Perché la storia. Itinerari di ricerca - LED
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Perché la storia. Itinerari di ricerca - LED
Rumi-fronte-426-9.qxd 24-11-2009 16:25 Pagina 1 Giorgio Rumi Perché la storia Itinerari di ricerca (1963-2006) a cura di Edoardo Bressan e Daniela Saresella Introduzione di Enrico Decleva * Introduzione Più d’uno l’ha rilevato, parlando della sua opera e del suo impegno, al l’indomani della prematura scomparsa, avvenuta il 30 marzo 2006: Gior gio Rumi non amava la definizione di «storico cattolico» con la quale era invece non di rado presentato dai media, soliti chiedergli pareri e punti di vista e portati, per consuetudine, ad etichettarlo in quel modo. Certamente non è in discussione l’aggettivo e quello che, con riguar do alle sue convinzioni, vissute in chiave sempre discreta e riservata, esso indica: un aggettivo al quale va in ogni caso accostata l’ulteriore qualifica, inscindibile e alla quale teneva molto, di «liberale». È un fatto, d’altro canto, che non poca parte dei suoi studi, delle sue riflessioni, dei suoi tanti interventi, ha riguardato aspetti, momenti, figure del mondo cat tolico, ecclesiastico e laico. E ciò nella convinzione che, dopo l’unifica zione nazionale, per il modo con il quale era avvenuta e per le eredità che essa aveva lasciato, quella cattolica fosse la questione cruciale per la vita del Paese. Ma altro rimanevano pur sempre le tematiche prescelte, e i motivi e le occasioni che avevano presieduto alla loro individuazione, altro il metodo, l’attitudine intellettuale, l’idea di fondo circa la funzione della storia, e quindi dello storico, nella cultura e nella società contem poranea. Tra i due aspetti si ponevano dei nessi, naturalmente, e tanto più con riferimento alla cattolicità al cui interno egli si collocava e sulla quale ha tanto (ma non esclusivamente) lavorato. Nella sua ottica, era in ogni caso lo storico, nello svolgimento del suo mestiere specifico e nell’individuazione dei risultati ai quali giungeva e di cui dava conto, a fornire elementi non scontati di riflessione. Anche quando, a partire dal la metà degli anni ’80, si è trovato a collaborare, con un ruolo di rilievo, anche fortemente propositivo, al più importante e autorevole organo di stampa della cattolicità, la formula da lui preferita è stata, non a caso, 12 introduzione quella delle «letture storiche», dei commenti cioè agli eventi e al «volgere delle situazioni» condotti nella scia e nella prospettiva dei loro retroterra temporali, ricavando in primo luogo da lì l’indicazione dei loro significa ti. Fermo restando che «avere senso nella storia» non significava «essere determinati passivamente dalla storia stessa» 1. Ma considerando altret tanto indubitabile che «il passato non può ridursi ad oggetto di consumo: al contrario parla, incide e conta per il nostro tempo» 2. Perché la storia: nasce da qui, da quello che si può a buon diritto considerare l’elemento unificante e ispiratore del suo impegno, il titolo dato a questa raccolta di numerosi suoi scritti dispersi in molte sedi e me ritevoli di venire radunati e riproposti, con la quale la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli Studi di Milano, presso la quale ha operato per oltre un quarantennio, e il Dipartimento di Scienze della storia e del la documentazione storica intendono ricordarlo e onorarlo. Un titolo suo (il relativo pezzo è stato incluso nell’ultima parte), emblematico, appunto, nella mancanza del punto interrogativo finale, del suo sentire di fondo. Per Rumi non costituiva un dubbio, ma una certezza: della storia (della storia: non dell’agiografia e dell’apologetica o del loro contrario) non si può fare a meno, e simile convinzione l’ha accompagnato, come il lettore potrà rendersi conto, lungo tutto il suo operoso itinerario, dalla metà degli anni ’60 del secolo scorso – gli anni degli esordi, dei primi studi e dei primi riconoscimenti, quando poteva sembrare che nulla inficiasse il ruolo e l’importanza della storia e, con seguentemente, di chi vi si dedicava – fino ai tempi successivi e alla cre scente e infine inequivocabile messa in dubbio delle antiche sicurezze e dei conseguenti ruoli. Lo constatava egli stesso nei tardi anni ’80: «Torna con crescente frequenza sui media, o nei giudizi di alcuni opinion makers del nostro tempo, la formula della crisi, anzi della fine o addirittura della morte della storia» 3. Ma non era a questo che ci si doveva rassegnare. E il suo lavoro è, e resterà, lì a ricordarcelo, a ribadire il significato non surrogabile di una funzione intellettuale e culturale esercitata con convin zione e coerenza, evitando mode, strumentalizzazioni, luoghi comuni. Il contesto, negli anni dell’esordio, rispetto al quale impostare e co struire il mestiere al quale aveva deciso di dedicarsi, presentava elementi di evidente ambiguità. Erano gli anni in cui si rendevano disponibili con liberalità gli enormi giacimenti documentari dell’Archivio centrale dello Stato, affidati (come non ricordarlo con gratitudine?) alla vigile e genero 1 G. Rumi, Tempi di guerra, attese di pace. Letture storiche da «L’Osservatore Romano» (1984-1998), a cura di P. Gheda, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999, p. 18. 2 Ivi, p. 78. 3 Un senso per la storia, oggi, in questo volume, p. 905. introduzione 13 sa cura di Costanzo Casucci e dei suoi collaboratori; gli anni in cui (fino alla disastrosa alluvione del novembre 1966) si poteva attingere in gran copia, senza le formalità e i pur comprensivi vincoli dei tempi successivi, alle ricchissime e praticamente intonse collezioni di periodici e quotidiani della Biblioteca nazionale di Firenze. Per non dire dei tanti altri fondi archivistici e bibliografici che si rendevano accessibili a livello locale o ad opera di istituti specializzati. Le voci e le testimonianze, fatti salvi i vincoli di legge sui limiti tem porali per la consultabilità delle carte, sembravano insomma tutte, o qua si tutte, a disposizione, in una sorta di presa diretta dalla quale attingere a piene mani. Chi, dei laureati nei primi anni ’60, si è iniziato in quella stagione agli studi di storia contemporanea, non può non ricordarla come una sorta di progressiva ed entusiasmante scoperta di territori sconosciuti o poco noti, sui quali avevano, certo, cominciato a lavorare i maestri della generazione passata e sui quali si erano già inoltrati da qualche tempo con profitto, e aprendoci in vario modo la strada, gli studiosi, più anziani di noi d’una diecina di anni, usciti dalla scuola di Federico Chabod e del napoletano Istituto di studi storici. Ora essi si schiudevano anche ai nostri sguardi, consentendoci di verificare quanto dei ricordi e delle me morie dei protagonisti o dei primi tentativi di mettere a fuoco gli eventi del Novecento reggesse alla prova dei documenti e delle testimonianze dirette, e quanto, invece, di nuovo e di significativo andasse inserito nei circuiti, in via di rapidissimo ampliamento, delle informazioni e delle co noscenze. C’era anche, a dire il vero, chi ammoniva a non lasciarsi troppo irre tire da quella sovrabbondanza di carte inedite e a non dimenticare che la comprensione del passato era e restava legata, in primo luogo, all’intel ligenza e alla penetrazione dei problemi e delle questioni che l’avevano caratterizzato e che solo avanzando proposte e sollecitazioni a quel livel lo – e magari continuando a riflettere di più sull’«edito», cioè sulle que stioni e sui nodi irrisolti o da riconsiderare, anziché lasciarsi sommergere dalla ridondanza di una documentazione archivistica troppo spesso fine a se stessa – la storiografia poteva trovare, o mantenere, capacità e forza per interloquire. In ogni caso, il problema di ricondurre a un’interpretazione coerente l’ampia messe documentaria si poneva. E, a questo livello, i punti di rife rimento non erano così sicuri. In effetti, accadeva che, su quel piano, ci si affidasse non di rado a moduli e schemi che attestavano le forti e per sistenti connessioni della storia contemporanea e di chi la coltivava con il quadro politico e partitico. Lo spirito di appartenenza incideva sia nella scelta dei temi (la ricerca, in sostanza, in particolare nel caso dei partiti, dei rispettivi antenati), sia, e più ancora, nella loro trattazione e nei giu 14 introduzione dizi di valore che ne discendevano e che risultavano conseguentemente spesso funzionali a scelte e prospettive in realtà emerse solo in seguito. Il senno del poi (non di rado proiettato in ipotesi per il futuro tutt’altro che scontate e destinate a risultare a loro volta smentite dalla realtà a venire) determinava non poca parte dei giudizi e delle valutazioni retrospettive. E questo poteva accadere sia che si fossero assunte come punto di riferimento le posizioni espresse da una delle parti in causa, valutando le altre alla luce delle scelte e degli orientamenti di quest’ultima, sia che si proiettasse una luce negativa sull’intero passato del quale ci si occupava, reso tutto colpevole di non aver seguito l’opzione giudicata a posteriori giusta e da percorrere. La storia finiva così con il configurarsi come una sorta di cimitero delle occasioni (e delle rivoluzioni) mancate. Né ci si chiedeva se, coltivando una tale concezione, non si contribuisse, in realtà, a prepararne altre del medesimo genere. In certa misura inevitabile, il nesso tra politica e storiografia poteva però anche essere vissuto in una chiave diversa, non partendo dall’idea che si aveva del presente e delle sue prospettive per proiettarle, senza mediazioni, sui giudizi da dare dei predecessori, ma seguendo il percorso inverso. Cercando cioè di comprendere, in prima istanza, aspirazioni, in tenzioni, volontà e concreto operare nei contesti loro propri. Badando a non dare nulla per scontato e sforzandosi di leggere le fonti – a stampa o inedite che fossero – in quell’ottica. Una parte almeno della cultura sto riografica italiana di quegli anni si sforzava, in effetti, di tenere aperta una prospettiva siffatta ed era in tale ambito che il giovane Rumi mostrava fin dall’inizio di volersi muovere, come attestava anche la scelta di Ettore Passerin d’Entrèves quale relatore della tesi di laurea discussa, nel luglio 1962, presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica. La prima parte di questa raccolta dà conto degli studi con i quali Ru mi esordì, cimentandosi in modo particolare con i primi anni dell’azione internazionale del fascismo. Un tema sul quale avevano già lavorato e stavano lavorando alcuni specialisti di «storia diplomatica», ma che Ru mi volle e seppe affontare con una visione più ampia e articolata, dando peso e rilievo interpretativo alle tendenze e alle concezioni emerse ben prima dell’andata al governo e indipendenti dal preteso apporto esterno nazionalista. La lettura della stampa fascista delle origini – del «Popolo d’Italia», ma anche dei moltissimi fogli locali – gli consentiva di scoprire e di verificare la centralità, già in quella fase, delle tematiche di politica estera e di un tendenziale «imperialismo» frutto delle elaborazioni nate dall’esperienza della guerra e dell’immediato dopoguerra e destinate ad agire e influire in seguito, con sostanziale continuità d’ispirazione. In questa prospettiva, Rumi tendeva a negare ogni separatezza della politica estera (e quindi di ogni conseguente specialismo storiografico, al introduzione 15 di là dell’ovvia particolarità delle fonti alle quali attingere per ricostrui re l’azione diplomatica in senso stretto) dal contesto generale, politico, ideologico, culturale: incoraggiato e influenzato, in questo approccio, da Brunello Vigezzi, da lui conosciuto nei seminari all’ISPI e del quale diventò assistente volontario per l’insegnamento di Storia delle dottrine politiche presso la Facoltà di Lettere e filosofia della «Statale» a partire dal novembre 1964, abbandonando il disegno originario di abbracciare la carriera diplomatica. Il primo lavoro edito dal venticinquenne Rumi, su Mussolini e il «Programma» di San Sepolcro, che apre la presente raccolta, è del 1963. Esemplare in più sensi per intelligenza, lettura penetrante delle fonti, ca pacità di arrivare alla sostanza dei nodi interpretativi, efficacia della scrit tura, esso si inseriva con originalità nel più ampio contesto degli studi sul primo dopoguerra italiano, in quegli anni in piena espansione. Rumi vi si dedicava con altri saggi sul «Popolo d’Italia» e sul «Secolo» e con i testi più specificamente dedicati alla politica estera, culminati nel volume del 1968 Alle origini della politica estera fascista (1918-1923), grazie ai quali ottenne, due anni più tardi, la libera docenza in Storia contemporanea, e nel lavoro di sintesi del 1974 su L’imperialismo fascista. Vincitore di un posto di professore straordinario di Storia contem poranea, Rumi venne chiamato a Milano, presso la Facoltà di Lettere e filosofia della «Statale» nel 1977. Presso la medesima Facoltà Rumi aveva tenuto dal 1969 l’incarico dell’insegnamento di Teoria e storia della sto riografia. Aveva quindi avuto modo di subire, come tutti, senza soluzioni di continuità, i contraccolpi dei tempi, della contestazione studentesca presto trasformatasi in ben altro e i cui echi sembrava non dovessero ave re mai fine, in un clima sempre più invelenito e degenerato e apparen temente senza vie d’uscita. Sino alle tragedie che avrebbero riguardato anche persone alle quali eravamo molto legati e alla cui perdita – mi rife risco a Walter Tobagi – non ci saremmo mai rassegnati. Non era facile, ma era ancor più obbligato rivendicare, in quel conte sto, nell’evidente prevalere (non si poteva in alcun modo prevedere fino a che punto e fino a quando) di tutt’altre spinte, una concezione non rinunciataria, e insieme libera e non strumentale, della storia. Gli interessi storiografici di Rumi si erano nel frattempo sviluppati in nuove direzioni. I soggiorni romani relativamente frequenti, legati alle ricerche archivistiche e alla partecipazione ai lavori di uno dei Comitati di consulenza del CNR o a incontri e convegni, avevano favorito l’intensi ficarsi dei rapporti con vari studiosi attivi nella capitale, da Ruggero Mo scati a Renzo De Felice a Gabriele De Rosa, e, soprattutto, con Rosario Romeo, dal quale Rumi recepì in tutto il suo rilievo la considerazione del l’unificazione nazionale italiana come la mutazione più importante inter 16 introduzione venuta nella penisola dalla caduta dell’Impero romano 4. Parallelamente, a Milano, il clima cupo che si respirava alla «Statale» aveva trovato un compenso nelle periodiche visite a Raffaele Mattioli e nei pomeriggi do menicali nella sua casa di via Morone, trascorsi a parlare della costituen da Associazione per lo studio della formazione della classe dirigente nel l’Italia unita, «di chi oggi la costituisca e di chi l’abbia costituita ieri»: un progetto che nasceva dalla consapevolezza (confermata dalla crisi che si stava vivendo) di quanto il problema avesse accompagnato «con una sua mai sopita attualità» tutto lo svolgimento della storia unitaria al punto da poterne addirittura rappresentare il tema di fondo. Questo a condizione, beninteso, di intendere il termine nel suo significato più ampio e comprensivo, facendovi dunque rientrare tutti coloro che, al governo o all’opposizione, nel parlamento o fuori di esso, muovendosi in una sfera ufficiale ovvero entro spazi propri ed au tonomi o addirittura alternativi, abbiano svolto, svolgano o si preparino a svolgere compiti che vanno al di là del puro esercizio d’un mestiere, d’una professione, d’una funzione, per contribuire invece, nelle forme e nei settori propri ad ognuno (politico, economico, amministrativo, militare, religioso, culturale, sindacale …), a quello che è, di periodo in periodo e ai diversi livelli, la «gestione degli affari del paese». 5 Il progetto non andò oltre la fase iniziale, anche a causa della scomparsa di Mattioli nel luglio 1973, ma è a quelle idee di fondo che Rumi con tinuò ad ispirarsi, con effetti evidenti a partire dal saggio, per più versi essenziale e innovativo, dedicato nel 1971 ad Agostino Gemelli. Rumi arrivava ad occuparsi dei cattolici e della Chiesa passando dalla questione, a vario titolo al centro dell’attenzione, dei loro rapporti con il fascismo. Ma la sua impostazione divergeva nettamente da quelle allora più ricorrenti. Nella sua ricostruzione dell’opera del fondatore e rettore dell’Università Cattolica cedimenti e compromissioni con il Regime non venivano certamente sottaciuti, ma non erano questi, a suo parere, gli aspetti storicamente più rilevanti in una prospettiva di più lungo periodo. L’accento batteva piuttosto sull’ispirazione antimoderna originaria e sui suoi esiti effettivi e in larga misura imprevedibili, consistenti nel tentativo diretto «a cogliere e, magari, a padroneggiare la transizione tra un’Italia rurale ed elitaria, ed un paese industriale, progressivamente socializzato» 6: G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia 1988, p. 45. Associazione per lo studio della formazione della classe dirigente nell’Italia unita, Statuto, [Milano] 1972, p. 4. 6 Così nel saggio del 1979 In margine al centenario di Agostino Gemelli: due documenti su Università cattolica e fascismo, in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, 4 5 introduzione 17 una sorta di riappropriazione della modernità in una chiave del tutto particolare e specifica, funzionale alla preparazione di una nuova classe dirigente destinata a raccogliere gran parte della successione al fascismo. In un intervento posteriore di qualche anno, posto in apertura della terza parte della presente raccolta, Rumi sintetizzerà l’obiettivo di Gemelli nel la formula «come far funzionare una società di cui finalmente la cultura cattolica abbia la direzione» 7. Fermo in ogni caso restando che l’orizzonte di riferimento dello studioso si ampliava in altre direzioni. C’era Gemelli, c’era il «ponte ideale […] tra via S. Agnese, piazza S. Ambrogio, la Santa Sede e Ratti»; ma c’era anche l’«altro asse che si può chiamare BresciaFUCI, Morcelliana-FUCI: il mondo di Montini, Righetti, Bevilacqua». E c’era la Chiesa «come tale» con il suo ruolo «istituzionale», scandito dagli apporti dei pontefici via via succedutisi. La trama sulla quale continuare a lavorare negli anni successivi era chiaramente delineata. La si può rintracciare nei saggi e negli studi raccol ti in Milano cattolica nell’Italia unita (1983), in Lombardia guelfa (1988), e in altri numerosi interventi, vari dei quali riproposti in questa sede e tutti reperibili attraverso la Bibliografia che segue, ma che solo un’analisi più specifica e competente, neppure abbozzabile qui, potrebbere mettere a fuoco in maniera adeguata. Scarsamente interessato, per quel che riguarda i cattolici, alle loro espressioni propriamente partitiche o prepartitiche e ostile alle categorie storiografiche per solito adottate nell’affrontarle, Rumi preferiva dedicare la sua attenzione a singole figure, a vario titolo emblematiche, nella loro esperienza vissuta, dei nodi e delle specificità proprie della presenza cat tolica nell’Italia unita. Una presenza ogni volta riconsiderata, nella sua particolarità, come parte o segmento di una classe dirigente in divenire, del tutto alternativa o progressivamente partecipe di comuni responsabi lità, ma in ogni caso impegnata a riconquistare un proprio spazio di legit tima rappresentanza, autonomamente attiva e fortemente connotata nei rispettivi ambiti di intervento. Rumi metteva a fuoco in questa chiave, e di nuovo con accenti originali e non corrivi, le iniziative nelle quali si era concretata la vocazione solidaristica e caritativa, le elaborazioni rispetto al lavoro, le problematiche connesse al non sempre agevole confronto con gli elementi costitutivi della modernità e delle società di massa, con le difficoltà di approccio, ma anche con gli elementi di originalità e di Milano 1983, p. 185. E si veda ivi, alle pp. 143-177, il saggio richiamato del 1971, Padre Gemelli e l’Università Cattolica, apparso originariamente sulla rivista diretta da Renzo De Felice «Storia contemporanea», 2 (1971), pp. 875-903. 7 Il problema della cultura cattolica italiana nel ’900, in questo volume, p. 196. 18 introduzione arricchimento che potevano derivarne, senza mai trascurare la centralità e la specificità di «un vissuto religioso» le cui «valenze nel civile» dove vano considerarsi «significanti, ma non esclusive» 8. Si colloca in questa prospettiva anche la partecipazione attiva, quale co-fondatore, al gruppo «Cultura, Etica e Finanza», avviato a partire dal 1985, sul quale ha richia mato l’attenzione Alberto Quadrio Curzio in occasione del conferimento a Rumi del Premio Giuseppe Lazzati alla memoria, nel giugno 2006. Abbandonato, dopo i primi studi, l’interesse diretto per la politica estera fascista, l’attenzione mai dismessa per l’azione e la dimensione in ternazionale – momento supremo di impegno e di verifica per una «classe dirigente» comunque individuata – aveva modo di concentrarsi con novi tà di accenti sulle esperienze e sugli atteggiamenti degli ambienti cattolici in materia, con l’ulteriore passaggio, ricco di esiti rilevanti, a partire dalla metà dagli anni ’80 9, all’analisi diretta e alla ricostruzione di alcuni mo menti-chiave dell’azione internazionale della Santa Sede. Di quest’ultima Rumi sottolineava più in generale le caratteristiche di «potenza atipica», di soggetto del tutto sui generis, privo (grazie proprio all’unificazione ita liana) delle prerogative, delle basi materiali e delle preoccupazioni pro prie degli Stati nazionali e forte invece di una influenza religiosa e civile e di una base di valori rispetto ai quali orientarsi e cercare di agire, in un contesto peraltro condizionato da altri, divergenti e non controllabili fattori. Parallelamente, dal Novecento, oggetto principale dei primi appro fondimenti, l’attenzione dello studioso retrocedeva o, per dir meglio, si ampliava al secolo precedente o arretrava ancor più. L’area prevalente di riferimento degli studi sviluppati nel corso degli anni ’70 e ’80 restava Milano e la Lombardia (con la propaggine ticinese, percepita come con tiguità non semplicemente geografica 10). Proseguiva l’approfondimento delle tematiche relative al mondo cattolico, vertici diocesani o figure di militanti e devoti o di «imprenditori della carità», come suona il sottoti tolo del volume dedicato a don Carlo Gnocchi del 2002 11, che potrebbe essere esteso anche ad altri personaggi da lui messi a fuoco. E si sviluppa vano parallelamente, a partire dal contributo del 1975 sull’Opinione pub- 8 I cattolici italiani fra le due guerre. Problemi e prospettive di ricerca, in questo volume, pp. 221-230. 9 Si veda il saggio La Santa Sede e la politica di potenza, in questo volume, pp. 643662. Di particolare rilievo, in questa prospettiva, è il volume da lui curato su Benedetto XV e la pace - 1918, Brescia 1990. 10 Si vedano anche su questo tema le considerazioni di F. Panzera, In ricordo di Giorgio Rumi, «Archivio storico lombardo», s. XII, 11 (2005-2006), pp. 557-565. 11 Il capitolo steso da Rumi si trova in questa raccolta, alle pp. 567-580. introduzione 19 blica milanese e il brigantaggio, ripreso in questa raccolta 12, le indagini ri guardanti il mondo moderato e liberale, si trattasse di personalità-chiave come Francesco Melzi d’Eril o Federico Confalonieri o Manzoni, o degli uomini della «Perseveranza» alle prese con la difficile eredità di Cavour. Più che di due filoni di ricerca distinti, tra liberal-moderati e cattolici, si trattava per Rumi di indagare e approfondire un’unica grande questione, quella della classe dirigente lombarda dall’Antico regime in poi, che le vi cende dell’unificazione avevano in parte frantumato e sospinto su strade distinte se non opposte, determinando traumi e fratture, salvo riproporre in seguito occasioni di rinnovata convergenza, ma in circostanze affatto nuove e imprevedibili, legate com’erano ai tempi e alle condizioni radi calmente mutate, a loro volta foriere di altre complicazioni e difficoltà. Che era poi un modo per riproporre il tema di fondo dei rapporti tra cat tolicesimo e liberalismo e della ricerca di una loro possibile sintesi capace di arricchirli entrambi, oltre Porta Pia, come suona il titolo della bella raccolta di articoli pubblicati su «liberal» tra il 1995 e il 2001 13. Quello milanese e lombardo si configurava più in generale, nella pro spettiva di Rumi, per quel che a lungo è stato (e che si vorrebbe poter dire che continua ad essere), e cioè uno dei grandi scenari della storia nazionale ed europea, meritevole in quanto tale di studio e di attenzione. Si legga, in questa raccolta, l’esordio di un suo contributo del 1980: «Il caso della Lombardia è senz’altro diverso da quello delle grandi e più note subnazionalità dell’Occidente europeo» 14. Dove il confronto ri mandava a Scozia e Galles, a Bretagna e Catalogna, ai «plurisecolari Stati tedeschi», alla Borgogna di Carlo il Temerario. Non era solo un modo per porsi al riparo dalle angustie e dalle autoreferenzialità di tanta mi crostoria locale. Ricordare che cosa avesse significato il precoce destino della potenza viscontea-sforzesca e, più tardi, essere stata parte integrante e non mera periferia delle grandi monarchie europee, e quindi, di nuo vo, ma per troppo breve tempo, capitale dell’Italia napoleonica, serviva a porre in tutta evidenza le domande che allo storico stavano più a cuore, circa le ragioni e i modi dell’adesione di Milano e della sua classe dirigen te al processo risorgimentale e poi all’Italia unita nelle particolari forme con le quali questa si era realizzata, dalla scelta sabauda al passaggio per tanti versi decisivo del 1870, con l’ulteriore e per il momento irrimedia bile frattura che esso aveva determinato – un passaggio dal quale, non Alle pp. 287-305. Si veda G. Rumi, Oltre Porta Pia. Scritti per liberal, presentazione di A. Colombo, Roma 2007. 14 Tra particolarismo e Stato nazionale: il caso della Lombardia (1859-1861), in que sto volume, p. 307. 12 13 20 introduzione per niente, Emilio Visconti Venosta, «gran regista della caduta del potere temporale», aveva riportato «un trauma psicologico ultraventennale» 15 – ai tempi successivi e alle scelte non scontate che si erano compiute. Il richiamo ai più lontani trascorsi aiutava a porre i problemi che Ru mi considerava storicamente i più rilevanti, e sui quali ritornava a più riprese e in varie occasioni, esemplarmente riassunti, nella scia dei tanti approfondimenti compiuti, in un saggio del 1995: Perché Milano rompe con l’Austria? Perché tanta tenerezza per la me moria di Maria Teresa, e tanto rifiuto per la Vienna dei nipoti? Perché si rinuncia alla prospettiva mitteleuropea, cara ad un repubblicano antisabaudo come Carlo Cattaneo? Perché imbarcarsi in un’avventura unitaria, verso una penisola ignota praticamente a tutti, alla stessa ari stocrazia ad esempio? Perché dopo la fondazione del Regno – 17 marzo 1861 – Milano riduce progressivamente il suo contributo alla direzione politica del Paese, abbandonandone lo Stato, declinandone il servizio civile militare e diplomatico, proprio nell’ora del massimo sforzo edi ficatore? Perché il ruolo della «capitale morale» è nell’insieme tanto modesto, privilegiando tunnel alpini e ferrovie, vapore e fabbriche, in vestimenti agricoli e accumulazione capitalistica? Perché, infine, Mila no elabora una crescente contestazione al «Paese legale», alla politica, a Roma? È un caso che i grandi movimenti di contestazione all’Italia liberale nascano tutti a Milano? Il movimento cattolico, quello sociali sta, l’antigiolittismo e l’interventismo del «Corriere della sera» del se natore Albertini, il fascismo di Mussolini, e poi il «vento del Nord» di nenniana memoria, la grande contestazione del 1968 e dintorni? 16 Tutte domande alle quali Rumi aveva cercato e cercava di dare risposte pertinenti, sviluppando la sua riflessione fino alla contemporaneità più immediata e problematica. La sua denuncia dell’esistenza di una «que stione settentrionale», dell’esistenza cioè di un Nord «non più compatto nella convinzione di possedere una missione nazionale da compiere», con tutti i rischi che potevano derivarne, risale al 1990 17. Una storiografia come la sua, aliena da ogni idea di progresso e centrata invece sul tema della responsabilità, individuale e collettiva, ri sultava d’altro canto aperta a registrare tutti i possibili sviluppi. I moti positivi, ma anche, come nelle situazioni che più direttamente riguardano il nostro presente, i percorsi d’altro segno, le insofferenze, gli egoismi, le improvvisazioni, i deragliamenti, le vere e proprie abdicazioni. Il profilo In questo volume, p. 417. Milano a fine secolo. Speranze e contraddizioni della «capitale morale», in questo volume, p. 416. 17 G. Rumi, Tempi di guerra cit., pp. 98-101. 15 16 introduzione 21 del Novecento milanese steso nel 2002 per la Storia dell’Ambrosiana si chiudeva all’insegna di una marcata incertezza «sul ruolo da tenere nel l’immediato futuro» 18. L’indicazione che si ricava dall’ultima intervista da lui concessa al «Corriere della sera», pochi giorni prima della morte, non lasciava molto spazio alla fiducia. Il confronto era tutto a vantaggio della vecchia classe dirigente che «si faceva carico della città», amava «un lusso non ostentato» e «quando usciva dal proprio guscio non dimenti cava ciò che stava intorno». Ben altro il quadro di fronte al quale ci si trovava: «Oggi la classe dirigente si rifugia sui roof garden con piscina. Tutto ciò che è comune non interessa. L’importante è scappare nel fine settimana» 19. Purtroppo non si può dire che nel frattempo, in questi tre anni nei quali egli non è più tra noi, le cose siano migliorate. Ma sarebbe fuorvian te, rispetto a quanto ci ha insegnato e suggerito, concludere che quello rilevato sia da considerare un esito definitivo e non, malgrado tutto, una possibile fase di passaggio rispetto alla quale ritrovare ancora forze ed energie, e magari nuovi protagonisti e attori, grazie ai quali riprendere il cammino. Il lettore del grande Manzoni, e Rumi lo era senza alcun dub bio con particolare partecipazione, non perde mai la speranza. Se così non fosse stato, non si spiegherebbero tante sue forme di impegno e di promozione rivolte ai giovani e comunque finalizzate alla formazione di nuclei consapevoli e attivi di classe dirigente. Certo, anche nella visione di Rumi, il quadro nazionale di riferimento era nel frattempo molto cambiato. Si è accennato al rilievo che lo studioso aveva attribuito alla considerazione di Romeo circa il valore e il significa to, in una prospettiva plurisecolare, del Risorgimento e della unificazione nazionale. Ma non erano naturalmente sfuggite a Rumi le parole scorate con cui lo stesso Romeo aveva concluso la sua grande opera su Cavour. Quell’eredità, rispetto alla quale tutti avevano finito, più o meno felice mente, con il misurarsi e con il confrontarsi, appariva dissolta e sostituita da «tutt’altri princìpi e tutt’altri criteri» 20. Romeo si riferiva ancora alle vicende della prima metà del Novecento. Rumi aveva sott’occhio gli svi luppi più recenti. Il lavoro su Gioberti del 1999, «piccolo, ma straordinario gioiello», come l’ha definito Arturo Colombo 21, si collocava dichiaratemente in questo nuovo contesto, determinato da quella «sorta di reazione a cate na», aperta sul piano internazionale dalla caduta del muro di Berlino e 18 19 20 21 Il Novecento a Milano, in questo volume, p. 469. L’ultima intervista, in questo volume, p. 978. R. Romeo, Cavour e il suo tempo (1854-1861), Roma - Bari 1984, p. 950. Si veda A. Colombo, Presentazione, in G. Rumi, Oltre Porta Pia cit., p. 9. 22 introduzione che sembrava mettere in forse, nella situazione italiana, «prima la Costi tuzione e poi l’unità dello Stato». Rumi poneva l’esigenza di «rifare i con ti con una presenza illanguidita» ma ineludibile, nonostante la sua «prosa diluviale», come quella dell’autore del Primato e del Rinnovamento, nella prospettiva, per l’appunto, della crisi dell’«identità nazional-statuale» in atto e delle duplici spinte, parimenti da fronteggiare, «localistiche del ter ritorio e […] di raggio continentale» 22, rispetto alle quali verificare l’esi stenza o meno di una persistente identità. Che questa esista ancora e sia davvero configurabile nell’ottica dell’abate piemontese, ritrovando cioè «nella religione l’anima vera di un paese, privo indubbiamente di storia unitaria, di dinastia nazionale, di istituzioni condivise» 23, è ovviamente materia di discussione. Ma che il problema esista e si ponga e non possa tanto facilmente essere eluso non par dubbio. Quella di Rumi è stata davvero una presenza impegnata e coerente, fedele fino all’ultimo alla sua particolare visione, alla quale si è già a più riprese accennato, del ruolo civile dello storico. Così lo ricordiamo: inter locutore rispettato e ascoltato ai più elevati livelli in relazione ai problemi e ai nodi critici del momento; pronto ad assumersi, come gli era accadu to, posizioni anche di grande responsabilità in enti e istituzioni; dotato di una sua specifica e forte caratterizzazione nel mondo degli studiosi per l’originalita degli apporti e la suggestione dei punti di vista; non figura accademica remota e irraggiungibile, e tantomeno erudito accumulatore di documenti e di lunghe citazioni ripetitive, bensì persona impegnata a fornire interpretazioni e spiegazioni il più possibile accessibili e chiare anche ai non specialisti, a quanti, a vario titolo e ai più vari livelli – a cominciare dai moltissimi giovani che l’hanno ascoltato in aula o nelle altre occasioni d’incontro – dovevano poter disporre (stava a loro avver tire quanto ciò potesse essere importante) di una memoria attendibile e non deformata, in grado di incidere sul loro orizzonte esistenziale come fattore di consapevolezza e di responsabilità. Un ultimo accenno va fatto alle caratteristiche e ai criteri della pre sente raccolta. L’idea di partenza era di dar luogo a qualcosa di simile a quanto Rumi aveva già attuato a più riprese, fermandosi però agli anni ’80 e tralasciando numerosi scritti che non entravano nelle materie speci fiche oggetto dei volumi in questione. Ci si è così trovati di fronte a una consistente mole di materiale anteriore mai ristampato e ad una ricchissi ma produzione apparsa in volumi miscellanei e in svariati periodici sino alla vigilia della scomparsa. Una selezione è risultata inevitabile. La bi 22 23 G. Rumi, Gioberti, Bologna 1999, p. 99. Ivi, p. 83. introduzione 23 bliografia posta qui di seguito dà in ogni caso conto degli scritti storici di Rumi e ne permette il reperimento. Un ulteriore problema ha riguardato la disposizione dei saggi e degli interventi. Volendo dare conto, in primo luogo, di un lungo e operoso itinerario culturale sviluppato in parallelo seguendo più filoni, l’ordine per anno di pubblicazione è apparso il più ragionevole: non privo però di inconvenienti, considerata la numerosità dei testi. Si è così adottata una soluzione intermedia, distribuendo i con tributi in più parti – secondo le tematiche generali che li accomunano o alle quali si connettono – al cui interno si mantiene l’ordine cronologico. Fermo peraltro restando che, nel caso di Rumi, le connessioni e gli intrec ci sottesi ai suoi percorsi sfuggono a distinzioni e classificazioni troppo ri gide, così come non è facile distinguere tra scritti «maggiori» e «minori». L’augurio è di essere riusciti a comporre un’opera che restituisca i tratti centrali del suo impegno intellettuale e morale, anche se questo ci fa ancor più avvertire quanto pesi non averlo più tra noi. Enrico Decleva scritti storici di Giorgio Rumi bibliografia 1963 *Mussolini e il «Programma» di San Sepolcro, «Il Movimento di liberazione in Italia. Rassegna di studi e documenti», 71 (1963), 2, pp. 3-26. [1] 1964 *Il «Fascismo delle origini» e i problemi di politica estera, «Il Movimento di libera- zione in Italia. Rassegna di studi e documenti», 75 (1964), 2, pp. 3-29. [2] 1965 Il «Popolo d’Italia» (1918-1925), in B. Vigezzi (a cura di), 1919-1925. Dopoguerra e fascismo. Politica e stampa in Italia, introduzione di B. Vigezzi, Bari, Laterza, 1965, pp. 423-524. *«Revisionismo» fascista ed espansione coloniale (1925-1935), «Il Movimento di liberazione in Italia. Rassegna di studi e documenti», 80 (1965), 3, pp. 37-73. [3] «Il Secolo», in B. Vigezzi (a cura di), 1919-1925. Dopoguerra e fascismo. Politica e stampa in Italia, introduzione di B. Vigezzi, Bari, Laterza, 1965, pp. 371422. 1967 *Tendenze e caratteri degli studi sulla politica estera fascista (1945-1966), «Nuova rivista storica», 51 (1967), pp. 149-168. [4] 1968 Alle origini della politica estera fascista (1918-1923), Bari, Laterza, 1968. 1969 I «Documenti diplomatici italiani» e la recente storiografia, «Rassegna degli ar chivi di Stato», 29 (1969), pp. 360-411. 26 scritti storici di giorgio rumi 1970 Nuovi bilanci degli studi sull’Italia unita: tra storia e politica, «Nuova rivista storica», 54 (1970), pp. 623-643. 1971 Padre Gemelli e l’Università cattolica, «Storia contemporanea», 2 (1971), pp. 875903, poi in G. Rossini (a cura di), Modernismo, fascismo, comunismo. Aspetti e figure della cultura e della politica dei cattolici nel ’900, Bologna, Il Mulino, 1972, pp. 205-233; poi anche in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 143-177, e in G. Rumi, Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino, SEI, 1995, pp. 39-68. 1973 La crisi del ’29 e gli inizi dell’«era Grandi», «Clio. Rivista trimestrale di studi storici», 9 (1973), pp. 355-367. 1974 L’imperialismo fascista, Milano, Mursia, 1974. 1975 *La Democrazia cristiana e l’autonomia regionale (1943-1947), «Clio. Rivista trime- strale di studi storici», 10 (1974), pp. 303-332, poi in M. Legnani (a cura di), Regioni e Stato dalla Resistenza alla Costituzione, Bologna, Il Mulino, 1975, pp. 291-326. [5] Mussolini, «Il Popolo d’Italia» e l’Ungheria (1918-1922), «Storia contemporanea», 6 (1975), pp. 674-696. *L’opinione pubblica milanese e il brigantaggio, «Archivio storico per la Calabria e la Lucania», 42 (1975), pp. 157-175, poi in M.L. Cicalese - A. Musi (a cura di), L’Italia delle cento città, Milano, Franco Angeli, 2005, pp. 13-28. [13] 1976 Le interpretazioni del fascismo, in Fascismo, Antifascismo, Resistenza, Brescia, CEDOC, 1976, pp. 329-339. Il Regime fascista: la politica estera dal 1922 al 1937, in Fascismo, Antifascismo, Resistenza, Brescia, CEDOC, 1976, pp. 147-159. 1978 Gli uomini, le pietre e il tempo. Recenti pubblicazioni sul Duomo di Milano, «Ambrosius», 54 (1978), pp. 65-71. 1979 [con A. Majo], Il cardinal Schuster e il suo tempo, introduzione di V. Rognoni, Milano, Massimo, 1979. scritti storici di giorgio rumi 27 In margine al centenario di Agostino Gemelli: due documenti su Università cattolica e fascismo, «Storia contemporanea», 10 (1979), pp. 1019-1041, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 179208. Milano cattolica e la Francia negli anni Trenta, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 33 (1979), pp. 45-64, poi in J.-B. Duroselle - E. Serra (a cura di), Italia e Francia dal 1919 al 1939, Milano, ISPI, 1981, pp. 101-123; poi anche in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 239-263. Profilo culturale della diocesi ambrosiana fra le due guerre, in P. Pecorari (a cura di), Chiesa, Azione cattolica e fascismo nell’Italia settentrionale durante il Pontificato di Pio XI (1922-1939), atti del V Convegno di storia della Chiesa (Torreglia, 25-27 marzo 1977), Milano, Vita e Pensiero, 1979, pp. 321-358. Presentazione, in A. Majo, L’anima cristiana del Partito popolare. Una polemica stimolante, Milano, NED, 1979, 19802, 19813. 1980 Cattolicesimo lombardo e nuovo Stato democratico, in G. Rossini (a cura di), Democrazia cristiana e Costituente nella società del dopoguerra, I. Le origini del progetto democratico cristiano, Roma, Cinque Lune, 1980, pp. 321-358, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 283-314. Chiesa ambrosiana e fascismo, in S. Pizzetti (a cura di), Dallo Stato di Milano alla Lombardia contemporanea, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1980, pp. 227242, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 123-141. Chiesa, cultura e fascismo tra le due guerre, «Orientamenti sociali», 35 (1980), 1, pp. 23-40. Una diplomazia atipica. L’ultimo volume degli «Actes» della S. Sede, «Studium», 74 (1980), pp. 513-517. *Tra particolarismo e Stato nazionale: il caso della Lombardia (1859-1861), in S. Pizzetti (a cura di), Dallo Stato di Milano alla Lombardia contemporanea, Milano, Cisalpino-Goliardica, 1980, pp. 277-294. [14] Prefazione, in G. Paolucci, La casa del popolo. Origini e vicende dell’Opera Cardinal Ferrari, Milano, NED, 1980. 1981 [con A. Majo e V. Rognoni], Davide Albertario giornalista, Milano, NED, 1981. De Gasperi tra storia e storiografia, «Humanitas», 36 (1981), pp. 502-516. Intransigentismo e diplomazia delle grandi potenze: il caso dell’«Osservatore cattolico» (1878-1898), in Opinion publique et politique extérieure, I. 18701915, Roma, École française de Rome, 1981, pp. 607-643, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 9-53. 28 scritti storici di giorgio rumi *Lavoro e cultura cattolica nel declino dell’età liberale (1914-1924), «Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia», 16 (1981), 2, pp. 149-165. [7] Milano cattolica e l’Europa delle grandi potenze: l’opinione dell’«Osservatore» di Davide Albertario, «Quaderni milanesi. Studi e fonti di storia lombarda», 1 (1981), 1, pp. 7-15. Opportunismo e profezia. Cultura cattolica e politica estera italiana (1946-1963), «Storia contemporanea», 12 (1981), pp. 801-815. *Politica estera e internazionalismo cattolico, in G. Campanini - F. Traniello (a cura di), Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-1980), 1/2. I fatti e le idee, Torino, Marietti, 1981, pp. 146-157. [36] *Il problema della cultura cattolica italiana nel ’900, in Cultura, scuola e società nel cattolicesimo lombardo del primo Novecento, atti del Convegno di studio (Brescia, 24-25 novembre 1979), Brescia, CEDOC, 1981, pp. 9-22. [6] Presentazione, in E. Bressan, L’«Hospitale» e i poveri. La storiografia sull’assi stenza: l’Italia e il «caso lombardo», Milano, NED, 1981. 1982 La «Base»: una nuova «sinistra» a Milano, in Studi sulla Democrazia cristiana, Milano, Fondazione Feltrinelli, 1982 («Quaderni», 21), pp. 113-127, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 315-351. Chiesa, Stato e i problemi dell’assistenza: una polemica nella Milano fin de siècle, in Stato e Chiesa di fronte al problema dell’assistenza, Roma, CISO-Edimez, 1982, pp. 321-333, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 77-92. *Dopo un «triste sogno». Cattolicesimo italiano e riscoperta della Francia nel secondo dopoguerra, «Humanitas», 37 (1982), pp. 36-49, poi, in versione ampliata, in J.-B. Duroselle - E. Serra (a cura di), Italia e Francia 19391945, Milano, ISPI - Franco Angeli, 1984, I, pp. 245-270. [37] Mondo cattolico e guerra civile spagnola: l’opinione ambrosiana, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 36 (1982), 1, pp. 35-48, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 265-282. L’opinione cattolica lombarda e il Gottardo: tecnica, diplomazia e religione nel l’apertura di un traforo alpino, atti del Convegno di studio (Bellinzona, 14-16 maggio 1982), «Bollettino storico della Svizzera italiana», 94 (1982), pp. 153-161, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 55-67. Un tempo composito e inquieto, in A. Majo (a cura di), Cardinale a Milano. L’episcopato di Giovanni Colombo, Milano, NED, 1982, pp. 7-23, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 231-242. scritti storici di giorgio rumi 29 E. Bressan (a cura di), La tradizione assistenziale ambrosiana. Intervista a Giorgio Rumi, «Quaderni milanesi. Studi e fonti di storia lombarda», 2 (1982), 3, pp. 40-48, poi in G. Rumi, Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983, pp. 69-76. 1983 Milano cattolica nell’Italia unita, Milano, NED, 1983. G. Rumi - A. Majo - D. Turoldo, Schuster e Milano, Milano, NED, 1983, pp. 7-22. Un 1884 come Carneade … (cento anni fa, giorno per giorno), «Ca’ de Sass», 83-84, 1983, pp. 2-7. Campane a Casalbellotto (dal diario di Primo Mazzolari: 1929-1931), Milano Roma - Bari, Cassa di risparmio delle provincie lombarde - Laterza, 1983 [«Rivista milanese di economia», 4, 1983], poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 187-196. «Il Cappuccio». Appunti su legittimismo e intransigenza nell’opposizione cattolica lombarda, «Rivista milanese di economia», 7, 1983, pp. 44-76, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 55-73. Dalle carte di Armida Barelli. L’«immensa opera» di una donna ambrosiana, in Armida Barelli nella società italiana, Milano, Edizioni OR, 1983, pp. 21-53, poi, con il titolo Armida Barelli: l’«immensa opera» di una donna ambrosiana, in G. Rumi, Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino, SEI, 1995, pp. 69-93. Introduzione al problema storiografico della «storia diocesana», «Bollettino del l’Associazione per la storia del movimento cattolico nel Canton Ticino», 1 (1983), pp. 157-163. Lo stato degli studi su Armida Barelli, in L’opera di Armida Barelli: nella Chiesa e nella società del suo tempo, atti dell’Incontro di studio (Roma, 19 marzo 1983), Roma, AVE, 1983, pp. 15-24. Prefazione, in M.C. Foresio Daprà, La Santo Stanislao di Milano. Un’esperienza studentesca del cattolicesimo ambrosiano, Milano, NED, 1983. Prefazione, in M. Sticco, Una donna fra due secoli, Milano, Edizioni OR, 1983. 1984 *I cattolici e le relazioni internazionali: verso l’Europa, in A. Colombo (a cura di), La Resistenza e l’Europa, Firenze, Le Monnier, 1984, pp. 103-135. [40] Grandezza di «Milord Camillo», «Rivista milanese di economia», 6, 1984, p. 11. Montini arcivescovo di Milano. Avvertenze metodologiche e linee di ricerca, in Paul VI et la modernité dans l’Église, Roma, École française de Rome, 1984, pp. 129-134, poi in G. Adornato et al. (a cura di), Montini Paolo VI. Cultura, arte, annuncio, Gazzada - Busto Arsizio, Fondazione ambrosiana Paolo VI - Nomos Edizioni, 2003, pp. 47-49. 30 scritti storici di giorgio rumi *La «Ragionevole libertà»: una tradizione intransigente lombarda nell’età giolit- tiana, in Cultura e società in Italia nel primo Novecento (1900-1915), atti del secondo Convegno (Milano, 7-12 settembre 1983), Milano, Vita e Pensiero, 1984, pp. 95-114. [15] «Il vero rettore». Spiritualità del Sacro cuore e Università Cattolica, «Civiltà ambrosiana», 1 (1984), 6, pp. 419-433, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 197-212. Il vicario agli arresti. Un ricordo personale di mons. Carlo Caccia prigioniero politico (gennaio 1864), «Civiltà ambrosiana», 1 (1984), 6, pp. 260-266, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 75-82. Prefazione, in A. Ferrari, La civiltà industriale: colpa e redenzione. Aspetti della cultura sociale in età degasperiana, Brescia, Morcelliana, 1984. Prefazione, in M. Pippione, L’età di Gaisruck, Milano, NED, 1984. Prefazione, in A. Porro - P. Porro, Vita di Cesare Porro, geologo, «Rivista milanese di economia», 7, 1984. *Presentazione, in G.B. Montini, Discorsi su san Carlo, Milano, NED, 1984. [56] Recensione a I. Biffi (a cura di), I ricordi di san Carlo ai milanesi, «Civiltà ambrosiana», 1 (1984), 6, p. 447. Recensione a G. De Antonellis, Il caso Puecher, «Civiltà ambrosiana», 1 (1984), 5, p. 374. Recensione a A. De Maddalena - E. Rotelli - G. Barbarisi (a cura di), Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell’età di Maria Teresa, «Civiltà ambrosiana», 1 (1984), 1, p. 63. Recensione a D. Zardin, Riforma cattolica e resistenze nobiliari nella diocesi di Carlo Borromeo, «Civiltà ambrosiana», 1 (1984), 3, p. 229. 1985 L’arcivescovo Montini e la società del suo tempo, in Giovanni Battista Montini arcivescovo di Milano e il Concilio Vaticano II. Preparazione e primo periodo, atti del Colloquio internazionale di studio (Milano, 23-25 settembre 1983), Roma, Edizioni Studium, 1985, pp. 17-44, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 213-230. L’aureola impallidita. Una polemica alla morte di Alessandro Manzoni, in G. Pontiggia (a cura di), Manzoni europeo, Milano, Cariplo, 1985, pp. 237-250, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 39-53. I cattolici intransigenti non lo piansero, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 1, pp. 214219. *I cattolici italiani fra le due guerre. Problemi e prospettive di ricerca, in G.B. Mon tini e la società italiana 1919-1939, atti del Seminario (Brescia, 21-22 ottobre 1983), Brescia, CEDOC, 1985, pp. 13-27. [8] scritti storici di giorgio rumi 31 «Civiltà ambrosiana»: un anno dopo, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 1, pp. 3-5. Contro la «fucina infernale». Documenti su una polemica tra il cardinal Ferrari e il «Popolo d’Italia», «Rivista milanese di economia», 16, 1985, pp. 51-59, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 175-185. L’episcopalismo di Geremia Bonomelli (1831-1914), «Annali della Biblioteca statale e Libreria civica di Cremona», 36 (1985), pp. 297-302, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 147-153. L’opinione ambrosiana e il distacco del Ticino dalle diocesi lombarde (1871-1888), «Archivio storico lombardo», 111 (1985), pp. 429-437; anche in «Bol lettino dell’Associazione per la storia del movimento cattolico nel Canton Ticino», 3 (1985), pp. 287-292; poi anche in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 89-98. *La Santa Sede e la politica di potenza, in E. Di Nolfo - R.H. Rainero - B. Vigezzi (a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa (1938-1940), Milano, Marzorati, 1985, pp. 71-90. [38] *Una seconda Roma al nord? La Chiesa ambrosiana tra fascismo e democrazia, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 5, pp. 365-396. [9] Introduzione, in A. Belloni Sonzogni - P. Sala - G. Lopez, Il rifugio Lurani. Milano 1885-1985, Milano, s.e., 1985. Prefazione, in E. Bressan, Povertà e assistenza in Lombardia nell’età napoleonica, Milano - Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1985. Recensione a A. Moretti, La Chiesa ticinese nell’Ottocento. La questione diocesana (1803-1884), «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 6, p. 468. Recensione a Storia della Chiesa ambrosiana. Dal cardinal Achille Ratti ai giorni nostri, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 5, p. 396. Recensione a Storia della Chiesa ambrosiana. Dal secondo Ottocento al cardinal Ferrari, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 1, pp. 75-76. 1986 *La «Civiltà cattolica» e la Francia negli anni ’30, in E. Serra (a cura di), Il vincolo culturale tra Italia e Francia negli anni Trenta e Quaranta, Milano, ISPI, 1986, pp. 83-92. [39] *Farsi prossimo, tra cronaca e storia, «Civiltà ambrosiana», 3 (1986), 5, pp. 303305. [57] L’incoronazione di Napoleone nel Duomo di Milano, «Civiltà ambrosiana», 3 (1986), 3, pp. 182-195. Introduzione al problema storiografico della «storia diocesana», in A. Caprioli A. Rimoldi - L. Vaccaro (a cura di), Chiesa e società. Appunti per una storia delle diocesi lombarde, Brescia - Gazzada, Editrice La Scuola - Fondazione ambrosiana Paolo VI, 1986 («Storia religiosa della Lombardia», 1), pp. 29-38. 32 scritti storici di giorgio rumi Scaccato d’oro e di nero. I fratelli Litta Visconti Arese negli anni della Rivoluzione e dell’Impero, in I cannoni al Sempione. Milano e la «Grande Nation», Milano - Bari, Cariplo - Laterza, 1986, pp. 75-102, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcelliana, 1988, pp. 17-37. Schuster, Alfredo Ildefonso (1880-1954). Storia, in Il Duomo di Milano. Dizionario storico artistico e religioso, Milano, NED, 1986, pp. 535-536. 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Rumi (a cura di), Trasformazioni economiche, mutamenti sociali e nuovi miti collettivi (1920-1960), Milano, Electa, 1991. Presentazione, in M. Pippione, Como dal fascismo alla democrazia, Milano, Franco Angeli, 1991. 1992 I Casnedi. Una famiglia lariana fedelissima della Casa d’Austria, «Ca’ de Sass», 119, 1992, pp. 15-19. I Giureconsulti, una classe dirigente per Milano, «Ca’ de Sass», 117, 1992, pp. 19-20. *Il governo della carità, in G. Cosmacini (a cura di), La carità e la cura. L’Ospedale Maggiore di Milano nell’età moderna, testi di G. Rumi e G. Cosmacini, Milano, Ospedale Maggiore di Milano, 1992, pp. 11-32. [18] *Montini diplomatico. Prospettive di ricerca dai carteggi conservati presso l’Istituto Paolo VI di Brescia, in Paul VI et la vie internationale, Journées d’études (Aix-en-Provence, 18-19 mai 1990), Brescia - Roma, Istituto Paolo VI Edizioni Studium, 1992, pp. 11-25. [48] La nuova Polonia nell’opinione ambrosiana del primo dopoguerra, in M. 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[64] *La Corona di ferro tra Austria e Italia; I Savoia, in La Corona ferrea nell’Europa degli Imperi, I. La Corona, il Regno, l’Impero: un millennio di storia, [Monza], Editoriale Giorgio Mondadori - Società di studi monzesi, [1995], pp. 251-272, 287-296. [21] Il Cuore del Re. Spiritualità e progetto da Benedetto XV a Pio XI, in G. Rumi, Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino, SEI, 1995, pp. 23-38, poi in Achille Ratti. Pape Pie XI, actes du Colloque organisé par l’École française de Rome (Rome, 15-18 mars 1989), Roma, École française de Rome, 1996, pp. 279-292. Un evento atteso, «Civiltà ambrosiana», 17 (1995), 5, pp. 323-325. *Milano a fine secolo: speranze e contraddizioni della «capitale morale», «Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia», 30 (1995), 3, pp. 250-254. [22] 40 scritti storici di giorgio rumi *Ricerche sui Casnedi, marchesi di Nesso, in Como e Lecco nella storiografia e nella cultura dal XVIII secolo ad oggi, Como, Amministrazione Provinciale di Como, 1995, pp. 87-93. [65] Lo spirito dei luoghi, in M. Gregori (a cura di), Pittura in Alto Lario e in Valtellina dall’Alto Medioevo al Settecento, Milano, Cariplo, 1995, pp. 317-321. Introduzione, in A. Belloni Sonzogni, Callisto Giavazzi e il suo tempo (1875-1945), Brescia, Morcelliana, 1995. Prefazione, in C. Benso conte di Cavour, I due progressi. Risorgimento politico e riscatto economico, introduzione di R. Balzani, Roma, Atlantide editoriale, 1995. Prefazione, in A. Manzoni, Una patria per Renzo e Lucia. Poesie e prose per una nazione libera, Roma, Atlantide Editoriale, 1995. Presentazione, in A. Majo - G. Rumi (a cura di), I. Schuster, Gli ultimi tempi di un regime, Milano, NED, 1995. 1996 G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Brescia e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1996. *Benedetto XV e i Quattordici Punti di Wilson, in M.L. Betri - D. Bigazzi (a cura di), Ricerche di storia in onore di Franco Della Peruta, Milano, Franco Angeli, 1996, pp. 485-496. [49] [con G. Mezzanotte e A. Cova], Brescia, la laboriosa libertà, in G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Brescia e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1996, pp. 7-8. *Una cattedra tra Milano e Roma, in Storia di Milano, XVIII. Il Novecento, II, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, 1996, pp. 591-606. [30] *Chiesa, cultura e società di massa. Appunti da Pacelli a Montini, in F. Ruggeri (a cura di), Studi in onore di mons. Angelo Majo per il suo 70° compleanno, Milano, NED, 1996, pp. 285-311. [31] La Chiesa milanese nella Restaurazione, «Civiltà ambrosiana», 13 (1996), 3, pp. 185-189. Diplomazia e carità. Un intervento umanitario di G.B. Montini, ottobre 1962, in Pablo VI y España, Brescia, Istituto Paolo VI, 1996, pp. 159-169. Dopo il convegno di Palermo, «Civiltà ambrosiana», 13 (1996), 1, pp. 3-5. *Il papato contemporaneo e l’Europa. L’insegnamento pontificio per l’unità politicosociale del continente, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Quale federalismo per quale Europa. Il contributo della tradizione cristiana, Brescia, Morcelliana, 1996, pp. 281-294. [50] Il Regno Lombardo Veneto, in Cesare Cantù e il suo tempo, Incontro di studio [n. 7], Milano, Istituto Lombardo di scienze e lettere, 1996, pp. 9-15. Riflessioni su un centenario, «Civiltà ambrosiana», 13 (1996), 5, pp. 323-325. scritti storici di giorgio rumi 41 *Schuster e Milano, «La Scuola cattolica», 124 (1996), pp. 421-429. [12] La storia di tutti, in Laici e cattolici: antichi steccati e valori comuni, «Nuova Antologia», 2197, 1996, pp. 11-12. Introduzione, in E. Bressan (a cura di), Luigi Moneta un prete ambrosiano per un miracolo di carità, Milano, Vita e Pensiero, 1996. *Postfazione sull’anima di una grande nazione, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Storia religiosa della Svizzera, Milano, Centro Ambrosiano - ITL, 1996 («Europa Ricerche», 3), pp. 499-501. [66] Prefazione, in F. Galbusera, Una prossimità fatta storia. La Fondazione Pro Juventute don Carlo Gnocchi, Milano, NED, 1996. Presentazione, in R. Ceddia, Il Cardinal Ferrari. Milano cattolica e la Grande guerra. Nuove fonti dell’Archivio Segreto Vaticano, Milano, NED, 1996. Presentazione, in C. Dau Novelli, Sorelle d’Italia. Casalinghe, impiegate e militanti nel Novecento, Roma, AVE, 1996. 1997 G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Bergamo e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1997. A. Majo - G. Rumi (a cura di), G.B. Montini, Dieci discorsi su Sant’Ambrogio, Milano, NED, 1997. Austria e Santa Sede. Da Leone XIII a Benedetto XV, nella crisi dell’Impero, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Storia religiosa dell’Austria, Centro Ambrosiano - ITL, Milano 1997 («Europa Ricerche», 4), pp. 489-516, [traduzione ungherese Ausztria és Apostoli Szentszék. XIII. Leótól XV. Benedekig, a monarchia válsága idején, in A Katolikus Egyház Ausztriában, F. Citterio és L. Vaccaro (szerk.), Budapest 2005 («Ecclesia Sancta», 9), pp. 278-356]. Basta una manciata di soldi, «Civiltà ambrosiana», 14 (1997), 5, pp. 323-325. [con G. Mezzanotte e A. Cova], Bergamo dalle volte alla città, in G. Rumi G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Bergamo e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1997, pp. 7-8. *Le radici cristiane dell’Europa, «Civiltà ambrosiana», 14 (1997), 3, pp. 167-174, poi in C. Brezzi et al. (a cura di), Democrazia e cultura religiosa. Studi in onore di Pietro Scoppola, Bologna, Il Mulino 2002 pp. 155-163 [68] *La «Rerum novarum» nella corrispondenza dei nunzi, in «Rerum novarum». Écriture, contenu et réception d’une encyclique, actes du Colloque international (Rome, 18-20 avril 1991), Roma, École française de Rome, 1997, pp. 233-240. [51] Ricordo dei Casati, in «Nella fermezza della volontà». Alfonso Casati nella lotta di liberazione, atti del Convegno (Arcore, 19 novembre 1994), Arcore, Comune di Arcore, 1997, pp. 21-23. Verità e libertà nella ricerca storica, «Lineatempo», 7, 1997, pp. 63-64. 42 scritti storici di giorgio rumi Introduzione, in A. Majo, S. Ambrogio: il vescovo e patrono di Milano, Milano, NED, 1997. Prefazione, in A. Scottà, La Conciliazione ufficiosa. Diario del barone Carlo Monti «incaricato d’affari» del governo italiano presso la Santa Sede (1914-1922), con una presentazione di Achille Silvestrini, I, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1997. Presentazione, in P. Borzomati, Giovanni Battista Scalabrini: il Vescovo degli emarginati, Soveria Mannelli, Rubettino, 1997. Presentazione, in L. Vanzulli, Bartolomeo Carlo Romilli arcivescovo di Milano. Un profilo politico-religioso (1847-1859), Milano, NED, 1997. 1998 G. Rumi (a cura di), La formazione della Lombardia contemporanea, Milano Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1998. G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Cremona e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1998. Chiesa e società tra Antico regime e Restaurazione, in AA.VV., Chiesa e società a Bergamo nell’Ottocento, Milano, Glossa, 1998, pp. 3-18. *Le Cinque giornate di Milano, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998), 2, pp. 83-88. [69] [con G. Mezzanotte e A. Cova], Cremona, un microcosmo complesso, in G. Rumi G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Cremona e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1998, pp. 7-8. *G.B. Montini cittadino, «Il Veltro», 42 (1998), 1-2, pp. 55-63. [32] *Lombardia, libertà o dominanza?, in G. Rumi (a cura di), La formazione della Lombardia contemporanea, Milano - Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1998, pp. 3-14. [23] Lombardia, società senza Stato?, «Ca’ de Sass», 141, 1998, pp. 32-35. Padre Gemelli e l’Università cattolica tra storia e storiografia, in L’Università cattolica a 75 anni dalla fondazione. Riflessioni sul passato e prospettive per il futuro, Milano, Vita e Pensiero, 1998, pp. 49-57. Paolo Angelo Ballerini. Appunti per un profilo storico-storiografico, in Paolo Angelo Ballerini arcivescovo di Milano, atti della Giornata di studio (Milano, 22 marzo 1997), Milano, NED, 1998 («Archivio ambrosiano», 77), pp. 19-25. Storia di un paese ambrosiano quasi sconosciuto, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998), 3, pp. 178-179. Tra le ombre di Milano, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998), 1, pp. 3-8. Il 18 aprile nella storia d’Italia, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998), 5, pp. 319-326. Intervento alla presentazione del volume Diocesi di Cremona, «La Gazzada», 35, 1998, pp. 34-35. scritti storici di giorgio rumi 43 Introduzione, in F. Chiappa (a cura di), Lino Montagna e la sua Milano, Milano, Associazione per l’Abbazia di Mirasole - Ospedale Maggiore di Milano, 1998. Prefazione, in D. Bardelli, Ambrosianeum. Cinquant’anni di impegno culturale a Milano, Milano, Franco Angeli, 1998. Presentazione, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Le due culture: un incontro mancato? Con il Chronicon di Villa Cagnola (1947-1996), Brescia, Morcel liana, 1998 («Quaderni della Gazzada», 18). Presentazione, in G. Rumi (a cura di), La formazione della Lombardia contemporanea, Milano - Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1998. 1999 Gioberti, Bologna, Il Mulino, 1999. Tempi di guerra, attese di pace. Letture storiche da «L’Osservatore romano» (1984-1998), a cura di P. Gheda, presentazione di P. Borzomati, Soveria Mannelli, Rubettino, 1999. G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Mantova e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1999. [con G. Mezzanotte e A. Cova], Mantova, l’istmo padano, in G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Mantova e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1999, pp. 7-8. Nei «luoghi di Dio»: la lettera del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II sul pel legrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza, suggestioni di G. Rumi, A. Riccardi e E. Rossi, Città del Vaticano, Quaderni de «L’Osservatore romano», 1999. Non solo ordine pubblico, «Civiltà ambrosiana», 16 (1999), 1, pp. 3-5. Introduzione, in A. Belloni Sonzogni, Giuseppe Bicchierai. Sacerdote e manager a Milano 1898-1987, Milano, Franco Angeli, 1999. Prefazione, in D. Bertolotti, Viaggio al lago di Como, Milano, Valentina edizioni, 1999. Prefazione, in M. Bocci, Oltre lo Stato liberale. Ipotesi su politica e società nel dibattito cattolico tra fascismo e democrazia, Roma, Bulzoni, 1999. Prefazione, in V. Cárcel Ortí, Buio sull’altare. 1931-1939. La persecuzione della Chiesa in Spagna, Roma, Città Nuova, 1999. Prefazione, in A. Ghidini, I piccoli derelitti e l’opera di Padre Beccaro, Pessano con Bornago, Mimep-Docete - Edizioni OCD, 1999. 2000 G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Pavia e il suo territorio, Milano, Cariplo, 2000. Don Giovanni Calabria nel contesto del cattolicesimo romano: un’introduzione, in Don Giovanni Calabria (1873-1954). Tra memoria storica ed attualità, 44 scritti storici di giorgio rumi «Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia», 35 (2000), 2, pp. 160-164. *Maritain ambasciatore presso la Santa Sede e i suoi rapporti con il sostituto G.B. Montini. Spunti e congetture, in Montini, Journet, Maritain: une famille d’esprit, Journées d’études (Molshein, 4-5 juin 1999), Brescia Roma, Istituto Paolo VI - Edizioni Studium, 2000, pp. 213-222 [e intervento, pp. 258-259]. [52] *Milano e la scelta sabauda. Spunti da una rilettura di fonti albertiste, in R. Pavoni C. Mozzarelli (a cura di), Milano 1848-1898. Ascesa e trasformazione della capitale morale, Venezia - Milano, Marsilio - Museo Bagatti Valsecchi, 2000, II, pp. 5-14. [24] Montini e l’Europa negli anni milanesi, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Montini e l’Europa, Morcelliana, Brescia 2000 («Quaderni della Gazzada», 20), pp. 73-84. [con G. Mezzanotte e A. Cova], Pavia, la persistente ruralità, in G. Rumi G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Pavia e il suo territorio, Milano, Cariplo, 2000, pp. 7-8. Intervento di un esperto della Commissione Centrale, «La Gazzada», 38, 2000, pp. 30-33. Introduzione, in P. Gheda, La compagnia di Sant’Orsola: dall’occupazione napoleonica alla Provida Mater Ecclesiae 1807-1947, Caltanissetta, Sciascia, 2000. Introduzione, in R. Pavoni - C. Mozzarelli (a cura di), Milano 1848-1898. Ascesa e trasformazione della capitale morale, Venezia - Milano, Marsilio - Museo Bagatti Valsecchi, 2000, I. Prefazione, in D. Fabrizio, La questione dei Luoghi Santi e l’assetto della Palestina 1914-1922, Milano, Franco Angeli, 2000. 2001 G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Sondrio e il suo territorio, Milano, IntesaBci, 2001. Cesare Balbo e un futuro per un vecchio Impero, prolusione all’adunanza solenne per l’inaugurazione dell’anno accademico 2001, Milano, Istituto Lombardo Accademia di scienze e lettere, 2001, pp. 19-25. *L’Ottocento milanese: ruolo e destino di una città, in Storia dell’Ambrosiana. L’Ottocento, Milano, IntesaBci, 2001, pp. 1-25. [25] Per una storia de L’Osservatore romano (1861-2001): la Lettera di sua Santità Giovanni Paolo II per i 140 anni di vita del giornale, con un saggio di G. Rumi, Città del Vaticano, Tipografia Vaticana, 2001. Religione e società nella caduta dell’antico regime (1796-1859), in M. Bona Castel lotti et al. (a cura di), Cultura, religione e trasformazione sociale. Milano e la Lombardia dalle riforme all’unità, Milano, Franco Angeli, 2001, pp. 39-43. scritti storici di giorgio rumi 45 [con G. Mezzanotte e A. Cova], Sondrio, quando parlano le montagne, in G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Sondrio e il suo territorio, Milano, IntesaBci, 2001, pp. 7-8. [con A. De Francesco, G. Buttà, F. Della Peruta, C. Mozzarelli], Tavola rotonda, in C. Continisio (a cura di), Le insorgenze popolari nell’Italia napoleonica. Crisi dell’antico regime e alternative di costruzione del nuovo ordine sociale, Milano, Ares, 2001, pp. 461-479. Introduzione, in E. Bressan - A. Longatti (a cura di), La Ca’ d’Industria a Como. Due secoli di solidarietà, Como, Nodo libri, 2001. Parole introduttive, in M.G. Bascapè - P.M. Galimberti - S. Rebora (a cura di), Il tesoro dei poveri. Il patrimonio artistico delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (ex Eca) di Milano, Milano, Amministrazione delle II. PP. A.B ex E.C.A. di Milano - Silvana Editoriale, 2001. Prefazione, in C. Cattaneo, Dell’insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra, a cura di L. Ambrosoli, Milano, Mondadori, 2001. Prefazione, in D. Saresella, Cattolicesimo italiano e sfida americana, Brescia, Morcelliana, 2001. 2002 G. Rumi - E. Bressan, Don Carlo Gnocchi. Vita e opere di un grande imprenditore della carità, Milano, Mondadori, 2002. Chiesa e Europa, in Europa e realtà nazionali: problemi e prospettive, anno 19992000, Milano, Istituto Lombardo di scienze e lettere, 2002, pp. 71-90. *Contro don Abbondio, in G. Rumi - E. Bressan, Don Carlo Gnocchi. Vita e opere di un grande imprenditore della carità, Milano, Mondadori, 2002, pp. 15-34. [33] *Il Novecento a Milano, in Storia dell’Ambrosiana. Il Novecento, Milano, IntesaBci, 2002, pp. 1-15. [26] Pareto e l’Italia del suo tempo, in G. Manca (a cura di), Vilfredo Pareto (18481923). L’uomo e lo scienziato, prefazione di A. Fazio, Sondrio - Milano, Banca popolare di Sondrio - Libri Scheiwiller, 2002, pp. 89-103. Per una lettura civile della proposta di José Maria Escrivá de Balaguer, «30Giorni», 20 (2002), 2, pp. 8-12. Quel convenire dai quattro angoli della terra, «Bollettino dell’Istituto Paolo VI», 44, 2002, pp. 77-78. Società religiosa e società civile nell’età della Restaurazione, in S. Onger (a cura di), Brescia 1849. Il popolo in rivolta, Brescia, Morcelliana, 2002, pp. 27-30. Intervento in Atti del convegno tenuto in Sondrio il 22 giugno 2002 in occasione della presentazione del volume «Vilfredo Pareto (1848-1923) l’Uomo e lo Scienziato», «Notiziario della Banca popolare di Sondrio», 90, 2002, pp. 76-77. 46 scritti storici di giorgio rumi Introduzione, in M. Bernasconi (a cura di), Una storia, un giornale, un popolo. 1926-2001, [Lugano], Edizioni Giornale del Popolo, 2002 (20062). Introduzione, in A. Buratti Mazzotta (a cura di), I disegni dell’Archivio storico diocesano di Milano, Milano, Provincia di Milano - Biblioteca di via Senato edizioni, 2002. Introduzione, in Storia di Como. Dall’età di Volta all’Europa Contemporanea (1750-1950), V, t. I, Como, Storia di Como srl, 2002 [coordinatore scientifico generale G. Rumi]. 2003 G. Rumi (a cura di), Milano capitale, Milano, Abitare Segesta, 2003. 1802: un nuovo Stato per una nuova società, in S. Levati (a cura di), A duecento anni dalla prima Repubblica italiana 1802-2002, Milano, Archeion, 2003, pp. 55-66. *La diplomazia vaticana: un’esperienza tutta particolare, in A. Giovagnoli (a cura di), Pacem in terris. Tra azione diplomatica e guerra globale, Milano, Guerini e Associati, 2003, pp. 31-39. [53] Intercettazioni del comando supremo italiano dei dispacci fra Benedetto XV e Carlo I d’Asburgo, in A. Scottà (a cura di), La conferenza di pace di Parigi tra ieri e domani (1919-1920), atti del Convegno internazionale di studi (Portogruaro - Bibione, 31 maggio - 4 giugno 2000), Soveria Mannelli, Rubettino, 2003, pp. 267-275. La lezione della storia, «La Ca’ Granda», 44 (2003), 1, pp. 17-18. [con J. Paroni], Monaci e cavalieri alle radici dell’Europa, in L. Vaccaro C. Stroppa (a cura di), Ora et Labora. Le Comunità Religiose nella società contemporanea, con la collaborazione di V. Cesareo et al., Gazzada Busto Arsizio, Fondazione ambrosiana Paolo VI - Nomos Edizioni, 2003, pp. 178-181. Politica e cultura nel gran disegno di Leone XIII, in Paul Sabatier e gli studi francescani, atti del XXX Convegno internazionale (Assisi, 10-12 ottobre 2002), Spoleto, Fondazione Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 2003, pp. 55-65. *Quello straccio di porpora, premessa a P. De Lucia (a cura di), Carteggio Alessandro Manzoni - Antonio Rosmini, introduzione di L. Malusa, Centro nazionale Studi manzoniani, Milano, 2003 (Edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni diretta da G. Vigorelli, 28), pp. XIIIXXV. [27] *Questione meridionale e questione settentrionale nella riflessione dei vescovi italiani, in A. Acerbi (a cura di), La Chiesa e l’Italia: per una storia dei loro rapporti negli ultimi due secoli, Milano, Vita e Pensiero, 2003, pp. 423-432. [35] La Santa Sede, il mondo cattolico italiano e l’Austria degli Asburgo, in G. La Bella (a cura di), Pio X e il suo tempo, atti del Convegno (Treviso, 22-24 novembre 2000), Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 523-538. scritti storici di giorgio rumi 47 Postfazione, in L. Vaccaro - G. Chiesi - F. Panzera (a cura di), Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, Brescia - Gazzada, Editrice La Scuola - Fondazione ambrosiana Paolo VI, 2003 («Storia religiosa della Lombardia. Complementi», 1), pp. 395-396. Prefazione, in G. Del Zanna, Roma e l’Oriente. Leone XIII e l’impero ottomano (1878-1903), Milano, Guerini e Associati, 2003. 2004 *Un antiamericanismo di «La Civiltà cattolica»?, in P. Craveri - G. Quagliariello (a cura di), L’antiamericanismo in Italia e in Europa nel secondo dopoguerra, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, pp. 309-323. [54] Cattolici e politica: luci e ombre fra ’800 e ’900, «Vita e pensiero», 87 (2004), 3, pp. 95-100; anche in «Civiltà ambrosiana», 21 (2004), 3, pp. 192-197. Garibaldi e il senso dello Stato. Spunti dall’epistolario, in A. Trova - G. Zichi (a cura di), Cattaneo e Garibaldi. Federalismo e Mezzogiorno, Roma, Carocci, 2004, pp. 15-20. La Missione di Milano: oltre i confini della tradizione, in L. Vaccaro (a cura di), Il cristiano laico. L’eredità dell’arcivescovo Montini, Brescia, Morcelliana, 2004 («Quaderni della Gazzada», 24), pp. 169-176. *Il modello ambrosiano, in M. Impagliazzo (a cura di), La nazione cattolica. Chiesa e società in Italia dal 1958 a oggi, Milano, Guerini e Associati, 2004, pp. 39-47. [34] La Santa Sede e il sistema della Realpolitik, in Leone XIII. Fede, politica, lavoro, società, pace. Attualità del pensiero di un grande Papa, atti del Convegno internazionale di studi (Roma, 4-6 dicembre 2003), Roma, Liberal, 2004, pp. 31-40. *La «scoperta» del povero. Appunti da una rilettura di «Adesso», «Impegno», 15 (2004), pp. 55-60. [71] Intervento in occasione della presentazione di M.R. De Gasperi, De Gasperi, ritratto di uno statista, Milano, 5 ottobre 2004, Milano, Associazione per lo sviluppo degli studi di banca e borsa - Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, quad. 26, pp. 13-17. Prefazione, in D. Bardelli, L’Italia viaggia. Il Touring club, la nazione e la modernità (1894-1927), Roma, Bulzoni, 2004. Prefazione, in G. De Carli, Eminenza, mi permette? La Chiesa e il mondo raccontati dai cardinali di papa Wojtyla, Casale Monferrato, Piemme, 2004. *Prefazione, in «… per sua stella polare il Duomo». Mons. Angelo Majo (19262003), Milano, NED, 2004. [70] Presentazione, in All’amica sorridente. Attualità del messaggio di Vincenza Cerati Rivolta, Milano, Sugarco Edizioni, 2004. Presentazione, in Storia universale, XVIII. Il Risorgimento italiano, Milano, RCS Quotidiani, 2004. 48 scritti storici di giorgio rumi 2005 Religioso e civile nelle grandi «storie» italiane contemporanee. Parole introduttive, in L. Vaccaro (a cura di), Storia della Chiesa in Europa tra ordinamento politico-amministrativo e strutture ecclesiastiche, Brescia, Morcelliana, 2005 («Quaderni della Gazzada», 25), pp. 15-18. Introduzione, in P.E. Taviani, Discorsi parlamentari, con un saggio di G. Rumi, Bologna, Il Mulino, 2005. Prefazione, in C. Gnocchi, «Dio è tutto qui». Lettere di una vita, a cura di O. Arzuffi et al., Milano, Mondadori, 2005. 2006 La lunga marcia verso la democrazia, in I cattolici e la Resistenza. A 60 anni dalla liberazione: memoria, identità, futuro, Milano, In dialogo, 2006, pp. 51-64. Religione e politica: l’arduo rapporto con l’Austria, in R. Ghiringhelli - O. Sanguinetti (a cura di), Il cattolicesimo lombardo tra rivoluzione francese, Impero e Unità, atti del Convegno di studio (Milano, 3-4 ottobre 2003), Pescara, Edizioni Scientifiche Abruzzesi, 2006, pp. 147-150. *Tesi e ipotesi nelle strategie vaticane di fine Ottocento, in Libri, e altro. Nel passato e nel presente, Milano, Dipartimento di Scienze della storia e della documentazione storica, Università degli Studi di Milano - Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2006, pp. 613-621. [55] Introduzione, in R. Cairoli, Nessuno mi ha fermata. Antifascismo e Resistenza nell’esperienza delle donne del Comasco 1922-1945, Como, Nodo libri, 2006. *Parole introduttive, in A. Robbiati Bianchi (a cura di), La formazione del primo Stato italiano e Milano capitale 1802-1814, Convegno internazionale (Milano, 13-16 novembre 2002), [Milano], Istituto Lombardo Accademia di scienze e lettere - LED, 2006, pp. 11-14. [72] 2007 Oltre Porta Pia. Scritti per liberal, presentazione di A. Colombo, Roma, Liberal, 2007. L’Istituto Lombardo nell’Italia liberale (1860-1900), in A. Robbiati Bianchi (a cura di), L’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere (secoli XIX-XX), Storia istituzionale, I, Milano, Istituto Lombardo Accademia di scienze e lettere - Libri Scheiwiller, 2007, pp. 495-553. 1 Mussolini e il «programma» di San Sepolcro «Quotidiano socialista»: questo il sottotitolo che aveva accompagnato il «Popolo d’Italia» dalla sua apparizione (14 novembre 1914) per tre anni di guerra. Ma il 1° agosto 1918, il «Popolo» si presenta come «Quotidia no dei Combattenti e dei Produttori». L’ultimo, tenuissimo legame che, sia pure nel campo marginale della terminologia politica, univa ancora l’agitatore romagnolo al movimento socialista veniva così a mancare 1. La nuova testata indica infatti con chiarezza il pubblico cui Mussolini intende rivolgersi, le forze politiche ed economiche che egli intende uti lizzare per la sua azione politica: la moderna borghesia industriale e intel lettuale, ed i combattenti. Questi «vanno da Diaz all’ultimo fantaccino». E poi, ci sono […] i produttori, cioè quelli che producono, che lavorano, ma non soltanto con le braccia. C’è il lavoro che non dà sudore alla fronte o non produce i famosi calli alle mani, ma la cui utilità sociale è certo superiore a quella che può essere fornita dalla giornata di un manovale libico […]. Difendere i produttori significa permettere alla borghesia di compiere la sua funzione storica – ci sono ancora due continenti quasi intatti che attendono di essere travolti nel turbine della civiltà mondiale capitalistica – e significa anche agevolare agli operai il conse 1 L’ampia letteratura mussoliniana non sembra aver adeguatamente chiarito il pe riodo bellico: l’opera migliore resta quella di G. Dorso, Mussolini alla conquista del potere, Torino 1961 (19491), pp. 127-172. Sull’evoluzione a destra di Mussolini si veda qualche interessante notizia nel recente saggio di R. De Felice, Giovanni Preziosi e le origini del fascismo (1917-1931), «Rivista storica del socialismo», 5 (1962), pp. 493-555, specialmente p. 504 ss., ove tale spostamento è fatto risalire al periodo immediatamente seguente a Caporetto. [da «Il Movimento di liberazione in Italia», 71 (1963), 2, pp. 3-26] 52 fascismo e politica estera guimento del maggiore benessere per il maggior numero e lo sviluppo di quelle capacità che possono a un dato momento sprigionare dalla massa lavoratrice le nuove aristocrazie dirigenti delle nazioni. 2 I combattenti ed i produttori, la borghesia e le nuove aristocrazie ope raie: i termini e le immagini si susseguono e s’intrecciano nel modo più superficiale e disordinato. Ma il tono e la piega del discorso non lasciano poi molti dubbi. La guerra, si direbbe, ha rivelato a Mussolini tutta l’importanza del moderno capitalismo nella vita e nelle competi zioni delle nazioni: gliene ha dato almeno l’impressione viva e diretta. La «borghesia», o meglio, la particolare «borghesia dei produttori» ha così senz’altro il primo posto nella rozza teoria sociale che egli delinea. L’eco sindacalista non manca, con il richiamo alle aristocrazie operaie cui spetterà di dirigere la nazione, ma l’accenno resta nel vago, è rinviato ad un impreciso avvenire. E la tradizionale teoria del necessario sviluppo del capitalismo, come premessa al trionfo del sindacalismo, diviene quasi ossequio all’indispensabile paternalismo delle classi dirigenti («difendere i produttori» significa anche «agevolare agli operai»). Il rifiuto della reto rica operaistica («i famosi calli alle mani») aggrava infine le cose, poiché induce Mussolini solo ad un assurdo, diretto confronto fra l’industriale e il singolo «manovale libico». Ogni critica del sistema sociale vien meno, e s’indulge invece ad una esaltazione, di per sé caratteristica, del coloniali smo e dell’imperialismo come uno dei tratti distintivi della storia futura: «[…] ci sono ancora due continenti quasi intatti». «Mi sono persuaso che per me la parola socialista era vuota di significato», dichiara Mussolini dieci giorni dopo 3, e l’affermazione è più che logica. L’essenziale è produrre […]; bisogna esaltare i produttori che rap presentano la nuova Italia in contrapposto all’antica dei cantastorie e dei ciceroni; […] ci sono dei capitalisti che hanno il senso della loro funzione storica e «osano», ci sono dei proletari che comprendono la ineluttabilità di questo «processus» capitalistico e vedono i benefici mediati ed immediati che ne possono trarre. 4 Il Leitmotiv di questo passo è ben individuato e contiene già, sia pure em brionalmente, uno dei motivi più tipici degli orientamenti mussoliniani. Egli è affascinato dall’idea del primato della politica estera e già trapela quello che sarà il culto del successo, non importa se inteso in modo assai indifferenziato, purché propagandisticamente efficace, nel campo delle Benito Mussolini, Novità, «Il Popolo d’Italia», 1 agosto 1918. B. Mussolini, Divagazione, ivi, 11 agosto 1918. 4 B. Mussolini, Orientamenti e problemi, ivi, 18 agosto 1918. 2 3 mussolini e il «programma» di san sepolcro 53 relazioni fra le potenze: «Produrre per essere liberi. Lavorare per poter figurare con fierezza e dignità nelle competizioni mondiali» 5. In questo ambito si colloca anche la difesa intransigente della guerra. Fautore della lotta ad oltranza, il «Popolo d’Italia» conduce con decisione una duplice polemica sia contro l’ala pacifista della borghesia sia contro il disfattismo del Partito socialista: «Vogliamo denunciare, smascherare il parassitismo dei politicanti socialisti che non hanno voluto la guerra e vorrebbero sfruttarla nelle sue inevitabili conseguenze rinnovatrici» 6. E in funzione antisocialista non si esita nemmeno a riprendere la vecchia ac cusa di debolezza germanofila: «Bisogna sventare in tempo l’enorme ag guato del socialismo falsamente pacifondaio, onde siano garantite le spalle agli eserciti che dovranno, se la Germania non si arrende, marciare oltre Reno» 7. Solo in questo quadro ormai dell’interventismo e della vittoria, Mussolini vede il problema delle classi lavoratrici. E la meta è una: il loro reinserimento nell’ambito nazionale; come se i lunghi anni di guerra aves sero finalmente dato al proletariato una nuova dignità, rendendolo capace e meritevole di partecipare all’edificazione dei nuovi destini della patria, che in modo ancor vago, ma assai significativo, vengono individuati nel successo sul terreno delle relazioni internazionali. Siamo sulla linea del più ortodosso sindacalismo nazionalista, quello che, non molto tempo pri ma, il Corradini aveva appunto riesposto nella sua Marcia dei produttori 8. La grandezza nazionale subordina a sé ogni altra considerazione, e sul «Popolo» è proprio Paolo Orano, partecipe delle varie vicende del sindacalismo, ad indicarlo con estrema chiarezza: Non è che i proletari non abbiano patria, come gridava quel mentito re di genio che risponde al nome di Carlo Marx. È vero, al contrario, che non l’hanno ancora avuta quella che loro spetta e che debbono conquistarsela se vogliono avanzare di un primo passo sulle vie del le loro conquiste. Bisogna che abbiano e cioè facciano loro la patria che è loro; bisogna che la facciano grande […] quell’Italia che fa della coscienza e della volontà nazionale del suo proletariato un istrumento di grandezza. 9 Ibidem. B. Mussolini, Consensi, ivi, 10 settembre 1918. 7 B. Mussolini, Ipotesi, ivi, 20 ottobre 1918. 8 E. Corradini, La Marcia dei produttori, Roma 1916, p. 78 ss.; sugli orientamen ti del sindacalismo nazionale si vedano M. Viana, Sindacalismo, Bari 1923, pp. 65-79; A. Lanzillo, La disfatta del socialismo, Firenze 1918, p. 276; S. Panunzio, Stato nazionale e sindacati, Milano 1924, p. 93 ss.; A.O. Olivetti, Il sindacalismo come filosofia e come politica, Milano 1924, p. 81 ss.; ed infine l’efficacissimo schizzo di P. Vita-Finzi, Le delusioni della libertà, Firenze 1961, pp. 239-247. 9 P. Orano, Patria e proletariato, «Il Popolo d’Italia», 17 ottobre 1918. 5 6 54 fascismo e politica estera Un orientamento netto e ben marcato, quindi, emerge dalle pagine del «Popolo d’Italia», tutto basato sulla condotta della guerra ad oltranza, secondo gli schemi nazionalistici. E tuttavia, proprio il sopraggiungere della vittoria crea a Mussolini le maggiori difficoltà. In fondo le sue prese di posizione trovavano ampia ragione d’essere finché perdurava il conflit to, con le sue esigenze di coesione nazionale, di esaltazione patriottica e produttivistica, di coercizione dei dissidenti. Ma ora il dopoguerra, con tutti i suoi gravi problemi, sembrava dissipare le troppo facili illusioni. Da un lato, nel campo internazionale, v’erano le incognite della Conferenza della Pace e del nuovo assetto mondiale e, dall’altro, in quello interno, v’era l’affacciarsi di quelle questioni sociali che per troppo tempo erano state trascurate o rinviate. Nuove forze politiche si organizzano e proprio l’aborrito movimento socialista è sulla cresta dell’onda. Lo stesso ambien te dei «produttori» sembra seguire altre vie. Segno forse secondario ma significativo: la pubblicità delle aziende più interessate alla produzione bellica, che era stata assai abbondante sul «Popolo» del 1918, decresce a vista d’occhio 10. In una situazione così mutata, in un quadro così nuovo e complesso, che speranze possono mai restare a Mussolini? Il problema del ritorno dei reduci, che tutti i partiti tengono presente, può forse offrire una rela tiva continuità di idee, di sentimenti ed anche di risentimenti col periodo della guerra. La smobilitazione sempre rinviata, lo può allontanare, ma non risolvere. E su questa carta punta l’interventista Mussolini. Si tratta di utilizzare la guerra e la vittoria per contare di nuovo nella vita politica italiana e, fra i combattenti, Mussolini cerca di ricostruirsi un seguito e di accogliere il maggior numero di adesioni possibili su una base indiscu tibilmente nazionale. Il 25 novembre, dalle colonne del «Popolo», egli lancia un appello per la realizzazione di un movimento combattentistico: «Tutti all’opera per fondare i fasci della costituente!». I delegati dei redu ci, riuniti in costituente, avrebbero dovuto dibattere «i grandi problemi nazionali»; la formula è alquanto elastica ma si colora di un più preciso significato se si tien conto della parte negativa dell’appello: […] dalla costituente dell’interventismo italiano uscirà l’antipartito, cioè un’organizzazione «fascista» che non avrà nulla in comune coi 10 In particolar modo il complesso Ansaldo, la ditta Nicola Romeo, la FranchiGregorini di Bergamo, la Giuseppe Redaelli e F.llo e infine la Banca Commerciale: nel periodo 1 luglio - 4 novembre 1918 queste ditte pubblicarono sul «Popolo» rispet tivamente 24, 23, 16, 26, 46 inserzioni pubblicitarie di varia ampiezza. Nel periodo 4 novembre - 31 dicembre 1918 le inserzioni scendono rispettivamente a 0, 4, 1, 5, 23. Sulla storia della Banca Commerciale nel periodo bellico si veda A. Monticone, Nitti e la grande guerra, Milano 1961, p. 199 ss. mussolini e il «programma» di san sepolcro 55 «credi», coi «dogmi», con le mentalità e soprattutto con le pregiudizia li dei vecchi partiti in quanto permetterà la coesistenza e la comunità d’azione di tutti coloro (quali si siano i loro credi politici, religiosi ed economici) che accettano una data soluzione di dati problemi […]. 11 L’insofferenza per le strutture rigide dei partiti, per il loro dogmatismo, e, al contrario, la predilezione per gli slogan, l’azione diretta, il tecnicismo: tutti quei motivi che s’erano andati accentuando negli anni di guerra in Mussolini si ritrovano qui in una forma drastica e perentoria che però rivela anche l’assenza di ogni altra concreta prospettiva politica. Nessun dubbio, comunque, doveva offrire, nelle intenzioni del suo organizzato re, il movimento combattentistico in via d’organizzazione dal punto di vista dell’ortodossia nazionale e dell’opposizione alla lotta di classe: la ri chiesta della costituente non può far sorgere equivoci o in qualche modo avvicinarlo alla sinistra: «Noi partiamo dal terreno della Vittoria che non deve essere sabotata […] noi ci mettiamo sul terreno della nazione che contiene la classe e tutte le classi mentre la classe non contiene affatto la Nazione […]» 12. Se infine si chiede la partecipazione di rappresentanze di lavoratori alla conferenza della pace, questa si accompagna subito alla polemica col classismo dei socialisti 13. La nuova organizzazione combat tentistica, piuttosto, deve differenziarsi nettamente da tutti i movimenti esistenti: essa «non avrà nessuno dei caratteri dei vecchi partiti» 14. Po sizione critica, quindi, nei confronti della vecchia classe dirigente, e, al contempo, lotta al bolscevismo in tutte le sue manifestazioni. È un tentativo di interpretare e difendere stati d’animo e tendenze che si potevano pensare diffusi tra i combattenti e, in una chiave partico lare, il mito della «nuova Italia», dell’Italia rigenerata dalla guerra. Ed è un mito capace, si direbbe, di larghi consensi se un reduce come Pietro Nenni, già interventista repubblicano, può scrivere anch’egli sul «Popolo d’Italia»: «[…] indietro la vecchia Italia! Al timone non ci vuole gen tucola gottosa. Nel formidabile rimescolio del mondo l’Italia può anche resistere alla febbre … russa. Dipende dal senno dei governanti» 15. Il «Popolo» fa così assumere contorni sempre meglio definiti al suo indirizzo politico. Ai reduci rivolge le sue più vive attenzioni: V’è una massa compatta, omogenea, abbastanza univoca nei desideri e nelle speranze: la massa dei combattenti, dei mutilati, delle famiglie dei B. Mussolini, A raccolta!, «Il Popolo d’Italia», 23 novembre 1918. B. Mussolini, In tema di Costituente, ivi, 7 dicembre 1918. 13 B. Mussolini, La prima Costituente del grande popolo italiano sarà, ivi, 19 novem bre 1918. 14 B. Mussolini, Precisiamo!, ivi, 20 novembre 1918. 15 P. Nenni, Idee chiare, ivi, 22 novembre 1918. 11 12 56 fascismo e politica estera caduti. Costoro, politicamente preparati, potrebbero essere il nucleo centrale per la conquista e la trasformazione dello stato. 16 Commentando la fondazione dell’Associazione Reduci zona operante, il «Popolo» osserva: Affermiamo sicuramente che l’organizzazione dei combattenti, per quella esperienza e quella coscienza che le acquisirono i sacrifici e le ragioni della guerra combattuta, sarà l’unica compagine veramente ca pace di dare al popolo dell’oggi tali dirigenti che rispondano a tutti i requisiti necessari […]. 17 E la larga ospitalità offerta dal giornale alle lettere ed ai problemi dei militari par davvero rinsaldare i legami con le masse dei reduci. Abbon da la corrispondenza di ufficiali subalterni, di «arditi» e di membri di altri corpi scelti, ma non manca quella dei semplici soldati: il «Popolo» può quindi, con qualche ragione, attribuirsi il ruolo di loro portavoce. «Il generale Caviglia – riporta con palese compiacimento Mussolini – mi ha detto che legge sempre il «Popolo d’Italia» per tenersi al corrente del pensiero e delle necessità dei soldati […]» 18. Sin dai primi mesi dopo la vittoria, l’attenzione che il «Popolo» ri serva al problema dei combattenti assume tuttavia un orientamento più preciso. Fra le masse dei reduci l’interesse del giornale non tarda a con centrarsi sugli ufficiali. Duecentomila subalterni di complemento stanno per essere congedati: ad essi Mussolini si propone di conservare prestigio, autorità, un ruolo importante nel dopoguerra. Non crediamo che chi è partito studente, insegnante, impiegato, e tor na con le spalline da ufficiale dopo aver fatto l’abitudine al comando, agli stipendi discreti, se non lauti, sia pronto a tornare alle vecchie abi tudini […]. 19 Ma egli non si limita ad operare una distinzione fra ufficiali e semplici militari, anzi, in un certo senso, riesce a contrapporli: […] dei soldati tutti si occupano, ai soldati tutto promettono. Mentre nessuno osa affrontare il problema degli ufficiali nel dopoguerra, che sono i veri artefici della vittoria. Il soldato è la massa, la massa bru ta, poderosa ma inerte, senza una forza propulsiva che ne stabilisca lo sforzo e gli obiettivi da raggiungere […]. Quaranta mesi di rude, san guinosa esperienza hanno costituito la migliore scuola che si potesse 16 17 18 19 Critone, Aspetti politici della crisi economica, ivi, 31 gennaio 1919. Ivi, 1 febbraio 1919. Il generale Caviglia ed il «Il Popolo d’Italia», ivi, 1 febbraio 1919. In rango! Incomincia l’appello! Trincercarchi a noi!, ivi, 27 dicembre 1918. mussolini e il «programma» di san sepolcro 57 augurare per una generazione sana e forte degna di un grande domani, gli ufficiali oggi rappresentano una ricchezza accumulatasi in silenzio, una ricchezza ideale che non ci attendevamo, un tesoro di energia e di esperienza che non si deve trascurare: essi sono l’élite dell’aristocrazia nuova, della trincerocrazia italiana […]. 20 I cardini dell’ordine stabilito non corrono più pericolo. Quando si costi tuisce a Milano un «fascio di educazione sociale» allo scopo di diffonde re, fra l’altro, […] sane ed equilibrate cognizioni economico-sociali che […] convin cano profondamente della sterilità di ogni conato rivoluzionario e del l’alto valore dell’ordine come presidio del benessere sociale collettivo e della libertà individuale […] 21 il «Popolo» commenta: «Ecco un’iniziativa che merita tutto il nostro plauso ed incoraggiamento. Vogliamo augurarci che essa possa esplicarsi nel modo più proficuo» 22. Prudente ricerca di formule nuove, ortodossia patriottica, antisocia lismo, appello ai reduci ma, in particolar modo, agli ufficiali, esaltazione dell’ordine e del produttivismo: su questa base Mussolini può anche af frontare senza troppe incertezze le questioni più importanti del momento. Le otto ore, i minimi di salario, la riforma tributaria, la terra ai contadini, i provvedimenti per gli invalidi ed i reduci, i miglioramenti economici per le più trascurate categorie di statali 23, tutto trova un’eco sul «Popolo d’Italia», ma il loro senso ultimo è ben chiaro. Mussolini non si pone in concorrenza con il socialismo, avanza sì un programma di rivendicazioni sociali ed economiche, ma in funzione strumentale alla sua politica di or ganizzazione dei reduci. Ogni riforma è anzitutto diretta al più alto scopo della grandezza na zionale, come precisa il titolo a piena pagina del 16 novembre 1918: «Per la gran Patria entro ed oltre i confini». Inequivocabile è quindi la posizione del «Popolo» di fronte alle agita zioni ed agli scioperi popolari che si intensificano a partire dal novembre 1918: la lotta di classe non può essere ammessa in quanto danneggia la produzione e compromette gli interessi nazionali, ben superiori ad ogni conflitto particolaristico 24. L’auspicio di vaste riforme sociali non esclude la più aspra polemica antisocialista: 20 21 22 23 24 Ibidem. Per un fascio popolare di educazione sociale, ivi, 7 dicembre 1918. Ibidem. Ivi, 16 novembre 1918; 6 e 19 gennaio, 2 febbraio e 12 marzo 1919. A. Lanzillo, Il Trattato di pace e le classi lavoratrici, ivi, 19 novembre 1918. 58 fascismo e politica estera […] inchiodate al muro della loro stoltizia questi emeriti conservatori delle vecchie ideologie socialiste verniciate a nuovo col fanatismo ed il sangue del bolscevismo asiatico, scarnificate il loro pensiero da ogni muscolatura di sofismi e giungete ad una conclusione mostruosa ma inconfutabile: essi non volevano la Vittoria, essi aspiravano alla disfatta […]. 25 Si nega inoltre che il Partito socialista rappresenti effettivamente gli inte ressi popolari: Noi ci guardiamo bene dal confondere la massa operaia che ha contri buito nelle officine alla Vittoria coi soliti politicanti che la sfruttano per fini personali o di partito. Ma è tempo che la massa operaia reagisca; è tempo che gli operai ricordino che sono uomini e non gregge. La Nazione che ha la coscienza di se stessa, la Nazione che dopo aver rag giunto la meta gloriosa non vuole abbassarsi e meno ancora precipitare, non permetterà a nessun costo che la Vittoria guadagnata col sangue sacro dei soldati sia sfruttata obliquamente da coloro che hanno fatto l’impossibile ed il possibile per impedirlo […]. 26 Né le rivendicazioni sociali portate avanti in questo periodo, né gli at tacchi alla borghesia riescono in realtà ad alterare l’orientamento inti mamente conservatore del giornale mussoliniano. Nel ceto borghese ci si preoccupa di distinguere sempre un settore produttivo realizzatore, socialmente positivo, sensibile alle esigenze superiori della nazione, che è tutt’altra cosa dagli speculatori del tempo di guerra, dagli arricchiti, da gli aborriti pescicani, dai capitalisti «vili», timorosi di fronte all’incalzare della marea rossa, minati dal tarlo del rinunciatarismo, dai giolittiani di sfattisti e codardi 27. La distinzione, quanto mai rozza, ma propagandisti camente assai efficace nell’uditorio piccolo-borghese del «Popolo», salva così l’essenziale e l’iniziativa privata, il capitalismo audace ed intrapren dente possono essere apertamente esaltati. Il comm. Spigno, presidente della Camera di Commercio di Genova, ha avuto, fra le tante, una frase felicissima: torni ognuno al proprio mestiere. Non s’improvvisano gli individui e non si improvvisano i com mercianti. Sono il lungo tirocinio, la pratica, la vita vissuta quelle che formano le capacità […]. 28 Osserva il «Popolo d’Italia»: «Il paese vuole il ritorno sollecito alla libertà di commercio internazionale, della produzione e dei prezzi» 29. Ed ancora: B. Mussolini, Il bolscevismo italiano contro Wilson, ivi, 6 gennaio 1919. B. Mussolini, Il mondo ci guarda, ivi, 7 novembre 1918. 27 B. Mussolini, Alla sbarra i tedeschi d’Italia, ivi, 26 novembre 1918. 28 Mib, Per salvare il paese, ivi, 2 febbraio 1919. 29 M. Gioda, L’antipartito, ivi, 10 febbraio 1919. 25 26 mussolini e il «programma» di san sepolcro 59 Non vogliamo degli analfabeti danarosi. Non del popolarume demago gico sotto qualsiasi vernice sovversiva o democratica. Oggi occorrono uomini non di partito ma adatti al fronte dell’economia e del lavoro. Non degli oratori ma dei tecnici. Non dei paraboloni ma dei produtto ri, dei suscitatori di nuove energie […]. 30 Dal liberismo economico alla riaffermazione dei valori tradizionali il pas so è breve: […] noi siamo troppo individualisti – scrive Mussolini – per inchinar ci ai nuovi ideali, siamo troppo eretici per non sottoporre alla nostra critica corrosiva i credi della nuova generazione … e siamo anche CONSERVATORI! Ehi tu, non abbozzare quella tua smorfia beffarda di scimunito che crede di sapere. Sì: c’è qualcosa da conservare nelle vecchie civiltà occidentali, c’è da conservare l’individuo, la libertà del l’individuo, la libertà dello spirito che non vive di solo pane, la libertà che non può essere schiacciata dai dittatori della caserma leninista co me non fu schiacciata dai caporali della caserma prussiana […]. 31 E simile è anche, in fondo, la funzione che Mussolini attribuisce al Parti to popolare italiano. Commentandone la fondazione, egli dice: Il programma è «democratico». Oseremmo dire, troppo democratico. Di tradizionale c’è solo il primo comma che riguarda la famiglia […], tutto il resto è programma minimo ed anche massimo socialista […]. Per tutto ciò che riguarda l’interno, il programma del nuovo partito in veste tutti i problemi e presenta soluzioni radicali. Chiede ad esempio il suffragio universale per ambo i sessi, la rappresentanza proporzio nale, il collegio plurinominale. È un programma rinnovatore e in certi suoi postulati, come quelli concernenti la politica estera, «sovversivo». Ma ciò che differenzia il nuovo partito dagli altri di estrema sinistra è e sarà la tattica. Il Partito Popolare, nell’adozione dei suoi mezzi di lotta, non può uscire dalla più stretta legalità […]. È solo questo partito che può sperare di contendere ai socialisti le masse rurali […]. 32 Riconoscimento dell’apertura sociale del movimento cattolico, non di sgiunto da talune preoccupazioni per l’audacia della risposta innovatrice, compiacimento per la comparsa di una grossa forza politica sostanzial mente d’ordine e per il ruolo connaturato di argine al dilagante sociali smo: a questo è ridotta la comparsa del partito cattolico sulla scena poli tica italiana. 30 31 32 Per salvare le forze produttive della Nazione, ivi, 31 gennaio 1919. B. Mussolini, Contro la bestia ritornante, ivi, 18 febbraio 1919. B. Mussolini, Il Nuovo Partito Popolare Italiano, ivi, 24 gennaio 1919. 60 fascismo e politica estera Perfettamente coerente a questo indirizzo è l’atteggiamento del «Po polo d’Italia» verso i problemi economici e sindacali. L’appoggio offer to all’Unione italiana del lavoro è motivato, oltre che dagli indiscutibili precedenti patriottici dell’Associazione, anche dalla moderazione dei suoi programmi, che, neppur di lontano sembrano minacciare il mito della produzione sacro a Mussolini ed ai suoi accoliti. Commentando i delibe rati del congresso dell’UIL 33, Agostino Lanzillo osserva: Ciò che rende importante questo elenco di richieste è anzitutto la fer mezza e la decisione senza retorica con la quale il congresso prende posizione. Siamo ben lontani dagli ordini del giorno dei rivoluzionari da operetta compilati dalla lepida direzione del partito […]. 34 Si esalta quindi la conciliazione dei contrastanti interessi del padronato e delle maestranze al fine superiore della Nazione 35, e, di conseguenza, si ammonisce il capitale alle concessioni, a scanso di danni maggiori 36. Lo sforzo mussoliniano di separare il movimento sindacale dal Partito so cialista è evidente e l’avance nei confronti della Confederazione generale del lavoro si pone sulla medesima direttiva. Quando l’on. Rinaldo Rigola, uno dei suoi maggiori esponenti 37, in un’intervista concessa al «Tempo», dichiara: Quelli che sanno creare giorno per giorno la ricchezza possono accapi gliarsi ad ogni momento per ripartirsela, ma possono anche facilmente trovare il punto d’accordo che loro consente di collaborare per attinge re sempre più alte mete […]. 38 Mussolini non tarda a cogliere la palla al balzo: L’on. Rigola parla nettamente di collaborazione tra coloro che produ cono la ricchezza, salvo a combattersi quando si tratta di ripartirsela. C’è un interesse comune che ad un dato momento elide e cancella la lotta di classe: l’interesse di produrre […]. 39 *** 33 34 1919. Si veda M. Viana, Sindacalismo cit., p. 75. A. Lanzillo, Commento al Congresso dell’U.I.L., «Il Popolo d’Italia», 11 gennaio Ivi, 24-25 gennaio 1919. B. Mussolini, Bisogna cominciare, ivi, 26 gennaio 1919. 37 Sul Rigola si veda l’autobiografia R. Rigola e il movimento operaio nel Biellese, Bari 1930, specialmente l’ultimo capitolo. 38 B. Mussolini, Rettifiche di tiro, «Il Popolo d’Italia», 25 febbraio 1919. 39 Ibidem. 35 36