente normati e retribuiti.
Sugli assetti professionali, vogliamo valorizzare ed adeguatamente retribuire i nuovi profili
professionali, riconoscendo i percorsi di carriera.
Per i Quadri direttivi, una delle categorie che negli ultimi anni si è sentita fortemente
compressa, l’introduzione di un ulteriore livello, il quinto, tenderà a favorire uno sviluppo di
carriera più armonico.
Questa decisione, è stata assunta anche per contrattare retribuzione, lasciando il minor
spazio possibile alla discrezionalità delle imprese.
Incrementi retributivi deriveranno anche dalle maggiorazioni richieste per le prestazioni
aggiuntive dei quadri direttivi.
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Centrale per la categoria dei quadri direttivi, come per le aree professionali, è sicuramente la
formazione.
Una formazione seria e certificata, sempre più necessaria per restare agganciati al ciclo
produttivo, ovvero una formazione utile per una pronta riconversione professionale.
Sulla Precarietà e sul mercato del lavoro abbiamo offerto risposte diverse per risolvere lo
stesso problema.
La battaglia ideale ci impone di combattere la precarietà, ma le Leggi introdotte nel
nostro paese, come in molti altri, hanno di fatto generato uno stato di instabilità
occupazionale che intendiamo, anche attraverso le Norme contrattuali, rendere meno
pesante per i lavoratori.
Anche in questo caso, sano pragmatismo e non demagogia.
L’intervento che proponiamo è di ridurre da un lato la durata dell’apprendistato
professionalizzante, dall’altro di incidere sui vantaggi conseguibili da parte delle imprese,
riducendo ad uno solo i livelli di sottoinquadramento.
La conferma resta però il vero nodo gordiano per tradurre il precariato in stabilità, così
come indispensabile è la formazione, che pure oggi è prevista, ma che resta spesso una
semplice utopia contrattuale.
Ricordo a tutti noi come su questo tema, vi sia stata un’iniziativa mirata da parte delle
segreterie generali nei confronti del Governo, al fine di rendere stabili il 90% delle
assunzioni con contratti di apprendistato professionalizzante, a fronte dell’introduzione per
le banche del cuneo fiscale.
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Purtroppo il Governo, a tutt’oggi, non ha fornito nessuna risposta e ne siamo francamente
dispiaciuti perché ci pareva una buona idea, utile per combattere il precariato e fornire così
ai giovani maggiori certezze per il loro futuro.
RSI .
Lo abbiamo affermato a più riprese che questo è il filo conduttore che lega ogni parte della
piattaforma. Una RSI che per noi deve tendere alla protezione in primis dello stake holder
lavoratore, traducendo le parole dell’appendice contenuta nel vigente CCNL, l’accordo del
giugno 2004, in fatti concreti.
Chiediamo maggiore attenzione per la sicurezza, la salute ed ogni altro aspetto collegato o
collegabile a norme europee come quelle sui permessi, sulla malattia, sugli infortuni.
Il capitolo salario rappresenta un pilastro portante del futuro rinnovo.
Una annotazione su tutte. Per noi l’accordo del luglio 93 è uno strumento ormai superato,
utile nel passato, ma oggi assolutamente inidoneo a dare risposte adeguate alle esigenze di
cresita retributiva dei lavoratori. Per questo motivo la richiesta economica che faremo va
ben oltre la percentuale d’inflazione programmata .
Così, come adeguatamente vanno rimodulate tutte le indennità, compresa quella di cassa.
Gli incrementi tabellari per il biennio ammontano a circa il 7,30% con decorrenza dal
1.1.2006 ( 3.8% inflazione – 3,5% produttività di sistema che non è stata distribuita alla
forza lavoro)
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Le altre indennità vengono aumentate di importi che vanno dal 3,5% fino al 20% con una
richiesta di solidarietà generazionale attraverso l’istituzione di una polizza long term care,
sia attraverso il sistema pensionistico.
Complessivamente, l’entità della richiesta, in termini percentuali, supera il 9%.
Anche sul salario incentivante le proposte delle OO.SS sono articolate.
Allargare la platea dei beneficiari privilegiando, i premi di squadra e rendere trasparenti
nonché oggettivi i budget .
Saranno questi i primi passi da percorrere, collegandoli ad una negoziazione aziendale meno
evanescente.
Numerose sono poi le altre modifiche proposte che considerano le problematiche di genere,
i premi aziendali, il part-time, il mezzogiorno, tutte tematiche, insieme ad altre di minor
impatto emotivo e di maggior specificità e particolarità, che hanno trovato spazio nel testo
rivendicativo.
Per quanto riguarda le banche di credito cooperativo, intendiamo percorrere un
cammino simile.
A breve le OO.SS del settore, che in questo caso sono sei, predisporranno la piattaforma
rivendicativa, che dovrà considerare le specificità. Questo lavoro ci consentirà di consegnare
le nostre richieste a Federcasse, in tempi analoghi a quelli dell’ABI.
Vogliamo iniziare le trattative non più con un anno di ritardo rispetto al credito ordinario,
ma contemporaneamente. Questo per rispetto nei confronti dei lavoratori di un settore così
importante.
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Per la Riscossione dei tributi attendiamo di conoscere il piano industriale di Riscossione
S.p.A. che rappresenterà la base per la contrattazione.
Secondo le notizie in nostro possesso Riscossione S.p.A. assumerà la tipica funzione di
holding operativa di un gruppo di società (39) che opereranno sul territorio. Tutto ciò ci fa
ritenere che tali società possano in futuro assumere il ruolo di interfaccia con analoga
struttura, a livello regionale, dell’Agenzia delle Entrate.
Pare anche di cogliere da parte della dirigenza di Riscossione S.p.A. un particolare interesse
alle risorse umane che dovrebbe evolversi in una migliore valutazione delle capacità e delle
motivazioni del singolo.
Dovrà porsi particolare attenzione ai sistemi incentivanti di cui già usufruisce il personale
dell’Agenzia delle Entrate e che non potrà essere negata ai dipendenti di Riscossione S.p.A.
Nell’immediato la FABI e le altre OO.SS. sono impegnate a discutere con Riscossione
alcuni temi importanti quali la trasformazione del fondo previdenziale di settore in fondo
integrativo, un adeguato accesso al fondo esuberi in tutte le sue articolazioni, la definizione
di parametri per la mobilità infragruppo.
Vi ho elencato i nostri obbiettivi, il nostro progetto.
Infine, diamo uno sguardo all’organizzazione a nove mesi dal Congresso.
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La spinta propulsiva di Genova ci sta ancora accompagnando.
L’organizzazione, lo dico con orgoglio, sta crescendo, e sta maturando. Non sempre infatti
alla quantità corrisponde uguale qualità. Invece nel nostro caso sta accadendo che qualità e
quantità si stanno coniugando producendo risultati eccellenti.
A Genova indicammo una rotta da seguire.
Lungo quella rotta, sulle direttrici volute dal congresso stiamo viaggiando rapidamente.
Il mare che ci sta davanti è sempre denso di incognite, di imprevisti, ma non viviamo nei
tempi antichi, quando oltre le colonne d’Ercole, si temeva che vi fosse un orrido senza fine.
Oggi la conoscenza ci fornisce tutti gli strumenti utili per superare gli ostacoli e gli
imprevisti, purchè non si sopravvalutino nè le proprie forze, né quelle degli altri, e che
soprattutto, si remi sempre tutti dalla stessa parte, perché avere una bussola non ci dispensa
dal remare.
Consentitemi di chiudere questa relazione con una frase che mi è particolarmente cara,
perché in un certo senso, rispecchia il mio sentire, ma soprattutto lo spirito e l’agire di
questa meravigliosa organizzazione a cui noi tutti apparteniamo.
Il coraggio è la prima tra tutte le virtù, perché rende possibile tutte le altre.
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Il coraggio, amici non ci manca di certo, l’abbiamo dimostrato nei fatti ed è proprio con
questo coraggio che insieme a tutte le organizzazioni ci apprestiamo, ancora una volta, a
combattere la battaglia per la tutela dei diritti e della dignità dei bancari.
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