Poesia lumaca
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Poesia lumaca
Poesia lumaca Fammi la tomba a forma di cuore così simile a un fiore che si arieggi in libertà e appaia bella. Tomba radici per cuscino, spuntan dalla tomba e oscillano alle nubi gonfie. Orecchio si avvicina al sottostrato del muschio feltro verde e suono di gocciolio di pioggia attraversa quello strato giù fino alle radici che mi faranno il solletico alI'orecchio. Tomba di fieno, bisogna tagliarmi le dita dei piedi e allora marciano via in curva sonora o Tomba di immondizie, un mucchio alto sulla mia testa, sangue presto mi colerà nell' orecchio nessuna scelta se non la tomba, allora gatto e pecora sono margherite diventate. Il treno mi rimboccherà la tomba, il mio fiato esalerà gentil vapore tra ruote e rotaie. E allora gattino con cordino e pallina, salta su questo tumulo così morbido e grazioso E allora le mie dita dei piedi possono arricciarsi e diventare lumache e andarsene curiose per i fatti loro. 1958 NYC Peter Orlovsky L'angelo azzurro Marlene Dietrich canta un suo lamento all’ amore meccanico. S'appoggia a un albero di cartapesta su una spianata presso la spiaggia. Lei è un giocattolo grande come dal vivo, la bambola dell'eternità; ha capelli in forma di cappello astratto fatti d'acciaio bianco. Faccia incipriata, imbiancata a calce e immobile come un robot. Le spunta da una tempia, accanto all' occhio, una chiavetta bianca. Sogguarda attraverso smorte pupille azzurre centrate nel bianco dei suoi occhi. Li chiude, e la chiave si gira da sola. Li riapre, e gli occhi sono vuoti come quelli di una statua di museo. La sua macchina si mette in moto, la chiave gira di nuovo, gli occhi cambiano, lei canta —tu credevi che avrei pensato un piano per far finire quei macinio interiore, ma non finche non ho trovato un uomo che mi occupi la mente. Sogno, Paterson, sulla metà del 1950 Allen Ginsberg Il lamento di Zizi Io amo la malattia del ridere se mi venisse, mi farebbe benissimo— Ho indossato le splendide tuniche del Sudan, portato haliva magnifiche dei F.lli Boudodin, baciato le Fatime cantanti dei magnaccia di Aden, scritto salmi gloriosi nel caffè di Hakhaliba, ma non ho mai avuto la malattia del ridere, e allora, a che servo? II mercante mi offre oppio, kiff, hashish, anche sperma di cammello, ma niente che vada bene — O amara maledetta notte! sempre tu! e ancora devo togliermi i denti irreali spogliarmi del mio irrisibile io mettere a dormire questa testa melanconica? Senza la malattia del ridere non sono nulla. Mio padre l'aveva, mio nonno l'aveva; a mio zio Fez di certo gli verrà, ma a me, a me, che mi farebbe così bene, mi verrà mai? Gregory Corso Biglie fredde perdute i miei pattini sul muro lustro di zampe sciacqua il suo orizzonte lavanda ha la bel1a faccia di un ragazzetto schifoso case dormitorio dita sporche fischiavano nel1'ombra «Aspettami al bivio.» fiume... neve... qualcuno di vago svanisce in uno specchio filigrana di venti industriali bianco freddo come trine circonda gli alberi del pepe il film è finito la memoria è morta quando le loro foto sbiadiscono consunte punti di acqua inquinata sotto gli alberi nel1a foschia ombra di ragazzi al1o spuntar del giorno nei campi di peonie fredde perdute biglie nel1a stanza garofani tre ampol1e di morfina sorrisini crepuscolari d'occhi azzurri tra le sue gambe gial1e dita azzurre stel1e ragazzi eretti dal sonno hanno sogni gelati perchè io sono ancora ragazzo passala carne e ossa trattenute troppo a lungo sì signore oui oui caga ultima mappa...lago...una canoa...rosa tornado nel1e colture ottoni echeggiano ewiva tropicali dal1a Città di Panama barriere notturne dita morte in te nel tuo corpo attorno e forse una pel1e di ragazzo si tende in qualcos' altro a Long Island i cani sono zitti. William S. Burroughs Prefazione al messaggio di un suicida in venti volumi (per Kellie Jones, nato il 16 maggio 1959) Da poco, mi sono abituato al modo in cui La terra si apre e mi avviluppa Ogni volta che esco a passeggiare il cane. O alla stupida musica sfrangiata che fa Il vento quando corro dietro a un autobus... A questo sono arrivato.. E ora, ogni notte conto le stelle, E ogni notte ottengo lo stesso numero. E se non verranno più a farsi contare, Conterò i buchi che lasciano. Nessuno canta più. E poi la notte scorsa, in punra di piedi Salito alla camera di mia figlia l'ho sentita Parlare con qualcuno, e quando ho aperto La porta, non c'era nessuno lì... Solo lei in ginocchio, che sbirciava dentro Le proprie mani giunte. 1957 Amiri Baraka Poesia in lode di Mio Marito (Taos) Non credo sia stato facile viver con me, tra l'altro, con le mie ripicche, i su e giù d'umore, il bisogno di privatezza l'orgoglio dei leoni, e piangere a letto quando tu vuoi dormire e tu, che mi interrompi nel mezzo di un migliaio di poesie «hai chiamato quelli dell' assicurazione?» la volta che mi hai fermato una poesia viaggiando in macchina su per le colline del nebraska e verso il colorado, con odetta che cantava, e il mondo intero che cantava in me il trionfo della nostra rivoluzione nell' aria e io che stavo per metter giù tutto questo, e tu tu che dicevi qualcosa del carburatore e così tutto se n'è andato via ma ci aggrappiamo l'uno all'altro come se ciascuno pensasse che l'altro è la zattera e lui alla deriva solo, mentre in questa casa di fango non abbastanza grande, coi muri che si sbriciolano attorno a noi, polvere fine piove contrastando l'aria buona delle altezze e turandoci le narici appendiamo le nostre immagini dei diversi mondi: college a new york, e poster di san francisco, disponiamo i nostri piatti giapponesi, coltelli cinesi inchiodiamo piccoli abiti nuziali indiani alla parete di mattoni crudi inciampiamo traversando il silenzio nelle budella l'uno dell'altro andando a tastoni da un posto sbagliato all' altro come bambini che se la filano per giocare in barca di notte e si sciolgono gli ormeggi, e loro guardan le stelle di cui niente sanno, per scoprire dove stanno andando Diane di Prima da Mexico City Blues 239esimo Ritornello Charley Parker somigliava a Buddha Charley Parker, che è da poco morto Ridendo a un giocoliere alla TV da settimane logoro e malato, lo dicevano il Perfetto Musicista. E l'espressione che aveva sulla faccia Era calma, bella e profonda Come l'immagine del Buddha Rappresentata nell’oriente, a occhi socchiusi, L'espressione che dice «Tutto è Bene» —Questo era quel che Charlie Parker Diceva quando suonava, Tutto è Bene. Si aveva quel sentimento-di-mattina-presto Come la gioia di un'eremita, o come il perfetto grido Di una gang scatenata a una iam session «Uau, Bang»—Charley si crepava I polmoni per raggiungere lo speed Di quel che gli speedati volevano da lui E quello che volevano Era il suo Eterno Rallentando. Gran musicista e gran creatore di forme Che trovano espressione infine Nei costumi e in quel che hai tu. Jack Kerouak Poeti in autostop sull'autostrada Certo che ho tentato di dirglielo ma lui ha incassato la testa senza una scusa. Gli ho detto che il cielo insegue il sole E lui ha sorriso e ha detto: «E perche, poi?» Mi sentivo come un demone di nuovo Così ho detto: «Ma l'oceano insegue il pesce.» Questa volta ha riso e ha detto: «T'immagini imbottir di fragole una montagna.» Al che ho capito che era guerra aperta— E allora abbiamo combattuto: Lui ha detto: «Il carro delle mele come un angelo-manico-di-scopa spacca e crepa vecchie scarpe olandesi». Io ho detto: «Il fulmine colpirà la vecchia quercia liberando fumi!» Lui ha detto: «Strada pazza senza nome». Io ho detto: «Killer calvo! Killer calvo! Killer calvo!» Lui ha detto, arrabbiandosi davvero, «Stufa a legna! Gas! Divano!» Io ho detto, e con un sorriso, «Lo so che Dio si volterebbe se mi sedessi zitto a pensare». Finimmo per scioglierci, odiando l'aria! Gregory Corso Marca la rabbia “Comprimi tutte le colpe in uno” Allen quando ti arrabbi hai due scelte Dai testate per terra con parole pugni sul tavolo di cucina, manate sulle portiere dei taxi, insulta toilette d'albergo Ringhia nei microfoni del Paese, sghignazza della ragazza anfetaminica velata siringomane Ma no, più sottile, afferra la tua rabbia per le ali e cacciala nella pattumiera guardati attorno alla luce della veneziana Sei solo tu nella cucina dell'universo Un cenno più impercettibile della mano, pazienza Di', io non lo voglio questo sballo saturnino, no grazie, Domo arigato, molto gentile, ma non riceverò il Dott. Frankestein fino a lunedì Queste braghe non mi stanno, mi presti la tessera della biblioteca Ispira la tua sfuriata tifonica, esala un mite fiato di Ginsberg fuori dalla finestra di cucina alitando una Fata Primavera piumalieve sollevando un grosso tubo di ferro per sbatterlo sul verde crapone bovino del signor Crisi di Nervi e vola via su Manhattan tessendo risate argentine attorno le guglie dei grattacieli. 24 aprile, 6 del mattino Allen Ginsberg La Buddessa motociclista del Ladakh La Buddessa del Ladakh mi guarda coi suoi occhi da strega all'angolo tra Columbus e Broadway Un bottone d'oro sulla fronte tra gli occhi con pupille azzurre occhi con sopracciglia azzurre non disegnati per chiudersi palpebre come paraurti di una vecchia Oldsmobile le cornee rosse e azzurre come per troppo amore e pianti sul nostro samsara Eternamente femminista con quegli occhi come fari mi lampeggia come alla vista di me riuscisse infine a far abbassare quelle palpebre pesanti Mi accorgo che ora è seduta su un enorme maiale chiamato Harley e con gambe rivestite di cuoio lei ne serra il corpo in posizione di loto retroversa A un tratto il semaforo cambia e lei fila via sempre a occhi fissi attraverso il traffico di così tarda tarda ora in questo nostro evo Kali Yuga Lawrence Ferlinghetti Nota Blues Ray Charles è il vento nero del Kilimanjaro, Urla blues sconvolti, Rantola felice su tutti gli ascensori del mio tempo. Sorride all' obiettivo, con una sinfonia africana Nascosta nella gola, e (I Got a Woman) piange, anche. È esploso fuori dal cranio nero schiacciato di Bessie Una notte fredda presso Nashville, urlando, E a memoria diventa sempre più blu, più blues, mesto di luce blue. In certi momenti puoi veder la luna In equilibrio sulla sua testa Dalla bocca scaglia tocchi d'anima soul cruda Ha separato il mare dai suoni inquinati E ha condotto il blues nella Terra Promessa. Ray Charles è un uomo pericoloso (gira per tutta la città) E io l'amo. per il compleanno di Ray Charles N. Y C. / 1961 Bob Kaufman