Cinquecentomila posti. Ricetta Verde sul lavoro
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Cinquecentomila posti. Ricetta Verde sul lavoro
il manifesto martedì 9 febbraio 1993 capitale & lavoro •/ Le strade che portano a Roma MARCO CONTINI ROMA Le pause non sono ammesse. Reduci due giorni fa dal lancio della campagna «referendum+legge» per la democrazia sui luoghi di lavoro, i delegati dei Consigli unitari di Cgil, Cisl e Uil si sono rimessi all'opera per organizzare la manifestazione nazionale contro la manovra economica e per l'occupazione. L'appuntamento è per sabato 27, nella capitale, con un corteo che sfocerà a piazza San Giovanni, storico capolinea delle principali manifestazioni del movimento operaio. Una scelta, questa, che è anche un azzardo: quella piazza o la si riempie o è un mezzo disastro. Ma vale comunque la pena di rischiare. Dal punto di vista organizzativo, peraltro (oltre che dal punto di vista politico), i Consigli un bel risultato l'hanno già raggiunto, riuscendo a ottenere l'adesione alla manifestazione dei partiti della sinistra: Pds, Rifondazione, Verdi e Rete. Del lavoro già svolto, di quello ancora da fare e degli obiettivi della manifestazione, parliamo con Paolo Cagna, poligrafico, delegato del Corriere della Sera, uno degli animatori del movimento dei Consìgli. «Con i partiti - racconta - è stato più semplice di quanto io stesso II 27 la manifestazione nazionale dei Consigli suoccupazione e manovra economica. Parla PaoloCagna, delegato del «Corsero» non prevedessi: è bastato proporre la manifestazione e hanno accettato. Devo dire che abbiamo riscontrato uno spirito molto positivo da parte loro; le nostre parole d'ordine, per esempio, sono state accettate come base comune per tutti, nonostante che questo potesse comportare una rinuncia alle singole prerogative d'organizzazione. Detto questo ci sono arrivati anche contributi di merito: i Verdi, per esempio, hanno chiesto se eravamo disposti ad affrontare il tema dello sviluppo sostenibile, cosa che - pur essendo consapevoli del fatto che soprattutto in un momento di crisi la gente rischia di trovarsi davanti alla scelta drammatica tra posto di lavoro e tutela dell'ambiente ci ha trovati d'accordo». Nei loro pellegrinaggi, i delegati si sono rivolti anche ai sindacati; dai quali non hanno però ottenuto altrettanta disponibilità. «Noi - prosegue Cagna abbiamo chiesto un incontro a tutti e tre i sindacati confederali, cosa che del resto facciamo sempre perché da noi - contrariamente a quel che si dice - i Racalmuto (Agrigento): miniera occupata foto Tony Gentile/sintesi Cinquecentomila posti. Ricetta Verde sul lavoro PAOLO ANDRUCCIOLI in questo momento i paesi industrializzati perché qui da noi - più che in altri luoghi - abbiamo da affrontare una «irrisolta questione meridionale». E' più grave poi perché c'è più spreco di denaro pubblico ed esiste un'ampia fascia di evasione che ha contribuito a far crescere il debito e quindi ha assorbito risorse nel pagamento degli interessi (e più in generale una rendita finanziaria molto alta che ha depresso impieghi produttivi anche di nuova occupazione). C'è inoltre - dicono sempre i Verdi - una specifica incapacità di gestire «in maniera più efficace il mercato del la- ROMA I Verdi propongono un'altra ricetta per aggredire il problema dell'occupazione. Il loro schema tenta di andare oltre la contrapposizione che ha caratterizzato l'ultimo decennio: quella tra occupazione da una parte e ambiente dall'altra. Ieri, nel corso di un convegno dedicato all'argomento, è stata citata una posizione dei sindacati metalmeccanici che dovrebbe diventare il nuovo pun.to di riferimento culturale. «Nel lungo termine - scrissero i metalmeccanici Usa nel '90 - la vera scelta non è tra occupazione e ambiente. E' tutti e due o nesNei tempi lunghi non dovrà suno dei due». più esistere la contrapposizione Titolo del convegno dei Verdi: tra lavoro e ambiente. «Ruote dentate e Si dovranno garantire insieme fronde d'olivo». L'analisi presentata da Edo Ronchi (il convoro con squilibri costanti tra vegno si concluderà oggi) si baqualità della domanda e delsa prima di tutto su un giudizio l'offerta (il prevalere della racnegativo della manovra econo- comandazione sull'efficienza mica del governo e della crisi della pubblica amministrazioattuale, Bocciata la manovra di ne, la crisi del sistema scolastiAmato perché inutile e sbagliaco e formativo). ta nei presupposti (fa pagare alI ritardi e le disfunzioni del la gente il prezzo di un debito sistema italiano, uniti agli effetcreato su scelte politiche irra- ti della recessione mondiale sozionali e lobbistiche), i Verdi no precipitati tutti insieme nelsostengono che la crisi italiana la manovra economica che non è più grave di quella di altri risolverà nessuna questione. paesi. In particolare si tratta Per questo è necessario interdella crisi occupazionale più venire con piani alternativi. E grave tra quelle che affliggono cosi, dopo quello lanciato la scorsa settimana della Legambiente, ora i Verdi avanzano alcune proposte concrete per affrontare in modo nuovo il dramma occupazione e le questioni ambientali. Il piano - ha detto Edo Ronchi - prevede tre tipi di interventi: il freno all'esodo dall'occupazione esistente; un incremento dei livelli occupazionali esistenti; la creazione di nuovi posti di lavoro per consentire la mobilità da posto di lavoro a posto di lavoro e per consentire l'assorbimento della disoccupazione in particolare nei settori di interesse ecologico. Secondo Ronchi e Gianni Mattioli, sono 500 mila i nuovi posti lavoro che potrebbe offrire l'ambiente con una spesa nel triennio '93-'95 di 100 mila miliardi di lire di cui 30 mila miliardi per il '93. Ci sono già segnali incoraggianti, ha detto ancora Ronchi riferendosi ai 3.700 miliardi di investimento promessi dal ministro per l'ambiente per la creazione di 70.000 posti di lavoro «verde». Ma ora bisogna proseguire su quella strada. Secondo il piano dei Verdi, 50.000 nuovi posti potrebbero essere creati nelle aree protette, nella riforestazione, nell'icremento e la manutenzione del verde nelle città, nell'agricoltuta biologica e di qualità. Altri 100.000 posti potrebbe crearsi se si decidesse finalmente il risanamento e il recupero dei centri storici abinato ovviamente al recu- pero edilizio, usando una parte dei fondi ex Gescal. Altri 50.000 posti nel settore degli interventi antisismici nelle zone a più alto rischio e a partire dagli edifici più pericolosi. Ci sono poi 40.000 nuovi posti, soprattutto per i giovani, nel settore della valorizzazione e protezione dei beni culturali, nel turismo ecocompatibile, nella catalogazione e nel restauro. Ben ottantamila posti di lavoro potrebbero essere invece ricavati per effetto di una nuova politica energetica per interventi di risparmio nelle abitazioni e negli uffici di controllo e sostituzione degli impianti domestici ad alto spreco, di intervento sul ciclo energetico degli impianti produttivi. Insomma, in generale nel vasto settore della conservazione e dell'uso razionale dell'energia e per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Altri 30.000 posti di lavoro nei controlli ambientali da attivare a livello regionale e provinciale da finanziare attraverso un meccanismo tariffario applicato ai controllati. Cinquantamila posti servirebbero poi per un «non più rinviabile» potenziamento del trasporto pubblico comunale e per interventi di limitazione del traffico privato e dell'inquinamento delle città. Altri 40.000 posti di lavoro potrebbero essere creati con una nuova gestione dei rifiuti, sia urbani che industriali. Infine altri 30.000 posti nel settore delle acque. Per ottenere tutto ciò, cioè appunto 500.000 nuovi posti di lavoro, servirebbero 30.000 miliardi. I Verdi indicano anche la possibile «copertura» finanziaria di questi soldi. Il convegno si concluderà oggi con proposte di tipo operativo. Mirafìori stile Toyota, è scontro tra i sindacati PAOLO GRISERI TORINO La notte di Mirafiori agita Firn, Uilm e Sida mentre la Fiat spinge per realizzare la fabbrica a due velocità e la Fiom chiede tempo per convincere i vertici nazionali a non firmare il nuovo accordo sulle flessibilità. Lo scenario che fa da sfondo alla trattativa in programma domani tra corso Marconi e i sindacati non è rassicurante. L'unica certezza (ma non è più una novità) è quel che la Fiat chiederà. Buio totale invece sulle contropartite che verranno chieste, se verranno chieste, dalle sue controparti. Il piano di corso Marconi è ormai definito: una trattativa globale dovrebbe stabilire che esistono, tra i dipendenti dell'Avvocato, lavoratori pronti a effettuare qualsiasi orario di lavoro pur di mantenere il posto e lavoratori per i quali continuano a valere le vecchie regole stabilite dai precedenti contratti su orario e prestazione lavorativa. Ai primi verrà garantito il futuro occupazionale e verrà affidata la produzione dei nuovi modelli con cui «aggredire» il mercato. Ai secondi toccherà invece «subire gli effetti del calo della domanda» con una settimana o due di cassa integrazione al mese e la prospettiva di terminare anzitempo la carriera. Ai primi verrà chiesto di lavorare anche la notte, ai secondi di restare a ca- dalla prima/La Tipo e la Notte PIETRO INGRAO E B COME una nuova precarietà dell'operaio: non solo a motivo dell'incertezza del suo rapporto di lavoro, ma come nuovo colpo alla intoccabilità di alcune sfere sue proprie: una invasione di campo che si allarga. La notte è il silenzio. E' vero: si avvertono rumori, fischi lontani, voci brevi, e nelle città come un rombo di fondo. Via sono suoni che stanno dentro un silenzio. Chi può dire che il silenzio è un vuoto? Abbiamo bisogno del silenzio perché nasca la parola: quel raccogliersi dentro che è anche un ascoltare. Può darsi che non voli una mosca nel reparto dove si costruisce la Tipo. Ma non è il silenzio di cui stiamo ragionando: perché l'operaio è proiettato fuori di sé, nella logica di quel fare specifico, che è proprio di quella organizzazione macchinale. Ho letto sul manifesto che un operaio della Fiat Mirafiori, alla domanda se era disposto ad accettare il turno di notte ha risposto: «Dipende quali sono Je condizioni. Io guadagno 1.400 mila lire al mese: se faccio la notte quali contropartite mi da la Fiat»? Può essere che sia questa la risposta da dare. E poi l'operaio potrebbe dirmi: che vuoi da me se mi hai lasciato solo? Può darsi. E tuttavia la questione mi sembra di una simbolicità agghiacciante. Sento che entra in discussione un tema delicatissimo. Dubito che la cosa possa essere misurata solo e soprattutto in termini di salario o di contrattazione quantitativa. Entrano in campo soglie, zone cruciali della vita, che non si possono calcolare in ore in più o in meno. Ho resistito dentro di me - e nel dibattito con gli altri - a quelle posizioni culturali e politiche, che possono oscurare ciò che a noi moderni ha dato lo sviluppo straordinario della razionalità tecnologica del nostro tempo, con le sue sconvolgenti innovazioni. Non mi piacerebbe, quando sto male in salute, se mi venissero a mancare gli trurnenti che consentono di vedere, al millesimo, ciò che succede nel mio ventre, nel mio cuore, nel mio cervello (anche se la malattia mi appare una cosa più complicata). Non mi piacerebbe vedere accorciata la vita degli esseri umani, con un cammino a ritroso. Non mi piacerebbe tornare alla pellagra, alle carestie; e impallidisco quando vedo il volto dei bambini (occhi che guardano quasi da scheletri) colpiti dalla fame nel cuore dell'Africa. E mi piace molto potere andare in poche ore in America e in Asia; e anche che siamo stati capaci di atterrare sulla luna. Ma dobbiamo vedere bene quello che ne viene a noi e quello che perdiamo, appunto quale scambio (per stare nel linguaggio dell'epoca). Perché ciò che sta entrando in gioco è enorme; e riguarda beni essenziali quanto il pane. Non sto alludendo soltanto al disastro ecologico, cioè ad una minaccia in atto alle condizioni «fisiche» della nostra esistenza; che pure è problema grave. Parlo di altri beni che sono necessari alla nostra esistenza quanto il mangiare: affettività, immaginazione, comunicazione simbolica, linguaggi che vanno oltre la «ragione strumentale». Discutiamo se e quanto questi beni sono indispensabili alla vita dei moderni; e quale è il prezzo che si paga (stiamo pure a questo vocabolario) quando essi vanno perduti. Non si tratta di sfere separate: anzi, nel caso del lavoro notturno, vediamo che l'una invade di prepotenza le altre: le assorbe, le stravolge. E allora non è il caso di rifare i conti, ammesso e non concesso che certe perdite siano misurabili? So che alcuni a Torino dicono: contrattiamo l'accettazione del terzo turno in cambio di una riduzione dell'orario di lavoro. Mettiamo pure che vada così, e che la Fiat ci stia. Dubito che questo risarcirà la rottura del ritmo vitale. E soprattutto penso che una sostanziale riduzione dell'orario di lavoro non sarà raggiunta, se questa riven- dicazione non verrà collegata assai più nettamente ad una esaltazione del valore del tempo di vita, non solo come tempo della cura, ma anche io dico polemicamente - come ozio, nel significato più intenso di questo termine (non dicevano i poeti che la domenica è fatta per pregare?). So che l'uso di questa parola può apparire, in questo momento, ridicolo. Ma non dobbiamo avere paura di apparire (a taluni) ridicoli, perché la sfida in cui siamo oggi coinvolti è giunta a questi livelli. Può apparire assurdo un discorso del genere quando centinaia di migliaia di lavoratóri e di lavoratori, nella sola Italia, invocano oggi disperatamente di lavorare, mentre altri da altri continenti bussano alle porte: so che essi vedono nella perdita del posto di lavoro non solo un colpo pesante al loro reddito, ma un crollo della loro identità. E il paese stesso teme una grave retrocessione nella gerarchla delle nazioni capaci di reggere ad una competizione produttiva che è divenuta mondiale. Ma la questione è grande e attuale proprio perché siamo arriivati ad un tale punto, e la stretta è giunta a toccare tali nodi. E questo è ancora più vero se questi problemi hanno raggiunto - come dire? - una loro oggettività. Insomma: quanto più una mossa come quella della Fiat delegati di Cisl e Uil non sono ostaggi di quelli della Cgil. Purtroppo Cisl e Uil non ci hanno nemmeno risposto (anche se una novità importante è stata la riunione della Cisl lombarda con i suoi delegati). Con la Cgil alcune settimane fa ci siamo incontrati e abbiamo discusso, ma per quanto riguarda la manifestazione del 27 l'esito è stato un po' deludente: la segreteria, infatti, ha rimandato ogni decisione alla riunione del direttivo di fine gennaio, che però mi sembra non abbia sciolto il nodo della generalizzazione della lotta per l'occupazione». Già, le lotte: nelle prossime due settimane sciopereranno il Piemonte, la Lombardia, la Campania, la provincia di Reggio Emilia. Nel loro appello per la manifestazione de! 27 i Consigli promettono che lavoreranno per la riuscita delle mobilitazioni, ma non nascondono i loro dubbi per la frammentazione delle iniziative: «Bruno Trentin - racconta ancora Cagna - continua a ripetere in tutte le interviste che la politica economica del governo danneggia terribilmente l'indu- stria. Su questo siamo tutti d'accordo: ma allora, perché non se ne fa oggetto, in modo visibile, di una battaglia nazionale?». «Lo stesso vale per il decreto sul mercato del lavoro: quella legge avrà un effetto devastante, perché - per esempio con il salario d'ingresso - metterà il disoccupato (che può essere assunto a basso costo) in competizione con chi il posto lo deve difendere. Questo rischia poi di dare il via a un effetto a catena, perché il neo-assunto a salario ridotto avrà un trattamento previdenziale diverso dal mio, e dunque avrà bisogno, assai più di me, della previdenza integrativa. Insomma, si generano esigenze contrapposte e si distrugge la solidarietà proprio nel punto dove essa è sempre nata, cioè sul luogo di lavoro. Ecco: la Cgil su questo ha espresso critiche pesantissime, ma il decreto è passato e poi non si è fatto più niente». Vero. Ma forse, in questa fase, i Consigli esistono proprio per questo: per tenere in piedi un fronte di lotta, per riaprire varchi che sembrano chiusi. E per indire manifestazioni come quella del 27; alla quale, peraltro, non mancheranno - come non sono mancati in passato anche pezzi consistenti di sindacato. non sia dovuta solo ad una prepotenza di quel padrone; quanto più essa venga presentata come obbligata e «razionale»; tanto più la questione diventa grave e simbolica. Ci sono oggi, a sinistra, voci che sollevano il problema dei rapporti tra rendita finanziaria e mondo della produzione; ed è una questione reale. Ma la giusta lotta alle manovre ed ai privilegi della rendita finanziaria cancella forse il tema, attuale e stringente, delle nuove soglie a cui sta giungendo questa pratica de] produrre, e delle conseguenze che ne derivano circa la scala dei beni? Esistono non solo squilibri tra le monete, e tra la moneta e il produrre. Si stanno determinando terremoti nella relazione tra ambiti vitali, nell'equilibrio tra il «fare produttivo» e un altro «fare», che è anch'esso costitutivo della vita umana. E' strano che di questi squilibri sconvolgenti (da dove sgorga la violenza su cui si versano tante lacrime?) parli anche il Papa romano, e non la sinistra. Naturalmente è significativo anche che ministri della Chiesa romana gridino oggi contro il diritto della donna di essere libera nella sua decisione di concepire; e invece siano rimasti in prevalenza muti quando alle donne di Melfi è stata posta quella scelta ricattatoria tra intimità della vita e lavoro. sa sempre più spesso. Avremo così la fabbrica a due velocità: Mirafiori, come ogni altro insediamento Fiat, sarà separata da un muro invisibile. A Mirafiori 1 verranno concentrati i dipendenti che vogliono continuare a contrattare le pause produttive, le modifiche all'organizzazione del lavoro, i sabati di straordinario. A Mirafiori 2 troveranno posto invece i nuovi «giapponesi», costretti a turni 24 ore su 24, sempre disponibili a produrre e senza tante fisime per la testa perché il mercato aspetta i nuovi modelli. Il primo esperimento verrà compiuto sulle linee della Tipo B su cui la Fiat intende effettuare il terzo turno, quello notturno. Che cosa risponderanno i sindacati? Dai segnali delle ultime ore sembra di capire che si presenteranno all'appuntamento divisi. Ieri mattina Firn, Uilm e Sida hanno distribuito un questionario in tremila copie alle Carrozzerie di Mirafiori. La domanda centrale rivolta ai lavoratori è la seguente: «Ritieni utile che il sindacato sostenga l'uscita dei nuovi modelli contrattando la flessibilità degli orari e dell'utilizzo degli impianti in cambio di maggiori garanzie per l'occupazione e il mantenimento dei volumi produttivi?». La rubrica di Cuore «Parla come mangi» tradurrebbe probabilmente il quesito in questo modo: «Preferisci lavo- rare di notte o essere licenziato?». Sarà per questo che non c'è molta suspence intorno ai risultati del questionario. Sull'iniziativa si è invece aperta, durissima, la polemica. La Fiom è stata infatti deliberatamente esclusa dalla realizzazione del testo, forse perché al suo interno si sono levate voci critiche sul piano della Fiat. O forse perché la Fiom piemontese ha ribadito, anche nel comunicato emesso ieri sera, che <'la trattativa deve avvenire con l'impegno diretto dei delegati e dei consigli di fabbrica», bocciando dunque la strada indicata da corso Marconi per effettuare una trattativa-blitz con i soli dirigenti nazionali dei quattro sindacati. «Chi sceglie la strada della divisiono se ne assumerà tutte le responsabilità», ha minacciato ieri la Fiom del Piemonte. I rappresentanti dei metalmeccanici locali hanno annunciato che non parteciperanno all'incontro di domani e invitato i dirigenti nazionali a prendere semplicemente atto delle richieste della Fiat per poi discuterle in un seminario già programmato per il 23 febbraio. Ma è prevedibile che Fini, Uilm e Sida spingano per arrivare già in settimana a un accordo, magari sulla scorta del «sostegno» ottenuto tra i lavoratori con il questionario. Sulla flessibilità ci sarà un nuovo accordo separato alla Fiat? Per tutti gli abbonati di Roma e provincia che devono ricevere l'orologio di Cipputi: se volete averlo prima che vi venga spedito a casa, potete ritirarlo personalmente entro il 28 febbraio presso la sede dei Manifesto via Tomacelli 146 Ufficio Spedizioni scala A, terzo piano dalle 10 alle 14 dal lunedì al venerdì la talpalibri tutti i venerdì