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G Circolazione stradale OMESSA SEGNALAZIONE DI UN INCOLONNAMENTO DI AUTO: COLPA OMISSIVA DEL GESTORE DELL’AUTOSTRADA Tribunale di Trento 24 novembre 1994 – Pres. Palestra – Rel. Fermanelli – Molon e altri c. Acquaviva, Autostrada del Brennero S.p.A. e altri 2.15934 Poiché la responsabilità per i danni patiti dall’utente dell’autostrada nell’uso della stessa è extracontrattuale, venga o meno riscosso il pedaggio, non si rinviene nella fattispecie concreta un fatto illecito imputabile alla condotta colposa della società autostradale. Peraltro deve escludersi che la presenza di incolonnamenti sull’autostrada possa considerarsi «evento anomalo ed imprevedibile, secondo quanto desumibile dalla comune esperienza». ... Omissis ... Motivi della decisione. Sulla responsabilità del sinistro. Come si ricava dalla narrazione fatta dalle parti e dagli atti del procedimento penale, il sinistro per cui è causa avvenne nella tarda mattinata del giorno 22 febbraio 1986 nella carreggiata nord dell’Autostrada del Brennero qualche chilometro prima del casello di Trento. A seguito di un precedente incidente si era creato un incolonnamento di auto. L’Acquaviva alla guida della propria auto, proveniente da sud, in corrispondenza di una curva sinistrorsa, accortosi dell’esistenza di un incolonnamento frenava e sbandava verso destra investendo l’auto del Molon, anch’essa ferma per l’incolonnamento venutosi a determinare. Nel corso del giudizio penale a carico di Acquaviva Leonardo è stata espletata perizia sulla dinamica del sinistro le cui conclusioni sono state che, tenuto conto della lunghezza delle tracce di frenata, la velocità di questi al momento dell’impatto era di 139 Kmh (all’epoca dei fatti il limite di velocità vigente sulle autostrade era di 140 Kmh). Il perito ha anche precisato che l’Acquaviva sarebbe stato in grado di fermare in tempi adeguati la propria auto se avesse tenuto una velocità di 129 Kmh. L’interessato, nel corso del suo interrogatorio del 5 luglio 1988 dinanzi al Pretore di Pisa, ha dichiarato: «Viaggiavo sulla corsia di sorpasso avendo da poco superato un altro veicolo. Ho visto l’autovettura del Molon che si trovava sulla corsia di scorrimento. Sul momento non ho capito se detta autovettura era ferma o in movimento ... Subito dopo ho visto davanti a me sulla corsia di sorpasso, poco più avanti GIURISPRUDENZA Merito 1151 DANNO E RESPONSABILITA’ n. 12/1998 del punto in cui si trovava l’autovettura del Molon, un’altra autovettura. Ho iniziato l’azione di frenatura. Ritenevo peraltro che detta autovettura, trovandosi sulla corsia di sorpasso e non essendovi particolari segnalazioni, stesse a sua volta effettuando un sorpasso. Con l’azione di frenatura intendevo pertanto soltanto allineare la mia velocità e adeguarla a quella del veicolo che mi precedeva. Trascorso il c.d. “tempo di risolvenza”... ho realizzato che l’autovettura che si trovava sulla corsia di sorpasso non era in movimento, ma era anch’essa ferma. A questo punto ho continuato l’azione di frenatura già intrapresa, ma non più con lo scopo di rallentare la marcia ma con quello di bloccare repentinamente il mio veicolo». Dalle stesse dichiarazioni dell’Acquaviva si ricava quindi che egli viaggiava ad una velocità ancora maggiore a quella desunta dal perito dalle tracce di frenatura, avendo già rallentato prima di azionare i freni in modo più deciso. Comunque anche la velocità di 139 Kmh deve ritenersi eccessiva rispetto alle condizioni dei luoghi, poiché l’Acquaviva si apprestava ad affrontare una curva sinistrorsa con visibilità limitata a causa dell’andamento della strada e della presenza di una siepe – vd. descrizione dei luoghi del perito – (l’impatto sarebbe avvenuto subito dopo la curva); egli avrebbe dovuto adeguare la propria condotta di guida a tali condizioni dei luoghi, non avendo visibilità sul tratto di strada che stava per percorrere. L’Acquaviva sostiene che la responsabilità del sinistro debba essere imputata, quantomeno in misura concorrente, all’Autostrada del Brennero S.p.A. per il suo comportamento omissivo sotto un duplice profilo: in primo luogo la società non avrebbe apprestato idonee segnalazioni dell’incolonnamento pur avendone il tempo, essendosi il primo incidente verificatosi alle ore 11,20 e quello per cui è causa alle ore 12,30. Inoltre la stessa non avrebbe organizzato in via generale presidi adeguati, in relazione ai mezzi, al numero ed alla qualifica degli addetti, per affrontare efficacemente situazioni di emergenza. A fronte di ciò sussisterebbe invece l’affidamento dell’utente di trovare un percorso scorrevole e privo di intralci anomali o pericolosi. Entrambi tali prospettazioni risultano infondate. Circa il primo aspetto il teste Morelato, Ispettore della Polizia Stradale, ha riferito che dopo il primo incidente intervennero sull’autostrada tutte le pattuglie, almeno cinque. Ancora il teste Floidia, assistente della Polizia Stradale, gregario della pattuglia 12/B il giorno del sinistro, ha precisato che la propria " pattuglia, che si trovava a Rovereto, venne chiamata per andare in autostrada, che c’era già un incolonnamento e che egli ed il suo collega iniziarono la retromarcia per far rallentare i veicoli: tuttavia per l’intensità del traffico, poiché sopraggiungevano numerosi veicoli, non riuscirono a rimanere in coda alla colonna. È da ritenere che, in relazione alle condizioni del traffico, alla situazione creatasi a seguito del primo sinistro ed al tempo trascorso tra i due incidenti (pur non essendo stato accertato in termini di sicurezza, tra di essi dovrebbe essere intercorso un lasso di tempo di circa un’ora), la soc. Autobrennero si sia comportata diligentemente, essendo stato assicurato l’intervento di numerose pattuglie della Polizia Stradale. Circa il secondo aspetto i testi Rizzi e Morelato hanno confermato che l’Autostrada del Brennero attua in via generale i soccorsi con proprio personale in costante contatto radio con il Centro Operativo Autostradale e la Polizia Stradale che pattuglia in continuazione le tratte autostradali. Deve quindi concludersi che la soc. convenuta abbia organizzato un servizio idoneo a far fronte alle emergenze, potendo fare affidamento in simili evenienze sull’operato della Polizia Stradale, sempre presente all’interno dell’autostrada. Rilevato che la responsabilità per i danni patiti dall’utente dell’autostrada nell’uso della stessa è extracontrattuale, venga o meno riscosso il pedaggio per l’uso (cfr. Cass. 23 gennaio 1975, n. 260; Cass. 18 marzo 1971, n. 779; Cass. 25 febbraio 1970, n. 2043), non si rinviene nella fattispecie concreta un fatto illecito imputabile alla condotta colposa della società convenuta. Peraltro deve escludersi che la presenza di incolonnamenti sull’autostrada possa considerarsi evento «anomalo ed imprevedibile, secondo quanto desumibile dalla comune esperienza». L’incidente per cui è causa deve quindi attribuirsi alla esclusiva responsabilità dell’Acquaviva, il quale deve conseguentemente essere condannato alla rifusione dei danni subiti dagli attori e le cui istanze risarcitorie devono essere rigettate. ... Omissis ... Corte d’Appello di Trento 31 marzo 1998 – Pres. Ciretti – Rel. Luchini – Acquaviva c. Autostrada del Brennero S.p.A. e altri 2.15934 In materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., trova applicazione il principio della equivalenza delle cause, recepito dal diritto penale (art. 41 c.p.), in base al quale tutti gli antecedenti in mancanza dei quali l’evento dannoso non si sarebbe verificato, devono considerarsi cause efficienti dello stesso, salvo il temperamento di cui al cpv. della menzionata norma, che è operante, allorché vi sia stata una causa prossima idonea da sola a produrre l’evento (nella fattispecie, la Corte, nell’affermare il surriportato principio, in tal modo riformando la pronuncia emessa dai giudici di primo grado, ha G ritenuto l’Autostrada del Brennero S.p.A. corresponsabile, nella misura del 40%, nella produzione del sinistro stradale in esame, in considerazione della condotta omissiva colposa tenuta da quest’ultima che, in una situazione di emergenza, tanto grave e protratta nel tempo, creatasi su di un tratto della Autobrennero, non aveva predisposto la benché minima segnalazione atta ad evidenziare agli automobilisti in corsa la presenza di un ostacolo rappresentato dal lungo incolonnamento di auto). GIURISPRUDENZA Merito 1152 ... Omissis ... Motivazione. Le conclusioni assunte dall’Acquaviva all’udienza del 27 ottobre 1995 su foglio di deduzioni separato, ha notevolmente ridotto la materia del contendere, per cui, tutto ciò che le parti appellate avevano esposto nei rispettivi atti per contrastare anche in ordine al quantum i motivi d’appello, appare ampiamente superato. Rimane, quindi, al Collegio il compito di accertare se, alla stregua degli elementi probatori acquisiti, sia configurabile una responsabilità concorrente della S.p.A. Autobrennero nella causazione dell’evento dannoso. Gli argomenti sui quali l’Acquaviva fonda le proprie ragioni per coinvolgere in responsabilità la società appellata possono, in sintesi, così riassumersi. Contrariamente all’assunto del Tribunale, che ha attribuito all’auto Mercedes una velocità intorno ai 139 Kmh, nella specie la velocità effettiva, al momento dell’urto, doveva ritenersi quella accertata dal perito in sede penale intorno ai 65 Kmh. Inoltre, non poteva condividere l’affermazione del primo giudice secondo cui l’auto dell’Acquaviva effettuò due frenate successive, poiché l’azione frenante fu unica e venne attuata dall’automobilista non appena fu in grado di percepire la situazione di pericolo. Secondo l’appellante, il tamponamento si verificò non a seguito di un normale e prevedibile incolonnamento di autoveicoli, bensì a causa di una interruzione del traffico, derivata da precedenti incidenti, e che nel momento in cui si verificò il tamponamento dell’auto del Molon, si protraeva oltre un’ora. Malgrado quanto esposto, l’Autobrennero S.p.A. non si attivò per segnalare con mezzi idonei la situazione di pericolo determinata dall’interruzione del flusso circolatorio. In tale comportamento omissivo, secondo l’appellante, il Tribunale avrebbe dovuto ravvisare la responsabilità dell’Autobrennero S.p.A. ex art. 2043 c.c. La S.p.A. Autobrennero, costituitasi, ha contestato quanto avversariamente dedotto, argomentando, in particolare che l’incidente si sarebbe verificato, conformemente a quanto motivato dal Tribunale, per un comportamento di guida imprudente e disattento dell’Acquaviva. L’appellata ha, infatti, affermato che se l’automobilista della Mercedes avesse mantenuto una condotta di guida ispirata alle norme di comune prudenza e diligenza, avrebbe avuto il tempo e lo spazio DANNO E RESPONSABILITA’ n. 12/1998 " sufficienti per avvistare l’ingorgo e quindi per arrestarsi. L’Autobrennero ha concluso, rilevando di avere attuato tutte le misure prudenziali del caso, sia attraverso mezzi propri, sia con l’ausilio di pattuglie della Polstrada, ed ha rimproverato all’appellante di non avere assolto all’onere probatorio gravante a suo carico, per dimostrare la responsabilità colposa dell’appellata, ex art. 2043 c.c. Tutto ciò premesso, il Collegio giudicante non ritiene che l’Autobrennero S.p.A. sia stata in grado di introdurre argomenti convincenti per escludere un proprio concorso di colpa nella determinazione del tamponamento. Innanzitutto è bene precisare che l’affermazione di un concorso di colpa dell’Autobrennero S.p.A., non mette al riparo da responsabilità l’Acquaviva, il cui comportamento di guida, indiscutibilmente ha avuto una efficienza causale di maggior rilievo nella dinamica del sinistro. Quindi, anche se si condividono le affermazioni dell’Autobrennero S.p.A. in merito alla responsabilità dell’Acquaviva, non per questo deve escludersi ed è inipotizzabile una responsabilità concorrente dell’appellata medesima. Difatti, è appena il caso di rilevare che, in materia di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., trova applicazione il principio della equivalenza delle cause, recepito dal diritto penale (art. 41 c.p.), in base al quale, tutti gli antecedenti in mancanza dei quali l’evento dannoso non si sarebbe verificato, devono considerarsi cause efficienti dello stesso, salvo il tamponamento di cui al cpv. della menzionata norma, che è operante, allorché vi sia stata una causa prossima idonea da sola a produrre l’evento. Ma, nel caso particolare, non può attribuirsi alla condotta di guida dell’automobilista l’efficienza causale unica ed assorbente come vorrebbe la parte appellata e quindi non è applicabile il cpv. dell’art. 41 c.p. L’Acquaviva, prima che si accorgesse dell’incolonnamento, procedeva alla velocità consentita di 139 Kmh (il limite era di 140 Kmh) con un’automobile che gli permetteva di mantenere tale andatura in condizioni di sicurezza e con strada asciutta e piena visibilità. Il perito tecnico, nominato dal giudice penale, ha stabilito che l’automobilista aveva la possibilità (stante la presenza di una curva sinistrorsa) di avvistare l’intralcio del traffico a 173 m. ed ha anche aggiunto che, in considerazione del ritardo con il quale percepì la situazione di pericolo, avrebbe avuto la possibilità di evitare il tamponamento solo se avesse tenuto una velocità di 126 Kmh. Quindi, viaggiando a 139 Kmh, per lui era materialmente impossibile evitare il tamponamento. L’Acquaviva, quando si rese conto del pericolo, azionò i freni e dopo una frenata di 84 m., ad una velocità di 65 Kmh (non di 139 Kmh come erroneamente asserito dal Tribunale), tamponò l’auto del Molon. In relazione a tali modalità del sinistro, assume efficienza causale concorrente, la condotta omissiva dell’Autobrennero S.p.A. G A proposito di tale condotta, va premesso che, secondo l’orientamento giurisprudenziale della Corte Suprema, il comportamento colposo omissivo intanto può assumersi a causa di eventi dannosi, in quanto l’omittente abbia violato un obbligo giuridico che gli imponeva di attivarsi per impedirli. Ebbene, nel caso di specie, l’Autobrennero S.p.A., quale gestrice dell’Autostrada A 22, ai sensi dell’art. 13 del Codice della Strada aveva l’obbligo di segnalare con congruo anticipo e con mezzi idonei, l’incolonnamento ed il blocco del traffico. In proposito il Tribunale ha motivato che l’Autostrada S.p.A. fece tutto il possibile per far fronte alla situazione di emergenza, facendo confluire nella zona più pattuglie della Polstrada. La Corte, però, non condivide l’opinione del primo giudice e ritiene, come già sopra detto, che alla luce delle risultanze probatorie acquisite l’appellata non abbia messo in atto quelle elementari cautele che avrebbero potuto avere l’idoneità ad evitare l’incidente. A conferma di tale valutazione basti ricordare che l’incolonnamento si era verificato a seguito dell’interruzione del traffico cagionata da un incidente avvenuto alle ore 11.17 alla progressiva chilometrica 133 della corsia nord, dopo il casello Trento centro. Il tamponamento causato dall’Acquaviva si verificò, invece, circa un’ora dopo (alle 12.15) alla progressiva chilometrica 141 e cioè 7 chilometri prima, dopo il casello di Rovereto Nord. È evidente, dunque, che a seguito del primo incidente si era creata una coda di 7 chilometri nello spazio temporale di un’ora e in tale periodo l’Autobrennero S.p.A. avrebbe potuto attivarsi per segnalare l’incolonnamento del traffico come avviene di norma in tutte le autostrade, in situazioni analoghe a quella in esame. La società appellata, quale responsabile dell’Autostrada, aveva anche il potere–dovere (ai sensi dell’art. 573 del Rag.to del C.d.S.) ricorrendone i presupposti, di bloccare il traffico, facendo uscire gli utenti automobilisti a Rovereto Nord oppure al casello di Trento centro, senza rallentare le uscite con il pagamento dei pedaggi; ma non risulta che l’appellata abbia assunto tali comportamenti e nello stesso rapporto dei Carabinieri si è messa in luce l’insufficienza del personale addetto per far fronte alla eccezionalità del flusso circolatorio. Tale eccezionalità, va anche rimarcato, non doveva essere imprevedibile per i responsabili della società, in quanto si verificò di sabato quando, notoriamente nel periodo invernale, c’è il cambio turistico delle settimane bianche in tutta la zona dolomitica e dell’Alto Adige, a Nord di Trento. È superfluo sottolineare che trattasi dello spostamento di un elevatissimo numero di turisti dato l’elevatissimo numero di località che possono ospitarli. Va, quindi, affermata la responsabilità colposa concorrente dell’Autobrennero S.p.A. in relazione alla quale, nei rapporti esterni, è irrilevante l’indagine circa il grado di efficienza causale, assumendo rilievo, invece, detta indagine, nei rapporti interni fra i corresponsabili, al fine di ripartire il debito risarci- GIURISPRUDENZA Merito 1153 DANNO E RESPONSABILITA’ n. 12/1998 " torio, proporzionalmente ai diversi gradi di responsabilità. La Corte, al fine di tale ripartizione interna, ribadita la responsabilità prevalente dell’Acquaviva, ritiene che la responsabilità dell’Autobrennero non possa essere affermata in una percentuale inferiore al 40%, tenuto conto del fatto che, in una situazione di emergenza tanto grave e protratta nel tempo, non predispose la benché minima segnalazione. L’appellante ha proposto domanda risarcitoria nei G confronti dell’appellata nell’ammontare di L. 14.500.000. Questa somma che nel contesto dell’intera causa appare molto modesta non è contestata e va accolta. Logicamente l’Autostrada del Brennero S.p.A. dovrà pagare al danneggiato il 40% di L. 14.500.000 che corrisponde a L. 5.800.000 con rivalutazione monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata dal giorno del sinistro al saldo. GIURISPRUDENZA Merito ... Omissis ... 1154 IL COMMENTO DANNO E RESPONSABILITA’ n. 12/1998 di Elisabetta Cristiani Il caso Il c.d. illecito omissivo La decisione nasce da un grave incidente stradale occorso sulla corsia Nord dell’Autobrennero, in prossimità del casello di Rovereto Nord, alle ore 12.30 circa di un trafficatissimo sabato mattina del mese di febbraio quando normalmente si verifica l’avvicendamento delle settimane bianche. Il traffico era più intenso del solito, a causa di un precedente incidente stradale avvenuto alle 11.17 poco dopo il casello di Trento centro che aveva cagionato un lungo incolonnamento di veicoli. Durante questa “sosta forzata”, l’auto di grossa cilindrata condotta dal danneggiante – che viaggiava alla velocità di 139 Km/h (1) – non si avvedeva per tempo, stante la mancanza di idonee segnalazioni, dell’incolonnamento dei veicoli e, nonostante la frenata, non riusciva ad evitare il brusco e rovinoso tamponamento dell’auto che lo precedeva. Il sinistro ha avuto conseguenze drammatiche, poiché il conducente dell’auto tamponata, con a bordo la moglie ed una figlia minorenne, ha riportato lesioni gravissime che gli hanno procurato un’invalidità permanente del 100%. Nel giudizio svoltosi avanti il Tribunale di Trento, il danneggiante non disconosceva la propria concorrente responsabilità nella produzione del sinistro in questione, chiedendo, però, che i giudici di primo grado condannassero, a titolo di concorso, anche la S.p.A. Autostrada del Brennero al risarcimento dei danni sofferti dai soggetti coinvolti nel sinistro: infatti, nonostante la situazione di emergenza (rappresentata, appunto, dall’incolonnamento di veicoli fermi), la società autostradale non aveva predisposto nessuna segnalazione o precauzione in coda alla doppia colonna di veicoli, concorrendo, con la propria condotta omissiva, alla produzione dell’evento dannoso. Il Tribunale, tuttavia, ha escluso il concorso di responsabilità prospettato, dovendo la causa del sinistro essere eziologicamente ascrivibile alla condotta estremamente imprudente tenuta dal guidatore. La Corte d’Appello, a parziale riforma della sentenza del Tribunale, ha riconosciuto che la condotta omissiva della S.p.A. Autostrade del Brennero avesse assunto efficacia causale concorrente nella produzione del sinistro in questione. I principi affermati dalla Corte d’Appello nella decisione in epigrafe, bene si inseriscono nel paradigma del c.d. illecito omissivo, sotto il profilo (a) della identificazione degli elementi costitutivi della colpa omissiva riconosciuta a carico dell’Autobrennero; e (b) dell’affermazione della sua (co)responsabilità nella produzione del sinistro in questione una volta accertata la sussistenza del nesso causale tra la sua colpevole inerzia e l’evento dannoso. Sotto il primo profilo, la sentenza d’appello recepisce la tecnica di decisione seguita dall’indirizzo giurisprudenziale predominante che, in tema di illecito omissivo, accoglie il principio più rigoroso, secondo il quale si ha colpa omissiva ogniqualvolta l’evento dannoso derivi dalla mancata attività del responsabile che aveva l’obbligo giuridico di attivarsi (2). Note: (1) Il sinistro de quo risale al 22 febbraio 1986: all’epoca, in base all’ormai abrogato Codice della Strada (d.p.r. 15 giugno 1959, n. 393), il limite massimo di velocità consentito sulle autostrade era di 140 Km/h. (2) Cfr., fra le tante, Cass. 2 febbraio 1983, n. 908, in Dir. prat. assic., 1983, 568, con nota di Antinozzi, secondo la quale «una condotta omissiva può comportare una responsabilità per il fatto illecito del terzo solo in quanto sussiste l’obbligo giuridico dell’autore di tale condotta di impedire l’evento dannoso, obbligo che può derivare da una norma, ovvero da uno specifico rapporto tra il titolare dell’interesse leso ed il soggetto chiamato a rispondere della lesione (nella specie: la Suprema Corte, con l’affermazione di tale principio, ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva escluso la responsabilità di una banca per i danni cagionati da rapinatori ad un cliente in una sua agenzia, rilevando che nessuna norma impone agli istituti di credito di far presidiare i loro locali da guardie armate e che nessun impegno in tal senso aveva convenzionalmente assunto detta banca nei confronti dei propri clienti)»; nello stesso senso, si vedano anche Trib. Bari 5 dicembre 1988, in Arch. circol., 1989, 327; emblematica al riguardo è, comunque, Cass., sez. un., 14 ottobre 1972, n. 3060, in Foro it., 1973, I, 750 secondo cui «la condotta omissiva, intanto, può essere assunta come causa di eventi dannosi, in quanto l’omittente abbia violato un obbligo giuridico di impedire l’evento. Per l’individuazione di tale obbligo non può farsi riferimento al principio del neminem laedere - in quanto tale principio, mentre importa il dovere di improntare le proprie azioni alla cautela necessaria per evitare modificazioni del mondo esterno pregiudizievoli per i diritti assoluti dei terzi, non implica, di per sé, anche un generale ed incondizionato dovere di adoperarsi attivamente a protezione di quegli stessi (segue) " Nella fattispecie, sono gli artt. 13 e 573, rispettivamente, dell’abrogato Codice della Strada e del relativo Regolamento di esecuzione, le norme giuridiche in base alle quali la società autostradale avrebbe dovuto attivarsi al fine di impedire l’evento dannoso in questione. Più in particolare, secondo la decisione, l’Autobrennero, quale gestrice dell’Autostrada A 22: (i) aveva l’obbligo di segnalare con congruo anticipo e con mezzi idonei, l’incolonnamento ed il blocco del traffico; e (ii) aveva anche il potere–dovere, ricorrendone i presupposti, di bloccare il traffico, facendo uscire gli utenti automobilisti a Rovereto Nord oppure al casello di Trento centro, senza rallentare le uscite con il pagamento di pedaggi (3). La pronuncia dà particolare risalto alla dinamica dei fatti che hanno determinato il sorgere della situazione di pericolo (precedente incidente stradale che aveva prodotto un lungo incolonnamento di veicoli) per concludere che l’eccezionalità del flusso circolatorio di auto ben avrebbe potuto essere prevista dall’ente gestore dell’autostrada, essendosi verificata nel giorno di sabato ed in periodo (il mese di febbraio) nel quale, notoriamente, si verifica il cambio delle settimane bianche. Ad un esame più attento ma, soprattutto, in considerazione degli elementi fattuali nei quali si inserisce il decisum della Corte, la responsabilità della società Autostrade del Brennero avrebbe potuto essere ravvisata sulla semplice base del principio generale del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c. Infatti, se è vero che in materia di circolazione stradale, fuori dei casi espressamente disciplinati con norme imperative, la Pubblica Amministrazione ha un ampio potere discrezionale nella scelta dei luoghi dove sia necessario o opportuno apporre segnali di pericolo, nonché dei mezzi e dei modi di attivazione degli stessi (4), è altresì vero che tale potere incontra un limite nel dovere del neminem laedere e, quindi, nel correlativo potere del giudice ordinario di accertare l’esistenza obiettiva di pericoli e di insidie della strada, dovuti a condotta colposa omissiva o commissiva dell’ente proprietario e l’eventuale nesso di causalità fra tale condotta e i danni subiti dagli utenti. Orbene: dalla ricostruzione fattuale emersa dalle motivazioni della sentenza e dalle risultanze probatorie risultava di tutta evidenza che la società gestrice dell’autostrada non si era attenuta alle più elementari regole di prudenza e di cautela che avrebbero potuto avere l’idoneità ad evitare l’incidente. A conferma di tali valutazioni, infatti, l’incolonnamento si era verificato a seguito dell’interruzione del traffico cagionata da un primo incidente avvenuto alle 11.17. Proprio in conseguenza di tale incidente si era creata una coda di 7 chilometri nello spazio temporale di un’ora circa e in tale periodo l’Autobrennero, coerentemente alle prescrizioni di cui all’art. 2043 c.c., aveva l’obbligo giuridico di attivarsi per segnalare l’incolonnamento del traffico come, peraltro, avviene di norma in tutte le autostrade in situazioni analoghe a quella in esame. In ultima analisi, il dovere di agire in capo all’Autobrennero derivava, più che da una specifica norma istitutiva dell’obbligo inadempiuto, da una specifica situazione per la quale il predetto soggetto era tenuto G a compiere una determinata attività proprio a protezione dell’interesse leso che la Corte ben avrebbe potuto autonomamente rilevare (e sanzionare) senza fare ricorso alla norme del Codice della Strada e a quella del suo Regolamento di Esecuzione (5). Concreta applicazione del concorso di responsabilità GIURISPRUDENZA Merito Corretta sembra poi la concreta applicazione del 1155 Note: DANNO E RESPONSABILITA’ n. 12/1998 (segue nota 2) diritti, con l’interrompere serie causali originate e sviluppantisi al di fuori della propria sfera - ma deve accertarsi, caso per caso, l’esistenza di un vincolo giuridico derivante direttamente dalla legge o da uno specifico rapporto intercorrente tra il titolare dell’interesse leso e il soggetto chiamato a rispondere della lesione per non averla impedita». Tale principio, pacifico, è stato, poi, più volte ribadito successivamente: cfr., a tale riguardo, Cass., 14 giugno 1976, n. 2219 e Cass. 28 ottobre 1978, n. 4943, in Giust. civ., 1979, I, 279; Cass. 9 gennaio 1979, n. 116, in Rep. Foro it., 1979, voce Responsabilità civile, n. 50; Cass. 8 marzo 1982, n. 1526, in Resp. civ. prev., 1983, 788 con nota di Letta, La vendita nei supermercati e i relativi problemi di responsabilità; App. Firenze 12 febbraio 1987, in Arch. civ., 1987, 871; Cass. 11 marzo 1991, n. 2555, in Foro it., 1991, I, 2802 con nota di Lenoci, Sulla responsabilità della banca per danni da rapina subiti dal cliente. Anche la dottrina prevalente accoglie la nozione di colpa omissiva in senso stretto: cfr., per tutti, M. Franzoni, Dei fatti illeciti, Comm. sub artt. 2043–2059, in Comm. del codice civile, Scialoja–Branca, a cura di F. Galgano, Bologna, 1993, 151 e ss.; F. Cafaggi–P. Iamiceli, La responsabilità civile, vol. IX, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di P. Cendon, Torino, 1998, 396 e ss. (3) Più precisamente, infatti, in base al disposto dell’art. 573 del d.p.r. 30 giugno 1959, n. 420, recante approvazione del Regolamento per l’esecuzione del Testo Unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, «Per ragioni tecniche o di sicurezza, l’Ente proprietario o Società concessionaria può sospendere il traffico per tutte le categorie di veicoli o per alcune di esse su tratti dell’autostrada. La durata della sospensione sarà comunque limitata al tempo durante il quale perdureranno le cause che hanno determinato il provvedimento». (4) Così, Cass. 6 aprile 1982, n. 2131, in Giust. civ., 1983, 575 con nota di W. Ventrella, che, nella fattispecie, ha confermato la sentenza con la quale i giudici di merito avevano negato la sussistenza della colpa della P.A. nel non avere la medesima opportunamente segnalato l’esistenza di un “salvagente” a seguito di precipitazione nevosa, in quanto l’uniformità di questa non impediva di percepire l’ostacolo che risultava sopraelevato rispetto al livello stradale e che era sottolineato dal decorso di cavi aerei di una linea tranviaria oltre che dalle tracce lasciate da altri veicoli. (5) Tali conclusioni sono state recentemente avvalorate anche da P.G. Monateri, La responsabilità civile, vol. III, in Trattato di dir. civ., diretto da R. Sacco, Torino, 1998, 100 e ss., il quale afferma che: «... oggi la responsabilità da condotta omissiva sussiste non soltanto in caso in cui questa concreti violazione di una specifica norma istitutiva dell’obbligo inadempiuto, ma anche quando detta condotta si ponga come violazione del principio generale di prudenza e diligenza di cui è espressione l’art. 2043 c.c. Il che altro non significa se non che i doveri di azione possono essere creati dalla giurisprudenza la quale ha il potere di riconoscerne l’esistenza in determinate specifiche situazioni. In questo modo le Corti fanno entrare in gioco anche le comuni norme di prudenza, le quali possono tenere luogo di una norma specifica nell’imporre obblighi di prevenzione». Nello stesso senso, Cass. 12 agosto 1992, n. 9550, in Mass. Foro it., 1992, 842, nella quale la S.C., nell’affermare il summenzionato principio, ha confermato la sentenza con la quale il giudice di merito aveva condannato la P.A. al risarcimento dei danni prodotti ad un privato da un incendio originatosi lungo le sponde del corso d’acqua negligentemente tenute in stato di abbandono dalla stessa P.A. con conseguente incremento di sterpaglie atte a favorire la combustione. " grado di concorso di responsabilità, attuata mediante il c.d. principio dell’equivalenza delle cause, stabilito dall’art. 41, comma 1, c.p., operante anche in tema di illecito civile, secondo cui «Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione od omissione e l’evento» (6). Muovendosi su questo terreno e tenendo conto di tutte le risultanze del caso, pur ritenendo colposa la condotta dell’automobilista, la Corte, ha, comunque, escluso che nella fattispecie concreta potesse trovare applicazione il temperamento di cui al comma 2 dell’art. 41 c.p., in base al quale «Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento». Ciò, in quanto, come emergeva anche dalla perizia disposta in sede penale, l’automobilista, prima di avvedersi dell’incolonnamento, procedeva sì a forte velocità (139 Km/h) ma, comunque, entro il limite consentito di 140 Km/h con un’automobile che gli permetteva di mantenere tale andatura in condizioni di sicurezza e con strada asciutta e piena visibilità. Poiché l’incolonnamento aveva inizio subito dopo una curva sinistrorsa e il guidatore avrebbe avuto la possibilità di avvistare l’intralcio ad una distanza di 173 mt., la mancata segnalazione dell’intralcio stradale, prima dell’imboccatura della curva, da parte dell’ente gestore dell’autostrada ha fatto sì che l’automobilista percepisse in ritardo la presenza dell’incolonnamento e, dunque, fosse impossibilitato a evitare il tamponamento. Conclusioni A ben vedere, la decisione della Corte d’Appello di Trento costituisce non solo un importante precedente in tema di illecito civile c.d. “omissivo”, ma ha senz’altro contribuito ad alimentare la casistica giurisprudenziale che, in tema di responsabilità della P.A. (e degli enti gestori di strade e autostrade) per omissione di segnalazioni stradali, è tuttora molto scarsa (7). Infatti, in materia di responsabilità per i danni subiti dagli utenti delle strade e autostrade dovuti ad omissioni della Pubblica Amministrazione o dei gestori delle stesse, l’attenzione della giurisprudenza è stata rivolta in un’altra direzione: più esattamente, è stato analizzato e sviluppato il concetto di “colpa omissiva” della P.A. in relazione ai casi in cui i danni subiti dagli utenti delle strade si fossero rivelati dovuti a difetti di manutenzione, ogniqualvolta l’insidia che queste presentano costituisce per l’utente «un pericolo imprevedibile e inevitabile e nulla abbia fatto il danneggiante per rimuovere o segnalare tale situazione» (8). A tale ultimo riguardo, la giurisprudenza ha, nel corso degli anni, elaborato un concetto di “insidia stradale” molto ampio, così da ravvisare una responsabilità della P.A. in tutti i casi in cui essa sia venuta meno al dovere di mantenere le strade in condizioni di transitabilità non difformi da quelle apparenti e tali da creare pericoli “occulti”, cioè pericoli oggettiva- mente non visibili e soggettivamente non prevedibili (9). Note: (6) Proprio sulla base dell’art. 41 c.p., in considerazione della mancanza di una norma ad hoc, la giurisprudenza civilistica ha elaborato il surrichiamato “principio di equivalenza delle cause”, affermando costantemente che: «Nel caso l’evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso di cause trova soluzione nell’art. 41 c.p., secondo cui, in presenza di una pluralità di fatti imputabili a più persone, a tutti deve riconoscersi un’efficacia causativa ove abbiano determinato una situazione tale che senza di essi l’evento, sebbene prodotto dal fatto avvenuto per ultimo, non si sarebbe verificato. Qualora, invece, la causa sopravvenuta sia stata da sola sufficiente a determinare l’evento, questa può assurgere a causa efficiente esclusiva, in quanto inserendosi nella successione dei fatti, toglie ogni legame tra le cause remote e l’evento» (così, Cass. 15 gennaio 1996, n. 268, in questa Rivista, 1996, 521, recentemente confermata da Cass. 30 agosto 1997, n. 8259, in Rep. Foro it., 1997, voce Responsabilità civile, n. 124; nello stesso senso, Cass. 27 maggio 1995, n. 5923, ivi, 1995, n. 63; Cass. 7 aprile 1988, n. 2737, in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 626; Cass. 26 febbraio 1988, n. 2051, in Rep. Foro it., 1988, voce Responsabilità civile, n. 72; Cass. 11 febbraio 1988, n. 1473, ivi, n. 71; Cass. 24 febbraio 1987, n. 1937, in Arch. giur. circol. e sinistri, 1987, 471; Cass. 12 luglio 1986, n. 4531, in Rep. Giur. it., 1986, voce Responsabilità civile, n. 148; Cass. 21 dicembre 1984, n. 6652, Rep. Foro it., 1984, voce Responsabilità civile, n. 63). (7) Infatti, in tema di segnalazioni stradali, le decisioni rese dalle corti di merito e dalla Suprema Corte sono veramente esigue e, comunque, risalenti nel tempo: si vedano, a tale riguardo, Cass. 20 dicembre 1972, n. 3655, in Rep. Foro it., 1972, voce Responsabilità civile, n.120, ove si afferma la responsabilità esclusiva del Comune ed il conseguente obbligo di risarcimento del danno «allorquando si verifichi un incidente stradale su strada a senso unico o di circolazione non debitamente segnalata ad uno degli opposti ingressi e la mancanza della segnalazione abbia indotto il conducente a percorrerla, senza alcuna imprudenza da parte sua, contro mano, in senso vietato»; oppure, App. Brescia 15 gennaio 1971, in Riv. giur. circol. e trasporti, 1971, 69, in cui si afferma che «la P.A. è responsabile del danno cagionato dall’urto del tetto di un autofurgone contro un balcone sporgente sulla carreggiata, per omessa apposizione del segnale di divieto di transito a veicoli aventi altezza superiore a quella che consente il passaggio sotto la sporgenza, ancorché la sporgenza si trovi sulla sinistra nella direzione di marcia dell’autofurgone»; e ancora, App. Milano 29 aprile 1977, in Arch. giur. circol. e sinistri, 1977, 505, secondo cui ricorre la responsabilità della P.A., ex art. 2043 «quando essa sia venuta meno al suo obbligo di evitare che interruzioni o soluzioni di continuità del piano viabile rimangano prive di segnalazione, sì da costituire una situazione obiettiva di pericolo rispetto alla quale l’utente della strada non è posto in grado, usando la normale diligenza, di avvertirla in tempo utile»; ed, infine, Trib. Trento 22 febbraio 1973, ivi, 1974, 52, che ha ritenuto che «la presenza di sassi sulla carreggiata, a metà di una curva a visuale non libera, integra gli estremi dell’insidia. La mancata adozione da parte dell’Anas di misure idonee ad impedire la caduta di pietre sulle carreggiata e la mancata segnalazione del pericolo, integrano la violazione della legge e delle comuni norme di diligenza e prudenza e l’evento verificatosi a seguito di tali omissioni, deve essere posto a carico della menzionata amministrazione». (8) Si leggano, fra le tante, Cass. 25 giugno 1997, n. 5670, in questa Rivista, 1997, 704; Cass. 9 febbraio 1981, n. 800, in Resp. civ. e prev., 1981, 737; Cass. 30 ottobre 1980, n. 5856, ivi, 1981, 390; Trib. Firenze 10 dicembre 1994, ivi, 1995, 159; Trib. Milano 19 aprile 1993, in Giur. milanese, 1995, 486; Pret. Bari 13 maggio 1992, in Foro it., 1993, I, 2731; App. Firenze 12 dicembre 1987, n. 91, in Arch. civ., 1987, 871. (9) Tale principio è assolutamente pacifico: cfr., fra le tante, Cass. 21 febbraio 1970, n. 409, in Foro amm., 1970, I, 1, 209; Cass. 9 marzo 1971, n. 667, in Resp. civ. e prev., 1971, 535; Cass. 11 novembre 1978, n. 5182, in Arch. giur. circol. e sinistri, 1979, 273; Cass. 21 febbraio 1980, n. 1259, in Giur. it., 1980, I, 1, 779; Cass. 3 giugno 1980, n. 3619, in Arch. civ., 1980, 647. Fra i giudici di merito, si vedano in senso conforme, App. Milano 5 giugno 1981, in Arch. giur. circol. e sinistri, 1981, 513; Trib. Padova 5 dicembre 1984, in Giur. merito, 1984, 431, con nota di Cacciavillani. G GIURISPRUDENZA Merito 1156 DANNO E RESPONSABILITA’ n. 12/1998