1 premier e l`eco di Brexit e Trump
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1 premier e l`eco di Brexit e Trump
Politica & Società di Lina Palmerini 1 premier e l'eco di Brexit e Trump ciascuno la "sua" Brexit, il "suo" Trump. Lapolitica italiana vive la campagna referendaria cercando la luce riflessa delle due elezioni più dirompenti e in questa gara si è buttato Renzi. Con il colpo di teatro sul primo veto al bilancio europeo, prova a incarnare - anche lui - il malessere anti-establishment dicuil'Europa rappresenta un pezzo. Ed è una carta quasi obbligata per il premier: sintonizzarsi con un'onda popolare/populista che punta a destabilizzare alcuni "sistemi", come la Ue, giudicati socialmente troppo onerosi. e Gozi al Consiglio Affari generali: «Ora poniamo la riserva, poi arriverà il veto» L'eco 1 B rexit e Trump, inciato come un "veto", poi corretto come anticamera di un veto è comunque la prima volta che l'Italia assume un ruolo di contrapposizione in Europa. Colpa del referendum e della campagna in corso, certo, ma soprattutto dei risultati delle ultime due elezioni - Brexit e Trump - che hanno cambiato i connotati di quella che ancora ieri Renzi chiamava "maggioranza silenziosa". E se in Gran Bretagna e in America questa maggioranza si è rivoltata contro l'establishment e contro gli assetti consolidati, è possibile che accadalo stesso anche da noi. Labattaglia di Renzi con Bruxelles sembra avere Renzi punta conomi a «Bilancio deciso nel 2012, numeri negativi per l'Italia che mette 20 miliardi e ne prende 12» 11 C « ma, [_Y & Società di Lina Palmerini Voti per la Brexit I risultati ottenuti il 24 giugno a favore dell'uscita del Regno Unito dalla Ue oran z a sil enzio s a>> queste caratteristiche. Quelle di correggere quell'equazione referendaria che forse non è più vincente per ilpopolo: quella diun"sì" uguale stabilità quando invece quello che è entrata nel mirino di un'onda popolare/populista è proprio la solidità di alcuni assetti. E quindi quel veto - ieri - sia pure non ancora definitivo voleva avere un effetto destabilizzante. Una scossa al "ramo" europeo a cui nessuno sembra voler rimanere più aggrappato. Bruxelles è diventato ormai un luogo vissuto come troppo oneroso socialmente, quello dove si "scarica" sull'Italia l'emergenza migranti e dove nessuno sifa carico del tema disoccupazione, povertà, sviluppo economico. E di quel luogo il premier non vuole più far parte anche perché ormai in Italia non sono rimastipiù paladini d'Europa, se non una ristretta minoranza. C'è dunque una ragione immediata, diretta, che ha a che fare con il malessere sociale italiano, che con l'immigrazione incrocia anche il tema della sicurezza e del disagio sociale. Questa è la valenza elettorale di un atto come quello di ieri. Ed è infatti finito nel tritacarne dell'opposizione che non ha criticato il merito della decisione del Governo Renzimala credibilità del gesto. L'hanno considerato, appunto, solo come un colpo di teatro nella campagna elettorale. «Minaccia i veti ma dice sempre sì», lo accusava Salvini. È solo un bluff ribattevano i 5 Stelle imputando al premier di aver ridotto l'Italia a una colonia dell'Europa. Insomma la gara è tutta nel perimetro dell'anti-europeismo anche se Renzi dice di essere la "terzavia" tra la Lega e Monti. E c'è poi anche l'altra ragione, più simbolica, in questo attacco. Ed è quella che attraverso Bruxelles Renzi prova a incarnare quella voce anti-sistema e a fuggire dall'immagine die stablishment a cuilo lega il suo ruolo a Palazzo Chigi. «Vedo Salvini fare il pavone perchè in Michigan o in Ohio ha vinto Trump. Ma chi è il cambiamento e chi è il "sistema" in Italia?», chiedeva il leader Pd al comizio di ieri. Questa è la vera domanda di questa campagna referendaria, la sfida è qui. E ciascuno rimbalzalarisposta sul "sì" o sul "no".Anche a questo serve l'Europa nel duello italiano del premier. A declinare una svolta, a rompere con il passato, a continuare a proiettare sull'Italia l'immagine dise stesso come rottamatore. O RIPROD IJZIONE RISERVATA