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Circolazione stradale
OMESSA SEGNALAZIONE
DI UN INCOLONNAMENTO DI AUTO:
COLPA OMISSIVA DEL GESTORE
DELL’AUTOSTRADA
Tribunale di Trento 24 novembre 1994 – Pres.
Palestra – Rel. Fermanelli – Molon e altri c.
Acquaviva, Autostrada del Brennero S.p.A. e
altri
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Poiché la responsabilità per i danni patiti
dall’utente dell’autostrada nell’uso della stessa è
extracontrattuale, venga o meno riscosso il pedaggio, non si rinviene nella fattispecie concreta un fatto
illecito imputabile alla condotta colposa della
società autostradale. Peraltro deve escludersi che la
presenza di incolonnamenti sull’autostrada possa
considerarsi «evento anomalo ed imprevedibile,
secondo quanto desumibile dalla comune esperienza».
... Omissis ...
Motivi della decisione.
Sulla responsabilità del sinistro.
Come si ricava dalla narrazione fatta dalle parti e
dagli atti del procedimento penale, il sinistro per cui
è causa avvenne nella tarda mattinata del giorno 22
febbraio 1986 nella carreggiata nord dell’Autostrada
del Brennero qualche chilometro prima del casello di
Trento. A seguito di un precedente incidente si era
creato un incolonnamento di auto. L’Acquaviva alla
guida della propria auto, proveniente da sud, in corrispondenza di una curva sinistrorsa, accortosi
dell’esistenza di un incolonnamento frenava e sbandava verso destra investendo l’auto del Molon,
anch’essa ferma per l’incolonnamento venutosi a
determinare. Nel corso del giudizio penale a carico
di Acquaviva Leonardo è stata espletata perizia sulla
dinamica del sinistro le cui conclusioni sono state
che, tenuto conto della lunghezza delle tracce di frenata, la velocità di questi al momento dell’impatto
era di 139 Kmh (all’epoca dei fatti il limite di velocità
vigente sulle autostrade era di 140 Kmh). Il perito ha
anche precisato che l’Acquaviva sarebbe stato in
grado di fermare in tempi adeguati la propria auto se
avesse tenuto una velocità di 129 Kmh. L’interessato, nel corso del suo interrogatorio del 5 luglio
1988 dinanzi al Pretore di Pisa, ha dichiarato: «Viaggiavo sulla corsia di sorpasso avendo da poco superato un altro veicolo. Ho visto l’autovettura del
Molon che si trovava sulla corsia di scorrimento. Sul
momento non ho capito se detta autovettura era
ferma o in movimento ... Subito dopo ho visto
davanti a me sulla corsia di sorpasso, poco più avanti
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del punto in cui si trovava l’autovettura del Molon,
un’altra autovettura. Ho iniziato l’azione di frenatura. Ritenevo peraltro che detta autovettura, trovandosi sulla corsia di sorpasso e non essendovi particolari segnalazioni, stesse a sua volta effettuando un
sorpasso. Con l’azione di frenatura intendevo pertanto soltanto allineare la mia velocità e adeguarla a
quella del veicolo che mi precedeva. Trascorso il c.d.
“tempo di risolvenza”... ho realizzato che l’autovettura che si trovava sulla corsia di sorpasso non era in
movimento, ma era anch’essa ferma. A questo punto
ho continuato l’azione di frenatura già intrapresa, ma
non più con lo scopo di rallentare la marcia ma con
quello di bloccare repentinamente il mio veicolo».
Dalle stesse dichiarazioni dell’Acquaviva si ricava
quindi che egli viaggiava ad una velocità ancora
maggiore a quella desunta dal perito dalle tracce di
frenatura, avendo già rallentato prima di azionare i
freni in modo più deciso. Comunque anche la velocità di 139 Kmh deve ritenersi eccessiva rispetto alle
condizioni dei luoghi, poiché l’Acquaviva si apprestava ad affrontare una curva sinistrorsa con visibilità limitata a causa dell’andamento della strada e
della presenza di una siepe – vd. descrizione dei luoghi del perito – (l’impatto sarebbe avvenuto subito
dopo la curva); egli avrebbe dovuto adeguare la propria condotta di guida a tali condizioni dei luoghi,
non avendo visibilità sul tratto di strada che stava per
percorrere.
L’Acquaviva sostiene che la responsabilità del
sinistro debba essere imputata, quantomeno in
misura concorrente, all’Autostrada del Brennero
S.p.A. per il suo comportamento omissivo sotto un
duplice profilo: in primo luogo la società non
avrebbe apprestato idonee segnalazioni dell’incolonnamento pur avendone il tempo, essendosi il
primo incidente verificatosi alle ore 11,20 e quello
per cui è causa alle ore 12,30. Inoltre la stessa non
avrebbe organizzato in via generale presidi adeguati,
in relazione ai mezzi, al numero ed alla qualifica
degli addetti, per affrontare efficacemente situazioni
di emergenza. A fronte di ciò sussisterebbe invece
l’affidamento dell’utente di trovare un percorso
scorrevole e privo di intralci anomali o pericolosi.
Entrambi tali prospettazioni risultano infondate.
Circa il primo aspetto il teste Morelato, Ispettore
della Polizia Stradale, ha riferito che dopo il primo
incidente intervennero sull’autostrada tutte le pattuglie, almeno cinque. Ancora il teste Floidia, assistente della Polizia Stradale, gregario della pattuglia
12/B il giorno del sinistro, ha precisato che la propria
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pattuglia, che si trovava a Rovereto, venne chiamata
per andare in autostrada, che c’era già un incolonnamento e che egli ed il suo collega iniziarono la retromarcia per far rallentare i veicoli: tuttavia per l’intensità del traffico, poiché sopraggiungevano numerosi
veicoli, non riuscirono a rimanere in coda alla
colonna. È da ritenere che, in relazione alle condizioni del traffico, alla situazione creatasi a seguito
del primo sinistro ed al tempo trascorso tra i due incidenti (pur non essendo stato accertato in termini di
sicurezza, tra di essi dovrebbe essere intercorso un
lasso di tempo di circa un’ora), la soc. Autobrennero
si sia comportata diligentemente, essendo stato assicurato l’intervento di numerose pattuglie della Polizia Stradale.
Circa il secondo aspetto i testi Rizzi e Morelato
hanno confermato che l’Autostrada del Brennero
attua in via generale i soccorsi con proprio personale
in costante contatto radio con il Centro Operativo
Autostradale e la Polizia Stradale che pattuglia in
continuazione le tratte autostradali. Deve quindi concludersi che la soc. convenuta abbia organizzato un
servizio idoneo a far fronte alle emergenze, potendo
fare affidamento in simili evenienze sull’operato
della Polizia Stradale, sempre presente all’interno
dell’autostrada.
Rilevato che la responsabilità per i danni patiti
dall’utente dell’autostrada nell’uso della stessa è
extracontrattuale, venga o meno riscosso il pedaggio
per l’uso (cfr. Cass. 23 gennaio 1975, n. 260; Cass.
18 marzo 1971, n. 779; Cass. 25 febbraio 1970, n.
2043), non si rinviene nella fattispecie concreta un
fatto illecito imputabile alla condotta colposa della
società convenuta. Peraltro deve escludersi che la
presenza di incolonnamenti sull’autostrada possa
considerarsi evento «anomalo ed imprevedibile,
secondo quanto desumibile dalla comune esperienza».
L’incidente per cui è causa deve quindi attribuirsi
alla esclusiva responsabilità dell’Acquaviva, il quale
deve conseguentemente essere condannato alla rifusione dei danni subiti dagli attori e le cui istanze risarcitorie devono essere rigettate.
... Omissis ...
Corte d’Appello di Trento 31 marzo 1998 –
Pres. Ciretti – Rel. Luchini – Acquaviva c. Autostrada del Brennero S.p.A. e altri
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In materia di responsabilità extracontrattuale ex
art. 2043 c.c., trova applicazione il principio della
equivalenza delle cause, recepito dal diritto penale
(art. 41 c.p.), in base al quale tutti gli antecedenti in
mancanza dei quali l’evento dannoso non si sarebbe
verificato, devono considerarsi cause efficienti dello
stesso, salvo il temperamento di cui al cpv. della
menzionata norma, che è operante, allorché vi sia
stata una causa prossima idonea da sola a produrre
l’evento (nella fattispecie, la Corte, nell’affermare il
surriportato principio, in tal modo riformando la
pronuncia emessa dai giudici di primo grado, ha
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ritenuto l’Autostrada del Brennero S.p.A. corresponsabile, nella misura del 40%, nella produzione del
sinistro stradale in esame, in considerazione della
condotta omissiva colposa tenuta da quest’ultima
che, in una situazione di emergenza, tanto grave e
protratta nel tempo, creatasi su di un tratto della
Autobrennero, non aveva predisposto la benché
minima segnalazione atta ad evidenziare agli automobilisti in corsa la presenza di un ostacolo rappresentato dal lungo incolonnamento di auto).
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... Omissis ...
Motivazione.
Le conclusioni assunte dall’Acquaviva
all’udienza del 27 ottobre 1995 su foglio di deduzioni separato, ha notevolmente ridotto la materia del
contendere, per cui, tutto ciò che le parti appellate
avevano esposto nei rispettivi atti per contrastare
anche in ordine al quantum i motivi d’appello, appare
ampiamente superato.
Rimane, quindi, al Collegio il compito di accertare
se, alla stregua degli elementi probatori acquisiti, sia
configurabile una responsabilità concorrente della
S.p.A. Autobrennero nella causazione dell’evento
dannoso.
Gli argomenti sui quali l’Acquaviva fonda le proprie ragioni per coinvolgere in responsabilità la
società appellata possono, in sintesi, così riassumersi.
Contrariamente all’assunto del Tribunale, che ha
attribuito all’auto Mercedes una velocità intorno ai
139 Kmh, nella specie la velocità effettiva, al
momento dell’urto, doveva ritenersi quella accertata
dal perito in sede penale intorno ai 65 Kmh.
Inoltre, non poteva condividere l’affermazione del
primo giudice secondo cui l’auto dell’Acquaviva
effettuò due frenate successive, poiché l’azione frenante fu unica e venne attuata dall’automobilista non
appena fu in grado di percepire la situazione di pericolo.
Secondo l’appellante, il tamponamento si verificò
non a seguito di un normale e prevedibile incolonnamento di autoveicoli, bensì a causa di una interruzione del traffico, derivata da precedenti incidenti, e
che nel momento in cui si verificò il tamponamento
dell’auto del Molon, si protraeva oltre un’ora.
Malgrado quanto esposto, l’Autobrennero S.p.A.
non si attivò per segnalare con mezzi idonei la situazione di pericolo determinata dall’interruzione del
flusso circolatorio.
In tale comportamento omissivo, secondo l’appellante, il Tribunale avrebbe dovuto ravvisare la
responsabilità dell’Autobrennero S.p.A. ex art. 2043
c.c.
La S.p.A. Autobrennero, costituitasi, ha contestato
quanto avversariamente dedotto, argomentando, in
particolare che l’incidente si sarebbe verificato, conformemente a quanto motivato dal Tribunale, per un
comportamento di guida imprudente e disattento
dell’Acquaviva.
L’appellata ha, infatti, affermato che se l’automobilista della Mercedes avesse mantenuto una condotta di guida ispirata alle norme di comune prudenza e diligenza, avrebbe avuto il tempo e lo spazio
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sufficienti per avvistare l’ingorgo e quindi per arrestarsi.
L’Autobrennero ha concluso, rilevando di avere
attuato tutte le misure prudenziali del caso, sia attraverso mezzi propri, sia con l’ausilio di pattuglie della
Polstrada, ed ha rimproverato all’appellante di non
avere assolto all’onere probatorio gravante a suo
carico, per dimostrare la responsabilità colposa
dell’appellata, ex art. 2043 c.c.
Tutto ciò premesso, il Collegio giudicante non
ritiene che l’Autobrennero S.p.A. sia stata in grado
di introdurre argomenti convincenti per escludere un
proprio concorso di colpa nella determinazione del
tamponamento.
Innanzitutto è bene precisare che l’affermazione di
un concorso di colpa dell’Autobrennero S.p.A., non
mette al riparo da responsabilità l’Acquaviva, il cui
comportamento di guida, indiscutibilmente ha avuto
una efficienza causale di maggior rilievo nella dinamica del sinistro.
Quindi, anche se si condividono le affermazioni
dell’Autobrennero S.p.A. in merito alla responsabilità dell’Acquaviva, non per questo deve escludersi
ed è inipotizzabile una responsabilità concorrente
dell’appellata medesima.
Difatti, è appena il caso di rilevare che, in materia
di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., trova
applicazione il principio della equivalenza delle
cause, recepito dal diritto penale (art. 41 c.p.), in base
al quale, tutti gli antecedenti in mancanza dei quali
l’evento dannoso non si sarebbe verificato, devono
considerarsi cause efficienti dello stesso, salvo il
tamponamento di cui al cpv. della menzionata
norma, che è operante, allorché vi sia stata una causa
prossima idonea da sola a produrre l’evento.
Ma, nel caso particolare, non può attribuirsi alla
condotta di guida dell’automobilista l’efficienza
causale unica ed assorbente come vorrebbe la parte
appellata e quindi non è applicabile il cpv. dell’art. 41
c.p.
L’Acquaviva, prima che si accorgesse dell’incolonnamento, procedeva alla velocità consentita di 139
Kmh (il limite era di 140 Kmh) con un’automobile
che gli permetteva di mantenere tale andatura in condizioni di sicurezza e con strada asciutta e piena visibilità.
Il perito tecnico, nominato dal giudice penale, ha
stabilito che l’automobilista aveva la possibilità
(stante la presenza di una curva sinistrorsa) di avvistare l’intralcio del traffico a 173 m. ed ha anche
aggiunto che, in considerazione del ritardo con il
quale percepì la situazione di pericolo, avrebbe avuto
la possibilità di evitare il tamponamento solo se
avesse tenuto una velocità di 126 Kmh. Quindi, viaggiando a 139 Kmh, per lui era materialmente impossibile evitare il tamponamento.
L’Acquaviva, quando si rese conto del pericolo,
azionò i freni e dopo una frenata di 84 m., ad una
velocità di 65 Kmh (non di 139 Kmh come erroneamente asserito dal Tribunale), tamponò l’auto del
Molon.
In relazione a tali modalità del sinistro, assume
efficienza causale concorrente, la condotta omissiva
dell’Autobrennero S.p.A.
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A proposito di tale condotta, va premesso che,
secondo l’orientamento giurisprudenziale della
Corte Suprema, il comportamento colposo omissivo
intanto può assumersi a causa di eventi dannosi, in
quanto l’omittente abbia violato un obbligo giuridico
che gli imponeva di attivarsi per impedirli.
Ebbene, nel caso di specie, l’Autobrennero S.p.A.,
quale gestrice dell’Autostrada A 22, ai sensi dell’art.
13 del Codice della Strada aveva l’obbligo di segnalare con congruo anticipo e con mezzi idonei, l’incolonnamento ed il blocco del traffico.
In proposito il Tribunale ha motivato che l’Autostrada S.p.A. fece tutto il possibile per far fronte alla
situazione di emergenza, facendo confluire nella
zona più pattuglie della Polstrada.
La Corte, però, non condivide l’opinione del primo
giudice e ritiene, come già sopra detto, che alla luce
delle risultanze probatorie acquisite l’appellata non
abbia messo in atto quelle elementari cautele che
avrebbero potuto avere l’idoneità ad evitare l’incidente.
A conferma di tale valutazione basti ricordare che
l’incolonnamento si era verificato a seguito dell’interruzione del traffico cagionata da un incidente
avvenuto alle ore 11.17 alla progressiva chilometrica
133 della corsia nord, dopo il casello Trento centro.
Il tamponamento causato dall’Acquaviva si verificò, invece, circa un’ora dopo (alle 12.15) alla progressiva chilometrica 141 e cioè 7 chilometri prima,
dopo il casello di Rovereto Nord.
È evidente, dunque, che a seguito del primo incidente si era creata una coda di 7 chilometri nello spazio temporale di un’ora e in tale periodo l’Autobrennero S.p.A. avrebbe potuto attivarsi per segnalare
l’incolonnamento del traffico come avviene di
norma in tutte le autostrade, in situazioni analoghe a
quella in esame.
La società appellata, quale responsabile dell’Autostrada, aveva anche il potere–dovere (ai sensi
dell’art. 573 del Rag.to del C.d.S.) ricorrendone i
presupposti, di bloccare il traffico, facendo uscire gli
utenti automobilisti a Rovereto Nord oppure al
casello di Trento centro, senza rallentare le uscite con
il pagamento dei pedaggi; ma non risulta che l’appellata abbia assunto tali comportamenti e nello stesso
rapporto dei Carabinieri si è messa in luce l’insufficienza del personale addetto per far fronte alla eccezionalità del flusso circolatorio.
Tale eccezionalità, va anche rimarcato, non
doveva essere imprevedibile per i responsabili della
società, in quanto si verificò di sabato quando, notoriamente nel periodo invernale, c’è il cambio turistico delle settimane bianche in tutta la zona dolomitica e dell’Alto Adige, a Nord di Trento.
È superfluo sottolineare che trattasi dello spostamento di un elevatissimo numero di turisti dato l’elevatissimo numero di località che possono ospitarli.
Va, quindi, affermata la responsabilità colposa
concorrente dell’Autobrennero S.p.A. in relazione
alla quale, nei rapporti esterni, è irrilevante l’indagine circa il grado di efficienza causale, assumendo
rilievo, invece, detta indagine, nei rapporti interni fra
i corresponsabili, al fine di ripartire il debito risarci-
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torio, proporzionalmente ai diversi gradi di responsabilità.
La Corte, al fine di tale ripartizione interna, ribadita la responsabilità prevalente dell’Acquaviva,
ritiene che la responsabilità dell’Autobrennero non
possa essere affermata in una percentuale inferiore al
40%, tenuto conto del fatto che, in una situazione di
emergenza tanto grave e protratta nel tempo, non predispose la benché minima segnalazione.
L’appellante ha proposto domanda risarcitoria nei
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confronti dell’appellata nell’ammontare di L.
14.500.000. Questa somma che nel contesto dell’intera causa appare molto modesta non è contestata e
va accolta.
Logicamente l’Autostrada del Brennero S.p.A.
dovrà pagare al danneggiato il 40% di L. 14.500.000
che corrisponde a L. 5.800.000 con rivalutazione
monetaria ed interessi legali sulla somma rivalutata
dal giorno del sinistro al saldo.
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IL COMMENTO
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di Elisabetta Cristiani
Il caso
Il c.d. illecito omissivo
La decisione nasce da un grave incidente stradale
occorso sulla corsia Nord dell’Autobrennero, in
prossimità del casello di Rovereto Nord, alle ore
12.30 circa di un trafficatissimo sabato mattina del
mese di febbraio quando normalmente si verifica
l’avvicendamento delle settimane bianche. Il traffico
era più intenso del solito, a causa di un precedente
incidente stradale avvenuto alle 11.17 poco dopo il
casello di Trento centro che aveva cagionato un
lungo incolonnamento di veicoli.
Durante questa “sosta forzata”, l’auto di grossa
cilindrata condotta dal danneggiante – che viaggiava
alla velocità di 139 Km/h (1) – non si avvedeva per
tempo, stante la mancanza di idonee segnalazioni,
dell’incolonnamento dei veicoli e, nonostante la frenata, non riusciva ad evitare il brusco e rovinoso tamponamento dell’auto che lo precedeva.
Il sinistro ha avuto conseguenze drammatiche,
poiché il conducente dell’auto tamponata, con a
bordo la moglie ed una figlia minorenne, ha riportato
lesioni gravissime che gli hanno procurato un’invalidità permanente del 100%.
Nel giudizio svoltosi avanti il Tribunale di Trento,
il danneggiante non disconosceva la propria concorrente responsabilità nella produzione del sinistro in
questione, chiedendo, però, che i giudici di primo
grado condannassero, a titolo di concorso, anche la
S.p.A. Autostrada del Brennero al risarcimento dei
danni sofferti dai soggetti coinvolti nel sinistro:
infatti, nonostante la situazione di emergenza (rappresentata, appunto, dall’incolonnamento di veicoli
fermi), la società autostradale non aveva predisposto
nessuna segnalazione o precauzione in coda alla doppia colonna di veicoli, concorrendo, con la propria
condotta omissiva, alla produzione dell’evento dannoso.
Il Tribunale, tuttavia, ha escluso il concorso di
responsabilità prospettato, dovendo la causa del sinistro essere eziologicamente ascrivibile alla condotta
estremamente imprudente tenuta dal guidatore. La
Corte d’Appello, a parziale riforma della sentenza
del Tribunale, ha riconosciuto che la condotta omissiva della S.p.A. Autostrade del Brennero avesse
assunto efficacia causale concorrente nella produzione del sinistro in questione.
I principi affermati dalla Corte d’Appello nella
decisione in epigrafe, bene si inseriscono nel paradigma del c.d. illecito omissivo, sotto il profilo (a)
della identificazione degli elementi costitutivi della
colpa omissiva riconosciuta a carico dell’Autobrennero; e (b) dell’affermazione della sua
(co)responsabilità nella produzione del sinistro in
questione una volta accertata la sussistenza del nesso
causale tra la sua colpevole inerzia e l’evento dannoso.
Sotto il primo profilo, la sentenza d’appello recepisce la tecnica di decisione seguita dall’indirizzo giurisprudenziale predominante che, in tema di illecito
omissivo, accoglie il principio più rigoroso, secondo
il quale si ha colpa omissiva ogniqualvolta l’evento
dannoso derivi dalla mancata attività del responsabile che aveva l’obbligo giuridico di attivarsi (2).
Note:
(1) Il sinistro de quo risale al 22 febbraio 1986: all’epoca, in base
all’ormai abrogato Codice della Strada (d.p.r. 15 giugno 1959,
n. 393), il limite massimo di velocità consentito sulle autostrade
era di 140 Km/h.
(2) Cfr., fra le tante, Cass. 2 febbraio 1983, n. 908, in Dir. prat.
assic., 1983, 568, con nota di Antinozzi, secondo la quale «una
condotta omissiva può comportare una responsabilità per il fatto
illecito del terzo solo in quanto sussiste l’obbligo giuridico
dell’autore di tale condotta di impedire l’evento dannoso,
obbligo che può derivare da una norma, ovvero da uno specifico
rapporto tra il titolare dell’interesse leso ed il soggetto chiamato
a rispondere della lesione (nella specie: la Suprema Corte, con
l’affermazione di tale principio, ha ritenuto corretta la decisione
di merito che aveva escluso la responsabilità di una banca per
i danni cagionati da rapinatori ad un cliente in una sua agenzia,
rilevando che nessuna norma impone agli istituti di credito di far
presidiare i loro locali da guardie armate e che nessun impegno
in tal senso aveva convenzionalmente assunto detta banca nei
confronti dei propri clienti)»; nello stesso senso, si vedano
anche Trib. Bari 5 dicembre 1988, in Arch. circol., 1989, 327;
emblematica al riguardo è, comunque, Cass., sez. un., 14 ottobre 1972, n. 3060, in Foro it., 1973, I, 750 secondo cui «la condotta omissiva, intanto, può essere assunta come causa di
eventi dannosi, in quanto l’omittente abbia violato un obbligo
giuridico di impedire l’evento. Per l’individuazione di tale obbligo
non può farsi riferimento al principio del neminem laedere - in
quanto tale principio, mentre importa il dovere di improntare le
proprie azioni alla cautela necessaria per evitare modificazioni
del mondo esterno pregiudizievoli per i diritti assoluti dei terzi,
non implica, di per sé, anche un generale ed incondizionato
dovere di adoperarsi attivamente a protezione di quegli stessi
(segue)
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Nella fattispecie, sono gli artt. 13 e 573, rispettivamente, dell’abrogato Codice della Strada e del relativo Regolamento di esecuzione, le norme giuridiche
in base alle quali la società autostradale avrebbe
dovuto attivarsi al fine di impedire l’evento dannoso
in questione. Più in particolare, secondo la decisione,
l’Autobrennero, quale gestrice dell’Autostrada A
22: (i) aveva l’obbligo di segnalare con congruo anticipo e con mezzi idonei, l’incolonnamento ed il
blocco del traffico; e (ii) aveva anche il potere–dovere, ricorrendone i presupposti, di bloccare il traffico, facendo uscire gli utenti automobilisti a Rovereto Nord oppure al casello di Trento centro, senza
rallentare le uscite con il pagamento di pedaggi (3).
La pronuncia dà particolare risalto alla dinamica
dei fatti che hanno determinato il sorgere della situazione di pericolo (precedente incidente stradale che
aveva prodotto un lungo incolonnamento di veicoli)
per concludere che l’eccezionalità del flusso circolatorio di auto ben avrebbe potuto essere prevista
dall’ente gestore dell’autostrada, essendosi verificata nel giorno di sabato ed in periodo (il mese di febbraio) nel quale, notoriamente, si verifica il cambio
delle settimane bianche.
Ad un esame più attento ma, soprattutto, in considerazione degli elementi fattuali nei quali si inserisce
il decisum della Corte, la responsabilità della società
Autostrade del Brennero avrebbe potuto essere ravvisata sulla semplice base del principio generale del
neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c.
Infatti, se è vero che in materia di circolazione stradale, fuori dei casi espressamente disciplinati con
norme imperative, la Pubblica Amministrazione ha
un ampio potere discrezionale nella scelta dei luoghi
dove sia necessario o opportuno apporre segnali di
pericolo, nonché dei mezzi e dei modi di attivazione
degli stessi (4), è altresì vero che tale potere incontra
un limite nel dovere del neminem laedere e, quindi,
nel correlativo potere del giudice ordinario di accertare l’esistenza obiettiva di pericoli e di insidie della
strada, dovuti a condotta colposa omissiva o commissiva dell’ente proprietario e l’eventuale nesso di
causalità fra tale condotta e i danni subiti dagli utenti.
Orbene: dalla ricostruzione fattuale emersa dalle
motivazioni della sentenza e dalle risultanze probatorie risultava di tutta evidenza che la società gestrice
dell’autostrada non si era attenuta alle più elementari
regole di prudenza e di cautela che avrebbero potuto
avere l’idoneità ad evitare l’incidente. A conferma di
tali valutazioni, infatti, l’incolonnamento si era verificato a seguito dell’interruzione del traffico cagionata da un primo incidente avvenuto alle 11.17. Proprio in conseguenza di tale incidente si era creata una
coda di 7 chilometri nello spazio temporale di un’ora
circa e in tale periodo l’Autobrennero, coerentemente alle prescrizioni di cui all’art. 2043 c.c., aveva
l’obbligo giuridico di attivarsi per segnalare l’incolonnamento del traffico come, peraltro, avviene di
norma in tutte le autostrade in situazioni analoghe a
quella in esame.
In ultima analisi, il dovere di agire in capo all’Autobrennero derivava, più che da una specifica norma
istitutiva dell’obbligo inadempiuto, da una specifica
situazione per la quale il predetto soggetto era tenuto
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a compiere una determinata attività proprio a protezione dell’interesse leso che la Corte ben avrebbe
potuto autonomamente rilevare (e sanzionare) senza
fare ricorso alla norme del Codice della Strada e a
quella del suo Regolamento di Esecuzione (5).
Concreta applicazione del concorso
di responsabilità
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Merito
Corretta sembra poi la concreta applicazione del
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Note:
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(segue nota 2)
diritti, con l’interrompere serie causali originate e sviluppantisi
al di fuori della propria sfera - ma deve accertarsi, caso per caso,
l’esistenza di un vincolo giuridico derivante direttamente dalla
legge o da uno specifico rapporto intercorrente tra il titolare
dell’interesse leso e il soggetto chiamato a rispondere della
lesione per non averla impedita». Tale principio, pacifico, è
stato, poi, più volte ribadito successivamente: cfr., a tale
riguardo, Cass., 14 giugno 1976, n. 2219 e Cass. 28 ottobre
1978, n. 4943, in Giust. civ., 1979, I, 279; Cass. 9 gennaio 1979,
n. 116, in Rep. Foro it., 1979, voce Responsabilità civile, n. 50;
Cass. 8 marzo 1982, n. 1526, in Resp. civ. prev., 1983, 788 con
nota di Letta, La vendita nei supermercati e i relativi problemi di
responsabilità; App. Firenze 12 febbraio 1987, in Arch. civ.,
1987, 871; Cass. 11 marzo 1991, n. 2555, in Foro it., 1991, I,
2802 con nota di Lenoci, Sulla responsabilità della banca per
danni da rapina subiti dal cliente.
Anche la dottrina prevalente accoglie la nozione di colpa omissiva in senso stretto: cfr., per tutti, M. Franzoni, Dei fatti illeciti,
Comm. sub artt. 2043–2059, in Comm. del codice civile, Scialoja–Branca, a cura di F. Galgano, Bologna, 1993, 151 e ss.; F.
Cafaggi–P. Iamiceli, La responsabilità civile, vol. IX, in Il diritto
privato nella giurisprudenza, a cura di P. Cendon, Torino, 1998,
396 e ss.
(3) Più precisamente, infatti, in base al disposto dell’art. 573 del
d.p.r. 30 giugno 1959, n. 420, recante approvazione del Regolamento per l’esecuzione del Testo Unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, «Per ragioni tecniche o di sicurezza, l’Ente proprietario o Società concessionaria può sospendere il traffico per tutte le categorie di veicoli o per alcune di esse
su tratti dell’autostrada. La durata della sospensione sarà
comunque limitata al tempo durante il quale perdureranno le
cause che hanno determinato il provvedimento».
(4) Così, Cass. 6 aprile 1982, n. 2131, in Giust. civ., 1983, 575
con nota di W. Ventrella, che, nella fattispecie, ha confermato la
sentenza con la quale i giudici di merito avevano negato la sussistenza della colpa della P.A. nel non avere la medesima opportunamente segnalato l’esistenza di un “salvagente” a seguito di
precipitazione nevosa, in quanto l’uniformità di questa non
impediva di percepire l’ostacolo che risultava sopraelevato
rispetto al livello stradale e che era sottolineato dal decorso di
cavi aerei di una linea tranviaria oltre che dalle tracce lasciate
da altri veicoli.
(5) Tali conclusioni sono state recentemente avvalorate anche
da P.G. Monateri, La responsabilità civile, vol. III, in Trattato di
dir. civ., diretto da R. Sacco, Torino, 1998, 100 e ss., il quale
afferma che: «... oggi la responsabilità da condotta omissiva
sussiste non soltanto in caso in cui questa concreti violazione
di una specifica norma istitutiva dell’obbligo inadempiuto, ma
anche quando detta condotta si ponga come violazione del principio generale di prudenza e diligenza di cui è espressione l’art.
2043 c.c. Il che altro non significa se non che i doveri di azione
possono essere creati dalla giurisprudenza la quale ha il potere
di riconoscerne l’esistenza in determinate specifiche situazioni.
In questo modo le Corti fanno entrare in gioco anche le comuni
norme di prudenza, le quali possono tenere luogo di una norma
specifica nell’imporre obblighi di prevenzione». Nello stesso
senso, Cass. 12 agosto 1992, n. 9550, in Mass. Foro it., 1992,
842, nella quale la S.C., nell’affermare il summenzionato principio, ha confermato la sentenza con la quale il giudice di merito
aveva condannato la P.A. al risarcimento dei danni prodotti ad
un privato da un incendio originatosi lungo le sponde del corso
d’acqua negligentemente tenute in stato di abbandono dalla
stessa P.A. con conseguente incremento di sterpaglie atte a
favorire la combustione.
"
grado di concorso di responsabilità, attuata mediante
il c.d. principio dell’equivalenza delle cause, stabilito dall’art. 41, comma 1, c.p., operante anche in
tema di illecito civile, secondo cui «Il concorso di
cause preesistenti o simultanee o sopravvenute,
anche se indipendenti dall’azione od omissione del
colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra
l’azione od omissione e l’evento» (6).
Muovendosi su questo terreno e tenendo conto di
tutte le risultanze del caso, pur ritenendo colposa la
condotta dell’automobilista, la Corte, ha, comunque,
escluso che nella fattispecie concreta potesse trovare
applicazione il temperamento di cui al comma 2
dell’art. 41 c.p., in base al quale «Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono
state da sole sufficienti a determinare l’evento». Ciò,
in quanto, come emergeva anche dalla perizia disposta in sede penale, l’automobilista, prima di avvedersi dell’incolonnamento, procedeva sì a forte velocità (139 Km/h) ma, comunque, entro il limite consentito di 140 Km/h con un’automobile che gli permetteva di mantenere tale andatura in condizioni di
sicurezza e con strada asciutta e piena visibilità.
Poiché l’incolonnamento aveva inizio subito dopo
una curva sinistrorsa e il guidatore avrebbe avuto la
possibilità di avvistare l’intralcio ad una distanza di
173 mt., la mancata segnalazione dell’intralcio stradale, prima dell’imboccatura della curva, da parte
dell’ente gestore dell’autostrada ha fatto sì che l’automobilista percepisse in ritardo la presenza dell’incolonnamento e, dunque, fosse impossibilitato a evitare il tamponamento.
Conclusioni
A ben vedere, la decisione della Corte d’Appello
di Trento costituisce non solo un importante precedente in tema di illecito civile c.d. “omissivo”, ma ha
senz’altro contribuito ad alimentare la casistica giurisprudenziale che, in tema di responsabilità della
P.A. (e degli enti gestori di strade e autostrade) per
omissione di segnalazioni stradali, è tuttora molto
scarsa (7).
Infatti, in materia di responsabilità per i danni
subiti dagli utenti delle strade e autostrade dovuti ad
omissioni della Pubblica Amministrazione o dei
gestori delle stesse, l’attenzione della giurisprudenza
è stata rivolta in un’altra direzione: più esattamente,
è stato analizzato e sviluppato il concetto di “colpa
omissiva” della P.A. in relazione ai casi in cui i danni
subiti dagli utenti delle strade si fossero rivelati
dovuti a difetti di manutenzione, ogniqualvolta l’insidia che queste presentano costituisce per l’utente
«un pericolo imprevedibile e inevitabile e nulla abbia
fatto il danneggiante per rimuovere o segnalare tale
situazione» (8).
A tale ultimo riguardo, la giurisprudenza ha, nel
corso degli anni, elaborato un concetto di “insidia
stradale” molto ampio, così da ravvisare una responsabilità della P.A. in tutti i casi in cui essa sia venuta
meno al dovere di mantenere le strade in condizioni
di transitabilità non difformi da quelle apparenti e tali
da creare pericoli “occulti”, cioè pericoli oggettiva-
mente non visibili e soggettivamente non prevedibili (9).
Note:
(6) Proprio sulla base dell’art. 41 c.p., in considerazione della
mancanza di una norma ad hoc, la giurisprudenza civilistica ha
elaborato il surrichiamato “principio di equivalenza delle cause”,
affermando costantemente che: «Nel caso l’evento dannoso si
ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso di
cause trova soluzione nell’art. 41 c.p., secondo cui, in presenza
di una pluralità di fatti imputabili a più persone, a tutti deve riconoscersi un’efficacia causativa ove abbiano determinato una
situazione tale che senza di essi l’evento, sebbene prodotto dal
fatto avvenuto per ultimo, non si sarebbe verificato. Qualora,
invece, la causa sopravvenuta sia stata da sola sufficiente a
determinare l’evento, questa può assurgere a causa efficiente
esclusiva, in quanto inserendosi nella successione dei fatti,
toglie ogni legame tra le cause remote e l’evento» (così, Cass.
15 gennaio 1996, n. 268, in questa Rivista, 1996, 521, recentemente confermata da Cass. 30 agosto 1997, n. 8259, in Rep.
Foro it., 1997, voce Responsabilità civile, n. 124; nello stesso
senso, Cass. 27 maggio 1995, n. 5923, ivi, 1995, n. 63; Cass.
7 aprile 1988, n. 2737, in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 626;
Cass. 26 febbraio 1988, n. 2051, in Rep. Foro it., 1988, voce
Responsabilità civile, n. 72; Cass. 11 febbraio 1988, n. 1473, ivi,
n. 71; Cass. 24 febbraio 1987, n. 1937, in Arch. giur. circol. e
sinistri, 1987, 471; Cass. 12 luglio 1986, n. 4531, in Rep. Giur.
it., 1986, voce Responsabilità civile, n. 148; Cass. 21 dicembre
1984, n. 6652, Rep. Foro it., 1984, voce Responsabilità civile,
n. 63).
(7) Infatti, in tema di segnalazioni stradali, le decisioni rese dalle
corti di merito e dalla Suprema Corte sono veramente esigue e,
comunque, risalenti nel tempo: si vedano, a tale riguardo, Cass.
20 dicembre 1972, n. 3655, in Rep. Foro it., 1972, voce Responsabilità civile, n.120, ove si afferma la responsabilità esclusiva
del Comune ed il conseguente obbligo di risarcimento del danno
«allorquando si verifichi un incidente stradale su strada a senso
unico o di circolazione non debitamente segnalata ad uno degli
opposti ingressi e la mancanza della segnalazione abbia indotto
il conducente a percorrerla, senza alcuna imprudenza da parte
sua, contro mano, in senso vietato»; oppure, App. Brescia 15
gennaio 1971, in Riv. giur. circol. e trasporti, 1971, 69, in cui si
afferma che «la P.A. è responsabile del danno cagionato
dall’urto del tetto di un autofurgone contro un balcone sporgente
sulla carreggiata, per omessa apposizione del segnale di divieto
di transito a veicoli aventi altezza superiore a quella che consente il passaggio sotto la sporgenza, ancorché la sporgenza
si trovi sulla sinistra nella direzione di marcia dell’autofurgone»;
e ancora, App. Milano 29 aprile 1977, in Arch. giur. circol. e sinistri, 1977, 505, secondo cui ricorre la responsabilità della P.A.,
ex art. 2043 «quando essa sia venuta meno al suo obbligo di evitare che interruzioni o soluzioni di continuità del piano viabile
rimangano prive di segnalazione, sì da costituire una situazione
obiettiva di pericolo rispetto alla quale l’utente della strada non
è posto in grado, usando la normale diligenza, di avvertirla in
tempo utile»; ed, infine, Trib. Trento 22 febbraio 1973, ivi, 1974,
52, che ha ritenuto che «la presenza di sassi sulla carreggiata,
a metà di una curva a visuale non libera, integra gli estremi
dell’insidia. La mancata adozione da parte dell’Anas di misure
idonee ad impedire la caduta di pietre sulle carreggiata e la mancata segnalazione del pericolo, integrano la violazione della
legge e delle comuni norme di diligenza e prudenza e l’evento
verificatosi a seguito di tali omissioni, deve essere posto a
carico della menzionata amministrazione».
(8) Si leggano, fra le tante, Cass. 25 giugno 1997, n. 5670, in
questa Rivista, 1997, 704; Cass. 9 febbraio 1981, n. 800, in
Resp. civ. e prev., 1981, 737; Cass. 30 ottobre 1980, n. 5856,
ivi, 1981, 390; Trib. Firenze 10 dicembre 1994, ivi, 1995, 159;
Trib. Milano 19 aprile 1993, in Giur. milanese, 1995, 486; Pret.
Bari 13 maggio 1992, in Foro it., 1993, I, 2731; App. Firenze 12
dicembre 1987, n. 91, in Arch. civ., 1987, 871.
(9) Tale principio è assolutamente pacifico: cfr., fra le tante,
Cass. 21 febbraio 1970, n. 409, in Foro amm., 1970, I, 1, 209;
Cass. 9 marzo 1971, n. 667, in Resp. civ. e prev., 1971, 535;
Cass. 11 novembre 1978, n. 5182, in Arch. giur. circol. e sinistri,
1979, 273; Cass. 21 febbraio 1980, n. 1259, in Giur. it., 1980,
I, 1, 779; Cass. 3 giugno 1980, n. 3619, in Arch. civ., 1980, 647.
Fra i giudici di merito, si vedano in senso conforme, App. Milano
5 giugno 1981, in Arch. giur. circol. e sinistri, 1981, 513; Trib.
Padova 5 dicembre 1984, in Giur. merito, 1984, 431, con nota
di Cacciavillani.
G
GIURISPRUDENZA
Merito
1156
DANNO
E RESPONSABILITA’
n. 12/1998