Anno 05 Num. 18 - Medimia Magazine
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Anno 05 Num. 18 - Medimia Magazine
Rivista di Medicina, Attualità, Cultura MEDIMIA MAGAZINE - Bimestrale - Giugno / Luglio 2015 - Anno V n° 18 La fotoprotezione contro i danni del sole Dermatologia Verruche e condilomi Oncologia Cancro al seno Oftalmologia La presbiopia Alimentazione La dieta di mantenimento Sommario Editoriale MEDIMIA MAGAZINE Anno 5 n° 18 Giugno - Luglio Oncologia I raggi solari: rischi e benefici 3 Fattori di rischio e prevenzione del tumore al seno 46 Dermatologia Cancro della mammella: una nuova tecnica diagnostica 50 Il trattamento delle neoformazioni benigne del volto 4 L’acne e gli esiti cicatriziali 8 Ricostruzione mammaria con lipofilling e prp 52 Urologia Il sole sulla pelle: le fotodermatosi 12 La cistite interstiziale 57 Le cheratosi seborroiche 18 Oftalmologia La pitiriasi versicolore: chi colpisce e come si cura 22 La laserterapia nel trattamento delle onicomicosi 26 Come dire addio agli occhiali dopo gli anta 59 Chirurgia La stipsi: sintomo e causa di molte patologie 62 Alimentazione La vitiligine: non solo un danno estetico 29 Estate e salute: la dieta di mantenimento 66 Verruche e condilomi 32 Idrologia Psoriari d’estate 35 Chirurgia Estetica La tossina botulinica 41 Master Laser in dermatologia: inaugurazione anno accademico 44 Artrosi e terapia termale 70 Filosofia L’arcipelago delle emozioni 74 Contatti Cerca il medico 79 Editoriale Rivista di Medicina, Attualità, Cultura MEDIMIA MAGAZINE - Bimestrale - Giugno - Luglio 2015 - Anno V n° 18 La fotoprotezione contro i danni del sole Pasquale Malvone [email protected] Dermatologia Verruche e condilomi Oncologia Cancro al seno Oftalmologia La presbiopia Alimentazione La dieta di mantenimento @MedimiaMagazine I raggi solari: rischi e benefici I tumori cutanei (escluso i melanomi) sono tra i più diffusi in assoluto: secondo i registri AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori) sono infatti al primo posto tra gli uomini e al secondo tra le donne dopo il tumore della mammella. In particolare, i carcinomi basocellulari e spinocellulari si sviluppano soprattutto nelle aree del corpo più esposte al sole: viso, orecchie, collo, cuoio capelluto, spalle e dorso. Per cui uno dei principali fattori di rischio è l’esposizione a raggi ultravioletti (UVA e UVB) che derivano principalmente dal sole, ma anche da lettini e lampade solari che devono quindi essere utilizzati con estrema cautela. Basterebbero poche e semplici regole per scongiurare il rischio tumori. Occorre, dunque, trovare un giusto equilibrio tra rischi e benefici, seguendo poche regole ma basilari: tempi e modi di esposizione prestabiliti e, soprattutto, una protezione adeguata. Oltre ad evitare le ore più centrali della giornata (12-16), occorre utilizzare creme solari con fattore di protezione 50+, per bambini e soggetti con carnagione chiara e creme con fattore 50 per tutti gli altri. Meglio scegliere quelle in latte o spray resistenti all’acqua e ricordarsi di applicarle più volte nel corso della giornata. Secondo la Skin Cancer Foundation almeno ogni due ore, e comunque dopo ogni bagno o attività sportiva. Non dimentichiamo, comunque, che l’esposizione ai raggi solari ha diversi effetti positivi sul nostro organismo. Ha un effetto benefico sul nostro umore e, soprattutto, stimola la produzione di vitamina D che, fissando il calcio nelle ossa, previene il rachitismo nei bambini e l’osteoporosi negli anziani. Dunque, si al sole ma niente scottature e abbronzature eccessive. ASSOCIATO ALL’UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA Direttore responsabile Pasquale Malvone Coordinatore scientifico Mario Sannino Redazione scientifica Giovanni Cannarozzo Alfonso Carotenuto Paolo Caterino Luigi Cuoco Gioacchino Listro Cristiano Morini Domenico Piccolo Nadia Russo Oriele Sarno Marina Vaccaro Hanno collaborato a questo numero: Claudio Amitrano, Raffaele Aratro, Luisa Barbaro, Paolo Caterino, Anna Rita Cicalese, Maria Costantino, Ester Del Duca, Valentina Dente, Naida Faldetta, Jeanette Gaido, Lorenzo Martora, Claudio Messere, Steven Paul Nisticò, Carmine Prota, Aldo Reale, Luca Rotunno, Claudio Savaresi Coordinamento grafico Antonio Di Rosa Vincenzo Pinto Photo editor Luigi Caterino Portale medimia.it Antonio Galli Agenzie Fotografiche Fotolia Mg Group Editore EPS srl Stampa Grafica Metelliana Cava De’ Tirreni (Sa) Direzione e Amministrazione EPS srl isola 7, lotto 759 80035 - Cis di Nola (Na) tel. +39 081 5109495 fax +39 081 5109415 www.medimia.it [email protected] L’autore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, nonchè per eventuali omissioni o inesattezze delle fonti delle immagini riprodotte nel presente numero. Registrazione n° 5 del 21/06/2010 presso il tribunale di T. Annunziata Dermatologia Il Laser Erbium-Yag nel trattamento delle neoformazioni benigne del volto Lorenzo Martora Specialista in Dermatologia e Venereologia I l Laser ablativo ad erbium (Er:YAG) si è rivelato uno strumento particolarmente valido nella conduzione del rimodellamento cutaneo e per l’ablazione tissutale che avviene, infatti, con modalità monitorizzabili e sicure. Questa sorgente laser produce una radiazione infrarossa di lunghezza d’onda pari a 2940 nm che presenta un’affinità elettiva per l’acqua dei tessuti superiore di 13 volte a quella del laser CO2. Nella gestione soprattutto delle neoformazioni benigne del volto, il Laser ad Erbium ha rappresentato un’innovazione notevole in quanto ha permesso di realizzare miglioramenti, prima impensabili, con riduzione dell’eritema post-trattamento e di tutta una serie di effetti collaterali molto evidenti con il Laser CO2 e con meto- 4 Dermatologia diche tradizionali chirurgiche. Le proprietà del laser erbium che ne fanno uno strumento d’elezione per l’ablazione cutanea controllata derivano principalmente dal fatto che l’acqua ha un picco di assorbimento intorno ai 3000 nm ed un ottimo assorbimento in tutto l’infrarosso. Il laser ad Erbium ha un range di emissione intorno ai 3 nm (2,94 mm) che coincide esattamente con il picco di assorbimento dell’acqua. Questo fa si che l’emissione laser Erbium, per l’elevata affinità con l’acqua tissutale, possieda una ZTN (Zone of Thermal Necrosis) sempre molto piccola e fissa, indipendentemente dai passaggi effettuati. L’energia fluente viene ceduta all’acqua e dissipata in vapore acqueo. La maggior quota energetica è rilasciata entro la fase di vaporizzazione tissutale e i frammenti ablati espulsi trasportano con sé la maggior energia fotonica, lasciandone una quota minima in grado di danneggiare i tessuti circostanti. La chiave di un’asportazione netta con minimi danni termici ai tessuti adiacenti, infatti, consiste nell’ablare il tessuto più velocemente di quanto il calore possa essere trasmesso ai tessuti adiacenti. L’assenza di carbonizzazione delle superfici trattate permette di valutare visivamente il grado di profondità raggiunto. Le guarigioni sono rapide (10-15 gg), l’eritema è normalmente presente soltanto per circa un mese. Il rischio di pigmentazioni irregolari e/o esiti cicatriziali è molto basso. E’ buona norma, comunque, evitare di effettuare tali interventi in concomitanza con l’esposizione al sole. Nella casistica riportata di seguito presentiamo diversi casi trattati con ablazione mediante ERBIUM–Yag di lesioni cutanee benigne difficilmente aggredibili con metodiche tradizionali e/o chirurgiche soprattutto con minimo decorso post-operatorio e quasi totale assenza di esiti cicatriziali. Parametri utilizzati: spot 3, modalità VSP (very short pulse) con passaggio finale LP (long pulse), fluenza 400-500 mJ/cm2, frequenza 4-6 Hz. Neoformazioni benigne Casi Clinici Dermatologia L’acne è da sempre la patologia dermatologica che caratterizza l’adolescenza con un incremento di casi nelle donne oltre i 20 anni L’acne e gli esiti cicatriziali Aldo Reale Specialista in Dermatologia e Venereologia E’ la patologia dermatologica che più frequentemente colpisce gli adolescenti e che può essere responsabile di gravi ripercussioni sul piano psicologico. Interessando il viso, infatti, determina spesso una riduzione dell’autostima e della capacità di relazionarsi con i coetanei. Importante pertanto è trattare adeguatamente le lesioni che essa provoca con il duplice scopo di limitarne l’estensione e l’intensità, riducendo i possibili esiti cicatriziali delle forme più aggressive. L’età di insorgenza più comune dell’acne è intorno ai 12-14 anni, in coincidenza con il periodo di sviluppo ed evoluzione a livello ormonale. Una delle conseguenze della maturazione ormonale è l’ingrandimento delle ghiandole sebacee, la cui alterata funzione è responsabile delle manifestazioni acneiche. Lo sviluppo delle ghiandole sebacee innesca una catena di eventi: il sebo è più denso ed è prodotto in quantità maggiore; lo sviluppo del dotto ghiandolare si associa ad una sua alterazione con conseguente desquamazione. Il sebo frammisto ai cheratinociti di sfaldamento crea un tappo allo sbocco ghiandolare che, in seguito a 8 Dermatologia fenomeni ossidativi, assume un colore nerastro. Si forma, in tal modo, il comedone (o punto nero). A volte lo sbocco ghiandolare risulta chiuso e non in contatto con l’esterno; in tal modo il sebo si accumula, determinando piccole lesioni biancastre lievemente rilevate sul piano cutaneo. In entrambi i casi l’accumulo di sebo crea un ambiente acido e spesso con scarso ossigeno, favorevole allo sviluppo di lesioni infiammatorie e alla crescita di colonie batteriche, prevalentemente costituite dal P. Acnes, che è il principale responsabile dei fenomeni infettivi ed infiammatori che caratterizzano le forme moderate e gravi di acne. Le manifestazioni descritte riassumono le alterazioni che caratterizzano l’evoluzione dell’acne: iperseborrea, ipercheratosi, infiammazione, infezione. A seconda della prevalenza di tali alterazioni si manifestano: comedoni, microcisti, papule, pustole, cisti. Così come le lesioni acneiche sono molto variabili, parallelamente anche le manifestazioni cliniche risultano molto differenti, caratterizzate da un polimorfismo molto marcato. Possiamo parlare di acne comedonica, papulosa, pustolosa, cistica, conglobata, in base alla prevalenza del tipo di lesione. La contemporanea presenza di tali lesioni è tipica della forma clinica più frequente, definita polimorfa, nella quale si osserva la coesistenza di tutte le lesioni elementari che caratterizzano questa patologia. L’intensità e la diffusione delle lesioni indirizza le scelte terapeutiche. I principali farmaci impiegati attualmente sono i Retinoidi (derivati della Vitamina A), gli antibiotici, il benzoil-perossido, la nicotinamide, oltre a supporti dermocosmetici costituiti da detergenti, idratanti ed esfolianti. Un ruolo a parte svolge la terapia ormonale a base di anti-androgeni ed estro-progestinici. Le forme lievi-moderate si giovano della sola terapia locale, a volte affiancata da supporti nutrizionali. Le L’acne e gli esiti cicatriziali forme più gravi necessitano in genere di terapie per via generale. Spesso si ricorre a combinazioni di farmaci: le più comuni sono benzoil-perossido/retinoidi, benzoilperossido/antibiotici. Le prime efficaci nelle forme a prevalenza comedonico-papulosa, le seconde utili nelle forme più infiammate e con componente pustolosa. La nicotinamide (vitamina B3) trova impiego nelle forme di gravità lieve-moderata sia per uso locale che come supplemento nutrizionale. Risulta molto tollerabile, utilissima nel periodo estivo, vista anche una azione fotoprotettiva della formulazione orale. Nelle forme più gravi risulta necessario ricorrere a terapie sistemiche. Gli antibiotici (soprattutto macrolidi e tetracicline) sono i più comunemente impiegati, spesso per tempi lunghi. Nella donna, di frequente, risulta necessario il ricorso ad estroprogestinici, a volte associati ad antiandrogeni (ciproterone acetato, spironolattone). Un ruolo crescente sta assumendo l’inositolo, in grado di agire positivamente sull’ovaio policistico, in genere presente nelle donne in età post-adolescenziale affette da acne. Nelle manifestazioni di maggiore gravità o non rispondenti ad altre terapie è necessario ricorrere ai retinoidi sistemici (isotretinoina). Questi agiscono su tutti gli aspetti dell’acne, portando ad una drastica riduzione della attività delle ghiandole sebacee, della carica batterica, e dell’infezione. L’isotretinoina essendo un farmaco teratogeno deve essere somministrata con cautela e con copertura anticoncezionale alle donne. La sua assunzione causa fastidiosi effetti collaterali (soprattutto marcata secchezza di cute e mucose). Ma nel complesso risulta un farmaco sicuro ed in grado di bloccare e risolvere anche forme di acne di gravità estrema. Una volta risolta la fase attiva, vanno rilevati i danni residui. Le forme più aggressive e profonde lasciano esiti cicatriziali, in alcuni casi anche deturpanti. Sorge Dermatologia L’acne e gli esiti cicatriziali Le cicatrici d’acne: un valido aiuto per contrastarle Le cicatrici sono un serio problema psicologico ed estetico per il paziente acneico. L’acne papulo-pustolosa e nodulare dà luogo a cicatrici atrofiche di non facile risoluzione. Lysiscar emulgel della Roydermal Laboratoire Pharmaceutique è un dispositivo medico formulato per gli ispessimenti dello strato corneo e per promuovere i normali processi di ringiovanimento cellulare della pelle. Per le proprietà dei suoi principi attivi (Azeloglicina 30%, Acido glicolico 8% e Acido ialuronico 0,2%), può essere consigliato per cicatrici d’acne, cute seborroica con pori dilatati, comedoni e punti neri, iperpigmentazioni cutanee post infiammatorie e cheratosi di tipo attinico. Applicare una piccola quantità del prodotto direttamente sull’area da trattare preferibilmente a sere alterne (salvo diverso suggerimento del medico) nelle prime due settimane e poi tutte le sere per almeno otto settimane. Detergere la zona prima di applicare il prodotto e favorirne la penetrazione con un leggero massaggio. Scopri il prontuario della linea completa di dermatologia, scaricando l’app RoyDepliant da Playstore e App store. Disponibile solo in farmacia e acquistabile on line all’indirizzo shop.roydermal.it quindi la necessità di riportare la cute ad una situazione accettabile. A seconda della gravità degli esiti le prospettive di risoluzione sono variabili e legate alla esecuzione di trattamenti più o meno invasivi. Sulle cicatrici più leggere possono essere sufficienti peeling chimici superficiali e medi, a base di acido glicolico, piruvico o tretinoina. Lo step successivo consiste nell’impiego di peeling profondi, soprattutto il TCA, in grado di attenuare cicatrici anche rilevanti. L’intervento attualmente più efficace nella gestione delle cicatrici importanti è il Laser resurfacing, utilizzando i sistemi frazionati ed ultrapulsati che consentono, rispetto al passato, maggiore efficacia e tempi di recupero molto brevi. Per quanto riguarda i fattori patogenetici responsabili dello sviluppo dell’acne il ruolo preponderante è quello dello stimolo ormonale, in relazione ad età, sesso e fattori genetici. Su questa componente di base intervengono una serie di fattori, ambientali e comportamentali, che influenzano l’evoluzione della patologia. L’alimentazione ha un ruolo da sempre discusso, ma mai totalmente chiarito. Di certo si rileva come una eccessiva assunzione di grassi saturi di origine animale (insaccati, latticini) induce aggravamento dei sintomi. Importante è l’inquinamento ambientale, in quanto eccesso di smog o polveri facilita l’occlusione degli sbocchi ghiandolari (fenomeno decisivo per l’innesco del processo infiammatorio). Lo stress interviene modificando la secrezione ormonale, influendo quindi sulla composizione del sebo. L’assunzione di farmaci (cortisonici, psicofarmaci, anabolizzanti, ecc.) e le malattie (sindrome ovaio policistico, iperandrogenismi, sindromi surrenaliche, ecc.) possono favorire lo sviluppo di sindromi acneiche attraverso una interferenza con la funzione delle ghiandole sebacee. In conclusione l’acne è da sempre la patologia dermatologica che caratterizza l’adolescenza. Oggi si registra un incremento di casi nelle donne oltre i 20 anni. Le terapie attuali risultano in grado di attenuare e bloccare l’evoluzione della patologia, ma resta fondamentale la collaborazione del soggetto affetto che deve attuare comportamenti che non favoriscano la comparsa o l’aggravamento delle manifestazioni. In più è opportuno rivolgersi prontamente a medici specialisti, evitando il fai da te o i consigli di persone non abilitate a trattare patologie, per evitare interventi tardivi e ridurre i potenziali esiti cicatriziali. 10 Dermatologia La Fotoprotezione rappresenta il momento fondamentale della terapia per ogni forma di fotodermatite Il sole sulla pelle: le fotodermatosi Paolo Caterino Specialista in Dermatologia e Venereologia L a radiazione solare è la fonte energetica che consente la vita e la crescita del mondo animale e vegetale terrestre. La cute è organo bersaglio diretto con i suoi cromofori (sostanze assorbenti l’energia radiante) epidermici: acidi nucleici, melanina, aminoacidi, acido urocanico e dermici: emoglobina, bilirubina, betacarotene. Altro cromoforo presente nella pelle, di grande valenza biologica, è il 7-deidrocolesterolo che sotto l’azione dell’UVB (295 – 320 nm) si trasforma in provitamina e poi, per isomerizzazione termica, in Vit. D3, che, idrossilata in fegato e rene (calcitriolo), svolge la sua benefica attività di assorbimento del calcio e del fosforo, consentendo la mineralizzazione delle ossa, la differenziazione delle cellule immunitarie, svol- 12 Dermatologia gendo azione antitumorale. La cute esposta alle radiazioni solari pone in atto meccanismi di protezione, per cui si ispessisce e si abbronza; va distinta l’abbronzatura rapida, che avviene per foto-ossidazione della melanina presente nel corneo ed è rilevabile già alcune ore dopo l’esposizione, dalla pigmentazione ritardata e persistente, che avviene per aumento di sintesi di melanina, trasferimento e distribuzione nei cheratinociti dei melanosomi e si verifica alcuni giorni dopo l’esposizione al sole. Le reazioni cutanee alle radiazioni e le manifestazioni del danno attinico variano a seconda del fototipo. La classificazione più completa dei fototipi umani è quella di Cesarini (Tab. 1). Le fotodermatosi dirette sono acute, dovute a prolungata esposizione, come l’eritema solare e la dermatite eritemato – edemato – bollosa solare, corrispondenti rispettivamente ad un’ustione di primo e di secondo grado, o croniche, per danno attinico cumulativo nel tempo sulle varie componenti biochimiche di epidermide e derma. Si può determinare danno displasico, come nelle cheratosi e nelle cheiliti attiniche, anaplasico, come nel corno cutaneo e nelle leucoplachie delle labbra o francamente neoplastico con insorgenza di epiteliomi baso e spinocellulari. Per il melanoma, nelle sue varie espressioni cliniche, su un terreno di predisposizione genetica assumono particolare importanza gli stress solari ripetuti fin dall’epoca infantile e adolescenziale. Il danno attinico cronico alterando le proteine di sostegno del derma determina fotoinvecchiamento e la cute assume un aspetto aggrinzito e rugoso, come nell’elastosi a buccia d’arancio, o quadrettato come nella cute romboidale della nuca, fino al determinarsi di sol- Il sole sulla pelle Fig. 1 - Eritema attinico. Sono osservabili tre aree diversamente interessate. Completamente protetta l’area del reggiseno; nella parte centrale del decolleté è stato applicato irregolarmente il fotoprotettivo, mentre gran parte del tronco e gli arti sono stati lasciati senza protezione. chi profondi che rendono la cute del volto una maschera severa e amimica. Nelle fotodermatosi mediate un fotosensibilizzante esogeno o endogeno, comportandosi da cromoforo assorbe radiazioni di una determinata lunghezza d’onda e innesca fenomeni infiammatori eczematosi con meccanismo allergico o tossico. Nelle reazioni fotoallergiche si verifica la partecipazione del sistema immunitario, con l’insorgenza di un’eruzione simile nei suoi meccanismi e nei suoi aspetti ad una dermatite da contatto allergica; le reazioni fototossiche, invece, sono assimilabili ad una reazione irritativa primaria, senza partecipazione del sistema immune. La distinzione clinica delle due forme non sempre è facile: può essere utile praticare Tabella 1: Classificazione del fototipo secondo Cesarini Fototipo Capelli Pelle Efelidi Eritema Abbronzatura Capacità di pigmentazione Capacità protettiva 0 (Albini) I Rx - Rx II Rx - Bi III Rx - Br IV Bi - Bi V Bi - Br VI Br - Br Negroide bianchi rossi dorati castani biondi bruno chiari marroni neri rosa lattescente chiara chiara chiara scura scura nera 0 +++ ++ ++ 0 0 0 0 ad ogni esp. ad ogni esp. lunghe esp. lunghe esp. prima abbr. 0 0 0 0 lieve lieve media media cupa cupa difficile difficile facile facile molto facile molto facile molto debole lieve grande grande molto grande molto grande 13 Dermatologia Fig. 2 - Dermatite eritematoedemato-bollosa Il sole sulla pelle determinanti la dermatosi bollosa. La non completa conoscenza dei fattori etiologici e delle molecole che agiscono da cromofori è caratteristica delle Fotodermatosi idiopatiche. Ricordiamo qui le più frequenti come l’orticaria solare e la dermatite polimorfa solare. L’Orticaria solare si manifesta con un’eruzione di pomfi di piccole dimensioni nelle aree fotoesposte, poco dopo l’irradiazione, in alcuni casi può verificarsi lo shock anafilattico. La lunghezza d’onda della radiazione responsabile può trovarsi nell’UVB, UVA, o nel visibile. La terapia può avvalersi degli antistaminici, come della desensibilizzazione (induzione di tolleranza) attraverso ripetuta irradiazione con diverse frequenze dello spettro d’azione. L’Eruzione Polimorfa Solare compare 24 – 36 ore dopo l’esposizione. Recidiva caratteristicamente nella tarda primavera e all’inizio dell’estate. La denominazione (DPS) è dovuta al fatto che può manifestarsi in forme cliniche diverse, ma mantiene gli stessi caratteri per ciascun paziente. Spesso è riscontrata un’eruzione papulare eritematosa e congesta nell’area del décolleté di donne giovani o su tutto l’ambito cutaneo qualche giorno dopo una prolungata esposizione nelle ore centrali della giornata, con clima caldo umido. >Dermatosi fotocondizionate: - Da alterato metabolismo del triptofano (pellagra, idrossichinuremia, morbo degli Hartnup); - Da deficit riparativo del danno attinico (xeroderma pigmentoso, porocheratosi attinica superficiale); - Da deficit protettivo cutaneo (albinismo, vitiligine, fenilchetonuria). - Dermatosi fotoinfluenzabili: Lupus eritematoso, dermatomiosite, rosacea, pemfigo eritematoso e foliaceo, psoriasi, herpes, esantemi virali. La Fotoprotezione rappresenta il momento fonda- Fig. 3 - Cheratosi attinica fotopatch-test. Numerosi farmaci possono comportarsi da fotosensibilizzanti e determinare reazioni cutanee eczematose, talora con caratteristiche che consentono la diagnosi eziologica ancor prima dell’indagine allergologica. Le reazioni di fotosensibilità indotte da prometazina topica sono caratterizzate da manifestazioni eritematose a tonalità violacea, edematose, poco essudanti, lisce e poco desquamanti, sempre limitate all’aree esposte alla luce. Le forme indotte da sulfamidici presentano lesioni intensamente eritematose in sede esposta e lesioni papulo vescicolari sparse anche in sedi non esposte. Farmaci con potenziale fototossicità sono antibiotici (Tetracicline, fluorochinolonici, ac. nalidixico, ceftazidima, trimetoprim, sulfonamidi), antiaritmici (Cordarone, chinidina), antimalarici (Chinina), antimicotici (Griseofulvina, ketoconazolo), FANS (Ibuprofene, ketoporfene, ac. tioprofenico, naprossene, ac. acetilsalicilico, fenilbutazone, ac. mefenamico), antipertensivi e diuretici (Furosemide, idroclorotiazide, diltiazem), antitumorali (5-fluorouracile, dacarbazina, metrotexato, vinblastina, flutamide, bleomicina), ipolipemizzanti (Clofibrato), psoraleni (contenuti in profumi e farmaci), sedativi e ansiolitici (Fenotiazine), coloranti (Eosina, fluoresceina, blu di metilene, rosa di bengala), vari (Porfirine, catrame minerale, solfiti). Le Porfirie cutanee sono fotodermatosi dovute all’azione fotosensibilizzante sistemica di metaboliti intermedi (porfine) della via biosintetica dell’eme (protoporfirina chelata con ferro). Sono solitamente distinte in eritropoietiche ed epatiche in base alla sede dell’anomalia enzimatica che ne è causa. Nella porfiria cutanea tarda è compromessa l’attività enzimatica epatica dell’uroporfirinogeno sintetasi con secondario accumulo di porfirinogeno policarbossilato, il quale viene ossidato in porfirine fotoattive, cromofori Fig. 4 Cheilite Solare in trasformazione carcinomatosa 14 Fig. 5 Corno Cutaneo su base infiltrata e neovascolarizzata Dermatologia Il sole sulla pelle Protezione efficace per tutta la famiglia Il sole è un amico dei bambini perché attivando la vitamina D, presente sulla pelle, promuove la calcificazione delle ossa. Ma i raggi solari possono rappresentare una seria minaccia per la salute dei più piccoli e dei loro genitori. Per questa ragione, i dermatologi consigliano di esporsi al sole proteggendo la pelle con creme solari schermanti a fattore alto. Fig. 6 Cheratosi attinica ed epitelioma su cute con danno solare cronico (elastosi a buccia d’arancia, rughe e solchi) La linea Chitosol della Roydermal Laboratoire Pharmaceutique è un dispositivo medico particolarmente indicata per i bambini e i fototipi chiari. Si tratta di filtri solari ad elevata efficacia protettiva, in grado di schermare la pelle dai danni nocivi delle radiazioni solari. mentale della terapia per ogni forma di fotodermatite, realizzando l’adeguata prevenzione primaria e secondaria. Va distinta in topica e sistemica. I prodotti fotoprotettivi sono formulati per i diversi tipi di pelle e differenziati nella scelta dei veicoli e delle sostanze filtranti o schermanti. Così per pelli acneiche e soggetti molto pelosi sono indicati gli idrogel o formulazioni spray, per soggetti colpiti in modo particolare dai segni del photoaging sono formulati prodotti arricchiti di sostanze elasticizzanti e nutrienti. È sufficiente in linea di massima consigliare valori di SPF = 10 – 20 per soggetti sani di fototipo III e superiori, SPF > 30/UVB e >15/UVA per soggetti sani di fototipo II e I. L’efficacia del protettivo è condizionata dall’attività fisica e da intense sudorazioni; l’applicazione va ripetuta dopo il bagno o la doccia, tenendo presente la sostantività della formulazione; va applicato in adeguate quantità, non trascurando le orecchie, la porzione posteriore del collo, il dorso dei piedi, i cavi poplitei, il cuoio capelluto alopecico. La fotoprotezione sistemica è determinata da una dieta ricca e variata, eventualmente integrata con la somministrazione di vita- Fig. 7 - Fotodermatite mediata dal mine e altri antiossidanti lattice di fico esogeni e oligoelementi. (Fitofotodermatite) Chitosol è resistente all’acqua (waterproof) ed è formulata con un filtro chimico-fisico che riduce il rischio di sensibilizzazione allergica rispetto ai tradizionali filtri chimici in commercio. 15 Dermatologia Cheratosi seborroiche: un fastidioso disturbo estetico Mario Sannino Specialista in Oncologia Dermatologica L a cheratosi seborroica è una forma di iperplasia benigna dell’epidermide che si manifesta come macchia brunastra più o meno rilevata sul piano cutaneo, con aspetto verrucoso o squamo-crostoso. Può essere pruriginosa e, se traumatizzata, dare origine a sanguinamento. Viene anche definita verruca seborroica o senile, ma non è di origine virale e pertanto non contagiosa. Può presentarsi isolata oppure diffusa, in genere su viso e tronco, e arrecare un serio disturbo estetico. Le cheratosi seborroiche si presentano in soggetti di entrambi i sessi, a partire dai 40 - 50 anni. Da qualche anno, in seguito all’eccessiva fotoesposizione, l’età di insorgenza si è abbassata notevolmente, e già a partire dai 30 anni è possibile fare diagnosi di cheratosi seborroica. Assieme alle rughe ed al fotodanneggiamento, le cheratosi arrecano un senso d’invecchiamento precoce, soprattutto quando sono localizzate al volto. Le cheratosi possono essere anche di grandi dimensioni tanto da preoccupare il paziente ed essere scambiate per tumori della pelle come il melanoma. In alcuni individui, familiarmente predisposti (trasmissione genetica dominante) o a causa di patologie concomitanti, tendono a essere molto numerose e con crescita rapida tanto da procurare un fastidio, oltre che visivo, anche 18 Dermatologia nel vestirsi o lavarsi. In questo caso occorre procedere alla loro eliminazione. La loro crescita è potenziata da alterazioni ormonali o irritazioni, pur non costituendo la causa scatenante: per questo motivo la menopausa, momento di elevata modulazione ormonale nella donna, coincide con una crescita abnorme delle verruche seborroiche, soprattutto sotto la piega mammaria. Molte sono le neo-formazioni cutanee da cui bisogna differenziare la cheratosi seborroica: • lentigo solare, che a differenza della cheratosi non può essere palpata durante l’esame obiettivo (è solo una macchia sulla pelle); • cheratosi attinica pigmentata; • melanoma piano in placca; • carcinoma basocellulare pigmentato; •carcinoma spinocellulare. Le formazioni seborroiche, contrariamente alle cheratosi attiniche che possono evolvere in carcinoma spinocellulare, non si trasformano mai in forme tumorali Cheratosi seborroica maligne, ad eccezione della cheratosi bowenoide che però è un’entità ben diversa dalla seborroica. Nel caso in cui fosse necessaria l’asportazione per motivi estetici e funzionali, si può ricorrere all’asportazione chirurgica o al curettage, alla diatermocoagulazione, alla crioterapia e alla laser-terapia. In particolare quest’ultima assicura una corretta rimozione senza rischio di esiti come cicatrici, iper e ipopigmentazione, che spesso riscontriamo quando si impiegano metodiche più cruenti come diatermo e crioterapia. Senza dubbi il trattamento ottimale per allontanare le cheratosi seborroiche del volto resta la laserterapia, mediante impiego di laser CO2 o Erbium laser. Prima della rimozione delle cheratosi seborroiche occorre sempre effettuare una corretta diagnosi. Lo specialista dermatologo è la figura professionale più qualificata che, mediante un esame non invasivo, la dermatoscopia, può effettuare una adeguata diagnosi delle lesioni pigmentate. Diagnostica non invasiva con metodica multispettrale Cheratosi seborroiche del volto. Trattamento di vaporizzazione con laser CO2 ablativo: focale 7 mm, emissione pulsata, potenza 0.2 – 0.8 w frequenza 5-10 hz 20 Dermatologia “Le aree più colpite sono il torace, le braccia, il terzo inferiore del viso, il collo e le spalle” La pitiriasi versicolore: chi colpisce e come si cura Marina Vaccaro Specialista in Dermatologia e Venereologia L a pityriasi versicolor o versicolore, nota anche come dermatomicosi furfuracea e definita volgarmente ed impropriamente “fungo del mare”, è un’infezione cutanea superficiale causata generalmente da un lievito del genere Malassezia, in particolare la Malassezia Furfur, che normalmente colonizzano la cute umana, e può diventare patologica solo in determinate circostanze a causa di fattori favorenti endogeni ed esogeni. Ad esempio tra quelli esogeni ritroviamo le alte temperature e l’elevata umidità; mentre tra gli endogeni vi sono la cute untuosa, l’iperidrosi (eccesso patologico della sudorazione), l’alterazione del pH cutaneo, la pre- disposizione, la terapia steroidea, l’immunosoppressione, il diabete, la denutrizione cronica, la scarsa igiene personale e la gravidanza. La pitiriasi versicolore è una malattia molto comune e presente in tutto il mondo. Interessa persone in buona salute, in particolare le popolazioni che vivono in regioni tropicali o subtropicali. Ne sono particolarmente soggette donne sane in età adolescenziale e nella prima maturità (21 - 30 anni) ed in generale gli adolescenti o i giovani adulti. Alcuni studi epidemiologici hanno inoltre dimostrato la presenza di predisposizione familiare. La pitiriasi versicolore colpisce sia gli uomini che donne. Si tratta, quindi, di una dermatite molto comu- 22 Dermatologia ne in Italia. La sua incidenza varia dal 30- 40% nei climi tropicali a solo l’1-4% nei climi più temperati. La pitiriasi versicolore è caratterizzata da alterazioni della pigmentazione cutanea. Si presenta con macchie irregolari, ben demarcate, piane e di vario colore: marrone chiaro se compaiono su pelle non abbronzata (variente ipercromica); chiare se su cute sana abbronzata o naturalmente scura (variante ipocromica), poiché il lievito interferisce con la produzione endogena di melanina bloccando l’attività delle tirosinasi. In realtà l’aspetto delle chiazze è diverso a secondo se il lievito si trova nella sua forma attiva, colorito bruno chiaro e fine desquamazione in superficie, o non attiva. Da qui il nome versicolor, che significa “cangiante”, che muta colore. Le aree più colpite sono il torace, le braccia, il terzo inferiore del viso, il collo e le spalle, ma le macchie si possono riscontrare in qualsiasi parte del corpo fatta eccezione per le estremità. Normalmente si tratta di una micosi superficiale asintomatica, in alcuni casi provoca un lieve prurito. Risulta ben visibile durante l’estate e subito dopo grazie all’abbronzatura che rende visibili le chiazze ipo-acromiche, che rappresentano l’esito dell’attività del lievito. La diagnosi è sia clinica che laboratoristica. Al microscopio ottico, eseguendo un semplice vetrino da grattamento metodico, la Malassezia furfur e la Malassezia globosa appaiono sotto forma di lieviti riuniti in gruppi di cellule sferiche od ovali ed è di facile riscontro anche la presenza di piccole ife spesso allineate fra loro. Oltre all’esame obiettivo e microscopico, risulta determinante La pitiriasi versicolore l’esame alla luce di Wood (meglio conosciuta come “Reazione di Wood”) che rende visibile il lievito sotto forma di una fluorescenza gialla. La coltura, sebbene non sia un metodo comune di diagnosi, può essere effettuata su appositi terreni con aggiunta di olio d’oliva. La pitiriasi versicolore è una malattia cronico-recidivante, persistente, e di norma non guarisce spontaneamente. Il trattamento prevede sia l’impiego di farmaci ad uso topico che sistemico. Andrebbe eseguito nei mesi primaverili, in modo da prevenire il tipico inestetismo visibile in estate, ma va prolungato con una terapia di mantenimento annuale (60% di recidiva entro un anno, 80% entro il secondo). Si utilizzano alcune formulazioni di shampoo contenenti solfuro di selenio (2,5%), solfuro-salicilico (2%) o molecole antimicotiche. Quando risulta persistente e quindi si somministrano farmaci per via sistemica: Fluconazolo (200 mg), Ketoconazolo (200 mg), Itraconazolo 100 mg, due volte al giorno per 5-7 giorni. Inoltre, una maggiore cura della propria igiene allontana le possibili recidive. In alcuni soggetti il lievito si ripresenta con insistenza e sembra che non esistano modalità per eliminarlo completamente, se non per periodi limitati. In realtà, in situazioni normali, l’igiene personale ha poco a che fare con la comparsa della patologia, in quanto la sua proliferazione aumenta in ambienti umidi e caldi. Quindi docce calde possono creare un ambiente adatto al suo sviluppo (palestre, saune, spa, etc.). Invece sono molto utili esposizioni a fumi termali di origine sulfurea dal momento che lo zolfo combatte il microrganismo. Le infezioni micotiche nell’attività sportiva La pratica di una costante attività fisica è uno degli aspetti che concorrono a mantenerci in uno stato di buona salute fisica. Ma allo stesso tempo, può essere l’habitat naturale delle micosi, in particolare la pitiriasi versicolore. Questo perché l’ambiente caldo-umido dei locali di palestre e piscine, spogliatoi e bagni possono essere un luogo a rischio per contrarre l’infezione. Per questo motivo, il primo passo da compiere è quello di una corretta igiene personale con specifici prodotti dermatologicamente formulati. Acidine, della linea Klinè - Valderma, è un detergente dermoprotettivo a pH 4,5 specifico per il ripristino dell’acidità fisiologica della cute e delle mucose, come tampone nelle variazioni del pH cutaneo, fattore favorente alterazioni dermatologiche come micosi, vulvo-vaginiti, balano-postiti ed eczemi microbici. Il bagno-doccia riequilibrante è preventivo in particolar modo nelle pratiche sportive a rischio di contaminazione (piscine, palestre). In farmacia è disponibile la nuova confezione convenienza da 500 ml. 24 Dermatologia L’onicomicosi colpisce soprattutto le persone anziane e negli ultimi anni anche i giovani La laserterapia nel trattamento delle onicomicosi Jeanette Gaido Specialista in Dermatologia e Venereologia L e onicomicosi sono patologie infettive delle unghie, in particolare dei piedi. La prevalenza delle onicomicosi ha un range dal 2-28% nella popolazione generale con una incidenza maggiore in alcuni gruppi di soggetti immunodepressi, con diabete mellito e negli anziani. Gli agenti fungini sono principalmente i dermatofiti, le muffe non-dermatofitiche e lieviti genere Candida. Possono colpire le unghie delle mani e dei piedi, con una maggiore incidenza su queste ultime, ove viene invasa l’unità ungueale. Il fungo può aggredire direttamente unghie sane, tuttavia alterazioni distrofiche locali e/o la concomitanza di patologie sistemiche facilitano la loro penetrazione. Questo è particolarmente evidente nel caso delle infezioni causate da muffe non-dermatofitiche o infezioni da lieviti. Le onicomicosi hanno un esordio insidioso e, se non trattate, progrediscono fino ad invadere tutta l’unghia e colpire le altre unghie. Le manifestazioni cliniche, in relazione alla modalità di invasione della lamina ungueale da parte dei miceti sono principalmente: subungueale distale SD, subungueale laterale SL, subungueale prossimale SP, bianca superficiale BS, ungueale totale ST, endonix con la formazione di dermatofitoma e perionissi quest’ultima causa infiammazione anche ai tessuti periungueali. Fra gli agenti eziologici causali i dermatofiti Trichphyton rubrum e Trichophyton mentagrophytes sono responsabi- 26 Dermatologia li di circa il 90% dei casi, per le muffe non-dermatofitiche Scopulariopsis brevicaulis, Fusarium spp e Aspergillus spp. sono gli agenti micotici più incriminati. Nel caso di infezioni da lieviti la Candida albicans è predominante in relazione alle infezioni da Candida non-albicans, ad esempio C. glabrata, C. krusei, C. tropicalis. La modalità di trasmissione avviene generalmente da uomo a uomo mediante contatti in luoghi ed ambienti caldi ed umidi come piscine, docce pubbliche e sauna o l’utilizzo di scarpe infette. Clinicamente, le onicomicosi possono comportare oltre ad un imbarazzo sociale, un vero e proprio disagio di tipo funzionale con difficoltà ad eseguire funzioni quotidiane, come camminare o deambulare. La “cura clinica” e “cura micotica” delle onicomicosi rappresenta tuttora una sfida per il dermatologo. Le diverse terapie finora utilizzate per debellare i funghi responsabili delle infezioni prevedono in primis terapia topica, sistemica, meccanica/chirurgica o una combinazione di questi metodi con risultati talvolta parziali, incompleti o temporanei. In alcune circostanze esiste un’alta percentuale di recidive e/o reinfezioni. Per la cura delle onicomicosi, in determinate condizioni, ad esempio nei pazienti anziani, ove la terapia topica non è facile da eseguire o nel caso che l’utilizzo di farmaci sistemici non sia possibile per interazioni farmacologiche, esiste oggi un’alternativa terapeutica: l’impiego del laser. >Metodo: Uno studio pilota, utilizzando laser Nd:YAG long-èulsed 1064 nm, è stato eseguito su 20 soggetti per un totale di 29 unghie con onicomicosi, confermate mediante Le onicomicosi l’esame micologico ed utilizzando il “onychomycosis score index” (OSI) come parametro clinico. >Risultati: Venti pazienti, di cui 14 donne (74%) e 6 uomini (26%), con range di età compresa tra 18 anni e 77 anni, con una età media di 43 anni, con un totale di 29 unghie (26 piede – 3 mani) colpite da onicomicosi diagnosticata mediante esame clinico ed esame micologico, sono stati sottoposti a terapia laser, per un totale di 4 sedute a distanza di una settimana ciascuna, con l’obiettivo di eliminare le infezioni fungine. >Conclusioni: I risultati ottenuti hanno dimostrato che questa tecnica potrebbe essere utile nella “guarigione temporanea” dell’onicomicosi, con miglioramento dell’OSI, della guarigione clinica e micologica. Per migliori risultati è utile eseguire una medicazione mediante curettage del materiale ungueale friabile e della cute circostante; ove è presente un dermatofitoma o un’ipercheratosi ungueale l’utilizzo di sostanze cheratolitiche, di una fresa o di un laser ablativo tipo Erbium o CO2 riduce lo spessore della lamina facilitando la efficacia del laser. Non si sono verificati effetti collaterali durante o dopo la procedura. Non sono stati necessari l’utilizzo di analgesici o di anestesia durante la procedura. La procedura è di semplice esecuzione e riproducibile. Per la mancanza di effetti collaterali è una metodica utilizzabile nei soggetti anziani, nei pazienti con patologie epatiche, in soggetti immunodepressi o in chi assume farmaci sistemici che interagiscono con farmaci antimicotici orali. Dermatologia E’ una delle patologie cutanee più devastanti dal punto di vista psicologico La vitiligine: non solo un danno estetico Oriele Sarno Specialista in Dermatologia e Venereologia L La vitiligine è una dermatosi cronica, caratterizzata da una carenza (ipocromia) o una totale mancanza (acromia) di pigmento. Si manifesta sotto forma di chiazze e/o macule di colorito uniforme, bianco-latte o avorio, di dimensioni variabili da pochi millimetri a diversi centimetri. Le lesioni sono ben circoscritte, a margini netti e spesso iperpigmentati. Le chiazze, di solito disposte a vitiligine è una malattia acquisita della cute con incidenza dello 0,5-2% nella popolazione mondiale. In Italia si stima circa 1.000.000 di affetti. La vitiligine sembra manifestarsi con maggiore frequenza tra i 10 e i 30 anni, con un’età media di insorgenza di circa 20 anni nel 50% dei casi. Tuttavia può svilupparsi ad ogni età; infatti i casi pediatrici sono notevolmente in aumento rispetto al passato. 29 Dermatologia simmetricamente, possono comparire in qualsiasi parte del corpo e la loro insorgenza è indipendente dal sesso, dall’età, dalla razza e dal fototipo. Si localizzano più frequentemente al volto, alle ascelle, agli arti, al dorso delle mani, all’areola del capezzolo, all’ombelico, ai genitali, etc; anche se, in realtà, possono coinvolgere tutto l’ambito cutaneo. Istologicamente la cute coinvolta è caratterizzata da assenza o riduzione del numero di melanociti. La vitiligine è progressiva e non guarisce spontaneamente se non in rarissimi casi; è però una dermatosi indolore, non contagiosa e assolutamente benigna; non pregiudica lo stato generale di salute, ma può risultare psichicamente e socialmente invalidante essendo causa di inestetismi quasi sempre estesi. Generalmente viene considerata un problema puramente estetico e, quindi, di minima importanza per la salute. In realtà, diversi autori la definiscono come una delle patologie cutanee più devastanti dal punto di vista psicologico, supportati dal riscontro di una maggior incidenza di depressione. Nei pazienti si La vitiligine denota una marcata diminuzione dell’autostima, dei rapporti interpersonali e quindi della qualità della vita. Spesso riferiscono episodi di discriminazione nell’ambiente lavorativo, scolastico, sociale e, a causa della ridotta autostima, una non soddisfacente vita di relazione. Se si considera poi che il 50% dei soggetti colpiti è in età adolescenziale o ha meno di 20 anni e che è frequente la localizzazione al volto, al seno e ai genitali, si comprende come la malattia costituisca nel periodo dei primi approcci interpersonali, emotivamente coinvolgenti, un serio problema, vissuto con enorme sofferenza. La vitiligine può essere distinta in localizzata, generalizzata e universale. L’esordio e il decorso clinico della malattia sono insidiosi e imprevedibili. Spesso il paziente si accorge della patologia solo nel periodo estivo, soprattutto nelle aree fotoesposte. Il decorso è estremamente variabile: può rimanere stabile per anni o estendersi rapidamente a tutta la superficie cutanea. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la malattia progredisce lentamente per la comparsa di nuove lesioni e/o per l’accrescimento centrifugo di quelle pregresse. In una piccola percentuale di casi (1,3%) si verifica una repigmentazione spontanea (parziale o globale), forse indotta dall’esposizione solare o da altri fattori non ancora identificati. Tale miglioramento, però, solo raramente è definitivo. L’eziologia della vitiligine è ancora sconosciuta, nonostante i numerosi studi volti a stabilirne la causa. La patogenesi appare complessa con l’intervento sia di fattori genetici che ambientali. L’origine di questo disturbo è probabilmente imputabile ad un difetto genetico coinvolgente il sistema immunitario (come dimostrato dall’associazione con disturbi autoimmuni 30 Dermatologia la tua rivista medica di altri organi) sul quale possono interagire numerose concause esterne più o meno conosciute, quali stress psicofisico, traumi fisici, ustioni, terapie farmacologiche, malattie virali, etc, che modulano in senso positivo o negativo il decorso di questa dermatosi. La malattia infatti è il risultato di una azione patogena non ben identificata che determina la scomparsa dei melanociti e la successiva formazione di una zona priva di pigmento melaninico (ipo-acromica). Esistono attualmente diverse ipotesi patogenetiche: autoimmune, neurogenica, autocitotossica ed una, più recente, detta “convergente” che le riassume. I soggetti affetti da vitiligine mostrano familiarità in circa 1/3 dei casi, e alcuni pazienti riferiscono uno stress psicofisico o un traumatismo meccanico sulla cute (fenomeno di Koebner) come evento scatenante o aggravante della malattia. Nei pazienti affetti spesso vengono osservate altre condizioni patologiche associate, cutanee ed extracutanee. L’associazione con malattie autoimmuni (ad esempio tiroiditi, gastriti, malattia di Addison ed alopecia areata) è stata ampiamente descritta. Negli ultimi anni numerosi studi hanno condotto alla crescita esponenziale delle opzioni terapeutiche a nostra disposizione: steroidi topici, immunomodulatori topici (TIMs - inibitori della calcineurina), fototerapia (UVB e UVA) e foto chemioterapia (PUVA), terapie chirurgiche (autotrapianto di melanociti), terapie depigmentanti, stimolazione laser, etc. Attualmente le opzioni terapeutiche più efficaci sono gli NB-UVB e i TIMs. L’avvento di questi ultimi ha influenzato notevolmente il trattamento della vitiligine. Il meccanismo di azione dei TIMs potrebbe essere quello di inibire l’attivazione dei linfociti T e la produzione di varie citochine, attraverso l’inibizione dell’enzima calcineurina. Numerosi studi clinici hanno dimostrato che i TIMs (tacrolimus e pimecrolimus) sono efficaci e sicuri anche nei casi non responsivi alle terapie convenzionali. Esiste, comunque, la necessità di individuare nuove strategie che diano risultati ottimali e duraturi nella maggior parte dei pazienti. Un passo in avanti in tal senso si è ottenuto con l’impiego contemporaneo di più opzioni terapeutiche. Infine il dato più evidente sia ai pazienti in terapia che ai medici, oltre alla repigmentazione ottenuta, è sicuramente il notevole miglioramento della qualità della vita, poiché la vitiligine non è solo un semplice danno estetico, ma anche un grave problema psicologico per il paziente. Rivista di Medicina, Attualità, Cultura MEDIMIA MAGAZINE - Bimestrale - ottobre 2011 - Periodico a diffusione gratuita - Anno II n° 5 la caduta dei capelli falsi miti da sfatare cellulite: non solo estetica 8 artrosi: sintomi, terapia e cura 13 l’importanza del latte materno 18 occhio ai filler permanenti 50 FOCUS 31 autunno una stagione da vivere reportage: i “giardini” di riyad 62 Per ricevere a casa tua per un anno (5 numeri) Medimia Magazine, sostieni la pubblicazione e contribuisci alle spese di spedizione, inviando 15,00 Euro con: bonifico bancario intestato a E.P.S. srl su Unicredit - Ag. n° 0650 IBAN: IT 70 A 02008 40303 000010380458 Causale: Sostieni Medimia Invia una copia del versamento e il coupon con i dati a cui spedire le copie a: E.P.S. srl - Cis Nola - lotto 760, 80035 Nola (NA) o tramite e-mail a: [email protected] oppure fax: 081 510 94 15 Cognome Nome ViaN. Città Prov. 31 Firma Tel. C.A.P. Dermatologia Sia le verruche che i condilomi possono essere trattati con creme o lozioni di prescrizione specialistica dermatologica Verruche e condilomi: un problema molto frequente Valentina Dente Specialista in Dermatologia e Venereologia L e verruche sono infezioni virali con esclusiva predilezione della pelle e delle mucose. Possono interessare tutte le parti della pelle. Quando, invece, sono localizzate nel distretto genitale prendono il nome di condilomi. > Ma cosa sono i virus? I virus sono particelle piccolissime che si inseriscono nel DNA delle cellule. Integrandosi in questo, usano e si nutrono del “cibo” cellulare, crescendo e moltiplicandosi al posto delle cellule in cui si sono integrati, prendendone il posto. Possono diffondersi anche a distanza e, a seconda del tipo di virus, possono essere colpite più parti del corpo. Un esempio è il caso dell’influenza dove i virus trovano particolare giovamento nel moltiplicarsi nei polmoni o nelle cavità nasali. Nel caso delle verruche, la pelle è la sede dove queste particelle riescono a 32 Dermatologia Verruche e condilomi sopravvivere. Queste ultime particelle virali citate prendono il nome di Papilloma virus (HPV). Diversi sono i ceppi interessati nel caso delle verruche, e ancora altri e differenti sono i ceppi che provocano le verruche dei genitali, che prendono il nome di condilomi. Le verruche assumono un aspetto visivo differente a seconda della sede ove sono solite presentarsi: più piatte sul volto; più spesse, dure e callose sulle superfici palmo-plantari, dove la pelle è più doppia e anche più sottoposta, in taluni casi, a facili traumatismi. Molto fastidiose e difficili da trattare sono anche le verruche che si presentano attorno alle unghie. Il contagio può avvenire tra due persone differenti o nella stessa persona già affetta, il problema è che può essere trasportato in altre sedi del corpo, come ad esempio mano-viso o unghia-bocca/lingua o mano-piede. Il contagio avviene per contatto senza che necessariamente ci sia della fuoriuscita di sangue. Sono molteplici i fattori che ne favoriscono l’attecchimento e la crescita: prima di tutto le difese immunitarie basse, per cui, entrando in contatto con l’infezione il corpo ne rende possibile la crescita. L’ambiente umido è un’altra causa importante di diffusione dell’infezione, ambientale e/o atmosferico, e il contatto con oggetti o superfici infette. A questo proposito, il sistema immunitario alterato spiega perché in uno stesso ambiente familiare spesso solo una parte dei componenti della famiglia ne è affetto, pur entrando tutti in contatto con l’agente infettante. Gli ambienti delle palestre o piscine dove c’è condivisione degli spazi il contagio si diffonde con molta faciltà e con molta rapidità. I condilomi, invece, sono classificabili come infezioni sessualmente trasmesse. Le infezioni sessualmente trasmesse sono, appunto quelle che si trasmettono durante i rapporti sessuali. Un tempo, ma anche adesso sono spesso associate alla sola trasmissione mediante la prostituzione. In realtà la sempre maggiore diffusione di rapporti occasionali, senza l’uso del preservativo, con partner etero e/o omosessuali, ne ha consentito la sempre maggiore espansione. Paradossalmente, la prostituzione professionale, grazie a maggiori controlli igienico-sanitari, è più controllata da questo punto di vista. I condilomi sono il primo tipo di infezione sessualmente trasmessa nei soggetti tra i 15 e i 24 anni, favoriti dai comportamenti giovanili che ne facilitano la sensibilità al contagio. Spesso sono associati ad infezioni sessualmente trasmesse di maggiore importanza, per cui è bene provvedere in caso di infezione ad eseguire anche altri tipi di test sierologici. Inoltre sono causa scatenante di processi infiammatori che possono in alcuni casi sfociare in precancerosi. Nelle donne i condilomi possono interessare anche il distretto vaginale interno: pertanto si rende indispensabile un lavoro di equipe mediante una visita ginecologica con eventuale colposcopia. La colposcopia serve a studiare in modo più approfondito eventuali infezioni e/o precancerosi del collo dell’utero. Utile, a tal proposito, che, se anche uno solo dei partner si sia infettato, anche l’altro si sottoponga ad una ispezione dermatologica-venereologica di controllo. Sia le verruche che i condilomi possono essere trattati mediante prodotti in creme o lozioni di prescrizione specialistica dermatologica, che evocano una risposta infiammatoria volta a stimolare la spontanea reazione del sistema immunitario. Spesso queste sono inefficaci: pertanto è preferibile farle eliminare dal dermatologo mediante tecniche di tipo fisico, che sfruttino le proprietà ustionanti del caldo o del freddo. Quest’ultimo consente maggiore ricrescita delle cellule sane durante la fase di cicatrizzazione. Può aiutare la nuova crescita di pelle sana, tra le altre, applicare una crema riepitellizante e disinfettante a base di acido ialuronico e perossido di idrogeno e detergersi con un sapone disinfettante. Utile è assumere integratori, anche a base di prodotti naturali, che aiutino a migliorare dall’interno le difese immunitarie. A scopo preventivo, è utile durante il periodo di terapia, utilizzare materiale monouso per evitare di contagiarsi nuovamente durante il periodo di terapia e di disinfettare le superfici con cui si entra in contatto. Per quanto riguarda i condilomi, è utile sensibilizzare, soprattutto i giovani, all’utilizzo del condom. Non sottovalutiamo i condilomi, perché le infezioni sessualmente trasmesse sono il secondo tipo di infezioni più diffuse in Europa dopo il gruppo delle malattie infettive. E non discreditiamo neanche le verruche e la loro importanza: spesso possono compromettere la funzionalità di una parte del corpo. Per esempio potrebbero compromettere l’esito di un’importante competizione di uno sportivo se localizzate sotto la pianta del piede. O una persona che presenta tale infezione sulle mani e/o sul volto, potrebbe avere compromissioni di tipo sociale, non potendo scambiare strette di mano amichevoli o baci sulle guance. 34 Dermatologia L’esposizione solare va intesa quale valido supporter alle terapie tradizionali e mai come trattamento sostitutivo Psoriasi d’estate: i raggi solari sono salutari? Steven Paul Nisticò Università di Roma Tor Vergata Dipartimento di Dermatologia Ester Del Duca Università di Roma Tor Vergata Dipartimento di Chirurgia C onoscere la psoriasi La psoriasi è una dermatosi cronica, ossia persistente e duratura, a carattere infiammatorio, che colpisce circa l’1-2% della popolazione, interessa tutte le fasce d’età, senza prevalenza di sesso, ed è più frequente nella razza bianca. E’ caratterizzata dalla comparsa di chiazze eritemato-desquamative, con squame argentate superficiali e bordi netti. Pur non infettiva, tale patologia, ha un forte impatto negativo sulla vita personale, sociale e relazionale di chi ne è colpito, per il marcato disagio sia psichico che fisico, legato non solo alla gravità ma anche alle sedi delle lesioni. La presenza delle chiazze sulle mani o altre zone visibili del corpo, il prurito ed il dolore possono interferire, infatti, 35 Dermatologia con molte normali attività quotidiane e molti pazienti cambiano le proprie abitudini personali per il timore che si vedano le chiazze, limitandosi nell’indossare abiti corti, andare in spiaggia, in piscina o persino dal parrucchiere. Anche le chiazze localizzate sul cuoio capelluto infatti, che vengono spesso scambiate per forfora, possono essere particolarmente imbarazzanti. Le localizzazioni cutanea e annessiale sono quelle di più frequente riscontro, ma è ricorrente anche il coinvolgimento delle mucose e delle articolazioni. Può interessare la pelle in qualsiasi zona del corpo, e nella maggior parte dei casi gomiti, ginocchia, cuoio capelluto, parte bassa della schiena, viso, palmo delle mani e pianta dei piedi, unghie delle mani e dei piedi, tessuti molli della cavità orale e della zona genitale. L’eziologia della psoriasi non è ancora molto chiara. Fattori immunitari, genetici, ambientali sono certamente implicati nella suscettibilità alla malattia. Nella psoriasi si evidenziano anomalie biochimiche e morfofunzionali dello strato corneo e di tutta l’epidermide, che interessano non solo le lesioni, ma anche la cute sana del soggetto che ne è colpito. E’ stato proposto un modello di ereditarietà multifattoriale, secondo il quale per il verificarsi dell’insorgenza della psoriasi è necessaria l’integrazione sia di fattori genetici sia di eventi scatenanti. Si è evidenziato come l’incidenza del- Psoriasi d’estate la psoriasi in figli con un solo genitore affetto da psoriasi si aggira attorno al 16,4% per raggiungere una percentuale del 50% se entrambi i genitori sono affetti. È il sistema immunitario che gioca un ruolo di primo piano nello sviluppo della malattia. Un disordine immunomediato dai Linfociti T CD4 attivati che liberano citochine proinfiammatorie sarebbe responsabile dell’eccessiva e rapida riproduzione cellulare dell’epitelio. Nel soggetto psoriasico, lo strato basale presenta un numero di mitosi superiore alla norma con un ritmo di crescita cellulare accelerato, che esita in una produzione abnorme di cheratinociti. I cheratinociti, inoltre, conservano ancora il nucleo a livello dello strato corneo, cosiddetta paracheratosi, processo alla base della formazione delle squame, caratteristica patognomonica della chiazza eritemato-squamosa psoriasica. Al rilascio di citochine ad azione proinfiammatoria e alle molecole di adesione quali ICAM 1 dei cheratinociti sottoposti a traumi, sembra essere legata la patogenesi del fenomeno di Koebner, che non è altro che un peggioramento, o una riacutizzazione o la comparsa di nuove lesioni in seguito a un evento traumatico di diversa natura chimica, fisica o infettiva. Pertanto, anche lo sfregamento dovuto a vestiario poco adatto e stretto, soprattutto nella stagione estiva o a traumi sportivi con aumento della temperatura corporea, possono essere causa, specialmente nelle sedi genitali, del mantenimento della malattia in fase attiva o del suo peggioramento. >A cosa stare attenti: fattori scatenanti Il soggetto affetto da psoriasi deve imparare a riconoscere quali sono le condizioni e le abitudini di vita che influenzano negativamente la sua malattia, e pertanto a saper modificare di conseguenza il proprio stile di vita per trarne beneficio. Ambienti malsani, stress, abuso di alcool, fumo, obesità, abitudini alimentari scorrette, mancanza di esposizione solare sono fattori che contribuiscono sicuramente ad aggravare la malattia. Ma non basta, è necessario che si sappiano individuare anche i fattori in grado di scatenare una psoriasi silente o una recidiva di cui è necessario informare il dermatologo affinché si intervenga nel percorso terapeutico da seguire ed eventualmente riformulare. Tra i fattori scatenanti citiamo, in quanto riconosciuti tali, quelli di più comune riscontro: Traumatismi: Traumi locali, ferite, graffi e abrasioni possono essere punto di partenza di nuove chiazze psoriasiche; anche un semplice tatuaggio può scatenare il 36 Dermatologia Psoriasi d’estate fenomeno di Koebner e la riacutizzazione di una psoriasi a placche. Per lo stesso motivo è bene evitare abiti di lana o tessuti irritanti a diretto contatto con la pelle. E ancora stare molto attenti alle Scottature solari o da lettini abbronzanti; Infezioni: Faringotonsillite streptococcica, Candida albicans, Malassezia; infezioni delle alte vie respiratorie. Farmaci: Sali di litio, interferone, beta bloccanti, ace inibitori, fans e salicilati; Interruzione brusca di trattamento cronico con corticosteroidi; Fattori psicologici: Ansia, stress psichici e fisici sono i fattori che più spesso scatenano o aggravano l’andamento della patologia psoriasica. L’ansia ha una duplice sfaccettatura in quanto legata sia all’andamento proprio della malattia che all’impatto visivo della stessa che può compromettere le relazioni interpersonali; Abitudini di vita: Consumo di tabacco e alcool (spesso associati a insorgenza precoce e maggior rischio di recidive di psoriasi). Obesità (aumenta il rischio di psoriasi grave); Fattori Ambientali e Clima: Il freddo e i cambi di stagione sono fattori predisponenti. L’esposizione al sole ha generalmente un effetto favorevole a meno che non sia troppo intensa ed eccessiva. >Il sole amico “per la pelle” Generalmente, nel corso dell’estate, la psoriasi tende a migliorare sensibilmente o, addirittura, scomparire del tutto. Questo avviene in circa l’80% dei casi, senza dimenticare che circa il 5% dei casi invece peggiora con una eccessiva esposizione solare. E’ in particolar modo in presenza delle varianti pustolose ed eritrodermica della malattia, che si può verificare una recrudescenza dei sintomi. Del resto una delle cure canoniche per la psoriasi, la fototerapia, si basa proprio sull’utilizzo della parte cosiddetta “buona” dei raggi ultravioletti. I raggi ultravioletti (UV) emessi dal sole hanno effetto distruttivo sui linfociti T della pelle, in questo modo il processo infiammatorio regredisce e rallenta la sovrapproduzione di cellule che è causa della comparsa delle squame sulla pelle; naturalmente, il sole va però preso con precauzione per evitare scottature ed eritemi. Un’eccessiva esposizione solare quando ancora non si è abbronzati può essere responsabile di una recidiva o di un forte peggioramento del quadro clinico a causa del fenomeno di Koebner. E’ importante, non dimenticare mai come una scorretta ed esagerata esposizione solare può esporci ad altre problematiche e inficiare i miglioramenti attesi. Questo vale anche per l’esposizione alle lampade UV. In ogni caso l’esposizione solare va sempre intesa quale valido supporter alle terapie tradizionali e sicuramente mai come trattamento sostitutivo delle stesse, in quanto non è in grado di sostituire la fototerapia PUVA o UVB a banda stretta. Inoltre il sole agisce facendo aumentare la sintesi di vitamina D, la quale esercita la sua azione antipsoriasica, in quanto contribuisce a ridurre la velocità di crescita abnorme delle cellule della cute e attenua l’infiammazione allontanando i linfociti. Non è da escludere, come effetto aggiuntivo, che di per sé il relax al sole o una bella vacanza al mare agiscano da antipsoriasici in quanto stimolano la produzione di endorfine che elevando il tono dell’umore diminuiscono la percezione dello stress. In quest’ottica, il binomio sole e mare diventa una combinazione vincente per far regredire le lesioni, in quanto combina l’azione cheratolitica dell’acqua marina che livella le lesioni, con l’azione dei raggi solari, creando un effetto sinergico antinfiammatorio che lenisce il prurito delle lesioni, elimina le cellule morte e favorisce la rigenerazione cutanea. Bisogna comunque fare attenzione a non esporsi al sole dopo aver utilizzato da poco sostanze fotosensinilizzanti, tipiche nei trattamenti terapeutici della psoriasi, quali catrami o farmaci come la ciclosporina e l’etretinato, per i possibili effetti collaterali spiacevoli che possono causare, quali macchie sulla cute. Pertanto è sempre opportuno consultare il proprio dermatologo prima di decidere di esporsi al sole. >Psoriasi: il decalogo d’oro da osservare per una corretta esposizione al sole Osservare alcune semplici suggerimenti rende estremamente terapeutici i raggi solari: • Mantenere una certa prudenza nelle prime esposizioni, per evitare le scottature, scegliendo le ore meno calde della giornata. L’esposizione deve essere graduale, con incrementi di 5-10 minuti al giorno evitando rischiose “full immersion” iniziali. Sarebbe preferibile cominciare l’esposizione al sole gradualmente in primavera; prevenire le scottature solari e i possibili danni indotti dalle radiazioni ultraviolette, evitando l’esposizione nella fascia oraria più calda, che va dalle 11.00 alle 15.00; • Proteggere la pelle con prodotti che abbiano un fil- 37 Dermatologia tro adeguato al proprio fototipo, iniziando con fattori più alti, quindi più bassi nei giorni successivi ai primi. E’ importante stendere le creme uniformemente circa 15/20 minuti prima dell’esposizione, senza dimenticare orecchie, nuca e piedi, e rinnovare l’applicazione per mantenere la protezione, dopo essersi bagnati o asciugati o anche dopo aver sudato; • Alternare, all’esposizione al sole, frequenti e brevi bagni, per via dell’azione decapante dell’acqua salata che favorisce il distacco delle squame e asciugarsi tamponando la pelle con l’asciugamano evitando lo strofinio; • Consultare il Dermatologo per valutare l’opportunità di modificare la terapia d’estate, in considerazione di eventuali possibili interazioni tra sole e trattamento farmacologico in corso. Molti farmaci utilizzati, infatti, possono essere fotosensibilizzanti, quindi si è più predisposti alle scottature. Va valutata quindi l’interruzione della loro assunzione o in alternativa va accompagnata da particolari cautele durante i periodi di esposizione solare prolungata; • Mantenere la pelle il più possibile pulita mediante l’utilizzo di detergenti non aggressivi quali saponi neutri o a base oleosa e oli detergenti di origine naturale. Può essere utile anche l’uso di creme doposole emollienti, protettive, non profumate, ricche di sostanze riparatrici e antinfiammatorie, che restituiscano alla pelle la giusta idratazione per mantenere l’elasticità cutanea e allo scopo di facilitare l’eliminazione delle squame, prevenire secchezza, prurito, grattamento ed escoriazioni; • Bere molta acqua (almeno due litri al giorno) e succhi vitaminici. Un mese prima di sottoporsi ad esposizione solare sarebbe opportuno assumere integratori alimentari a base di vitamine A ed E, consigliati dallo specialista. Evitare le bevande alcoliche, che peggiorano la psoriasi e seguire un’alimentazione fresca e leggera: frutta e verdure di stagione, ortaggi, cereali, pane e pasta preferibilmente integrali, riso integrale, pesce, alimenti ricchi di antiossidanti, olio d’oliva, evitare formaggi fusi, burro, lardo, carne rossa, insaccati, fritture, uova; • Evitare l’uso di crema depilatoria che potrebbe provocare allergie, preferire, l’uso del rasoio e, in assenza di placche, anche la cera a caldo/freddo, gli epilatori e le pinzette. Idratare rigorosamente la cute dopo la depilazione; • Indossare abiti in fibra naturale, meglio se larghi e piuttosto comodi privi accessori che possano creare microtraumi a contatto con la pelle e usare calzature aper- Psoriasi d’estate te e comode, per aiutare la pelle a traspirare e restare asciutta; • Evitare le circostanze che creano sudorazione eccessiva che può peggiorare i sintomi; • Prevenire le punture d’insetti con l’uso di repellenti privi di sostanze irritanti; in caso di punture di meduse o insetti, di contatto con erbe urticanti o alghe, procedere con i rimedi convenzionali, facendo attenzione a non grattare le lesioni, per non creare irritazione e riesacerbazione delle chiazze di psoriasi. Lenire il prurito con applicazione di pomate specifiche. >Quali terapie possibili? Si dispone oggi di molti farmaci e trattamenti; da quelli per uso topico, alla fototerapia, alla terapia sistemica, per via orale o per iniezione fino all’applicazione della Tecnologia Laser. In ogni caso è molto importante adeguare la terapia allo stato della malattia, in relazione alle manifestazioni cliniche in atto, alla localizzazione, alle recidive ed ai 39 Dermatologia risultati di precedenti trattamenti terapeutici, nonché età, sesso, stili di vita. Tra i farmaci per uso topico sono di frequente utilizzo gli unguenti a base di corticosteroidi (cortisone), e a base di retinoidi, sostanze derivate dalla vitamina A. Una svolta nei trattamenti per uso topico è data oggi dai derivati della vitamina D3. Questi preparati, associati o meno a betametasone, si sono mostrati più efficaci, rapidi e meglio tollerati rispetto alle terapie convenzionali con il vantaggio di una sola applicazione quotidiana e di mantenere i risultati a lungo termine con un buon profilo di sicurezza. La fototerapia si avvale di luce artificiale, controllata. La prima forma di fototerapia nella psoriasi è stata certamente l’esposizione alla luce solare, in quanto i raggi ultravioletti (UV) emessi dal sole determinano il rallentamento della comparsa di squame sulla pelle. La fototerapia con raggi UVB usa, quali sorgenti di luce, speciali lampade UVB a banda stretta con lunghezza d’onda pari a 311 nm. Altra forma di fototerapia prevede l’utilizzo di lampade UVA (cosiddetta PUVA terapia) con la contestuale somministrazione di psoraleni farmaci foto sensibilizzanti, che potenziano l’effetto dei raggi UVA. Un grosso limite di questa terapia è che, se protratta per troppo tempo, aumenta il rischio di carcinogenesi cutanea. Il trattamento della psoriasi moderata-severa si basa prevalentemente su farmaci sistemici quali ciclosporina, methotrexate o la fototerapia. In caso d’inefficacia, Psoriasi d’estate controindicazione o intolleranza a questi trattamenti si può ricorrere alla terapia biotec, che è l’alternativa più moderna per la cura della psoriasi, e si avvale dell’uso dei cosiddetti farmaci biologici. Si tratta di farmaci immunosoppressori iniettabili. New entries in questa categoria sono il Secukinumab e l’ixekizumab inibitori di interleuchina 17A (IL-17A). Il Secukinumab è il primo farmaco a essere approvato in Europa come terapia di prima linea per la psoriasi di grado moderato-severo e questa approvazione rappresenta una svolta decisiva nel trattamento della patologia psoriasica, poiché fornisce ai pazienti una nuova opzione terapeutica. In ultimo vale la pena fare un accenno all’utilizzo, per il trattamento della psoriasi, della tecnologia Laser, nello specifico di un particolare sistema Laser ad Eccimeri. Questa tecnologia rilascia in pochi secondi l’energia necessaria a correggere le alterazioni cellulari che sono alla base della malattia. A seguito di tali applicazioni si verifica una rapida regressione delle chiazze psoriasiche, già dopo alcune sedute di pochi secondi; tutto ciò senza bisogno di applicare creme, assumere farmaci e senza coinvolgere la cute sana circostante le lesioni. La gamma di soluzioni disponibili per una patologia tanto studiata è ampia, ma tutto ciò risulta inefficace senza una presa di consapevolezza del paziente che la regressione e la quiescenza della malattia dipendono da una stretta aderenza al trattamento e dall’igiene delle norme di vita quotidiane. Chirurgia estetica La T.B. è un trattamento efficace, con pochi e rarissimi effetti collaterali, se praticato da mani esperte La tossina botulinica in medicina estetica e non solo Claudio Amitrano Specialista in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva A ttualmente il trattamento delle rughe del volto con la tossina botulinica è in assoluto il trattamento estetico più praticato al mondo. Malgrado ciò, esistono ancora molti timori da parte delle pazienti sul suo utilizzo. Questo atteggiamento è completamente errato. Infatti possiamo af- fermare che la tossina botulinica per uso estetico è un trattamento assolutamente sicuro, con risultati certi e ripetibili, e con scarsissimi effetti collaterali. La T.B. non è una novità assoluta, la moda del momento o qualcosa del genere ma è un farmaco molto ben studiato (da oltre 30 anni) ed autorizzato dai mi- 41 Trattamento antiaging rughe e zampe di gallina L’acido ialuronico è uno dei componenti fondamentali del tessuto connettivo. Grazie alle sue proprietà conferisce alla pelle le classiche caratteristiche di elasticità e morbidezza. La sua concentrazione tende a diminuire con l’avanzare dell’età, con conseguente formazione di rughe ed inestetismi cutanei. Se da un lato questo costante e considerevole decremento è tra i principali responsabili dell’invecchiamento cutaneo dall’altro l’iniezione di acido ialuronico consente di riattivare le pelli mature stimolando la funzionalità cellulare e donando alla pelle la compattezza e la lucidità perduta. Per tutti questi motivi tale sostanza viene utilizzata con successo in campo dermatologico-estetico ormai da diversi anni. In particolare il trattamento a base di collagene ed acido ialuronico costituisce la base dei cosid- detti filler, trattamenti utilizzati per colmare e spianare le rughe del viso. Filler Instant della Roydermal contiene una innovativa fibra silica rivestita da acido ialuronico che, disponendosi nei microsolchi, colma all’interno le rughe profonde dell’area periboccale e perioculare. L’acido ialuronico nanosilico ha maggiore affinità per l’acqua dell’epidermide (effetto idratante) che, rigonfiandosi (effetto plumping) riduce visibilmente le rughe superficiali e profonde. Il risultato è quello di un effetto tridimensionale anti-aging immediato, la pelle appare subito più compatta e luminosa. L’acido ialuronico, oltre a conferire al tessuto tono e trofismo, funziona anche da barriera contro la diffusione di particolari sostanze nocive come batteri ed altri agenti infettanti. Visione tridimensionale del prima e dopo trattamento con Filler Instant Chirurgia Plastica nisteri della salute di tutto il mondo. E’ un farmaco ed in quanto tale è utilizzato anche per il trattamento di varie patologie. Ma è nel corso di alcuni studi sul trattamento dello strabismo e del blefarospasmo che un paziente fece notare la scomparsa delle rughe della glabella (quelle sul naso in mezzo alle sopracciglia). Come spesso accade in ambito scientifico lo studio di una cosa ha condotto alla scoperta di un’altra cosa: la possibilità di trattare le rughe mimiche del volto. Sono quindi moltissimi anni che la T.B. viene studiata ed utilizzata sia per le rughe per trattare il blefarospasmo, lo spasmo facciale, la distonia cervicale, le spasticità degli arti, le ragadi anali, l’iperidrosi, ecc. Il razionale che differenzia il trattamento delle rughe con T.B. rispetto ad esempio al trattamento con infiltrazioni a base di acido Ialuronico è che, mentre l’acido Ialuronico è soltanto un volumizzante (cioè riempie la ruga fisicamente), la T.B. riesce a trattare l’origine del problema che è alla base delle rughe mimiche del volto e cioè la contrattura muscolare. Infatti è la contrattura dei muscoli mimici del volto (associata alla minor elasticità cutanea acquisita con il trascorrere degli anni) che origina la maggior parte delle rughe. La T.B., favorendo un rilassamento provvisorio dei muscoli mimici, determina la scomparsa delle rughe. Il risultato del trattamento è davvero sorprendente e, va detto senza tema di smentita, che attualmente non esiste nessuna terapia altrettanto efficace e così poco invasiva che dia i medesimi risultati. >Il trattamento Il trattamento viene eseguito in ambulatorio attraverso l’infiltrazione di piccolissime quantità di T.B. nei muscoli mimici del terzo superiore del volto, delle labbra e del collo, ricorrendo ad un ago minuscolo (4 mm). E’ quasi indolore e non lascia segni. Inoltre la correzione delle rughe avviene gradualmente: inizia circa 24/48 ore dopo il trattamento e raggiunge la massima efficacia in 10/15 giorni. Poi la correzione rimane stabile per 4/6 mesi, per poi ritornare allo “status quo ante”. Ovviamente il trattamento può essere ripetuto più volte per mantenere i piacevoli risultati raggiunti. Un aspetto importante da mettere in evidenza è che la T.B., mettendo a riposo per diversi mesi i muscoli mimici, ritarda l’approfondirsi delle rughe e quindi è l’unico trattamento che ci consente di prevenire in maniera efficace il manifestarsi o l’approfondirsi delle stesse. Ripetendo i trattamenti in genere si nota anche una maggiore durata del rilassamento muscolare e, di conseguenza, della Tossina botulinica Possono essere trattate le seguenti rughe: a) Glabellari e quelle del m. procero (quelle in mezzo alle sopracciglia) b) Frontali (quelle orizzontali della fronte) c) Perioculari (le zampe di gallina) d) Periboccali (le rughe del fumatore) e) Bunny lines (le rughe ai lati del naso o del coniglietto) Inoltre possono essere trattati i seguenti inestetismi: a) Collane di Venere (rughe orizzontali del collo) b) Bande platismatiche (cordoni verticali del collo) c) Mento “a pallina da golf” (mento rotondo e bucherellato) d) Sorriso gengivale (eccessiva scopertura dei denti quando si ride) e) Punta del naso cadente f) Sopracciglio cadente nel terzo esterno (brow lift) g) Bocca con le commissure cadenti o bocca triste scomparsa delle rughe. Vi sono pazienti con una durata di circa un anno. Vorrei, infine, citare un ulteriore problema che può essere risolto con la T.B.: l’iperidrosi, ovvero l’eccessiva sudorazione di mani, piedi, ascelle, ecc. L’iperidrosi può diventare un problema invalidante dal punto di vista psicologico e pregiudicare l’attività sociale degli individui che ne sono affetti. In alcuni casi la sudorazione è eccessiva e le sue conseguenze (come tracce di bagnato sui vestiti o l’odore acre che spesso ne deriva) possono portare il soggetto iperidrotico a isolarsi. Dunque, visto che la T.B. oltre ad inibire la contrazione muscolare inibisce anche le ghiandole sudoripare, con qualche “punturina” alle ascelle, piuttosto che alle mani o ai piedi è possibile risolvere il problema per 8/12 mesi. In conclusione non rimane che ribadire che la T.B. è un trattamento straordinariamente efficace, con pochi e rarissimi effetti collaterali e che, se praticato da mani esperte, può dare risultati veramente eccellenti sia in medicina estetica sia per il trattamento di molte patologie. 43 Master Master Laser in Dermatologia: inaugurato il nuovo anno accademico H a preso il via lo scorso 16 maggio 2015 il Master Universitario di Secondo Livello “Laser ed altre sorgenti di luce: applicazioni diagnostiche e terapeutiche in Dermatologia e Medicina Estetica”, presso l’Università degli Studi di Roma - Tor Vergata per gli anni accademici 2014-2015 e 2015-2016. Sono trenta gli iscritti che frequenteranno i corsi del Master nei prossimi diciotto mesi, al termine dei quali conseguiranno il titolo universitario di specialisti in “Laserterapia in Dermatologia”. Le lezioni, tenute da esperti nazionali del settore, forniranno le nozioni fondamentali per la costruzione da parte dei partecipanti di un Ambulatorio laser competente ed avanzato nella diagnosi e cura di tutta la patologia dermatologica suscettibile di trattamento laser, dal tessuto pigmentario a quello vascolare a quello d’organo. Solo una didattica che scaturisca da una ricerca universitaria e che sia condivisa da linee guida nazionali ed internazionali, riesce a garantire un contributo forma- 44 Master Inaugurato il nuovo anno accademico tivo veramente valido ed Firenze, e Napoli. Un utile per la crescita proruolo di primo piano è fessionale di un Medico stato svolto anche per che si voglia dedicare inquesto biennio dal gruptensamente allo studio po di formazione GILDed alle applicazioni delle FTP (Gruppo Italiano di sorgenti di luce. Una laLaser Dermatologia per serterapia che sia quindi la Formazione Teoricomateria di vero interesPratica), che svolge da se e non semplicemente molti anni stage e corsi un argomento dibattuto di formazione in ambito Allievi diplomati nell’edizione 2012/2013 in incontri occasionali o nazionale sul corretto poco attenti. uso delle sorgenti di luce. La prima edizione del Master Universitario, che si è Il GILD curerà, per il nuovo anno accademico, non solo conclusa nel novembre 2014, ha visto ben 28 Allievi digli aspetti organizzativi ma anche quelli di didattica e plomarsi in Laserterapia dermatologica e alcuni di quericerca. Tutto questo è stato reso possibile grazie ad una sti Allievi hanno già pubblicato su riviste scientifiche di sinergia costante con il mondo universitario, culminaforte impatto la propria tesi discussa al conseguimento ta con la partnership del Dipartimento di Medicina dei del diploma. Per offrire continuità all’offerta formativa, Sistemi – Clinica Dermatologica diretta dal Prof. Sergio da quest’anno gli Allievi potranno completare la propria Chimenti, dell’Università degli Studi di Roma - Tor Verformazione presso i Centri laser accreditati di Roma, gata. 45 Oncologia Grazie alla diagnosi precoce e alla prevenzione cresce il tasso di sopravvivenza Fattori di rischio e prevenzione del tumore al seno Luisa Barbaro Specialista in Ginecologia e Oncologia I l tumore della mammella costituisce la prima causa di morte dopo le Malattie Cardiovascolari nelle donne ed è la neoplasia più diffusa sia nei paesi industrializzati sia in quelli in via di sviluppo, con un’incidenza di 1 donna su 10. In Italia si registrano oltre 30.000 nuovi casi ogni anno, circa 7/8000 nelle donne di età inferiore a 50 anni, 13/14000 nella fascia tra i 50 e i 70 anni. Nel nostro paese circa 10 donne su 100 sono destinate a contrarre la neoplasia mammaria nel corso della loro vita. Negli anni 60 solo il 30% delle donne sopravviveva, oggi siamo all’80% grazie a diagnosi precoci, a strumenti sempre migliori ed indagini sempre più sofisticate, oltre a nuove metodiche terapeutiche sempre più efficaci. Molti dei fattori di rischio associati allo sviluppo delle neoplasie mammarie non sono modificabili, come l’età, la storia familiare, il menarca precoce. Su altri è invece possibile intervenire con modificazioni del proprio stile di vita (attività fisica, cosmetici compatibili, blog-terapia), delle abitudini alimentari (dieta consigliata: broccoli, cavoli, cipolle, pomodori, ma anche alghe, semi di lino, rucola e senape) e dell’uso di farmaci. La sua incidenza continua ad aumentare ma allo stesso tempo cresce il tasso di sopravvivenza. Come? Soprattutto grazie alle diagnosi precoci, alla prevenzione ed a controlli genetici in donne con marcata familiarità. Per combattere la malattia infatti, assume un’importanza strategica l’adesione ai programmi di screening perché 46 Oncologia Il tumore al seno con controlli regolari, si ottengono guarigioni quasi al 100%. Secondo le linee guida dell’American Cancer Society, in assenza di segni o sintomi di neoplasia mammaria tutte le donne dovrebbero effettuare: Autopalpazione del seno a partire dall’età di 20 anni e con regolarità (nei Consultori Familiari vengono svolti dei corsi appositi), rivolgendosi al senologo di fiducia qualora si riscontrassero modificazioni od anomalie dell’anatomia di base delle mammelle; Visita senologica con cadenza annuale delle donne al di sopra dei 35/40 anni anche asintomatiche, (Consultori Familiari, Policlinici Universitari U.O.S. Senologia e Aziende Ospedaliere); Mammografia compiuti i 40 anni, con l’esame in due proiezioni a cadenza annuale (c/o poliambulatori ASP, Policlinici Universitari e Aziende Ospedaliere). Per quanto riguarda l’autopalpazione al seno, è importante per le donne prestare attenzione ad eventuali, insoliti cambiamenti del proprio seno. Dopo i vent’anni l’autopalpazione andrebbe fatta una volta al mese (tra il 7° ed il 14° giorno del ciclo mestruale). Prima dell’autopalpazione è importante l’osservazione del seno e del capezzolo con le braccia alzate stese e poi piegate. L’autopalpazione va eseguita con la parte interna dei polpastrelli, palpando il seno partendo dal cavo ascellare con piccoli movimenti ascellari disegnando una spirale dall’esterno verso il capezzolo in senso radiale e dall’alto verso il basso. In presenza di qualunque segno e sintomo tra quelli sopra elencati a carico della mammella, le donne devono rivolgersi al medico specialista. Il senologo clinico valuterà caso per caso la necessità di integrare i test di screening con ulteriori metodiche di approfondimento diagnostico quali: Ecografia della mammella (c/o Poliambulatori ASP, Policlinici Universitari e Aziende Ospedaliere); Risonanza magnetica mammaria (Policlinici Universitari, Aziende Ospedaliere, Strutture Priva- te Convenzionate); Esame citologico o istologico (ago aspirato o macro-agobiopsia o biopsia escissionale presso Policlinici Universitari, Aziende Ospedaliere); Analisi del sangue- marker (CA-15-3 i cui valori normali sono <30u/ml); Consulenza genetica e secondariamente i test genetici in caso di familiarità. Nel caso di presenza di micro calcificazione sospetta all’esame mammografico, il clinico potrà richiedere ulteriore approfondimento diagnostico strumentale con esame cito-istologico mediante prelievo con “Mammotome” (presso, Policlinici Universitari, Aziende Ospedaliere, Strutture Convenzionate). Per capire la natura del tumore prima possibile, è fondamentale per le donne effettuare altri test, in particolare la scintigrafia della mammella (in grado di individuare le piccole lesioni), la duttogalattografia o galattografia (per evidenziare formazioni patologiche nei dotti galattofori), la radiografia del torace, e la risonanza magnetica o risonanza magnetico nucleare. Esiste un tumore al seno definito “Triplo Negativo” che rappresenta il 15% delle neoplasie mammarie ed è il più aggressivo. Questi tumori non presentano sulla loro superficie quelle molecole che li rendono sensibili alla ormono-terapia o alle terapie che colpiscono il recettore per il fattore di crescita epidermico umano di tipo due, HER2. Ne esistono due tipi, quello basale e quello non basale, che ha un basso rischio di ripresa della malattia ed una prognosi migliore. Sarà il Medico-patologo che condurrà lo studio di alcuni biomarcatori (piccole molecole dette MicroRNA circolanti nel sangue) a stabilire l’evoluzione e la progressione del tumore Triplo-negativo basale per un migliore utilizzo di terapie mirate. Per stabilire l’eventuale presenza di metastasi in particolare nel fegato, nei polmoni e nelle ossa, ci sono poi altri esami che il medico oncologo, nel caso di diagnosi del K mammario, dovrebbe richiedere la scintigrafia ossea, l’ecografia epatica, la risonanza Magnetico-Nucleare. Per quanto riguarda la gravidanza ed il tumore al seno, in Italia vi è una gestazione su tremila ad essere accompagnata dal cancro alla mammella, infatti il 15% delle neoplasie al seno colpiscono le donne under 35 gravide. In questi casi l’ecografia mammaria rimane il gold standard tra gli esami strumentali. Sul “quando” progettare una gravidanza, si consiglia di attendere almeno due anni, periodo con un maggior tasso di recidive. Per quanto riguarda invece le cure, vi è una nuova scoperta italiana, l’Immunoterapia, terapia genica (TGET) che dimostra come le cellule del sistema immunitario modificate sopravvivono per oltre 10 anni Bisogna prestare attenzione a: 1. Nodulo palpabile, nuovo ed evidente; 2. Dolore al seno o strane sensazioni; 3. Retrazione del capezzolo; 4. Secrezione ematica o sieroematica dal capezzolo (perdita di sangue o di liquido in particolare se da uno solo dei due); 5. Alterazione della cute mammaria (ispessimenti, raggrinzimenti o avvallamenti della cute); 6. Vene in rilievo; 7. Infiammazioni o eruzioni cutanee; 8. Nodulo palpabile nel cavo ascellare. 47 Oncologia negli esseri umani e possono essere applicate contro i tumori. Questi nuovi trattamenti contro il cancro, basati sui linfociti T staminali di memoria, ingegnerizzati cioè corretti geneticamente, sono in grado di riprodursi per anni nel sangue di un individuo e di “attaccare” in caso di malattia. Si mantiene cioè nel tempo la capacità del sistema immunitario di persistere nel sangue delle pazienti, rappresentando così una riserva per le cellule che agiscono in prima linea contro le cellule malate. Importante inoltre nel caso di tumore alla mammella, è un sostegno psicologico per tutti i disagi derivanti dall’evento traumatizzante, da una nuova immagine corporea, dalle ansie, dalla rabbia, dalla paura, da una condizione di equilibrio, del tono dell’umore alterato e da una grossa carica emotiva. Interessante è dunque un lavoro di multidisciplinarietà tra il chirurgo senologo, lo psiconcologo ed il chirurgo oncoplastico, per aiutare la donna ad avviare processi di accettazione di sè altrimenti impossibili. Utile è anche dedicare qualche ora alle donne operate per aiutarle a vivere meglio le conseguenze delle cure sui rapporti di coppia, sulla sessualità, sulla menopausa precoce, perché non restino in solitudine e trasparenza, con il fantasma dell’abbandono per la paura della perdita della loro femminilità. Per almeno altri 5 anni si raccomanda il follow-up con visita senologica ogni 4 sei mesi, mammografia all’anno ed un esame Il tumore al seno pelvico annuale. Esiste inoltre la blog-terapia per lottare vivere e sorridere, lezioni di bellezza, trucco e foulard. Grazie alla prevenzione, infatti, eventuali alterazioni vengono identificate negli stadi più precoci, mentre con provvedimenti semplici (chirurgia conservativa), è possibile guarire oltre il 90% dei casi. Per questo motivo è molto importante il ruolo del Consultorio per quanto riguarda la prevenzione e la diagnosi precoce del tumore al seno, come previsto dal POMI (Progetto Obiettivo Materno-infantile). Nell’ambito di questa tematica tutte le ASP regionali hanno organizzato lo “Screening per il K mammario” che è un programma che prevede un invito con regolare scadenza, rivolto a tutte le donne dai 50 ai 70 anni, ad effettuare una mammografia con lo scopo di diagnosticare precocemente il carcinoma mammario. Dunque vanno aumentate le campagne informative, con maggiore attenzione sugli stili di vita e sugli esami per la diagnosi precoce. Ed è questo l’obiettivo della nuova campagna “Pink is Good” lanciata in occasione del mese della prevenzione, che prevede una prevenzione personalizzata. Bisogna così istituire le Brest Unit cioè centri specializzati per la diagnosi precoce in tutta Italia, in modo tale da organizzare delle reti di senologia sul territorio per una migliore qualità di vita per tutte le donne. Contro il naturale invecchiamento cellulare Keratose 100 è un complemento nutrizionale ad alto contenuto in acido gamma linolenico (omega 6), estratto di bromelina (da gambo d’ananas) ed estratto di melone (ricco in vitamina A- C-E), che contrasta il naturale invecchiamento cellulare causato dallo stress ossidativo. La vitamina E è stata adoperata con successo nella cura della displasia mammaria benigna, o precancerosa, conosciuta col nome di mastopatia fibrocistica. Essa, inoltre, diminuisce la tensione mammaria che si ha in periodo premestruale e si ritiene che possa aumentare la capacità del selenio di combattere il tumore al seno. E’ stato dimostrato che la vitamina E protegge dagli effetti negativi della radioterapia e riduce gli effetti collaterali di alcune chemioterapie. Alcune ricerche effettuate sulle cavie hanno mostrato una prevenzione totale dello sviluppo di tumori. La vitamina E, C ed i bioflavonoidi sono stati adoperati come coadiuvante nel trattamento delle vene varicose come alternativa all’intervento chirurgico. La vitamina E è un potente immuno-stimolante; le persone che hanno alti livelli di vitamina E nel sangue hanno ottimi livelli di funzionalità immunitaria. In quanto enzima proteolitico, la Bromelina è utilizzata nelle dispepsie, ma il suo utilizzo principale è come antiinfiammatorio ed antiedematoso. Risulta particolarmente efficace nel trattamento degli stati infiammatori dei tessuti molli associati a trauma, nelle infiammazioni localizzate (specialmente in presenza di edema), e nelle reazioni tissutali postoperatorie. La sicurezza dell'impiego della bromelina rispetto ai FANS è maggiore in quanto non gastrolesiva. È nota la sua capacità sinergica nelle terapie antibiotica ed antitumorale. 48 Oncologia L’elastosonografia fornisce un notevole contributo nella diagnosi del cancro della mammella Cancro della mammella: Eco-Color-Doppler con la tecnica della Elastosonografia Luca Rotunno Specialista in Chirurgia Generale G razie agli studi approfonditi che hanno permesso di dimostrare come la crescita e la diffusione del tumore sono correlati alla capacità delle cellule neoplastiche di rinvigorire lo sviluppo dei nuovi vasi, la teoria dell’angiogenesi ha suscitato negli ultimi anni un interesse crescente ed è diventata un importante fattore nella diagnosi e nella terapia del cancro mammario. La metodologia dell’eco-color-doppler è lo strumento ottimale nel riconoscimento diagnostico delle formazioni tumorali mammarie, permette un’attenta valutazione della loro angiogenesi e fornisce fondamentali indizi per una diagnosi differenziale dei nodi solidi del seno. L’eco-color-doppler è uno strumento essenziale nella 50 Oncologia diagnosi delle lesioni mammarie in donne di età compresa tra i 18 ed i 40 anni. Nelle donne che superano i 40 anni di età, l’eco-color-doppler rappresenta un importante supporto di indagine essenziale nella diagnosi del tumore mammario e contribuisce ad evidenziare nuovi casi di tumore mammario che sarebbero sfuggiti alla diagnosi precoce con la sola mammografia. I risultati diagnostici, davvero sorprendenti con l’utilizzo dell’eco-color-doppler, sono dovuti all’identificazione di carcinomi multifocali che l’esame mammografico o la comune ecografia permetterebbero di identificare con difficoltà. Questo metodo riconosce la presenza di focolai multipli che nel corso dell’esame istologico si sono riconosciuti essere carcinomi multiformi e multicentro, permettendo così al chirurgo di adottare una decisione terapeutica più opportuna. L’eco-color-doppler è l’esame fondamentale nel diagnosticare i linfonodi ascellari metastatici. Infatti, in molti casi, la presenza di ipervascolarizzazioni si identifica con il referto istologico della presenza di metastasi. Pertanto potrebbe risultare utile per il follow-up dei linfonodi ascellari nelle pazienti operate di cancro mammario secondo la tecnica del linfonodo sentinella laddove lo svuotamento ascellare non sia stato praticato. Di recente, all’eco-color-doppler, è stata associata la tecnica dell’elastosonografia, che fornisce informazioni Eco-Color-Doppler relative all’elasticità dei tessuti. Tale metodica, si basa sul presupposto che i processi patologici (neoplastici, infiammatori acuti, traumatici, etc.) modificano le caratteristiche fisiche dei tessuti quindi la loro elasticità, consistenza e mobilità. Sulla base di ciò nasce l’idea di valutare l’elasticità dei tessuti in vivo sfruttando le onde ultrasonore, le stesse utilizzate per l’ecografia tradizionale. Le potenzialità dell’elastosonografia sono particolarmente indicate per lo studio della mammella e dei linfonodi. La corrispondenza di un colore ad un grado preciso di elasticità tissutale è di facile interpretazione per il medico grazie alla presenza di una scala colore presente su tutte le apparecchiature. Le correlazioni anatomo-patologiche delle lesioni con i dati elastosonografici sembrano indicare una buona concordanza. L’elastosonografia fornisce un notevole contributo nella diagnosi del cancro della mammella riducendo moltissimo il numero di pazienti da sottoporre ad agobiopsie mammarie, tecnica, ricordiamo, molto invasiva che nel 70-80% dei casi non si rivela necessaria e, inoltre, riduce i costi e lo stress del paziente. In conclusione, è nostra opinione che l’eco-color-doppler, associata alla tecnica innovativa dell’elasonografia, potrebbe essere di grande beneficio al chirurgo ed apre certamente una nuova era nel campo della diagnostica per immagini non invasiva nella diagnosi del cancro della mammella. 51 Chirurgia Le nuove protesi con gel ad alta coesività permettono di adattarsi alla morfologia della paziente Ricostruzione mammaria con Lipofilling e PRP Naida Faldetta Specialista in Chirurgia Oncoplastica Francesca Sorrentino Medico Chirurgo D i recente introduzione, nell’ambito della ricostruzione mammaria, è l’uso di cellule staminali provenienti da tessuto adiposo autologo in associazione a plasma ricco in piastrine. Nel tessuto adiposo, come nel midollo osseo, sono presenti, accanto agli adipociti, delle cellule staminali totipotenti che hanno la possibilità di differenziarsi in cellule di diversi tessuti; quando si esegue un lipofilling (altrimenti detto lipostruttura o trapianto di grasso) sono proprio queste cellule staminali che sopravvivono e sono in grado di differenziarsi, inoltre possedendo capacità di neoangiogenesi contribuiscono ad un migliore trofismo locale dell’area interessata al trapianto. Il lipofilling, inteso pertanto come trasferimento di cellule 52 Chirurgia adipose, ma soprattutto di cellule staminali, ha diversi obiettivi e potenzialità: Riempimento, Ristrutturazione, Rigenerazione. Il riempimento è dimostrato dall’incremento volumetrico, la ristrutturazione e la rigenerazione sono evidenziati dai miglioramenti della qualità dei tessuti cutanei e sottocutanei in caso di trattamento di tessuti scarsamente irrorati come aree ulcerate, radiodermiti, radionecrosi e cicatrici di vario tipo. Nell’ambito della chirurgia oncoplastica mammaria il lipofilling: - Può essere molto utile come integrazione e complemento della ricostruzione mammaria con protesi andando ad avvolgere ed imbottire la protesi aumentando lo spessore del tessuto sottocutaneo contribuendo a rendere meno evidente la protesi stessa, riducendo la sensazione di “seno freddo” spesso presente in caso di ricostruzione, aumentando il grado di ptosi con un aspetto più naturale della mammella ricostruita; - Può essere utilizzato per reintegrare i volumi mancanti in caso di esiti di quadrantectomie, anche se non tutti concordano sull’opportunità del lipofilling in questi casi per le possibili recidive della malattia anche a distanza di molti anni; - Può essere utilizzato per correggere malformazioni e deformità di sviluppo che si presentano con asimmetrie volumetriche di modesta/moderata entità rispetto al seno controlaterale; - Recentemente è stato proposto anche per la ricostruzione totale del seno dopo mastectomia; anche se, in tal caso, è opportuno sottolineare che sicuramente sono necessari più interventi a distanza di alcuni mesi con un iter ricostruttivo che, anche in caso di mammelle di piccolo volume, è sicuramente di almeno un anno/un anno e mezzo; - Può rappresentare l’unica alternativa ricostruttiva nei casi di rigetto di protesi. Le applicazioni del lipofilling a livello mammario possono essere pertanto molteplici e di grande rilievo. C’è unanimità di consenso nel considerare tale tecnica utile nel migliorare i risultati ottenuti con la ricostruzione mammaria, tuttavia deve essere utilizzata con cautela e, secondo il nostro avviso, non impiegata nei casi di interventi chirurgici per tumori particolarmente aggressivi (associati a linfangiosi neoplastica o neoplasie triple negative) o in interventi di quadrantectomia, per l’elevato rischio di recidiva associato al trapianto di cellule staminali. E’ stato inoltre dimostrato che non determina un ritardo diagnostico del carcinoma mamma- Ricostruzione mammaria rio, in quanto un radiologo esperto riesce a distinguere le calcificazioni legate al tumore da quelle dovute dalla liponecrosi del lipofilling. >Lipofilling: tempi chirurgici Il lipofilling può essere eseguito in anestesia locale con sedazione in regime di day-hospital, oppure in anestesia generale in regime di ricovero. Prelievo: le incisioni nelle sedi del prelievo che possono essere diverse (pancia, braccia, cosce, fianchi) sono di pochi millimetri tali da permettere l’ingresso di microcannule che non determinano esiti cicatriziali. Il prelievo viene di norma effettuato con la tecnica della lipostruttura (tecnica sec. Coleman) che fa uso di una siringa da 10 ml con attacco Luer-lock e con una cannula di 3 mm di diametro e 15 o 23 cm di lunghezza, i cui fori di ingresso hanno dimensioni tali da permettere il passaggio delle particelle di tessuto adiposo attraverso il lume della siringa Luer-lock. In questo modo, durante l’aspirazione, viene mantenuta una bassa pressione negativa che riduce il traumatismo del processo sugli adipociti, preservandone la vitalità. Una volta che la siringa è stata riempita dal grasso aspirato, la cannula viene rimossa e un tappo Luer-Lock viene posto sulla siringa per sigillare l’apertura. Processazione del grasso prelevato: la purificazione del grasso prelevato può avvenire per centrifugazione e una volta rimosso lo stantuffo, la siringa viene posizionata in una centrifuga sterilizzata e fatta centrifugare a 3000 rpm per tre minuti o per decantazione. La tecnica di Coleman, la più diffusa, utilizza come procedura di purificazione la centrifugazione ma indipendentemente dalla tecnica il risultato finale sarà la formazione in provetta di 3 strati: 1. lo strato superiore è oleoso e costituito essenzialmente da materiale fuoriuscito da cellule adipose traumatizzate; 2. lo strato inferiore è il più denso fra i tre ed è formato da sangue e soluzione fisiologica; 3. lo strato intermedio contiene cellule adipose vive che saranno poi infiltrate nella zona da correggere. Sia lo strato superiore che quello inferiore vengono rimossi rispettivamente usando stoppini assorbenti ed esercitando con lo stantuffo una lieve pressione; nella siringa rimane il solo strato intermedio. E’ infatti necessario isolare il più possibile gli adipociti da trapiantare al fine di diminuire la risposta infiammatoria dopo il reimpianto; se nel sito ricevente sono presenti molti detriti cellulari si sviluppa un’intensa re- 53 Chirurgia azione infiammatoria con l’attivazione delle cellule della flogosi. Trasferimento degli adipociti nella mammella da trattare: avviene con microcannule, senza lasciare cicatrici. L’intervento non è doloroso e la durata varia a seconda della quantità di grasso da impiantare da 60 minuti a 2 ore. Nel post-operatorio è previsto l’utilizzo, nell’area del prelievo, di una guaina compressiva, per ridurre eventuali ecchimosi o gonfiori, che viene mantenuta generalmente per tre settimane dopo l’intervento. Sempre nel post-operatorio può essere presente un lieve indolenzimento delle aree trattate, controllabile comunque con antidolorifici di uso comune. Il ritorno alle normali attività è graduale, nell’arco di alcune settimane. Il risultato, apprezzabile già dopo le prime tre settimane, sarà definitivamente raggiunto a distanza di circa sei mesi dall’intervento. E’ opportuno sapere che per ottenere 100 cc di grasso purificato, pronto per essere iniettato, è necessario un prelievo di circa 250 cc di grasso che corrispondono ad una discreta lipoaspirazione e questo consente la correzione di difetti di modesta o moderata entità. Quantitativi decisamente più importanti sono necessari negli altri casi e, sempre a titolo esemplificativo, è bene segnalare che per ottenere un’integrazione volumetrica di circa una taglia, seppur considerando variazioni legate alla base della mammella iniziale, è necessario inserire almeno 300 cc di grasso “purificato”, cosa che implica un prelievo iniziale di 1500/2000 cc di grasso da altre parti del corpo. Ciò significa che possono essere candidate ad una mastoplastica integrativa con tessuto adiposo solo pazienti che hanno, in realtà, anche un’indicazione alla liposuzione. La necessità di trasferire questi quantitativi di grasso è da mettere in relazione al riassorbimento parziale del tessuto trasferito nei primi mesi dopo l’intervento; questo riassorbimento avviene in percentuale variabile non sempre facilmente prevedibile. Corretto è di conse- Ricostruzione mammaria guenza avvertire la paziente che eventuali reinterventi potranno essere necessari od opportuni. Sulla base di queste considerazioni, è comprensibile come siano in corso sperimentazioni cliniche di vario tipo con lo scopo di raggiungere risultati del tutto prevedibili. Si tratta, infatti, di una tecnica in continua evoluzione, per questo negli ultimi anni si è sperimentata l’associazione del lipofilling al PRP. >Platelet-Rich Plasma Concentrato di sangue omologo o autologo che contiene un elevato numero di piastrine. E’ stato dimostrato che i fattori di crescita in esso contenuti (bFGF, PDGF e IGF, TGFalfa e beta, IGF I e II, EGF, VEGF) accelerano la proliferazione e la differenziazione delle cellule staminali e favoriscono la neoangiogenesi rendendo più efficaci e duraturi nel tempo gli effetti ottenuti con il lipofilling. Le proporzioni di PRP che devono essere miscelate al tessuto adiposo già processato sono di 0,5ml:1ml; prima che tutto il materiale prelevato possa essere trasferito, attraverso microcannule, nella mammella da trattare è necessario aggiungere 1 ml di miscela di calcio gluconato e batroxobina, aspirata in una siringa da 2,5 ml e gentilmente agitata (1 ml di attivatore per 20 cc di PRP); così facendo il concentrato piastrinico assumerà, nel giro di qualche minuto, consistenza gelatinosa dal momento che la batroxobina (enzima ad alto potere coagulante, con attività di tipo trombinica, isolato, mediante opportuni processi di purificazione, dal veleno del serpente brasiliano Bothrops Jararaca) è responsabile della polimerizzazione della fibrina in un gel insolubile, e con il calcio gluconato determina la degranulazione delle piastrine con conseguente rilascio di fattori di crescita e citochine. Il trasferimento nella mammella dovrà pertanto essere effettuato entro e non oltre 15 minuti, poiché il gel piastrinico formatosi dalla trasformazione del fibrinogeno in fibrina non riuscirebbe ad attraversare i fori del- 54 Chirurgia le microcannule. L’uso del PRP è regolamentato a livello europeo dalla “Revisione del decreto legislativo 19 Ago 2005, recante attuazione della direttiva 2002/98/CE” con un Decreto Legislativo del 20 Dic. 2007, n 261, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.19 del 23 Gen. 2008. Secondo questa normativa solo i medici del Centro Trasfusionale di riferimento sono autorizzati a eseguire le procedure per la creazione, seguendo protocolli clinici definiti e utilizzando una strumentazione approvata e certificata CE, del PRP, pertanto i Centri che vorranno effettuare questo tipo di trattamento non potranno prescindere dell’ausilio di un Centro Trasfusionale. La regolamentazione europea e il marchio CE ne garantiscono la sicurezza biologica. Diversi studi presenti in letteratura dimostrano che gli effetti del lipofilling soprattutto in termini di mantenimento del volume mammario nel tempo, sono più efficaci se questo è associato al PRP. >Reggiseno biomeccanico Utile ausilio, al fine di ottenere migliori risultati estetici con la tecnica di ricostruzione con Lipofilling e PRP; si tratta di un reggiseno biomeccanico, che, esercitando una pressione negativa sulle mammelle, svolge la funzione di espansore mammario esterno. Indossare questo speciale dispositivo prima di un intervento permette di preparare i tessuti a ricevere le cellule adipose e indossarlo nel post-operatorio permette di migliorare l’attecchimento del grasso innestato. Grazie all’associazione del reggiseno biomeccanico al lipofilling, è possibile innestare più grasso rispetto ad un semplice Ricostruzione mammaria intervento di lipofilling e quindi ottenere un maggior aumento di volume e/o cambiamento di forma delle mammelle per le pazienti che desiderano sottoporsi ad una ricostruzione totale del seno post-mastectomia Questo sistema altamente tecnologico è composto da un reggiseno in cui è inserita una coppia di coppe semirigide che vengono appoggiate sopra le mammelle, dotate di un bordo in morbido silicone che permette di mantenere una pressione negativa all’interno. Ogni guscio è collegato ad una pompa aspirante alimentata a batteria che, grazie ad uno speciale microprocessore, consente di ottenere una pressione negativa costante di 15-25 mmHg. Cosi grazie alla pressione negativa che si viene a creare all’interno delle coppe, i tessuti mammari sono soggetti ad una tensione prolungata e tridimensionale: in risposta agli stress meccanici aumenta lo spazio in cui iniettare il grasso, permettendo di incrementare la quantità trapiantabile di cellule adipose. Inoltre si forma edema locale ed aumenta la vascolarizzazione, con conseguente miglioramento dell’attecchimento degli adipociti impiantati tramite il lipofilling. Esistono diversi protocolli di utilizzo del reggiseno biomeccanico. Il più utilizzato prevede che il dispositivo venga indossato per 3 settimane prima dell’intervento: i primi 17 giorni deve essere indossato per 10 ore al giorno, gli ultimi 3 giorni prima dell’intervento di lipofilling del seno per 24 ore al giorno. Dopo l’intervento chirurgico il reggiseno biomeccanico deve essere indossato 10 ore al giorno per 45 giorni. Numerosi trial clinici ne hanno provato la sicurezza e l’efficacia. E’ stato inoltre approvato dalla FDA (Food and Drug Administration), l’autorità di vigilianza sanitaria americana, ed è stato certificato dall’ ASAPS, la società di chirurgia plastica americana. La maggior parte delle donne che hanno utilizzato questo dispositivo non ha lamentato particolare dolore o disagio. Possibili effetti sono legati ad un’intolleranza dei materiali e sono dati da eritema, edema cutaneo e talora rash cutaneo, in quest’ultimo caso si consiglia di sospendere il trattamento. Per ridurre al minimo i rischi di insorgenza di irritazioni cutanee, è consigliabile applicare un film a protezione della cute che verrà a contatto con il bordo in silicone delle coppe e una lozione lenitiva idratante non oleosa al termine di ogni applicazione per mantenere ben idratata la pelle. 56 Urologia La terapia si pone l’obiettivo di alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita dei pazienti La Cistite Interstiziale: una patologia da non sottovalutare Anna Rita Cicalese Specialista in Urologia L a Cistite Interstiziale, conosciuta anche con i nomi di: sindrome della vescica dolorosa, sindrome del dolore vescicale, sindrome della vescica ipersensibile e dolore pelvico cronico, è una malattia cronica debilitante, le cui cause sono tuttora sconosciute. Gli studi epidemiologici disponibili hanno stabilito che la patologia interessa le donne dieci volte di più che gli uomini. La sindrome è caratterizzata da dolore, generalmen- te avvertito come pressione vescicale, percepito come correlato al grado di riempimento vescicale. Il dolore, localizzato spesso in regione sovrapubica e talora irradiato alla vagina, al retto, al sacro, all’inguine, alle cosce e solitamente è accompagnato da frequenza ed urgenza minzionale diurne e notturne. Il dolore può insorgere già a bassissimi volumi di riempimento vescicale e si allevia con lo svuotamento, per poi riproporsi più o meno rapidamente. Nonostante i sintomi possano essere ri- 57 Urologia conducibili a svariate malattie, tutti gli esami diagnostici routinari non rilevano la presenza di alcuna patologia che possa spiegare la sintomatologia. La diagnosi si basa sulla presenza da almeno sei mesi del dolore pelvico correlato alla vescica, accompagnato da urgenza e/o frequenza minzionale e sull’esclusione di tutte le patologie che possano essere responsabili della sintomatologia. Un’attenta anamnesi può già escludere le cistiti attiniche o da farmaci ed un accurato esame obbiettivo può escludere la presenza di difetti della statica pelvica, diverticoli uretrali, patologie flogistico-distrofiche della vulva e della vagina ed ipertono dei muscoli perineali. E’ sufficiente eseguire comuni esami di laboratorio per escludere infezioni urinarie e/o genitali. Attraverso l’esecuzione di indagini strumentali (urodinamica, tecniche di imaging ed endoscopia) è possibile escludere endometriosi, tumori ginecologici, ritenzione urinaria, sindrome della vescica iperattiva, ostruzione cervico-uretrale, calcolosi delle basse vie urinarie e il carcinoma uroteliale. Ulteriori elementi, in grado di confermare la diagnosi di cistite interstiziale possono emergere dall’esecuzione di ulteriori procedure diagnostiche, come la cistoscopia con idrodistensione, la biopsia vescicale e il test di sensibilità al cloruro di potassio. La sintomatologia ha spesso un notevole impatto sulla qualità di vita dei pazienti, condizionando la quotidianità fino all’isolamento e alla depressione e comportando, in molti casi, una significativa riduzione delle attività relazionali e sessuali. Spesso è anche causa di una riduzione della produttività lavorativa e personale. Oggi la terapia della cistite interstiziale si pone l’o- La Cistite Interstiziale biettivo di alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Non esiste attualmente un trattamento risolutivo e nessun farmaco è efficace in tutti i casi. Per questo motivo la terapia è altamente individuale e si avvale di numerose molecole. Infatti molti farmaci sono stati testati per la cistite interstiziale, ma solo pochi hanno raggiunto un alto grado di raccomandazione, ma non sempre efficaci per tutti i pazienti. L’approccio terapeutico alla patologia si avvale in prima battuta di una terapia comportamentale che consiste essenzialmente nel limitare l’apporto di cibi acidi e nel modulare l’introduzione di liquidi. In alcuni pazienti sono indicati trattamenti fisici e riabilitativi in associazione o meno a trattamenti orali (antidepressivi, antinfiammatori, antispastici e anticolinergici, antiepilettici, antistaminici, analgesici, penstosanpolisolfato) e/o endovescicali (ialuronato di sodio, condroitin solfato, eparina, dimetilsulfossido, lidocaina, antibiotici). Solo in rari casi selezionati sono indicati trattamenti di tipo chirurgico come la neuromodulazione sacrale, l’ampliamento vescicale e la derivazione urinaria. Nonostante oggi vi sia una maggiore consapevolezza della cistite interstiziale e nonostante molti più pazienti ricevano una diagnosi, esistono ancora contesti in cui la conoscenza di questa patologia e scarsissima. Seppure la cistite interstiziale sia stata inserita tra le malattie rare con il Decreto Ministeriale n°279 del 2001, non esistono ancora dati precisi sulla prevalenza della patologia nel nostro Paese. La sensazione è che la cistite interstiziale sia attualmente sottodiagnosticata e quindi sottostimata nonostante la malattia, che inficia significativamente la qualità di vita, rappresenti un serio problema per i pazienti e le persone a loro vicine. Oftalmologia Oggi è possibile risolvere il difetto della presbiopia, attraverso una innovativa tecnica chirurgica non invasiva Come dire addio agli occhiali dopo gli…. Anta Claudio Savaresi Specialista in Oftalmologia G raduate, multifocali, correttive, per vedere lontano, per leggere da vicino, per lavorare al pc: gli occhiali sono un’inseparabile accessorio soprattutto quando scattano gli “anta”. Malgrado la loro utilità, gli occhiali hanno alcune limitazioni che possono condizionare la routine quotidiana. La più frequente è quella di dimenticarli e quindi riscontrare delle difficoltà nello svolgere anche la più semplice azione, come leggere una etichetta di un prodotto, un prezzo, il bugiardino di un farmaco. E perché no, anche quella di far dimostrare pubblicamente di non essere più “giovane” perché costretti a sfoderare gli occhiali per leggere, fattore non sempre ben accettato soprattutto nel mondo femminile. Una elevata percentuale di soggetti di età superiore ai 50 anni è presbite o comunque presenta dei problemi di vista. Con il progressivo invecchiamento della popolazione si verificherà un ulteriore e significativo aumento del numero di persone con delle limitazioni dell’acuità visiva. Inoltre, negli anziani, l’alterazione della vista rappre- 59 Oftalmologia senta una delle maggiori complicanze, come il timore di cadere, fino ad arrivare all’isolamento e alla depressione. Fare una visita oculistica almeno una volta l’anno è necessario per tenere sotto controllo lo stato di salute degli occhi, anche se il processo di invecchiamento è possibile ritardarlo ma non eliminarlo: è il caso della presbiopia. >Che cosa è la presbiopia E’ il processo naturale di “invecchiamento” della vista che insorge dopo i 50 anni. Si manifesta con la difficoltà o l’incapacità di mettere a fuoco un’immagine nella visione da vicino. Diventa difficile leggere il giornale, il menu del ristorante, malgrado si allontani il foglio nella speranza di riuscire a leggere. Il cristallino dell’occhio è una lente naturale, elastica posta dietro la pupilla, che consente la messa a fuoco da vicino degli oggetti. Con gli anni, il cristallino perde fisiologicamente la sua elasticità, e quindi la sua capacità accomodativa diminuisce, provocando la diminuzione della messa a fuoco da vicino. Le immagini percepite non saranno più nitide e quindi diventa necessario il supporto di occhiali correttivi. Oggi è possibile risolvere il difetto della presbiopia attraverso una innovativa tecnica chirurgica non invasiva che migliora la profondità della messa a fuoco e consente di eliminare definitivamente gli occhiali. Consiste nell’impiantare nello strato intermedio della cornea dell’occhio non dominante, un piccolissimo dispositivo, definito “inlay” che, per la sua forma cilindrica, ricorda un anello, il quale permette di garantire una buona capacità di lettura per distanze ravvicinate senza disturbare o alterare la vista da lontano. Inlay ha un diametro di 3,8 mm (minore di una lente a contatto), e uno spessore di 5 micron (un decimo dello spessore di un foglio di carta) con al centro un foro di 1,6 mm di diametro. Il suo bordo è composto da 8400 piccoli fori che servono a garantire il corretto funzionamento del metabolismo corneale. Funziona come un piccolo diaframma di una macchina fotografica catturando le immagini e i raggi lumino- La presbiopia si, i quali focalizzati in modo corretto, consentono di vedere bene da vicino senza alterare il visus da lontano o da distanze intermedie. >L’intervento Dopo aver eseguito tutte le indagini diagnostiche necessarie per valutare approfonditamente il quadro clinico oculare (topografia della cornea, tomografia della retina e del nervo ottico. etc) si verifica l’idoneità all’intervento. Si procede dapprima con il laser per creare, nello strato intermedio della cornea, lo spazio necessario all’inserimento dell’inlay e nel contempo correggere eventuali difetti refrattivi. Successivamente si prosegue all’intervento chirurgico che prevede il posizionamento dello stesso all’interno della cornea dell’occhio non dominante. Questa tecnica pur essendo chirurgica è eseguita in anestesia topica, instillando gocce di collirio anestetico nell’occhio da operare. E’ sicura e di massima precisione nell’esecuzione grazie all’ausilio di un laser di recente generazione studiato specificamente per interventi in ambito oftalmologico. Il tempo di guarigione e il recupero della vista è molto soggettivo. In alcuni pazienti c’è un miglioramento visivo già entro le 24 ore, altri possono richiedere più tempo. E’ importante post-intervento seguire scrupolosamente la terapia topica consigliata, non fare sforzi fisici e soprattutto proteggere gli occhi dai raggi solari con lenti da sole polarizzate. L’inserimento di inlay è un intervento chirurgico sicuro, non ha effetti collaterali, non crea rigetto, arriva direttamente dall’America con tanto di autorizzazione FDA. E’ necessario evidenziare che questa metodica chirurgica è una soluzione definitiva legata esclusivamente alla presbiopia. Tuttavia può succedere, con il passare degli anni, che gli occhi subiscano dei cambiamenti come sviluppare la cataratta oppure altri difetti legati alla vista. All’occorrenza potrebbe verificarsi l’opportunità di rimuovere “l’anello”, che non prevede alcuna complicanza, e concordare con il medico specialista di fiducia trattamenti o eventuali interventi chirurgici consigliati più idonei. 60 Chirurgia Nei paesi occidentali la causa più comune di stitichezza è la ridotta attività fisica e l’insufficiente assunzione di fibra alimentare La stipsi: sintomo e causa di molte patologie Carmine Prota Specialista in Chirurgia Generale L a stipsi si può definire come una ridotta frequenza delle evacuazioni, inferiori a tre per settimana; come sforzo durante l’evacuazione; senso di incompleto svuotamento; emissioni di feci caprine in almeno il 25% delle evacuazioni. La stitichezza non è una malattia nel senso stretto della parola con caratteri definiti come, per esempio, un’epatite virale o un infarto del miocardio, ma è piuttosto un sintomo, un disturbo indefinito come l’inson- nia, che può nascondere molteplici cause, anche molto importanti. La prevalenza della stipsi è legata all’età in quanto sono affetti i pazienti molto giovani e/o gli anziani, le donne più comunemente degli uomini. La stipsi è spesso associata ad uno stile di vita sedentario, una ridotta assunzione di acqua, una riduzione dell’attività fisica, malattie croniche invalidanti, alimentazione povera di scorie e ricca di prodotti raffinati, assunzioni di alcuni 62 Chirurgia tipi di farmaci ed in particolare antidepressivi, ansiolitici e lassativi per diversi anni. Nei paesi occidentali la causa più comune di stitichezza è la ridotta attività fisica e l’insufficiente assunzione di fibra alimentare. Quest’ultima, presente in alcuni alimenti come legumi, pane, cereali, frutta e verdura, fornisce la massa necessaria per stimolare la muscolatura del colon a spingere avanti la materia fecale. Un’altra causa è l’assenza di abitudini intestinali regolari, a volte conseguente a un’educazione inadeguata all’evacuazione intestinale durante l’infanzia, oppure all’abitudine ripetuta di reprimere e rimandare a tempi e luoghi “migliori” l’evacuazione per motivi sociali o “igienici”. La stipsi può essere primitiva (idiopatica), secondaria ad altre patologie (endocrinologiche, neurologiche, psichiatriche, patologie gastrointestinali, trattamenti farmacologici), oppure dovuta ad alterazioni psicocomportamentali molto difficili da individuare (cicatrici psichiche). Il più delle volte sono presenti alterazioni a tutti e tre i livelli, con reciproche influenze in un intreccio di rapporti causa effetto spesso inestricabile. E’ importante escludere prima di tutto patologie organiche causa di stipsi. Un particolare tipo di stipsi è quella da defecazione ostruita (o stipsi terminale da espulsione) molto frequente nel sesso femminile. >I sintomi I pazienti che non riescono ad andare di corpo normalmente hanno spesso e volentieri i seguenti sintomi: 1) Riescono ad andare di corpo solo dopo aver preso lassativi o clisteri; 2) Per andare di corpo devono aiutarsi usando le dita; 3) Per andare di corpo devono spingere molto e stare La stipsi parecchio sulla tazza del bagno (oltre 15 minuti); 4) Hanno come la sensazione di non riuscire a farla tutta; 5) Avvertono un dolore tra gli organi genitali e l’ano; 6) Qualche volta gli capita di perdere involontariamente delle feci. >Le cause della stipsi da ostruita defecazione (SDO) Si forma una sorta di tappo nel retto. In altre parole nell’ultima parte dell’intestino, c’è un qualcosa che impedisce la normale espulsione delle feci. Con il passare degli anni la muscolatura del retto si indebolisce e si sfianca dilatando la parte dell’intestino dove passano le feci prima di essere evacuate dall’ampolla rettale. Al tempo stesso la mucosa del retto perde il sostegno che la tiene fissa alla parete muscolare e tende a scendere verso il basso, si crea un “prolasso” che ostruisce il canale anale. Durante l’evacuazione delle feci si verifica un cedimento del retto su sé stesso è come se si chiudesse un cannocchiale. Inoltre è possibile assistere ad un insaccamento delle feci, come se fossero intrappolate in una sacca. >La diagnosi - visita proctologica - esame rettoscopico - colonscopia - tempi di transito intestinale - defecografia >La terapia La terapia è essenzialmente chirurgica e consiste nel correggere l’abbassamento del retto (intussuscessione) e lo sfiancamento della parete retto-vaginale (rettocele). La terapia chirurgica può essere eseguita o in anestesia generale per via laparoscopica (rettopessi ventrale) o in anestesia spinale utilizzando delle suturatrici meccaniche appositamente costruite (TRANSTARR). La valutazione del tipo di tecnica, ed i risultati a breve e a lungo termine, dipendono dal grado di patologia e dall’esperienza del chirurgo colonproctologo. Da quanto detto si deduce che la stipsi è una condizione comune plurifattoriale, pertanto anche l’approccio terapeutico non può prescindere da un’accurata selezione dei pazienti. Se molti pazienti possono trovare giovamento da una semplice correzione delle abitudini dietetico-comportamentali, alcuni devono essere sottoposti ad un intervento chirurgico. 63 Alimentazione La gestione e il trattamento dell’obesità devono avere obiettivi più ampi rispetto alla semplice perdita di peso Estate e salute: la dieta di mantenimento Claudio Messere Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietologia D opo notevoli sacrifici e privazioni alimentari durati diversi mesi e, avendo raggiunto un peso ragionevole, si pone il problema di come mantenere nel lungo periodo la nuova condizione fisica. Purtroppo in un’altissima percentuale dei casi, il recupero ponderale avviene in poco tempo, neu- tralizzando così i benefici dell’intervento terapeutico e addirittura rischiando un incremento maggiore rispetto al peso iniziale, con riduzione della massa magra e aumento della componente lipidica. Pertanto la gestione e il trattamento dell’obesità devono avere obiettivi più ampi rispetto alla semplice perdita di peso e devono 66 Alimentazione La dieta di mantenimento La sindrome dello yo-yo (weight cycling syndrome) si riferisce a chi perde e riacquista peso con grande velocità, dopo essersi sottoposto a regimi alimentari molto rigidi includere la riduzione del rischio cardiovascolare e il miglioramento globale dello stato di salute. Ciò può essere ottenuto con una graduale perdita di peso, con il miglioramento del contenuto nutrizionale della dieta e con un modesto ma regolare incremento dell’attività fisica. Raggiunto l’obiettivo programmato, è necessario proseguire con un programma di modifica dello stile di vita da mantenere nel lungo periodo, cioè la terapia dell’obesità deve rientrare in un programma più generale di educazione terapeutica. La sindrome dello yo-yo (WCS) è caratterizzata dall’insieme delle modificazioni cliniche indotte dal ripetersi di cali ponderali intenzionali, seguiti dal recupero del peso che può raggiungere valori superiori a quelli di partenza. In alcuni studi si è visto che, nella fase di recupero ponderale, la circonferenza addominale presenta un significativo incremento rispetto ai valori registrati prima del dimagramento. La fluttuazione del peso corporeo comporta una redistribuzione del grasso con una predominanza della tipologia viscerale che può essere dovuto in parte alla riattivazione adrenergica che favorisce la ridistribuzione viscerale del grasso, l’incremento della pressione arteriosa e il conseguente incremento del rischio cardiovascolare. Inoltre si è visto come nel recupero ponderale ci sia stata una maggiore perdita della massa magra (muscoli) con incremento della componente lipidica. Durante la fase di riduzione del peso corporeo possono verificarsi modifiche dello stato fisiologico ormonale che contribuiscono al mantenimento del peso o al suo successivo recupero. Per esempio si è visto come la secrezione dell’ormone GH (somatotropo) sia molto sensibile agli stati nutrizionali, infatti la sua concentrazione, che in condizioni normali è estremamente bassa, aumenta notevolmente dopo la somministrazione di aminoacidi e nell’ipoglicemia, mentre è soppressa nell’iperglicemia, con un ulteriore aumento negli stati di ridotto apporto calorico. In altre ricerche si è visto come un complesso sistema molecolare possa presiedere alla regolazione dell’equilibrio energetico e del controllo dell’apporto di cibo. Tale sistema prevede l’intervento dell’ipotalamo, come integratore di segnali che arrivano dalla periferia e come effettore di nuove informazioni in grado di modificare il controllo alimentare e il dispendio energetico. Tra le numerosissime molecole coinvolte in tale comunicazione, vi sono anche dei mediatori di natura lipidica quali gli endocannabinoidi. Questi agiscono sia 68 Alimentazione a livello del sistema nervoso centrale sia a livello periferico (adipociti, fegato, intestino, pancreas, muscoli) ripristinando i livelli di altri mediatori (ormoni e neurotrasmettitori). Una riduzione del peso corporeo del 10% corrisponde alla riduzione del 20% nell’incidenza delle coronaropatie con relative modifiche dei lipidi ematici, dell’insulinoresistenza, dell’ipertensione arteriosa. Si è evidenziata, con il calo ponderale, una netta riduzione nella biosintesi epatica del colesterolo, che a sua volta La dieta di mantenimento coinvolge anche altri metaboliti che giocano un ruolo importante nella comparsa dell’aterosclerosi. Il tessuto adiposo contiene circa 2 mg di colesterolo per grammo e il calo ponderale lo mobilizza in parte favorendo una maggiore concentrazione biliare. Ciò potrebbe comportare un aumento della calcolosi soprattutto nei soggetti con diete fortemente ipolipidiche. Infatti l’adeguato svuotamento della colecisti bilancia gli effetti negativi dell’aumentata litogenicità biliare nel corso di eccessivi dimagrimenti. La dieta di mantenimento Una dieta di mantenimento del peso corporeo potrebbe quindi essere di circa 1500/1600 Kcal con suddivisione dei pasti durante la giornata in cinque punti: la colazione delle ore 7 può consistere in circa 200 gr. di latte parzialmente scremato con caffè o tè, 3 fette biscottate integrali con un velo di marmellata. In alternativa al latte può essere utilizzato lo yogurt alla frutta magro. Per non soffrire la fame è opportuno intorno alle 11 prendere uno spuntino prevalentemente a base di frutta. A Pranzo, in accordo con la dieta mediterranea, si può consumare circa 80 gr. di pasta integrale o riso parboiled o gnocchi di semola oppure 120 gr. di pizza al pomodoro. Importante deve essere la quota di verdure e ortaggi (cavoli, broccoletti, pomodori, zucchine, melanzane, carote, agretti, ecc…) e di legumi (fagioli, ceci, fave, piselli, cicerchie...). Altri cereali possono essere usati in alternativa, quali il farro oppure l’orzo decorticato o la quinoa. Nel tardo pomeriggio può essere consumata una merenda a base di frutta (Kiwi o agrumi o banane o mele o pere). In alternativa può essere consumata una tisana (tè o Karkadè.) La cena potrà comprendere porzioni di alimenti prevalentemente proteici o misti (a scelta: vitello, pollo, maiale, pesce o latticini magri), limitando il consumo d’insaccati (parte magra) e uova a non più di due volte la settimana. Non dovrà mancare comunque il consumo di un’altra porzione di verdura, ortaggi, e frutta. Il pane possibilmente integrale non dovrebbe superare 100/120 gr. il giorno e potrebbe essere agevolmente sostituito in alternativa con cracker di soia. L’olio di oliva extravergine, importante componente lipidica monoinsatura, deve rappresentare il 10% del consumo degli acidi grassi quotidiani. L’apporto di acqua (minerale, medio minerale o oligominerale) deve essere previsto in circa 2 litri il giorno. Ovviamente lo schema dietetico non deve essere rigido e possono essere consentite piccole trasgressioni giornaliere o settimanali, purché queste siano compensate successivamente, anche in base all’attività fisica e al proprio stile di vita. 69 Idrologia Dolore muscolo-scheletrico, rigidità mattutina di breve durata, deformità e limitazioni funzionali dovute al dolore Artrosi e terapia termale: un valido trattamento Maria Costantino Specialista in idrologia Medica L’ allungamento della vita media della popolazione ha indotto un incremento delle malattie di interesse reumatologico che attualmente costituiscono una delle cause più frequenti di invalidità temporanea o permanente. Esse oltre a rappresentare un serio problema medico-sanitario costituiscono anche un rilevante onere sociale ed economico essendo in genere molto elevati i costi relativi all’ospedalizzazione, alla riabilitazione, alle terapie farmacologiche e all’assistenza. Un corretto approccio terapeutico è dunque fondamentale sia per il paziente, sia per la società. Tra le malattie di interesse reumatologico l’artrosi costituisce la più frequente malattia degenerativa dell’apparato locomotore in grado di impattare in maniera fortemente negativa sulla qualità di vita e sull’au- 70 Idrologia tosufficienza delle persone. Nell’artrosi viene ad essere alterato il fisiologico equilibrio tra fenomeni catabolici e fenomeni riparativi a livello della cartilagine articolare a favore di quelli catabolici. Pertanto con gli anni si assiste ad un assottigliamento della cartilagine, ossia di quel cuscinetto presente fra osso ed osso nelle articolazioni che di norma ha il compito di evitare gli attriti ed il logoramento dell’articolazione stessa. Il processo degenerativo delle articolazioni inizia in maniera asintomatica o con leggere forme di indolenzimento a partire dai 30 anni e si manifesta nella sua forma invalidante e dolorosa normalmente dai 60 anni in poi. Il quadro clinico-sintomatologico è caratterizzato da dolore muscolo-scheletrico, rigidità mattutina di breve durata, deformità e limitazioni funzionali dovute al dolore. La malattia può coinvolgere tutte le articolazioni diartrodiali: anca (coxartrosi), ginocchio (gonartrosi, che per l’elevata invalidità indotta e per il frequente ricorso a costosi interventi di protesizzazione, costituisce una delle principali cause di difficoltà locomotoria nei soggetti anziani), vertebre cervicali (artrosi cervicale), vertebre lombari (artrosi lombare), mani (rizoartrosi), spalle ecc.. Le cause dell’artrosi sono molteplici: sesso (colpisce con più frequenza i soggetti di sesso femminile), età (in genere si manifesta dopo i 40 anni anche se può com- Artrosi e terapia termale parire molti anni prima e dopo i 65 anni tende ad interessare tutte le persone di ogni razza e sesso), fattori genetici (studi epidemiologici hanno dimostrato un’ereditarietà che è stata stimata nell’ordine del 40% per il ginocchio, 60% per l’anca, 65% per l’artrosi primitiva delle mani), obesità (sia per l’aumentato carico articolare, sia per l’accelerazione del processo degenerativo articolare con progressiva modificazione della composizione e struttura ossea che contribuiscono a diminuire ulteriormente la mobilità articolare creando così un circolo vizioso che peggiora sia l’obesità e sia l’artrosi), ormoni, traumi etc.. Essendo l’artrosi una patologia cronica occorre arginarla quanto più possibile per cercare di mantenere il più a lungo una accettabile qualità di vita e pertanto è di fondamentale importanza continuare a mobilizzare l’articolazione artrosica per evitare che la sua funzionalità si riduca sempre più fino alla completa immobilizzazione. Il trattamento dell’artrosi si avvale dell’utilizzo di presidi terapeutici farmacologici (intra-articolari e non), chirurgici e non farmacologici. Tra i presidi non farmacologici si annovera anche la terapia termale. I dati epidemiologici dimostrano che i pazienti affetti da patologie artrosiche figurano al secondo posto tra gli utenti termali, preceduti solo da quelli colpiti da malat- 71 Idrologia tie dell’apparato respiratorio. I trattamenti termali di elezione per tali pazienti sono la fangoterapia (FT) e/o la balneoterapia (BLT). Un ciclo di fangoterapia prevede 12 fanghi eseguiti quotidianamente uno al giorno con un giorno di riposo, in genere a metà cura. Il fango, derivante per la maggior parte dalla maturazione di argilla ed acqua minerale, viene applicato sulle zone da trattare per circa 15-20 minuti a Temperatura di 39-44°C. Sequenzialmente alla fangoterapia (FT) in genere viene effettuata la balneoterapia (BLT), sempre con acqua minerale, a temperatura di 36-38°C per 1015 minuti per una integrazione e potenziamento degli effetti terapeutici. In tal caso il trattamento prende il nome di fango-balneoterapia (FBT) in cui si associano alle proprietà fisiche della balneoterapia, gli effetti biologici esercitati dai mineralizzatori presenti nell’acqua e nel fango termo-minerale usato. I benefici della Fangoterapia e/o della balneoterapia riconoscono un comune denominatore terapeutico nel calore. La termoterapia esogena, indotta dall’applicazione del mezzo curativo termale, determina, nell’organismo trattato, azioni miorilassanti e decontratturanti che, associate ad attivazione ipofisaria con liberazione di peptidi oppioidi ed ormoni, provocano oltre il beneficio analgesico, la modificazione di condizioni muscolari anormali. Infatti i risultati ottenuti dalla ricerca [Therapie 2012, 67(1):43-48; Clin Ter 2011 ,162 (2): e51- e57; La presse Thermale et Climatique 2009, 146 : 159-161; Eur Med Phys 2008, 44 (Suppl 1 a n. 3):1-3] dimostrano: una significativa (p<0,01) riduzione della sintomatologia dolorosa a riposo e durante le abituali quotidiane attività motorie; un significativo (p<0,05) incremento della mobilità delle articolazioni studiate; il mantenimento dei benefici nel tempo a seguito di ripetizione, almeno una volta l’anno, della terapia termale; nessun significativo effetto avverso e nell’ambito di una patologia cronica come quella artrosica questo è un fatto molto importante. I dati di letteratura evidenziano anche la possibilità Artrosi e terapia termale di integrare la terapia farmacologica con quella termale con potenziamento dell’azione medicamentosa e conseguente diminuzione della posologia farmacologica stessa e quindi riduzione della comparsa di eventuali reazioni avverse da uso prolungato nel tempo di farmaci (come ad esempio gli antinfiammatori steroidei e non steroidei) a vantaggio del benessere psicofisico degli individui. La naturalità delle terapie termali fa sì che siano limitate le controindicazioni a tale trattamento. In ambito reumatologico le controindicazioni alla Fangoterapia e/o Balneoterapia sono collegate essenzialmente: alla fase della malattia (in fase acuta in genere è controindicata la terapia termale); alla presenza di malattie intercorrenti o coesistenti che compromettono, temporaneamente o permanentemente, le condizioni generali (la prescrizione del ciclo termale fango-balneoterapico è controindicata nella tubercolosi in atto; nelle neoplasie o loro sospetto; nelle cardiopatie non ben compensate e naturalmente nelle scompensate; nel cuore polmonare cronico; nelle miocardiopatie gravi; nell’arteriosclerosi cerebrale grave; nell’insufficienza respiratoria grave; nell’epilessia e nella gravidanza). Il ruolo terapeutico della cura termale in ambito reumatologico è riconosciuto dal Ministero della Salute. Pertanto, ciascun cittadino italiano durante l’anno, da gennaio a dicembre, ha diritto, con onere a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ad un solo ciclo curativo termale. Il ciclo termale viene prescritto dal proprio Medico di Famiglia o da uno Specialista in possesso dell’apposito ricettario. Il paziente quindi con l’impegnativa medica può recarsi presso la Struttura Termale convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale ed effettuare la cura termale con eventuale pagamento di un ticket. Strutture in cui è possibile effettuare il trattamento termale a carico del Servizio Sanitario Nazionale sono: Terme di Telese-BN, Terme di Torre Canne-BR, Terme Cappetta in Contursi-SA; Terme di Lurisia in MondovìCN, Giardini Poseidon Terme-Ischia-NA etc. 72 Filosofia Vassily Kandinsky - Composition 7 - 1913 L’arcipelago delle emozioni: Gioia, Tristezza, Felicità, Nostalgia, Amore … In questo numero nella rubrica, Filosofia e Consulenza, affronteremo il tema dell’arcipelago delle emozioni: La gioia, il dolore, la tristezza, la noia, la felicità, la nostalgia, l’amore. Eugenio Borgna nel suo libro “Arcipelago delle emozioni” scrive: “Noi conosciamo le cose non solo con la ragione astratta e calcolante ma anche con le ragioni del cuore. L’intuizione, l’orizzonte di conoscenze emozionali, ci consente di cogliere il senso di ciò che un’altra persona prova e rivive: la misura della sua immaginazione e della sua fantasia, della sua gioia e della sua malinconia, della sua sofferenza e della sua angoscia, della sua capacità di amare e della in-differenza ai valori dell’amore e dell’amicizia.” Raffaele Aratro Docente di Filosofia e Storia L e emozioni attraversano la vita come un flusso incessante, potremmo dire che la quotidianità può essere compresa in una sorta di fenomenologia delle emozioni. Saperle decodificare, dandole cittadinanza, ci aiuterebbe a vivere i nostri sentimenti con maggiore cura. Le emozioni si vivono, si danno, si realizzano nel presente; invece, come ha scritto Remo Bodei in “Immaginare altre vite”: “Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre occupati del passato e dell’avvenire. Non pensiamo quasi mai al presente; o se ci pensiamo, è solo per prendere lume al fine di predisporre l’avvenire. Il presente non è mai il 74 Filosofia L’arcipelago delle emozioni nostro fine; il passato e il presente sono i nostri mezzi, solo l’avvenire è il nostro fine. Così, non viviamo mai, ma speriamo di vivere e, preparandoci sempre ad essere felici, è inevitabile che non siamo mai tali”. Gli attimi che costituiscono il nostro presente ci raccontano storie di passioni a volte tristi e a volte gioiose, di felicità incommensurabili e di inquiete nostalgie, di amicizie profondissime e di amori totalizzanti. Tutto avviene in quell’unità di tempo presente che è l’attimo, un sempre adesso unico e irripetibile. Qual è la dissonanza che rende l’uomo triste? Forse l’incapacità di fissare le emozioni, a volte addirittura di darle un nome. Quando non si è in grado di trovare le parole viene a mancare il racconto e senza racconto non c’è la storia delle emozioni; di contro esse stanno lì, presenti e vive, come una sorta di “insieme di possibili simultanei”. L’insieme di possibili simultanei danno cittadinanza e convivenza ad un arcipelago di emozioni differenti e contrastanti che allo stesso tempo, però, dis-orientano. La dialettica esistenziale delle emozioni consiste proprio in questa costante ricerca dell’orizzonte di senso, una sorta di dialettica degli opposti, un orientamento che costantemente disorienta. L’individuo sperimenta continuamente su di sé questa singolare sensazione di spaesamento; quando guidato dalla lucida razionalità riesce a leggere in modo chiaro e distinto le proprie esigenze, bisogni, aspettative, sembra che sappia cosa e che fare. Si sente orientato, ma quando d’un tratto ciò che appare chiaro e distinto si rivela oscuro e indistinto e si aprono nuove prospettive, varie e diverse vie e molteplici scelte, in questa situazione si avverte il senso di angoscia. Una sorta di sentimento del contrario che rende possibile l’apertura incondizionata all’arcipelago contrastante delle emozioni. Nella quotidianità ogni persona, in quanto essere gettato nel mondo, frequentemente sperimenta la dimensione esistenziale di relazioni inautentiche, cristallizzate in forme rituali e stereotipate, e allora “crea” altre vite. La singolarità dell’individuo viene parcellizzata, regolata e resa funzionale alle condizioni “oggettive” rendendo necessario un altro sé. Nelle convenzioni sociali e culturali, si annida il pericolo più evidente dello sdoppiamento, dell’essere inautentico, perché il valore fondamentale è un dover essere ed è negata la libertà del voler essere. Il divenire esistenziale della persona richiede, potremmo dire necessita, di relazioni autentiche, fonda- Claude Monet - Impression, soleil levant - 1872 te sulla libertà del sé e sull’accettazione incondizionata dell’altro. Tali modalità conducono le persone ad af-fidarsi. L’arcipelago delle emozioni trova nell’amore il suo luogo più naturale. E’ nell’amore che si sperimentano tante emozioni e non di rado contrastanti, in questo sentimento si vive l’incanto e la meraviglia della cura, dell’af-fidarsi, dell’accettazione incondizionata. Ed è in questa dimensione di vita si comprende che “nel silenzio del cuore, quando il cuore si apre all’ascolto e al dialogo, è possibile sentire…”. E’ lì, proprio lì, che si incontrano le anime, quando gli occhi si guardano e nel silenzio della parola si dicono, quando i sorrisi felici sono accompagnati dalle lacrime della disperazione, quando la felicità raggiunge il troppo pieno e dà spazio alla nostalgia, quando il presente è un sempre adesso unico e irripetibile, quando la poesia è declamata e vissuta, quando il gesto, la carezza, il bacio sono impressi sul corpo e fermati, nonostante il flusso incessante del tempo, su attimi unici e irripetibili, quando l’io trova l’altro e incontra e vive l’incanto. E’ lì, proprio lì, quando le parole non hanno più senso perché non ci sono parole che possono raccontare l’incanto di un momento, che è possibile dare voce e ascolto alle proprie e altrui emozioni. Nel silenzio del cuore trova cittadinanza il bisogno di protezione. “E ancora proteggi la grazia del mio cuore adesso e per quando tornerà l’incanto. Incanto di te… di te vicino a me” (Vinicio Capossela “Ovunque proteggi”). Nell’ac-cogliere l’arcipelago delle emozioni le parole ri-trovano significato e possono condurre a nuovi orizzonti di senso. 75 Crema Giorno Crema Notte libera la tua giovinezza Roydermal Divisione Italia • Roma scopri l’effetto antietà della nuova linea viso Hydratée Giorno e Notte www.roydermal.it Contatti Dott. Claudio AMITRANO Dott. Lorenzo MARTORA Specialista in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva Studio: Via Pacuvio, 92 - Napoli (Na) Cell: 347 3426982 - [email protected] www.chirurgoesteticoclaudioamitrano.it Specialista in Dermatologia e Venereologia Centro Exedra - Cava de’ Tirreni (Sa) cell. 347114494 - tel. 081910704 Prof. Raffaele ARATRO Dott. Claudio MESSERE Dott.ssa Luisa BARBARO Prof. Steven Paul NISTICO’ Dott. Paolo CATERINO Dott. Carmine PROTA Specializzazione in Dermatologia e Venereologia Coordinatore Polo Dermatologico ASL CE 2 Aversa Specialista in Chirurgia Generale e Colonproctologia Ospedale S. Maria della Pietà Casoria (NA) Tel. 081 540 8254 - Cell. 338 1885156 Studio: Via Caravaggio, 22 - Agropoli (Sa) E-mail: [email protected] Dott.ssa Anna Rita CICALESE Dott. Luca ROTUNNO Dirigente medico presso la U.O. di Urodinamica A.O.S.G. Moscati Avellino Specialista in Chirurgia Generale Sito web: www.linfaonline.it Num. verde: 800-713270 Telefono: 0444235321 -Fax : 0444 528960 3470694567 - Email: [email protected] Dott.ssa Maria COSTANTINO Dott. Mario SANNINO Dott.ssa Valentina DENTE Dott. Claudio SAVARESI Dr.ssa Naida FALDETTA Dr.ssa Marina VACCARO Medico Chirurgo Specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietologia Dirigente medico Asl Napoli 2 Nord E-mail: [email protected] Docente di Storia e Filosofia Counsellor Specialista in Dermatologia e Venereologia Clinica Sanatrix - Roma - Tel.: 06 86321981 [email protected] www.steven-nistico.com Specialista in Ginecologia e Oncologia Responsabile U.O. Consultori Fam. Area Met. e Jonica Dirigente Cons. Fam. “Via del Vespro” ASP Messina Cell.: 333 7874808 - E-mail: [email protected] www.facebook.com (Dott.ssa Luisa Barbaro) Specialista in Oncologia Dermatologica Università di Roma Tor Vergata U.O. Oncologia Cutanea e Chirurgia Dermatologica Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud www.mariosannino.it - [email protected] Docente a. c. Università degli Studi di Salerno Specialista in Idrologia Medica - Specialista in Audiologia Presidente Ass. F.I.R.S.Thermae (Form.ne Interdiscip. Ricerche e Scienze Termali) E-mail: [email protected] Medico-Chirurgo Spec. in Dermatologia e Venereologia Dietologia Clinica- Terapia delle obesità Socia dell’American Chemical Society (ACS) Piazza Gabriele D’Annunzio, 15 - Napoli 3477572632 - www.valentinadente.it Medico Chirurgo Specialista in Oftalmologia Responsabile dell’Unità Operativa di Oculistica della Casa di Cura San Pio X Milano Specialista in Chirurgia Onco-plastica della Mammella Responsabile di Senologia Ospedale ”Vincenzo Cervello” - Palermo Specialista in Dermatologia e Venereologia Studio Dermatologico CED Via Luca Giordano, 56 - Napoli [email protected] Collabora con noi Se sei un medico e desideri collaborare con Medimia Magazine, contattaci a: [email protected] 83