Appendice parte prima in pdf

Transcript

Appendice parte prima in pdf
Provincia di Prato
Piano Provinciale delle
Bonifiche dei siti inquinati
Legge Regionale n. 25/98
Appendice – Parte prima
Nota tecnica
contaminati
Novembre 2005
per la
gestione dei siti
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
INDICE DEI CONTENUTI
PREMESSA................................................................................................................ 3
1 LIMITI DI RIFERIMENTO......................................................................................... 4
1.1 Limiti tabellari...................................................................................................................................................4
1.1.1 D.M. 471/99 "usi industriale/commerciale e verde pubblico/residenziale".................................................5
1.1.1.1 Criterio delle sostanze tossicologicamente affini..................................................................................6
1.1.2 D.P.R.G. 32/R/2001 "uso agricolo"............................................................................................................. 7
1.1.3 Circolare ISSN............................................................................................................................................. 8
1.2 Analisi di rischio................................................................................................................................................ 8
1.2.1 Campo di applicazione................................................................................................................................. 9
1.2.2 Linee generali di sviluppo dell’analisi di rischio....................................................................................... 10
1.2.3 I modelli in uso...........................................................................................................................................13
1.2.3.1 RBCA.................................................................................................................................................. 13
1.2.3.2 Giuditta................................................................................................................................................14
1.2.3.3 RO.M.E............................................................................................................................................... 15
1.3 Banche dati per l’analisi di rischio................................................................................................................ 16
2 INTERVENTI DI BONIFICA/MESSA IN SICUREZZA............................................ 17
2.1 Interventi di bonifica ex-situ.......................................................................................................................... 17
2.1.1 Trattamenti fisici........................................................................................................................................ 18
2.1.2 Trattamenti chimico fisici.......................................................................................................................... 18
2.1.3 Trattamenti biologici.................................................................................................................................. 20
2.2 Interventi di bonifica in-situ...........................................................................................................................22
2.2.1 Trattamenti chimico fisici.......................................................................................................................... 22
2.2.2 Trattamenti biologici.................................................................................................................................. 24
2.2.3 Fitotrattamenti............................................................................................................................................ 29
2.3 Interventi di bonifica con misure di sicurezza..............................................................................................30
2.4 Interventi di messa in sicurezza definitiva....................................................................................................31
2.5 Attenuazione Naturale Controllata............................................................................................................... 31
2.6 Sistemi e tecnologie di monitoraggio e controllo.......................................................................................... 32
2.6.1 Specifiche tecniche per l'effettuazione di indagini ambientali...................................................................32
2.6.2 Capitolato tipo............................................................................................................................................ 35
2.6.3 Controlli ambientali....................................................................................................................................38
2.6.4 Piano di monitoraggio post operam........................................................................................................... 38
2.6.5 Metodiche analitiche.................................................................................................................................. 39
2.6.5.1 Metodiche analitiche suolo - sottosuolo..............................................................................................39
2.6.5.2 Metodiche analitiche acque sotterranee.............................................................................................. 48
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 2 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
PREMESSA
La presente appendice costituisce parte integrante del Piano provinciale delle bonifiche e si
compone delle seguenti sezioni:
•
Parte prima: Nota tecnica per la gestione dei siti contaminati;
•
Parte seconda: Anagrafe dei siti con necessità di bonifica o di messa in sicurezza
permanente;
•
Parte terza: Anagrafe dei siti con necessità di ripristino ambientale;
•
Parte quarta: Archivio.
La parte prima contiene una serie di nozioni tecniche relative a:
•
Limiti di riferimento: sezione dedicata ai criteri di valutazione attualmente riconosciuti dalla
vigente normativa nazionale in materia di bonifica di siti contaminati (limiti tabellari, analisi
di rischio);
•
Interventi di bonifica/messa in sicurezza: sezione in cui vengono analizzate nel dettaglio
tutte le possibili modalità di risanamento ambientale applicabili alla casistica di tipologie
contaminazioni riscontrate su territorio provinciale; vengono inoltre fornite indicazioni circa
sistemi e tecnologie di monitoraggio e controllo.
Le altre tre parti sono invece dedicate all’anagrafe ed all’archivio provinciale. Nella parte
seconda dell’appendice sono riportate, per ciascun sito oggetto del Piano Provinciale delle
Bonifiche della Prato, le seguenti informazioni:
•
Schede monografiche di valutazione del sito, così come contenute nel database (vedi par.
3.2 e allegato 1 del presente Piano). La scheda monografica relativa al prospetto
economico è presente solo per i siti in cui non risulta attivato alcun iter procedurale al 31
dicembre 2002 conforme agli Allegati tecnici del D.M. 471/99 (vedi cap. 10 del presente
Piano);
•
Schede per la determinazione della sensibilità ambientale, per i siti inseriti nel Piano
Regionale come a “medio termine” e per i siti ex art. 9 comma 3 del D.M. 471/99 in cui non
risulta ancora attivata alcuna procedura di caratterizzazione, o di cui non siano stati ancora
comunicati gli esiti delle indagini (vedi par. 5.2.1.2 e allegato 3 del presente Piano);
•
Rappresentazione topografica dei siti in cui è stato possibile reperire la cartografia di base
con indicazione della perimetrazione dell’intera area e la porzione di area inquinata ove
tecnicamente reperibile (vedi allegato 2);
•
Foto, nei casi in cui sono stati effettuati sopralluoghi.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 3 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
1 LIMITI DI RIFERIMENTO
1.1
Limiti tabellari
Con la pubblicazione del Decreto Ministeriale n. 471 del 25 ottobre 1999, avvenuta con la
Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre 1999, Supplemento Ordinario n. 218/L, diventa pienamente
operativa la legislazione sulle bonifiche prevista dal D.Lgs 22/1997 e s.m.i.: per ogni sito
potenzialmente contaminato deve essere seguito un preciso iter amministrativo e tecnico,
fino alla verifica della mancata contaminazione o dell’avvenuta bonifica.
L’iter procedurale per la valutazione dello stato di contaminazione di un sito prevede la
esecuzione di opportune indagini conoscitive, operazioni di campionamento ed analisi chimiche
volte alla ricerca di parametri inquinanti tra quelli indicati nel DM 471/99 e selezionati sulla
base delle attività pregresse, della caratterizzazione specifica e di ogni altra fonte di
informazione disponibile. L’autorità competente seleziona “sostanze indicatrici” che permettono
di definire in maniera esaustiva l’estensione, il tipo di inquinamento e il rischio posto per la
salute pubblica e l’ambiente. Nelle fasi di campionamento di dettaglio la lista delle sostanze da
analizzare può essere modificata ed estesa. In ogni caso le analisi devono comprendere le
sostanze possibilmente presenti che presentano maggiore tossicità, persistenza e mobilità
ambientale.
L’approccio metodologico suggerito dalla normativa per la valutazione dell’esistenza di una
situazione dei contaminazione in atto è, infatti, il confronto dei limiti tabellari relativi ad una
serie di sostanze chimiche. Tali Valori di Concentrazione Limite Accettabili (VCLA) per le
sostanze presenti nel suolo sono riportati in Tabella 1 dell’Allegato 1 del DM n. 471 del 25
ottobre 1999 per destinazioni d’uso verdi/residenziali (colonna A) e industriale/commerciale
(colonna B) e per le acque sotterranee in Tabella 2 dell’Allegato 1 del DM n. 471 del 25
ottobre 1999. Tale Allegato, quindi, contiene l’elenco per il suolo di 94 sostanze, o gruppi di
sostanze, per le quali fissa due valori di concentrazione limite accettabili nel suolo e nel
sottosuolo, uno per i siti destinati ad uso verde pubblico, privato e residenziale, l’altro per i siti
ad uso commerciale ed industriale ma non definisce i valori di concentrazione limite per suoli
ad uso agricolo, demandando tale definizione ad appositi atti del Ministero per le Politiche
Agricole e Forestali. I limiti di riferimento per suoli ad uso agricolo o assimilabile a cui fare
riferimento in ambito regionale sono, però, riportati in Tabella dell’Allegato 8 del DPGR n.
32/R del 17 luglio 2001.
Il confronto con i valori limite di riferimento può dare luogo a due scenari distinti: da un lato, la
conformità dei valori analitici con i limiti tabellari in relazione ad ogni possibile destinazione
d’uso del sito e/o a quella specifica del sito e, dall’altro, il superamento di tali valori limite.
Relativamente al primo scenario, nel caso in cui i valori analitici risultino inferiori ai limiti per
ogni possibile destinazione d’uso ne deriva la non necessità di bonifica e la possibilità da parte
delle Autorità competenti di emettere la certificazione finale liberatoria del sito, mentre nel
caso in cui i risultati analitici siano conformi ai valori limite per una specifica destinazione
d’uso, le Autorità potranno decretare la non necessità di bonifica e rilasciare la certificazione
liberatoria per quella specifica destinazione d’uso, eventualmente corredata con vincoli e
limitazioni d’uso.
Nel secondo caso, invece, la situazione di superamento dei valori di concentrazione limite
accettabili comporta la necessità di proseguire con un approfondimento delle indagini secondo
l’iter normativo previsto, fino alla definizione di opportuni interventi di bonifica aventi come
obiettivo il raggiungimento dei limiti tabellari o, nell’impossibilità, valori cautelativi ottenuti
mediante adatte procedure di valutazione del rischio sanitario ed ambientale, che saranno
ampiamente trattate nella sezione successiva. Da evidenziare, comunque, che la possibilità di
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 4 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
deroga dai limiti tabellari può avvenire solamente con il supporto di procedure di Analisi di
Rischio (art. 5 del DM 471/99) subordinata alla dimostrazione della non raggiungibilità dei
limiti tabellari con l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili (Best
Available Technologies not Entailing Excessive Costs - BATNEEC)1. Tale dimostrazione deve
vertere sulla valutazione dell’applicabilità delle diverse tecnologie presenti sul mercato e
prendere in considerazione gli aspetti economici associati a ciascuna di esse.
Di seguito sono presentati i valori di concentrazione limite accettabile per tutte le matrici
ambientali costituenti il sito (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee) riportati nelle normative
tecniche di riferimento.
1.1.1 D.M. 471/99 "usi industriale/commerciale e verde
pubblico/residenziale"2
Il DM 471/99 riporta in Allegato 1 i Valori di Concentrazione Limite Accettabili (VCLA) per
quelle sostanze chimiche ritenute maggiormente presenti nei suoli contaminati, in quanto
connesse a molteplici tipologie di attività industriali, sia relativamente alla matrice insatura
(Tab. 1) che a quella satura (Tab.2). Nell’Allegato sopra citato, quindi, sono riportate due
tabelle contenenti i VCLA da prendere come riferimento per la valutazione della qualità chimica
di tutte le matrici ambientali che costituiscono il sito (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee).
Per quanto riguarda le concentrazioni limite per i suoli riportate in Tabella 1 dell’Allegato 1 del
DM 471/99, esse sono state elaborate utilizzando i seguenti criteri:
-
confronto con i valori limite di sostanze nei suoli elaborate a livello internazionale
(Olanda, Inghilterra, Germania, Stati Uniti, ecc.);
-
confronto con i valori limite di sostanze nei suoli elaborati a livello regionale italiano;
-
valutazione del rischio sanitario ed ambientale.
In pratica, dopo avere effettuato un confronto con quanto già definito per il set di sostanze
scelto a livello internazionale, è stato verificato, tramite l’utilizzo di modelli matematici di
valutazione del rischio (Codice REBECCA dell’U.S. Environmental Protection Agency), che i
valori di concentrazione scelti garantiscano la salute dell’uomo e dell’ambiente anche nel “caso
peggiore”, cioè di ingestione di suolo, di inalazione di vapori, di ingresso nella catena
alimentare attraverso l’utilizzo di acqua potabile, di contatto dermico, ecc. Inoltre, è stato
verificato se le concentrazioni limite scelte per le varie sostanze nei suoli sia a uso “verde
pubblico” che a “uso industriale” garantiscano il rispetto delle concentrazioni limite fissate per
le acque profonde. Anche tali valutazioni sono state effettuate attraverso l’uso di modelli
matematici di valutazione (Codice REBECCA dell'U.S.E.P.A.) mettendosi nelle condizioni del
“caso peggiore”: basso contenuto in argilla e di sostanza organica, cioè in pratica mettendosi
nel caso di un “suolo definibile permeabile”.
Per quanto concerne, invece, le acque sotterranee, i valori limite riportati nella Tabella 2
dell'Allegato 1 sono stati determinati a partire dal criterio che le acque sia profonde che
superficiali debbano consentire tutti gli usi legittimi delle stesse, ivi compreso l'uso potabile.
Quindi essendo, in genere, l’uso potabile quello maggiormente restrittivo, sono state definite le
concentrazioni limite per le acque profonde tenendo presente tale criterio di qualità. Anche in
questo caso è stato valutato, oltre a quanto già riportato nel DPR 236/88 relativo alle acque
destinate al consumo umano e nel D.Lgs 152/99, relativo alla tutela delle acque
dall’inquinamento, quanto riportato nelle normative e linee guida internazionali, con particolare
riguardo a quanto riportato nella normativa statunitense.
1
Art.5 del DM 471/99: “[…] nonostante l’applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori
tecnologie disponibili a costi sopportabili”
2
“Modalità di definizione dei limiti di accettabilità delle sostanze contaminanti non normate dal DM 471/99” L. Musmeci
ISS
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 5 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Per quanto riguarda le sostanze non espressamente riportate nelle tabelle dell’Allegato 1 del
DM 471/99, si fa riferimento al criterio dell’affinità tossicologica di cui si parla espressamente
in seguito.
1.1.1.1 Criterio delle sostanze tossicologicamente affini
Innanzitutto è d’uopo osservare che il “criterio di tossicologicamente affine” debba far
riferimento a tutte le caratteristiche della sostanza in esame, quindi sia a quelle propriamente
tossicologiche, sia a quelle di comportamento ambientale. Ciò alla luce di quanto sopra detto a
proposito dei criteri con i quali sono state definite le concentrazioni limite riportate nelle
Tabelle 1 e 2 dell’Allegato 1 del DM 471/99.
Nella valutazione, quindi, andranno consultate come primo “step” banche dati sia
tossicologiche che ambientali, quindi andranno effettuate le varie valutazioni, considerando i
dati disponibili e ritenuti validi a livello scientifico.
Tra le banche dati consultabili se ne riportano alcune:
-
IRIS (Integrated Risk Information System): database EPA che contiene informazioni
tossicologiche recenti e le stesse vengono continuamente aggiornate e sono riportati solo
quei valori di Reference Dose e Slope Factor verificati da apposite commissioni di esperti.
L’attendibilità e qualità dell’informazione contenuta in IRIS è di ottima.
-
HEAST (Healt Effects Assessment Summary Tables): database aggiornato su base
trimestrale e contiene ampie referenze relativamente alle osservazioni compiute sulla
sostanza. Contiene dati sia provvisori che verificati su Reference Dose e Slope Factor.
-
Inventario Nazionale delle Sostanze Chimiche dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma:
costituisce il “focal point” per l’Italia per quanto attiene la normativa comunitaria in materia
di classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e preparati pericolosi. La sua
banca dati è continuamente aggiornata e contiene dati per qualche migliaio di sostanze
chimiche.
Tra le banche dati citate l’Inventario delle Sostanze Chimiche dell’ISS di Roma è quella che
fornisce una più ampia gamma di informazioni, in quanto per le sostanze presenti nella banca
dati sono riportate informazioni relative a: caratteristiche chimiche, fisiche e chimico-fisiche,
dati tossicologici su mammiferi, dati ecotossicologici, studi ambientali, linee guida di qualità
ambientale, classificazione di pericolo ed etichettatura, valutazioni disponibili internazionali,
nazionali e comunitarie, dati di esposizione, bibliografia.
Come secondo “step” una volta raccolta l’informazione essa andrà valutata al fine di
estrapolare le informazioni a carattere tossicologico e ambientale significative per definire e
classificare le sostanze in esame.
Come terzo “step” andrà confrontata l’informazione raccolta e valutata con le caratteristiche
tossicologiche e di destino/comportamento ambientale delle sostanze elencate nelle Tabelle 1 e
2 dell’Allegato 1 del D.M. 471/99. Ciò al fine di individuare quella “più affine”. E’ ovvio che tale
terzo e ultimo step non potrà non essere effettuato con una certa relativa approssimazione, in
quanto è estremamente difficile poter assegnare alle sostanze comportamenti assolutamente
identici, infatti si parla di “affinità”.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 6 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Una volta individuata la sostanza affine a quella in esame nelle Tabelle 1 e 2 del D.M. 471/99
stesso, andrà assegnata ad essa la stessa concentrazione limite per i vari comparti prevista nel
decreto per la sostanza affine.
Ove il comportamento tossicologico della sostanza e le caratteristiche ambientali differiscano
troppo da quelle delle sostanze elencate, oppure siano affini sul piano tossicologico, ma non sul
piano del comportamento ambientale o viceversa, si potranno effettuare nuove stime che
portano all’individuazione di concentrazioni limite differenti da quelle elencate nelle Tabelle 1 e
2 del D.M. 471/99. Ad esempio si potrebbe verificare il caso di una sostanza che ha una
discreta affinità dal punto di vista tossicologico ad una sostanza elencata, ma un
comportamento ambientale caratterizzato da una più elevata mobilità nel suolo e solubilità. In
questo caso si potrebbe assegnare una concentrazione limite pari a quella della sostanza affine
tossicologicamente elencata nel D.M. 471/99, ma suddivisa per un “fattore X”, al fine di
prendere in considerazione il più elevato rischio di diffusione ambientale rispetto a quello della
sostanza elencata nelle tabelle del decreto.
1.1.2 D.P.R.G. 32/R/2001 "uso agricolo"
Come detto precedentemente, il DM 471/99 è totalmente carente di qualsiasi espressa
indicazione in merito ai limiti di riferimento per quanto riguarda le zone ad uso agricolo. L’art.
17, comma 15 del D Lgs 22/97 stabilisce, infatti, che «i limiti (…) relativi ad aree destinate alla
produzione agricola e all'allevamento» devono essere «definiti ed approvati di concerto con il
Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali» e, ad oggi, tale determinazione
interministeriale non è ancora avvenuta.
La Regione Toscana ha predisposto uno strumento giuridico pienamente utilizzabile a tale
scopo. Si tratta della Delibera della Giunta Regionale del 27 luglio 2001 n. 32/R, che prevede
per le zone agricole valori intermedi fra quelli che il DM 471/99 prevede, rispettivamente, per
le zone destinate a verde pubblico, privato e residenziale e per le zone ad uso commerciale e
industriale.
Nell’articolo 41 al comma 3 si riporta: “Relativamente alle aree destinate alla produzione
agricola, ed all’allevamento, sono presi a riferimento, in attesa della definizione dei limiti
previsti dal comma 15 dell’art. 17 del DLgs 22/97, da parte del Ministero dell’Ambiente, di
concerto con il Ministero delle Risorse Agricole, gli specifici limiti di cui alla deliberazione del
Consiglio regionale n. 167/95, riportati in Allegato 8 al presente regolamento”.
Tale strumento è giuridicamente corretto ed utilizzabile in quanto:
-
l’art. 57, comma 1 del DLgs 22/97 fa salve, «sino all'adozione delle specifiche norme
adottate in attuazione del presente decreto», le «norme regolamentari e tecniche
(eventualmente, anche regionali) precedenti al decreto Ronchi»;
-
l’art. 18, comma 2 del DM 471/99 dispone che «restano validi ed efficaci» i progetti di
bonifica già approvati prima della entrata in vigore dello stesso DM: in tal modo – in
particolare per i suoli (quelli agricoli) per i quali non sono stati introdotti nuovi limiti
statali – viene, implicitamente ma chiaramente, riconosciuta la validità sanitaria ed
ambientale dei limiti regionali preesistenti;
-
in mancanza del “concerto” fra i Ministeri competenti in esito al quale lo Stato avrebbe
dovuto emanare i limiti per i suoli agricoli (art. 17, comma 15 DLgs 22/97), non si può
ritenere vigente per tali suoli alcun altro limite di derivazione statale, mentre le regioni
conservano un generale potere di integrare i limiti statali.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 7 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
1.1.3 Circolare ISSN
In riferimento al valore di concentrazione limite accettabile stabilito per il parametro
“idrocarburi totali” disciolti in falda, l’Istituto Superiore di Sanità ha emesso, in data 21/07/00,
una circolare indirizzata all’ARPA Liguria in cui afferma che “il parametro n. 90 della tabella 2
riporta una dizione errata ed errata è anche la concentrazione limite definita per tale
parametro; ciò in quanto il parametro “idrocarburi”, essendo presente nella tabella 1, deve
essere presente anche nella tabella 2 dell’Allegato 1 del D.M. 471/99 e la relativa
concentrazione limite deve fare riferimento al DPR 236/88, in quanto in quest’ultimo essa è
definita”.
Tuttavia, in mancanza del recepimento formale della circolare ISSN da parte del Ministero
dell’Ambiente e della modifica della tabella 2 dell’allegato 1 del D.M. 471/99, resta aleatoria la
validità della sua applicazione e/o del suo utilizzo discrezionale per sopperire o modificare il
VCLA per gli idrocarburi totali disciolti in falda di cui alla normativa vigente.
È opportuno sottolineare, infatti, che il DPR 236/883, a cui la circolare ISSN si riferisce, fornisce
parametri e limiti per acque destinate al consumo umano, che di fatto sono quelle realmente
usate a tale scopo sia tal quali sia trattate con POTABILIZZATORI.
Per quanto concerne la dicitura al parametro 90 della Tabella 2 del DM 471/99 “n-esano”, essa
è da intendersi come “idrocarburi espressi come n-esano” (come annunciato in tutta la
convegnistica nazionale tenutasi nell’anno 2000 nelle varie regioni d’Italia da parte dei tecnici
del Ministero dell’Ambiente) in quanto, in primo luogo, non sarebbe giustificabile l’assenza del
parametro idrocarburi dalla Tabella 2 sulle acque sotterranee presente nella tabella 1 dedicata
ai suoli e, d’altra parte, neanche la presenza del solo parametro n-esano che risulta assente
nella tabella 1 relative ai suoli ed in qualsiasi altro riferimento normativo vigente.
Il n-esano è, infatti, utilizzato in qualità di standard di riferimento in FT-IR in quanto consente
la quantificazione delle assorbanze dovute agli Stretching C-H dei gruppi “metilico CH3” e
“metilenico CH2” e di standard interno in gas-cromatografia.
1.2
Analisi di rischio
Nella precedente sezione sono stati presentati i valori numerici di riferimento riportati in
normativa che sono alla base dei processi di valutazione dello stato di contaminazione di un
sito. Il raffronto dei valori analitici ottenuti con i VCLA (valori per un sito ipotetico nelle
condizioni cautelative del peggiore scenario possibile) è un approccio puramente empirico in
quanto questi ultimi sono relativi ad una situazione ipotetica di riferimento e non tengono,
quindi, conto della reale esposizione alle sostanze tossiche e delle reali condizioni del sito. Su
tali basi il raffronto con i VCLA è, quindi, da vedere come il primo passo alla valutazione dello
stato di qualità del sito. Le due possibilità seguenti a tale valutazione sono le seguenti:
-
Se i valori analitici risultano inferiori ai VCLA, si ritiene che la presenza di inquinanti
ponga un rischio trascurabile. Si procede, quindi, ad un eventuale monitoraggio ma non
sono richieste azioni di risanamento. Il sito viene certificato in relazione alla non necessità
di bonifica dalle Autorità competenti;
3
Articolo 2 – D.P.R. 236/88: “ Campo di applicazione. (1). Per acque destinate al consumo umano si intendono tutte le
acque, qualunque ne sia l'origine, allo stato in cui si trovano o dopo trattamento, che siano: a) fornite al consumo; b)
ovvero utilizzate da imprese alimentari mediante incorporazione o contatto per la fabbricazione, il trattamento, la
conservazione, l'immissione sul mercato di prodotti e sostanze destinate al consumo umano e che possano
avere conseguenze per la salubrità del prodotto alimentare finale. (2). Restano escluse dal campo di applicazione
del presente decreto le acque minerali e termali.”
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 8 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
-
Se i valori analitici risultano superiori ai VCLA, si procede nel modo seguente:
1. si interviene con misure di messa in sicurezza temporanee, se necessario;
2. si interviene con le tecnologie opportune definite a seguito di uno screening degli
interventi di risanamento fattibili e sostenibili tecnicamente, ponendosi come obiettivo
finale il raggiungimento dei valori di riferimento (VCLA) di normativa o, nel caso di
impossibilità tecnico-economica di raggiungere i valori di riferimento, il
raggiungimento delle Concentrazioni Residue Ammissibili (CRA) ottenute con
l’implementazione di un’Analisi di Rischio;
3. si interviene con misure di messa in
dall’implementazione di un’Analisi di Rischio.
sicurezza
permanente
accompagnate
L’Analisi di Rischio citata nei punti (2) e (3) precedenti si può ricondurre ad un approccio
metodologico ordinato che mette assieme le diverse valutazioni che occorrono a stimare i
rischi sanitari e ambientali associati alla contaminazione di un sito e per valutare gli
obiettivi di qualità del risanamento.
1.2.1 Campo di applicazione
Il Decreto del Ministero dell'Ambiente del 25 ottobre 1999, n°471, relativo al regolamento per
la bonifica dei siti inquinati, riporta nell'articolo 2 e nell'articolo 5 che il criterio della
“concentrazione limite” viene superato qualora si dimostri (nel progetto preliminare) che i
valori di concentrazione limite non possono essere raggiunti neanche applicando le migliori
tecnologie disponibili, a costi, comunque, sopportabili.
In tali casi possono essere autorizzati interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure
di sicurezza. I valori di concentrazione residua accettabile vengono determinati attraverso una
metodologia di analisi di rischio riconosciuta valida a livello internazionale. Questa, tuttavia, si
dovrà attenere alle linee direttrici riportate nell'Allegato 4 del nuovo regolamento.
Nei casi in cui le misure di sicurezza comportino limitazioni temporanee o permanenti, o
particolari modalità per l'utilizzo dell'area (es. effettuazione di monitoraggi, ecc.) queste
devono risultare dal certificato di destinazione urbanistica.
Nell’articolo 14 inoltre viene riportato che l'ordine di priorità degli interventi di bonifica e
ripristino ambientale è definito, per i siti inscritti nell'Anagrafe dei siti da bonificare di cui
all'articolo 17, comma 1, secondo i criteri di valutazione comparata del rischio definiti
dall'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA).
Pertanto, è chiaro che sussiste una necessità a livello nazionale di mettere a punto specifiche
procedure per la valutazione del rischio, sia assoluto (rischio sanitario esibito da uno specifico
sito), sia relativo (mettere a confronto il rischio sanitario e ambientale esibito da più siti, al fine
di individuare un ordine di priorità degli interventi di bonifica).
In attesa di mettere a punto a livello nazionale le citate procedure, si potrebbe fare riferimento
alla procedura di analisi di rischio messa a punto negli Stati Uniti d'America, dalla Agenzia di
Protezione Ambientale, in quanto considerabile "valida a livello internazionale" e che assicura il
soddisfacimento dei requisiti indicati nell'Allegato 4 del citato DM 471/99.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 9 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
1.2.2 Linee generali di sviluppo dell’analisi di rischio
L’insieme delle procedure valutative dei siti contaminati, delle tecniche di indagine adottabili in
campo e dei criteri di interpretazione dei dati, si raccoglie sotto la definizione di “site
assessment” o “site investigation”, che sta ad indicare invece un’azione temporalmente
conseguente alle indagini preliminari, consistente nell’insieme delle procedure valutative dei
rischi derivanti dalla contaminazione in atto, in relazione ai principali bersagli ambientali di
detta contaminazione.
In funzione delle diverse esigenze di approfondimento la “valutazione del rischio” può essere
condotta anche indipendentemente dalle indagini sul sito, laddove esista una quantità
sufficiente di informazioni disponibili. Buona parte delle informazioni necessarie alla
valutazione del rischio proviene dalla valutazione del sito - “site assessment”, - che risulta
pertanto costituire la fase di gran lunga più importante nel complesso delle valutazioni
preliminari agli interventi di ripristino.
Il regolamento in questione per la bonifica dei siti inquinati (DM 471/99) pur non facendo
riferimento a nessun specifico “Codice” di Analisi di Rischio, nell’Allegato 4, che reca le
procedure per la stesura delle varie fasi progettuali della bonifica (Piano della caratterizzazione
; Progetto preliminare; Progetto definitivo), riporta in forma schematica le “linee di sviluppo”
dell’Analisi di Rischio, che vengono esemplificate di seguito, e che contengono anche
l’indicazione delle informazioni minime necessarie al fine di potere effettuare una corretta “site
assessment”.
Il procedimento è una sorta di acquisizione graduale di dati e di alternative di bonifica
sviluppato nell’intento di assicurare un livello accettabile di rischio.
Il procedimento, tipicamente, consta dei seguenti passaggi:
RICOSTRUZIONE DEGLI SCENARI DI RISCHIO - Considerazione preliminare all’esecuzione di qualsiasi
calcolo o elaborazione è, per il sito in oggetto, la ricostruzione del Modello Concettuale dello
stesso, individuando le sorgenti di contaminazione, i percorsi di esposizione alla
contaminazione ed infine i potenziali recettori umani e ambientali. Lo scenario di rischio può
essere ricostruito da:
I.
CARATTERIZZAZIONE DEL SITO - Consiste nella identificazione della sorgente e delle dimensioni
della contaminazione del sito, e si basa sulle caratteristiche fisiche che possono aver
influenzato e influenzare ancora il “destino” della/e sostanza/e. Un riconoscimento chiaro
del rischio potenziale, in questa fase, può orientare il progetto di caratterizzazione del
sito, in maniera che esso assicuri un minimo di economicità ottenibile procedendo alla
raccolta dei soli campioni necessari.
II.
ANALISI DEL DESTINO DEI COMPOSTI - In questa fase vengono identificati sia i percorsi
attraverso i quali i contaminanti possono migrare, sia la loro destinazione finale,
stimando le velocità di migrazione. A questo scopo, occorre determinare le caratteristiche
fisiche dei composti, quelle del sito e le vie lungo le quali ambiente e sostanza possono
interagire. A tale scopo, nell’esecuzione dell’Analisi di Rischio si terrà conto
dell’estensione verticale ed orizzontale della contaminazione, delle concentrazioni di
“fondo” esistenti in zona e delle possibili vie di migrazione dell’inquinante (suolo, acque
sotterranee, acque superficiali, aria, sedimenti e catena alimentare).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 10 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
III.
VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE – A questo punto, è necessario esaminare i ricettori (o
bersagli), umani e/o ambientali, esposti ad un potenziale impatto con i contaminanti
attraverso le vie di esposizione identificate precedentemente. Saranno identificati i
ricettori ambientali presenti nel sito e nel suo intorno potenzialmente esposti alla
contaminazione quali: ambiente vegetale (piante e coltivazioni), ambiente animale e
ambiente fisico (acque superficiali, zone protette, habitat particolari). Per quanto
riguarda, invece, i ricettori umani essi possono essere identificati in: residenti e/o
frequentatori nell’ambito dell’area logica di influenza del sito, lavoratori presenti sul sito,
sia come attività continuativa che per soggetti operanti durante interventi di messa in
sicurezza e/o bonifica e bambini che utilizzino il sito per scopi abitativi, didattici o
ricreativi. Dopo aver individuato tutti i possibili ricettori, si deve eseguire un esame
attento degli stessi in relazione ai possibili scenari di rischio valutati in fase di sviluppo
del Modello Concettuale del sito e, conseguentemente, vengono scartati quelli che in
nessun modo potranno essere esposti a situazioni di rischio. Per ciascun ricettore
vengono definiti i parametri caratteristici (peso corporeo, superficie esposta, ecc.),
ricavabili da banche dati esistenti.
IV.
IDENTIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ ED USO DEL SITO E DEL SUO INTORNO – È necessario, inoltre,
valutare l’utilizzo attuale e futuro di acque superficiali e sotterranee del sito e del suo
intorno (es. uso di acque a scopo potabile, domestico ed irriguo), uso del suolo (attività
ricreative quali pesca e fruizione dell’area per tempo libero) e frequenza e durata di
esposizione per bersagli correlati alle attività di uso del sito (attività commerciali e/o
residenziali in genere, nonché attività operative di bonifica e/o messa in sicurezza).
V.
IDENTIFICAZIONE DEI PUNTI E DELLE VIE DI ESPOSIZIONE - Verranno identificati i punti in cui la
contaminazione può entrare in contatto con i potenziali bersagli, le modalità mediante le
quali si può verificare il contatto, ed il tempo (durata) dell’esposizione, includendo in
queste:
-
ingestione di suolo, prodotti inquinati, acque;
-
inalazione di aria e/o polveri inquinate;
-
assorbimento dermico da acqua o suolo.
Vengono in tale fase stabiliti, facendo riferimento a standard prefissati, la frequenza
(gg/anno) dell’esposizione all’inquinamento per ciascun ricettore individuato, e i
parametri specifici per il caso/sito in oggetto (frazioni corporee esposte, fattori di
aderenza (mg/cm2) e tempi di esposizione (ore/giorno), ecc.). L’esposizione ai ricettori
viene quantizzata. Questo meccanismo permette di identificare le concentrazioni di
sostanze potenzialmente pericolose e di proiettarle sulla popolazione sensibile. Da notare
che, sebbene, a volte sia possibile misurare direttamente le emissioni, tuttavia,
tipicamente questo è un processo che viene effettuato attraverso la modellistica. Essa,
usata in maniera iterativa, serve non tanto e non solo a prevedere la distribuzione
tridimensionale futura dei contaminanti, quanto a supportare scientificamente le stime di
esposizione necessarie per i processi decisionali.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 11 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
VALUTAZIONE DEL RISCHIO - A questo punto, è possibile ricostruire il Modello Concettuale con cui
identificare le sorgenti della contaminazione, gli scenari di esposizione ed i ricettori della
contaminazione effettivamente attivi (figura. 11).
Il passo finale nel processo è la valutazione del rischio reale, mediante il quale il livello di
rischio calcolato viene confrontato con il rischio definito “accettabile” e, nel caso di
accertamento di livelli inaccettabili di rischio, il processo di analisi del rischio viene applicato
alla valutazione delle concentrazioni “residue” accettabili (CRA) per ciascuna sostanza da
raggiungere a mezzo di azioni di bonifica del sito, in maniera da assicurare che il rischio
globale per la salute umana e l’ambiente sia ridotto realmente a livelli accettabili.
I livelli accettabili di rischio vengono generalmente fissati confrontando i livelli di esposizione
con quelli di fondo e vengono stabiliti criteri applicabili ai vari media (acque potabili, vita
acquatica, aria respirabile, ecc.). Gli effetti potenziali vengono suddivisi in carcinogenici e noncarcinogenici; i primi sono quantificati mediante la stima della probabilità (o rischio) di
contrarre il cancro, mentre gli effetti non-cancerogenici (cronici, sub-cronici o acuti), sono
quantificati attraverso la stima dell’indice di pericolo (hazard index).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 12 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Al fine di fornire un confronto valido con i valori di rischio calcolati per casi reali di applicazione
dell’analisi di rischio, vengono stabilite tre fasce di giudizio relative al rischio carcinogenico,
pari a:
-
rischio R inferiore a 1x10-6 (1/1.000.000) viene considerato nullo o insignificante e non
viene intrapresa alcuna azione di ripristino;
-
rischio R compreso tra 1x10-6 e 1x10-4 (da 1/1.000.000 ad 1/10.000), necessità di azione
di ripristino da valutare caso per caso;
-
rischio R superiore a 1x10-4 (1/10.000), azione di bonifica sicuramente necessaria, per
riportare il valore entro l’intervallo di accettabilità.
I potenziali effetti non-carcinogenici vengono valutati attraverso il calcolo dell’indice di rischio
cronico (IR o HI); per ciascun composto di interesse e via di immissione, l’indice di rischio
cronico viene espresso come il rapporto tra l’immissione e la dose di riferimento. La dose di
riferimento costituisce il valore limite di immissione conservativamente indicato e deve
risultare superiore alla dose effettivamente immessa (infatti l’indice di rischio deve essere <
1), in modo da non avere possibilità di effetti avversi per la salute umana. Quando si considera
più di un composto di interesse e più di un mezzo di immissione, l’indice di rischio è espresso
come sommatoria dei rapporti tra immissione e dose di riferimento; anche in questo caso se la
risultante è < 1, gli effetti sulla salute umana possono considerarsi nulli.
1.2.3 I modelli in uso
L’Analisi di Rischio avviene in fasi successive, caratterizzate per una maggiore precisione della
stima finale, per un maggior dettaglio del database ed una maggiore complessità dei modelli di
simulazione. Di seguito vengono sinteticamente descritti i principali codici di calcolo al
momento utilizzati in Italia.
1.2.3.1 RBCA4
La procedura RBCA costituisce uno schema di riferimento metodologico ed operativo che
contiene i capisaldi del sistema basato sulla Analisi di Rischio al quale riportarsi per sviluppare
le varie politiche che tengano conto di questo approccio.
La procedura deriva direttamente dalla metodologia che EPA, alla fine degli anni ‘80, emise per
applicarla al risanamento dei cosiddetti “Superfund Sites”. Essa tende a razionalizzare la
determinazione del rischio creato dalla contaminazione di un sito e la conseguente decisione
sulla via migliore per mitigare il rischio o eliminarlo.
Il software RBCA Tool Kit è stato sviluppato espressamente per le valutazioni di Livello 1 –
RBCA Tier 1- (screening) e di Livello 2 –RBCA Tier 2- così come delineate nella norma ASTM PS
104/98. Sulla base dei dati sito specifici inseriti, il software combina modelli di destino e
trasporto dei contaminanti, alle funzioni di stima del rischio per valutare: le concentrazioni al
punto di esposizione (POE), la dose media giornaliera, il rischio associato alla presenza dei
contaminanti (forward & baseline calculation) e gli obiettivi di bonifica (backward calculation).
Esso è stato concepito per adattare e applicare il paradigma formale dei principi scientifici del
processo di valutazione del rischio ai siti contaminati da idrocarburi e, perciò, fornisce
l’inquadramento o la piattaforma scientifica che permette di incorporare sia considerazioni
specifiche del sito, sia un insieme di strumenti più o meno complessi basati su principi
4
“Applicazione della valutazione del rischio come supporto al processo decisionale nelle fasi finali di un progetto di
bonifica” G. Andreotti (ENI-Agip Divisione Esplorazione e Produzione); G. Di Luise (ENI- Agip Divisione Esplorazione e
Produzione); A. Porta (Battelle Europe)
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 13 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
scientifici. Questo approccio permette una stima più realistica del reale rischio esistente in un
certo sito da sottoporre a bonifica per ottenere il livello desiderato di protezione. Trattandosi di
una metodologia mirata alle condizioni specifiche di un sito, RBCA può essere usato per
sviluppare livelli finali di bonifica che siano, nel contempo, difendibili e non inutilmente
protettivi.
Il software semplifica il processo di valutazione delle misure di bonifica, dal momento che
integra, in un singolo momento di studio, l’investigazione del sito, la valutazione del rischio ed i
progetti di fattibilità. Una singola indagine di campo permette di raccogliere, sulla base di un
approccio a gradini (“tiered”), sia i dati per la caratterizzazione del sito, sia quelli sulla
trattabilità con il risultato di una maggiore gestibilità ed economicità finale. Inoltre applica
metodi di indagine innovativi e validi dal punto di vista scientifico e tossicologico, facilitando il
processo di valutazione delle opzioni di bonifica rapportate alle sole sostanze in grado di
rappresentare rischi potenziali nei ricettori del sito. D’altra parte, il “tiered approach” permette
di ottenere un quadro coerente dal quale è facile eliminare ogni elemento che sia non
significativo in termini di contributo alla definizione di un rischio reale, evitando inutili
approfondimenti per siti a basso rischio.
Le valutazioni del destino delle sostanze sono tali da stabilire quali sono le sostanze ed in quale
media saranno presenti in concentrazioni pericolose presso i punti di esposizione di determinati
ricettori e se tutti i potenziali percorsi di esposizione risultano incompleti anche per il futuro,
non è richiesta bonifica per sito a potenziale rischio.
Il momento della valutazione del comportamento delle sostanze contaminanti nei suoli e nelle
acque sotterranee diventa critico ai fini della definizione delle alternative di bonifica del sito.
L’uso di una procedura RBCA, che attribuisce la giusta importanza a fattori quali la raccolta di
dati geochimici e idrogeologici caratteristici del sito e la modellizzazione quantitativa dei
fenomeni di trasporto delle sostanze, determina, in definitiva, una definizione corretta di quali
composti e di quali comparti ambientali occorra tenere conto nella progettazione di una
operazione di bonifica. Va, però, sottolineato il fatto che questo approccio richiede l’attivazione
di un programma di monitoraggio che possa confermare, nel tempo, la esattezza delle
previsioni sul destino delle sostanze.
Uno dei vantaggi di RBCA, inoltre, è quello di usare standard finali realistici e non arbitrari per
un determinato sito. Ad esempio, può non essere giustificato impiegare ingenti risorse
economiche per spingere la bonifica delle aree contaminate fino ad uno stadio di “pulizia
assoluta” o, comunque, fino a livelli di concentrazioni teorici e non specifici del sito, quando i
processi naturali oppure dei semplici controlli di gestione del territorio possono efficacemente
eliminare o minimizzare il potenziale di esposizione che un sito può avere rispetto alla
contaminazione.
1.2.3.2 Giuditta
Il software di calcolo GIUDITTA vers. 2.0 (Gestione Informatizzata DI Tollerabilità
Ambientale) rappresenta la trascrizione fedele e rigorosa del percorso concettuale contenuto
nella normativa vigente in materia. Attraverso due livelli consecutivi di analisi è possibile infatti
individuare in modo univoco gli obiettivi di bonifica. Tale software è basato, anch’esso, sugli
standard ASTM, ed è realizzato e correntemente utilizzato dalla Provincia di Milano.
I livelli su cui opera il software sono un primo, puramente tabellare, di confronto con le
concentrazioni limite stabilite dalla normativa in funzione della destinazione d’uso del sito, ed
un secondo livello di analisi di rischio vera e propria, esteso a tutte quelle sostanze che
risultano presenti in concentrazioni superiori rispetto alle concentrazioni limite e per le quali si
possono valutare concentrazioni residue che risultano avere un rischio accettabile per i
recettori umani e per la falda idrica sotterranea.
Per analisi di Livello 1 si intende, quindi, il puro confronto tabellare tra le concentrazioni dei
contaminanti ritrovate nelle diverse matrici ambientali e i limiti di accettabilità del Livello 1 per
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 14 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
il suolo e per le acque sotterranee relativamente alla destinazione d’uso specifica del sito. I
valori dei limiti di accettabilità presenti in GIUDITTA si riferiscono ovviamente alle
concentrazioni limite riportate nel D.M. 471/99 (Allegato 1 – Tabella 1 e Tabella 2).
Tramite l’applicazione di algoritmi specifici viene valutata la possibilità e la correttezza di una
trattazione statistica del dato, in relazione alla qualità delle informazioni, alla loro distribuzione
nello spazio e alla loro rappresentatività sull’area complessiva oggetto di analisi di rischio.
Il Livello 2 di analisi si basa, invece, sulla metodologia vera e propria dell’Analisi di Rischio, in
sintonia con le metodologie internazionali più accreditate in materia di analisi di rischio (RBCA,
CONCAWE).
Il software presenta, inoltre, caratteristiche tali da rendere l’approccio di analisi conforme alle
specifiche condizioni italiane, sia da un punto di vista tecnico che normativo:
-
Analisi e definizione dei recettori potenzialmente esposti (adulti, bambini, lavoratori e
risorsa idrica sotterranea) per le destinazioni d’uso del suolo inserite nel DM 471/99;
-
Analisi dei percorsi di esposizione per la salute umana e per la protezione della risorsa
idrica, che sono stati presi in considerazione nella letteratura internazionale;
-
Studio, per ognuna delle sostanze di potenziale interesse, dei parametri chimico-fisici di
interesse (limitatamente a quelli che concorrono a definire la mobilità della sostanza
nell’ambiente e che sono utilizzati nelle equazioni prescelte per la modellazione dei
percorsi di esposizione). Tali parametri sono quelli riportati nelle banche dati (ad
esempio USEPA, OMS e altre) tossicologiche di riferimento, sia per le sostanze
cancerogene che per quelle non cancerogene;
-
Analisi dei livelli di accettabilità del rischio proposti sia in ambito nazionale che
internazionale, sia per le sostanze cancerogene che per quelle non cancerogene.
1.2.3.3 RO.M.E.
Il software ROME (ReasOnable Maximum Exposure) vers. 2.0 è il risultato di un progetto
avviato dall’ANPA nel 1997 per l’elaborazione di una metodologia di Analisi di Rischio e limiti di
accettabilità generici della contaminazione nei suoli ed acque sotterranee derivati dalla
metodologia stessa.
La metodologia si ispira agli standard ASTM/RBCA, sia nel processo decisionale a più livelli di
analisi che nei modelli di calcolo e algoritmi impiegati, tanto che il software non è altro che
un’edizione informatizzata e semplificata della procedura RBCA e ne recepisce sia l’approccio
graduale che diversi algoritmi di calcolo.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 15 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Il software presenta le seguenti caratteristiche:
-
permette il calcolo del rischio nel modo “forward” e degli obiettivi di bonifica nel modo
“backward”;
-
l’Analisi di Rischio e gli obiettivi di bonifica sono valutati per le destinazioni d’uso
commerciale/industriale e residenziale/ricreativo;
-
i limiti generici per il confronto di Livello 1, LAG, sono precalcolati per la matrice suolo
derivando dai dati di default e dal criterio di accettabilità del rischio cancerogeno 1E-05 e
sono riferiti a tutti i percorsi di esposizione potenzialmente attivi in un sito. Ossia
derivano, fedelmente alla procedura RBCA, dall’applicazione di ROME ad un modello
concettuale generico e conservativo;
-
il Livello 2 di analisi è consecutivo al Livello 1 e viene eseguito se la contaminazione
osservata supera i valori del Livello 1 – il Livello 1 è sostanzialmente un mero confronto
con i limiti tabellari;
-
la presenza di più percorsi attivi sul sito, sia per il calco dei LAG sia per il calcolo degli
obiettivi di bonifica sito-specifici LAS di Livello 2, viene considerata sommando
l’esposizione dovuta a tutti i percorsi e ricavando il limite che rende accettabile tale
esposizione;
-
il rischio di contaminazione delle acque sotterranee è valutata confrontando i valori
misutrati con in falda con i criteri di potabilità delle acque.
Anche nel caso del software ROME, il Livello 2 di analisi si basa sulla metodologia di Analisi di
Rischio in sintonia con le metodologie internazionali più accreditate in materia di analisi di
rischio (RBCA, CONCAWE).
1.3
Banche dati per l’analisi di rischio
I valori di tossicità, associati al peso dell'evidenza e alle informazioni qualitative, sono
disponibili nei database, in particolare vengono riportati alcuni tra quelli maggiormente noti e
validati a livello internazionale:
-
IRIS (Integrated Risk Information System)
-
HEAST (Health Effects Assessment Summary Tables)
IRIS è il data base EPA che contiene le informazioni tossicologiche più recenti e continuamente
aggiornate e solo quei valori di RfD e SF verificati da apposite commissioni di esperti.
L’attendibilità e qualità dell’informazione contenuta in IRIS è ottima.
HEAST è aggiornato su base trimestrale e contiene ampie referenze relativamente alle
osservazioni compiute sulla sostanza. Contiene dati su RfD e SF sia provvisori che verificati.
Una importante sorgente di riferimento per l’acquisizione di dati e di statistiche riguardanti i
parametri di esposizione umana riferiti alla società statunitense è rappresentata dal “Exposure
Factor Handbook” aggiornato periodicamente dall’US-EPA.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 16 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2 INTERVENTI DI BONIFICA/MESSA IN SICUREZZA
In riferimento al livello informativo ottenuto dall’analisi della documentazione disponibile
(progetti esecutivi approvati, piani di caratterizzazione approvati ed eseguiti) e da valutazioni
tecniche specifiche effettuate in base alle problematiche di ciascun sito, sono stati stimati i
fabbisogni di azioni di bonifica in relazione a diverse soluzioni applicabili sui casi registrati nel
territorio provinciale della Provincia di Prato.
Nei punti seguenti sono riportati, ai fini della definizione di un primo quadro di riferimento, gli
interventi potenzialmente applicabili per il risanamento dei siti oggetto di Piano.
2.1
Interventi di bonifica ex-situ
Come intervento di bonifica ex situ convenzionale si intende la sequenza di operazioni di
rimozione ed allontanamento della fonte di contaminazione dal sito.
In tale contesto si può inserire una serie di trattamenti ex situ da eseguire sul materiale
escavato che, in alcuni casi, può portare al miglioramento dell’efficienza tecnica, economica ed
ambientale dell’intervento.
In generale i trattamenti ex situ comprendono tutte quelle tecniche di risanamento fisiche,
chimico-fisiche o biologiche che operano a mezzo di particolari sistemi mobili (on site) o fissi
(off site) previa rimozione e movimentazione della fonte di contaminazione. Lo scopo è il
raggiungimento di quelle caratteristiche chimico-fisiche che rendono il materiale idoneo alla
rimessa a dimora, recupero e/o smaltimento.
Nella seguente tabella sono schematizzate le caratteristiche essenziali di alcune delle
tecnologie ex situ dettagliate nei punti successivi.
Tecnica
Matrice ambientale
Tipologia inquinante
Costi (€/ton)
Tempi
Biopile
Suolo
IPA, Hc (c>12), Hc (c<12),
BTEX
50 – 90
Landfarming
Suolo
IPA, Hc (c>12), Hc (c<12)
30 – 50
Miscelazione
con
ammendanti
Suolo
IPA, Hc (c>12), Hc (c<12)
10 – 20
< 1 mese
Soil washing
Suolo
Inorganici
200 – 400
1–3
mesi
Selezione
meccanica
Suolo
Composizione granulometrica5
30 – 50
< 1 mese
Inertizzazione
Suolo
Inorganici
150 – 200
< 1 mese
3 – 12
mesi
6 – 24
mesi
5
L'efficacia della selezione meccanica viene valutata sulla base della composizione granulometrica anziché sulla
tipologia di contaminante
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 17 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.1.1 Trattamenti fisici
Tra i trattamenti fisici ex situ, on site ed off site, la selezione granulometrica mediante
vagliatura rappresenta una delle tecniche maggiormente utilizzate perché efficiente sia dal
punto di vista tecnico che economico. Essa viene utilizzata principalmente su suoli contaminati
da sostanze inorganiche (i.e. metalli pesanti) per minimizzare la volumetria del materiale
contaminato da avviare a smaltimento, recupero od eventualmente ad interventi di
trattamento successivi (es. Inertizzazione chimica, Soil Washing, Landfarming, Biopile, etc…)
attraverso la separazione delle differenti frazioni granulometriche nel terreno.
Dopo le operazioni di escavazione, il terreno contaminato viene avviato al trattamento di
selezione meccanica mediante l’utilizzo di un vaglio mobile (Selezione meccanica on site) o
presso un impianto esterno (Selezione meccanica off site) per il frazionamento del terreno
in base al diametro delle particelle che lo costituiscono (generalmente si utilizza la macrosuddivisione: φ>70 mm, 30<φ<70 mm, 2<φ<30 mm e φ<2 mm). Il materiale così trattato può
essere avviato in maniera diversificata, in relazione alle frazioni granulometriche separate, a
successive attività di smaltimento o recupero in conformità con la normativa vigente in materia
di rifiuti oppure, in funzione della tipologia di contaminazione, ad idonee operazioni di
trattamento.
In generale la scelta di tale tecnica è legata alle caratteristiche granulometriche (percentuale di
frazioni grossolane) del materiale da trattare che possono influire sull’efficienza di trattamento.
2.1.2 Trattamenti chimico fisici
Tra i trattamenti chimico-fisici esistenti sono state selezionate due tra le tecnologie
maggiormente testate ed utilizzate su campo internazionale: l’inertizzazione chimica ed il soil
washing.
Inertizzazione chimica
L’inertizzazione è essenzialmente un processo costituito da una fase fisica di selezione
meccanica del materiale contaminato e da una fase chimica di miscelazione con reagenti
opportunamente selezionati in relazione alla tipologia di contaminazione presente.
La fase fisica consta di un processo di vagliatura, quale quello descritto in precedenza,
mediante il quale separare il materiale fine che deve essere sottoposto al processo di
inertizzazione. Esso infatti è caratterizzato da elevata porosità (sinonimo di elevata superficie
interna a disposizione) e, quindi, costituisce la frazione maggiormente contaminata perché
interessata da fenomeni di adsorbimento dei contaminanti. La fase chimica del processo
prevede, invece, la miscelazione del materiale con additivi opportunamente selezionati e dosati
in grado di inibire la cessione del contaminante.
Prima di attivare il processo chimico di inertizzazione è necessario, quindi, definire la tipologia
ed i quantitativi degli additivi da aggiungere, a tale scopo si procede con prove di laboratorio e
test pilota in scala ridotta per la calibrazione del processo.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 18 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Soil Washing
Il soil washing è una tecnica ex situ che si basa sulla separazione del contaminante dalla
matrice attraverso un processo di lavaggio in soluzione acquosa. Le tappe del processo sono:
escavazione del terreno, rimozione dei detriti, aggiunta di acqua ed agenti estraenti, filtrazione
e lavaggio. Ci sono due modi di rimozione dei contaminanti:
-
per dissoluzione o sospensione degli stessi nella soluzione acquosa;
-
per concentrazione degli stessi attraverso separazione per gravità o per "attrition
scrubbing".
L’acqua contaminata proveniente dal processo è trattata con le tecnologie adattabili alle
sostanze pericolose presenti. La durata del trattamento di soil washing è in genere a breve o a
medio termine.
Il trattamento di Soil Washing consiste, generalmente, in una serie di operazioni di lavaggio
fisico del terreno escavato al fine di rimuovere la contaminazione rilevata. Tale tecnologia è
applicabile per il risanamento di terreni prevalentemente sabbiosi. La matrice sabbiosa
costituisce il substrato adatto ad una tipologia di trattamento coinvolgente operazioni di
lavaggio in quanto le particelle che la costituiscono sono caratterizzate da bassi valori di
porosità ovvero bassa capacità adsorbente.
La tecnologia di Soil Washing necessita, comunque, di prove pilota per verificarne la fattibilità
in relazione alle caratteristiche fisiche del suolo ed alla tipologia di contaminazione. I fattori che
possono influenzarne la buona riuscita sono, in genere, un’alta percentuale di argilla e silt nella
matrice contaminata e la presenza di contaminanti idrofobici che richiedono emulsionanti o
solventi organici per la rimozione. Comunque anche la presenza di miscele complesse di
contaminanti possono rendere difficoltoso il processo. Infine, l’uso di additivi può creare
difficoltà nel trattamento delle acque di lavaggio.
Nella seguente tabella è riassunto il campo ed il grado di applicabilità del trattamento in
funzione della tipologia di contaminante e della litologia del terreno.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 19 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.1.3 Trattamenti biologici
Tra le tecnologie di trattamento biologico dei suoli il Landfarming e le Biopile costituiscono una
valida alternativa ai trattamenti convenzionali per le loro caratteristiche di semplicità, di costo
contenuto e di modesto impatto ambientale. In relazione alla tipologia di suoli da trattare
(suoli limosi od argillosi) risulta spesso utile “preparare” i terreni da sottoporre ad azioni di
landfarming o biopile mediante ammendamento con “bulking agents”. Tra i materiali più
utilizzati per l’ammendamento, per la loro efficienza “biologica” ed economica, sempre maggior
interesse viene posto nell’utilizzo di compost, trattato nel seguito del presente documento.
Landfarming e biopile
Tali tecniche sfruttano la capacità delle popolazioni microbiche indigene di biodegradare i
composti idrocarburici in condizioni aerobiche . Tra gli approcci di bioremediation, le Biopile ed
il Landfarming hanno più margini di applicabilità potendo superare i vincoli tecnologici (bassa
permeabilità ed alta eterogeneità del suolo, presenza di falde sensibili, etc…) che
caratterizzano le tecnologie biologiche in situ di cui si parlerà in seguito.
Da un punto di vista chimico-fisico, i contaminanti presenti nella matrice da bonificare fungono
da datori di elettroni e vengono ossidati con una serie di reazioni catalizzate da enzimi, sino
alla completa mineralizzazione ad anidride carbonica ed acqua. In questa reazioni l’ossigeno,
normalmente prelevato dall’aria, funge da accettore finale di elettroni.
Da un punto di vista microbiologico, i contaminanti vengono utilizzati come fonte di carbonio
(più raramente di altri elementi nutrivi) e di energia per la moltiplicazione cellulare di una
complessa comunità microbica di batteri, lieviti e funghi normalmente già presente nella
matrice da decontaminare essendo sopravvissuta alla pressione selettiva esercitata dalla
presenza dei contaminanti stessi.
Per quanto riguarda l’impianto di Biopile e Landfarming, esso prevede l’allestimento di una
superficie impermeabile attrezzata di sistema drenante per il recupero del percolato dotata
inoltre di strumenti per il controllo della qualità dell’aria, indispensabili nel caso di trattamento
di suoli inquinati da sostanze volatili.
Il materiale da trattare deve essere vagliato ed omogeneizzato prima dell’allestimento del
cumulo. Il sottovaglio, da destinare alla realizzazione della biopila o del campo di Landfarming,
deve avere la massima omogeneità possibile per ottenere una distribuzione coerente di
contaminanti. Se il suolo ha le caratteristiche acide, il pH deve essere corretto con l’aggiunta di
calce sino a valori prossimi alla neutralità. Inoltre, suoli limosi ed argillosi devono essere
ammendati con idonei “bulking agents” per assicurare un adeguato passaggio dell’aria durante
la fase di esercizio degli impianti. Materiali adatti per l’ammendamento sono ad esempio
prodotti organici espansi (perlite, silice, pomice, etc..) comunemente usati per l’edilizia o per
l’agricoltura, compost di ottima qualità o cippati di legno.
Durante la fase di preparazione del suolo possono essere aggiunti direttamente i nutrienti a
base di azoto e fosforo necessari allo sviluppo dei microrganismi, con ampi margini di
variabilità si può utilizzare il rapporto C:N:P = 100:5:1. Per assicurare tale bilanciamento si
suggerisce l’impiego di fosfato ammonico, fosfato potassico e nitrato ammonico comunemente
utilizzati per l’agricoltura.
Tutti gli inquinanti organici biodegradabili presenti in suolo possono essere abbattuti in impianti
di solid phase fermentation (Biopile e Landfarming) con l’esclusione di quelli ad elevata
volatilità. Tipicamente le biopile ed il Landfarming sono state impiegati per bonificare suoli
inquinati da petrolio o da prodotti petroliferi. Generalmente, il trattamento con Biopile
permette di abbattere contaminanti in miscele complesse comprendenti frazioni volatili e
concentrazioni non elevate occupando superfici meno estese di quelle necessarie al
Landfarming. Quest’ultimo, d’altra parte, permette di bonificare suoli contaminati da sostanze
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 20 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
non volatili come i fanghi di raffineria e comunque matrici ad elevate concentrazioni di
contaminanti.
Miscelazione con ammendanti
Come specificato in premessa al presente paragrafo, la miscelazione con ammendanti
costituisce una valida tecnica preparatoria ai trattamenti biologici di landfarming o biopile.
Infatti, il principio funzionale sul quale si basa la miscelazione con ammendanti è sempre
quello di creare condizioni ottimali allo sviluppo di batteri autoctoni atti a degradare i
contaminanti ed accelerare, quindi, anche i tempi di risanamento.
Nel suolo, infatti, sono già presenti microrganismi in grado di degradare i contaminanti, ma
non potendo operare in condizioni ottimali o, addirittura, dovendo far fronte all'azione di fattori
inibenti (temperatura bassa, pH acido, carenza di ossigeno, presenza di sostanze tossiche,
assenza di nutrienti, contenuto insufficiente di acqua), i tempi richiesti per questa
degradazione spontanea sono spesso incompatibili con le esigenze di risanamento.
La miscelazione del terreno contaminato con un adatto substrato organico può portare ai
seguenti vantaggi:
-
facilitare l'acclimatazione e lo sviluppo della biomassa in virtù della disponibilità di un
substrato più facilmente biodegradabile rispetto al contaminante;
-
migliorare le caratteristiche strutturali del terreno, come ad esempio la porosità e, quindi,
la circolazione di ossigeno, la capacità di campo e, quindi, il contenuto di acqua;
-
tamponare condizioni di acidità per migliorare le capacità di degradazione;
Svariate applicazioni sono state eseguite mediante l'impiego di compost classificato fuori
specifica (a causa di elevate concentrazioni di sostanze estranee quali plastica, vetro, od altro)
in virtù del basso costo e della facile reperibilità sul mercato.
Tuttavia l’utilizzo di compost fuori specifica deve prevedere l’esecuzione di attività preliminari
finalizzate all’ottenimento di quelle caratteristiche chimiche e fisiche idonee al suo impiego
come substrato, quali ad esempio operazioni di vagliatura meccanica e determinazioni
analitiche sul contenuto di metalli pesanti.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 21 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.2
Interventi di bonifica in-situ
I trattamenti in situ comprendono tutte quelle tecniche di risanamento chimico-fisiche o
biologiche che operano direttamente in loco escludendo operazione di escavazione e
movimentazione del materiale contaminato. Per semplificare l’articolazione del presente
documento di seguito sono stati presi in considerazione sia interventi in situ sulla matrice
insatura quali soil vapour extraction e bioventing, sia quelli sulla zona vadosa quali air
sparging, bioslurping od oxygen release compound. In tale sede vengono riportate anche
alcune note tecniche relative di risanamento di suoli ed acque concettualmente basati su
principi depurativi di essenze vegetali (fitorimediazione). Nella seguente tabella sono
schematizzate le caratteristiche essenziali di alcune delle tecnologie in situ a maggior
diffusione.
Tecnica
Matrice
ambientale
Tipologia inquinante
Costi
(€/ton)
Tempi
Bioventing
Suolo
Hc (c>12), Hc (c<12)
50 – 90
6 – 24 mesi
Air sparging
Acque
Hc (c<12), BTEX, MTBE
20 – 40
6 – 24 mesi
ORC
Suolo / Acque
IPA, BTEX, MTBE, Hc (c>12), Hc
(c<12), Organo clorurati
10 – 30
12 – 36
mesi
Fitoremediation
Suolo / Acque
Inorganici
10 – 30
12 – 60
mesi
Soil vapor extraction
Suolo
Hc (c<12), BTEX
30 – 60
12 – 24
mesi
Pump & Treat
Acque
Hc (c<12), Hc (c>12), Organo
clorurati
10 - 40
(€/mc)
4 – 24 mesi
2.2.1 Trattamenti chimico fisici
Tra i trattamenti chimico-fisici esistenti è stata selezionata la tecnica del Soil Vapour
Extraction.
Soil Vapour Extraction
Il principio fisico del SVE è costituito dalla volatilità della maggior parte dei composti
idrocarburici.
Questa tipologia di sostanze è rappresentata in larga parte da molti idrocarburi clorurati
(tricloroetilene, tetracloroetilene, cloroformio, metilcloroformio, etc..), da idrocarburi aromatici
(benezene, toluene, xilene, etc..), da oli minerali leggeri e metano.
Non è possibile applicare il SVE su contaminanti inorganici e su organici dotati di pressione di
vapore bassa. La pressione di vapore delle sostanze fornisce, infatti, un’indicazione
fondamentale sull’applicabilità e la fattibilità di rimozione dei composti presenti nel terreno: il
SVE è applicabile a composti che hanno una pressione di vapore maggiore di 0,1 kPa o 0,5
mmHg (a 20ºC) ed una solubilità in acqua relativamente bassa.
La ventilazione in suolo risulta una tecnica relativamente facile e poco costosa per rimuovere
sostanze organiche volatili dalla zona insatura di terreno contaminato.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 22 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
L’efficacia del processo è funzione di alcuni fattori, dai quali dipendono sia la mobilità dei
contaminanti e sia la permeabilità del suolo all’aria:
-
umidità, l’incremento del contenuto d’acqua riduce il flusso d’aria e, quindi, la diffusione;
-
contenuto organico, un incremento nell’assorbimento (che solitamente avviene su
matrice organica) riduce la concentrazione delle sostanze volatili nell’aria interstiziale e,
quindi, riduce la loro diffusione;
-
granulometria, in particolare il sistema risulta applicabile in terreni con conducibilità
idraulica elevata.
Ed i fattori che possono contribuire all’efficacia dell’intervento sono rappresentati da:
-
temperatura, un incremento della temperatura comporta una maggiore concentrazione
in saturazione nell’aria interstiziale e, quindi, un incremento di diffusione;
-
costante di Henry, parametro che indica il grado di partizione tra fase disciolta (o
libera) e fase gassosa. Sostanze con elevata costante di Henry, presentano maggiore
tendenza alla diffusione.
In seguito alla ventilazione del suolo, indotta da uno o più pozzi di estrazione di vapori,
s’instaurano condizioni dinamiche che portano d un lato allo strippaggio dei composti presenti
in fase gassosa e dall’altro ad un’ulteriore volatilizzazione dei composti volatili. Le sostanze
volatili, che evaporano fino a quando non si esauriscono la fase liquida e solida, sono
convogliate verso il punto di estrazione dal sottosuolo.
Operativamente il SVE si colloca tra le tecnologie di trattamento in situ e consiste nella
realizzazione di pozzi o dreni di estrazione vapori, fenestrati a differenti profondità e tenuti in
depressione per mezzo di idonei sistemi di aspirazione; i gas estratti vengono avviati a sistemi
di abbattimento degli idrocarburi quali Ossidazione termica, Ossidazione Catalitica od
Adsorbimento con carboni attivi.
L’estrazione di gas dal sottosuolo, da una parte consente di controllare ed intercettare la
migrazione di composti volatili presenti (es. metano, idrocarburi leggeri ed organo alogenati),
dall’altra favorisce lo spostamento dell’equilibrio di ripartizione liquido-gas degli idrocarburi
verso la fase vapore, determina il prelievo forzato di gas interstiziale dal suolo, liberando il
terreno dalle frazioni di idrocarburi ad elevata volatilità.
La durata effettiva del SVE è funzione della necessità di liberare tutti i pori del terreno dai gas
interstiziali contaminati da idrocarburi volatili e di spostare l’equilibrio liquido-gas il più
possibile verso la fase gassosa. In funzione dell’area contaminata di interesse, dello spessore
di terreno da trattare, della porosità efficace del suolo, si valuta il volume di gas interstiziale da
coinvolgere e si dimensionano gli impianti, prestando attenzione a garantire la copertura totale
dell’area.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 23 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Per predisporre un sistema di SVE efficace relativamente alle caratteristiche specifiche del sito,
al tipo di contaminazione ed alla sua distribuzione nel sottosuolo vengono realizzati test pilota
su campi prova che prevedono:
-
punti di estrazione vapori (tubazioni in PVC da 2” a 12 “, generalmente con fessurazione
da 2 mm) fenestrati a differenti profondità;
-
punti di monitoraggio attrezzati con sonde per il rilevamento dei gas interstiziali a
differenti profondità;
-
unità di estrazione vapori (es. ventilatori, etc..);
-
unità di trattamento dei vapori mediante bruciatore catalitico o carboni attivi.
Viene applicata una depressione nella zona vadosa del sottosuolo attraverso gli intervalli
microfessurati di punti di estrazione di vapore, predisposti a profondità differenti ed a distanze
progressive. In tal modo vengono determinati le depressione misurate mediante manometri e i
raggi di influenza del sistema misurate direttamente con tubetti fumogeni o indirettamente con
prelievo di gas interstiziale. La determinazione dell’efficienza del sistema viene valutata
mediante la misurazione nelle sonde di monitoraggio di anidride carbonica, ossigeno, metano,
vapori organici e depressioni indotte.
2.2.2 Trattamenti biologici
Nel presente sottoparagrafo sono presentate quali tecnologie di trattamento biologico di
potenziale interesse il bioventing, l’air sparging, il bioslurping e l’oxygen release compound.
Bioventing
Gli interventi di bonifica degli idrocarburi hanno come presupposto essenziale il principio che la
maggioranza dei composti idrocarburici è soggetta a biodegradazione ad opera di
microrganismi. Gli organismi presenti naturalmente nel sottosuolo dimostrano di avere la
capacità di mineralizzare le sostanze le sostanze contenute nelle benzine, nei gasoli e nelle
miscele più pesanti fino al petrolio grezzo, trasformando i composti organici che sono distribuiti
sulla matrice solida dell’acquifero o contenuti nei pori.
Solitamente la mancanza di ossigeno rappresenta il fattore limitante per lo sviluppo di
microrganismi destinati a condurre attività degradative sugli idrocarburi; l’ossigeno viene
infatti utilizzato come accettore elettronico finale nella respirazione cellulare e pertanto
ambienti nei quali sussistono condizioni aerobiche risultano più idonei a processi
biodegradativi. Pertanto un aumento del contenuto di ossigeno nel substrato provoca un
aumento della popolazione degli organismi che degradano gli idrocarburi e quindi aumenta la
percentuale di rimozione degli stessi.
L’obiettivo principale del processo di biodegradazione è quello di fornire ossigeno in eccesso al
sottosuolo.
Il Bioventing consiste appunto nell’introduzione nel sottosuolo di ossigeno gassoso (aria
ambiente). La bioventilazione è una tecnica in situ che permette, sotto condizioni adeguate, la
degradazione di composti petroliferi da parte di microrganismi autoctoni già presenti nel
terreno. La bioventilazione, infatti, ha lo scopo di accelerare il processo di biodegradazione
naturale fornendo ai microrganismi ossigeno e nutrienti.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 24 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
La progettazione del sistema di bonifica mediante Bioventing deve prevedere l’acquisizione di
dati specifici del sito mediante la realizzazione di test pilota in corrispondenza delle aree
contaminate (test respirometrici). Tali test constano in prove di respirazione in situ finalizzate
alla raccolta di tutte quelle informazioni necessarie all’implementazione del sistema di
bioventing a scala reale. La necessità di implementare un test pilota risiede nella
determinazione dei parametri da ottimizzare per una gestione corretta ed efficace del
trattamento di bioventing a scala reale, alcune delle quali sono la biodisponibilità della
popolazione microbica, la portata d’aria da insufflare secondo il raggio d’influenza calcolato in
sede pilota ed il quantitativo di nutrienti da somministrare per accelerare il processo di
degradazione dei contaminanti.
Il test di respirazione in situ prevede l’iniezione nel sottosuolo, tramite compressore a
diaframma, di aria e di una piccola percentuale di elio. L’elio (puro al 99%) è il gas inerte
tracciante per stimare il valore della diffusione dei gas interstiziali nelle zone areate. L’aria è
iniettata nel terreno per un periodo di tempo che va dalle 20 alle 24 ore, tempo sufficiente per
esaurire la domanda di ossigeno nella zona d’interesse. Una volta terminata la fase di iniezione
d’aria e di elio, i gas interstiziali sono campionati ed analizzati per valutare il tenore di
ossigeno, biossido di carbonio e idrocarburi totali. La durata della fase di monitoraggio è
determinata sperimentalmente in base alle evidenze offerte dal test. Inizialmente la rilevazione
dei parametri ha una frequenza piuttosto alta (2, 4, 6, 8 ore) ed in seguito si riduce
progressivamente. Il test di respirazione termina una volta che i parametri monitorati tornano
ai valori rilevati prima del test.
Una volta terminato il test, la rete di monitoraggio e di aerazione dell’area contaminata
installata per il test pilota viene quindi integrata nel sistema globale di bioventilazione.
Da un punto di vista geologico la bioventilazione può essere applicata con successo a terreni
con permeabilità intrinseca all’aria maggiore di 10-9 cm2 (National Research Council, 1993).
Air Sparging
L’Air Sparging viene applicato a scala reale su terreni contaminati da prodotti petroliferi
(idrocarburi alifatici ed aromatici semplici), distillati leggeri del petrolio ( benzina, cherosene,
jetfuel) ed oli minerali leggeri.
Il principio dell’Air Sparging è costituito sia dalla volatilità di alcuni composti idrocarburici, sia
dal fatto che tali composti possono essere soggetti a biodegradazione ad opera di
microrganismi presenti anche all’interno dell’acquifero, dove il sistema di Air Sparging viene
applicato.
L’Air Sparging consiste nell’immissione di aria atmosferica in pressione direttamente
nell’acquifero al duplice scopo di rimuovere fisicamente (con volatilizzazione) e biodegradare
(attraverso la stimolazione della popolazione di batteri eterotrofi già presenti ed in grado di
degradare gli idrocarburi disciolti fino alla loro completa mineralizzazione) i contaminati
disciolti nella falda o presenti nella frangi capillare. L’aria iniettata è in grado perciò:
-
di spiazzare l’acqua;
-
di creare un flusso d’aria nei pori altrimenti saturi d’acqua;
-
di volatilizzare e rimuovere la fase disciolta ed adsorbita della contaminazione;
-
di effettuare un trasferimento di ossigeno dentro l’acquifero.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 25 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
L’efficacia del metodo è determinata principalmente dal grado di contatto tra l’aria immessa e
la contaminazione nel suolo e nelle acque.
Tale metodo risulta efficace in presenza di acquiferi ad elevata permeabilità (sabbie e ghiaie)
con conducibilità idraulica maggiore di 10-5 m/sec.
Operativamente consiste nella realizzazione di pozzi estesi sino in falda, fenestrati a quote
opportune nel saturo, tenuti sotto pressione per mezzo di un idoneo sistema di immissione
d’aria.
L’Air Sparging è una tecnologia che viene spesso accoppiata ad altre tecnologie in grado di
intercettare e rimuovere le sostanze che si volatilizzano dal processo e arrivano negli strati
insaturi (SVE e Bioventing).
Per realizzare un sistema di Air Sparging efficiente e commisurato alla situazione idrogeologica
specifica del sito, occorre predisporre dei test pilota. Tali test sono costituiti da impianti che
una volta terminato il test possono essere integrati al sistema di bonifica a scala reale. Essi
sono configurati come segue:
-
un punto di iniezione d’aria (pozzo);
-
punti di monitoraggio (piezometri) attrezzati per il rilievo delle pressioni e dei gas
interstiziali;
-
unità di iniezione d’aria (compressore) con elettrovalvola per lo scarico della condensa,
pressostati di regolazione e flussimetri.
Le prove vengono eseguite iniettando aria a differenti portate e misurando, nei punti di
monitoraggio: i livelli di falda, le pressioni indotte e i parametri ossigeno disciolto, vapori
organici, ossigeno e anidride carbonica.
Bioslurping
Il Bioslurping è utilizzato in caso di contaminazione organica ed, in particolare, quando si è
verificato lo sversamento di un prodotto organico più leggero dell’acqua (LNAPL) con il
conseguente raggiungimento della frangia capillare della falda acquifera. In questa zona il
grado di saturazione con acqua di ritenzione aumenta gradualmente verso il basso (frangia
capillare sospesa) fino a raggiungere una completa saturazione dei pori già sopra la superficie
piezometrica (frangia capillare continua). La migrazione del prodotto, una volta raggiunta la
frangia capillare, prosegue orizzontalmente proporzionalmente al contenuto di acqua nei pori.
Poco sopra la frangia capillare continua, dove il grado di saturazione in acqua aumenta, i
prodotti petroliferi si diffondono lateralmente e creano uno strato di olio surnatante, quindi la
fase surnatante non si accumula sopra la superficie piezometrica, bensì sopra la frangia
capillare continua.
In questi casi, i processi di risanamento convenzionali del sito prevedono come primo e
prioritario intervento il recupero della fase libera al fine di interrompere il continuo rilascio di
contaminanti in fase disciolta nelle acque di falda. Tale intervento avviene con prelievo ad
opera di pompe allocate all’interno di pozzi o trincee drenanti realizzate allo scopo (Free
Product Recovery – FPR). In un secondo tempo poi, è necessario intervenire con
l’implementazione di altre tecnologie di risanamento adeguate per il risanamento della zona
vadosa.
Da questo punto di vista la tecnologia di Bioslurping è alquanto innovativa in quanto prevede il
recupero sotto vuoto assistito del prodotto ed il trattamento di bioventilazione per il
risanamento del suolo nella zona vadosa simultaneamente. Diversamente dalle tecnologie
convenzionali, la tecnica di bioslurping sfrutta la sinergia di due distinte tecnologie di
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 26 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
risanamento, FPR e Bioventing, combinando elementi di ambedue tali tecnologie per operare il
recupero del prodotto e l’areazione della zona vadosa.
Il sistema “slurper” opera un’estrazione sotto vuoto (120 a 500 mm di Hg) nel pozzo di
recupero creando così un gradiente di pressione che forza il movimento del prodotto
surnatante verso il pozzo. Il sistema induce un leggero abbassamento del livello piezometrico
nell’acquifero riducendo così la propagazione orizzontale del prodotto. Il suolo nella zona
vadosa è, in questo modo, bioventilato grazie all’attività di aspirazione dei gas interstiziali dal
pozzo di recupero.
L’azione di gorgogliamento (slurping) del sistema bioslurper opera ciclicamente tra l’operazione
di recupero di liquido (prodotto surnatante e/o acqua di falda) e quella di recupero di gas
interstiziali. La portata di estrazione di gas interstiziali dipende da quella di recupero di liquido
dal pozzo. Quando l’attività di recupero di prodotto giunge al termine, il sistema di bioslurper
può essere convertito ad un sistema di bioventing convenzionale in modo da completare il
risanamento della zona vadosa ottimizzando, tra l’altro, la portata del flusso d’aria.
La combinazione di diversi fattori rendono il sistema di bioslurping un metodo economicamente
efficace per il risanamento di siti che presentano prodotto surnatante in falda in quanto:
-
aumenta l’efficienza di recupero di prodotto surnatante, ciò contrae la durata del
trattamento di risanamento;
-
minimizza il quantitativo di acqua aspirata e, quindi, i costi di trattamento;
-
favorisce il biorisanamento della zona vadosa;
-
può essere convertito ad un sistema convenzionale di Bioventing ottimizzato allorché le
attività FPR sono concluse.
I costi del trattamento di Bioslurping sono competitivi e talvolta risultano anche minori di quelli
dei sistemi “FPR dual-pump” convenzionali. Tra tali sistemi è necessario introdurre brevemente
la tecnica di bonifica denominata “Pump&Treat” ad oggi comunemente utilizzata nelle
operazioni di bonifica e di messa in sicurezza delle acque di falda nel caso in cui l’inquinamento
sia dovuto alla presenza di composti relativamente solubili, acquiferi permeabili e soggiacenze
della falda che rendono inaccessibili le acque sotterranee con altri sistemi.
Il sistema consiste nel creare una depressione piezometrica per mezzo di un sistema di
emungimento delle acque sotterranee e nel trattamento dei volumi emunti per mezzo di
opportuni impianti, generalmente filtri di adsorbimento con carboni attivi. I limiti di utilizzo del
Pump&Treat sono sostanzialmente legati al contesto idrogeologico (i.e. bassa permeabilità,
elevata eterogeneità dell’acquifero), alla tipologia ed alle condizioni di flusso e trasporto degli
inquinanti (i.e. alta mobilità e bassa solubilità dei contaminanti), nonché ai costi di gestione
generalmente elevati e proporzionali alla durata dell’intervento.
Oxygen Release Compound6
Si tratta di un metodo brevettato già ampiamente sperimentato negli Stati Uniti ed in Canada;
in ambito europeo è stato impiegato in Olanda, in Danimarca, in Inghilterra ed in Polonia,
mentre in Italia è stato applicato ancora solamente in alcuni siti e non si dispone di bibliografia
specifica relativa a tali sperimentazioni.
ORC®, potenziando l’efficienza dei processi aerobici naturali, fa si che si crei una barriera
all’interno del plume di inquinamento, limitando così la propagazione areale ed innescando
6
“Bonifica di un acquifero contaminato da idrocarburi mediante “Oxygen Barrier”
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 27 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
principalmente una serie di reazioni chimiche al contatto con l’acqua. L’ambiente, arricchito
localmente in O2, va ulteriormente a creare l’habitat ottimale di proliferazione di microbi
aerobici metanogeni, naturalmente già presenti nel sottosuolo, in grado di spezzare, le catene
di molecole di un’ampia varietà di componenti organici.
L’applicazione di ORC® per interventi sulle falde, prevede il posizionamento del prodotto
all’interno di pozzi ubicati nel cuore del plume d’inquinamento, in quantità variabili in ragione
dell’entità della contaminazione, delle caratteristiche idrogeologiche e litologiche del sito. La
manutenzione del sistema risulta praticamente nulla e la liberazione di ossigeno in falda crea
una barriera continua e stabile contro il contaminante con una durata media di 4-6 mesi per
ogni iniezione di prodotto.
ORC® contiene sia ossido di magnesio (MgO) sia perossido di magnesio (MgO2), è inoltre anche
presente una piccola percentuale di fosfato di potassio commestibile (KH2PO4 o K2HPO4). Al
contatto con l’acqua ORC® rilascia ossigeno: il MgO2 consumato è convertito in Mg(OH)2, la
stessa reazione avviene per il quantitativo di MgO presente, che viene semplicemente idratato
nella forma di idrossido, secondo le seguenti reazioni stechiometriche (Koenigsberg, Norris,
2000):
MgO2 + H 2 O → Mg (OH ) 2 +
1
⋅ O2
2
MgO + H 2 → Mg (OH ) 2
Per entrambi i costituenti, il prodotto finale della reazione ORC® risulta essere Mg(OH)2; la
sicurezza di questo materiale è conosciuta, in quanto, la sospensione di idrossido di magnesio
in acqua è notoriamente conosciuta come latte di magnesia, prodotto farmaceutico usato come
digestivo.
MgO è in commercio come additivo vitaminico del bestiame e largamente usato come
fertilizzante; MgO2 e Mg(OH)2 sono atossici da ingerire e sono entrambi utilizzati come
antiacidi; inoltre il perossido di magnesio è largamente utilizzato nei prodotti di odontoiatria,
dentifrici e altri prodotti affini.
La piccola percentuale di KH2PO4, contenuta all’interno della matrice cristallina del MgO2, è in
grado di rallentare il tasso di idratazione della molecola ed il conseguente rilascio di ossigeno;
tale sostanza, normalmente utilizzata come fertilizzante, risulta praticamente innocua, in
quanto la sua natura fosfatica la rende metabolizzabile da ogni substrato microbico, aerobico o
anaerobico.
Questi prodotti, sono stati approvati nel registro dei fertilizzanti del Ministero dell’Agricoltura
Americano, in quanto in grado di soddisfare i criteri di sicurezza per la loro introduzione
nell’ambiente e nella catena alimentare. I livelli rilasciati di Mg(OH) 2 non hanno effetti indiretti
negativi, in quanto sia il MgO2, sia Mg(OH)2 sono insolubili.
Recenti conferenze con gli Enti Locali di diversi stati U.S.A. (U.S. EPA, 1998) hanno definito
concordemente che la deposizione in falda, o nel terreno, dell’ORC® è accettabile perché non
risulta avere effetti di alterazione sugli equilibri fisico-chimici degli acquiferi.
Studi condotti dalla casa produttrice hanno valutato che gli effetti del sistema ORC® sulla falda
acquifera sono riconducibili a modesti innalzamenti dei valori di pH: il pH di ORC ® è attorno a
9.0, le reazioni di idrossidazione generano pH prossimi a 10. Considerata, inoltre, la natura
insolubile dell’ORC®, l’aumento di pH rimane elevato solo localmente, e comunque è stato
dimostrato che la presenza di alti livelli di pH, all’interno della barriera, possono controllare
l’eccessiva proliferazione microbica.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 28 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Tale metodologia è adatta per le bonifiche in situ laddove altre metodologie comportano
problemi connessi all’ossigenazione dell’acquifero generato appunto da un’eccessiva
proliferazione microbica.
La metodologia ORC® per la bonifica delle falde prevede l’utilizzo del prodotto in due diverse
forme:
-
sotto forma di miscela iniettabile (slurry ORC®), miscela preparata in cantiere ed iniettata
a bassa pressione nei pozzetti, avente un contenuto solido di polvere ORC ® di circa 67%;
tale polvere contiene ossido e perossido di magnesio ed una percentuale del 3% di
fosfato di potassio, il diametro dei granuli che la compongono è di circa 44 µm;
-
sotto forma di filter-socks, “calze” filtranti contenenti ossidi di magnesio e silice inerte, in
grado di contenere l’idrossido di magnesio prodotto dalla reazione.
2.2.3 Fitotrattamenti
La fitoremediantion è una tecnica di bonifica basata sulla mutua interazione tra microrganismi
del suolo ed essenze vegetali. La presenza della pianta stimola il metabolismo microbico
mediante rilascio di molecole organiche e contribuisce allo sviluppo della rizosfera. La
fitoremediation può rappresentare una soluzione per il recupero ambientale se l'inquinamento
del suolo risulta concentrato ad una profondità compatibile con la presenza dell'apparato
radicale e se le caratteristiche chimico-fisiche dello stesso risultano adatte alla crescita
vegetale (i.e. granulometria, sostanza organica, capacità di scambio ionico). I meccanismi di
azione attraverso cui agisce tale tecnologia possono essere distinti in: Fitostabilizzazione,
fitoestrazione, fitotrasformazione e rizofiltrazione.
Fitostabilizzazione
La fitostabilizzazione viene definita come la capacità di riduzione della mobilità degli inquinanti
per azione fisico-meccanica da parte dell'apparato radicale delle specie vegetali utilizzate nel
trattamento. Intervenendo in tal senso il processo di fitostabilizzazione limita al minimo la
dispersione degli inquinanti mediante l'erosione e la dissoluzione in soluzione acquosa.
Il ricorso a tale tipologia di trattamento risulta indicata per suoli moderatamente inquinati e
piuttosto estesi. Lo sviluppo delle piante deve essere favorito da trattamento con ammendanti
fosfatici, sostanza organica al fine di aumentare la capacità di immobilizzazione dei metalli
pesanti nel suolo.
Fitoestrazione
La fitoestrazione è una particolare tecnica di fitotrattamento che prevede l'utilizzo di particolari
piante definite iperaccumulatrici per la loro alta propensione all'assimilazione di composti
inorganici e più in particolare di metalli pesanti quali Cd, Ni, Zn, As, Se e Cu. La scelta delle
specie vegetali da impiegare nell'applicazione su singolo caso deve essere effettuata sulla base
di una serie di parametri tra cui capacità di accumulo, fattore di accumulazione (rapporto tra
quota di metalli pesanti presente nel tessuto della pianta e quella contenuta nel suolo prima
del trattamento) e produttività in termini energetici (espressa come produzione di sostanza
secca per ettaro all'anno in funzione di un riutilizzo della pianta come biomassa).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 29 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Complessazione
La complessazione prevede l'utilizzo di alcune piante in grado non solo di assimilare i composti
inorganici ma anche di trasformarli, attraverso le loro vie metaboliche, in prodotti di natura
chimica differente. Un esempio di tale fenomeno è costituito dalla complessazione dei metalli
pesanti che avviene mediante aggregazione alle fitochelatine, una classe di peptidi, e
successivo accumulo all'interno delle cellule delle piante.
Rizofiltrazione
Ulteriore tecnologia ad sperimentata nel campo applicativo della decontaminazione mediante
impiego di essenze vegetali è costituito dalla rizofiltrazione. Tale tecnica, così come la
fitostabilizzazione, si basa essenzialmente sulle capacità fisico chimiche degli apparati radicali
di assorbire, concentrare e precipitare gli inquinanti sottraendoli, quindi, alla matrice. La
rizofiltrazione costituisce, inoltre, il principio su cui si basa anche il trattamento della matrice
liquida (fitodepurazione a flusso orizzontale). A tal proposito merita sottolineare come la
fidepurtazione possa essere considerata una valida alternativa ai trattamenti tradizionali di
acque di falda. Negli ultimi anni particolare attenzione è stata dedicata alle potenzialità di
applicazione di tale tecnica alla gestione dei percolati di discarica già largamente testata in
ambito europeo.
L'impiego di sistemi di fitodepurazione nel trattamento dei percolati di discarica consente di
creare unità di trattamento a basso impatto ambientale dal punto di vista paesaggistico /
naturalistico in quanto si minimizza l'utilizzo di infrastrutture (i.e. vasche di trattamento in
cemento armato), ed economicamente vantaggioso in quanto si minimizzano i costi di
implementazione e gestione dell'intervento rispetto alle tecniche convenzionali (i.e. raccolta e
smaltimento periodico off site presso impianti di depurazione convenzionali).
2.3
Interventi di bonifica con misure di sicurezza
Così come definito dalla normativa vigente in materia, gli interventi di bonifica con misure di
sicurezza vengono applicati ogni qual volta non è possibile raggiungere valori di concentrazione
delle sostanze inquinanti inferiori ai limiti accettabili nonostante l'applicazione delle migliori
tecnologie a costi sopportabili. Il significato dell’affermazione “migliori tecnologie a costi
sopportabili” di cui al comma 6 dell’art. 17 del DLgs 22/97 e di cui ai punti (f) ed (i) dell’art. 2
del DM 471/99, è stato chiarito al comma 9 dell’art. 114 della Legge ordinaria del Parlamento
n. 388 del 23/12/2000: “Per costi sopportabili […] si intendono, con riferimento ad impianti in
esercizio, quelli derivanti da una bonifica che non comporti un arresto prolungato delle attività
produttive o che comunque non siano sproporzionati rispetto al fatturato annuo prodotto
dall’impianto in questione”.
Qualora non sia possibile raggiungere i VCLA adottando le migliori tecnologie a costi
sopportabili, i valori obiettivo vengono determinati in base ad una metodologia di analisi di
rischio riconosciuto a livello internazionale. Gli interventi di bonifica, realizzati secondo tecniche
ingegneristiche come quelle precedentemente descritte e finalizzati alla riduzione della
movimentazione, al trattamento in sito ed al riutilizzo dei materiali sottoposti a bonifica,
devono comunque garantire il raggiungimento di valori di concentrazione residui tali da
garantire condizioni di tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
Così come per gli interventi di messa in sicurezza definitiva, descritti nel paragrafo successivo,
anche per gli interventi di bonifica con misura di sicurezza sono previsti piani di monitoraggio e
controllo. Possono inoltre essere previste particolari prescrizioni temporanee o permanenti
sull'utilizzo dell'area che talvolta comportano variazioni degli strumenti urbanistici e dei piani
territoriali necessari per l'attuazione delle stesse misure di sicurezza.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 30 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.4
Interventi di messa in sicurezza definitiva
Sempre facendo riferimento alla normativa vigente in materia di bonifiche, gli interventi di
messa in sicurezza definitiva vengono applicati ogni qual volta le fonti di contaminazione (i.e.
discariche) sono tali che non è possibile procedere alla loro rimozione pur applicando le migliori
tecnologie disponibili a costi sopportabili, secondo i principi della normativa comunitaria. In tal
senso la messa in sicurezza permanente è un intervento che non permette di raggiungere i
valori di concentrazione limite previsti ma consente di isolare la fonte inquinante in modo
definitivo rispetto alle matrici ambientali ed ai bersagli circostanti. Associate agli interventi di
messa in sicurezza definitiva sono da predisporre azioni di monitoraggio periodico e limitazioni
sull’uso dell’area.
Gli interventi devono privilegiare, ove possibile, il ricorso a tecnologie di trattamento di rifiuti e
di riduzione del volume dei rifiuti stessi al fine di limitare la superficie e il volume complessivi
da mettere in sicurezza. Parte integrante della progettazione è costituita dalla definizione di
accurati piani di monitoraggio e controllo atti a verificare l'efficacia di tali interventi con durata
almeno quinquennale.
In qualità di misura di sicurezza possono inoltre essere previste esplicite limitazioni rispetto
alle previsioni degli strumenti urbanistici.
Interventi di messa in sicurezza definitiva vengono spesso utilizzati per il risanamento di
discariche incontrollate di rifiuti urbani e rifiuti speciali le cui volumetrie non consentono di
rimuovere i rifiuti stoccati sia per motivi tecnici che economici.
2.5
Attenuazione Naturale Controllata
La tecnica di risanamento basata sull’attenuazione naturale di fatto esula da quelle che sono le
tipologie di intervento previste dalla normativa vigente. Tuttavia negli ultimi anni si sta
assistendo ad un sempre maggiore interesse verso questo tipo di intervento che di fatto, a
causa dei lunghi tempi richiesti, viene spesso utilizzato congiuntamente ai metodi tradizionali.
In generale per Attenuazione Naturale Controllata si intende l’utilizzo di processi spontanei al
fine di raggiungere specifici obiettivi di bonifica in un sito contaminato. I processi che
naturalmente concorrono al risanamento dei terreni o delle acque sotterranee contaminati
includono l’advezione, la dispersione idrodinamica, l’adsorbimento, la biodegradazione, la
volatilizzazione ed il decadimento radioattivo. Alcuni sono processi distruttivi, che tendono
all’eliminazione della sostanza contaminante, altri ne riducono semplicemente la mobilità o la
concentrazione, altri ancora la trasformano in composti meno tossici. Questi processi
avvengono sia nei terreni insaturi che in quelli saturi, ma è soprattutto in falda dove si
raggiungono gli effetti più intensi.
La comprensione e la quantificazione accurata di tutti i processi che presiedono
all’attenuazione naturale sono ancora oggetto di ricerca e, nonostante le sempre più numerose
applicazioni, un notevole grado d’incertezza resta legato all’impiego dell’attenuazione naturale
controllata. Per questa ragione sono fondamentali le attività di monitoraggio a lungo termine e
l’intervento diretto sulle sorgenti della contaminazione.
La scelta dell’attenuazione naturale controllata richiede comunque attività d’indagine del sito
(caratterizzazione geologica ed ambientale, risk assessment) e individuazione del miglior
metodo di bonifica (confronto tra le diverse opzioni d’intervento, monitoraggio delle
prestazioni). Anzi, proprio la fase di caratterizzazione del sito e della contaminazione,
l’individuazione dei percorsi e dei tempi di migrazione, la valutazione quantitativa dei processi
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 31 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
che portano all’attenuazione del carico contaminante rivestono un ruolo fondamentale e ancor
più decisivo rispetto ad interventi di bonifica attivi. I maggiori costi legati al dettaglio
necessario in fase preliminare sono poi spesso ampiamente ripagati in fase d’intervento
(specialmente per le spese delle attrezzature e della loro manutenzione).
Le categorie di contaminanti che più si prestano a trattamenti di bonifica mediante processi di
attenuazione naturale riguardano essenzialmente idrocarburi petroliferi in genere (con la sola
esclusione degli MTBE) ed i solventi clorurati alifatici. Per effetto di reazioni di ossidoriduzione e
adsorbimento sulla superficie dei granuli è possibile ottenere effetti positivi anche per gli
elementi inorganici.
2.6
Sistemi e tecnologie di monitoraggio e controllo
La selezione dell’intervento di bonifica idoneo deve essere fatta a valle della caratterizzazione
del sito mediante indagini ambientali finalizzate alla definizione della qualità chimica di tutte le
matrici che lo costituiscono (suolo, sottosuolo, acque sotterranee). A tale proposito, il Decreto
Ministeriale n. 471 del 25 ottobre 1999, in allegato 2, definisce il numero minimo di punti di
indagine in relazione all’estensione dell’area ed, inoltre, suggerisce, nel caso in cui si proceda
con una disposizione a griglia, l’estensione del lato di ogni maglia di indagine. Nel successivo
paragrafo 6.6.1 sono state descritte nel dettaglio le specifiche tecniche relative alle indagini
ambientali per la caratterizzazione del sito.
Una volta definito il tipo, il grado e l’estensione della contaminazione è possibile selezionare la
tecnica di bonifica e/o di messa in sicurezza opportuna sulla base, inoltre, delle conoscenze
geologiche ed idrogeologiche del sito, dei tempi di trattamento e di tutta quella serie di
variabili sito-specifiche che caratterizzano ciascuna delle tecnologie presentate in precedenza.
A valle di tali interventi sono necessarie operazioni di controllo da parte degli enti competenti
in caso di bonifica o di monitoraggio periodico, quale controllo post-operam, nel caso di
bonifica con misure di sicurezza o messa in sicurezza permanente. Tutto ciò è comunque
analizzato nel seguito, in particolare nei paragrafi 6.6.2 per i controlli ambientali e 6.6.3 per
quelli post-operam.
2.6.1 Specifiche tecniche per l'effettuazione di indagini ambientali
Le attività di caratterizzazione ambientale hanno come scopo, in primis, la verifica
dell’esistenza, il grado e l’estensione della contaminazione nelle varie matrici ambientali
nonché all’individuazione di eventuali vie di propagazione della contaminazione verso bersagli
ambientali ed umani. In tal modo è possibile, a valle delle conoscenze acquisite definire un
Modello Concettuale in cui individuare sorgenti, vie di migrazione e bersagli della
contaminazione necessario per poter selezionare gli interventi di bonifica e/o messa in
sicurezza successivi.
Su tali basi, quindi, una corretta caratterizzazione delle matrici ambientali che costituiscono il
sito indagato presuppone l'adozione di tutta una serie di metodologie e criteri riguardanti la
fase di posizionamento dei punti di indagine fino a quella di analisi di laboratorio. Il Decreto,
infatti, fornisce, in allegato 2, il numero minimo di punti di indagine per la matrice insatura e
quella satura in relazione all’estensione del sito da cui partire per valutare correttamente
l’esistenza di una contaminazione in atto o la necessità di approfondire le indagini in relazione
alle criticità (i.e. presenza di focolai di contaminazione) rilevate. Nel medesimo allegato, il
Decreto suggerisce che, nel caso si proceda con una disposizione a griglia, il lato di ogni maglia
di indagine sia compreso tra 25 e 100 metri a seconda della tipologia e delle dimensioni del
sito oggetto di indagine.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 32 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
L’ubicazione dei punti di indagine deve seguire un criterio che può essere:
•
Sistematico seguendo maglie di indagine geometriche, efficace soprattutto nel caso in cui il
livello di conoscenza sul sito in esame è scarso in quanto carente di informazioni pregresse.
•
Casuale, efficace soprattutto in casi in cui le conoscenze sul sito in esame portino a
presupporre l’esistenza di un inquinamento diffuso e, quindi, ad escludere la presenza di
hot spot e criticità ambientali.
•
Misto mediante il quale l’ubicazione dei punti viene stabilita a copertura esaustiva dell’area
e, contemporaneamente, in maniera tale da caratterizzare le aree considerate più a
“rischio” sulla base di conoscenze pregresse.
Una volta definito il numero e l’ubicazione dei punti di indagine per ciascuna delle matrici
ambientali individuate, è necessario procedere all’esame della rassegna di tecniche di
campionamento disponibili sul mercato in relazione, tra l’altro, alle indicazioni fornite nella
normativa.
Le tecniche di campionamento per la matrice suolo devono prevedere la penetrazione “a secco”
con avanzamento a rotazione in assenza di fluidi di perforazione o a percussione mediante
sistemi direct-push. In ogni caso l’obiettivo primario dell’operazione di campionamento del
terreno, nell’ambito della caratterizzazione ambientale dello stato di contaminazione del sito,
consiste nel prelievo di un campione che sia il più possibile rappresentativo delle caratteristiche
chimiche e fisiche degli orizzonti attraversati ed indicatore dell’eventuale presenza di sostanze
inquinanti.
Sempre in allegato 2 del DM 471/99 viene consigliato l’utilizzo di campionatori a pareti spesse
(ovvero con coefficiente di parete superiore al 15%) e di seguito, vengono descritte le
principali tecniche di campionamento del terreno associate a metodi di penetrazione a secco:
1. Perforazione a rotazione: viene condotta facendo avanzare un utensile (carotiere o
distruttore di nucleo) per mezzo di una batteria di aste alla quale viene applicata una spinta
assiale ed una coppia di rotazione.
2. Perforazione mediante sistemi direct-push: utilizzano strumentazioni a percussione con
avanzamento a secco, che permettono il recupero di carote di terreno indisturbate senza
ricorrere alla trivellazione.
3. Campionamento di gas interstiziali: è una tecnica di screening per valutare la presenza e
l’estensione di contaminazione da composti voltali nel sottosuolo direttamente in campo
mediante l’utilizzo di kit colorimetrici, di rilevatori portatili a ionizzazione di fiamma (FID) e
a fotoionizzazione (PID) o in laboratorio prelevando un campione in fase gassosa mediante
opportuni contenitori.
Per quanto riguarda invece la matrice insatura, essa deve essere indagata mediante
l’installazione di pozzi piezometrici, quali idonei punti di prelievo delle acque sotterranee,
attestati nell'acquifero interessato per almeno due terzi del suo spessore. Preliminarmente alle
attività di campionamento, i piezometri devono essere adeguatamente spurgati fino
all'ottenimento di acqua chiara e comunque per un tempo non inferiore al ricambio di tre –
cinque volumi d'acqua. Lo scopo dello spurgo è quello di permettere il prelievo di un campione
rappresentativo di acqua creando il minor disturbo possibile alle condizioni naturali di deflusso.
Per raggiungere tale obiettivo, quindi, il volume d’acqua che staziona all’interno di un
piezometro deve essere eliminato in quanto sottoposto ad equilibri chimico-fisici differenti da
quelli presenti nell’acqua di falda.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 33 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
A tal punto, è necessario descrivere brevemente quali sono le metodiche da adottare per
l’esecuzione di un campionamento corretto di suolo, sottosuolo ed acque sotterranee. Per
quanto riguarda il terreno, i campioni devono essere prelevati secondo la metodica della
“quartatura” (IRSA-CNR Quad. 64) costruendo un medio rappresentativo della profondità e/o
del litotipo da sottoporre alle determinazioni analitiche.
Il prelievo del campione di acqua può avvenire, invece, in condizioni statiche utilizzando un
campionatore puntuale del tipo “bayler” monouso o in condizioni dinamiche mediante l’uso di
una idonea pompa.
I campioni così costruiti devono essere opportunamente conservati e trasportati per le
successive determinazioni analitiche. A tale proposito il Decreto in allegato 2 prevede che “ai
fini di garantire il controllo e la qualità delle operazioni di campionamento dovrà essere
predisposta appropriata documentazione delle attività che consenta la rintracciabilità dei
campioni prelevati dal sito e inviati presso il laboratorio di analisi; tale documentazione deve
includere anche le azioni di controllo delle attività svolte in campo ed in laboratorio.
Di seguito si riporta una sintesi della documentazione da redigere:
•
registro per la raccolta organizzata delle informazioni di campo: localizzazione del sito,
tempistica delle operazioni svolte, scopo delle attività e quant'altro serva a descrivere
univocamente le operazioni svolte;
•
identificazione univoca dei campioni, data, ora e luogo di prelievo, denominazione del
campione, profondità e temperatura di campionamento, analisi richiesta, e dati relativi ai
contenitori, materiale, capacità, sistema di chiusura, grado di pulizia;
•
numero dei punti di misura, numero di sottocampioni, numero di repliche delle analisi;
•
quantità del campione raccolta, in relazione al numero ed alla tipologia dei parametri da
determinare (e quindi delle metodologie analitiche da adottare);
•
precisione delle determinazioni analitiche;
•
misure di sicurezza per gli operatori (rischio di contatto con gli inquinanti, rischio di
ingestione accidentale, rischio da inalazione, rischi dovuti alle attrezzature utilizzate, rischio
dovuto a radiazioni, eccetera) ed equipaggiamento di sicurezza necessario;
•
pulizia e decontaminazione dell'attrezzatura di campionamento (modalità e sostanze
utilizzate);
•
modalità di contenimento, trasporto e conservazione dei campioni;
•
etichettatura dei campioni, tramite apposizione di cartellini con diciture annotate con penna
ad inchiostro indelebile, da riportare sul verbale di campionamento che potrà essere
redatto in analogia con quanto previsto dalla normativa in materia di rifiuti;
•
protocollo di campionamento ed analisi, descrizione delle procedure di campionamento e di
analisi;
•
modalità di elaborazione, presentazione ed archiviazione dei dati.”
Per quanto riguarda la pulizia e decontaminazione delle attrezzature si può, in questa sede,
citare la norma ASTM 5088-90 (ASTM, 1990).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 34 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.6.2 Capitolato tipo
Generalmente è necessario eseguire un controllo di qualità per verificare che tutte le
operazioni di indagine ambientale siano effettuate nel miglior modo possibile minimizzando
eventuali errori che possano comportare, ad esempio, la contaminazione del campione. A tal
proposito, nel seguito si riporta una descrizione dettagliata delle operazioni da eseguire in
campo a partire da quelle propedeutiche alla penetrazione “a secco” del terreno,
all’allestimento di piezometri fino alla documentazione fotografica.
Sondaggi
I sondaggi hanno lo scopo di:
•
ricostruire il profilo stratigrafico del sito mediante osservazione completa dei litotipi
attraversati dall’utensile di perforazione;
•
di effettuare il prelievo di campioni di terreno per le determinazioni chimiche analitiche;
•
di porre in opera l’attrezzatura piezometrica, di effettuare rilievi e misure e campionamenti
sulle falde acquifere.
Le perforazioni devono essere dirette e seguite da un tecnico specializzato esperto in sondaggi
ambientali, al quale spetta l’incarico di impostare il lavoro degli operai di macchina, compilare
la stratigrafia, prelevare i campioni di suolo e di acque. Come già detto in precedenza, la
perforazione deve essere eseguita a “secco”, senza circolazione di fluidi nelle aste di
perforazione appositamente per non dilavare e disperdere i contaminanti eventualmente
presenti ed evitando fenomeni di surriscaldamento del carotiere che potrebbero comportare
variazioni nel campione.
Nei casi specificati, la perforazione può essere seguita dall’infissione, sempre a secco, di una
tubazione di rivestimento, fino alla profondità di fondo foro, di diametro adeguato in modo da
permettere il posizionamento di tubi piezometrici di diametro 3’’. La stabilità operativa delle
pareti è garantita dall’infissione a secco della parete di rivestimento fino alla massima
profondità prevista, quella del fondo foro è invece assicurata con i mezzi che la tecnica
operativa mette a disposizione. In particolare, l’estrazione dell’attrezzo di perforazione deve
essere eseguita con velocità molto bassa nel tratto iniziale per minimizzare l’effetto pistone.
Nel corso della perforazione deve essere segnalata ogni venuta d’acqua dal foro,
specificandone la profondità di rilevamento. Ove la perforazione interessi l’intero spessore
dell’acquifero, il fondo foro deve attestarsi sul “letto” impermeabile, in modo tale da evitare il
diffondere della contaminazione in altri strati geologici o acquiferi sottostanti.
Si devono adottare, inoltre, tutte le cautele e gli accorgimenti necessari per ottenere la
massima percentuale di recupero, in relazione alla natura ed alle caratteristiche dei terreni e
dei materiali attraversati.
Le perforazioni devono essere eseguite adottando i seguenti accorgimenti:
•
rimozione dei lubrificanti dalle zone filettate;
•
uso di rivestimenti, corone, e scarpe non verniciate;
•
eliminazione di gocciolamenti di oli dalle parti idrauliche;
•
pulizia di tutte le parti delle attrezzature tra un campione e l’altro.
Le carote estratte devono essere alloggiate in apposite cassette catalogatrici in legno o altro
materiale atossico della capacità minima totale di 4-5 metri, munite di scomparti divisori e di
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 35 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
coperchio, con l’indicazione in modo indelebile della località, del numero di sondaggio e delle
quote di riferimento, mentre sugli scomparti deve essere chiaramente scritta la quota di
riferimento di ciascuna manovra eseguita. Le cassette dovranno essere fotografate.
In base all’esame di cui sopra deve essere, inoltre, compilata la stratigrafia del sondaggio, che
comprenderà:
•
spessore e frequenza di alternanze litologiche, variazioni della natura e del colore dei
terreni attraversati;
•
descrizione del materiale di riporto annotando la tipologia del materiale attraversato,
eventuali colorazioni anomale, odori e così via;
•
composizione granulometrica approssimata dei terreni con indicazione della frazione
prevalente;
•
caratteristiche di consistenza dei terreni coesivi (privo di consistenza, poco consistente,
mediamente consistente, molto consistente);
•
caratteristiche di addensamento dei materiali
mediamente addensato, molto addensato);
•
grado di arrotondamento e/o appiattimento e natura di eventuali ghiaia e ciottoli.
incoerenti
(sciolto,
poco
addensato,
Trincee esplorative
Le trincee esplorative devono essere eseguite mediante scavi con escavatore meccanico allo
scopo di fornire ulteriori informazioni sulla stratigrafia ed infittire il campionamento.
Le ubicazioni dei punti di scavo, devono essere effettuate in funzione dei risultati delle indagini
preliminari.
Le modalità esecutive dei saggi sono, in genere, le seguenti:
•
forma dello scavo rettangolare ( 3 x 1,5 m.);
•
profondità dello scavo di circa 4-5 metri (max. raggiungibile con escavatore dal piano di
campagna);
•
deposizione terreno di scavo di 2-3 cumuli separati, rappresentativi dei livelli stratigrafici
attraversati.
Campionamento dei terreni
Per la determinazione delle caratteristiche fisiche e chimiche degli strati di terreno e/o del
materiale di riporto indagati, devono essere prelevati idonei campioni dalle carote di terreno
estratte di volta in volta durante il carotaggio e/o dai cumuli scavati durante i saggi o trincee
esplorative.
Durante l’esecuzione dei sondaggi ambientali, i campioni di terreno devono essere prelevati
dalle cassette catalogatrici e conservati in contenitori di vetro (o altro materiale idoneo) sigillati
mediante tappi a tenuta.
Il quantitativo di materiale da prelevare, previa omogeneizzazione, varia da 1 kg a 2 kg circa
per campione.
Per motivi di chiarezza ed identificazione univoca dei campioni prelevati, ai contenitori saranno
applicate etichette con indicazione di:
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 36 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
•
designazione della località - Committente - Esecutore;
•
designazione del sondaggio ambientale/saggio o trincea esplorativa;
•
tipo di campione e numero di ordine;
•
profondità di prelievo;
•
data di prelievo.
I contenitori devono essere conservati in posizione orizzontale evitando scuotimenti ed urti ed,
inoltre, protetti da qualsiasi fonte che possa provocare disturbi alle caratteristiche del
campione prelevato.
Installazione tubi piezometrici
Ove previsto nel piano di indagini, nel foro di sondaggio deve essere allestito un piezometro
per permettere la misura del livello di falda ed il prelievo di campioni di acqua.
L’installazione di questo tipo di strumentazione consiste nella messa in opera all’interno del
foro di sondaggio, le cui pareti sono rivestite con una tubazione di manovra, di una colonna di
tubi in PVC atossico (o comunque da materiali compatibili con gli inquinanti presenti nel sito),
in spezzoni filettati da 1,5 o 3,0 m, di diam. 3’’, drenati con ghiaietto calibrato siliceo.
Il tratto da fenestrare può essere stabilito in corso d’opera, spetta quindi al tecnico presente in
campo decidere il monitoraggio della falda sospesa o di eventuali falde sottostanti.
Particolare cura deve essere posta nel riempimento dell’intercapedine tubo-foro nel tratto non
fenestrato fino al piano di campagna. Il riempimento deve essere eseguito con miscela
cemento-bentonite e con tecniche appropriate, in modo da assicurare la perfetta
impermeabilizzazione dell’intercapedine tubo-foro ed evitare la comunicazione tra livelli
stratigrafici contenti acquiferi.
La posa del ghiaietto calibrato e le successive operazioni di cementazione devono essere
eseguite in contemporanea con l’estrazione dei tubi di rivestimento, curando di controllarne la
quota con idonei sistemi di misura (cordelle metriche, etc.).
Ogni foro di sondaggio deve essere dotato di pozzetto di protezione, di cemento o metallico,
quest’ultimo dotato di lucchetto.
Campionamento delle acque
Il campionamento delle acque di falda deve essere effettuato previo spurgo del piezometro in
quanto il volume d’acqua che staziona all’interno di un piezometro deve essere eliminato,
poiché sottoposto ad equilibri chimico-fisici differenti da quelli presenti nell’acqua di falda.
Lo spurgo può avvenire con l’utilizzo di una pompa ad immersione del tipo GRUNDFOS MP1,
diametro esterno 2” e portata massima pari a 30 litri/min su un volume pari a 3 volte quello di
pozzo, in conformità con quanto previsto in allegato 2 del D.M. 471/99.
Al termine dell’installazione dei pozzi piezometrici deve essere eseguito il rilievo
planoaltimetrico delle teste pozzo e la misurazione del livello freatico al fine di ottenere una
ricostruzione di dettaglio della morfologia piezometrica.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 37 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.6.3 Controlli ambientali
I duplicati di controllo hanno la funzione di valutare ed individuare o l’affidabilità e la variabilità
dei risultati analitici del laboratorio. Consistono nel dividere il campione in due o tre aliquote
che vengono etichettate come se fossero altri campioni e poi fatti analizzare.
L’allegato 2 del DM 471/99 prevede il prelievo di “due controcampioni ufficiali” da parte del
“[..] responsabile degli interventi di bonifica: un campione per permettere all’autorità
competente di approfondire le indagini o eseguire verifiche sui valori di concentrazione
risultanti dalle analisi; un campione dovrà essere conservato, conformemente ai criteri di
qualità […]” descritti nel paragrafo 6.6.1.
2.6.4 Piano di monitoraggio post operam
I controlli applicabili post-operam sono controlli a medio e lungo termine (verifiche globali) per
il riscontro dell’efficienza del sistema di bonifica con misure di sicurezza e di messa in sicurezza
permanente.
La tematica dei controlli assume un ruolo fondamentale nel campo di tali interventi in quanto
permettono di verificare la conformità delle opere eseguite con il progetto approvato da parte
della Pubblica Amministrazione e l’affidabilità dell’opera in termini di sicurezza ambientale e
sanitaria nel tempo.
Da sottolineare però la necessità, non solo di una corretta progettazione con indicazione dei
materiali da utilizzare e delle modalità esecutive dell’opera, ma di un programma dei controlli
da effettuare ad opera conclusa (controlli post-operam) ed in corso d’opera. Questi ultimi,
infatti, prevedono prove di idoneità dei materiali preventivamente selezionati con le opere da
eseguire e possono portare talvolta, nell’ambito della variabilità concessa alle specifiche
progettuali, ad opportuni interventi correttivi prima della conclusione dell’opera.
I controlli post-operam, invece, devono prevedere un programma di prove da effettuare a
breve ovvero una volta ultimata l’opera e di monitoraggio e collaudo a lungo termine degli
interventi. Le prove ad opera ultimata possono essere invasive e non invasive. Le prime
necessitano di interventi diretti sull’opera e quindi è in generale auspicabile il loro utilizzo su
campi prova evitando di compromettere l’opera ultimata. Il controllo a medio e lungo termine,
invece, prevede la verifica del comportamento globale nei confronti delle matrici ambientali che
potrebbero essere interessate dai contaminanti incapsulati. Tali controlli consistono nel
monitoraggio ambientale delle acque sotterranee e quindi nell’installazione di una rete
piezometrica.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 38 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.6.5 Metodiche analitiche
Il presente paragrafo è dedicato alla presentazione di una rassegna di metodiche ufficiali,
standardizzate e riconosciute a livello internazionale che possono costituire punto di
riferimento per l’esecuzione delle analisi chimiche sui campioni di suolo, sottosuolo ed acque
sotterranee. A tale proposito, il Decreto in allegato 2 afferma che “Nell'esecuzione delle analisi
devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:
-
eseguire le analisi di laboratorio nel più breve tempo possibile dal momento del prelievo;
-
redigere e presentare all'autorità competente una relazione indicando, per ogni
parametro analizzato, i metodi usati ed i relativi limiti di rilevabilità;
-
adottare metodi
internazionale;
-
effettuare analisi di campioni a concentrazione nota, campioni di riferimento standard,
individuando le percentuali di recupero del metodo analitico adottato.”
di
analisi
ufficiali
riconosciuti
a
livello
nazionale
e/o
Di seguito si riportano quindi i metodi ufficiali proposti per le determinazioni analitiche di
laboratorio in campo ambientale:
2.6.5.1 Metodiche analitiche suolo - sottosuolo
Determinazione METALLI
In tutti i metodi presi in considerazione la determinazione delle concentrazioni di metalli e
semimetalli nei campioni viene effettuata con tecniche di spettroscopia atomica. In particolare
sia la metodica nazionale che i metodi EPA prevedono l’uso sia della spettroscopia di
assorbimento atomico, a fiamma o a fornetto di grafite, sia della spettroscopia di emissione a
plasma ad accoppiamento induttivo ICP AES, mentre i metodi IRSA sono basati solo sulle
spettroscopie di assorbimento. Una metodica EPA è dedicata inoltre alla tecnica ICP-MS.
I metodi EPA 6010B, EPA 6020 e EPA 7000A riportano rispettivamente una descrizione
puntuale ed esauriente delle tecniche (a) di spettroscopia ICP-AES, (b) di spettroscopia ICP-MS
e (c) delle diverse procedure incluse nei metodi mediante assorbimento atomico.
In questi tre metodi vengono pure introdotti e descritti trattamenti, caratteristiche, condizioni,
commenti e suggerimenti, per la determinazione dei singoli analiti.
Per quanto riguarda le analisi mediante spettroscopia atomica, l’EPA ha inoltre redatto
metodiche per ciascun elemento, di seguito elencate:
-
Antimonio
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7040)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7041)
Metodo mediante assorbimento atomico e riduzione con boroidruro (EPA
7062)
-
Arsenico
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7060A)
Metodo mediante assorbimento atomico e formazione di idruro (EPA
7061A)
Metodo mediante assorbimento atomico e riduzione con boroidruro (EPA
7062)
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 39 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
-
Berillio
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7090)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7091)
-
Cadmio
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7130)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7131A)
-
Cromo
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7190)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7191)
-
Cobalto
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7200)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7201)
-
Mercurio
Determinazione mediante tecnica di AA a vapori freddi (EPA 7471A)
-
Nichel
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7520)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7521)
-
Piombo
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7420)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7421)
-
Rame
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7210)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7211)
-
Selenio
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7740)
Metodo mediante assorbimento atomico e formazione di idruro (EPA
7741A)
Metodo mediante assorbimento atomico e riduzione con boroidruro (EPA
7742)
-
Stagno
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7870)
-
Tallio
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7840)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7841)
-
Vanadio
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7910)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7911)
-
Zinco
Metodo mediante assorbimento atomico a fiamma (EPA 7950)
Metodo mediante assorbimento atomico con fornetto (EPA 7951)
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 40 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Per quanto riguarda i rimanenti parametri inorganici, secondo l’EPA la determinazione di Cr(VI)
può essere effettuata, dopo opportuna estrazione, mediante spettrofotometria UV-visibile,
spettroscopia atomica o polarografia; i cianuri possono essere determinati mediante
titolazione, spettrofotometria UV-visibile o potenziometria. Infine, la determinazione dei
fluoruri può essere effettuata tramite cromatografia ionica o potenziometria. In particolare le
metodiche EPA disponibili sono le seguenti:
-
Cromo (VI)
Digestione alcalina (EPA 3060A)
Coprecipitazione (EPA 7195)
Colorimetria (EPA 7196A)
Chelazione/estrazione (EPA 7197)
Polarografia differenziale ad impulsi (EPA 7198)
-
Cianuri
Colorimetria con distillazione di cianuri volatili e reattivi in terreni, rifiuti,
ed estratti (EPA 9012A)
Determinazione volumetrica e spettrofotometrica di cianuri solubili in
estratti di terreno, di rifiuti, e in acque potabili, di scarico domestico e
industriale (EPA 9014)
Determinazione potenziometrica con elettrodo ione-selettivo (EPA 9213)
Fluoruri Determinazione di anioni inorganici mediante cromatografia
ionica (EPA 9056)
Determinazione potenziometrica con elettrodo ionoselettivo (EPA 9214)
Le metodiche IRSA per questi tre analiti sono basate sulle medesime tecniche.
Determinazione AROMATICI
I metodi di pretrattamento e analisi per i composti aromatici sono i medesimi per tutti i sei
parametri per i quali la legislazione prevede limiti di concentrazione: benzene, etilbenzene,
stirene, toluene, xilene e sommatoria degli ultimi 4.
Vista la volatilità degli analiti, i metodi EPA di pretrattamento sono basati sulla loro separazione
dalla matrice per volatilizzazione con le tecniche dello spazio di testa (5021), distillazione sotto
vuoto (5032) o "purge and trap" (5035 e 5030b). Il metodo IRSA 23b invece prevede un
trattamento di estrazione con solvente.
Esiste infine un metodo ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507).
La determinazione dei composti aromatici sfrutta nuovamente la loro volatilità e viene
effettuata mediante GC (metodi EPA 8021b, IRSA 23b e ISO/DIS 15009) o GC/MS (metodo
EPA 8260b).
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 41 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Determinazione AROMATICI POLICICLICI
I metodi di pretrattamento e analisi per i composti aromatici policiclici sono generalmente
applicabili per tutti gli undici parametri per i quali la legislazione prevede limiti di
concentrazione:
benzo(a)antracene,
benzo(a)pirene,
benzo(b)fluorantene,
benzo(k)fuorantene, benzo(g, h, i)perilene, crisene, dibenzo(a)pirene, dibenzo(a, h)antracene,
indenopirene, pirene e loro sommatoria.
I metodi EPA prevedono che la separazione degli analiti dalla matrice venga effettuata
mediante estrazione con solvente con estrattore Soxhlet (metodo EPA 3540c e 3541), sotto
pressione (metodo EPA 3545), con ultrasuoni (metodo EPA 3550b). Anche il metodo IRSA 25 è
basato sull'estrazione con solvente in Soxhlet o con ultrasuoni. Inoltre è possibile seguire il
metodo EPA 8275a che prevede l'estrazione termica dei composti, seguita da analisi GC/MS.
Esiste infine un metodo ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507).
In combinazione con i metodi di estrazione, per i composti aromatici policiclici esistono delle
tecniche di cleanup per la purificazione degli estratti (eliminazione degli elementi di
interferenza) prima di procedere alla determinazione degli analiti. La purificazione dell'estratto
viene effettuata su colonna di gel di silice (metodo EPA 3630c e IRSA 25) o mediante TLC
(metodo IRSA 25).
L'analisi viene condotta mediante GC (metodi EPA 8100 e IRSA 25), GC/MS (metodi EPA 8270c
e 8275a) o HPLC (metodi EPA 8310 e ISO/DIS 13877).
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
Determinazione ALIFATICI CLORURATI CANCEROGENI
I metodi di pretrattamento e analisi per i composti alifatici clorurati cangerogeni sono
generalmente applicabili per tutti i dodici parametri per i quali la legislazione prevede limiti di
concentrazione: clorometano, diclorometano, triclorometano, cloruro di vinile, 1,2dicloroetano, 1,1-dicloroetilene, 1,2-dicloropropano, 1,1,2-tricloroetano, tricloroetilene, 1,2,3tricloropropano, 1,1,2,2-tetracloroetano, tetracloroetilene (PCE).
Vista la volatilità degli analiti, i metodi di pretrattamento sono basati sulla loro separazione
dalla matrice per volatilizzazione. In particolare, i metodi EPA sono basati sulla tecnica dello
spazio di testa (5021), distillazione sotto vuoto (5032) o "purge and trap" (5035 e 5030b). Il
metodo IRSA 23a invece prevede l’estrazione degli analiti in n-pentano. Esiste infine un
metodo ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507).
La determinazione dei composti alifatici clorurati cancerogeni sfrutta nuovamente la loro
volatilità e viene effettuata mediante GC (metodi EPA 8021b, IRSA 23a e ISO/DIS 15009) o
GC/MS (metodo EPA 8260b).
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 42 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Determinazione ALIFATICI CLORURATI NON CANCEROGENI
I metodi di pretrattamento e analisi per i composti alifatici clorurati non cancerogeni sono
generalmente applicabili per tutti i tre parametri per i quali la legislazione prevede limiti di
concentrazione: 1,1-dicloroetano, 1,2-dicloroetilene, 1,1,1-tricloroetano.
Vista la volatilità degli analiti, i metodi di pretrattamento sono basati sulla loro separazione
dalla matrice per volatilizzazione. In particolare, i metodi EPA sono basati sulla tecnica dello
spazio di testa (5021), distillazione sotto vuoto (5032) o "purge and trap" (5035 e 5030b). Il
metodo IRSA 23a invece prevede l’estrazione degli analiti in n-pentano. Esiste infine un
metodo ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507).
La determinazione dei composti alifatici clorurati non cancerogeni sfrutta nuovamente la loro
volatilità e viene effettuata mediante GC (metodi EPA 8021b, IRSA 23a e ISO/DIS 15009) o
GC/MS (metodo EPA 8260b).
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
Determinazione ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI
I metodi di pretrattamento e analisi per i composti alifatici alogenati cancerogeni sono
generalmente applicabili per tutti i quattro parametri per i quali la legislazione prevede limiti di
concentrazione: tribomometano (bromoformio), 1,2-dibromoetano, dibromoclorometano,
bromodiclorometano
Vista la volatilità degli analiti, i metodi di pretrattamento sono basati sulla loro separazione
dalla matrice per volatilizzazione. In particolare, i metodi EPA sono basati sulla tecnica dello
spazio di testa (5021), distillazione sotto vuoto (5032) o "purge and trap" (5035 e 5030b). Il
metodo IRSA 23a (dedicato ai solventi organici clorurati, ma applicabile anche ai composti
alifatici alogenati cancerogeni) invece prevede l’estrazione degli analiti in n-pentano. Esiste
infine un metodo ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507).
La determinazione dei composti alifatici alogenati cancerogeni sfrutta nuovamente la loro
volatilità e viene effettuata mediante GC (metodi EPA 8021b, IRSA 23a ISO/DIS 15009) o
GC/MS (metodo EPA 8260b).
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
Determinazione NITROBENZENI
I metodi di pretrattamento e analisi per i nitrobenzeni sono generalmente applicabili per tutti i
quattro parametri per i quali la legislazione prevede limiti di concentrazione: nitrobenzene,
1,2-dinitrobenzene, 1,3-dinitrobenzene, cloronitrobenzeni.
I metodi EPA prevedono che la separazione dei nitrobenzeni dalla matrice venga effettuata
mediante estrazione con solvente con estrattore Soxhlet (metodo EPA 3540c e 3541), sotto
pressione (metodo EPA 3545), con ultrasuoni (metodo EPA 3550b e 8330).
In combinazione ai metodi di estrazione, per i nitrobenzeni esistono delle tecniche di cleanup
per la purificazione degli estratti (eliminazione degli elementi di interferenza) prima di
procedere alla determinazione degli analiti. La purificazione dell'estratto viene effettuata su
colonna di Florisil (metodo EPA 3620b), o mediante gel permeazione (metodo EPA 3640a).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 43 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
L'interferenza da parte del solfo viene rimossa con la procedura indicata nel metodo EPA
3660b.
L'analisi viene condotta mediante GC (metodo EPA 8091), GC/MS (metodo EPA 8270c), HPLC
(metodo EPA 8330). Esiste inoltre un metodo di screening dei campioni per la ricerca di
trinitrotoluene e composti polinitroaromatici (EPA 8515).
Determinazione CLOROBENZENI
Per quanto riguarda i clorobenzeni, la legislazione prevede limiti di concentrazione per sette
parametri: monoclororobenzene, diclorobenzeni non cancerogeni (1,2-diclorobenzene),
diclorobenzeni
cancerogeni
(1,4-diclorobenzene),
1,2,4-triclorobenzene,
1,2,4,5tetraclorobenzene, pentaclorobenzene, esaclorobenzene.
Nel caso dei metodi EPA, i metodi di pretrattamento e di analisi dipendono dal numero di
sostituenti, e quindi dalle proprietà chimiche (in particolare dalla volatilità) degli analiti.
Se si utilizzano i metodo EPA 8021b (GC) o 8260b (GC/MS) i pretrattamenti indicati sono
basati sulla tecnica dello spazio di testa (5021), distillazione sotto vuoto (5032) o "purge and
trap" (5035 e 5030b). Invece i metodi EPA 8121 e 8081a (GC) e 8270c (GC/MS) prevedono
trattamenti di estrazione con solvente secondo i metodi 3500b, 3540c, 3541, 3545, 3550b.
In combinazione con i metodi di estrazione con solvente, per i clorobenzeni esistono delle
tecniche di cleanup per la purificazione degli estratti (eliminazione degli elementi di
interferenza) prima di procedere alla determinazione degli analiti. La purificazione degli estratti
viene effettuata su colonna di Florisil (metodo EPA 3620b), o mediante gel permeazione
(metodo EPA 3640a). L'interferenza da parte del solfo viene rimossa con la procedura indicata
nel metodo EPA 3660b. Questi metodi di purificazione vanno utilizzati in combinazione con le
tecniche di estrazione EPA 3500b, 3540c, 3541, 3550b.
I metodi EPA 8021b e 8260b sono applicabili ai derivati mono, di- e tri-sostituiti. I
diclorobenzeni ed il triclorobenzene possono essere determinati anche con i metodi EPA 8121 e
8270c, che sono applicabili anche ai derivati con un più alto numero di atomi di cloro.
L'esaclorobenzene inoltre può essere determinato con il metodo 8081a, dedicato ai fitofarmaci.
Il metodo IRSA 23a infine riporta la procedura per la determinazione di 1,2-diclorobenzene e di
esaclorobenzene. Tuttavia si può ipotizzare che la metodica sia applicabile anche alla
determinazione dei restanti parametri.
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
Determinazione FENOLI NON CLORURATI
I metodi di pretrattamento e analisi per i fenoli non clorurati sono generalmente applicabili per
i due parametri per i quali la legislazione prevede limiti di concentrazione: metilfenolo (o, m, p)
e fenolo.
La separazione dei fenoli non clorurati dalla matrice viene effettuata mediante estrazione con
solvente con estrattore Soxhlet (metodo EPA 3540c e 3541), sotto pressione (metodo EPA
3545), con ultrasuoni (metodi EPA 3550b e IRSA 19a).
Esiste infine un metodo ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507).
In combinazione con i metodi di estrazione, per i fenoli non clorurati esistono delle tecniche di
cleanup per la purificazione degli estratti (eliminazione degli elementi di interferenza) prima di
procedere alla determinazione degli analiti. La purificazione dell'estratto viene effettuata su gel
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 44 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
di silice (metodo EPA 3630c), mediante gel permeazione (metodo EPA 3640a) o con un
sistema di ripartizione acido/base (metodi EPA 3650b e IRSA 19a).
L'analisi viene condotta mediante GC (metodo EPA 8041), GC/MS (metodo EPA 8270c) o HPLC
(metodo IRSA 19a). Esiste inoltre un metodo ISO per la determinazione di fenoli e clorofenoli
(ISO/CD 14154).
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
Determinazione AMMINE AROMATICHE
Per quanto riguarda le ammine aromatiche, la legislazione prevede limiti di concentrazione per
sei parametri: anilina, o-anisidina, m,p-anisidina, difenilamina, p-toluidina, sommatoria delle
precedenti. Per tutti questi parametri esiste il metodo IRSA 26a che prevede l’estrazione in
bagno ad ultrasuoni e la successiva determinazione mediante cromatografia liquida.
I metodi EPA invece sono basati sulle tecniche GC (metodo EPA 8131) o GC/MS (metodo EPA
8270c) e non fanno esplicito riferimento a tutti i parametri. In particolare, il metodo EPA 8131
riporta la determinazione dell’anilina (oltre ad altre ammine aromatiche non contemplate nella
legislazione) ed il metodo EPA 8270c quella di anilina, o-anisidina, difenilamina. Tuttavia si può
ipotizzare che le due tecniche siano applicabili anche alla determinazione dei restanti
parametri.
I metodi EPA prevedono che la separazione delle amine aromatiche dalla matrice venga
effettuata mediante estrazione con solvente con estrattore Soxhlet (metodi EPA 3540c e
3541), sotto pressione (metodo EPA 3545), con ultrasuoni (metodo EPA 3550b).
In combinazione con i metodi di estrazione, per le ammine aromatiche esistono delle tecniche
di cleanup per la purificazione degli estratti (eliminazione degli elementi di interferenza) prima
di procedere alla determinazione degli analiti. La purificazione dell'estratto viene effettuata su
gel di silice (metodo EPA 3630c), mediante gel permeazione (metodo EPA 3640a) o con un
sistema di ripartizione acido/base (metodo EPA 3650b).
Determinazione FITOFARMACI
Per quanto riguarda i fitofarmaci, la legislazione prevede limiti di concentrazione per dieci
parametri: alaclor, aldrin, atrazina, alfa-esacloroesano, beta-esacloroesano, gammaesacloroesano (lindano), clordano, DDD-DDT-DDE, dieldrin, endrin (alfa-, beta- e gammaesacloroesano corrispondono in realtà ad alfa-, beta-, gamma-esaclorocicloesano.
I metodi di pretrattamento sono basati sulla separazione dalla matrice mediante estrazione con
solvente con estrattore Soxhlet (metodo EPA 3540c e 3541), sotto pressione (metodo EPA
3545), con ultrasuoni (metodo EPA 3550b) o seguendo il metodo IRSA 22. Solo alcuni di questi
metodi sono applicabili all’atrazina, come sotto indicato.
Esiste infine un metodo ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507).
In combinazione con i metodi di estrazione, per i fitofarmaci esistono delle tecniche di cleanup
per la purificazione degli estratti (eliminazione degli elementi di interferenza) prima di
procedere alla determinazione degli analiti. La purificazione dell'estratto viene effettuata
mediante adsorbimento su allumina (metodo EPA 3610b), Florisil (metodo EPA 3620b e IRSA
22), gel di silice (metodo EPA 3630c), o mediante gel permeazione (metodo EPA 3640a).
L’interferenza dello zolfo viene rimossa con il metodo EPA 3660b. Dal testo del metodo EPA
8141a (per la determinazione dell’atrazina) non è chiaro quali di queste tecniche siano
applicabili all’atrazina: occorre pertanto procedere con cautela e valutarne l’efficienza.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 45 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Il metodo EPA 8081a descrive la determinazione mediante GC di tutti gli analiti, tranne
l’atrazina che può essere determinata con il metodo EPA 8141a, sempre basato sulla
gascromatografia.
Anche il metodo IRSA 22 è basato sulla gascromatografia. Nel metodo non vengono elencati gli
analiti a cui è applicabile, ma si può ipotizzare che siano i medesimi previsti per il metodo EPA
8081a.
Esiste infine un metodo ISO per la determinazione di pesticidi organoclorurati e PCB mediante
GC (ISO/AWI 10382).
In alternativa si può utilizzare la tecnica GC/MS secondo il metodo EPA 8270c. Quest’ultimo
non fa esplicito riferimento all’alaclor e all’atrazina, tuttavia si può ipotizzare che sia applicabile
anche alla determinazione di questi parametri.
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
Determinazione DIOSSINE E FURANI
In questo gruppo di parametri la legislazione riporta limiti per le concentrazioni sia di diossine
e furani (PCDD e PCDF), sia dei policlorobifenili (PCB). PCDD e PCDF possono essere
determinati mediante GC ad alta risoluzione (HRGC) accoppiato a MS a bassa risoluzione
(LRMS) secondo il metodo EPA 8280a oppure a MS ad alta risoluzione (HRMS) secondo il
metodo EPA 8290. Gli stessi metodi descrivono le procedure di pretrattamento del campione,
mediante estrazione con solvente, e di purificazione dell'estratto.
Per quanto riguarda i PCB, i metodi di pretrattamento sono basati sulla separazione dalla
matrice mediante estrazione con solvente con estrattore Soxhlet (metodi EPA 3540c e 3541 e
IRSA 24b), sotto pressione (metodo EPA 3545), con ultrasuoni (metodi EPA 3550b e IRSA
24a). Inoltre è possibile seguire il metodo EPA 8275a che prevede l'estrazione termica dei
composti, seguita da analisi GC/MS. Esiste infine un metodo ISO per il pretrattamento di
composti organici (ISO 14507).
In combinazione con i metodi di estrazione, per i PCB esistono delle tecniche di cleanup per la
purificazione degli estratti (eliminazione degli elementi di interferenza) prima di procedere alla
determinazione degli analiti. La purificazione dell'estratto viene effettuata La purificazione
dell'estratto viene effettuata mediante adsorbimento su allumina (metodo EPA 3610b), Florisil
(metodo EPA 3620b), gel di silice (metodo EPA 3630c). L’interferenza del solfo viene rimossa
con il metodo EPA 3660b. Infine il metodo EPA 3665a è basato sull’estrazione con acido
solforico e permanganato.
L'analisi viene condotta mediante GC (metodi EPA 8082, IRSA 24a e 24b, ISO/AWI 10382) o
GC/MS (metodi EPA 8270c e 8275a).
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 46 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Determinazione IDROCARBURI
Per quanto riguarda gli idrocarburi, la legislazione prevede limiti di concentrazione per due
parametri: gli idrocarburi leggeri, con meno di 12 atomi di carbonio, e gli idrocarburi pesanti,
con più di 12 atomi di carbonio.
Il metodo EPA 8015b permette di distinguere, mediante GC, tra gli idrocarburi C 6-C10 e quelli
C10-C28: la suddivisione tra i due gruppi pertanto non corrisponde esattamente a quella indicata
nella legislazione. Per quanto riguarda i composti con meno di sei atomi di carbonio, l'elevata
volatilità fa sì che sia molto improbabile trovarne residui nel terreno.
La preparazione del campione per l'analisi viene condotta con tecniche differenti per i due
gruppi di idrocarburi: per quelli fino a C10 il metodo EPA 8015b suggerisce l'utilizzo delle
tecniche dello spazio di testa (5021), distillazione sotto vuoto (5032) o "purge and trap" (5035
e 5030b), mentre per quelli con più atomi di carbonio, meno volatili, vanno impiegate
procedure di estrazione con solvente con estrattore Soxhlet (metodi EPA 3540c e 3541), sotto
pressione (metodo EPA 3545), con ultrasuoni (metodo EPA 3550b), o in fase supercritica
(metodo EPA 3560).
Gli idrocarburi leggeri e pesanti possono essere determinati, con gli stessi pretrattamenti,
mediante GC/MS rispettivamente con i metodi 8260b e 8270c.
Gli idrocarburi non volatili possono essere determinati con il metodo EPA 8440, dopo
estrazione con il metodo EPA 3560, mediante spettroscopia IR.
Esistono inoltre metodi ISO per il pretrattamento di composti organici (ISO 14507) e per la
determinazione degli oli minerali mediante IR e GC (ISO/TR 16703) e GC (ISO 16703).
Il metodo IRSA 22a infine descrive la determinazione per pesata degli oli minerali estratti con
freon. Questa tecnica non permette di distinguere frazioni di idrocarburi a diversa volatilità.
Nei metodi EPA di pretrattamento e di determinazione sono riportate procedure di controllo di
qualità che si consiglia di eseguire anche se si seguono altre metodiche, al fine di verificare
l'accuratezza del procedimento seguito. Sono inoltre segnalate le eventuali cause di rischio e le
misure di sicurezza da adottare (ad esempio per la manipolazione di reagenti tossici).
Determinazione ALTRE SOSTANZE
In questo gruppo sono compresi due parametri con caratteristiche chimiche molto diverse:
amianto ed esteri dell'acido ftalico.
Stima dei limiti di rilevabilità (per i metodi EPA espressi come EQL, estimated quantitation
limit, se non è specificato diversamente) per parametri organici (valori espressi in mg/kg; s.s.:
sostanza secca; s.u.: sostanza umida; dove non è specificato se si tratta di s.s. o s.u., manca
l’indicazione nel testo originale del metodo. MDL = method detection limit; MCL = method
calibration limit).
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 47 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
2.6.5.2 Metodiche analitiche acque sotterranee
Per quanto riguarda le analisi chimiche sulle acque sotterranee, è stata effettuata una
panoramica dei metodi ufficiali da ritenere punto di riferimento in ragione delle prescrizioni
contenute nel DM 471/99.
Determinazione METALLI
Parametri: Alluminio, Antimonio, Argento, Arsenico, Berillio, Cadmio, Cobalto, Cromo tot.,
Cromo VI, Ferro, Mercurio, Nichel, Piombo, Rame, Selenio, Manganese, Tallio, Zinco.
Metodica: manuale UNICHIM n. 167 – EPA 7000A(92).
Determinazione INQUINANTI INORGANICI
Parametri: Boro, Cianuri liberi, Fluoruri, Nitriti, Solfati.
Metodica: manuale UNICHIM n. 169 – EPA 7000A(92).
Determinazione COMPOSTI ORGANICI AROMATICI
Parametri: Benzene, Etil benzene, Stirene, Toluene, P-Xilene.
Metodica: EPA n. 8015 – B/5021.
Determinazione POLICICLICI AROMATICI
Parametri: Benzo(a)antracene, Benzo(a)pirene, Benzo(b)fluorantene, Benzo(k)fluorantene,
Benzo(g,h,i)perilene, Crisene, Dibenzo(a,h)antracene, Indeno(1,2,3-CD)pirene, Pirene.
Metodica: ASTM D4657/92: HPLC/UV-VIS e Fluor.
EPA 8270C(96): GC/MS.
Determinazione ALIFATICI CLORURATI CANCEROGENI
Parametri: Clorometano, Triclorometano, Cloruro di vinile, 1.2 Dicloroetano, 1.1 Dicloroetilene,
1.2, Dicloropropano, 1.1.2 Tricloroetano, Tricloroetilene, 1.2.3 Tricloropropano, 1.1.2.2
Tetracloroetano, Tetracloetilene (PCE), Esaclorobutadiene.
Metodica: EPA n. 8021 – B/5021 (96) – M.U. 2 Man. 178.
Determinazione ALIFATICI CLORURATI NON CANCEROGENI
Parametri: 1.1 Dicloroetano, 1.2 Dicloroetilene.
Metodica: EPA n. 8021 – B/5021 (96) – M.U. 2 Man. 178.
Determinazione ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI
Parametri: Tribromometano
Bromodiclorometano.
(bromoformio),
1.2
Dibromoetano,
Dibromocloroformio,
Metodica: EPA n. 8021 – B/5021 (96) – M.U. 2 Man. 178.
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 48 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Determinazione NITROBENZENI
Parametri: Nitrobenzene, 1.2 Dinitrobenzene, 1.3 Dinitrobenzene, Cloronitrobenzeni.
Metodica: EPA n. 8330 (94): HPLC/UV
EPA n. 8270 C (96): GC/MS
Determinazione CLOROBENZENI
Parametri: Monoclorobenzene, 1.2 Diclorobenzene, 1.4 Diclorobenzene, 1.2.4 Triclorobenzene,
1.2.4.5 Tetraclorobenzene, Pentaclorobenzene, Esaclorobenzene.
Metodica: EPA n. 8021 – B/5021 (96)
EPA 8270 C (96)
Determinazione FENOLI e CLOROFENOLI
Parametri: 2-Clorofenolo, 2.4 Diclorofenolo, 2.4.6 Triclorofenolo, Pentaclorofenolo.
Metodica: EPA n. 8015/B: GC/FID
EPA 8270 C (96): GC/MS
Determinazione AMMINE AROMATICHE
Parametri: Anilina, Difenilamina, P-Toluidina.
Metodica: EPA n. 8131 (96): GC/NPD
EPA 8270 C (96): GC/MS
Determinazione FITOFARMACI
Parametri: Alaclor, Aldrin, Atrazina, Alfa-esacloroesano,
esacloresano, Clordano, DDD, DDT, DDE, Dieltrin, Endrin.
Beta-esacloroesano,
Gamma-
Metodica: EPA n. 8081 (96): GC/FID
EPA 8270 C (96): GC/MS
Determinazione DIOSSINE e FURANI
Parametri: PCDD, PCDF (conversione TEF)
Metodica: EPA n. 1613 (94): GC/MS
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 49 di 50
Provincia di Prato – Piano Provinciale delle Bonifiche
Determinazione ALTRE SOSTANZE
Parametri: PCB - Metodica: EPA n. 8082 (96): GC/ECD
EPA n. 8270 C (96): GC/MS
Parametri: Acrilammide – Metodica: EPA 8270 C (96): GC/MS)
EPA 8130
Parametri: N-esano – Metodica: EPA 8021-B/5021 (96)
Parametri: Acido para-ftalico – Metodica: EPA 8015B: GC/MS
EPA8270 C (96): GC/FID
Parametri: Amianto (fibre A> 10mm) – Metodica: AIA RTM1
ambiente s.c. – ecologia industriale ed igiene ambientale
Pag. 50 di 50