l`esperimento di joule-thomson - Pagina di Benvenuto

Transcript

l`esperimento di joule-thomson - Pagina di Benvenuto
L'ESPERIMENTO DI JOULE-THOMSON
Durante la prima metà del diciannovesimo secolo, Joule tentò di misurare la
variazione di temperatura che si ha quando un gas si espande nel vuoto. Joule
progettò un esperimento per scoprire se i gas si raffreddano in espansione ed in caso
affermativo quanto.
L'apparecchiatura Joule consisteva di due bulbi di vetro collegati da un
rubinetto.
Figura1. Apparato di Joule - Thomson 1
Un bulbo di rame, quello A alla sinistra, veniva riempito con gas ad un certa
pressione P e temperatura T ed isolato da un altro bulbo B contiguo, preventivamente
svuotato, mediante una valvola V di regolazione. Ambedue i bulbi erano immersi in
un bagno di acqua dotato di un termometro sensibile. Dopo che l'equilibrio termico
era stato raggiunto, previo opportuno rimescolamento (vedi mulinello sulla destra), la
valvola V veniva aperta consentendo al gas in A di espandersi nel bulbo B adiacente.
Joule non rilevò nessun cambio in temperatura e pertanto q = 0 ossia
l'esperimento avveniva in condizioni adiabatiche. Poiché il gas si espandeva contro
pressione nulla non veniva eseguito nessun lavoro ossia w = 0. Essendo, quindi, q =
0 e w = 0 è chiaro che, allora, ΔU = q + w = 0. Il processo avviene ad energia
interna U costante.
Chiaramente, ΔV ≠ 0 perché il gas espandendosi ha riempito entrambi i bulbi.
La domanda era: la temperatura T cambia? Il cambio ΔT venne misurato pari a
zero ovvero nessun cambio termico. (In effetti l'esperienza di Joule era
sufficientemente rozza in modo da non poter rilevare la differenza tra un gas ideale e
gas reale cosicché le conclusioni che si traggono da questo esperimento si applicano
solo ad un gas ideale.)
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 1
In effetti Joule cercava di misurare la variazione di T rispetto a V mantenendo
l'energia interna U costante ossia si prefiggeva di conoscere sperimentalmente la
derivata parziale (
)
ed il risultato osservato fu (
) = 0
implicante, data la relazione (
) = (
) (
) , che
(
) = 0 ossia che l'energia interna U è indipendente dal volume (e perciò
dalla pressione) a temperatura costante. Il suo apparato di misura non era molto
sensibile avendo una capacità termica grande rispetto a quella dell'aria e non fu in
condizione di rilevare, come s'è detto, nessun cambiamento di temperatura T
all'interno dell'intervallo di errore delle misure. In realtà (
)
0 dato che
il gas nel bulbo A si scaldava leggermente e quello che veniva espanso in B era in
qualche modo più freddo e quando l'equilibrio termico era finalmente raggiunto il gas
si trovava ad una temperatura leggermente differente rispetto a quella anteriore
all'espansione. Risultando, pertanto, (
)
si ha, conseguentemente,
che (
)
0.
È soltanto quando la pressione gassosa, prima dell'espansione, viene
progressivamente ridotta che il cambio di temperatura diminuisce progressivamente
finché l'effetto si annullerebbe come la pressione, al limite della sua fase di riduzione,
si azzera. In tal caso U sarebbe indipendente dal volume ossia U = U(T) ma questo
è il caso del gas ideale e non del gas reale con U = U(T,V) per il quale il risultato
dell'esperimento di Joule non risulta valido.
Lo studio della dipendenza dell'energia e dell'entalpia di gas reali dal
volume (pressione) fu fatto da Joule in collaborazione con Thomson seguendo
una procedura differente. Essi consentirono al gas di espandere liberamente
attraverso un setto poroso. Questo è un processo irreversibile ma le considerazioni
termodinamiche si applicano a questo sistema semplicemente considerando lo stato di
equilibrio iniziale e finale prima e dopo l'effettuazione del processo. Per studiare
l'espansione gassosa attraverso il filtro costituito dal setto poroso ci focalizzeremo su
una determinata massa di gas. Si può considerare questa massa di gas come racchiusa
tra due pistoni mobili immaginari (infatti sono tratteggiati in figura) tali da mantenere
le pressioni P1 e P2 costanti.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 2
Figura 2. Principio dell'apparato di Joule-Thomson
Come si mostra in Fig. 2 il gas si espande dalla pressione P1 alla pressione P2
mediante l'azione di strozzamento dovuta al setto poroso. L'intero sistema è
termicamente isolato ossia cilindro e pistoni sono supposti impermeabili al calore; in
tal modo non si permette al sistema di ricevere o perdere calore cosicché l'espansione
avviene eseguendo una trasformazione adiabatica, a cui corrisponde
q=0
Al gas viene consentito di fluire con continuità attraverso il setto poroso, e
quando si raggiungono le condizioni di stazionarietà le temperature gassose, prima e
dopo l'espansione, T1 e T2, vengono misurate con termocoppie sensibili. Si
verificherà che l'espansione del gas avviene ad entalpia costante. Si consideri
l'espansione d'una massa determinata di gas attraverso il setto poroso.
Nell'esperimento realizzato da Thompson e da Joule (1852) le porosità erano di
dimensioni abbastanza grandi rispetto al libero cammino medio molecolare, tali da
consentire al gas di passare attraverso il tampone come in un normale flusso, anziché
in un processo di diffusione; nello stesso tempo però erano sufficientemente piccole
da far sì che l'elevata resistenza viscosa incontrata dal gas ne riducesse l'energia
cinetica a valori trascurabili.
Il gas occupa un volume V1 a pressione P1 ed a temperatura T1 prima
dell'espansione ed un volume V2 a P2 e T2 dopo l'espansione. Qual è il lavoro fatto
durante questo processo? La compressione del pistone immaginario a lato sinistro
fornisce un lavoro (eseguito dall'area circostante del sistema) equivalente a
─ P1
dove
= - V1 o wSX = + P2 · V2
Similmente, l'espansione del pistone immaginario a lato destro fornisce un lavoro
sull'ambiente circostante da parte del sistema pari a
─ P2
dove
= V2 ─ 0 = V2 o w DX = ─ P2 · V2
Il lavoro fatto sul sistema gassoso durante l'espansione è allora
w = wSX + wDX = + P1·V1 ─ P2·V2
Essendo il gas separato da qualunque fonte di calore non può assorbirne nessuna
quantità per convertirlo in lavoro. Questo deve provenire dall'energia interna del gas
U cosicché questa diminuisce e dato che U è funzione di T ciò significa che la
temperatura del gas deve diminuire.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 3
Il cambio complessivo in energia interna del gas durante l'espansione
adiabatica è allora
ΔU = q + w = 0 + w = + w
ΔU = P1·V1 ─ P2V2 = U2 ─ U1
0
Il processo non avviene ad energia interna U costante. Riordinando si ottiene
U2 + P2V2 = U1 + P1V1
ma ricordando la definizione di entalpia
H = U + PV
si ha
H2 = H1
Questa è perciò un'espansione isoentalpica e l'esperimento misura direttamente
il cambio in temperatura d'un gas con la pressione ad entalpia costante che è
denominato il coefficiente di Joule-Thomson µJT
µJT = (
=
H
Per un gas ideale dato che il processo è isoentalpico si può scrivere
(
ma
(
) =(
) =
)
+ P·V))/
) = ─ Cp µJT
(
=(
) +
/
quindi (
) = (
) = 0 dato che per un gas ideale, come s'è
detto, H ed U sono funzione di T soltanto. Essendo la capacità termica Cp non nulla
a pressione costante, il coefficiente di Joule-Thomson dev'essere nullo per un gas
ideale.
Essendo µJT = 0 per un gas ideale, dove non esistono interazioni molecolari a
differenza che nel gas reale, non c'è alcun effetto Joule-Thomson. Si conclude,
quindi, che suddetto effetto dipende dall'interazione molecolare.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 4
Il coefficiente µJT per un gas reale è diverso da zero. L'espansione gassosa implica
un cambio di temperatura ΔT dipendente dai cambi in energia cinetica direttamente
influenzati dalle condizioni di strozzamento ossia dalla struttura porosa del setto ma
anche dalla natura non ideale del gas ossia dalle interazioni molecolari come già
evidenziato.
T2
Un gas reale può riscaldarsi o raffreddarsi. Facendo riferimento alla Fig. 2
T1 ed, in certe condizioni, è più alta ed in altre è più bassa. Ricordando la
relazione µJT =
(
nella fase di espansione ΔP è negativa e perciò un
valore positivo per µJT corrisponde, in quella fase, a raffreddamento e viceversa.
Si fa notare, aspetto non sempre sottolineato in letteratura, che mentre
l'entalpia H rimane invariata nell'espansione di Joule-Thomson, per sua natura
processo isoentalpico, non si può dire lo stesso per l'entropia S: la variazione di
entropia
associata all'espansione del gas dev'essere maggiore di quella
associata alla riduzione della sua temperatura, altrimenti il gas non fluirebbe
attraverso il setto poroso.
Esaminiamo, ora, suddetto comportamento fisico per i gas reali.
Se viene eseguito un esperimento di Joule-Thompson, le coppie
corrispondenti di valori di pressione e temperatura, cioè P1 e T1, P2 e T2, P3 e
T3, ecc. determinano un numero di punti sul diagramma pressione-temperatura
come nella Fig. 3a e dato che H1 = H2 = H3 ecc., l'entalpia è la stessa in tutti
questi punti ossia unendo tutti questi punti si ottiene una curva ad entalpia
costante (Fig. 3a).
Un tale grafico di T rispetto a P è chiamato curva isoentalpica e la sua
pendenza è fornita dal coefficiente di Joule-Thompson
µJT = (
H
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 5
Si noti che questa curva non rappresenta il processo eseguito dal gas nel
passaggio attraverso il setto poroso, dato che il processo è irreversibile ed il gas non
passa attraverso una serie di stati di equilibrio. La temperatura e pressione finale
vanno misurate ad una certa distanza dal setto poroso in modo da consentire
l'annullamento di disomogeneità presenti nel flusso, ed il gas passa da un punto
presente sulla curva ad un altro mediante un processo irreversibile.
Il coefficiente µJT dell'effetto Joule-Thomson è importante nella
liquefazione dei gas perché indica se un gas si raffredda o si riscalda durante
l'espansione. Va sottolineato che questo coefficiente è una funzione decrescente
della temperatura ed assume il valore nullo quando passa per la Temperatura di
Inversione (TINV). Per liquefare un gas mediante l'effetto Joule-Thomson il gas
dev'essere raffreddato sotto la Temperatura di Inversione.
Eseguendo altre serie di esperimenti, mantenendo invariate la pressione e
temperatura iniziale in ciascuna serie, ma variandole da una serie all'altra, si
può ottenere una famiglia di curve corrispondenti a diversi valori di H. Una tale
famiglia viene mostrata in Fig. 3b che è tipica di tutti i gas reali.
Se la temperatura non è troppo elevata le curve passano attraverso un massimo detto
punto d'inversione. La pendenza d'una curva isoentalpica in qualsiasi punto è
(
H
e nel massimo della curva, o punto d'inversione, vale µJT = 0.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 6
La curva di inversione rappresenta i punti del diagramma P-T per i quali il
coefficiente di Joule-Thomson µJT è nullo e separa le due zone in cui la temperatura
cresce (coefficiente negativo) o decresce (coefficiente positivo) al diminuire della
pressione. Sotto questa curva il raffreddamento del fluido avviene per
espansione.
Si noti che, al disotto di una certa temperatura (Temperatura massima
d'inversione TINVMAX), le curve isoentalpiche presentano un massimo; questo
significa che, se ci si mette inizialmente alla pressione e temperatura
corrispondenti al massimo di una delle isoentalpiche e si sottopone il gas a
un'espansione di Joule-Thomson, la temperatura diminuisce. A questo ci si
riferisce quando si afferma che normalmente un gas si raffredda nell'espandersi.
Quando si utilizza l'effetto Joule-Thompson nella liquefazione dei gas per
espansione, è evidente che devono scegliersi condizioni tali da portare alla
diminuzione della temperatura. Ciò è possibile soltanto se temperatura e pressione
iniziale si trovano all'interno della curva d'inversione. Allora una caduta di
temperatura sarebbe prodotta nell'espansione dal punto a al b e poi a quello c, ma un
rialzo di temperatura avverrebbe nell'espansione da d a e, punti esterni alla curva
d'inversione.
Non è scontato che qualsiasi gas con µJT = 0 sia ideale; da quanto detto prima risulta
ovvio che i gas reali hanno molte temperature a cui µJT = 0 .
Sotto si presenta un grafico del coefficiente di Joule-Thomson per vari gas a
pressione atmosferica.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 7
Tanti gas a temperatura ambiente e pressioni moderate si trovano all'interno
dell'area di "raffreddamento" della Fig. 3b; va notato che idrogeno ed elio presentano
un comportamento anomalo avendo una temperatura d'inversione ben al di sotto della
temperatura ambiente, ed a quella ambiente si comportano come nella trasformazione
da d ad e, cioè nell'espansione si riscaldano.
Vediamo di comprendere i meccanismi fisici in gioco. Quando un gas si
espande la distanza media tra le sue molecole aumenta. Data la presenza di forze
attrattive intermolecolari, l'espansione causa un aumento di energia potenziale
del gas. Se non viene estratto lavoro dal sistema durante il processo di
espansione ("espansione libera") e non viene trasferito calore, l'energia totale
del gas rimane la stessa per la conservazione dell'energia. L'aumento di energia
potenziale produce quindi una diminuzione dell'energia cinetica e quindi una
diminuzione di temperatura del gas. Un altro meccanismo ha invece effetti
opposti: durante le collisioni tra le molecole del gas, l'energia cinetica viene
temporaneamente convertita in energia potenziale. Mentre la distanza
intermolecolare media aumenta, c'è una diminuzione del numero di collisioni
per unità di tempo, che causa a sua volta una diminuzione dell'energia
potenziale media. Dato che l'energia totale viene conservata questo comporta un
aumento dell'energia cinetica (e quindi della temperatura). Dentro la curva di
inversione Joule-Thomson, il primo effetto (lavoro interno fatto contro le forze
attrattive intermolecolari) domina e l'espansione libera causa una diminuzione
della temperatura. Fuori dalla curva di inversione prevale il secondo effetto
(diminuzione dell'energia potenziale associata alle collisioni) e l'espansione
libera provoca un aumento di temperatura.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 8
CALCOLO DEL COEFFICIENTE DI JOULE-THOMSON
E' spesso necessario esprimere il coefficiente di Joule – Thomson in termini di
altre derivate parziali. Essendo l'entalpia una funzione dipendente dallo stato del
sistema ossia dalla temperatura e dalla pressione cioè H = H(T,P), possiamo scrivere
il differenziale totale come
Nell'esperimento di Joule-Thomson H = Cost cioè dH = 0 e, quindi,
riordinando l'espressione precedente uguagliata a zero si ottiene
ma (∂H/∂T)P , derivata parziale entalpica, costituisce Cp, capacità termica a
pressione costante. Tenendo presente che in un sistema chiuso dU = dQ – dw dove
dw è il lavoro fatto dal sistema ed, inoltre, facendo il differenziale dell'entalpia H =
U +PV, si ricava dH = dU + d(PV) ma dU = dQ – dw = Tds –PdV essendo
un processo reversibile e quindi dH = dU + d(PV) = Tds –PdV + PdV +VdP =
TdS +VdP da cui (∂H/∂P)T = T (∂S/∂P)P + V ; infine, per la relazione di
Maxwell applicata al differenziale dell'energia libera di Gibbs dG = d(U-TS +PV)
= VdP – SdT, si ottiene (∂S/∂P)T = (∂V/∂T) P .
Sostituendo questo risultato nell'espressione equivalente del differenziale
dell'entalpia H rispetto alla pressione con T costante si ottiene
=V─
(
Allora
µJT =
Per un gas reale
può ottenersi da qualsiasi equazione di stato
come si mostra qui di seguito con l'equazione di Van der Waals.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 9
EQUAZIONE DI STATO DI VAN DER WAALS
L'equazione di stato di Van der Waals per una mole di gas reale è la seguente
) (V – b) = RT
(P +
dove le costanti a e b, sempre positive, dipendono dalla natura del gas. Il termine
correttivo
tiene conto delle forze di attrazione tra le molecole che tendono a
tenerle più lontane dalle pareti facendo diminuire la pressione sulle stesse,
diminuzione proporzionale al numero di coppie di particelle presenti ossia ∝ n2
mentre b fa riferimento al volume materialmente occupato dalle molecole di una
mole di gas (covolume), ossia (V-b) è il volume "libero" e questo parametro la fa
aumentare.
A basse temperature le interazioni tra le molecole possono risultare
significative rispetto all’energia termica e pertanto il termine a diviene importante
mentre ad alte temperature, invece, diventa significativo il termine b in quanto
l’energia termica diviene più grande rispetto ad ogni interazione.
Suddetta equazione per i gas reali nella forma standard può essere riscritta,
dopo aver moltiplicato i termini tra parentesi e riordinando, in modo da ottenere PV
in funzione delle altre grandezze
PV = RT
bP
dato che a e b sono piccoli e
Il tutto può riscriversi trascurando il termine
sostituendo il termine
con
V=
nella forma indicata sotto
–
b
Differenziando l'espressione rispetto alla temperatura T con P, pressione,
mantenuta costante si ottiene
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 10
−V=
Sostituendolo nell'espressione
µJT =
–b
si ottiene
µJT =
Questa equazione non si presenta in modo semplice ma viene trattata dai teorici
guardando le condizioni estreme. A temperature T tendenti a zero il termine
diventa molto più grande di b, il quale può, pertanto, essere trascurato. Si ha, quindi,
, espressione
come risultato il coefficiente di Joule-Thompson
positiva dato che ogni termine ivi presente è positivo. Ciò si accorda con
l'esperimento.
Un coefficiente di Joule-Thomson positivo significa raffreddamento a
temperature molto basse.
Ad alte temperature il termine contenente T a denominatore va a 0 e si ha
pertanto
µJT =
Risultato che concorda con l'esperimento dato che è negativo, il che significa
riscaldamento. Si noti che il termine con il coefficiente a è scomparso, rimanendo
solo b. La misurazione del coefficiente di Joule-Thompson permette la ricostruzione
della funzione di stato dei gas ed è essenziale nella progettazione delle pompe di
calore.
PROCEDURA SPERIMENTALE
L'apparato di Joule-Thomson viene mostrato nella Fig. 3. Dato che il setto
poroso abbisogna d'un tempo piuttosto lungo per arrivare ad uno stato termico
stazionario, il gas sarà acceso circa due ore prima dell'inizio del laboratorio per
garantire che la differenza di temperatura attraverso il setto poroso ha raggiunto un
valore costante. Ciò è indicato dalla costanza della f.e.m. tra i cavi della termocoppia.
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 11
Fig 3. Apparato di Joule-Thompson
1) Per usare e far funzionare il manometro digitale, c'è bisogno di circa 5 minuti.
In primo luogo, bisogna attendere circa 90 secondi per andare a 780 Tor, poi
azzerare premendo e tenendo premuto il tasto zero sul manometro per 2
secondi.
2) I valori cambieranno per alcuni secondi, ma, in questo caso, non è un grosso
problema. In secondo luogo, dopo l'azzeramento, ci sarà da regolare il valore
desiderato di pressione aprendo la valvola a spillo sulla bombola del gas
MOLTO LENTAMENTE ed operando un controllo della pressione ad un
valore di circa 250 Tor e prendendo la lettura col voltmetro scollegato
3) Si prendano le letture come descritto sopra a intervalli di 5 minuti finché
quattro letture (f.e.m., ∆P) non mostrano differenze significative (cioè senza
derive sistematiche).
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 12
4) Si faccia la media delle quattro letture e le si assegni il limite dell' intervallo di
confidenza.
5) 4) MOLTO
LENTAMENTE (per circa 90 secondi) si aumenti la
differenza di pressione, ∆P, di circa 100 Tor ai capi del setto poroso aprendo
molto lentamente la valvola a spillo sulla bombola del gas. Si inizino a
prendere dei valori 5 minuti dopo che è stato fatto il cambio di pressione e poi
via via ad intervalli di 5 minuti fino a quando, come prima, quattro letture non
mostrano una differenza significativa. In questo modo si ottengono 8 punti
sperimentali. Utilizzando il grafico di taratura si calcola ∆T, il cambio di
temperatura attraverso il setto poroso.
CALCOLI
Per ciascun punto si determinino i valori medi di ∆P e ∆T. Si determinino le
indeterminazioni nei valori di T e P e si tracci un grafico di T rispetto a P
racchiudendo ciascun punto in una casella d'indeterminazione. Si tracci la linea che
meglio si adatta ai suddetti punti sperimentali e se ne determini la pendenza. Si
disegnino, anche, le linee aventi pendenze massime e minime. Si calcoli quindi la
pendenza m e l'intercetta b per la linea applicando il metodo dei minimi quadrati al
foglio elettronico dei dati.. Infine si calcola m e b e si confronta il tutto con
l'analisi effettuata graficamente.
Dalla pendenza si determini il coefficiente di Joule-Thompson, µJT, in °C/atm.
e l'indeterminazione ±µJT. Si calcoli il coefficiente di Joule-Thompson µJT per il
gas dall'equazione di stato di Van der Waals utilizzando l'equazione
µJT =
Sotto si riportano i valori delle costanti a e b relative a biossido di carbonio,
elio ed azoto dall'equazione di Van der Waals
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 13
Valori delle costanti (in unità MKS)
CO2
He
N2
Van derWaals
a(j m3mole-2)
b(m3 mole-1)
CP (joule mole-1deg-1)
0.364
3.457x 10-3
0.141
4.267 x 10-5 2.370 x 10-5 3.913 x 10-5
37.085
20.670
26.952
N.B. 1 atm / 760 mm Hg /760 Torr/ 101.32 kPa.
ROBERTO GIARDELLI
L'esperimento di joule-thomson
- Pagina 14