2014: anno europeo della conciliazione lavoro-famiglia

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2014: anno europeo della conciliazione lavoro-famiglia
ECONOMIA E società
2014: anno europeo
della conciliazione
lavoro-famiglia
Un tema in cui l’Italia è ancora indietro. Eppure i buoni modelli ci sono, a
partire dal mondo animale: come i pinguini che curano la prole a turno
Elisabetta Bernardini e Rosaria Frisina
Il 2014 è l’anno del pinguino. No, non è
un nuovo segno nell’oroscopo cinese: è
stato così battezzato l’anno europeo della
conciliazione tra tempi di lavoro
e vita familiare e per lo slogan si
Le politiche per è preso spunto dal regno animala conciliazione le. Gli etologi hanno riscontrato
rappresentano un come la specie dei pinguini attua
importante fattore naturalmente una condivisione
carichi di cura, semplicemendi innovazione dei dei
te scambiando i turni di pesca tra
modelli sociali, i genitori. Un genitore si occupa
economici e culturali di procurare il cibo e l’altro di badare ai piccoli, viceversa al ritorno dalla pesca si scambiano i ruoli e così si
alternano maschio e femmina, conciliando cura familiare e lavoro senza - diciamo
così - discriminazioni di genere.
Conviene a tutti - amministratori pubblici, datori di lavoro e lavoratori - esserne
consapevoli e mettere in campo politiche
di conciliazione e di condivisione dei carichi di cura. Perché? Per un maggior benessere, e quindi minori costi sociali, e per
incrementare la produttività. Non ultimo,
in tempi di crisi, per riuscire anche a rilanciare la partecipazione delle donne sul
mercato del lavoro. La sfida è arrivare ad
avere azioni specifiche negli Stati dell’Unione Europea e ottenere un nuovo impegno politico per rispondere ai problemi
che interessano le famiglie: promuovere
politiche definite family friendly.
L’Istat, nella Rilevazione sulle forze di lavo-
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ro, per introdurre il tema della conciliazione evidenzia come la questione riguarda
in un certo senso la dignità delle persone:
un’onesta aspirazione a fare dei progetti
per la vita. Quindi lavoro, famiglia, salute
e benessere sono inscindibili: «un’attività
adeguatamente remunerata, ragionevolmente sicura e corrispondente alle competenze acquisite nel percorso formativo
costituisce un’aspirazione universale e
contribuisce in modo decisivo al benessere
delle persone. Se la mancanza di una buona occupazione ha un impatto negativo sul
livello di benessere, un impatto altrettanto
negativo hanno impegni lavorativi che impediscono di conciliare tempi di lavoro e
di vita familiare e sociale».
Sono state identificate diverse ragioni per
ribadire l’importanza di un equilibrio tra
tempi di vita e lavoro soprattutto per migliorare la qualità della vita di ciascuno di
noi: rispettare e accogliere le esigenze di
anziani, disabili, il benessere dei bambini
e i loro familiari assistenti; ma anche per
essere tutti lavoratori più motivati, per favorire le pari opportunità e la motivazione,
migliorando il clima aziendale.
Le politiche per la conciliazione rappresentano un importante fattore di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali, e servono a fornire strumenti a chi,
non potendo contare su reti familiari, prova almeno a rendere compatibili sfera lavorativa e sfera privata. Un orario di lavoro
flessibile, una cultura aziendale orientata a
premiare i risultati e non la presenza fisica
(ad esempio utilizzando lo strumento del
telelavoro) permettono a ciascun individuo di vivere al meglio i molteplici ruoli
che gioca all’interno di una società complessa.
Queste politiche coinvolgono la società
nella sua interezza: uomini e donne, organizzazioni, la sfera privata e quella pubblica. E hanno un impatto sul riequilibrio
dei carichi di cura all’interno della coppia,
Invecchiamento della popolazione e flessibilità lavorativa
Conciliazione, per tutta un’altra questione. In
Europa, quasi tutti gli Stati stanno varando riforme per i sistemi pensionistici che sanciscono
l’innalzamento dell’età lavorativa e riguardano
un’ampia fetta della popolazione attiva. Si sta
registrando un incremento di lavoratori adulti di
età compresa tra 55 e 64 anni che inciderà sulla necessità di rideterminare approcci innovativi,
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che giochino un ruolo chiave nel ripensare e riorganizzare le strutture della società, dei servizi
e del mercato del lavoro. Sarà dunque necessario adottare iniziative che consentano ai sistemi
produttivi di adattarsi a una forza lavoro anziana
con problematiche “geriatriche” che come minimo necessita di tempi di lavoro maggiormente
flessibili.
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sull’organizzazione del lavoro e dei tempi delle città. A sensibilizzare le aziende
è stata complice la crisi economica. In un
momento in cui le risorse sono scarse si è
creato spazio per iniziative a cura sia di
enti locali sia di associazioni di categoria
volte a promuovere la conoscenza di misure poco onerose per le aziende ma che
risolvono molti problemi di organizzazione del tempo.
Reinventarsi, in barba alla crisi
«Il lavoro non me lo danno, allora me lo trovo».
Nasce così Mamma Trovalavoro (www.mammaelavoro.it). Da un’idea di Alice Pallesi, giovane milanese di 44 anni, trasferitasi nel parmense che,
trovatasi senza lavoro, si è inventata un progetto
vincente. La maternità, un periodo di disoccupazione, grande verve e voglia di fare sono gli ingredienti che hanno dato vita a una ricetta di successo e che sta già avendo diversi riscontri positivi.
Come nasce questo progetto?
Dalla crisi. Parto da Milano, dove vivevo prima
della maternità. Lavoravo a Tiscali. Un impiego a
tempo indeterminato che ho lasciato per amore,
per il mio desiderio immenso di essere mamma
e per seguire mio marito a Collecchio, dove ho
dovuto ricominciare tutto. Dopo i primi anni dedicati alle mie due bambine, ho cercato di tornare
a lavorare, ma il mondo là fuori era già cambiato,
in poco tempo. Ricordo ancora come un incubo
la coda lunghissima e i tempi di attesa all’ufficio
di collocamento. Ma, a parte la crisi incalzante,
il mio problema era anche trovare un part time
che mi consentisse di conciliare le mie figlie con
il lavoro. La ricerca era ancora più difficile in un
mercato già così carente di offerte. Ma è nei
momenti più scuri che la fantasia e la creatività
emergono e ho pensato a me stessa, al fatto che
nessuno potesse aiutarmi. Ho iniziato a chiedermi se non fosse un bisogno di tutte le mamme in
quel momento, lavoratrici e non, avere supporto.
Mamma Trovalavoro nasce così, su un foglietto,
quello che ho usato per stilare la prima lista di
servizi indispensabili per una mamma, dalla consegna della spesa a casa alla babysitter, anche
last second. Un foglietto che è diventato un volantino, che poi ha preso vita su Facebook e che
oggi è un sito internet e, soprattutto, realtà.
In cosa consiste il progetto?
Nel creare rete fra chi offre servizi e chi ne ha
bisogno, un sistema di mutuo aiuto. Abbiamo
scavato per fare emergere una comunità di competenze e di relazioni che vivevano sul territorio
ma che si muovevano isolate. Mamma Trovalavoro si propone proprio come una piattaforma
di incontro di esigenze e risposte, con un target
che in realtà non è solo focalizzato sulle mamme ma si rivolge anche agli anziani, agli stranieri.
A tutti coloro che hanno bisogno di servizi. Attualmente abbiamo attivi: l’accompagnamento,
l’aiuto compiti, la rete di babysitter, la colf per
le famiglie, la cura degli animali domestici. Ma è
una crescita continua. Chi si rivolge a Mamma
Trovalavoro può farlo per entrare in rete come
lavoratore che offre la sua prestazione o come
utente in cerca di aiuto. Il tutto, questo è importante, in piena trasparenza e legalità contro il
“nero”. Fra i prossimi obiettivi, abbiamo in mente
proposte anche per le aziende, dalla babysitter
on demand al maggiordomo aziendale, o anche
i corsi di tempo libero in azienda, nella pausa
pranzo per andare incontro a chi fuori dall’orario
di lavoro poi non riesce a fare nulla.
In quanti siete?
Ho raccolto una squadra di amici e anche professionisti che partecipano attivamente al progetto e con tre di loro in particolare –Maria Rita
Cislaghi, esperta in pubbliche relazioni, Maria Pia
Carro, psicologa, Mariangela Di Gerlando, logopedista - abbiamo fondato l’associazione Mamma Trovalavoro. Poi c’è tutta la rete di lavoratori
che stanno aderendo e i professionisti che stiamo coinvolgendo, figure che possono consentire di dare risposte mirate, dal logopedista allo
psicologo, dal fisioterapista al veterinario.
È fiduciosa per il futuro?
Per portare avanti un’idea bisogna credere nei
propri sogni anche quando la crisi spaventa. Ci
vuole coraggio. Ma il coraggio viene anche dalla
risposta che hai. E devo dire che Mamma Trovalavoro, pur ancora “neonata” essendo operativa
da settembre 2013, ha incontrato condivisione
e riscontri che mi fanno sperare nella crescita
del progetto, anche fuori dal nostro territorio. Ci
siamo trasformati anche in cooperativa per allargare le possibilità di dare un’ampia gamma di
servizi. L’idea piace, le collaborazioni si ampliano e l’attenzione intorno a noi cresce. Diventare
imprenditrice di me stessa qualche anno fa era
per me un’idea lontanissima, ora rispondo alle
mail anche di notte quando le bimbe dormono
perché c’è tanto da fare ma con Mamma Trovalavoro riesco a gestirle. Essermi inventata un’occupazione che aiuta altre mamme mi regala ogni
giorno una soddisfazione impagabile.
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«Essere imprenditrice? Il miglior modo per conciliare lavoro
e famiglia»
Diventare imprenditrice per conciliare il lavoro
con la famiglia. È questa in sintesi la storia che
ci spinge oggi a visitare Maga Food e incontrarne la titolare, Marina Baroni. Quarantatre anni, la
voglia di fare e la grinta di chi sa dove andare,
sempre unite alla gioia di essere mamma.
Da dipendente a imprenditrice: un passo
quasi impensabile. Eppure… qual è la sua
storia?
Parte da lontano, quando lavoravo presso un’agenzia di promozione di prodotti alimentari, un
settore che mi ha appassionato. Con la nascita
di mia figlia, che adesso ha 8 anni, ho dovuto rivedere il mio impegno lavorativo cercando sempre una maggiore autonomia nella gestione del
mio tempo. A questo si univa anche una mia personale, crescente voglia di autodeterminazione.
Così, da dipendente sono diventata un’imprenditrice ed è stata la svolta. Una soluzione, una
strada che ho valutato in quel momento come la
più idonea a conciliare lavoro e famiglia. Da qui,
nel 2011, nasce Maga Food.
In breve, una descrizione di Maga Food.
La nostra azienda si occupa di vendita di prodotti alimentari italiani all’estero. I nostri clienti in
sostanza sono produttori, per i quali prendiamo
in carico i marchi per venderli in varie parti del
mondo. Prodotti diversi, dal tonno all’olio toscano fino alla bresaola.
Oggi, alla luce della crisi che stiamo vivendo, guardando indietro, farebbe la stessa
scelta?
Sì. E le dico: è un momento difficile, anche noi
ci lamentiamo, ma tutto sommato sta andando
bene, pur facendo, ne siamo consapevoli, sforzi
doppi rispetto al passato. Nei momenti di crisi
l’efficienza aziendale assume il suo massimo valore e peso, gli imprenditori più che mai devono
avere il coraggio di essere lungimiranti.
Fare impresa è una “soluzione rosa” che
consiglierebbe ad altre mamme? Quali
vantaggi e quali svantaggi?
Di fatto ho sempre pensato che la maternità per
Le azioni sui tempi di lavoro sono le più
utilizzate tra le varie misure di conciliazione, ma è anche vero che al loro interno spesso si privilegiano interventi di tipo
tradizionale, come la flessibilità dell’orario
in entrata e uscita e il part time. Ancora
poco utilizzate in Italia sono le azioni più
radicali come la banca delle ore, il telela-
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noi donne sia un vantaggio, ci aiuta ad essere
multitasking e, quindi, più propense degli uomini
alla gestione di varie problematiche contemporaneamente. Detto questo, non si fanno salti nel
buio. Per fare delle scelte imprenditoriali bisogna
avere le competenze, l’esperienza nel settore e
bisogna anche conoscere i propri limiti. La mia
storia è legata a un percorso lavorativo ben delineato - ho vissuto all’estero - e anche a un mio
modo di essere - ho avuto sempre un’inclinazione a mettermi alla prova. Sono una persona piuttosto decisa.
Qual è il segreto per conciliare la vita da
imprenditrice con il ruolo di mamma?
Per fare impresa sono fondamentali la determinazione, la costanza e anche il controllo di sé.
Soprattutto quando si è mamma. Un’imprenditrice riesce a conciliare la famiglia nel senso che
non è vincolata ad orari, ma in realtà non smette
mai di lavorare. Bisogna quindi saper assorbire lo
stress, non farsi travolgere dai problemi aziendali. Certo, importante è anche il sostegno morale
di chi ti sta accanto, l’aiuto che mi dà mio marito,
non solo con mia figlia, ma anche condividendo
e appoggiando le mie scelte. È indispensabile
per conciliare, e vivere serenamente, la dimensione professionale con quella famigliare.
Cosa suggerirebbe al governo in tema di
imprenditoria femminile e di conciliazione
vita-lavoro?
La situazione politica è disastrosa, sembra quasi
banale dirlo per quanto sia evidente e sotto gli
occhi di tutti: non c’è capacità nella classe politica. Chiederei più serietà e meno miopia, più
apertura mentale, prendendo esempio dall’estero. I Paesi scandinavi sono un modello al quale
ispirarsi e aspirare. Suggerirei senz’altro la massima semplificazione e la riduzione della burocrazia che ostacola la crescita. Per quanto riguarda
l’impresa femminile, il sostegno è d’obbligo, un
Paese dove le donne trovano soddisfazione nel
proprio lavoro e aiuti a conciliarlo con la vita famigliare è non solo civile, ma più forte.
voro, gli orari personalizzati e il job sharing. Sappiamo, infatti, che il problema
coinvolge tutti ma rimane soprattutto una
questione di genere. Sono strutturali le
debolezze relative alle condizioni di lavoro e alle difficoltà incontrate dalle donne
nell’ingresso e nella permanenza nel mercato del lavoro: in particolar modo quelle
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legate al gap e alla segregazione orizzontale e verticale di genere, alla precarietà
correlata alle problematiche attinenti la
maternità.
Nel nostro Paese, nel 2012 ci sono state
19.187 dimissioni consensuali, e di queste
18.454 riguardavano lavoratrici
madri. A Parma nel 2012 sono
Sempre più spesso state 162, ma nel solo primo trile lavoratrici madri mestre del 2013 erano già 60. I
sono costrette ad motivi sono sempre gli stessi:
abbandonare il mancata conciliazione, mancata
posto di lavoro concessione del part time, mancanza di posto al nido o costo
troppo alto del servizio, assenza
di parenti di supporto, ha spiegato in un
suo intervento la consigliera di parità, Aldina Bocchi, che ha rivolto poi un invito.
«Impegniamoci tutti per superare questa
situazione, perché siamo uno dei Paesi
europei più retrogradi nel riconoscimento
della parità di genere».
Save the children Italia ha pubblicato il
rapporto Mamme nella crisi che documenta quanto gli effetti della crisi abbiano colpito le donne e, in particolar modo,
le giovani mamme. L’ineguale distribuzione dei carichi di cura è uno dei principali fattori di esclusione o di marginalità
delle donne nel mondo del lavoro, e al
tempo stesso è anche una delle cause del
basso indice di natalità.
Marina Baroni, titolare
dell'azienda Maga Food
Che questo carico sia ancora oggi inegualmente distribuito è un dato inoppugnabile: sempre l’Istat rileva che le madri con
figli sotto i 15 anni, attive nel mercato del
lavoro, sono significativamente meno di
quelle senza figli (rispettivamente il 32,2%
e il 47,9%) e questo è vero per tutte le fasce d’età.
Diversamente accade per gli uomini, che
in presenza di un figlio manifestano, al
contrario, un maggior coinvolgimento nel mercato del lavoro a conferma del
tradizionale ruolo di fornitore principale
di reddito della famiglia: siamo lontani
dai lungimiranti pinguini. Risulta ancora rilevante il carico di lavoro svolto dalla
donna sul totale del carico familiare condiviso dalla coppia, anche se finalmente
la tradizionale asimmetria dei ruoli si va
progressivamente riducendo. Ce lo dicono
le cifre: nel 1989 il lavoro famigliare veniva svolto dalla donna per una percentuale
pari all'80% del carico, mentre nel 2009 si
arrivava al “solo” 72% (sono dati Istat dalla
rilevazione forza lavoro).
Era il 2002, quando al vertice di Barcellona venivano definiti chiari obiettivi per
l’offerta di servizi di childcare. Il Consiglio
europeo aveva deciso che gli Stati dell’Unione avrebbero dovuto rimuovere tutti
gli ostacoli alla partecipazione femminile
nel mercato del lavoro e fornire assistenza
all’infanzia entro il 2010 ad almeno il 90%
dei bambini tra i 3 anni e l’età di scuola
obbligatoria e almeno il 33% dei bambini
sotto i 3 anni.
Ma ancora oggi essere madre e lavorare
appare un difficile connubio: la maternità
rimane la principale motivazione d’abbandono dal lavoro per molte donne. È quasi
un paradosso per un Paese come l’Italia in
cui è quasi mitizzato il ruolo della madre
e si chiede poi alla stessa di accrescere la
presenza sul mercato del lavoro ma senza
fornire agevolazioni o supporto funzionale alla necessaria organizzazione. Ricordiamo che in Italia la normativa cardine
in materia è rappresentata dalla legge 53
dell’8 marzo 2000, la quale, oltre a introdurre i congedi parentali, ha focalizzato l’attenzione delle Regioni e degli enti
locali sull’importanza di riorganizzare i
tempi delle città e ha promosso la sperimentazione di azioni positive per la conciliazione sul luogo di lavoro, sensibilizzando in tal senso aziende e parti sociali.
Lo scorso anno, il 2013, in un suo inter-
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vento la stessa presidente della Camera,
Laura Boldrini, ha dichiarato: «Il vero
cambiamento ci sarà quando le donne saranno messe al centro della società. Quella
sarà la vera rivoluzione culturale».
Bibliografia e webgrafia
S. Cuomo, A. Mapelli, La flessibilità paga, Milano, Egea, 2012
www.savethechildren.it
www.politichefamiglia.it
Passione e dedizione, armi vincenti
In un’epoca in cui i cervelli sono sempre più in fuga
dal nostro paese, lei ha scelto la strada inversa: è
tornata in Italia e per fare impresa. Si chiama Maria Lamanna (nella foto), ha 32 anni ed è titolare
di un’impresa, Maria Lamanna bags, che produce
borse di pelle. Un prodotto artigianale e di qualità,
già entrato nel mercato di lusso e che le ha cambiato la vita, trasformandola da dipendente della
Camera di Commercio a imprenditrice. Una di
quelle svolte possibili solo quando la passione è
accompagnata dal talento.
Come le è venuta l’idea di produrre borse?
Forse un caso, forse è il destino. Sono andata via
dall’Italia anni fa, avevo 25 anni, ho lavorato per cinque anni in Sudafrica, alla Camera di Commercio.
Un lavoro sicuro. L’idea delle borse non ce l’avevo
neanche in mente, è nata un giorno mentre facevo
shopping, non trovavo una borsa secondo i miei
desideri e allora ho deciso di farmela da sola. L’ho
disegnata e creata. Ho iniziato così, giocando, e
ho scoperto non solo una passione ma anche una
capacità creativa. Le prime realizzazioni sono nate
tutte in Sudafrica, fin quando ho pensato che potesse diventare una produzione vera e propria. Ma
per farlo avevo bisogno di materiali di qualità e di
un sistema più organizzato alle spalle. Parma ha
una lunga tradizione nella pelletteria, ho capito che
rientrare mi avrebbe aiutato. Così è stato, nel 2012
ho trovato un’azienda, Gaffe, che cura già diversi
marchi di moda famosi, e ho deciso di lavorare con
loro mettendo in produzione le mie borse.
Una scelta coraggiosa in un momento di crisi.
Sì, ma la determinazione era forte e i riscontri sono
arrivati in poco tempo. Sono stata premiata come
migliore borsa in un concorso internazionale, una di
quelle competizioni che fanno da apripista e aprono contatti con i compratori, una visibilità enorme.
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Oggi, vendo anche negli Stati Uniti, così come nel
Regno Unito.
Imprenditrice in carriera e mamma, come riesce a conciliare tutto?
Ho un figlio di 3 anni, in più sono mamma single.
Dire che è facile, mentirei. La sede dell’azienda è
Parma ma appunto viaggio molto all’estero. Credo
però di fare la cosa giusta, il dialogo con i figli è
fondamentale, non sono “altro”, fanno parte anche
di questo. Il mio impegno penso sia di esempio per
lui, vedere una mamma che realizza un sogno, non
campato in aria ma con risultati tangibili, è dimostrargli che se si vuole qualcosa la si può ottenere,
con sacrifici e dedizione. È un bambino sensibile,
lo capisce, spesso dice orgoglioso che la mamma
ha vinto un premio. Conciliare è uno sforzo ma si fa,
conciliare significa anche che ogni minuto libero è
dedicato a lui, il weekend faccio sempre qualcosa
che ci possa far stare insieme, quando “si concilia”
con gli impegni lo porto con me all’estero. Ho un
aiuto da parte dei miei e della rete famigliare, un
supporto indispensabile, ma credo che la maternità non sia un ostacolo per le donne, io traggo
forza dal suo entusiasmo, lo sguardo che ha mio
figlio per le cose semplici mi riscalda il cuore, è
un’ispirazione.
Progetti per il futuro?
Sto lavorando in un settore difficile, dove frequenti
sono le imitazioni, ma ho creato un prodotto riconoscibile come stile, come marchio e come qualità.
Siamo stati contattati da Vogue Italia e inseriti in un
progetto di crowdfunding, wowcracy.com: è una
piattaforma dove i marchi di un certo livello mettono in vendita gadget a prezzi accessibili a tutti,
in questo modo gli utenti sostengono il loro brand
preferito. Poi, tra gli obiettivi prossimi, c’è l’ampliamento aziendale, stiamo puntando da gennaio a
diventare una srl.