La Giostra - Libertà Edizioni
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La Giostra - Libertà Edizioni
Libertà Edizioni In fondo la morte non è che l’inizio di un viaggio e la vita è il tempo che ci è stato concesso per preparare i bagagli. C’è chi ha bisogno di pochissimo tempo per farlo e c’è chi invece non ha mai abbastanza tempo, perché ha aspettato l’ultimo minuto o perché è sempre stato indeciso su cosa fosse importante portare e quando è giunto il momento di iniziare il viaggio ormai non ha più tempo. Non è una questione di quantità e non abbiamo bisogno di borsoni o zaini, tutto quello che ci serve per il viaggio sta nel nostro cuore, di conseguenza più siamo riusciti ad allargare il cuore e più bagaglio riusciamo a portare con noi. Certo se avessi saputo da subito tutto questo… Alessandro Rindi La Giostra RACCONTI Libertà Edizioni La Giostra La Giostra Prefazione Dopo l’opera d’esordio, L’ombra dei burattinai, pubblicata da Libertà Edizioni nel 2009, Alessandro Rindi torna a pubblicare una sua opera con lo stesso editore. Stavolta sono racconti brevi, graffianti, dove lo stile onirico si fonde al naif col risultato di un’opera intellettualmente convincente, onesta, che ancora una volta, come nell’opera d’esordio, ruota attorno alle domande fondamentali circa il senso della vita, il destino dell’uomo. L’opera è tormentata, la vita è una stazione, il vero viaggio è il prossimo, dopo la morte, quali bagagli portare nel viaggio vero, quello che verrà dopo la vita presente? Il percorso pare accidentato, la via piena di trappole che sembrano avere l’infernale scopo di indirizzare altrove rispetto alle risposte giuste, a confondere. 5 La Giostra La società, le convenzioni, nasciamo su un binario da noi non scelto e viviamo una vita preconfezionata che ci porta… dove? L’autore non è un rivoluzionario, ma avverte l’esigenza di ripartire da una tabula rasa, di rifare consapevolmente ogni scelta volendo dire un sì o un no alla luce della propria volontà e della propria libertà. Ricordi graffianti affiorano dal passato, la vita difficile di tempi ormai lontani sembra avere con sé la crudezza di una verità che il benessere sembra adesso oscurare, addormentando le coscienze, le volontà, le libertà. Affiorano anche le risposte positive. Il bagaglio che conta sta nella valigia del cuore, è questa che va resa grande e riempita di amore. Il cuore e l’amore, i bagagli che davvero contano nel viaggio ultimo, che ci porterà alla nostra vera casa, alla nostra vera vita. Marco Battista I libri di Alessandro Rindi possono essere acquistati sul sito di Libertà Edizioni www.libertaedizioni.net/autori/rindi oppure prenotati scrivendo a [email protected] 6 La Giostra 7 La Giostra 8 La Giostra La Giostra Adesso comincio a capire, è solo un sogno, e io ci sono quasi cascato. Però sembra così vero, riesco a sentire perfino i profumi delle donne sedute di fronte a me che adesso mi fissano facendomi intravedere le loro gambe con movimenti lenti e sensuali. Se è un sogno anch’io le fisso guardandole negli occhi e tra le gambe, se è un sogno non rischio niente. Stranamente non mi vergogno e non provo nessun imbarazzo, anzi tutto questo mi eccita. Sono bellissime. Che strano posto, non ci sono pareti ma prati infiniti che allontanano l’orizzonte fino a far perdere la misura dello spazio. Fieno alto e giallo carico del calore di fine estate. 9 La Giostra Loro sono sempre lì, ridono e bisbigliano, ammiccano. Ma se tanto è un sogno mi avvicino e provo a dire qualcosa alle splendide donne che ora miracolosamente sono sdraiate tra l’erba alta. Stranamente non riesco a parlare, posso solo ammiccare, come stanno facendo loro con me. Il loro profumo è inebriante, e mi sembra di sentire nel mio intimo una materica sensazione tattile della loro pelle liscia e morbida, delle loro cosce calde e vellutate, del leggero appiccichio che c’è tra le loro gambe accavallate vicino all’inguine, come un bacio leggero e umido di saliva. Si è alzato il vento. Ora le loro vesti candide e sottili volteggiano nell’aria, lentamente, scoprendo sempre più i loro corpi. S’intravedono i seni e a seconda delle leggere folate si percepisce perfino la loro morbida ed elegante peluria. Con l’aumentare del vento le loro bianche vesti si slacciano e iniziano a volare nel cielo, lasciando i corpi scoperti. Si alzano lentamente, spinte lontano dal vento perdendosi poi nell’orizzonte. Io rimango immobile a guardare i loro corpi ormai rimasti nudi. Sento il calore del sole e la brezza di fine estate. Una splendida fotografia di un agosto sulla costa. Dopo il fieno, in lontananza, s’inerpicano sulle colline i vigneti a perdita d’occhio, come verso l’infinito. Filari di foglie verdi e uva matura, tutti in fila, disegnati, precisi, ritmati. Le donne ora corrono tra le viti cariche di grappoli rossi. Io resto sempre immobile a guardare rimanendo comunque abbastanza vicino a loro. Si mescolano i profumi di donna ai profumi della vite e della campagna, il sudore si fonde con la terra 10 La Giostra e l’odore di pelle e di sensualità femminile si lega al profumo dell’uva, uva rossa dai grappoli rigonfi e carichi di acini ricchi di succo, come quelle donne, rigonfie e cariche di traboccante erotismo. Mi volto e dietro le mie spalle vedo una grande giostra coi cavalli di legno colorati con alti pennacchi bianchi sulle teste, che gira lentamente. Non c’è nessuno a manovrarla, sembra magicamente viva. Ci stava aspettando. Ad un tratto tutte le donne corrono assieme, fortissimo, come una gara, corrono verso la giostra per cercare di scegliere il loro cavallo. Dodici donne e dodici cavalli. La giostra ora è ferma. Sono tutte sul proprio destriero, nude e con i capelli al vento. Capelli lunghissimi come le criniere dei cavalli della giostra. La giostra aspetta il via da me. Tutte le donne mi guardano, e aspettano che faccia qualcosa. Non so cosa fare, non trovo la martinicca, non so come far girare la giostra. Così inizio a spingerla, a mano, con tutte le mie forze, e la giostra lentamente inizia a muoversi. Ora la giostra gira da sola, come spinta da una energia superiore, invisibile, potente. Mi fermo a guardare il girare dei cavalli, e lo sventolare dei capelli e delle criniere che vanno ad appoggiarsi sui capezzoli dei perfetti seni delle volteggianti amazzoni. La giostra gira veloce e l’aria spostata fa muovere l’erba alta attorno. In contemporanea tutte le dodici donne mi mandano un bacio, che sento fisicamente, potente e morbido pieno di lussuriosa passione, che mi fa quasi godere. 11 La Giostra La giostra gira sempre più forte, così forte che ad un tratto inizia ad alzarsi. Vengo invaso da una profonda tristezza. Ma è un sogno, è impossibile tutto questo. Mi rendo conto che sto sognando ma sono comunque triste. La giostra ora gira velocissimo, e la forza centrifuga la fa alzare in alto. Alzo gli occhi al cielo e la vedo allontanarsi, e con “lei” le dodici donne. Io rimango immobile a guardare. La giostra è ormai un puntino alto nel cielo. Ma io sono nudo, mi hanno visto nudo! Non me n’ero reso conto. Ma è un sogno, è impossibile tutto questo. Mi vergogno comunque. Devo andare in bagno, ho un bisogno urgente di andare in bagno. Ma ci sono solo campi e vigneti. Bene la farò qui tra questi due filari d’uva, speriamo che non arrivi nessuno. Sono in ansia, e mi cola un po’ del mio prodotto lungo una coscia. Stacco una foglia d’uva e cerco di pulirmi guardandomi intorno con circospezione per vedere se arriva qualcuno. Si è alzato i vento, un vento forte che mi fa cadere all’indietro facendomi sedere sul risultato del mio mal di pancia. Il vento sta aumentando sempre più. Alzo gli occhi al cielo e vedo altissima la giostra con i cavalli. Evviva !!! stanno tornando. Devo pulirmi bene, stanno tornando le bellissime donne, e non voglio farmi trovare sporco e puzzolente. Sono felice, le donne stanno tornando. Ma il vento ora è fortissimo, e mi schiaccia al suolo facendomi rotolare. 12 La Giostra Adesso sono sporco dappertutto, e il puzzo è insopportabile anche per me. Ma è lo stesso, le donne stanno tornando. Mi devo pulire velocemente, ormai sono vicine, sempre più vicine, troppo vicine. Mi schiacceranno. AAAAIIIIUUUTTTOOOOO!!!!!!!!!! È uno spettacolo bellissimo, dodici donne che girano nude su una giostra di cavalli bianchi dai pennacchi lunghissimi, in un campo di fieno alto. L’orizzonte è disegnato dai filari d’uva matura col vento che muove delicatamente le foglie. È caldo, il caldo di fine agosto, tutto intorno, a perdita d’occhio, non c’è nessuno. 13 La Giostra 14 La Giostra Una grande voglia di luce Io intanto guardo fuori e cerco oltre la mia verità. Ho aspettato a lungo qualcosa che non c’era, senza accorgermi del sole che sorgeva di fronte a me. A volte penso che non la troverò mai, così mi perdo nell’assurdità delle cose, e il vortice del tempo m’ingloba e con forza mi proietta nell’irreale. Su quali basi valuto cosa sia reale e cosa sia irreale? Specialmente da qui, nell’infinito della mia anima. Tutto viene mosso dalle emozioni, dai sentimenti, dall’amore e dalla disperazione. Tutto si mescola, passato, presente, eternità. Sembra di sognare. Anche da qui cerco sempre qualcosa che si elevi oltre al banale, all’ovvio, quel qualcosa in più che renda imprevedibile e magica la vita e l’eternità, altrimenti 15 La Giostra tutto sarebbe scontato e noioso e sarebbe difficile trovare l’energia per adeguarsi anche allo stallo del tempo. Il concetto stesso di eternità mi faceva paura, non riuscivo nemmeno ad immaginarlo, come se fossi risucchiato da una grande voragine nera che spingeva con forza il tutto verso il nulla. E invece è stato così semplice, tanto semplice che era quasi impossibile da immaginare. Non so se essere deluso o felice, immaginavo un grande spettacolo pirotecnico, suoni di trombe per poi finalmente trovare l’estasi. Alla fine è come ricominciare da una nuova dimensione, con una nuova consapevolezza, con una grande presa di coscienza, ma non è ancora la fine. Avevo un sogno, quello di riuscire a volare. Immaginavo sempre di alzarmi in volo, spinto da un’energia sprigionata dalla mia mente e controllata dal mio pensiero. Pensavo che se mi fossi allenato moltissimo nel controllo del potere della mia mente, sarei riuscito a sviluppare la capacità di far levitare le cose, magari partendo con oggetti piccoli, e con l’esercizio e la costanza sarei riuscito io stesso ad alzarmi da terra e a far volare il mio corpo e la mia anima. Così provavo e far muovere tutti gli oggetti, cucchiaini da caffè, fogli di carta, matite. Ma niente. Sudavo perfino dallo sforzo che facevo per concentrarmi. Ore e ore, giorni e giorni. Provavo, provavo, provavo, ma niente. Quando un giorno, il miracolo, la mia tenacia e i miei allenamenti avevano dato il loro primo frutto. Si mosse, sì la matita si mosse, e non di poco. 16 La Giostra Continuai, senza interrompere la magia, i miei faticosissimi allenamenti. Dalla matita passai ai libri, dai libri ad oggetti più grandi come vasi da fiori e pentole. Avevo vinto. Adesso dovevo riuscire ad alzarmi in volo io stesso. Continuai ad esercitarmi per molti mesi fino ad arrivare ad essere bravissimo. Riuscivo a far muovere e ad alzare di tutto, avevo il controllo, il controllo totale su qualsiasi tipo d’oggetto. Non l’avevo detto a nessuno, avevo paura di essere giudicato, di essere preso per pazzo. Esercitavo il mio potere solo di nascosto in camera mia. Ero eccitato e mi sentivo potentissimo. Un giorno fui invaso da un profondo senso di paura. Mi sentivo isolato e non capivo dove stavo andando. La realtà era diventata più rarefatta e vedevo la vita dall’esterno, come guardare un film, era come se fossi diventato uno spettatore della mia esistenza. Continuai con tenacia ad esercitarmi e finalmente riuscii ad alzarmi. Mi sollevai da terra quasi di un centimetro. Anche se per pochissimo tempo, per un solo istante, c’ero riuscito. Aumentai ancora di più l’intensità dei miei allenamenti, sempre di nascosto e senza dire niente a nessuno, giorno e notte. Non vedevo più nessuno, non mangiavo più. Più mi allenavo e più riuscivo ad alzarmi, ma più mi alzavo più diventavo trasparente. Imparai finalmente a volare. Più mi alzavo e più la mia figura sbiadiva, fino ad arrivare ad essere invisibile. 17 La Giostra Ero diventato un invisibile uomo volante. Mi esercitavo a volare solo la notte, sorvolando la città in un raggio abbastanza ristretto. Mi piaceva andare alto nel cielo, nel nero dell’infinito, fino a quando ero in grado di sopportare il freddo. Nessuno poteva vedermi, così spesso scendevo in picchiata velocissimo. Volteggiavo libero nell’infinito delle cose. Riuscivo a sentire tutta l’esistenza insieme, come un’unica energia vitale sprigionata dalla stessa fonte eterna. Solo e nello stesso tempo parte di un tutto. Come scendevo di quota però riprendevo i miei colori e tornavo ad essere completamente visibile appena toccavo terra. Praticamente ero diventato un supereroe. Volavo sempre più alto e sempre più veloce. Era bellissimo. A volte mentre sorvolavo il mondo mi capitava di piangere dalla commozione. Mi mettevo ad osservare la città, le strade e i tetti delle case sembravano un grande plastico, vedevo le teste delle persone piccole come bottoni, il loro muoversi freneticamente con le loro auto che sfrecciavano all’impazzata, come se non avessero una vera meta, solo correre per correre. Sembrava che il mondo si muovesse ad un ritmo innaturale. Avrei voluto vedere in faccia quelle persone, ma non potevo perdere quota altrimenti tornavo visibile e avrei dovuto dare troppe spiegazioni. Riuscivo a sentire le loro sensazioni, i loro pensieri, la loro energia vitale. Quanta potenza, quanto amore e quanta disperazione trabocca dai cuori della gente. Da terra non l’avevo mai percepito, ma da lassù, in volo, alto nell’infinito, riuscivo a sentire tutte le anime che urlavano disperate ed impaurite. 18 La Giostra Vedevo i loro corpi rincorrere il tempo come se fossero immortali, in un’angoscia continua e senza mai essere nel presente. In breve tempo cominciai a volare con maggior sicurezza e trovai alcuni punti strategici dove atterrare senza essere visto da nessuno, ma sempre e solo di notte. Dopo quasi un anno che facevo le mie consuete escursioni notturne ebbi una bellissima sorpresa. Non ero il solo a saper volare. Una notte, mentre sorvolavo dall’alto la spiaggia, sentii una voce che mi disse: “Anche tu qua?” Poi un sibilo, ed ancora: “Da dove vieni?” Ma non vedevo nessuno. Allora, tremante, domandai: “Ma chi sei?” E sentii di nuovo la stessa voce che mi rispose: “Ma non mi vedi?” Sbalordito domandai di nuovo: “Dove devo guardare?” E la stessa voce rispose: “Di fronte a te.” Ma io non vedevo nessuno e così rimasi in silenzio. Con calma la voce mi disse: “Non hai ancora imparato a vedere bene. Ho capito. Ascoltami attentamente e fai esattamente quello che ti sto per dire. Chiudi gli occhi e tappati le orecchie, poi soffia più forte che puoi fino a quando i timpani non ti fanno un male insopportabile. A quel punto riapri gli occhi.” Feci esattamente quello che mi aveva ordinato la voce. 19 La Giostra Chiusi gli occhi e, dopo essermi tappato le orecchie, iniziai a soffiare più forte che potevo fino a provare un dolore fortissimo, così riaprii gli occhi e vidi di fronte a me fluttuante nell’aria un ragazzo che mi guardava sorridente. “Finalmente mi vedi! Meglio fare le presentazioni, io mi chiamo Nico e tu?” “Io Alessandro. Credevo di essere l’unico a saper volare, non pensavo che ci potesse essere un’altra persona in grado di farlo.” “Un’altra persona? Siamo in tantissimi. Vieni con me.” Iniziammo a volare velocissimo lungo la spiaggia, seguendo la linea della costa. Vedevamo la scia delle barche come righe sottili fatte con gessetti bianchi su una enorme lavagna scura. Ad un certo punto iniziai a sentire altre voci in lontananza. Continuammo a volare seguendo la linea della spiaggia e più andavamo avanti più le voci diventavano chiare. Iniziai a vedere molte altre persone che volteggiavano nel cielo. Parlavano, giocavano, s’inseguivano. Non avrei mai creduto possibile tutto questo. Iniziarono le infinite presentazioni. Nico mi fece conoscere tutti, come ad una festa, ragazzi e ragazze, bambini e bambine, donne e uomini, vecchi e giovani, tutti lì nel cielo, altissimi nell’infinito della notte, illuminati solo dalla luce tremante delle stelle. Era come se fossero tutti pronti a partire, per andare chissà dove. Ad un certo punto decisi che era meglio tornare a casa. Chiamai Nico per salutarlo, anche lui doveva partire, e gli dissi che sarei andato via, che sarei tornato a casa. 20 La Giostra Nico diventò serio e, in silenzio, iniziò a guardarmi in modo quasi imbarazzato. Con voce calma ma decisa mi disse: “Non puoi più tornare a casa.” Iniziai a tremare, una paura glaciale e tagliente di colpo invase tutta la mia anima. Risposi urlando: “Ma come? Stai scherzando? Non può essere così! Io devo tornare a casa!” Guardandomi freddamente negli occhi, Nico mi disse in modo diretto che più chiaro non avrebbe potuto: “Alessandro, tu sei morto.” Di colpo mi sentii come immerso con violenza nel ghiaccio, ma durò solo un attimo. Mi resi subito conto che il cuore non mi batteva forte nella gola come avrebbe dovuto fare in casi come questo. Tutto il trambusto della vita terrena era sparito, mi sentivo come abbracciato da una quiete materna che mi poneva in totale pienezza con l’universo. Capii che ero morto veramente. Nonostante l’inaspettata notizia mi sentivo bene, anzi ero per la prima volta veramente sereno e finalmente in armonia con tutto il creato. Così, in pace e con serenità, mi preparai anch’io come gli altri alla partenza, anzi non vedevo l’ora, perché mi ero proprio rotto di volare sempre e solo nel buio della notte. In quel momento avevo una grande voglia di luce. 21 La Giostra 22 La Giostra Alquanto strana la mia paura del buio Alquanto strana la mia paura del buio, comunque cerco di vederci i suoi occhi o almeno le cose più emozionanti del viaggio. Sono arrivato così vicino al mostro da sentirmi clandestino del niente, strisciando sull’asfalto ancora caldo di questa strada obbligata. Non m’importa più di fulminarmi all’insegna del nulla, vorrei vivere solo d’aria e d’energia. Di fronte, precisi in fila per terra, fogli di carta bianchi e in lontananza luci dai mille colori. Abbraccio la solitudine e seguo quei fogli stando attento a non scivolare, cercando di andare in fretta per paura che si alzi il vento e li faccia volare via. Hanno detto che erano venuti a cercarmi, ma ho cambiato il mio volto sbeffeggiandoli e nel dubbio ho gettato tutto nelle ortiche. 23 La Giostra Voglio stare ad aspettare, mi sento malato e vorrei che tu venissi ad asciugarmi le ferite. Mi sento alle corde ma domani ti cercherò anche se ormai le rose hanno iniziato ad appassire. Ho troppi nemici e troppi fantasmi e non riesco più ad avere voglia delle mie idee, adesso il tutto si confonde ma forse se entro questa notte avrò attraversato la valle riuscirò a rapire le nuvole e a portarle con me e in un momento avrò coperto tutte le distanze. Io amo te, amo come t’immagino, amo i tuoi sogni, amo la forza dei tuoi sguardi. Ormai non dormo più. L’intensità del ricordo del ritorno illumina l’orizzonte. Sono pazzo? Forse, ma solo così posso restare vivo. Cerco pareti bianche dove le ombre riflesse siano nitide, per poter leggere con estrema facilità il mio futuro, però vedo solo rotaie, infinite rotaie, che spariscono nella nebbia. Portato avanti da strisce di vento gelido affondo le unghie sul muro lasciando linee rosse di angoscia e brandelli di pelle. Il dolore è talmente forte che quasi non lo sento più, ma la visione delle ossa scoperte e consumate mi turba e mi toglie lucidità. Vago a tentoni tra alberi e rocce inoltrandomi passo passo nell’ovatta gelida e silenziosa lasciando scie rosse sul sentiero e questo mi dà sicurezza per l’ipotesi di un eventuale ritorno. Il tanfo della paura è fortissimo e io a questo punto sono rotto dentro. Adesso non lascio nemmeno più segni lungo la via. Ormai sono niente, sono solo respiro. Vorrei sentire ancora la materia. Ho un corpo. 24 La Giostra Devo trovare la chiave per materializzarlo anche fuori dalla mia mente, ma cedo al ricordo di te e della tua pelle cullandomi nella perduta virilità. Un giorno mi chiederai dove ti avevo amato, ed io non saprò risponderti perché le salive hanno fermato il tempo e l’immaginario si è confuso con la vita vera grazie alla mia infinita solitudine. Vorrei raccontarti di tutte le volte che mi sono addormentato al tuo fianco, inebriato dal profumo del tuo collo, e di tutte quelle volte che ci siamo seduti in quel piccolissimo caffè. Il vero amore forse può essere anche a senso unico, l’ho letto moltissime volte negli occhi della gente. In questo muco scivoloso finalmente nella mente materializzo te, così trovo l’energia per farmi materia in questo gelo fatto di attimi infiniti, annaspando nella confusione della tua presenza. Finirò per liquefarmi anch’io in questa melma gelida e viscida. Vorrei che ci fosse la tua mano a tirarmi fuori per potermi stendere su un lenzuolo bianco e profumato, senza tenere più sotto controllo tutte le mie frustrazioni. Vorrei poter volare per arrivare prima alla fine delle rotaie. Ora mi riposo solo per qualche ora, ormai credo che il cammino sia breve e al mio risveglio non mi sentirò più perso perché inizierò ad intravedere il tuo sguardo. Finalmente sento di nuovo il mio corpo, ora mi sento quasi un uomo e mi pare di aver ritrovato la forza di correre. Ho chiaro ogni singolo giorno che non ho vissuto con te. Sembrava comunque vivere e sentivo comunque il peso delle scelte anche se non dipendeva da me, credevo di muovermi per amore anche se inseguivo solo le ombre. 25 La Giostra Ormai manca davvero poco, sento già le grida in lontananza. Mi lancio in una corsa affannosa come se stessi fuggendo invece di arrivare. Mi manca il fiato e il battito del cuore mi sta soffocando la gola dandomi martellate sul petto. Ormai corro ad occhi chiusi guidato dall’istinto e non dalla vista, corro nell’ombra e tra la nebbia ricoperto di sangue seccato e di schiuma. Ho la certezza di poter vivere ancora e di poter essere di nuovo un uomo. Il viaggio mi ha cambiato e ha tagliato via tutti i ricordi latenti e tutte le emozioni inutili. Mi sveglio, mi lavo. Sono tornato. 26 La Giostra Domani se è bello vado al mare Un grande falco dalle piume di un nero lucente e con occhi profondi mi dice di accomodarmi. Rimango perplesso, ma non ci trovo niente di strano, è solo un falco. Chi non ha mai visto un falco? Ma un falco cameriere? Boh, si vede che in questo locale hanno assunto falchi come camerieri, per velocizzare il servizio, ti servono al volo. Dopo pochi istanti arriva una bellissima ragazza con un vassoio e un taccuino, si ferma accanto a me e mi chiede cosa voglio ordinare. - Il solito. Rispondo io. Anche se non ricordo più quanti “soliti” ho bevuto questa notte, ma fa lo stesso. 27 La Giostra Sto bene e mi sento alla grande, anche se mi sembra di aver visto l’ombra di Topolino. Grande la musica questa sera, avrei voglia di ballare ma le gambe non mi reggono. Meglio cercare di tornare a casa in qualche modo. Questa sera tu non c’eri, lei era fuori con i suoi amici, e l’altra non mi vuol più vedere. Me ne torno solo soletto a casa. Meglio a piedi, primo perché non sarei in grado di guidare e poi perché non ricordo più dove ho appoggiato la macchina. Un cassonetto mi chiede di accendere. Rimango perplesso ma non ci trovo niente di strano, solo che non ho fiammiferi e non ho nemmeno voglia di rispondergli, quindi continuo a camminare dritto e a testa bassa. Poi alzo lo sguardo per guardare la luna. Bellissima, rotonda, sembra vicinissima e con due occhioni grandi e sorridenti. Mi guarda e mi chiede cosa faccio. Rimango perplesso ma non ci trovo niente di strano, chi non ha mai parlato alla luna? Ma adesso è la luna che parla a me? In fondo questo è solo un piccolissimo particolare trascurabile. Non ho voglia di rispondergli, gli mando un bacio con la mano con un gesto teatrale e romantico e proseguo per la mia strada. Adesso ho la consapevolezza che la vita ha troppe sfumature, ed è un peccato che la maggior parte io le perda per colpa della fretta. Anche ora avrei potuto scambiare qualche parola con la luna invece di tornare subito a casa. Meglio affrettarmi perché mi sembra di barcollare pericolosamente. 28 La Giostra Mi manchi troppo. Una volta facevamo l’amore e ora non mi vuoi più. Che tristezza. Almeno se ci fossi stata un’ultima volta. Ma proprio questa sera dovevi uscire con i tuoi amici? Il passato non c’è più, credo proprio che ci sia un errore. E questa sera tu non ci sei. Mi viene da vomitare, meglio muovermi. Avrei voglia di te, questa sera che è una sera bellissima, devo stare solo. C’è sicuramente un errore. Forse arriva qualcuno. Un’ombra si avvicina lentamente. Se ha voglia di guai mi trova, questa sera sono imbattibile, c’è anche la luna piena, se si avvicina gli spacco la faccia. Meno male che ha girato, meglio per lui, questa sera sono spietato. Vomito. Perché non mi vuoi più? Vomito ancora. Sono quasi arrivato, manca poco, meglio comunque se mi siedo un attimo a recuperare un pochino. Domani se è bello vado al mare. Le donne che conosco non mi piacciono, non ne conosco nessuna come te. Ce la posso fare adesso, manca poco e anche se è veramente difficile rimanere in piedi, va bene, ce la posso fare. Cavolo un cane mi ha pisciato sul piede, porca troia anche questa. Che ore saranno? Non ho idea, e con questo buio non riesco nemmeno a leggere l’orologio. Che bello c’è una fontana, ora mi do una rinfrescata, magari mi sciacquo la faccia e bevo un sorso d’acqua. Meglio mettere tutta la testa sotto l’acqua. 29 La Giostra Caspita è freddissima. Vomito. Meglio cercare di pulirsi un po’, anche il piede piscioso. Praticamente mi sono fatto il bagno. Però bello, ora sto benissimo, fresco e quasi lucido, e con una nuova energia per tornare a casa. Non capisco perché non mi vuoi più. Noi, che una volta facevamo l’amore. Sono arrivato. Il falco che prima faceva il cameriere nel locale adesso mi apre la porta. Rimango perplesso, ma non ci trovo niente di strano, è solo un falco. Chi non ha mai visto un falco? Ringrazio e saluto cordialmente, ma sono convinto che ci sia qualcosa che non va, io non ho mai avuto un falco come portiere. Conviene spogliarmi nel bagno e mettere i vestiti in lavatrice, poi subito a letto. Ma che profonda tristezza, ho capito che tu non ci sarai più. In culo alla sveglia, qualunque ora sia e qualunque giorno sia, io domani vado al mare. 30 La Giostra Sono qui Sono qui, in casa mia. Con l’esattezza sono seduto nella mia cucina è sto guardando la mia sala che si apre imponente al di là del mio ingresso, con le tende colorate delle varie tonalità dell’arancio e i due grandi divani blu. Bevo il mio vino buono e ho soldi in cassaforte. Rimango seduto, appoggiando i gomiti sul mio tavolo da pranzo, un tavolo freddo, di vetro verde, e guardo con distacco le foto appese alla parete. Non ho ancora capito. Domani mattina, come tutte le mattine, mi alzerò senza un vero obiettivo, ma solo per istinto di sopravvivenza, compiendo i soliti gesti come una macchina automatizzata, il solito schema quotidiano mi toglie l’entusiasmo e la voglia di andare oltre. 31 La Giostra La mia personale rabbia interiore sta scavando voragini nel mio stomaco concentrandosi poi nella mia testa come una tanaglia che stringe costantemente le mie tempie. Forse sono vicino ad un traguardo, ad una svolta, e poi sarà la consapevolezza. Cosa voglio? Quando saprò rispondere a questa domanda in maniera sincera e profonda, avrò trovato la felicità, almeno credo che sia così. Per adesso vado a letto, nel mio letto, sperando di addormentarmi in fretta, cosa ormai alquanto rara. Ho paura di morire. Dovrei accettare la vita che mi è stata regalata con più leggerezza, ma la mia ansia mi costringe ad avere un orizzonte troppo corto e soffocante, e la notte il soffitto della mia camera si abbassa sempre di più, credo che un giorno arriverà a schiacciarmi. 32 La Giostra Ricordi I È bellissimo sentire sulla pelle il fresco delle lenzuola quando dopo la doccia mi abbandono ancora umido sul letto. Mi sembra di riuscire a fermare il tempo, di tornare a quando lo facevo da bambino, in quella stanza di passaggio dove era impossibile trovare l’intimità. Una camera che veniva attraversata da tutti per andare al piano superiore o per andare in bagno. Non c’era il riscaldamento, e molte volte d’inverno andavo a letto con il berretto di lana per non farmi gelare le orecchie. Ma quando arrivava la primavera tutto era diverso, e potevo sdraiarmi sul letto dopo la doccia. L’inverno era lungo, più lungo di adesso. 33 La Giostra Era difficile inventare giochi per far passare le interminabili giornate grigie e piovose. Sempre in una stanza, tutti in una stanza, l’unica che aveva una stufa a legna. Dall’ingresso si arrivava in cucina, lì si mangiava si giocava si ascoltava il giradischi e passavamo quasi tutto il tempo aspettando le belle giornate per poter andare fuori in corte a giocare. Ricordo il freddo, e ricordo il caos. Eravamo in sette. Mia nonna, mia zia e mio cugino, mia madre, mio padre, mio fratello ed io. Il caos. Mio padre non c’era quasi mai, lui lavorava di notte, alla Cantoni, una fabbrica di filati. Il giorno dormiva, e quando si alzava andava al bar. D’estate prima curava l’orto, poi andava al bar. Ma io riuscivo comunque a sognare. Da bambino dormivo nella stessa stanza di mia madre e mio padre, assieme a mio fratello. Tenevamo il vaso sotto il letto, perché il bagno era all’ultimo piano, e per andarci dovevamo attraversare la stanza di mia nonna, ormai malata e vecchia di una vita faticosa. Ricordo l’umidità e la sensazione gelida delle guance sul cuscino freddo. Non avevamo l’acqua calda e il lavarsi la mattina era veramente avventuroso. Avevamo uno scaldabagno solo per fare la doccia, anche se per molto tempo mi sono lavato nella tinozza al caldo in cucina. D’estate c’era la sistola. 34 La Giostra Ricordi II Oggi fa veramente caldo, un caldo afoso e appiccicoso. La mia camicia bianca di cotone si appiccica quasi alla pelle sulla pancia gonfia del dopo pranzo, facendo trasparire l’ombelico e i capezzoli adolescenziali. È veramente un caldo tremendo, saranno 40 gradi e non c’è un alito di vento. Penso proprio che andrò a sdraiarmi sotto il fico, all’ombra, circondato del profumo dolce dell’estate. La pelle sudata che prima mi sdegnava ad ogni pensiero di dinamismo, ora all’ombra mi dà giovamento, è quasi piacevole, come dopo aver fatto la doccia. Mi siedo su una vecchia sedia a sdraio messa lì proprio per riposarsi all’ombra delle due del pomeriggio. Qua dietro casa posso stare per un po’ solo. 35 La Giostra Ho fatto molta attenzione a non farmi vedere, sgattaiolando fulmineamente dietro la corte. Mio fratello e mio cugino sono sempre in cucina impegnati a trangugiare il cocomero. Sono solo. Guardo le vecchie capanne ormai in disuso, sento il rumore che fanno le galline chiuse nei vari pollai. Tutto questo mi è familiare, il puzzo delle bestie lo starnazzare, l’abbaiare, è come una ninna nanna. Mi addormento cullato da una natura rimpianta. A volte dopo pranzo andavamo al bar, il bar del paese. Sì perché Sant’Anna allora era solo un paese di campagna. I vecchi seduti davanti, in canottiera e ciabatte, ci scrutavano chiamandoci con il nome dei nostri padri. Noi giovani di dodici anni dovevamo portare rispetto sia agli adulti che ai ragazzi più grandi. Una sorta di nonnismo di paese. Molte volte mi ribellavo e tornavo spesso a casa con qualche livido. Ero, come adesso d’altronde, molto orgoglioso e permaloso, e poi non capivo. Perché dovevo fare e non fare, dire e non dire, obbedire agli ordini di ragazzi poco più grandi di me? Non capivo. Così spesso appariva un nuovo livido. Mi sono sempre ribellato fino ad aver ragione, fino ad essere lasciato libero, fino ad arrivare ad essere rispettato. Bastò un pugno, partito a caso, dato e guidato dalla rabbia, però inferto alla persona giusta. Da lì il rispetto. Bastò un pugno per farmi prendere coscienza di me e della mia forza. Una sensazione bellissima. 36 La Giostra Ricordo molte di quelle scazzottate, io colpivo sempre per primo, poche chiacchiere, sferravo subito un pugno o una testata, e in genere era sufficiente. Una volta fui massacrato. In cinque o sei, ora non ricordo bene. Arrivato a casa immersi la faccia in acqua e ghiaccio. Ero gonfio come i pugili dopo un incontro. Avevo perfino una frattura alla mascella. Ricordo ancora bene la sorpresa e lo sgomento di mia madre quando mi vide. Spiegai l’accaduto e lei capì che dovevo fare così, che non avevo avuto scelta, non sarei mai potuto fuggire, anche se gli avversari erano tanti, anche se tutti i miei amici erano fuggiti terrorizzati lasciandomi solo. Il mio orgoglio e il mio carattere me lo avevano impedito. Lottare sempre e comunque. Da quel primo vero pugno, fu sempre così. Gli zingari che mi avevano massacrato, dopo mi rispettavano e mi temevano, avevano capito la mia forza, avevano capito che singolarmente, testa a testa, non avrebbero avuto speranza. I ragazzi più grandi, i bulli, che facevano sempre i furbi e i gradassi, erano scappati tutti dalla paura, dalla paura degli zingari, perché tutti avevano paura degli zingari. Ma io no. Ne avevo prese tante, ma non ero fuggito, e molte comunque le avevo date anch’io, prima che mi afferrassero e mi bloccassero riempiendomi di calci. Nei giorni seguenti io ero ammaccato e dolorante, ma orgoglioso e fiero, mentre gli altri ragazzi, quelli che erano presenti, quelli che erano fuggiti, si vergognavano a farsi vedere. 37 La Giostra Dove erano finiti tutti i loro discorsi da eroi? Li avevo smascherati. Erano solamente dei cacasotto, mentre io ero un eroe, anche se le avevo prese. Adesso a ripensare a quella giornata, mi viene in mente l’espressione di mia madre nel vedermi come mi avevano ridotto. La rabbia e la disperazione. Lei però capì. Ricordo il silenzio della cena e del dopo cena. Nessun rimprovero, nessuna romanzina, solo sguardi bassi e silenzio. Il giorno dopo andammo al pronto soccorso. 38 La Giostra Ricordi III Mio nonno ha fatto la guerra. Mia nonna è rimasta ad aspettarlo. Per molto tempo ha aspettato. Mio padre ha otto fratelli, anzi con esattezza quattro fratelli e quattro sorelle. Alcuni non si somigliano per niente sia fisicamente che nei modi di fare. Mia nonna ha aspettato per molto tempo. Un giorno poi sono anche venuti gli americani. Mio nonno aveva i baffi, anche mio padre porta i baffi e anche altri due miei zii portavano i baffi e forse anche qualche mia zia. Anche io porto i baffi, anzi con esattezza il pizzo. Non so perché ho cominciato a tenere il pizzo. Ho iniziato a lasciarlo definitivamente da militare. Chissà perché? 39 La Giostra Credo che sia come avere una sorta di tatuaggio. Fondamentalmente credo di stare meglio con il pizzo che senza. Avrei voluto conoscere i miei nonni, io li ho solo immaginati. Sia mio padre che mia madre non mi hanno mai raccontato molto su di loro, anzi quasi niente. Mia nonna Amelia, la mamma di mio padre, l’ho conosciuta, è morta quando io ero in seconda media. Mia nonna ha aspettato per molto tempo mio nonno, e vennero anche gli americani. Mio nonno, da parte di mio padre, faceva lo spazzino, uno di quelli spazzini di una volta con il carrettino a pedali, che prendeva la spazzatura con le mani e pedalava per tutto il quartiere. Una volta si produceva meno spazzatura, allora bastava un carrettino. Mio nonno doveva sfamare nove figli. Era dura. Mio padre, in una delle sue poche confessioni, mi ha raccontato che le quattro sue sorelle dormivano tutte in una stanza e in un unico letto matrimoniale, e i cinque maschi tutti in un’altra stanza, e anche loro in un unico lettone. C’era poco da mangiare, e quasi tutti lavoravano dodici ore nei campi, anche quelli più piccoli, in campi di altri, e a volte lavoravano una giornata intera solo per mangiare. Mio padre portava in tasca un pugnetto di sale sperando di trovare nei campi, mentre lavorava, una rapa o un pomodoro. Erano in nove fratelli. Non c’era la televisione, e comunque una volta era diverso. Io conosco poco anche i miei zii. Avere troppi zii è come non averne nessuno. 40 La Giostra Non so niente della loro infanzia, della loro giovinezza, dei loro sogni. In verità conosco poco anche di mio padre. Dai pochi racconti ho capito che erano tempi duri, all’inseguimento delle stagioni, e stavano sempre fuori di casa sia in estate che in inverno. Giocavano a pallone scalzi e le emozioni erano vere e potenti come quando ammazzavano il maiale. La famiglia allora si riuniva tutta, e venivano invitati anche i parenti lontani, erano giorni di festa. Le parti del maiale che non si potevano conservare nel tempo venivano cucinate e divise con tutti. Immagino un’umanità in stampatello, cruda e vera, fatta di fatica fisica e di paura, ma di grandi emozioni. Poi è arrivata la televisione. 41 La Giostra 42 La Giostra Un’ultima volta Basta non ho più voglia di starti ad ascoltare, non m’interessa niente, non ti dirò brava. Basta. Guardami e basta. Al di là dei miei capelli, al di là dei miei vestiti, al di là delle mie parole. Guardami dentro, e io farò la stessa cosa. Senza dire niente, in totale silenzio. Se non ti riesce allora è meglio smettere ora. Quanti anni, quante storie, quanti ricordi, qualche volta ha perfino piovuto, ma dopo ci siamo sempre asciugati. Ed ora siamo qui, e non riusciamo a vederci per quello che siamo. Ci ha distratto l’apparenza, ci ha confuso la forma, ci ha anestetizzato il benessere. Ma ora guardami e basta. Non guardare quello che ho fatto, non guardare quello che ho detto, non guardare quello che ti ho comprato. Guardami dentro. 43 La Giostra Attraversa i miei occhi e visita la mia anima, osserva la mia essenza. Senti se ha un profumo, un aroma, senti se è liscia o ruvida, dimmi quanti colori vedi, e se i profili sono affilati e taglienti o rotondi e morbidi. Toccala, coccolala, rassicurala. Piano senza parlare, senza fretta, senza pensare. Lo stesso io farò con te, e così capiremo finalmente che ci siamo sbagliati, e piangendo ci ringrazieremo e ci baceremo un’ultima volta. 44 La Giostra Il cuoco Chi l’avrebbe detto? Nessuno forse avrebbe scommesso un soldo. E invece ho fatto tutto questo. Con rabbia, con a fianco la fortuna, con fatica. L’evoluzione dell’uomo, la ricerca dell’uomo, la tecnologia e la fisica al servizio dell’uomo. Per cosa? Voglia di conoscenza? O semplicemente voglia di non fare più niente? Non so, però ora riesco a far materializzare una patata dal mio computer, o un pomodoro o perfino un minestrone già cotto. Tutto riesce a materializzarsi attraverso il mio computer. Non hanno proprio lo stesso sapore, ma è formidabile! Chi l’avrebbe detto? Risolverò il problema della fame nel mondo. 45 La Giostra Con adeguate modifiche, e perfezionando il sistema, non importerà più andare a fare la spesa. Mangiare non costerà più niente. Non importerà più saper cucinare. Con i dovuti aggiornamenti ogni tipo di cibo uscirà già cotto e pronto per essere mangiato. Che bello! Avremo a disposizione molto più tempo per fare altre cose. Scaricando i dovuti aggiornamenti e le varie espansioni di menù, potremo arrivare ad essere grandi cuochi semplicemente premendo un tasto. Piatti pronti, con il cibo ben disposto, impiattato alla perfezione e alla temperatura giusta. Tutto gratis. Il latte e le pappine per far crescere sani e forti i nostri figli, basterà schiacciare un tasto e subito come per magia si materializzeranno dal nostro computer. Che grande invenzione, diventerò l’uomo più famoso al mondo. Domani presenterò alla stampa la mia invenzione. 46 La Giostra Semafori Molte volte m’immedesimo nelle sofferenze altrui, e soffro, soffro veramente, come se si materializzasse una calda palla di piombo nello stomaco. Una sensazione d’impotenza m’invade e inizio a marcire dentro. Come quando mi fermo ai semafori e percepisco l’infinito mondo che c’è dietro ad ogni persona che sta lì a chiedere l’elemosina. Nei loro occhi vedo la rassegnazione e la profonda delusione nei confronti di qualsiasi Dio. Giovani e vecchi, donne e bambine, chissà da quale parte della terra provengono, albanesi, romeni, senegalesi, marocchini. Penso ai loro sogni, alle loro speranze. Vite, come la mia. 47 La Giostra Vorrei fare qualcosa ma non so da dove cominciare, accelero e vado avanti, e questa sensazione mi lascia, e riesco pian piano a rientrare nella mia ovattata realtà. Ma domani passerò nuovamente di lì. Intanto il mondo ride e va velocissimo. 48 La Giostra Piccole storie davanti a un bicchiere di vino Oggi mi sento così Oggi mi sento così, invaso da sensazioni in bilico e alla ricerca di una risposta. Anche se sono contento della mia vita, assurdi bilanci mi catapultano in un tempo orizzontale, ma dove sia il limite tra la realtà e l’immaginazione resta un mistero, tra quello che avrei voluto, quello che ho vissuto e quello che sto vivendo. Mi perdo di nuovo, così scrivo piccole storie davanti a un bicchiere di vino. 49 La Giostra Trasposizione L’anima lieta si rasserenava nell’attesa d’intraprendere il predestinato viaggio nell’umanità. Non aveva avuto ancora le specifiche della vita da vivere, non era importante il sesso e nemmeno la nazionalità o la religione, era importante il fatto che toccava proprio a lei. Dall’eterno presente si preparava ad una vita in bilico tra passato e futuro, fatta di ricordi e obiettivi, di rimpianti e paure, di cose da dimenticare e vita da costruire, senza mai vivere nel presente. Energia pura che si preparava a diventare materia, questa era la sola cosa che sapeva. Dall’altoparlante si udì finalmente il suo nome. Veniva invitata a presentarsi presso l’ufficio umanizzazioni per adempiere a tutte le procedure di rito prima della trasposizione (spostamento o inversione di due elementi collocati in un ordine preciso). Proprio in quest’ufficio veniva deciso il tempo, il luogo e il sesso, con assoluta precisione. Era giunto il momento, e in un infinitamente piccolo spazio temporale tutto si realizzava. Dall’altra parte, sulla terra, una giovane donna si stava preparando a partorire, e in contemporanea, dall’altra parte del globo, un anziano signore era alla fine del suo viaggio. La donna soffriva e urlava per i dolori del parto, mentre il vecchio ormai non si lamentava quasi più, era in attesa di udire il suo nome dall’altoparlante, aspettava solo di essere chiamato. La giovane donna si lamentava sempre più, ormai mancava pochissimo. 50 La Giostra Accanto a lei c’era suo marito, eccitato e spaventato che le teneva la mano. Nella stanza accanto il medico di guardia stava compilando alcuni referti, quando entrò nel suo ambulatorio la sua ragazza. Lei subito chiuse la porta e andò verso di lui traboccante di voglia di fare sesso. Gli slacciò i pantaloni, e subito gli si accavallò sopra, e cominciarono a fare l’amore. L’anima era ormai sulla linea di umanizzazione in attesa della materializzazione, mentre una testolina pelosa faceva capolino tra le gambe della giovane donna. Il vecchio ormai respirava a fatica e le sue ultime prese vitali si facevano sempre più viscide e inafferrabili. In contemporanea la passione stava riempiendo i corpi del medico e della sua ragazza e stava raggiungendo il suo culmine. Nell’universo si crea un istante infinito dove si realizzano, sovrapponendosi, tre eventi soprannaturali. I due protagonisti s’incontrano in uno spazio temporale di collegamento, il vecchio e l’anima s’incrociano, uno va e l’altro torna. Il medico raggiunge l’orgasmo e feconda la sua ragazza, concretizzando l’umanizzazione dell’anima. Il vecchio muore, un bimbo in contemporanea nasce, e l’anima si materializza nel grembo della ragazza del medico, iniziando così il suo viaggio. 51 La Giostra Attimo Ti guardo. Vorrei guardarti così, per tutto il tempo e con tutta l’intensità possibile. Vorrei scolpire nella memoria ogni dettaglio e ogni sfumatura della tua pelle, perché so che prima o poi ti perderò, e soffro per non riuscire a fermare questo momento, queste sensazioni, questa energia. È pericoloso ingabbiare l’energia e la passione, può portarmi alla pazzia e così ti perderei ancor prima. Tutto questo mi fa sentire ancora più forte il passare del tempo, veleno che si materializza nella gola, lo sento, vuole uscire assieme a tutta la rabbia di precarietà. Ma lo contengo stringendo più forte la bocca e anche un attimo così bello diventa insopportabile. 52 La Giostra Il gregge La mente dell’essere umano non è stata programmata per elaborare concetti superiori, quindi non bisogna nemmeno provarci. Tutto è troppo più grande. La logica mi porta a dedurre che ogni forma di religione sia falsa e frutto della fervida immaginazione di qualche pseudo illuminato, con lo scopo di uniformare le masse per facilitarne il controllo, solo per evitare il panico dovuto al caos. Si materializza così un potere provvisorio su tutta l’umanità. In pratica è come l’immagine del pastore e del gregge di pecore. Il padrone dà gli ordini e il gregge li esegue, e tutto apparentemente per il bene del gregge stesso. 53 La Giostra Emozione Abbiamo avuto la presunzione di cercare di chiudere in una singola e fredda parola l’essenza di un sentimento, di una emozione. Già, la parola ‘emozione’ non riesce a trasmettere la potenza e il vento della sensazione provata. Non possiamo fondere pensiero e corpo in uno statico vocabolo senza rischiare di standardizzare l’anima. 54 La Giostra Un vecchissimo sogno Da quando ho imparato a sognare a volte mi confondo, e anche la realtà diventa più rarefatta e si mescola ai ricordi onirici. Ricordo un sogno, un vecchissimo sogno. Mio padre e mia madre che cadevano in una vasca d’acqua. Era come una grande fontana, e lentamente sparivano affondando nel nero delle profondità dell’acqua. Un sogno scuro, avvolto di notte. Ero piccolissimo e non ricordo altri sogni prima di questo. 55 La Giostra Illusione Ti vedo arrivare, due stivali bianchi e una maglietta che si apre sotto la linea del collo, lasciando intravedere seni di una morbidezza ovattata. Potrei innamorarmi di te e fuggire con te ora, in questo preciso istante. Ma acceleri e passi oltre. Il sogno svanisce e si annienta l’illusione di un amore. 56 La Giostra È Domenica Tutti ben vestiti e profumati processioniamo verso il luogo chiamato la Casa del Signore. È Domenica. Con sguardi commossi e pugni sul petto guardiamo genuflessi l’immagine del Cristo, recitando a memoria preghiere senza più nemmeno ascoltarci o cercare di capirne il messaggio, non sappiamo nemmeno più se c’è un messaggio. Alla fine rimangono solo panche calde e libretti della messa caduti per terra. 57 La Giostra Coccole Non so niente, ma m’illudo di riuscire ad ingannare me stesso e gli altri parlando di emozioni, di amore, di fede e di precarietà. Io ho paura di morire, ma avrei anche paura di vivere per sempre. Vorrei addormentarmi sopra il bianco ovattato di una nuvola di primavera, accarezzato da un vento caldo e disintossicante, per poi risvegliarmi privo di pregiudizi e condizionamenti e traboccante di una energia ritrovata. Così, grazie alla memoria del tempo, avrei dentro di me saggezza e serenità, e un amore infinito per le persone e per la vita. 58 La Giostra Ora Abbiamo bisogno delle novelle, delle leggende, dell’eternità per sentire che c’è qualcosa di soprannaturale, per illuderci di essere immortali. Sono felice, formalmente felice. L’importante è non scavare troppo a fondo, l’apparenza diventa quasi realtà e il soprannaturale diventa stranamente comprensibile. Molte lotte sono spinte dalla gelosia. Siamo gelosi l’uno dell’altro, con l’affanno di arrivare primi verso chissà quale traguardo, e soffriamo per tutto questo, ma continuiamo ugualmente, dando così più forza a miti e leggende che, pur facendoci paura, ci riempiono una vita che altrimenti rischierebbe di essere veramente priva di futuro. Io aspetto, è una vita che aspetto. Anche i miei genitori mi aspettavano, poi sono arrivato e ho iniziato anch’io ad aspettare, aspettavo di crescere, di diventare grande, aspettavo la prima bicicletta, aspettavo la moto, aspettavo la mia prima ragazza, aspettavo la macchina, aspettavo di finire di studiare, aspettavo di iniziare a lavorare, aspettavo di sposarmi, aspettavo di avere una figlia, aspettavo l’altra figlia, aspettavo di diventare adulto. E adesso cosa aspetto? Adesso non aspetto, adesso finalmente vivo, qui, ora, nel presente, respiro e mi sento vivo. 59 Stampato in Italia nel Luglio 2011 per conto di Libertà Edizioni