Da questa parte del mare con il compagno Gianmaria Testa

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Da questa parte del mare con il compagno Gianmaria Testa
The Mellophonium Online
L'editoriale [numero 26]: "Da questa parte del mare con il compagno Gianmaria Testa"
Inviato da Marco Scolesi
giovedì 26 maggio 2016
Questa volta, nello spazio riservato all'editoriale, esco dall'ambito propriamente jazz (anche se in qualche modo c'è,
unito però alla canzone popolare) per ricordare un grande cantautore-scrittore morto poche settimane fa di tumore a 57
anni. E' Gianmaria Testa, capostazione cuneese, amatissimo in Francia, che ho avuto l'onore e il privilegio di conoscere
e frequentare in almeno tre occasioni. La prima, moltissimi anni fa, ad Alassio, in occasione di un concerto in duo con il
chitarrista Pier Mario Giovannone. Un concerto intenso, che alla fine mi consentì di avvicinare Gianmaria nei camerini. Fu
molto gentile e disponibile. Mi ricordo che parlammo alcuni minuti di letteratura e musica e lui mi disse di apprezzare
molto Vinicio Capossela (che da pochi giorni ha pubblicato il nuovo cd "Canzoni della Cupa"). Un incontro di pochi
minuti, del quale però conservo un ricordo affettuoso e anche un autografo sul cd "Extramuros". La seconda volta fu al
Club Tenco di Sanremo, che dopo alcune esitazioni iniziali si decise ad invitarlo e finalmente a premiarlo con la targa per
il miglior disco dell'anno. Dopo l'esibizione in rassegna, e forse anche prima, venne all'Infermeria di Lucien Barbieri e
bevemmo insieme un paio di bicchieri di Rossese di Dolceacqua. E proprio Dolceacqua, nell'entroterra di Ventimiglia, fu
lo scenario del terzo incontro, questa volta in un luogo magico, l'uliveto di Franco Boeri Roi, che ogni anno a luglio
organizza il "Bistrot dell'Ulivo" (c'erano Carlin Petrini di Slow Food, Michele Serra, Oscar Farinetti di Eataly, Gigi
Garanzini, Giovanna Zucconi e altri amici). Alla sera poi si esibì al Diffest, organizzato con passione da alcuni ragazzi del
paese. Quello che mi ha sempre colpito in Gianmaria era l'umanità (lui era comunista in tutto quello che diceva e faceva).
Un'umanità che emerge con decisione anche nel libro postumo "Da questa parte del mare", uscito per Einaudi con
prefazione di Erri De Luca (che lavorò con Gianmaria Testa ad uno spettacolo di musica e parole insieme al clarinettista
Gabriele Mirabassi). Il volume ha lo stesso titolo dello splendido cd uscito invece un po' di anni fa e dedicato ai popoli
migranti (fu prodotto da Greg Cohen, storico musicista di Tom Waits, che invitò in sala di registrazione il chitarrista Bill
Frisell, sempre in bilico tra jazz e radici). Ed è dedicato a Babasunde, che ha perso il suo nome. E a quella ragazza
intirizzita che cammina verso la stazione. A Rrock Jakaj, violinista di Scutari. Allo scrittore marsigliese Jean Claude Izzo,
commosso dall'ascolto di una canzone di Murolo. E poi a Tinochika detto Tino, che si è aggrappato con tutto se stesso
allo sguardo di una donna. Gianmaria Testa ritorna, questa volta non nelle vesti di cantautore ma di scrittore, sul tema
delle migrazioni contemporanee. "E lo fa senza retorica e con il solo sguardo sensato - si legge nella prefazione di Erri
De Luca, che definiva Testa l'uomo a vapore -: raccontando storie di uomini con una lingua poetica e tagliente, insieme
burbera ed emozionata. A dieci anni dall'uscita del disco Da questa parte del mare, che ha ricevuto la Targa Tenco nel
2007 come migliore album dell'anno, quelle canzoni così vive e attuali generano qualcosa di nuovo: un altro tipo di
scrittura e di voce. Ho l'impressione che nei confronti del fenomeno delle migrazioni abbiamo avuto uno sguardo povero
e impaurito che ha fatto emergere la parte meno nobile di noi tutti, scrive. Testa ci lascia con un’opera
emozionante, universalmente attuale perché è in grado di raccontare un sentire comune a ogni uomo nel momento in
cui si affaccia sul baratro della partenza dai propri luoghi di appartenenza, quando il timore di una fredda accoglienza
diventa troppo di frequente realtà. Ho come l’impressione che nei confronti del fenomeno per noi recente delle
migrazioni abbiamo avuto uno sguardo povero e impaurito che ha fatto emergere la parte meno nobile di noi tutti. Siamo
stati in difesa, non abbiamo capito l’emergenza e soprattutto abbiamo dimenticato che soltanto fino a due
generazioni fa partivano i nostri e trovavano gli stessi ambienti duri e inospitali che stiamo ricreando per chi arriva
adesso in Italia. Testa ha incarnato il tipico esempio dell’artista italiano misconosciuto in patria e apprezzato
invece all’estero, soprattutto in Francia, dove ebbe la possibilità di diventare un musicista professionista,
lasciandosi alle spalle un onesto lavoro da ferroviere nella provincia cuneese. Egli nonostante il successo inaspettato,
giunto all’improvviso e in un momento in cui la tentazione di mollare tutto era stata fortissima, rimase ben
ancorato alle umili origini, non dimenticando l’infanzia nei campi, tra le mucche, con l’odore, anzi il
profumo, di letame sempre pregno nei vestiti. I suoi testi riflettevano un profondo senso di appartenenza alla sua terra,
quel piccolo mondo agreste, abbandonato a malincuore, verso cui i suoi pensieri tornavano ossessivamente, inseguendo
con malinconia quella genuinità e quel calore riflessi dalle vite comuni dei contadini e degli altri poveri cristi protagonisti
delle sue canzoni". "Da questa parte del mare" è un libro-testamento uscito a circa un mese dalla morte dello
chansonnier piemontese. Pensato come un complemento letterario all’omonimo album uscito nel 2006, nel
volume vengono brevemente narrate le vite dei personaggi che ispirarono i testi delle undici canzoni, ognuna delle quali
dedicata a un uomo in viaggio verso un luogo, uno stato d’animo o persino verso la morte. Ogni capitolo,
accompagnato dal testo della canzone di riferimento, è quindi il racconto di una partenza, una riflessione poetica sulle
migrazioni moderne, i cui versi mormorano con sofferenza quel senso di sradicamento e di smarrimento che lo spostarsi
porta inevitabilmente con sé, ma anche dei sogni e delle aspettative che precedono il viaggio. Il testo è ”una multibiografia di persone e luoghi” secondo Erri De Luca, amico fraterno del cantautore, invitato come detto a curare la
prefazione, dove riesce a interpretare in poche e intense righe il significato del lavoro, ricordando la necessità per Testa di
raccontare se stesso soprattutto attraverso le vite degli altri, catturando quella malinconia e quel senso di
disorientamento che accompagnano e parificano tutti gli uomini a qualsiasi latitudine. Ciao compagno Gianmaria, ti
saluto con affetto e a pugno chiuso!
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