Perché la storia. Itinerari di ricerca - LED

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Perché la storia. Itinerari di ricerca - LED
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24-11-2009
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Giorgio Rumi
Perché la storia
Itinerari di ricerca (1963-2006)
a cura di Edoardo Bressan e Daniela Saresella
Introduzione di Enrico Decleva
*
Introduzione
Più d’uno l’ha rilevato, parlando del­la sua opera e del suo impegno, al­
l’indomani del­la prematura scomparsa, avvenuta il 30 marzo 2006: Gior­
gio Rumi non amava la defi­nizione di «storico cattolico» con la quale era
invece non di rado presentato dai media, soliti chiedergli pareri e punti di
vista e portati, per consuetudine, ad etichettarlo in quel modo.
Certamente non è in discussione l’aggettivo e quel­lo che, con riguar­
do al­le sue convinzioni, vissute in chiave sempre discreta e riservata, esso
indica: un aggettivo al quale va in ogni caso accostata l’ulteriore qualifica,
inscindibile e al­la quale teneva molto, di «liberale». È un fatto, d’altro
canto, che non poca parte dei suoi studi, del­le sue riflessioni, dei suoi
tanti interventi, ha riguardato aspetti, momenti, figure del mondo cat­
tolico, ecclesiastico e laico. E ciò nel­la convinzione che, dopo l’unifica­
zione nazionale, per il modo con il quale era avvenuta e per le eredità
che essa aveva lasciato, quel­la cattolica fosse la questione cruciale per la
vita del Paese. Ma altro rimanevano pur sempre le tematiche prescelte, e
i motivi e le occasioni che avevano presieduto al­la loro individuazione,
altro il metodo, l’attitudine intel­lettuale, l’idea di fondo circa la funzione
del­la storia, e quindi del­lo storico, nel­la cultura e nel­la società contem­
poranea. Tra i due aspetti si ponevano dei nessi, naturalmente, e tanto
più con riferimento al­la cattolicità al cui interno egli si col­locava e sul­la
quale ha tanto (ma non esclusivamente) lavorato. Nel­la sua ottica, era
in ogni caso lo storico, nel­lo svolgimento del suo mestiere specifico e
nel­l’individuazione dei risultati ai quali giungeva e di cui dava conto, a
fornire elementi non scontati di riflessione. Anche quando, a partire dal­
la metà degli anni ’80, si è trovato a col­laborare, con un ruolo di rilievo,
anche fortemente propositivo, al più importante e autorevole organo di
stampa del­la cattolicità, la formula da lui preferita è stata, non a caso,
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introduzione
quel­la del­le «letture storiche», dei commenti cioè agli eventi e al «volgere
del­le situazioni» condotti nel­la scia e nel­la prospettiva dei loro retroterra
temporali, ricavando in primo luogo da lì l’indicazione dei loro significa­
ti. Fermo restando che «avere senso nel­la storia» non significava «essere
determinati passivamente dal­la storia stessa»  1. Ma considerando altret­
tanto indubitabile che «il passato non può ridursi ad oggetto di consumo:
al contrario parla, incide e conta per il nostro tempo»  2.
Perché la storia: nasce da qui, da quel­lo che si può a buon diritto
considerare l’elemento unificante e ispiratore del suo impegno, il titolo
da­to a questa raccolta di numerosi suoi scritti dispersi in molte sedi e me­
ritevoli di venire radunati e riproposti, con la quale la Facoltà di Lettere e
filosofia del­l’Università degli Studi di Milano, presso la quale ha operato
per oltre un quarantennio, e il Dipartimento di Scienze del­la storia e del­
la documentazione storica intendono ricordarlo e onorarlo.
Un titolo suo (il relativo pezzo è stato incluso nel­l’ultima parte),
em­­ble­matico, appunto, nel­la mancanza del punto interrogativo finale,
del suo sentire di fondo. Per Rumi non costituiva un dubbio, ma una
certezza: del­la storia (del­la storia: non del­l’agiografia e del­l’apologetica
o del loro contrario) non si può fare a meno, e simile convinzione l’ha
accompagnato, come il lettore potrà rendersi conto, lungo tutto il suo
operoso itinerario, dal­la metà degli anni ’60 del secolo scorso – gli anni
degli esordi, dei primi studi e dei primi riconoscimenti, quando poteva
sembrare che nul­la inficiasse il ruolo e l’importanza del­la storia e, con­
seguentemente, di chi vi si dedicava – fino ai tempi successivi e al­la cre­
scente e infine inequivocabile messa in dubbio del­le antiche sicurezze e
dei conseguenti ruoli. Lo constatava egli stesso nei tardi anni ’80: «Torna
con crescente frequenza sui media, o nei giudizi di alcuni opinion makers
del nostro tempo, la formula del­la crisi, anzi del­la fine o addirittura del­la
morte del­la storia»  3. Ma non era a questo che ci si doveva rassegnare.
E il suo lavoro è, e resterà, lì a ricordarcelo, a ribadire il significato non
surrogabile di una funzione intel­lettuale e culturale esercitata con convin­
zione e coerenza, evitando mode, strumentalizzazioni, luoghi comuni.
Il contesto, negli anni del­l’esordio, rispetto al quale impostare e co­
struire il mestiere al quale aveva deciso di dedicarsi, presentava elementi
di evidente ambiguità. Erano gli anni in cui si rendevano disponibili con
liberalità gli enormi giacimenti documentari del­l’Archivio centrale del­lo
Stato, affidati (come non ricordarlo con gratitudine?) al­la vigile e genero­
1
G. Rumi, Tempi di guerra, attese di pace. Letture storiche da «L’Osservatore Romano» (1984-1998), a cura di P. Gheda, Soveria Mannel­li, Rubbettino, 1999, p. 18.
2
Ivi, p. 78.
3
Un senso per la storia, oggi, in questo volume, p. 905.
introduzione
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sa cura di Costanzo Casucci e dei suoi col­laboratori; gli anni in cui (fino
al­la disastrosa al­luvione del novembre 1966) si poteva attingere in gran
copia, senza le formalità e i pur comprensivi vincoli dei tempi successivi,
al­le ricchissime e praticamente intonse col­lezioni di periodici e quotidiani
del­la Biblioteca nazionale di Firenze. Per non dire dei tanti altri fondi
archivistici e bibliografici che si rendevano accessibili a livel­lo locale o ad
opera di istituti specializzati.
Le voci e le testimonianze, fatti salvi i vincoli di legge sui limiti tem­
porali per la consultabilità del­le carte, sembravano insomma tutte, o qua­
si tutte, a disposizione, in una sorta di presa diretta dal­la quale attingere
a piene mani. Chi, dei laureati nei primi anni ’60, si è iniziato in quel­la
stagione agli studi di storia contemporanea, non può non ricordarla come
una sorta di progressiva ed entusiasmante scoperta di territori scono­sciuti
o poco noti, sui quali avevano, certo, cominciato a lavorare i maestri del­la
genera­zione passata e sui quali si erano già inoltrati da qualche tempo
con profitto, e aprendoci in vario modo la strada, gli studiosi, più anziani
di noi d’una diecina di anni, usciti dal­la scuola di Federico Chabod e
del napoletano Istituto di studi storici. Ora essi si schiu­devano anche ai
nostri sguardi, consentendoci di verificare quanto dei ricordi e del­le me­
morie dei protagonisti o dei primi tentativi di mettere a fuoco gli eventi
del Novecento reggesse al­la prova dei documenti e del­le testimonianze
dirette, e quanto, invece, di nuovo e di significativo andasse inserito nei
circuiti, in via di rapidissimo ampliamento, del­le informazioni e del­le co­
noscenze.
C’era anche, a dire il vero, chi ammoniva a non lasciarsi troppo irre­
tire da quel­la sovrabbondanza di carte inedite e a non dimenticare che la
comprensione del passato era e restava legata, in primo luogo, al­l’intel­
ligenza e al­la penetrazione dei problemi e del­le questioni che l’avevano
caratterizzato e che solo avanzando proposte e sol­lecitazioni a quel livel­
lo – e magari continuando a riflettere di più sul­l’«edito», cioè sul­le que­
stioni e sui nodi irrisolti o da riconsiderare, anziché lasciarsi sommergere
dal­la ridondanza di una documentazione archivistica troppo spesso fine
a se stessa – la storiografia poteva trovare, o mantenere, capacità e forza
per interloquire.
In ogni caso, il problema di ricondurre a un’interpretazione coerente
l’ampia messe documentaria si poneva. E, a questo livel­lo, i punti di rife­
rimento non erano così sicuri. In effetti, accadeva che, su quel piano, ci
si affidasse non di rado a moduli e schemi che attestavano le forti e per­
sistenti connessioni del­la storia con­temporanea e di chi la coltivava con il
quadro politico e partitico. Lo spirito di appar­tenenza incideva sia nel­la
scelta dei temi (la ricerca, in sostanza, in particolare nel caso dei partiti,
dei rispettivi antenati), sia, e più ancora, nel­la loro trattazione e nei giu­
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introduzione
dizi di valore che ne discendevano e che risultavano conseguentemente
spesso funzionali a scelte e prospettive in realtà emerse solo in seguito. Il
senno del poi (non di rado proiettato in ipotesi per il futuro tutt’altro che
scontate e destinate a risultare a loro volta smentite dal­la realtà a venire)
determinava non poca parte dei giudizi e del­le valutazioni retrospettive.
E questo poteva accadere sia che si fossero assunte come punto di
riferimento le posizioni espresse da una del­le parti in causa, valutando le
altre al­la luce del­le scelte e degli orientamenti di quest’ultima, sia che si
proiettasse una luce negativa sul­l’intero passato del quale ci si occupava,
reso tutto colpevole di non aver seguito l’opzione giudicata a posteriori
giusta e da percorrere. La storia finiva così con il configurarsi come una
sorta di cimitero del­le occasioni (e del­le rivoluzioni) mancate. Né ci si
chiedeva se, coltivando una tale concezione, non si contribuisse, in realtà,
a prepararne altre del medesimo genere.
In certa misura inevitabile, il nesso tra politica e storiografia poteva
però anche essere vissuto in una chiave diversa, non partendo dal­l’idea
che si aveva del presente e del­le sue prospettive per proiettarle, senza
mediazioni, sui giudizi da dare dei prede­cessori, ma seguendo il percorso
inverso. Cercando cioè di comprendere, in prima istanza, aspirazioni, in­
tenzioni, volontà e concreto operare nei contesti loro propri. Badando a
non dare nul­la per scontato e sforzandosi di leggere le fonti – a stampa o
inedite che fossero – in quel­l’ottica. Una parte almeno del­la cultura sto­
riografica italiana di quegli anni si sforzava, in effetti, di tenere aperta una
prospettiva siffatta ed era in tale ambito che il giovane Rumi mostrava fin
dal­l’inizio di volersi muovere, come attestava anche la scelta di Ettore
Passerin d’Entrèves quale relatore del­la tesi di laurea discussa, nel luglio
1962, presso la Facoltà di Scienze politiche del­l’Università Catto­lica.
La prima parte di questa raccolta dà conto degli studi con i quali Ru­
mi esordì, cimentandosi in modo particolare con i primi anni del­l’azione
internazionale del fasci­smo. Un tema sul quale avevano già lavorato e
stavano lavorando alcuni specialisti di «storia diplomatica», ma che Ru­
mi vol­le e seppe affontare con una visione più ampia e articolata, dando
peso e rilievo interpretativo al­le tendenze e al­le concezioni emerse ben
prima del­l’andata al governo e indipendenti dal preteso apporto esterno
nazionalista. La lettura del­la stampa fascista del­le origini – del «Popolo
d’Italia», ma anche dei moltissimi fogli locali – gli consentiva di scoprire
e di verificare la centralità, già in quel­la fase, del­le tematiche di politica
estera e di un tendenziale «imperialismo» frutto del­le elaborazioni nate
dal­l’esperienza del­la guerra e del­l’immediato dopoguerra e desti­nate ad
agire e influire in seguito, con sostanziale continuità d’ispirazione.
In questa prospettiva, Rumi tendeva a negare ogni separatezza del­la
politica estera (e quindi di ogni conseguente specialismo storiografico, al
introduzione
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di là del­l’ovvia particolarità del­le fonti al­le quali attingere per ricostrui­
re l’azione diplomatica in senso stretto) dal contesto generale, politico,
ideologico, culturale: incoraggiato e influenzato, in questo approccio,
da Brunel­lo Vigezzi, da lui conosciuto nei seminari al­l’ISPI e del quale
diventò assistente volontario per l’insegnamento di Storia del­le dottrine
politiche presso la Facoltà di Lettere e filosofia del­la «Statale» a partire
dal novembre 1964, abbandonando il disegno originario di abbracciare la
carriera diplomatica.
Il primo lavoro edito dal venticinquenne Rumi, su Mussolini e il
«Pro­­gramma» di San Sepolcro, che apre la presente raccolta, è del 1963.
Esemplare in più sensi per intel­ligenza, lettura penetrante del­le fonti, ca­
pacità di arrivare al­la sostanza dei nodi interpretativi, efficacia del­la scrit­
tura, esso si inseriva con originalità nel più ampio contesto degli studi sul
primo dopoguerra italiano, in quegli anni in piena espansione. Rumi vi si
dedicava con altri saggi sul «Popolo d’Italia» e sul «Secolo» e con i testi
più specificamente dedicati al­la politica estera, culminati nel volume del
1968 Al­le origini del­la politica estera fascista (1918-1923), grazie ai quali
ottenne, due anni più tardi, la libera docenza in Storia contemporanea, e
nel lavoro di sintesi del 1974 su L’imperialismo fascista.
Vincitore di un posto di professore straordinario di Storia contem­
poranea, Rumi venne chiamato a Milano, presso la Facoltà di Lettere e
filosofia del­la «Statale» nel 1977. Presso la medesima Facoltà Rumi aveva
tenuto dal 1969 l’incarico del­l’insegnamento di Teoria e storia del­la sto­
riografia. Aveva quindi avuto modo di subire, come tutti, senza soluzioni
di continuità, i contraccolpi dei tempi, del­la contestazione studentesca
presto trasformatasi in ben altro e i cui echi sembrava non dovessero ave­
re mai fine, in un clima sempre più invelenito e degenerato e apparen­
temente senza vie d’uscita. Sino al­le tragedie che avrebbero riguardato
anche persone al­le quali eravamo molto legati e al­la cui perdita – mi rife­
risco a Walter Tobagi – non ci saremmo mai rassegnati.
Non era facile, ma era ancor più obbligato rivendicare, in quel conte­
sto, nel­l’evi­dente prevalere (non si poteva in alcun modo prevedere fino
a che punto e fino a quando) di tutt’altre spinte, una concezione non
ri­­nun­ciataria, e insieme libera e non strumentale, del­la storia.
Gli interessi storiografici di Rumi si erano nel frattempo sviluppati
in nuove direzioni. I soggiorni romani relativamente frequenti, legati al­le
ricerche archi­vistiche e al­la partecipazione ai lavori di uno dei Comitati
di consulenza del CNR o a incontri e convegni, avevano favorito l’intensi­
ficarsi dei rapporti con vari studiosi attivi nel­la capitale, da Ruggero Mo­
scati a Renzo De Felice a Gabriele De Rosa, e, soprat­tutto, con Rosario
Romeo, dal quale Rumi recepì in tutto il suo rilievo la considerazione del­
l’unificazione nazionale italiana come la mutazione più importante inter­
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introduzione
venuta nel­la penisola dal­la caduta del­l’Impero romano  4. Paral­lelamente,
a Milano, il clima cupo che si respirava al­la «Statale» aveva trovato un
compenso nel­le periodiche visite a Raffaele Mattioli e nei pomeriggi do­
menicali nel­la sua casa di via Morone, trascorsi a parlare del­la costituen­
da Associazione per lo studio del­la formazione del­la classe dirigente nel­
l’Italia unita, «di chi oggi la costituisca e di chi l’abbia costituita ieri»: un
progetto che nasceva dal­la consapevolezza (confermata dal­la crisi che si
stava vivendo) di quanto il problema avesse accompagnato «con una sua
mai sopita attualità» tutto lo svolgimento del­la storia unitaria al punto da
poterne addirittura rappresentare il tema di fondo. Questo a condizione,
beninteso, di intendere il termine
nel suo significato più ampio e comprensivo, facendovi dunque rientrare
tutti coloro che, al governo o al­l’opposizione, nel parlamento o fuori di
esso, muovendosi in una sfera ufficiale ovvero entro spazi propri ed au­
tonomi o addirittura alternativi, abbiano svolto, svolgano o si preparino
a svolgere compiti che vanno al di là del puro esercizio d’un mestiere,
d’una professione, d’una funzione, per contribuire invece, nel­le forme
e nei settori propri ad ognuno (politico, economico, amministrativo,
militare, religioso, culturale, sindacale …), a quel­lo che è, di periodo in
periodo e ai diversi livel­li, la «gestione degli affari del paese».  5
Il progetto non andò oltre la fase iniziale, anche a causa del­la scomparsa
di Mattioli nel luglio 1973, ma è a quel­le idee di fondo che Rumi con­
tinuò ad ispirarsi, con effetti evidenti a partire dal saggio, per più versi
essenziale e innovativo, dedicato nel 1971 ad Agostino Gemel­li.
Rumi arrivava ad occuparsi dei cattolici e del­la Chiesa passando dal­la
questione, a vario titolo al centro del­l’attenzione, dei loro rapporti con il
fascismo. Ma la sua impostazione divergeva nettamente da quel­le al­lora
più ricorrenti. Nel­la sua ricostruzione del­l’opera del fondatore e rettore
del­l’Università Cattolica cedimenti e compromissioni con il Regime non
venivano certamente sottaciuti, ma non erano questi, a suo parere, gli
aspetti storicamente più rilevanti in una prospettiva di più lungo periodo.
L’accento batteva piuttosto sul­l’ispirazione antimoderna originaria e sui
suoi esiti effettivi e in larga misura imprevedibili, consistenti nel tentativo
diretto «a cogliere e, magari, a padroneggiare la transizione tra un’Italia
rurale ed elitaria, ed un paese industriale, progressivamente socializzato»   6:
G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia 1988, p. 45.
Associazione per lo studio del­la formazione del­la classe dirigente nel­l’Italia unita,
Statuto, [Milano] 1972, p. 4.
6
Così nel saggio del 1979 In margine al centenario di Agostino Gemel­li: due documenti su Università cattolica e fascismo, in G. Rumi, Milano cattolica nel­l’Italia unita,
4
5
introduzione
17
una sorta di riappropriazione del­la modernità in una chiave del tutto
particolare e specifica, funzionale al­la preparazione di una nuova classe
dirigente destinata a raccogliere gran parte del­la successione al fascismo.
In un intervento posteriore di qualche anno, posto in apertura del­la terza
parte del­la presente raccolta, Rumi sintetizzerà l’obiettivo di Gemel­li nel­
la formula «come far funzionare una società di cui finalmente la cultura
cattolica abbia la direzione»  7. Fermo in ogni caso restando che l’orizzonte
di riferimento del­lo studioso si ampliava in altre direzioni. C’era Gemel­li,
c’era il «ponte ideale […] tra via S. Agnese, piazza S. Ambrogio, la Santa
Sede e Ratti»; ma c’era anche l’«altro asse che si può chiamare BresciaFUCI, Morcel­liana-FUCI: il mondo di Montini, Righetti, Bevilacqua». E
c’era la Chiesa «come tale» con il suo ruolo «istituzionale», scandito dagli
apporti dei pontefici via via succedutisi.
La trama sul­la quale continuare a lavorare negli anni successivi era
chiaramente delineata. La si può rintracciare nei saggi e negli studi raccol­
ti in Milano cattolica nel­l’Italia unita (1983), in Lombardia guelfa (1988),
e in altri numerosi interventi, vari dei quali riproposti in questa sede e
tutti reperibili attraverso la Bibliografia che segue, ma che solo un’analisi
più specifica e competente, neppure abbozzabile qui, potrebbere mettere
a fuoco in maniera adeguata.
Scarsamente interessato, per quel che riguarda i cattolici, al­le loro
espressioni propriamente partitiche o prepartitiche e ostile al­le categorie
storiografiche per solito adottate nel­l’affrontarle, Rumi preferiva dedicare
la sua attenzione a singole figure, a vario titolo emblematiche, nel­la loro
esperienza vissuta, dei nodi e del­le specificità proprie del­la presenza cat­
tolica nel­l’Italia unita. Una presenza ogni volta riconsiderata, nel­la sua
particolarità, come parte o segmento di una classe dirigente in divenire,
del tutto alternativa o progressivamente partecipe di comuni responsabi­
lità, ma in ogni caso impegnata a riconquistare un proprio spazio di legit­
tima rappresentanza, autono­mamente attiva e fortemente connotata nei
rispettivi ambiti di intervento. Rumi metteva a fuoco in questa chiave, e
di nuovo con accenti originali e non corrivi, le iniziative nel­le quali si era
concretata la vocazione solidaristica e caritativa, le elaborazioni rispetto
al lavoro, le problematiche connesse al non sempre agevole confronto
con gli elementi costitutivi del­la modernità e del­le società di massa, con
le difficoltà di approccio, ma anche con gli elementi di originalità e di
Milano 1983, p. 185. E si veda ivi, al­le pp. 143-177, il saggio richiamato del 1971, Padre
Gemel­li e l’Università Cattolica, apparso originariamente sul­la rivista diretta da Renzo
De Felice «Storia contemporanea», 2 (1971), pp. 875-903.
7
Il problema del­la cultura cattolica italiana nel ’900, in questo volume, p. 196.
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introduzione
arricchimento che potevano derivarne, senza mai trascurare la centralità
e la specificità di «un vissuto religioso» le cui «valenze nel civile» dove­
vano considerarsi «significanti, ma non esclusive»  8. Si col­loca in questa
prospettiva anche la partecipazione attiva, quale co-fondatore, al gruppo
«Cultura, Etica e Finanza», avviato a partire dal 1985, sul quale ha richia­
mato l’attenzione Alberto Quadrio Curzio in occasione del conferimento
a Rumi del Premio Giuseppe Lazzati al­la memoria, nel giugno 2006.
Abbandonato, dopo i primi studi, l’interesse diretto per la politica
estera fascista, l’attenzione mai dismessa per l’azione e la dimensione in­
ternazionale – momento supremo di impegno e di verifica per una «classe
dirigente» comunque individuata – aveva modo di concentrarsi con novi­
tà di accenti sul­le esperienze e sugli atteggiamenti degli ambienti cattolici
in materia, con l’ulteriore passaggio, ricco di esiti rilevanti, a partire dal­la
metà dagli anni ’80  9, al­l’analisi diretta e al­la ricostruzione di alcuni mo­
menti-chiave del­l’azione internazionale del­la Santa Sede. Di quest’ultima
Rumi sottolineava più in generale le caratteristiche di «potenza atipica»,
di soggetto del tutto sui generis, privo (grazie proprio al­l’unificazione ita­
liana) del­le prerogative, del­le basi materiali e del­le preoccupazioni pro­
prie degli Stati nazionali e forte invece di una influenza religiosa e civile
e di una base di valori rispetto ai quali orientarsi e cercare di agire, in
un contesto peraltro condizionato da altri, divergenti e non control­labili
fattori.
Paral­lelamente, dal Novecento, oggetto principale dei primi appro­
fondimenti, l’attenzione del­lo studioso retrocedeva o, per dir meglio, si
ampliava al secolo precedente o arretrava ancor più. L’area prevalente
di riferimento degli studi sviluppati nel corso degli anni ’70 e ’80 restava
Milano e la Lombardia (con la propaggine ticinese, percepita come con­
tiguità non semplicemente geografica  10). Proseguiva l’approfondimento
del­le tematiche relative al mondo cattolico, vertici diocesani o figure di
militanti e devoti o di «imprenditori del­la carità», come suona il sottoti­
tolo del volume dedicato a don Carlo Gnocchi del 2002  11, che potrebbe
essere esteso anche ad altri personaggi da lui messi a fuoco. E si sviluppa­
vano paral­lelamente, a partire dal contributo del 1975 sul­l’Opinione pub-
8
I cattolici italiani fra le due guerre. Problemi e prospettive di ricerca, in questo
volume, pp. 221-230.
9
Si veda il saggio La Santa Sede e la politica di potenza, in questo volume, pp. 643662. Di particolare rilievo, in questa prospettiva, è il volume da lui curato su Benedetto XV e la pace - 1918, Brescia 1990.
10
Si vedano anche su questo tema le considerazioni di F. Panzera, In ricordo di
Giorgio Rumi, «Archivio storico lombardo», s. XII, 11 (2005-2006), pp. 557-565.
11
Il capitolo steso da Rumi si trova in questa raccolta, al­le pp. 567-580.
introduzione
19
blica milanese e il brigantaggio, ripreso in questa raccolta  12, le indagini ri­
guardanti il mondo moderato e liberale, si trattasse di personalità-chiave
come Francesco Melzi d’Eril o Federico Confalonieri o Manzoni, o degli
uomini del­la «Perseveranza» al­le prese con la difficile eredità di Cavour.
Più che di due filoni di ricerca distinti, tra liberal-moderati e cattolici, si
trattava per Rumi di indagare e approfondire un’unica grande questione,
quel­la del­la classe dirigente lombarda dal­l’Antico regime in poi, che le vi­
cende del­l’unificazione avevano in parte frantumato e sospinto su strade
distinte se non opposte, determinando traumi e fratture, salvo riproporre
in seguito occasioni di rinnovata convergenza, ma in circostanze affatto
nuove e imprevedibili, legate com’erano ai tempi e al­le condizioni radi­
calmente mutate, a loro volta foriere di altre complicazioni e difficoltà.
Che era poi un modo per riproporre il tema di fondo dei rapporti tra cat­
tolicesimo e liberalismo e del­la ricerca di una loro possibile sintesi capace
di arricchirli entrambi, oltre Porta Pia, come suona il titolo del­la bel­la
raccolta di articoli pubblicati su «liberal» tra il 1995 e il 2001   13.
Quel­lo milanese e lombardo si configurava più in generale, nel­la pro­
spettiva di Rumi, per quel che a lungo è stato (e che si vorrebbe poter
dire che continua ad essere), e cioè uno dei grandi scenari del­la storia
nazionale ed europea, meritevole in quanto tale di studio e di attenzione.
Si legga, in questa raccolta, l’esordio di un suo contributo del 1980: «Il
caso del­la Lombardia è senz’altro diverso da quel­lo del­le grandi e più
note subnazionalità del­l’Occidente europeo»  14. Dove il confronto ri­
mandava a Scozia e Gal­les, a Bretagna e Catalogna, ai «plurisecolari Stati
tedeschi», al­la Borgogna di Carlo il Temerario. Non era solo un modo
per porsi al riparo dal­le angustie e dal­le autoreferenzialità di tanta mi­
crostoria locale. Ricordare che cosa avesse significato il precoce destino
del­la potenza viscontea-sforzesca e, più tardi, essere stata parte integrante
e non mera periferia del­le grandi monarchie europee, e quindi, di nuo­
vo, ma per troppo breve tempo, capitale del­l’Italia napoleonica, serviva a
porre in tutta evidenza le domande che al­lo storico stavano più a cuore,
circa le ragioni e i modi del­l’adesione di Milano e del­la sua classe dirigen­
te al processo risorgimentale e poi al­l’Italia unita nel­le particolari forme
con le quali questa si era realizzata, dal­la scelta sabauda al passaggio per
tanti versi decisivo del 1870, con l’ulteriore e per il momento irrimedia­
bile frattura che esso aveva determinato – un passaggio dal quale, non
Alle pp. 287-305.
Si veda G. Rumi, Oltre Porta Pia. Scritti per liberal, presentazione di A. Colombo,
Roma 2007.
14
Tra particolarismo e Stato nazionale: il caso del­la Lombardia (1859-1861), in que­
sto volume, p. 307.
12
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introduzione
per niente, Emilio Visconti Venosta, «gran regista del­la caduta del potere
temporale», aveva riportato «un trauma psicologico ultraventennale»   15 –
ai tempi successivi e al­le scelte non scontate che si erano compiute.
Il richiamo ai più lontani trascorsi aiutava a porre i problemi che Ru­
mi considerava storicamente i più rilevanti, e sui quali ritornava a più
riprese e in varie occasioni, esemplarmente riassunti, nel­la scia dei tanti
approfondimenti compiuti, in un saggio del 1995:
Perché Milano rompe con l’Austria? Perché tanta tenerezza per la me­
moria di Maria Teresa, e tanto rifiuto per la Vienna dei nipoti? Perché
si rinuncia al­la prospettiva mitteleuropea, cara ad un repubblicano
antisabaudo come Carlo Cattaneo? Perché imbarcarsi in un’avventura
unitaria, verso una penisola ignota praticamente a tutti, al­la stessa ari­
stocrazia ad esempio? Perché dopo la fondazione del Regno – 17 marzo
1861 – Milano riduce progressivamente il suo contributo al­la direzione
politica del Paese, abban­donandone lo Stato, declinandone il servizio
civile militare e diplomatico, proprio nel­l’ora del massimo sforzo edi­
ficatore? Perché il ruolo del­la «capitale morale» è nel­l’insieme tanto
modesto, privilegiando tunnel alpini e ferrovie, vapore e fabbriche, in­
vestimenti agricoli e accumulazione capitalistica? Perché, infine, Mila­
no elabora una crescente contestazione al «Paese legale», al­la politica,
a Roma? È un caso che i grandi movimenti di contestazione al­l’Italia
liberale nascano tutti a Milano? Il movimento cattolico, quel­lo sociali­
sta, l’antigio­littismo e l’interventismo del «Corriere del­la sera» del se­
natore Albertini, il fascismo di Mussolini, e poi il «vento del Nord» di
nenniana memoria, la grande contestazione del 1968 e dintorni?  16
Tutte domande al­le quali Rumi aveva cercato e cercava di dare risposte
pertinenti, sviluppando la sua riflessione fino al­la contemporaneità più
immediata e problematica. La sua denuncia del­l’esistenza di una «que­
stione settentrionale», del­l’esi­stenza cioè di un Nord «non più compatto
nel­la convinzione di possedere una missione nazionale da compiere», con
tutti i rischi che potevano derivarne, risale al 1990   17.
Una storiografia come la sua, aliena da ogni idea di progresso e
centrata invece sul tema del­la responsabilità, individuale e col­lettiva, ri­
sultava d’altro canto aperta a regi­strare tutti i possibili sviluppi. I moti
positivi, ma anche, come nel­le situazioni che più direttamente riguardano
il nostro presente, i percorsi d’altro segno, le insofferenze, gli egoismi, le
improvvisazioni, i deragliamenti, le vere e proprie abdicazioni. Il profilo
In questo volume, p. 417.
Milano a fine secolo. Speranze e contraddizioni del­la «capitale morale», in questo
volume, p. 416.
17
G. Rumi, Tempi di guerra cit., pp. 98-101.
15
16
introduzione
21
del Novecento milanese steso nel 2002 per la Storia del­l’Ambrosiana si
chiudeva al­l’insegna di una marcata incertezza «sul ruolo da tenere nel­
l’immediato futuro»  18. L’indicazione che si ricava dal­l’ultima intervista
da lui concessa al «Corriere del­la sera», pochi giorni prima del­la morte,
non lasciava molto spazio al­la fiducia. Il confronto era tutto a vantaggio
del­la vecchia classe dirigente che «si faceva carico del­la città», amava «un
lusso non ostentato» e «quando usciva dal proprio guscio non dimenti­
cava ciò che stava intorno». Ben altro il quadro di fronte al quale ci si
trovava: «Oggi la classe dirigente si rifugia sui roof garden con piscina.
Tutto ciò che è comune non interessa. L’importante è scappare nel fine
settimana»  19.
Purtroppo non si può dire che nel frattempo, in questi tre anni nei
quali egli non è più tra noi, le cose siano migliorate. Ma sarebbe fuorvian­
te, rispetto a quanto ci ha insegnato e suggerito, concludere che quel­lo
rilevato sia da considerare un esito defini­tivo e non, malgrado tutto, una
possibile fase di passaggio rispetto al­la quale ritrovare ancora forze ed
energie, e magari nuovi protagonisti e attori, grazie ai quali riprendere il
cammino. Il lettore del grande Manzoni, e Rumi lo era senza alcun dub­
bio con particolare parteci­pazione, non perde mai la speranza. Se così
non fosse stato, non si spiegherebbero tante sue forme di impegno e di
promozione rivolte ai giovani e comunque finalizzate al­la formazione di
nuclei consapevoli e attivi di classe dirigente.
Certo, anche nel­la visione di Rumi, il quadro nazionale di riferimento
era nel frattempo molto cambiato. Si è accennato al rilievo che lo studioso
aveva attribuito al­la considerazione di Romeo circa il valore e il significa­
to, in una prospettiva plurisecolare, del Risorgimento e del­la unificazione
nazionale. Ma non erano naturalmente sfuggite a Rumi le parole scorate
con cui lo stesso Romeo aveva concluso la sua grande opera su Cavour.
Quel­l’eredità, rispetto al­la quale tutti avevano finito, più o meno felice­
mente, con il misurarsi e con il confrontarsi, appariva dissolta e sostituita
da «tutt’altri princìpi e tutt’altri criteri»  20. Romeo si riferiva ancora al­le
vicende del­la prima metà del Novecento. Rumi aveva sott’occhio gli svi­
luppi più recenti.
Il lavoro su Gioberti del 1999, «piccolo, ma straordinario gioiel­lo»,
come l’ha definito Arturo Colombo  21, si col­locava dichiaratemente in
questo nuovo contesto, determinato da quel­la «sorta di reazione a cate­
na», aperta sul piano internazionale dal­la caduta del muro di Berlino e
18
19
20
21
Il Novecento a Milano, in questo volume, p. 469.
L’ultima intervista, in questo volume, p. 978.
R. Romeo, Cavour e il suo tempo (1854-1861), Roma - Bari 1984, p. 950.
Si veda A. Colombo, Presentazione, in G. Rumi, Oltre Porta Pia cit., p. 9.
22
introduzione
che sembrava mettere in forse, nel­la situazione italiana, «prima la Costi­
tuzione e poi l’unità del­lo Stato». Rumi poneva l’esigenza di «rifare i con­
ti con una presenza il­languidita» ma ineludibile, nonostante la sua «prosa
diluviale», come quel­la del­l’autore del Primato e del Rinnovamento, nel­la
prospettiva, per l’appunto, del­la crisi del­l’«identità nazional-statuale» in
atto e del­le duplici spinte, parimenti da fronteggiare, «localistiche del ter­
ritorio e […] di raggio continentale»  22, rispetto al­le quali verificare l’esi­
stenza o meno di una persistente identità. Che questa esista ancora e sia
davvero configurabile nel­l’ottica del­l’abate piemontese, ritrovando cioè
«nel­la religione l’anima vera di un paese, privo indubbiamente di storia
unitaria, di dinastia nazionale, di istituzioni condivise»  23, è ovviamente
materia di discussione. Ma che il problema esista e si ponga e non possa
tanto facilmente essere eluso non par dubbio.
Quel­la di Rumi è stata davvero una presenza impegnata e coerente,
fedele fino al­l’ultimo al­la sua particolare visione, al­la quale si è già a più
riprese accennato, del ruolo civile del­lo storico. Così lo ricordiamo: inter­
locutore rispettato e ascoltato ai più elevati livel­li in relazione ai problemi
e ai nodi critici del momento; pronto ad assumersi, come gli era accadu­
to, posizioni anche di grande responsabilità in enti e istituzioni; dotato di
una sua specifica e forte caratterizzazione nel mondo degli studiosi per
l’originalita degli apporti e la suggestione dei punti di vista; non figura
accademica remota e irraggiungibile, e tantomeno erudito accumulatore
di documenti e di lunghe citazioni ripetitive, bensì persona impegnata a
fornire interpretazioni e spiegazioni il più possibile accessibili e chiare
anche ai non specialisti, a quanti, a vario titolo e ai più vari livel­li – a
cominciare dai moltissimi giovani che l’hanno ascoltato in aula o nel­le
altre occasioni d’incontro – dovevano poter disporre (stava a loro avver­
tire quanto ciò potesse essere importante) di una memoria attendibile e
non deformata, in grado di incidere sul loro orizzonte esistenziale come
fattore di consapevolezza e di responsabilità.
Un ultimo accenno va fatto al­le caratteristiche e ai criteri del­la pre­
sente raccolta. L’idea di partenza era di dar luogo a qualcosa di simile a
quanto Rumi aveva già attuato a più riprese, fermandosi però agli anni
’80 e tralasciando numerosi scritti che non entravano nel­le materie speci­
fiche oggetto dei volumi in questione. Ci si è così trovati di fronte a una
consistente mole di materiale anteriore mai ristampato e ad una ricchissi­
ma produzione apparsa in volumi miscel­lanei e in svariati periodici sino
al­la vigilia del­la scomparsa. Una selezione è risultata inevitabile. La bi­
22
23
G. Rumi, Gioberti, Bologna 1999, p. 99.
Ivi, p. 83.
introduzione
23
bliografia posta qui di seguito dà in ogni caso conto degli scritti storici di
Rumi e ne permette il reperimento. Un ulteriore problema ha riguardato
la disposizione dei saggi e degli interventi. Volendo dare conto, in primo
luogo, di un lungo e operoso itinerario culturale sviluppato in paral­lelo
seguendo più filoni, l’ordine per anno di pubblicazione è apparso il più
ragionevole: non privo però di inconvenienti, considerata la numerosità
dei testi. Si è così adottata una soluzione intermedia, distribuendo i con­
tributi in più parti – secondo le tematiche generali che li accomunano o
al­le quali si connettono – al cui interno si mantiene l’ordine cronologico.
Fermo peraltro restando che, nel caso di Rumi, le connessioni e gli intrec­
ci sottesi ai suoi percorsi sfuggono a distinzioni e classificazioni troppo ri­
gide, così come non è facile distinguere tra scritti «maggiori» e «minori».
L’augurio è di essere riusciti a comporre un’opera che restituisca i
tratti centrali del suo impegno intel­lettuale e morale, anche se questo ci
fa ancor più avvertire quanto pesi non averlo più tra noi.
Enrico Decleva
scritti storici di Giorgio Rumi
bibliografia
1963
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1975
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Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 213-230.
L’aureola impal­lidita. Una polemica al­la morte di Alessandro Manzoni, in G. Pontiggia (a cura di), Manzoni europeo, Milano, Cariplo, 1985, pp. 237-250,
poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988,
pp. 39-53.
I cattolici intransigenti non lo piansero, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 1, pp. 214219.
*I cattolici italiani fra le due guerre. Problemi e prospettive di ricerca, in G.B. Mon­
tini e la società italiana 1919-1939, atti del Seminario (Brescia, 21-22
ottobre 1983), Brescia, CEDOC, 1985, pp. 13-27. [8]
scritti storici di giorgio rumi
31
«Civiltà ambrosiana»: un anno dopo, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 1, pp. 3-5.
Contro la «fucina infernale». Documenti su una polemica tra il cardinal Ferrari e
il «Popolo d’Italia», «Rivista milanese di economia», 16, 1985, pp. 51-59,
poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988,
pp. 175-185.
L’episcopalismo di Geremia Bonomel­li (1831-1914), «Annali del­la Biblioteca statale e Libreria civica di Cremona», 36 (1985), pp. 297-302, poi in G. Rumi,
Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 147-153.
L’opinione ambrosiana e il distacco del Ticino dal­le diocesi lombarde (1871-1888),
«Archivio storico lombardo», 111 (1985), pp. 429-437; anche in «Bol­
lettino del­l’Associazione per la storia del movimento cattolico nel Canton
Ticino», 3 (1985), pp. 287-292; poi anche in G. Rumi, Lombardia guelfa
1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 89-98.
*La Santa Sede e la politica di potenza, in E. Di Nolfo - R.H. Rainero - B. Vigezzi
(a cura di), L’Italia e la politica di potenza in Europa (1938-1940), Milano,
Marzorati, 1985, pp. 71-90. [38]
*Una seconda Roma al nord? La Chiesa ambrosiana tra fascismo e democrazia,
«Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 5, pp. 365-396. [9]
Introduzione, in A. Bel­loni Sonzogni - P. Sala - G. Lopez, Il rifugio Lurani.
Mi­lano 1885-1985, Milano, s.e., 1985.
Prefazione, in E. Bressan, Povertà e assistenza in Lombardia nel­l’età napoleonica,
Milano - Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1985.
Recensione a A. Moretti, La Chiesa ticinese nel­l’Ottocento. La questione diocesana
(1803-1884), «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 6, p. 468.
Recensione a Storia del­la Chiesa ambrosiana. Dal cardinal Achil­le Ratti ai giorni
nostri, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 5, p. 396.
Recensione a Storia del­la Chiesa ambrosiana. Dal secondo Ottocento al cardinal
Ferrari, «Civiltà ambrosiana», 2 (1985), 1, pp. 75-76.
1986
*La «Civiltà cattolica» e la Francia negli anni ’30, in E. Serra (a cura di), Il vincolo
culturale tra Italia e Francia negli anni Trenta e Quaranta, Milano, ISPI,
1986, pp. 83-92. [39]
*Farsi prossimo, tra cronaca e storia, «Civiltà ambrosiana», 3 (1986), 5, pp. 303305. [57]
L’incoronazione di Napoleone nel Duomo di Milano, «Civiltà ambrosiana», 3
(1986), 3, pp. 182-195.
Introduzione al problema storiografico del­la «storia diocesana», in A. Caprioli A. Rimoldi - L. Vaccaro (a cura di), Chiesa e società. Appunti per una
storia del­le diocesi lombarde, Brescia - Gazzada, Editrice La Scuola - Fondazione ambrosiana Paolo VI, 1986 («Storia religiosa del­la Lombardia»,
1), pp. 29-38.
32
scritti storici di giorgio rumi
Scaccato d’oro e di nero. I fratel­li Litta Visconti Arese negli anni del­la Rivoluzione
e del­l’Impero, in I cannoni al Sempione. Milano e la «Grande Nation»,
Milano - Bari, Cariplo - Laterza, 1986, pp. 75-102, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 17-37.
Schuster, Alfredo Ildefonso (1880-1954). Storia, in Il Duomo di Milano. Dizionario
storico artistico e religioso, Milano, NED, 1986, pp. 535-536.
Significato di un centenario, «Civiltà ambrosiana», 3 (1986), 1, pp. 3-4.
Tempo di scienza e di democrazia. La «politica del lavoro» nel­l’opinione ambrosiana 1902-1911, «Bol­lettino del­l’Archivio per la storia del movimento
sociale cattolico in Italia», 21 (1986), 2, pp. 111-129, poi in G. Rumi,
Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 155-174.
La tradizione borromaica a Milano nel Novecento, in San Carlo e il suo tempo,
atti del Convegno internazionale (Milano 21-26 maggio 1984), Roma,
Edizioni di Storia e Letteratura, 1986, pp. 551-569, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 99-115.
Premessa, in A. Majo, Carità e assistenza nel­la Chiesa ambrosiana. Profilo storico,
Milano, NED, 1986.
Presentazione, in G. Scanzi, Milano intransigente. I nobili Brambil­la di Civesio
dal­la Restaurazione al­la democrazia, Milano, NED, 1986.
1987
G. Rumi (a cura di), Federico Confalonieri aristocratico progressista nel bicentenario del­la nascita (1785-1885), atti del Convegno organizzato dal­la Società
storica lombarda, Milano - Roma - Bari, Cassa di risparmio del­le provincie lombarde - Laterza, 1987; anche in «Rivista milanese di economia»,
14, 1987.
Antonio Confalonieri, storico di banche e di monete, «Ca’ de Sass», 97, 1987,
p. 5.
Araldica ecclesiastica, in Dizionario del­la Chiesa ambrosiana, I, Milano, NED,
1987, p. 198.
La Chiesa e lo Stato laico in Europa, in La cultura italiana nel primo Novecento,
Milano, Istituto Lombardo di scienze e lettere, 1987, pp. 7-20.
Finanza, vedi colpa? Per un’etica del­la vita finanziaria: la «Civiltà cattolica», in
Cultura, etica e finanza, atti del Convegno (Milano, 1987), Milano, NED,
1987, pp. 141-156 [e intervento, pp. 214-215; replica, p. 265].
Un milanese Nunzio in Polonia. Il Card. Lorenzo Litta, «Terra ambrosiana», 28
(1987), pp. 62-64.
Oboli milanesi per il Papa-Re. Una storia di famiglie al­la caduta del potere temporale, «Ca’ de Sass», 99, 1987, pp. 19-23, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa
1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 83-88.
La Santa Sede e la scelta tra Est e Ovest (spunti da una rilettura del­l’«Osservatore
romano» 1947-1949), in Les Internationales et le problème de la guerre au
XXe siècle, Roma, École française de Rome, 1987, pp. 301-318.
scritti storici di giorgio rumi
33
La vocazione solidaristica di Milano, in Convegno sul tema «La vocazione di
Milano», atti del Convegno (Milano, 21 ottobre 1986), Milano, Comune
di Milano, 1987, pp. 53-58, poi in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980,
Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 117-122.
Parole introduttive, in F. Molinari (a cura di), Giovanni Piamarta e il suo tempo
(1841-1913), atti del Col­loquio di studio (Brescia, 12 settembre 1987),
Brescia, Queriniana, 1987, pp. 19-23, poi, con il titolo Padre Piamarta
fra preghiera e azione, in G. Rumi, Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia,
Morcel­liana, 1988, pp. 143-145.
Prefazione, in A. Majo - M. Navoni (a cura di), L’attività e gli studi storico-liturgici
di mons. Enrico Cattaneo, Milano, NED, 1987.
1988
Lombardia guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988.
G. Rumi (a cura di), T. Moro, Lettere, Brescia, Morcel­liana, 1988.
[con F. Arese] Onori di corte. Riti del potere e ascesa sociale nel­l’ultima dominazione asburgica, in Il tramonto di un regno. Il Lombardo-Veneto dal­la
Restaurazione al Risorgimento (1814-1859), coordinato da G. Pontiggia e
G. Rumi, Milano, Cariplo, 1988, pp. 55-88.
Casnedi, Carlo Antonio (1643-1725), in Dizionario del­la Chiesa ambrosiana, II,
Milano, NED, 1988, p. 733.
De Mojana, Alberto (1835-1909), in Dizionario del­la Chiesa ambrosiana, II,
Milano, NED, 1988, p. 1028.
De Mojana, Angelo (1905-1988), in Dizionario del­la Chiesa ambrosiana, II,
Milano, NED, 1988, p. 1028; anche «Civiltà ambrosiana», 5 (1988), 3,
pp. 219-220.
Due ricordi familiari di Gian Giacomo Gal­larati Scotti, «Archivio storico lombardo», 114 (1988), pp. 379-388.
*Manzoni: il grande lombardo e la politica, in «Accademia nazionale virgiliana di
scienze, lettere e arti», Atti e memorie, n.s. 56 (1988), pp. 253-262. [16]
Milano e la realtà regionale lombarda nel­l’Italia unita, in Rapporti tra città e campagna dal medioevo al­l’età moderna, Milano, Istituto Lombardo di scienze
e lettere, 1988, pp. 103-112.
*Montini, dieci anni dopo, «Civiltà ambrosiana», 5 (1988), 4, pp. 243-244. [58]
*L’opinione democristiana e la Francia: «Il Popolo» (1948-1952), in J.-B. Durosel­le E. Serra (a cura di), Italia e Francia 1946-1954, Milano, Franco Angeli,
1988, pp. 228-249. [41]
*La politica nobiliare del Regno d’Italia (1861-1946), in Les noblesses européennes
au XIXe siècle, Roma, École française de Rome, 1988, pp. 577-593. [59]
Ricchezza e paradiso: doppia speranza. Appunti sul­l’ascesa sociale del finanziere
nel­la recente storiografia francese, in Cultura, etica e finanza. Le origini
e i problemi di una finanza cristiana, atti del Convegno (Milano, 1988),
Milano, NED, 1988, pp. 69-83.
34
scritti storici di giorgio rumi
«Le Sante industrie». Appunti di spiritualità guanel­liana, in G. Rumi, Lombardia
guelfa 1780-1980, Brescia, Morcel­liana, 1988, pp. 133-142.
Spiritualità e impegno di don Luigi Guanel­la, in L’opera di don Luigi Guanel­la. Le
origini e gli sviluppi nel­l’area lombarda, Como, Amministrazione Provinciale di Como, 1988, pp. 61-70.
*Un senso per la storia, oggi, «Civiltà ambrosiana», 5 (1988), 1, pp. 3-6. [60]
Prefazione, in G. Adornato, Giovanni Battista Montini. Religione e lavoro nel­la
Milano degli anni cinquanta, Brescia, Morcel­liana, 1988.
[con G. Pontiggia], Premessa, in Il tramonto di un regno. Il Lombardo-Veneto
dal­la Restaurazione al Risorgimento (1814-1859), coordinato da G. Pontiggia e G. Rumi, Milano, Cariplo, 1988, pp. 7-8.
Presentazione, in C. Cattaneo, Mons. Paolo Angelo Bal­lerini. L’uomo e il vescovo
in documenti inediti, Milano, NED, 1988.
Presentazione, in G.B. Montini, Al mondo del lavoro. Discorsi e scritti 1954-1963,
a cura di G. Adornato, Roma, Edizioni Studium, 1988.
1989
Al­le origini del­la Banca cattolica bresciana, in Cultura, etica e finanza. Finanza
e realtà locali, atti del Convegno (Milano, 1989), Milano, NED, 1989,
pp. 49-71, poi con il titolo Giuseppe Tovini e l’esperienza di Banca cattolica, in G. Rumi, Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino,
SEI, 1995, pp. 105-125.
Il Concilio Vaticano II e il sistema del­le relazioni internazionali, in Le deuxième
Concile du Vatican (1959-1965), Roma, École Française de Rome, 1989,
pp. 745-754
Dal­lo Statuto albertino al­la Costituzione repubblicana. Appunti, in Per i 40 anni
del­la Costituzione, Milano, Istituto Lombardo di scienze e lettere, 1989,
pp. 65-70.
*Diplomatici, eroi da cucina e d’alcova. Appunti su un giudizio cattolico intransigente nel tardo Ottocento, in L. Pilotti (a cura di), La formazione del­la
diplomazia italiana 1861-1865, atti del Convegno internazionale su «La
formazione del­la diplomazia italiana 1861-1915» (Lecce, 9-11 febbraio
1987), introduzione di F. Grassi, Milano, Franco Angeli, 1989, pp. 195205. [42]
*L’Europa malgrado tutto. Ambienti cattolici e Trattati di Roma, in E. Serra (a
cura di), Il rilancio del­l’Europa e i Trattati di Roma, actes du Col­loque de
Rome (25-28 mars 1987), Bruxel­les - Milano, Bruylant - Giuffrè, 1989,
pp. 603-615. [43]
Litta Visconti Arese, Lorenzo (1756-1820), in Dizionario del­la Chiesa ambrosiana,
III, Milano, NED, 1989, pp. 1738-1739.
Montini e Carlo Borromeo. Due approcci al­la città ideale, tra Cinque e Novecento,
in A. Caprioli (a cura di), Lavoro ed economia in G.B. Montini, Arcive-
scritti storici di giorgio rumi
35
scovo di Milano, Brescia, Morcel­liana, 1989 («Quaderni del­la Gazzada»,
10), pp. 179-184.
*Il papato contemporaneo e l’Europa. L’insegnamento pontificio per l’unità politicosociale del Continente, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Quale federalismo per quale Europa. Il contributo del­la tradizione cristiana, Brescia,
Morcel­liana, 1989 («Quaderni del­la Gazzada», 15), pp. 281-294. [50]
Ricordo di Achil­le Ratti, Papa Pio XI, in «Accademia nazionale virgiliana di
scienze, lettere e arti», Atti e memorie, n.s. 57 (1989), pp. 33-40.
Il significato di una iniziativa, «Civiltà ambrosiana», 6 (1989), 5, pp. 323-324.
Il valore del Risorgimento, in G. Bezzola - W. Barberis - G. Rumi, Il tramonto di
un regno, «Ca’ de Sass», 105, 1989, pp. 82-87.
Prefazione, in D. Minonzio, Dal­la camicia nera al mito del­la «Grande Lecco».
Il fascismo lecchese negli anni Venti, Lecco, Musei civici di Lecco, 1989
(«Materiali. Monografie periodiche dei Musei civici di Lecco», 4).
1990
G. Rumi (a cura di), Benedetto XV e la pace - 1918, Brescia, Morcel­liana, 1990.
G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a cura di), Milano ricostruisce 1945-1954,
Milano, Cariplo, 1990.
G. Rumi (a cura di), Bacchelli e la storia dell’Italia unita, in Riccardo Bacchelli,
lo scrittore, lo studioso, atti del Convegno di studi bacchelliani, Modena,
Mucchi, 1990, pp. 243-251.
Corrispondenza fra Benedetto XV e Carlo I d’Asburgo, in G. Rumi (a cura di),
Benedetto XV e la pace - 1918, Brescia, Morcel­liana, 1990, pp. 19-47.
Le «Due France» e il protettorato nel Levante secondo la «Civiltà cattolica»,
in J.-B. Durosel­le - E. Serra (a cura di), Italia, Francia e Mediterraneo,
Milano, Franco Angeli, 1990, pp. 160-170.
*Giuseppe Motta, un cattolico ticinese nel­le carte del Ministero italiano degli Esteri,
«Bol­lettino del­l’Associazione per la storia del movimento cattolico nel
Canton Ticino», 8 (1990), 5, pp. 179-185. [45]
*Meda e le relazioni internazionali. Spunti e congetture dal­l’Archivio di famiglia, «Bol­
lettino del­l’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia»,
25 (1990), 2-3, pp. 275-287; poi in G. Formigoni, Filippo Meda tra economia, società e politica, Milano, Vita e Pensiero, 1991, pp. 189-201. [46]
«Mil­lain the great». Ripensando Milano nel­l’età spagnola, «Ca’ de Sass», 109,
1990, pp. 100-103.
I nuovi schiavi, «Civiltà ambrosiana», 7 (1990), 5, pp. 315-317.
*L’ordinata abbazia, in G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a cura di), Milano ricostruisce 1945-1954, Milano, Cariplo, 1990, pp. 11-36. [10]
Per una nuova santità sociale, «Sanità scienza e storia», 7 (1990) 2 - 8 (1991),
1, pp. 595-599, poi in M.L. Betri - E. Bressan (a cura di), Gli ospedali
in area padana fra Settecento e Novecento, Milano, Franco Angeli, 1992,
pp. 595-599.
36
scritti storici di giorgio rumi
«La plebea come la nobile». Maddalena di Canossa: un nuovo ruolo per la donna
nel­la Milano del­l’Ottocento, in E. Bressan (a cura di), Maddalena di Canossa
e la Chiesa di Milano, Milano, NED, 1990, pp. 11-21, poi in G. Rumi,
Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino, SEI, 1995, pp. 3-12.
*La «rivoluzione» del ’90 vista dal­la stampa italiana, in Gli avvenimenti del­l’11 settembre 1890 con la biografia del Consigliere di Stato Luigi Rossi (18641890), Lugano, La Buona Stampa, 1990, pp. 21-28. [44]
Il tesoro vitale del­la nostra verità. Da Achil­le Ratti a Giovanni Battista Montini (19211963), in A. Caprioli - A. Rimoldi - L. Vaccaro (a cura di), Diocesi di Milano
(2a parte), Brescia - Gazzada, Editrice La Scuola - Fondazione ambrosiana
Paolo VI, 1990 («Storia religiosa del­la Lombardia», 10), pp. 817-845.
Introduzione, in A. Bel­loni Sonzogni, Gino Cornaggia Medici, un gentiluomo
cristiano nel­la società e nel­la politica, con dieci interviste di Giacomo De
Antonel­lis, Milano, Vita e Pensiero, 1990.
[con A.C. Buratti e A. Cova], Introduzione, in G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a
cura di), Milano ricostruisce 1945-1954, Milano, Cariplo, 1990, pp. 7-8.
1991
G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a cura di), Milano nel­l’Unità nazionale 18601898, Milano, Cariplo, 1991.
G. Rumi (a cura di), Trasformazioni economiche mutamenti sociali e nuovi miti
col­lettivi 1920-1960, Milano, Electa, 1991 («Vita civile degli italiani.
Società, economia, cultura materiale», 6).
Ambrosiani vecchi e nuovi, «Civiltà ambrosiana», 8 (1991), 6, pp. 399-401.
*Contro gli «Ospiti del Quirinale». La Nunziatura a Vienna e il sistema del­le grandi
potenze nel­l’età leonina, in A. Migliazza - E. Decleva (a cura di), Diplomazia e storia del­le relazioni internazionali. Studi in onore di Enrico Serra,
Milano, Giuffrè, 1991, pp. 189-200. [47]
Italia e Austria. Al­la ricerca di un’antica fratel­lanza, «Ca’ de Sass», 115, 1991,
pp. 2-4.
*Il magistero e il moderno. Tre encicliche sociali: 1891, 1931, 1987, in Cultura,
eti­­ca e finanza. A cento anni dal­la «Rerum novarum». Continuità, modernizzazione, etica del progresso, atti del Convegno (Milano, 1990), Milano,
NED, 1991, pp. 13-30. [28]
«Milano ricostruisce 1945-1954». La soluzione ambrosiana ai danni del­la guerra,
«Ca’ de Sass», 113, 1991, pp. 82-84.
*Ordine e libertà. Gli eredi di Cavour, in G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a
cura di), Milano nel­l’unità nazionale 1860-1898, Milano, Cariplo, 1991,
pp. 11-34. [17]
Pensieri di pace. Mazzolari e «Adesso» tra Est e Ovest, «Impegno», 3 (1991),
pp. 65-71.
La vocazione politica di Milano, in C. Mozzarel­li - R. Pavoni (a cura di), Milano
fin de siècle e il caso Bagatti Valsecchi. Memoria e progetti per la metropoli
italiana, Milano, Guerini, 1991, pp. 17-22.
scritti storici di giorgio rumi
37
Introduzione, in G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a cura di), Milano nel­l’Unità
nazionale 1860-1898, Milano, Cariplo, 1991.
Prefazione, in G. Rumi (a cura di), Trasformazioni economiche, mutamenti sociali
e nuovi miti col­lettivi (1920-1960), Milano, Electa, 1991.
Presentazione, in M. Pippione, Como dal fascismo al­la democrazia, Milano, Franco
Angeli, 1991.
1992
I Casnedi. Una famiglia lariana fedelissima del­la Casa d’Austria, «Ca’ de Sass»,
119, 1992, pp. 15-19.
I Giureconsulti, una classe dirigente per Milano, «Ca’ de Sass», 117, 1992,
pp. 19-20.
*Il governo del­la carità, in G. Cosmacini (a cura di), La carità e la cura. L’Ospedale
Maggiore di Milano nel­l’età moderna, testi di G. Rumi e G. Cosmacini,
Milano, Ospedale Maggiore di Milano, 1992, pp. 11-32. [18]
*Montini diplomatico. Prospettive di ricerca dai carteggi conservati presso l’Istituto
Paolo VI di Brescia, in Paul VI et la vie internationale, Journées d’études
(Aix-en-Provence, 18-19 mai 1990), Brescia - Roma, Istituto Paolo VI Edizioni Studium, 1992, pp. 11-25. [48]
La nuova Polonia nel­l’opinione ambrosiana del primo dopoguerra, in M. Herling (a
cura di), «Polonia restituta». L’Italia e la ricostituzione del­la Polonia 19181921, nota introduttiva di M. Herling, con una prefazione di B. Valota
Caval­lotti, Milano - Bucures˛ti, CIRSS - Aninva, 1992, pp. 91-101.
Il papa e l’arciduca. Due lettere di Leone XIII ad Alberto d’Asburgo nel 1891,
«Civiltà ambrosiana», 9 (1992), 1, pp. 54-57.
Il Regno Lombardo-Veneto. I milanesi rompono con la Casa d’Austria, in Il Risorgimento italiano attraverso la storia del­le comunicazioni, Catalogo del­la
mostra (Milano, 20 novembre - 2 dicembre 1992), Milano, Silvia, 1992,
pp. 38-42.
Ricostruzione, «Civiltà ambrosiana», 9 (1992), 2, pp. 83-85.
Il senso del­la storia in Paolo VI, in Educazione, intel­lettuali e società in G.B. Mon­
tini - Paolo VI, Giornate di studio (Milano, 16-17 novembre 1990), Brescia - Roma, Istituto Paolo VI - Edizioni Studium, 1992, pp. 118-128 [e
intervento, pp. 153-154].
Tramonta la signoria dei partiti sul­la società civile, «Civiltà ambrosiana», 5 (1992),
3, pp. 163-165.
Introduzione, in G. Del­la Chiesa, Lettere a un amico: Teodoro Valfrè di Bonzo Giacomo Del­la Chiesa, premessa di P.E. Taviani, Milano, NED, 1992.
Prefazione, in P. Lorenzetti, «Catene d’oro» e «libertas Ecclesiae». I cattolici nel
primo Risorgimento milanese, Milano, Jaca Book, 1992.
1993
G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a cura di), Milano nel­l’Italia liberale 18981922, Milano, Cariplo, 1993.
38
scritti storici di giorgio rumi
*Cattolici, «i migliori fra i cittadini», in G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova (a
cu­­ra di), Milano nel­l’Italia liberale 1898-1922, Milano, Cariplo, 1993,
pp. 41-62. [19]
*Diocesi e fascismo. Una questione storiografica ancora aperta, «Zeitschrift für
Schweizerische Kirchen­geschichte - Revue d’histoire ecclésiastique
suisse», 87 (1993), pp. 49-58, poi in T. Metterle (a cura di), Tradizione
e innovazione nel­la pastoralità di Ferdinando Rodolfi Vescovo di Vicenza
1911-1943, atti del Convegno di studio (Vicenza, 23-24 aprile 1993),
Vicenza, Tipografia Rumor editrice, 1996, pp. 1-9. [67]
La diplomazia come servizio di libertà e di verità per l’uomo, «Notiziario del­
l’Istituto Paolo VI», 26, 1993, pp. 25-26.
Un’epoca di grandi mutamenti per la Chiesa, in M. Pennati (a cura di), Mons.
Luigi Talamoni testimone del­la misericordia (1848-1926). Nel centenario di
fondazione del­le Suore Misericordine, atti del Convegno (Monza, ottobrenovembre 1991) Monza, 1993, pp. 13-22 [e intervento, pp. 36-37].
Esperienze di santità e territorio nel­l’Italia settentrionale, «Quaderni di Ga­leaz­za»,
1 (1993), 4, pp. 22-28, poi in G. Rumi, Santità sociale in Italia tra Otto e
Novecento, Torino, SEI, 1995, pp. 13-22.
*Milano e l’Europa, in N. Raponi (a cura di), Ottocento romantico e civile. Studi
in memoria di Ettore Passerin d’Entrèves, Milano, Vita e Pensiero, 1993,
pp. 343-350, poi in Milano e la Lombardia nel­la civiltà nazionale, Milano,
Istituto Lombardo di scienze e lettere, 1995, pp. 225-235. [20]
Quel che abbiamo perduto, «Civiltà ambrosiana», 10 (1993), 5, pp. 323-325.
*L’umana intrapresa. Cento anni di insegnamento del magistero cattolico, in Cultura,
etica e finanza. Esiste un’esperienza cristiana d’impresa?, atti del Convegno
(Milano, 1992), introduzione di A. Caloia, Milano, NED, 1993, pp. 19-33
[e intervento, pp. 97-98]. [29]
Conclusioni, in C. Canedda (a cura di), Dal­la carità al­l’assistenza. Orfani, vecchi e
poveri a Milano fra Settecento e Ottocento, Milano, Electa, 1993, pp. 214215.
[con A.C. Buratti e A. Cova], Introduzione, in G. Rumi - A.C. Buratti - A. Cova
(a cura di), Milano nel­l’Italia liberale 1898-1922, Milano, Cariplo, 1993,
pp. 7-8.
Presentazione, in A.M. Negri, Mons. Carlo Colombo fra Chiesa e società, Milano,
NED, 1993.
1994
G. Rumi - V. Vercel­loni - A. Cova (a cura di), Milano durante il fascismo 19221945, Milano, Cariplo, 1994.
*Al­la ricerca del Regno. Il cattolicesimo ambrosiano nel periodo fascista, in
G. Rumi - V. Vercel­loni - A. Cova (a cura di), Milano durante il fascismo
1922-1945, Milano, Cariplo, 1994, pp. 101-124. [11]
scritti storici di giorgio rumi
39
*Franco Arese, «Archivio storico lombardo», 120 (1994), pp. 9-10. [63]
*Perché la storia, «Civiltà ambrosiana», 11 (1994), 1, pp. 3-4. [62]
Quale europeismo?, «Civiltà ambrosiana», 11 (1994), 4, pp. 243-245.
La Santa Sede e gli Stati successori 1918-1922, in F. Tassin (a cura di), Il tessuto
cristiano della Mitteleuropa 1919-1989, [Gorizia], [Grafica Goriziana],
1994, pp. 15-27.
[con V. Vercel­loni e A. Cova], Introduzione, in G. Rumi - V. Vercel­loni - A. Cova
(a cura di), Milano durante il fascismo 1922-1945, Milano, Cariplo, 1994,
pp. 7-8.
Prefazione, in E. Baio Dossi, Le Stel­line. Storia del­l’Orfanotrofio Femminile di
Milano, Milano, Franco Angeli, 1994.
Premessa, in Domus Ambrosii. Il complesso monumentale del­l’Arcivescovado,
Milano, Banca Agricola Milanese - Silvana Editoriale, 1994.
Presentazione, in A. Majo, A.C. Ferrari uomo di Dio, uomo di tutti, Milano, NED,
1994.
Presentazione, in A. Majo, Schuster, una vita per Milano, Milano, NED, 1994.
1995
Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino, SEI, 1995.
G. Rumi - V. Vercel­loni - A. Cova (a cura di), Como e il suo territorio, Milano,
Cariplo, 1995.
A. Majo - G. Rumi (a cura di), I. Schuster, Gli ultimi tempi di un regime, Milano,
NED, 1995.
Cattolici, società civile e istituzioni: scenari possibili nel­la transizione di fine secolo,
intervento nel­la tavola rotonda del 10 novembre 1994 presso l’Università
degli Studi di Milano, «Quaderni di diritto e politica ecclesiastica», 1
(1995), 4, pp. 69-73.
*Como: chiusura e vastità, in G. Rumi - V. Vercel­loni - A. Cova (a cura di), Como
e il suo territorio, Milano, Cariplo, 1995, pp. 7-8. [64]
*La Corona di ferro tra Austria e Italia; I Savoia, in La Corona ferrea nel­l’Europa
degli Imperi, I. La Corona, il Regno, l’Impero: un mil­lennio di storia,
[Monza], Editoriale Giorgio Mondadori - Società di studi monzesi,
[1995], pp. 251-272, 287-296. [21]
Il Cuore del Re. Spiritualità e progetto da Benedetto XV a Pio XI, in G. Rumi, Santità sociale in Italia tra Otto e Novecento, Torino, SEI, 1995, pp. 23-38,
poi in Achil­le Ratti. Pape Pie XI, actes du Col­loque organisé par l’École
française de Rome (Rome, 15-18 mars 1989), Roma, École française de
Rome, 1996, pp. 279-292.
Un evento atteso, «Civiltà ambrosiana», 17 (1995), 5, pp. 323-325.
*Milano a fine secolo: speranze e contraddizioni del­la «capitale morale», «Bol­lettino
del­l’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia», 30
(1995), 3, pp. 250-254. [22]
40
scritti storici di giorgio rumi
*Ricerche sui Casnedi, marchesi di Nesso, in Como e Lecco nel­la storiografia e nel­la
cultura dal XVIII secolo ad oggi, Como, Amministrazione Provinciale di
Como, 1995, pp. 87-93. [65]
Lo spirito dei luoghi, in M. Gregori (a cura di), Pittura in Alto Lario e in Valtel­lina
dal­l’Alto Medioevo al Settecento, Milano, Cariplo, 1995, pp. 317-321.
Introduzione, in A. Bel­loni Sonzogni, Cal­listo Giavazzi e il suo tempo (1875-1945),
Brescia, Morcel­liana, 1995.
Prefazione, in C. Benso conte di Cavour, I due progressi. Risorgimento politico e
riscatto economico, introduzione di R. Balzani, Roma, Atlantide editoriale,
1995.
Prefazione, in A. Manzoni, Una patria per Renzo e Lucia. Poesie e prose per una
nazione libera, Roma, Atlantide Editoriale, 1995.
Presentazione, in A. Majo - G. Rumi (a cura di), I. Schuster, Gli ultimi tempi di
un regime, Milano, NED, 1995.
1996
G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Brescia e il suo territorio, Milano,
Cariplo, 1996.
*Benedetto XV e i Quattordici Punti di Wilson, in M.L. Betri - D. Bigazzi (a cura
di), Ricerche di storia in onore di Franco Del­la Peruta, Milano, Franco
Angeli, 1996, pp. 485-496. [49]
[con G. Mezzanotte e A. Cova], Brescia, la laboriosa libertà, in G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Brescia e il suo territorio, Milano, Cariplo,
1996, pp. 7-8.
*Una cattedra tra Milano e Roma, in Storia di Milano, XVIII. Il Novecento, II,
Roma, Istituto del­l’Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani,
1996, pp. 591-606. [30]
*Chiesa, cultura e società di massa. Appunti da Pacel­li a Montini, in F. Ruggeri (a
cura di), Studi in onore di mons. Angelo Majo per il suo 70° compleanno,
Milano, NED, 1996, pp. 285-311. [31]
La Chiesa milanese nel­la Restaurazione, «Civiltà ambrosiana», 13 (1996), 3,
pp. 185-189.
Diplomazia e carità. Un intervento umanitario di G.B. Montini, ottobre 1962, in
Pablo VI y España, Brescia, Istituto Paolo VI, 1996, pp. 159-169.
Dopo il convegno di Palermo, «Civiltà ambrosiana», 13 (1996), 1, pp. 3-5.
*Il papato contemporaneo e l’Europa. L’insegnamento pontificio per l’unità politicosociale del continente, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Quale federalismo per quale Europa. Il contributo del­la tradizione cristiana, Brescia,
Morcel­liana, 1996, pp. 281-294. [50]
Il Regno Lombardo Veneto, in Cesare Cantù e il suo tempo, Incontro di studio
[n. 7], Milano, Istituto Lombardo di scienze e lettere, 1996, pp. 9-15.
Riflessioni su un centenario, «Civiltà ambrosiana», 13 (1996), 5, pp. 323-325.
scritti storici di giorgio rumi
41
*Schuster e Milano, «La Scuola cattolica», 124 (1996), pp. 421-429. [12]
La storia di tutti, in Laici e cattolici: antichi steccati e valori comuni, «Nuova
Antologia», 2197, 1996, pp. 11-12.
Introduzione, in E. Bressan (a cura di), Luigi Moneta un prete ambrosiano per un
miracolo di carità, Milano, Vita e Pensiero, 1996.
*Postfazione sul­l’anima di una grande nazione, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura
di), Storia religiosa del­la Svizzera, Milano, Centro Ambrosiano - ITL, 1996
(«Europa Ricerche», 3), pp. 499-501. [66]
Prefazione, in F. Galbusera, Una prossimità fatta storia. La Fondazione Pro Juventute don Carlo Gnocchi, Milano, NED, 1996.
Presentazione, in R. Ceddia, Il Cardinal Ferrari. Milano cattolica e la Grande
guerra. Nuove fonti del­l’Archivio Segreto Vaticano, Milano, NED, 1996.
Presentazione, in C. Dau Novel­li, Sorel­le d’Italia. Casalinghe, impiegate e militanti
nel Novecento, Roma, AVE, 1996.
1997
G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Bergamo e il suo territorio,
Milano, Cariplo, 1997.
A. Majo - G. Rumi (a cura di), G.B. Montini, Dieci discorsi su Sant’Ambrogio,
Milano, NED, 1997.
Austria e Santa Sede. Da Leone XIII a Benedetto XV, nel­la crisi del­l’Impero, in
F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Storia religiosa del­l’Austria, Centro
Ambrosiano - ITL, Milano 1997 («Europa Ricerche», 4), pp. 489-516,
[traduzione ungherese Ausztria és Apostoli Szentszék. XIII. Leótól XV.
Benedekig, a monarchia válsága idején, in A Katolikus Egyház Ausztriában,
F. Citterio és L. Vaccaro (szerk.), Budapest 2005 («Ecclesia Sancta», 9),
pp. 278-356].
Basta una manciata di soldi, «Civiltà ambrosiana», 14 (1997), 5, pp. 323-325.
[con G. Mezzanotte e A. Cova], Bergamo dal­le volte al­la città, in G. Rumi G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Bergamo e il suo territorio, Milano,
Cariplo, 1997, pp. 7-8.
*Le radici cristiane del­l’Europa, «Civiltà ambrosiana», 14 (1997), 3, pp. 167-174,
poi in C. Brezzi et al. (a cura di), Democrazia e cultura religiosa. Studi in
onore di Pietro Scoppola, Bologna, Il Mulino 2002 pp. 155-163 [68]
*La «Rerum novarum» nel­la corrispondenza dei nunzi, in «Rerum novarum».
Écriture, contenu et réception d’une encyclique, actes du Col­loque international (Rome, 18-20 avril 1991), Roma, École française de Rome, 1997,
pp. 233-240. [51]
Ricordo dei Casati, in «Nel­la fermezza del­la volontà». Alfonso Casati nel­la lotta
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Comune di Arcore, 1997, pp. 21-23.
Verità e libertà nel­la ricerca storica, «Lineatempo», 7, 1997, pp. 63-64.
42
scritti storici di giorgio rumi
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Prefazione, in A. Scottà, La Conciliazione ufficiosa. Diario del barone Carlo Monti
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con una presentazione di Achille Silvestrini, I, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1997.
Presentazione, in P. Borzomati, Giovanni Battista Scalabrini: il Vescovo degli
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Presentazione, in L. Vanzul­li, Bartolomeo Carlo Romil­li arcivescovo di Milano. Un
profilo politico-religioso (1847-1859), Milano, NED, 1997.
1998
G. Rumi (a cura di), La formazione del­la Lombardia contemporanea, Milano Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1998.
G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Cremona e il suo territorio,
Mi­lano, Cariplo, 1998.
Chiesa e società tra Antico regime e Restaurazione, in AA.VV., Chiesa e società a
Bergamo nell’Ottocento, Milano, Glossa, 1998, pp. 3-18.
*Le Cinque giornate di Milano, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998), 2, pp. 83-88.
[69]
[con G. Mezzanotte e A. Cova], Cremona, un microcosmo complesso, in G. Rumi G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Cremona e il suo territorio, Milano,
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*G.B. Montini cittadino, «Il Veltro», 42 (1998), 1-2, pp. 55-63. [32]
*Lombardia, libertà o dominanza?, in G. Rumi (a cura di), La formazione del­la
Lombardia contemporanea, Milano - Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1998,
pp. 3-14. [23]
Lombardia, società senza Stato?, «Ca’ de Sass», 141, 1998, pp. 32-35.
Padre Gemel­li e l’Università cattolica tra storia e storiografia, in L’Università cattolica a 75 anni dal­la fondazione. Riflessioni sul passato e prospettive per il
futuro, Milano, Vita e Pensiero, 1998, pp. 49-57.
Paolo Angelo Bal­lerini. Appunti per un profilo storico-storiografico, in Paolo
Angelo Bal­lerini arcivescovo di Milano, atti del­la Giornata di studio
(Milano, 22 marzo 1997), Milano, NED, 1998 («Archivio ambrosiano»,
77), pp. 19-25.
Storia di un paese ambrosiano quasi sconosciuto, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998),
3, pp. 178-179.
Tra le ombre di Milano, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998), 1, pp. 3-8.
Il 18 aprile nel­la storia d’Italia, «Civiltà ambrosiana», 14 (1998), 5, pp. 319-326.
Intervento al­la presentazione del volume Diocesi di Cremona, «La Gazzada», 35,
1998, pp. 34-35.
scritti storici di giorgio rumi
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1998.
Prefazione, in D. Bardel­li, Ambrosianeum. Cinquant’anni di impegno culturale a
Milano, Milano, Franco Angeli, 1998.
Presentazione, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di), Le due culture: un incontro
mancato? Con il Chronicon di Vil­la Cagnola (1947-1996), Brescia, Morcel­
liana, 1998 («Quaderni del­la Gazzada», 18).
Presentazione, in G. Rumi (a cura di), La formazione del­la Lombardia contemporanea, Milano - Roma - Bari, Cariplo - Laterza, 1998.
1999
Gioberti, Bologna, Il Mulino, 1999.
Tempi di guerra, attese di pace. Letture storiche da «L’Osservatore romano»
(1984-1998), a cura di P. Gheda, presentazione di P. Borzomati, Soveria
Mannel­li, Rubettino, 1999.
G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Mantova e il suo territorio,
Milano, Cariplo, 1999.
[con G. Mezzanotte e A. Cova], Mantova, l’istmo padano, in G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Mantova e il suo territorio, Milano, Cariplo,
1999, pp. 7-8.
Nei «luoghi di Dio»: la lettera del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II sul pel­
legrinaggio ai luoghi legati al­la storia del­la salvezza, suggestioni di G. Rumi,
A. Riccardi e E. Rossi, Città del Vaticano, Quaderni de «L’Osservatore
romano», 1999.
Non solo ordine pubblico, «Civiltà ambrosiana», 16 (1999), 1, pp. 3-5.
Introduzione, in A. Bel­loni Sonzogni, Giuseppe Bicchierai. Sacerdote e manager a
Milano 1898-1987, Milano, Franco Angeli, 1999.
Prefazione, in D. Bertolotti, Viaggio al lago di Como, Milano, Valentina edizioni,
1999.
Prefazione, in M. Bocci, Oltre lo Stato liberale. Ipotesi su politica e società nel
dibattito cattolico tra fascismo e democrazia, Roma, Bulzoni, 1999.
Prefazione, in V. Cárcel Ortí, Buio sul­l’altare. 1931-1939. La persecuzione del­la
Chiesa in Spagna, Roma, Città Nuova, 1999.
Prefazione, in A. Ghidini, I piccoli derelitti e l’opera di Padre Beccaro, Pessano
con Bornago, Mimep-Docete - Edizioni OCD, 1999.
2000
G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Pavia e il suo territorio, Milano,
Cariplo, 2000.
Don Giovanni Calabria nel contesto del cattolicesimo romano: un’introduzione,
in Don Giovanni Calabria (1873-1954). Tra memoria storica ed attualità,
44
scritti storici di giorgio rumi
«Bol­lettino del­l’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in
Italia», 35 (2000), 2, pp. 160-164.
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famil­le d’esprit, Journées d’études (Molshein, 4-5 juin 1999), Brescia Roma, Istituto Paolo VI - Edizioni Studium, 2000, pp. 213-222 [e intervento, pp. 258-259]. [52]
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capitale morale, Venezia - Milano, Marsilio - Museo Bagatti Valsecchi,
2000, II, pp. 5-14. [24]
Montini e l’Europa negli anni milanesi, in F. Citterio - L. Vaccaro (a cura di),
Montini e l’Europa, Morcel­liana, Brescia 2000 («Quaderni del­la Gazzada», 20), pp. 73-84.
[con G. Mezzanotte e A. Cova], Pavia, la persistente ruralità, in G. Rumi G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Pavia e il suo territorio, Milano,
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Intervento di un esperto del­la Commissione Centrale, «La Gazzada», 38, 2000,
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Introduzione, in P. Gheda, La compagnia di Sant’Orsola: dal­l’occupazione napoleonica al­la Provida Mater Ecclesiae 1807-1947, Caltanissetta, Sciascia,
2000.
Introduzione, in R. Pavoni - C. Mozzarel­li (a cura di), Milano 1848-1898. Ascesa
e trasformazione del­la capitale morale, Venezia - Milano, Marsilio - Museo
Bagatti Valsecchi, 2000, I.
Prefazione, in D. Fabrizio, La questione dei Luoghi Santi e l’assetto del­la Palestina
1914-1922, Milano, Franco Angeli, 2000.
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G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Sondrio e il suo territorio, Milano,
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Cesare Balbo e un futuro per un vecchio Impero, prolusione al­l’adunanza solenne
per l’inaugurazione del­l’anno accademico 2001, Milano, Istituto Lombardo Accademia di scienze e lettere, 2001, pp. 19-25.
*L’Ottocento milanese: ruolo e destino di una città, in Storia del­l’Ambrosiana. L’Ottocento, Milano, IntesaBci, 2001, pp. 1-25. [25]
Per una storia de L’Osservatore romano (1861-2001): la Lettera di sua Santità
Giovanni Paolo II per i 140 anni di vita del giornale, con un saggio di
G. Rumi, Città del Vaticano, Tipografia Vaticana, 2001.
Religione e società nel­la caduta del­l’antico regime (1796-1859), in M. Bona Castel­
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[con G. Mezzanotte e A. Cova], Sondrio, quando parlano le montagne, in
G. Rumi - G. Mezzanotte - A. Cova (a cura di), Sondrio e il suo territorio,
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in C. Continisio (a cura di), Le insorgenze popolari nel­l’Italia napoleonica. Crisi del­l’antico regime e alternative di costruzione del nuovo ordine
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Introduzione, in E. Bressan - A. Longatti (a cura di), La Ca’ d’Industria a Como.
Due secoli di solidarietà, Como, Nodo libri, 2001.
Parole introduttive, in M.G. Bascapè - P.M. Galimberti - S. Rebora (a cura di), Il
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PP. A.B ex E.C.A. di Milano - Silvana Editoriale, 2001.
Prefazione, in C. Cattaneo, Del­l’insurrezione di Milano nel 1848 e del­la successiva
guerra, a cura di L. Ambrosoli, Milano, Mondadori, 2001.
Prefazione, in D. Saresel­la, Cattolicesimo italiano e sfida americana, Brescia,
Morcel­liana, 2001.
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G. Rumi - E. Bressan, Don Carlo Gnocchi. Vita e opere di un grande imprenditore
del­la carità, Milano, Mondadori, 2002.
Chiesa e Europa, in Europa e realtà nazionali: problemi e prospettive, anno 19992000, Milano, Istituto Lombardo di scienze e lettere, 2002, pp. 71-90.
*Contro don Abbondio, in G. Rumi - E. Bressan, Don Carlo Gnocchi. Vita e
opere di un grande imprenditore del­la carità, Milano, Mondadori, 2002,
pp. 15-34. [33]
*Il Novecento a Milano, in Storia del­l’Ambrosiana. Il Novecento, Milano, IntesaBci,
2002, pp. 1-15. [26]
Pareto e l’Italia del suo tempo, in G. Manca (a cura di), Vilfredo Pareto (18481923). L’uomo e lo scienziato, prefazione di A. Fazio, Sondrio - Milano,
Banca popolare di Sondrio - Libri Scheiwil­ler, 2002, pp. 89-103.
Per una lettura civile del­la proposta di José Maria Escrivá de Balaguer, «30Giorni»,
20 (2002), 2, pp. 8-12.
Quel convenire dai quattro angoli del­la terra, «Bol­lettino del­l’Istituto Paolo VI»,
44, 2002, pp. 77-78.
Società religiosa e società civile nel­l’età del­la Restaurazione, in S. Onger (a
cura di), Brescia 1849. Il popolo in rivolta, Brescia, Morcel­liana, 2002,
pp. 27-30.
Intervento in Atti del convegno tenuto in Sondrio il 22 giugno 2002 in occasione
del­la presentazione del volume «Vilfredo Pareto (1848-1923) l’Uomo e
lo Scienziato», «Notiziario del­la Banca popolare di Sondrio», 90, 2002,
pp. 76-77.
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Introduzione, in M. Bernasconi (a cura di), Una storia, un giornale, un popolo.
1926-2001, [Lugano], Edizioni Giornale del Popolo, 2002 (20062).
Introduzione, in A. Buratti Mazzotta (a cura di), I disegni del­l’Archivio storico
diocesano di Milano, Milano, Provincia di Milano - Biblioteca di via
Senato edizioni, 2002.
Introduzione, in Storia di Como. Dal­l’età di Volta al­l’Europa Contemporanea
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La Santa Sede e il sistema del­la Realpolitik, in Leone XIII. Fede, politica, lavoro,
società, pace. Attualità del pensiero di un grande Papa, atti del Convegno
internazionale di studi (Roma, 4-6 dicembre 2003), Roma, Liberal, 2004,
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*La «scoperta» del povero. Appunti da una rilettura di «Adesso», «Impegno», 15
(2004), pp. 55-60. [71]
Intervento in occasione del­la presentazione di M.R. De Gasperi, De Gasperi,
ritratto di uno statista, Milano, 5 ottobre 2004, Milano, Associazione per
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Cuore, Facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, quad. 26,
pp. 13-17.
Prefazione, in D. Bardel­li, L’Italia viaggia. Il Touring club, la nazione e la modernità (1894-1927), Roma, Bulzoni, 2004.
Prefazione, in G. De Carli, Eminenza, mi permette? La Chiesa e il mondo raccontati dai cardinali di papa Wojtyla, Casale Monferrato, Piemme, 2004.
*Prefazione, in «… per sua stel­la polare il Duomo». Mons. Angelo Majo (19262003), Milano, NED, 2004. [70]
Presentazione, in Al­l’amica sorridente. Attualità del messaggio di Vincenza Cerati
Rivolta, Milano, Sugarco Edizioni, 2004.
Presentazione, in Storia universale, XVIII. Il Risorgimento italiano, Milano, RCS
Quotidiani, 2004.
48
scritti storici di giorgio rumi
2005
Religioso e civile nel­le grandi «storie» italiane contemporanee. Parole introduttive,
in L. Vaccaro (a cura di), Storia del­la Chiesa in Europa tra ordinamento
politico-amministrativo e strutture ecclesiastiche, Brescia, Morcel­liana, 2005
(«Quaderni del­la Gazzada», 25), pp. 15-18.
Introduzione, in P.E. Taviani, Discorsi parlamentari, con un saggio di G. Rumi,
Bologna, Il Mulino, 2005.
Prefazione, in C. Gnocchi, «Dio è tutto qui». Lettere di una vita, a cura di
O. Arzuffi et al., Milano, Mondadori, 2005.
2006
La lunga marcia verso la democrazia, in I cattolici e la Resistenza. A 60 anni
dal­la liberazione: memoria, identità, futuro, Milano, In dialogo, 2006,
pp. 51-64.
Religione e politica: l’arduo rapporto con l’Austria, in R. Ghiringhel­li - O. Sanguinetti (a cura di), Il cattolicesimo lombardo tra rivoluzione francese, Impero
e Unità, atti del Convegno di studio (Milano, 3-4 ottobre 2003), Pescara,
Edizioni Scientifiche Abruzzesi, 2006, pp. 147-150.
*Tesi e ipotesi nel­le strategie vaticane di fine Ottocento, in Libri, e altro. Nel passato e nel presente, Milano, Dipartimento di Scienze del­la storia e del­la
documentazione storica, Università degli Studi di Milano - Fondazione
Arnoldo e Alberto Mondadori, 2006, pp. 613-621. [55]
Introduzione, in R. Cairoli, Nessuno mi ha fermata. Antifascismo e Resistenza
nel­l’esperienza del­le donne del Comasco 1922-1945, Como, Nodo libri,
2006.
*Parole introduttive, in A. Robbiati Bianchi (a cura di), La formazione del primo
Stato italiano e Milano capitale 1802-1814, Convegno internazionale
(Milano, 13-16 novembre 2002), [Milano], Istituto Lombardo Accademia
di scienze e lettere - LED, 2006, pp. 11-14. [72]
2007
Oltre Porta Pia. Scritti per liberal, presentazione di A. Colombo, Roma, Liberal,
2007.
L’Istituto Lombardo nel­l’Italia liberale (1860-1900), in A. Robbiati Bianchi (a cura
di), L’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere (secoli XIX-XX),
Storia istituzionale, I, Milano, Istituto Lombardo Accademia di scienze e
lettere - Libri Scheiwil­ler, 2007, pp. 495-553.
1
Mussolini e il «programma» di San Sepolcro
«Quotidiano socialista»: questo il sottotitolo che aveva accompagnato il
«Popolo d’Italia» dal­la sua apparizione (14 novembre 1914) per tre anni
di guerra. Ma il 1° agosto 1918, il «Popolo» si presenta come «Quotidia­
no dei Combattenti e dei Produttori». L’ultimo, tenuissimo legame che,
sia pure nel campo marginale del­la terminologia politica, univa ancora
l’agitatore romagnolo al movimento socialista veniva così a mancare   1.
La nuova testata indica infatti con chiarezza il pubblico cui Mussolini
intende rivolgersi, le forze politiche ed economiche che egli intende uti­
lizzare per la sua azione politica: la moderna borghesia industriale e intel­
lettuale, ed i combattenti. Questi «vanno da Diaz al­l’ultimo fantaccino».
E poi, ci sono
[…] i produttori, cioè quel­li che producono, che lavorano, ma non
soltanto con le braccia. C’è il lavoro che non dà sudore al­la fronte o
non produce i famosi cal­li al­le mani, ma la cui utilità sociale è certo
superiore a quel­la che può essere fornita dal­la giornata di un manovale
libico […]. Difendere i produttori significa permettere al­la borghesia
di compiere la sua funzione storica – ci sono ancora due continenti
quasi intatti che attendono di essere travolti nel turbine del­la civiltà
mondiale capitalistica – e significa anche agevolare agli operai il conse­
1
L’ampia letteratura mussoliniana non sembra aver adeguatamente chiarito il pe­
riodo bel­lico: l’opera migliore resta quel­la di G. Dorso, Mussolini al­la conquista del
potere, Torino 1961 (19491), pp. 127-172. Sul­l’evoluzione a destra di Mussolini si veda
qualche interessante notizia nel recente saggio di R. De Felice, Giovanni Preziosi e le
origini del fascismo (1917-1931), «Rivista storica del socialismo», 5 (1962), pp. 493-555,
specialmente p. 504 ss., ove tale spostamento è fatto risalire al periodo immediatamente
seguente a Caporetto.
[da «Il Movimento di liberazione in Italia», 71 (1963), 2, pp. 3-26]
52
fascismo e politica estera
guimento del maggiore benessere per il maggior numero e lo sviluppo
di quel­le capacità che possono a un dato momento sprigionare dal­la
massa lavoratrice le nuove aristocrazie dirigenti del­le nazioni.  2
I combattenti ed i produttori, la borghesia e le nuove aristocrazie ope­
raie: i termini e le immagini si susseguono e s’intrecciano nel modo
più superficiale e disordinato. Ma il tono e la piega del discorso non
lasciano poi molti dubbi. La guerra, si direbbe, ha rivelato a Mussolini
tutta l’importanza del moderno capitalismo nel­la vita e nel­le competi­
zioni del­le nazioni: gliene ha dato almeno l’impressione viva e diretta.
La «borghesia», o meglio, la particolare «borghesia dei produttori» ha
così senz’altro il primo posto nel­la rozza teoria sociale che egli delinea.
L’eco sindacalista non manca, con il richiamo al­le aristocrazie operaie cui
spetterà di dirigere la nazione, ma l’accenno resta nel vago, è rinviato
ad un impreciso avvenire. E la tradizionale teoria del necessario sviluppo
del capitalismo, come premessa al trionfo del sindacalismo, diviene quasi
ossequio al­l’indispensabile paternalismo del­le classi dirigenti («difendere
i produttori» significa anche «agevolare agli operai»). Il rifiuto del­la reto­
rica operaistica («i famosi cal­li al­le mani») aggrava infine le cose, poiché
induce Mussolini solo ad un assurdo, diretto confronto fra l’industriale e
il singolo «manovale libico». Ogni critica del sistema sociale vien meno, e
s’indulge invece ad una esaltazione, di per sé caratteristica, del coloniali­
smo e del­l’imperialismo come uno dei tratti distintivi del­la storia futura:
«[…] ci sono ancora due continenti quasi intatti». «Mi sono persuaso che
per me la parola socialista era vuota di significato», dichiara Mussolini
dieci giorni dopo  3, e l’affermazione è più che logica.
L’essenziale è produrre […]; bisogna esaltare i produttori che rap­
presentano la nuova Italia in contrapposto al­l’antica dei cantastorie e
dei ciceroni; […] ci sono dei capitalisti che hanno il senso del­la loro
funzione storica e «osano», ci sono dei proletari che comprendono la
ineluttabilità di questo «processus» capitalistico e vedono i benefici
mediati ed immediati che ne possono trarre.  4
Il Leitmotiv di questo passo è ben individuato e contiene già, sia pure em­
brionalmente, uno dei motivi più tipici degli orientamenti mussoliniani.
Egli è affascinato dal­l’idea del primato del­la politica estera e già trapela
quel­lo che sarà il culto del successo, non importa se inteso in modo assai
indifferenziato, purché propagandisticamente efficace, nel campo del­le
Benito Mussolini, Novità, «Il Popolo d’Italia», 1 agosto 1918.
B. Mussolini, Divagazione, ivi, 11 agosto 1918.
4
B. Mussolini, Orientamenti e problemi, ivi, 18 agosto 1918.
2
3
mussolini e il «programma» di san sepolcro
53
relazioni fra le potenze: «Produrre per essere liberi. Lavorare per poter
figurare con fierezza e dignità nel­le competizioni mondiali»  5.
In questo ambito si col­loca anche la difesa intransigente del­la guerra.
Fautore del­la lotta ad oltranza, il «Popolo d’Italia» conduce con decisione
una duplice polemica sia contro l’ala pacifista del­la borghesia sia contro
il disfattismo del Partito socialista: «Vogliamo denunciare, smascherare
il parassitismo dei politicanti socialisti che non hanno voluto la guerra e
vorrebbero sfruttarla nel­le sue inevitabili conseguenze rinnovatrici»  6. E
in funzione antisocialista non si esita nemmeno a riprendere la vecchia ac­
cusa di debolezza germanofila: «Bisogna sventare in tempo l’enorme ag­
guato del socialismo falsamente pacifondaio, onde siano garantite le spal­le
agli eserciti che dovranno, se la Germania non si arrende, marciare oltre
Reno»  7. Solo in questo quadro ormai del­l’interventismo e del­la vittoria,
Mussolini vede il problema del­le classi lavoratrici. E la meta è una: il loro
reinserimento nel­l’ambito nazionale; come se i lunghi anni di guerra aves­
sero finalmente dato al proletariato una nuova dignità, rendendolo capace
e meritevole di partecipare al­l’edificazione dei nuovi destini del­la patria,
che in modo ancor vago, ma assai significativo, vengono individuati nel
successo sul terreno del­le relazioni internazionali. Siamo sul­la linea del
più ortodosso sindacalismo nazionalista, quel­lo che, non molto tempo pri­
ma, il Corradini aveva appunto riesposto nel­la sua Marcia dei produttori  8.
La grandezza nazionale subordina a sé ogni altra considerazione, e
sul «Popolo» è proprio Paolo Orano, partecipe del­le varie vicende del
sindacalismo, ad indicarlo con estrema chiarezza:
Non è che i proletari non abbiano patria, come gridava quel mentito­
re di genio che risponde al nome di Carlo Marx. È vero, al contrario,
che non l’hanno ancora avuta quel­la che loro spetta e che debbono
conquistarsela se vogliono avanzare di un primo passo sul­le vie del­
le loro conquiste. Bisogna che abbiano e cioè facciano loro la patria
che è loro; bisogna che la facciano grande […] quel­l’Italia che fa del­la
coscienza e del­la volontà nazionale del suo proletariato un istrumento
di grandezza.  9
Ibidem.
B. Mussolini, Consensi, ivi, 10 settembre 1918.
7
B. Mussolini, Ipotesi, ivi, 20 ottobre 1918.
8
E. Corradini, La Marcia dei produttori, Roma 1916, p. 78 ss.; sugli orientamen­
ti del sindacalismo nazionale si vedano M. Viana, Sindacalismo, Bari 1923, pp. 65-79;
A. Lanzil­lo, La disfatta del socialismo, Firenze 1918, p. 276; S. Panunzio, Stato nazionale
e sindacati, Milano 1924, p. 93 ss.; A.O. Olivetti, Il sindacalismo come filosofia e come
politica, Milano 1924, p. 81 ss.; ed infine l’efficacissimo schizzo di P. Vita-Finzi, Le
delusioni del­la libertà, Firenze 1961, pp. 239-247.
9
P. Orano, Patria e proletariato, «Il Popolo d’Italia», 17 ottobre 1918.
5
6
54
fascismo e politica estera
Un orientamento netto e ben marcato, quindi, emerge dal­le pagine del
«Popolo d’Italia», tutto basato sul­la condotta del­la guerra ad oltranza,
secondo gli schemi nazionalistici. E tuttavia, proprio il sopraggiungere
del­la vittoria crea a Mussolini le maggiori difficoltà. In fondo le sue prese
di posizione trovavano ampia ragione d’essere finché perdurava il conflit­
to, con le sue esigenze di coesione nazionale, di esaltazione patriottica e
produttivistica, di coercizione dei dissidenti. Ma ora il dopoguerra, con
tutti i suoi gravi problemi, sembrava dissipare le troppo facili il­lusioni. Da
un lato, nel campo internazio­nale, v’erano le incognite del­la Conferenza
del­la Pace e del nuovo assetto mondiale e, dal­l’altro, in quel­lo interno,
v’era l’affacciarsi di quel­le questioni sociali che per troppo tempo erano
state trascurate o rinviate. Nuove forze politiche si organizzano e proprio
l’aborrito movimento socialista è sul­la cresta del­l’onda. Lo stesso ambien­
te dei «produttori» sembra seguire altre vie. Segno forse secondario ma
significativo: la pubblicità del­le aziende più interessate al­la produzione
bel­lica, che era stata assai abbondante sul «Popolo» del 1918, decresce a
vista d’occhio  10.
In una situazione così mutata, in un quadro così nuovo e complesso,
che speranze possono mai restare a Mussolini? Il problema del ritorno
dei reduci, che tutti i partiti tengono presente, può forse offrire una rela­
tiva continuità di idee, di sentimenti ed anche di risentimenti col periodo
del­la guerra. La smobilitazione sempre rinviata, lo può al­lontanare, ma
non risolvere. E su questa carta punta l’interventista Mussolini. Si tratta
di utilizzare la guerra e la vittoria per contare di nuovo nel­la vita politica
italiana e, fra i combattenti, Mussolini cerca di ricostruirsi un seguito e di
accogliere il maggior numero di adesioni possibili su una base indiscu­
tibilmente nazionale. Il 25 novembre, dal­le colonne del «Popolo», egli
lancia un appel­lo per la realizzazione di un movimento combattentistico:
«Tutti al­l’opera per fondare i fasci del­la costituente!». I delegati dei redu­
ci, riuniti in costituente, avrebbero dovuto dibattere «i grandi problemi
nazionali»; la formula è alquanto elastica ma si colora di un più preciso
significato se si tien conto del­la parte negativa del­l’appel­lo:
[…] dal­la costituente del­l’interventismo italiano uscirà l’antipartito,
cioè un’organizzazione «fascista» che non avrà nul­la in comune coi
10
In particolar modo il complesso Ansaldo, la ditta Nicola Romeo, la FranchiGregorini di Bergamo, la Giuseppe Redael­li e F.l­lo e infine la Banca Commerciale:
nel periodo 1 luglio - 4 novembre 1918 queste ditte pubblicarono sul «Popolo» rispet­
tivamente 24, 23, 16, 26, 46 inserzioni pubblicitarie di varia ampiezza. Nel periodo
4 novembre - 31 dicembre 1918 le inserzioni scendono rispettivamente a 0, 4, 1, 5, 23.
Sul­la storia del­la Banca Commerciale nel periodo bel­lico si veda A. Monticone, Nitti e
la grande guerra, Milano 1961, p. 199 ss.
mussolini e il «programma» di san sepolcro
55
«credi», coi «dogmi», con le mentalità e soprattutto con le pregiudizia­
li dei vecchi partiti in quanto permetterà la coesistenza e la comunità
d’azione di tutti coloro (quali si siano i loro credi politici, religiosi ed
economici) che accettano una data soluzione di dati problemi […].  11
L’insofferenza per le strutture rigide dei partiti, per il loro dogmatismo, e,
al contrario, la predilezione per gli slogan, l’azione diretta, il tecnicismo:
tutti quei motivi che s’erano andati accentuando negli anni di guerra in
Mussolini si ritrovano qui in una forma drastica e perentoria che però
rivela anche l’assenza di ogni altra concreta prospettiva politica. Nessun
dubbio, comunque, doveva offrire, nel­le intenzioni del suo organizzato­
re, il movimento combattentistico in via d’organizzazione dal punto di
vista del­l’ortodossia nazionale e del­l’opposizione al­la lotta di classe: la ri­
chiesta del­la costituente non può far sorgere equivoci o in qualche modo
avvicinarlo al­la sinistra: «Noi partiamo dal terreno del­la Vittoria che non
deve essere sabotata […] noi ci mettiamo sul terreno del­la nazione che
contiene la classe e tutte le classi mentre la classe non contiene affatto la
Nazione […]»  12. Se infine si chiede la partecipazione di rappresentanze
di lavoratori al­la conferenza del­la pace, questa si accompagna subito al­la
polemica col classismo dei socialisti  13. La nuova organizzazione combat­
tentistica, piuttosto, deve differenziarsi nettamente da tutti i movimenti
esistenti: essa «non avrà nessuno dei caratteri dei vecchi partiti»  14. Po­
sizione critica, quindi, nei confronti del­la vecchia classe dirigente, e, al
contempo, lotta al bolscevismo in tutte le sue manifestazioni.
È un tentativo di interpretare e difendere stati d’animo e tendenze
che si potevano pensare diffusi tra i combattenti e, in una chiave partico­
lare, il mito del­la «nuova Italia», del­l’Italia rigenerata dal­la guerra. Ed è
un mito capace, si direbbe, di larghi consensi se un reduce come Pietro
Nenni, già interventista repubblicano, può scrivere anch’egli sul «Popolo
d’Italia»: «[…] indietro la vecchia Italia! Al timone non ci vuole gen­
tucola gottosa. Nel formidabile rimescolio del mondo l’Italia può anche
resistere al­la febbre … russa. Dipende dal senno dei governanti»  15.
Il «Popolo» fa così assumere contorni sempre meglio definiti al suo
indirizzo politico. Ai reduci rivolge le sue più vive attenzioni:
V’è una massa compatta, omogenea, abbastanza univoca nei desideri e
nel­le speranze: la massa dei combattenti, dei mutilati, del­le famiglie dei
B. Mussolini, A raccolta!, «Il Popolo d’Italia», 23 novembre 1918.
B. Mussolini, In tema di Costituente, ivi, 7 dicembre 1918.
13
B. Mussolini, La prima Costituente del grande popolo italiano sarà, ivi, 19 novem­
bre 1918.
14
B. Mussolini, Precisiamo!, ivi, 20 novembre 1918.
15
P. Nenni, Idee chiare, ivi, 22 novembre 1918.
11
12
56
fascismo e politica estera
caduti. Costoro, politicamente preparati, potrebbero essere il nucleo
centrale per la conquista e la trasformazione del­lo stato.  16
Commentando la fondazione del­l’Associazione Reduci zona operante, il
«Popolo» osserva:
Affermiamo sicuramente che l’organizzazione dei combattenti, per
quel­la esperienza e quel­la coscienza che le acquisirono i sacrifici e le
ragioni del­la guerra combattuta, sarà l’unica compagine veramente ca­
pace di dare al popolo del­l’oggi tali dirigenti che rispondano a tutti i
requisiti necessari […].  17
E la larga ospitalità offerta dal giornale al­le lettere ed ai problemi dei
militari par davvero rinsaldare i legami con le masse dei reduci. Abbon­
da la corrispondenza di ufficiali subalterni, di «arditi» e di membri di
altri corpi scelti, ma non manca quel­la dei semplici soldati: il «Popolo»
può quindi, con qualche ragione, attribuirsi il ruolo di loro portavoce.
«Il generale Caviglia – riporta con palese compiacimento Mussolini – mi
ha detto che legge sempre il «Popolo d’Italia» per tenersi al corrente del
pensiero e del­le necessità dei soldati […]»  18.
Sin dai primi mesi dopo la vittoria, l’attenzione che il «Popolo» ri­
serva al problema dei combattenti assume tuttavia un orientamento più
preciso. Fra le masse dei reduci l’interesse del giornale non tarda a con­
centrarsi sugli ufficiali. Duecentomila subalterni di complemento stanno
per essere congedati: ad essi Mussolini si propone di conservare prestigio,
autorità, un ruolo importante nel dopoguerra.
Non crediamo che chi è partito studente, insegnante, impiegato, e tor­
na con le spal­line da ufficiale dopo aver fatto l’abitudine al comando,
agli stipendi discreti, se non lauti, sia pronto a tornare al­le vecchie abi­
tudini […].  19
Ma egli non si limita ad operare una distinzione fra ufficiali e semplici
militari, anzi, in un certo senso, riesce a contrapporli:
[…] dei soldati tutti si occupano, ai soldati tutto promettono. Mentre
nessuno osa affrontare il problema degli ufficiali nel dopoguerra, che
sono i veri artefici del­la vittoria. Il soldato è la massa, la massa bru­
ta, poderosa ma inerte, senza una forza propulsiva che ne stabilisca lo
sforzo e gli obiettivi da raggiungere […]. Quaranta mesi di rude, san­
guinosa esperienza hanno costituito la migliore scuola che si potesse
16
17
18
19
Critone, Aspetti politici del­la crisi economica, ivi, 31 gennaio 1919.
Ivi, 1 febbraio 1919.
Il generale Caviglia ed il «Il Popolo d’Italia», ivi, 1 febbraio 1919.
In rango! Incomincia l’appel­lo! Trincercarchi a noi!, ivi, 27 dicembre 1918.
mussolini e il «programma» di san sepolcro
57
augurare per una generazione sana e forte degna di un grande domani,
gli ufficiali oggi rappresentano una ricchezza accumulatasi in silenzio,
una ricchezza ideale che non ci attendevamo, un tesoro di energia e di
esperienza che non si deve trascurare: essi sono l’élite del­l’aristocrazia
nuova, del­la trincerocrazia italiana […].  20
I cardini del­l’ordine stabilito non corrono più pericolo. Quando si costi­
tuisce a Milano un «fascio di educazione sociale» al­lo scopo di diffonde­
re, fra l’altro,
[…] sane ed equilibrate cognizioni economico-sociali che […] convin­
cano profondamente del­la sterilità di ogni conato rivoluzionario e del­
l’alto valore del­l’ordine come presidio del benessere sociale col­lettivo e
del­la libertà individuale […]  21
il «Popolo» commenta: «Ecco un’iniziativa che merita tutto il nostro
plauso ed incoraggiamento. Vogliamo augurarci che essa possa esplicarsi
nel modo più proficuo»  22.
Prudente ricerca di formule nuove, ortodossia patriottica, antisocia­
lismo, appel­lo ai reduci ma, in particolar modo, agli ufficiali, esaltazione
del­l’ordine e del produttivismo: su questa base Mussolini può anche af­
frontare senza troppe incertezze le questioni più importanti del momento.
Le otto ore, i minimi di salario, la riforma tributaria, la terra ai contadini,
i provvedimenti per gli invalidi ed i reduci, i miglioramenti economici
per le più trascurate categorie di statali  23, tutto trova un’eco sul «Popolo
d’Italia», ma il loro senso ultimo è ben chiaro. Mussolini non si pone in
concorrenza con il socialismo, avanza sì un programma di rivendicazioni
sociali ed economiche, ma in funzione strumentale al­la sua politica di or­
ganizzazione dei reduci.
Ogni riforma è anzitutto diretta al più alto scopo del­la grandezza na­
zionale, come precisa il titolo a piena pagina del 16 novembre 1918: «Per
la gran Patria entro ed oltre i confini».
Inequivocabile è quindi la posizione del «Popolo» di fronte al­le agita­
zioni ed agli scioperi popolari che si intensificano a partire dal novembre
1918: la lotta di classe non può essere ammessa in quanto danneggia la
produzione e compromette gli interessi nazionali, ben superiori ad ogni
conflitto particolaristico  24. L’auspicio di vaste riforme sociali non esclude
la più aspra polemica antisocialista:
20
21
22
23
24
Ibidem.
Per un fascio popolare di educazione sociale, ivi, 7 dicembre 1918.
Ibidem.
Ivi, 16 novembre 1918; 6 e 19 gennaio, 2 febbraio e 12 marzo 1919.
A. Lanzil­lo, Il Trattato di pace e le classi lavoratrici, ivi, 19 novembre 1918.
58
fascismo e politica estera
[…] inchiodate al muro del­la loro stoltizia questi emeriti conservatori
del­le vecchie ideologie socialiste verniciate a nuovo col fanatismo ed
il sangue del bolscevismo asiatico, scarnificate il loro pensiero da ogni
muscolatura di sofismi e giungete ad una conclusione mostruosa ma
inconfutabile: essi non volevano la Vittoria, essi aspiravano al­la disfatta
[…].  25
Si nega inoltre che il Partito socialista rappresenti effettivamente gli inte­
ressi popolari:
Noi ci guardiamo bene dal confondere la massa operaia che ha contri­
buito nel­le officine al­la Vittoria coi soliti politicanti che la sfruttano per
fini personali o di partito. Ma è tempo che la massa operaia reagisca;
è tempo che gli operai ricordino che sono uomini e non gregge. La
Nazione che ha la coscienza di se stessa, la Nazione che dopo aver rag­
giunto la meta gloriosa non vuole abbassarsi e meno ancora precipitare,
non permetterà a nessun costo che la Vittoria guadagnata col sangue
sacro dei soldati sia sfruttata obliquamente da coloro che hanno fatto
l’impossibile ed il possibile per impedirlo […].  26
Né le rivendicazioni sociali portate avanti in questo periodo, né gli at­
tacchi al­la borghesia riescono in realtà ad alterare l’orientamento inti­
mamente conservatore del giornale mussoliniano. Nel ceto borghese ci
si preoccupa di distinguere sempre un settore produttivo realizzatore,
socialmente positivo, sensibile al­le esigenze superiori del­la nazione, che
è tutt’altra cosa dagli speculatori del tempo di guerra, dagli arricchiti, da­
gli aborriti pescicani, dai capitalisti «vili», timorosi di fronte al­l’incalzare
del­la marea rossa, minati dal tarlo del rinunciatarismo, dai giolittiani di­
sfattisti e codardi  27. La distinzione, quanto mai rozza, ma propagandisti­
camente assai efficace nel­l’uditorio piccolo-borghese del «Popolo», salva
così l’essenziale e l’iniziativa privata, il capitalismo audace ed intrapren­
dente possono essere apertamente esaltati.
Il comm. Spigno, presidente del­la Camera di Commercio di Genova,
ha avuto, fra le tante, una frase felicissima: torni ognuno al proprio mestiere. Non s’improvvisano gli individui e non si improvvisano i com­
mercianti. Sono il lungo tirocinio, la pratica, la vita vissuta quel­le che
formano le capacità […].  28
Osserva il «Popolo d’Italia»: «Il paese vuole il ritorno sol­lecito al­la libertà
di commercio internazionale, del­la produzione e dei prezzi»  29. Ed ancora:
B. Mussolini, Il bolscevismo italiano contro Wilson, ivi, 6 gennaio 1919.
B. Mussolini, Il mondo ci guarda, ivi, 7 novembre 1918.
27
B. Mussolini, Al­la sbarra i tedeschi d’Italia, ivi, 26 novembre 1918.
28
Mib, Per salvare il paese, ivi, 2 febbraio 1919.
29
M. Gioda, L’antipartito, ivi, 10 febbraio 1919.
25
26
mussolini e il «programma» di san sepolcro
59
Non vogliamo degli analfabeti danarosi. Non del popolarume demago­
gico sotto qualsiasi vernice sovversiva o democratica. Oggi occorrono
uomini non di partito ma adatti al fronte del­l’economia e del lavoro.
Non degli oratori ma dei tecnici. Non dei paraboloni ma dei produtto­
ri, dei suscitatori di nuove energie […].  30
Dal liberismo economico al­la riaffermazione dei valori tradizionali il pas­
so è breve:
[…] noi siamo troppo individualisti – scrive Mussolini – per inchinar­
ci ai nuovi ideali, siamo troppo eretici per non sottoporre al­la nostra
critica corrosiva i credi del­la nuova generazione … e siamo anche
CONSERVATORI! Ehi tu, non abbozzare quel­la tua smorfia beffarda
di scimunito che crede di sapere. Sì: c’è qualcosa da conservare nel­le
vecchie civiltà occidentali, c’è da conservare l’individuo, la libertà del­
l’individuo, la libertà del­lo spirito che non vive di solo pane, la libertà
che non può essere schiacciata dai dittatori del­la caserma leninista co­
me non fu schiacciata dai caporali del­la caserma prussiana […].  31
E simile è anche, in fondo, la funzione che Mussolini attribuisce al Parti­
to popolare italiano. Commentandone la fondazione, egli dice:
Il programma è «democratico». Oseremmo dire, troppo democratico.
Di tradizionale c’è solo il primo comma che riguarda la famiglia […],
tutto il resto è programma minimo ed anche massimo socialista […].
Per tutto ciò che riguarda l’interno, il programma del nuovo partito in­
veste tutti i problemi e presenta soluzioni radicali. Chiede ad esempio
il suffragio universale per ambo i sessi, la rappresentanza proporzio­
nale, il col­legio plurinominale. È un programma rinnovatore e in certi
suoi postulati, come quel­li concernenti la politica estera, «sovversivo».
Ma ciò che differenzia il nuovo partito dagli altri di estrema sinistra è e
sarà la tattica. Il Partito Popolare, nel­l’adozione dei suoi mezzi di lotta,
non può uscire dal­la più stretta legalità […]. È solo questo partito che
può sperare di contendere ai socialisti le masse rurali […].  32
Riconoscimento del­l’apertura sociale del movimento cattolico, non di­
sgiunto da talune preoccupazioni per l’audacia del­la risposta innovatrice,
compiacimento per la comparsa di una grossa forza politica sostanzial­
mente d’ordine e per il ruolo connaturato di argine al dilagante sociali­
smo: a questo è ridotta la comparsa del partito cattolico sul­la scena poli­
tica italiana.
30
31
32
Per salvare le forze produttive del­la Nazione, ivi, 31 gennaio 1919.
B. Mussolini, Contro la bestia ritornante, ivi, 18 febbraio 1919.
B. Mussolini, Il Nuovo Partito Popolare Italiano, ivi, 24 gennaio 1919.
60
fascismo e politica estera
Perfettamente coerente a questo indirizzo è l’atteggiamento del «Po­
polo d’Italia» verso i problemi economici e sindacali. L’appoggio offer­
to al­l’Unione italiana del lavoro è motivato, oltre che dagli indiscutibili
precedenti patriottici del­l’Associazione, anche dal­la moderazione dei suoi
programmi, che, neppur di lontano sembrano minacciare il mito del­la
produzione sacro a Mussolini ed ai suoi accoliti. Commentando i delibe­
rati del congresso del­l’UIL  33, Agostino Lanzil­lo osserva:
Ciò che rende importante questo elenco di richieste è anzitutto la fer­
mezza e la decisione senza retorica con la quale il congresso prende
posizione. Siamo ben lontani dagli ordini del giorno dei rivoluzionari
da operetta compilati dal­la lepida direzione del partito […].  34
Si esalta quindi la conciliazione dei contrastanti interessi del padronato e
del­le maestranze al fine superiore del­la Nazione  35, e, di conseguenza, si
ammonisce il capitale al­le concessioni, a scanso di danni maggiori  36. Lo
sforzo mussoliniano di separare il movimento sindacale dal Partito so­
cialista è evidente e l’avance nei confronti del­la Confederazione generale
del lavoro si pone sul­la medesima direttiva. Quando l’on. Rinaldo Rigola,
uno dei suoi maggiori esponenti  37, in un’intervista concessa al «Tempo»,
dichiara:
Quel­li che sanno creare giorno per giorno la ricchezza possono accapi­
gliarsi ad ogni momento per ripartirsela, ma possono anche facilmente
trovare il punto d’accordo che loro consente di col­laborare per attinge­
re sempre più alte mete […].  38
Mussolini non tarda a cogliere la pal­la al balzo:
L’on. Rigola parla nettamente di col­laborazione tra coloro che produ­
cono la ricchezza, salvo a combattersi quando si tratta di ripartirsela.
C’è un interesse comune che ad un dato momento elide e cancel­la la
lotta di classe: l’interesse di produrre […].  39
***
33
34
1919.
Si veda M. Viana, Sindacalismo cit., p. 75.
A. Lanzil­lo, Commento al Congresso del­l’U.I.L., «Il Popolo d’Italia», 11 gennaio
Ivi, 24-25 gennaio 1919.
B. Mussolini, Bisogna cominciare, ivi, 26 gennaio 1919.
37
Sul Rigola si veda l’autobiografia R. Rigola e il movimento operaio nel Biel­lese,
Bari 1930, specialmente l’ultimo capitolo.
38
B. Mussolini, Rettifiche di tiro, «Il Popolo d’Italia», 25 febbraio 1919.
39
Ibidem.
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36