Mensile dei dipendenti di ENAV SpA

Transcript

Mensile dei dipendenti di ENAV SpA
Mensile dei dipendenti di ENAV SpA - Controllo e sicurezza della navigazione aerea
anno III
ottobre 2006
9
Piano Strategico ENAV 2006-2008:
un triennio nel segno
dell’equilibrio economico
e dello sviluppo tecnologico
Ultimato a Bari il transito operativo
dalla vecchia alla nuova torre di controllo
ILS: quel prezioso fascio di onde radio
che da 70 anni guida gli aeromobili
sin sulla soglia della pista
Safety: solo mettendo al centro
la componente umana si può migliorare
la sicurezza delle operazioni
EDITORIALE
di Antonio Serafini
Segretario del CdA e responsabile vicario
dell’Area Amministrativa
E
NAV prosegue il suo cammino di avanzamento sul piano tecnologico e gestionale, forte delle
indicazioni di continuità dettate
dai ministeri di riferimento.
Sarà così possibile puntare, con
sempre maggiore efficacia, ad
una politica industriale stabile e
coerente nel tempo.
Nel Piano Strategico 2006-2008
– approvato dal Consiglio di
Amministrazione della Società il
28 settembre scorso –
risultano infatti contemperate sia le esigenze di contenimento della spesa
che quelle di accrescimento del livello
tecnologico e di sicurezza di sistemi ed
apparati.
Il Piano punta fondamentalmente all’equilibrio economico
tra il costo delle risorse umane e materiali, impiegate nel
periodo di programmazione, ed
il quadro tariffario individuato
come obiettivo.
Prosegue in tal senso la politica
di contenimento delle tariffe, di
massimizzazione dei livelli di sicurezza e di mantenimento di
adeguati livelli di investimento
in innovazione tecnologica, posti come obiettivi fondamentali
per realizzare a pieno il mandato istituzionale della Società.
In particolare l’equilibrio economico, elemento centrale del
PIANO
STRATEGICO
ENAV 2006-2008
Piano Strategico, fa leva su un
incremento complessivo della
produttività aziendale, al fine di
liberare risorse aggiuntive da
destinare poi al personale, agli
investimenti ed alle compagnie
aeree.
Per il personale, il Piano prevede infatti un rinnovamento del
mix di risorse con l’immissione
di figure giovani ed una riqualificazione di quelle indirette.
L’obiettivo per i costi operativi
è invece basato sulla razionalizzazione dei costi di acquisizione
dei sistemi di conduzione e manutenzione degli apparati ottenibile attraverso l’internalizzazione del ramo d’azienda Vitrociset.
In tema di investimenti, il Piano
si concentra sulla ricostituzione
del sistema tecnico-infrastrutturale di ENAV, riser vando comunque uno spazio significativo
all’innovazione tecnologica ed
2
al consolidamento dei livelli di
sicurezza.
Gli obiettivi di produttività permetteranno così di acquisire un
margine di risorse da utilizzare
a beneficio di una politica tariffaria di stabilità monetaria, riducendo cioè le tariffe in termini reali a favore delle compagnie aree fruitrici dei servizi
ATM.
Il Piano Strategico della Società
per il triennio 20062008 è dunque il risultato di un profondo
processo di “aziendalizzazione” di ENAV
che da “sistema pubblico” sta sempre più
evolvendo verso un “sistema azienda”, in linea con gli obiettivi di
gestione ed i livelli di
economicità coerenti
con la sua natura di
Società per Azioni.
È il caso infine di ribadire che il processo di “aziendalizzazione” è volto
a guadagnare margini di produttività non solo a beneficio
dell’azionista, a fronte di un’efficace razionalizzazione della
spesa, ma soprattutto a beneficio delle principali componenti
e dei primari attori del sistema
nazionale dell’industria ATM
quali: il personale aziendale, la
sicurezza e le compagnie aeree
stesse, clienti finali del servizio
affidato istituzionalmente ad
ENAV SpA. ●
I due controllori
executive e planner
insieme al
responsabile
dell’ACC (al centro)
che erano al settore
MEL il giorno del
dirottamento aereo.
Da sinistra Luca
Palisi, Carlo Corallo
e Claudio Coppola
CODICE 7500,
DIROTTAMENTO A BORDO
QUELLA GIORNATA IN CUI LA PAROLA “HIJACKED”, COMPARSA SULLO SCHERMO
RADAR, HA MESSO ALLA PROVA I COLLEGHI DELL’ACC DI BRINDISI
Q
uella del 3 ottobre era iniziata come una giornata normale.
Alle 17.10 però era già diventata
speciale. Proprio a quell’ora, sui radar del Centro di Controllo d’Area
di Brindisi, ubicato presso l’aeroporto “Papola Casale”, è apparsa
una traccia con codice transponder
7500. È di colore rosso vivo ed entra velocemente nello spazio aereo
italiano sud-orientale; provenienza
Grecia.
La situazione è subito chiara. È il
Boeing 737 turco dirottato dopo il
decollo da Tirana, il cui arrivo era
stato preannunciato da una telefonata, qualche attimo prima, dal
Centro di Controllo d’Area di Atene. Entra nella FIR di Brindisi, al
Flight Level 310, dopo aver contattato il nostro controllore in servizio
al settore MEL.
“THY 1476, as you know we have
two hijackers on board, request to
land in Brindisi”, sono le prime parole del pilota.
Chiede di atterrare, vuole essere
vettorato fino in fondo, non ha le
carte e non conosce la zona. Non
c’è tempo per pensare e bisogna
agire.
È tutto l’ACC a reagire rapidamente per risolvere l’emergenza: responsabile, vicario, capo sala; il
team ha già pianificato la strategia
qualche attimo prima per affrontare la crisi.
Immediatamente, executive e planner del settore interessato iniziano
a muoversi secondo la procedura
di emergenza, coadiuvati dal capo
sala che dà il ritmo al gruppo; sono
di Luca Morelli
una vera squadra ed operano in
perfetta sincronia.
La voce tranquilla del primo comunica al pilota l’avvenuta identificazione dell’aeromobile e la frequenza per agganciare il VOR di Brindisi, mentre il secondo effettua i coordinamenti necessari per liberare
tutta l’area interessata dal traffico
circostante.
Gli F16 del 37° Stormo di Trapani
nel frattempo sono già in volo dopo lo “scramble” (l’ordine di decollo immediato) impartito dal COFA
(Comando Operativo Forze Aeree)
di stanza a Poggio Renatico.
Il controllore fornisce ancora una
volta lunghezza, larghezza, elevazione della pista e minime di settore; il pilota vuole essere confortato. La procedura di avvicinamento prevede un passaggio sul
VOR per 4.000 piedi ed una successiva virata base a 2.300 per in-
La schermata che fotografa il momento in cui l’aereo
dirottato è entrato nello spazio aereo italiano.
A destra, in rosso, la traccia radar dell’aeromobile in
cui è visibile il codice 7500
3
tercettare la radiale 315 inbound
alle 14 miglia.
Il controllore in cuffia suggerisce
invece un vettoramento diretto sulla pista 14.
Il caccia F16 dell’Aeronautica Militare intercetta l’aeromobile e lo
scorta in finale.
Tutto si conclude per il meglio;
l’aereo è fermo in una zona “sterile” dello scalo brindisino mentre
ad attenderlo sul prato vi sono le
forze speciali ed i soccorsi disposti
già dai primissimi momenti.
È la cronaca di quanto accaduto
nei 50 minuti nei quali è stata gestita l’emergenza “dirottamento” dai
nostri colleghi in servizio presso
l’ACC di Brindisi.
“È un evento delicato”, dice Luca
Palisi, il controllore che ha gestito
in frequenza il dirottamento.
“Ognuno di noi immagina cosa farebbe in quella situazione, ma
quando ti capita realmente pensi
solo a fare ciò che devi; uno sguardo d’intesa al collega che ti siede a
fianco, il conforto del supervisore
alle spalle che crea la strategia del
gruppo, e via; è voce contro voce,
mentre tutte le tue conoscenze vengono fuori spontaneamente in
quel momento”, aggiunge Palisi.
La gestione di un dirottamento resta di per sé un evento non codificabile e spesso difficilmente prevedibile nella sua dinamica. Per questo è un momento che segna in un
modo o nell’altro la carriera di chi
si trova a gestirlo e, per lo stesso
motivo, è forse anche la sintesi di
una professione. ●
DICIOTTO METRI PIÙ IN ALTO
ULTIMATO A BARI IL TRANSITO OPERATIVO DALLA VECCHIA ALLA NUOVA TORRE
DI CONTROLLO
D
opo due anni e mezzo trascorsi nella struttura provvisoria,
finalmente il 18 ottobre scorso sono state consegnate al personale
operativo del CAAV di Bari-Palese
le chiavi della nuova torre di controllo.
La nuova struttura che domina
l’aeroporto “Karol Wojtyla” ha
un’altezza di 43 metri (contro i
25 della precedente), ospita due
sale operative sovrapposte, quella
principale e quella di riserva con
una superficie di 131 e 91 mq rispettivamente, un nuovo ufficio
ARO e le sale riposo per il personale. Mentre presto saranno utilizzabili anche i nuovi uffici dell’impianto.
“Il termine di questi lavori segna
un momento importante per noi
dato che gli stessi hanno avuto
un grande impatto sulla logistica
di Alessandro Pasquali
ma anche sul personale che ha
risposto sempre in maniera molto costruttiva”, dice Bartolomeo
Pinto, responsabile dell’impianto ENAV di Bari.
NUOVI APPARATI, NUOVI
UFFICI E GRANDE
ATTENZIONE PER LA
LOGISTICA
CARATTERIZZANO
L‘IMPIANTO CHE VERRÀ
INAUGURATO
UFFICIALMENTE TRA
QUALCHE MESE
Come dire insomma che non solo la torre ma anche l’entusiasmo si è “elevato”. “Il coinvolgimento dimostrato da tutti i colleghi di Bari è stato il miglior
carburante per il motore, il miglior impulso ad andare nella direzione giusta. Ognuno ha messo del suo e nessuno si è tirato
indietro dal dare un suggerimento o dal collaborare fattivamente con chi doveva effettuare
i lavori”, precisa Pinto.
“La realizzazione del nuovo impianto ha richiesto molto impegno; si pensi, solo per fare un
esempio, che la struttura metallica delle due sale operative, precedentemente costruita a terra e
del peso di circa 50 tonnellate, è
stata montata sul fusto in cemento armato, ad una quota di 26 metri, in soli 30 minuti”, confida il
Alcuni dei colleghi in servizio presso l’impianto di Bari. Da sinistra: Vincenzo Calafati, Savino Tucci, Nicola Zaccaro, Giuseppe Giaquinto, Bartolomeo Pinto (responsabile),
Francesco Falanga, Caterina Speranza, Francesco Iurilli, Stefania Panfilo
4
responsabile ENAV del progetto,
Roberto Luciano.
La costruzione del blocco tecnico
non è stata solo una semplice
operazione di restyling; infatti
non è nuova solo la struttura ma
tutta la strumentazione, gli apparati, i monitor mentre particolare
cura è stata riservata alla vivibilità
dell’ambiente.
“Questo di oggi è un turno speciale; operare per primi nella
nuova torre di controllo è davvero emozionante”, dice Roberto
Vernò. “Il lavoro non è cambiato,
i microfoni sono sempre gli stessi
anche la tecnica di controllo e il
modo di operare sono ovviamente uguali, ma trovarsi a svolgere la
professione che ti piace in una
struttura così accogliente è un’altra cosa”, aggiunge il controllore.
Tutto il turno della prima mattina nella nuova torre di controllo
condivide l’emozione del debutto e si sente ancor di più parte integrante di questo cambiamento;
a cominciare dal collega che per
precauzione ha continuato ad
operare nella vecchia torre, pur
essendo di fatto il terzo componente del team.
Il suo compito è stato quello di
rispondere prontamente a qualsiasi eventuale inefficienza che si
fosse verificata durante le opera-
I colleghi dell’ARO. In primo piano Giuseppe De Sario e dietro Giuseppe Romano
zioni, sostituendosi immediatamente ai colleghi della nuova
torre.
Ma fortunatamente il suo intervento non si è reso necessario
perchè il battesimo del 18 ottobre, alla presenza del responsabile dell’Area Operativa Massimo
Garbini, non ha riservato alcuna
sorpresa. Le frequenze già testate
in precedenza hanno risposto ottimamente come tutti gli altri apparati per le trasmissioni e le registrazioni. Ciò ha quindi permesso di mandare definitivamen-
Il team della mattina del 18 ottobre che ha tenuto a battesimo la nuova torre di controllo.
Da sinistra: Roberto Vernò, Francesco Smaldino (vicario del CAAV di Bari) e Germano Macina
5
te in pensione la vecchia torre
mobile, rimasta a Bari per ben 30
mesi, che adesso partirà alla volta
dell’impianto di Grottaglie.
“La certezza che questo modo di
procedere, con accortezza e tracciando tutti i processi che si sono
succeduti, ha portato ad ottimi
risultati lascia ben sperare per l’apertura del prossimo servizio radar d’avvicinamento per il quale
sono già stati abilitati sei controllori”, dice Francesco Smaldino,
vicario del CAAV di Bari.
Insieme a lui ed al responsabile
dell’impianto prestano servizio a
Bari 15 controllori, 16 EAV, quattro amministrativi ed anche due
allievi in addestramento che devono ancora conseguire la licenza
di controllore del traffico aereo.
Attualmente il lay-out operativo
prevede due posizioni, una per il
controllo di avvicinamento procedurale ed una per il controllo di
aerodromo; con l’applicazione
delle procedure radar le posizioni operative dovranno aumentare
perché sarà necessario avere due
radaristi (planner ed executive)
ed un controllore di aerodromo.
L’aeroporto di Bari ha registrato
34mila movimenti aerei nel 2005
mentre a settembre, rispetto allo
stesso mese dello scorso anno, il
traffico è cresciuto del 12%. ●
INSTRUMENT
LANDING SYSTEM
Antenna del localizzatore ILS
QUEI PREZIOSI FASCI DI ONDE RADIO CHE DA 70 ANNI GUIDANO IN SICUREZZA
GLI AEROMOBILI SIN SULLA SOGLIA DELLA PISTA
E
ra il 26 gennaio del 1938
quando un Boeing 247-D della
Pennsylvania-Central Airlines, proveniente da Washington D.C., atterrava sulla pista dell’aeroporto di
Pittsburg, durante una tempesta di
neve, utilizzando il solo Instrument Landing System.
A quasi 70 anni dal suo debutto
con un volo di linea passeggeri, un
po’ perché la sua sostituzione è stata giudicata dalle compagnie aeree
troppo onerosa, un po’ per implicazioni di carattere politico e regolamentare, il cosiddetto ILS è ancora oggi il sistema per l’avvicinamento strumentale di precisione
più diffuso al mondo.
Non a caso, da quando nel 1949
l’International Civil Aviation Organization (ICAO) lo adottò quale
standard di “precision approach”,
prescrivendo a tutti i paesi membri
i relativi requisiti minimi di sicurezza, il sistema è rimasto concettualmente invariato nei suoi principi di funzionamento.
Alcuni trasmettitori radio ubicati
intorno alla pista emettono due fasci di onde, l’uno perpendicolare
all’altro (vedi grafico a fianco).
Questi fasci disegnano un vero e
proprio sentiero elettromagnetico
che, in fase di avvicinamento finale, guida l’aeromobile sia orizzontalmente sia verticalmente. Tali segnali consentono in sostanza al pilota di verificare se l’aeromobile si
trova troppo a destra o a sinistra rispetto al prolungamento ideale
dell’asse della pista (centerline),
oppure troppo in alto o in basso rispetto al sentiero ideale di discesa;
di Rosa Maria Di Martino
Responsabile Funzione Editoria e C.I.
e, in tale eventualità, di correggerne la posizione e l’assetto.
Non a caso si tratta di un sistema
indispensabile per gli atterraggi in
condizioni di bassa visibilità. Come
noto, infatti, i sistemi ILS si dividono in diverse categorie (Cat I, II,
IIIA, IIIB, IIIC) a seconda della
precisione e della portata dei segnali emessi dagli apparati di terra,
dell’altezza (Decision High) alla
quale il pilota deve decidere se riattaccare o atterrare (una volta stabilito il contatto visivo grazie alla
guida strumentale), della Runway
Visual Range-RVR (vale a dire la
portata visuale di pista che è data
dalle condizioni meteo contingenti) e dei sistemi di illuminazione di
cui la stessa è dotata. Si passa dalla
Cat I, dove l’altezza di decisione arriva fino a 60 metri e la visibilità fino a 550 metri, alla CAT IIIC con
visibilità pari a zero.
Ma torniamo alle nostre onde radio. L’intersezione tra il fascio orizzontale ed il fascio verticale delle
onde è appunto il “sentiero ILS”,
l’imbuto che corrisponde alla
traiettoria ideale per l’avvicinamento.
La presenza di una guida strumentale per la discesa che consenta di
mantenere il corretto piano di planata è uno degli elementi che fa
dell’avvicinamento strumentale
ILS una procedura di “precisione”.
Quelle di “non precisione” (ad
esempio realizzate tramite apparati VOR ed NDB), infatti, non forniscono al pilota la guida verticale
Il sentiero ILS costituito dall’intersezione tra il piano del localizzatore e il piano di planata
6
ma solo l’indicazione della direzione della pista (non però rispetto
all’allineamento con la centerline)
e quindi della prua da tenere per
arrivare in prossimità della stessa.
Prima di andare a bordo, per vedere concretamente sugli strumenti quali input riceva il pilota,
può essere utile individuare quali
sono gli apparati di terra che costituiscono un sistema ILS: il localizer, il glide slope, i marker ed infine alcuni sistemi che illuminano
sia la pista sia l’ultima porzione
dell’avvicinamento finale.
Il trasmettitore del piano localizzatore (localizer) è un apparato in
VHF ubicato a circa 300 metri dopo la fine della pista che disegna
un fascio verticale di onde. Il centro di questo piano verticale corrisponde al prolungamento ideale
dell’asse longitudinale della pista.
Il trasmettitore emette due segnali
di ampiezza diversa da 150 e da 90
Hz, rispettivamente alla destra ed
alla sinistra di questo prolungamento. Se l’aeromobile è allineato
con esso allora il ricevitore di bordo capterà i due diversi segnali con
la stessa intensità. Se invece il primo è più intenso del secondo, o viceversa, significa che l’aeromobile
non è allineato ma si trova o troppo a destra o troppo a sinistra rispetto alla centerline.
Perfettamente analogo è il funzio-
namento del trasmettitore del piano di planata (glide slope), un apparato in UHF ubicato dopo la soglia della pista ma in posizione laterale in modo da non ostacolare
gli aerei in atterraggio. Esso trasmette un fascio orizzontale di onde radio, anche in questo caso con
segnali da 90 e 150 Hz rispettivamente al di sopra ed al di sotto del
sentiero ideale di discesa.
Nel corso della procedura di avvicinamento, è importante che oltre a conoscere il suo allineamento ed il suo assetto rispetto alla pista, il pilota conosca anche la distanza dalla stessa. Normalmente
gli impianti ILS sono dotati di
due o tre radiofari (marker): uno
esterno (Outer Marker, ubicato
tra le quattro e le sette miglia nautiche dalla soglia della pista) che
di norma si trova nel punto in cui
l’aeromobile in procedura ILS intercetta il glide slope; uno centrale (Middle Marker) ed infine
quello interno (Inner Marker) di
norma presente solo dalla Cat II
in su.
Quando il pilota passa verticalmente su un determinato marker
viene avvisato acusticamente dal
relativo segnale di riconoscimento in Morse e, visivamente, da una
spia luminosa con un diverso colore per ciascun marcatore di distanza.
Localizzatore
a sinistra
(aeromobile
spostato a dx)
Glide slope
sopra
(aeromobile
basso rispetto
al sentiero
di discesa)
Localizzatore
a destra
(aeromobile
spostato a sx)
Glide slope
sotto
(aeromobile
alto rispetto
al sentiero
di discesa)
Sopra, una simulazione delle possibili deviazioni dal corretto sentiero ILS visualizzate dall’ADI di bordo (a cura del
Cmd Adriano Di Salvo e del F/O Gabriele Bendia del Mistral Air Flight Safety Department)
7
Ma cosa succede nel frattempo in
cabina? Marker a parte, il sistema
di bordo è costituito da un normale ricevitore VOR - la cui antenna
riceve i segnali dal localizer - accoppiato ad un ricevitore in UHF
che attraverso un’altra antenna riceve i segnali di guida verticale dal
glide slope.
Questi segnali arrivano ad un unico indicatore noto come Attitude
Director Indicator (ADI) su cui sono visibili due diverse lancette o
comunque segnalatori (nel grafico
in basso al posto delle lancette sono visibili degli indicatori di colore
rosa). Un indicatore si muove orizzontalmente sulla base dei segnali
provenienti dal localizzatore ed indica l’allineamento o meno rispetto alla pista mentre l’altro, collegato al ricevitore della guida di planata, si muove verticalmente.
Per un corretto avvicinamento
strumentale di precisione ILS, il
pilota deve mantenere entrambi
gli indicatori al centro. Questi indicatori diventano sempre più sensibili e le correzioni da apportare
sempre più impercettibili man mano che l’aeromobile si avvicina alla
pista.
Va da sé che l’accuratezza e la
continuità (garantite da ENAV attraverso il servizio Radiomisure)
dei segnali radio emessi da tutte
le radioassistenze sono di vitale
importanza per la sicurezza della
navigazione aerea. A cominciare
da quelli emessi dai sistemi ILS,
soprattutto in condizioni di bassa
visibilità.
ENAV fornisce attualmente 44 sistemi per l’avvicinamento strumentale di precisione ILS – di cui
otto in Cat III ed uno in Cat II –
ubicati su un totale di 25 scali
(fonte: Funzione Coordinamento
Esercizio Tecnico). L’investimento complessivo negli ultimi due
anni è stato pari a circa A15 mln
mentre per il 2007 sono state attivate le procedure relative ad ulteriori contratti per oltre 2,5 milioni. È stata inoltre pianificata (ed
in due casi già finanziata) l’installazione di 11 nuovi impianti da
qui al 2009. ●
SELEZIONE ATCOS 2004
QUELLI CHE CE L’HANNO FATTA E QUELLI CHE CI SONO QUASI
T
utto iniziava nel 2004 quando – al termine delle fasi di selezione per il reclutamento di nuovi controllori del traffico aereo –
i candidati idonei risultavano
299. L’avventura formativa per alcuni di questi ragazzi e ragazze
aveva preso il via nell’aprile del
2005 presso la nostra sede romana di Via delle Rupicole, per poi
concludersi a ridosso dell’estate
2006 quando 28 allievi – abilitati
alle funzioni di ATCO ed in possesso della licenza – venivano effettivamente impiegati in linea
operativa.
Un secondo gruppo di allievi,
quello che ha iniziato il corso di
formazione nel luglio del 2005, è
attualmente impegnato nell’ultima fase formativa che consiste
nell’addestramento pratico direttamente sugli impianti. Una volta
ottenuta l’abilitazione e quindi la
licenza di controllore del traffico
a cura della Funzione Selezione
e Sviluppo Risorse Umane
aereo, gli stessi saranno messi in
linea operativa presso gli impianti che necessitano di nuovo personale.
Con l’apertura del nuovo centro
Academy di Forlì e con l’obiettivo
di concentrare le attività di formazione basica presso questa
nuova struttura, nel settembre
del 2006 sono stati avviati il 1°, 2°,
3° e 4° corso che hanno assunto
una nuova denominazione: Air
Traffic Controllers’ Course.
Ad oggi, gli allievi di questi corsi
stanno affrontando la parte finale
della settima fase relativa all’addestramento per la qualifica “radar di avvicinamento”; al termine
di quest’ultima – superati gli esami finali – gli stessi continueranno l’iter formativo attraverso il tirocinio pratico previsto per il
8
conseguimento dell’abilitazione.
Sempre presso l’Academy di Forlì
– nel gennaio del 2006 – hanno
preso il via altri quattro ATCOs’
Courses. Gli allievi dei corsi 5°,
6°, 7° ed 8° hanno appena terminato il periodo di stage operativo
e si apprestano ora ad affrontare
la sesta fase relativa al controllo
procedurale, per poi passare all’ultima, quella relativa all’addestramento per la qualifica “radar
di avvicinamento”.
L’ultimo gruppo di allievi avviato
alla formazione è quello relativo
agli ATCOs’ Courses 9°, 10°, 11°
e 12° che sono iniziati nel luglio
scorso. Gli aspiranti controllori di
questi corsi stanno attualmente
affrontando la sesta settimana
(delle dodici previste) per le materie complementari al termine
delle quali si avvieranno gli esami
previsti per il passaggio alla prima
fase di addestramento relativa al
“controllo di torre”.
Dei candidati risultati idonei resta un ultimo gruppo ancora da
avviare a formazione che, in base
alla programmazione dell’Academy, inizierà le attività nei primi
mesi del 2007.
Va ovviamente sottolineato che la
nuova selezione per ATCOs – indetta nel febbraio scorso e che attualmente sta procedendo con le
attività di valutazione – fornirà alla nostra Azienda ulteriori risorse
che verranno addestrate attraverso dei corsi che potranno presumibilmente essere avviati a partire dal secondo trimestre del
2007. ●
UNI EN ISO 9001:2000
GENESI E SIGNIFICATO DELLE SIGLE CHE IDENTIFICANO LA NORMA
INTERNAZIONALE DI RIFERIMENTO SULLA CERTIFICAZIONE DI “QUALITÀ”
Q
uando si parla di certificazione di qualità si intende la conformità alla norma “UNI EN ISO
9001:2000”.
Ma cosa significa esattamente questa sigla? Innanzitutto comprendiamo il significato che in generale, in
questo particolare contesto, assume
la parola “norma”. Non è né una
legge né un regolamento né tanto
meno un’imposizione. Anche una
consuetudine codificata, o una regola cui attenersi volontariamente,
può infatti essere considerata una
norma. Già verso il 1600 a.C., in
Egitto, vennero stabilite precise dimensioni per i mattoni. Nell’antica
Roma, oltre ai mattoni (il bipedalis
ed il sesquipedalis), vi erano criteri
standardizzati di costruzione anche
per le famose strade dell’Impero:
2,75 metri o, per essere più precisi,
due cavalli da battaglia!
Stabilito che si tratta di uno standard, vediamo di analizzare il significato delle sigle utilizzate nel settore della qualità. Quelle che compaiono prima del numero fanno riferimento agli organismi che hanno codificato queste regole.
Per quanto riguarda l’Italia, l’UNI
pubblica le norme nazionali o la
versione italiana di quelle europee
o internazionali in genere. In Europa, sin dal 1985, ritenendo che le
norme tecniche potessero essere
uno strumento di grande utilità
economica e sociale, il legislatore
ha ritenuto di riservare a sé la fissazione dei requisiti essenziali relativi
alla sicurezza ed alla salute dei cittadini per i prodotti che richiedono l’applicazione del marchio CE,
di Maurizio Scholtze
Responsabile Funzione Qualità Aziendale ed
Analisi di Settore
demandando al Comité Européen
de Normalisation (CEN) l’emanazione delle norme che ne descrivono le caratteristiche prestazionali
ed i metodi di prova.
Le norme "EN" quindi, elaborate
su richiesta della Commissione
Europea, vengono dette "armonizzate". Queste sono un importante supporto per il rispetto delle direttive comunitarie in quanto
costituiscono un fondamentale riferimento per progettare e produrre beni/servizi che possano
circolare liberamente nel mercato europeo.
ISO (International Organization
for Standardization) è l’organizzazione degli istituti di standardizzazione nazionali di 157 paesi, con
un segretariato centrale a Ginevra,
che coordina tutte le attività del sistema. È un’organizzazione non
governativa; i suoi membri non sono, come nel caso dell’ONU, delegazioni dei governi, ma sono sia
enti pubblici che operatori privati. Organizzato in comitati tecnici
(per la serie 9000 è l’ISO
TC/176), ascolta e recepisce i pareri di tutti in modo paritetico: governi, industria, consumatori ed
utilizzatori.
Forse la prima standardizzazione
è stata quella relativa all’acronimo da utilizzare; dato che "International Organization for Standardization" aveva abbreviazioni
differenti nelle varie lingue, si è
9
deciso di utilizzare sempre la parola derivata dal greco “isos” che
significa “uguale”.
Entriamo ora in dettaglio nella situazione italiana. L’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) è
un'associazione privata senza scopo
di lucro i cui soci, oltre 7.000, sono
imprese, liberi professionisti, associazioni, istituti scientifici e scolastici, realtà della Pubblica Amministrazione. L’UNI svolge attività normativa in tutti i settori industriali,
commerciali e del terziario (ad
esclusione di quello elettrico ed
elettrotecnico di competenza del
CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano). Ha alcuni soci di diritto, corrispondenti grosso modo alle associazioni che sotto diversi tipi di
mandato “normalizzano” i più importanti settori della produzione.
Esso partecipa, in rappresentanza
dell'Italia, all'attività normativa degli organismi sovranazionali di normazione: ISO e CEN.
La “nostra” norma quindi è una
norma internazionale che è stata
recepita sia a livello europeo che
italiano. Resta una domanda: quando? Ovviamente nel 2000, ed esattamente il 21 dicembre.
Giova tuttavia ricordare che sebbene le norme ISO sulla qualità non
siano in generale un’imposizione
ma appunto uno standard di qualità, i regolamenti comunitari sul
Cielo Unico Europeo impongono
ai provider ATM come ENAV di
conseguire la certificazione dei servizi di navigazione aerea secondo la
ISO 9001:2000 entro il dicembre
del 2007. ●
c
A partire dalla prima metà degli
e
a
r
e
d
SAFETY
Solo dando il giusto risalto alla componente umana si può migliorare
ulteriormente la sicurezza delle operazioni
SICUREZZA DEL VOLO: QUANDO
ANCHE IL CAFFÉ PUÒ FAR MALE!
Perché il mero dato statistico sull’affidabilità passata di un sistema
non garantisce di per sé che in futuro non vi saranno incidenti
di Roberto Di Carlo
Responsabile Funzione Safety,Validazione e Qualità Tecnico-Operativa
misure di sicurezza sia tecniche sia
del personale;
- sviluppo di una cultura dell’alta affidabilità nelle operazioni;
- sofisticate forme di apprendimento organizzativo mediante estese
attività di test e di studio degli errori.
Ma concretamente cos’è l’affidabilità? È la capacità di un “item” (prodotto, sistema, procedura) di operare, in determinate condizioni,
per uno specifico periodo di tempo. Questa caratteristica operativa
può essere investigata in due diverse ottiche: una probabilistica e l’altra deterministica. Con quest’ultima si cerca di capire come e perché
si è verificata un’avaria (failure) e
cosa si può fare in termini di ridisegno e di sperimentazione dell’esi-
stente al fine di prevenire il suo ripetersi. Con la prima, invece, si
vuole determinare la probabilità
che un sistema/apparato (equipment) o un suo componente espletino in modo soddisfacente le funzioni per essi previste per un dato
periodo di tempo e nelle condizioni prescritte.
L’ingegneria dell’affidabilità - divenuta sempre più importante per i
costruttori di aeromobili commerciali – è stata fortemente stimolata
dal settore delle produzioni militari e missilistiche che hanno standardizzato alcuni famosi stimati di
affidabilità. Tra questi, il MTBF
(tempo medio tra due successive
failure) ed il MTTF (tempo medio
di guasto) hanno avuto un tale successo da essere incorporati nei pro-
Foto di Stefan Kuhn
anni ‘90, si va codificando negli
Stati Uniti una scuola di pensiero
in tema di Safety basata su un approccio che potremmo definire
“teoria dell’alta affidabilità”. Questa afferma, con una visione ottimistica, che operazioni estremamente sicure sono possibili anche
in presenza di tecnologie estremamente rischiose; ciò a condizione
che si segua un appropriato disegno organizzativo e correlate tecniche di gestione del progetto incentrate su rigorose previsioni di
comportamento dei sistemi.
Alla stessa corrente, anche se di segno opposto, appartiene il filone
della cosiddetta “normalità degli
incidenti”, sicuramente caratterizzato da un approccio più pessimistico. Questo ritiene invece che, anche in sistemi complessi ad alta tecnologia, il determinarsi di incidenti gravi in determinate condizioni
sia inevitabile.
I teorici dell’alta affidabilità ritengono che gli incidenti possano essere prevenuti con opportuni accorgimenti in fase di progettazione; una convinzione quest’ultima
condivisa dai professionisti della
gestione del rischio coinvolti nella
progettazione di centrali nucleari,
aeromobili commerciali, impianti
petroliferi ed altri sistemi ad alto
tasso di tecnologia potenzialmente
pericolosi.
Caso scuola di applicazione delle
teorie di questa corrente, a parere
dei pensatori citati, è il sistema di
controllo del traffico aereo realizzato ed operato dalla FAA: un
esempio di progettazione e gestione di organizzazioni aventi ad oggetto attività sensibili dal punto di
vista della sicurezza operativa e che
vantano al tempo stesso un alto livello di sicurezza ed affidabilità.
I caratteri distintivi di un’organizzazione ad alta affidabilità sono:
- “committment” (impegno) dei
vertici rispetto al livello di priorità
assegnato concretamente all’affidabilità ed alla sicurezza in termini di gestione;
- elevati livelli di ridondanza nelle
l
10
Foto di Brad Campbell
cessi di certificazione degli aeromobili da parte delle autorità di
aviazione e, su base mondiale, dalla
stessa ICAO.
Ovviamente l’analisi di affidabilità
di grandi sistemi complessi è praticamente impossibile se non si
scompongono gli stessi in entità
funzionali fatte di unità, sottosistemi o componenti; questa suddivisione genera una descrizione detta
“diagramma a blocchi” dell’operatività del sistema. È su questi ultimi
dunque che viene applicato il calcolo delle probabilità per computare l’affidabilità complessiva del sistema, a seconda di come quest’ultima risulti suddivisa nei singoli sottosistemi.
Il credo dell’ingegneria dell’affidabilità è che un prodotto insicuro
porterà ad azioni correttive, o getterà il suo produttore fuori dal
mercato, innalzando come conseguenza il livello di sicurezza di tali
prodotti.
Insomma non si ritiene valido accordare alla sicurezza un’attenzione separata e specialistica perché
la sicurezza è raggiunta solo mediante l’applicazione dell’ingegneria dell’affidabilità (quindi impegno, ridondanza, cultura dell’affidabilità nelle operazioni e apprendimento organizzativo); con
ciò pretendendo di dimostrare
che un sistema affidabile è un sistema sicuro.
Stanno proprio così le cose?
Scorrendo l’elenco dei maggiori
incidenti aeronautici dal 1950 al
1998 si può notare che non ci sono eventi per la compagnia aerea
Swiss Air. Ma proprio nel settembre di otto anni fa, un vettore ad
“alta affidabilità” e con un impeccabile record di sicurezza vede il suo volo Swiss Air 111 precipitare in mare al largo delle coste
di Halifax.
La mera applicazione delle certezze passate (i dati registrati nel
tempo trascorso) al futuro dava a
questo tragico evento il sapore di
un capriccio delle divinità. “Occorre comprendere meglio il rischio” era a quel punto il comune
convincimento e la comune parola d’ordine.
Compiendo una vera rivoluzione si
voleva poter mettere il futuro (le
previsioni di affidabilità) al servizio
del presente, ampliando la capacità
umana di definire quello che può
accadere e sapendo scegliere tra le
alternative possibili. Vedono la luce
quindi importanti studi su innovative tecniche di analisi dell’ingegneria della sicurezza quali l’analisi dell’albero dei guasti (Fault Tree
Analysis), l’analisi del rischio funzionale (Functional Hazard Analysis) ed infine l’analisi dei modi e
degli effetti del guasto (Failure Modes and Effects Analysis).
Ma possiamo dire di essere riusciti
in questo intento?
Torniamo per un momento al sistema di controllo del traffico aereo della FAA posto nel contesto
del nostro discorso sull’affidabilità
di sistema, sulle ridondanze, sulla
sicurezza e la sua cultura organizzativa. Il 28 e 29 giugno 1998, vari
quotidiani statunitensi e canadesi
riportarono un bizzarro inconveniente occorso nella torre di controllo dell’aeroporto newyorchese
“Fiorello La Guardia”. Si informava di una mancata collisione per soli 20 piedi tra un aereo della US
Airways in arrivo ed uno della Air
Canada in decollo ad appena 200
piedi di quota sull’intersezione delle piste. Il citato “Airmiss” aveva
messo in discussione la sicurezza di
quasi 300 persone più ovviamente
gli aerei e le infrastrutture.
Secondo gli articolisti, che citavano
una fonte ufficiale dell’organizzazione sindacale dei controllori del
11
traffico aereo, l’inconveniente era
accaduto perché un supervisore,
nell’avvicinarsi al controllore che
in quel momento gestiva i movimenti sulle piste dello scalo, aveva
maldestramente versato del caffé
sulla consolle del primo. Il controllore, nel tentativo di aiutare l’altro
ad asciugare il caffé il prima possibile per prevenire un danno al sistema, aveva di fatto cessato di
guardare lo schermo radar da cui
risultava visibile la sempre crescente sottoseparazione tra i due aeromobili.
In un caso come questo, come ci
può venire in soccorso l’ingegneria dell’affidabilità? Come accennato in precedenza, la sicurezza
abbraccia un ampio numero di
aspetti quali la cultura, il modello
di gestione, l’ingegneria, le procedure e da ultimo le considerazioni
economiche.
Non tutte queste variabili possono
essere descritte in un modello matematico (per quanto sofisticato)
di calcolo probabilistico dell’affidabilità che invece si attaglia molto
bene all’analisi dell’hardware. Si
badi bene che senza l’ausilio della
disciplina dell’affidabilità e senza i
suoi preziosi stimati di base non si
potrebbe fare nulla nel vasto campo della sicurezza operativa.
È però giunto il momento di non
dimenticarsi mai del “caffè”: più
che un episodio a se stante, il simbolo stesso di una vastissima categoria di variabili. È insomma l’ora
di mettere la complessa componente umana ed il suo comportamento al centro della nostra discussione sulla Safety. ●
LA PAROLA A...
FRANCO LODI
DOCENTE DEL MASTER DI SCIENZE
DELL’AVIAZIONE - SICUREZZA DEL VOLO
PRESSO L’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
E
x pilota Alitalia con 13.000
ore di volo, una laurea in Scienze
Marittime e Navali, già membro
del Collegio ed investigatore dell’ANSV, il comandante Franco
Lodi insegna “Sicurezza del Volo”
alla Facoltà di Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Bologna (sede di Forlì). Presso lo stesso Ateneo, coordina inoltre il
Corso di Alta Formazione sul
“Management delle organizzazioni complesse”. Ed è proprio su
questo argomento che lo abbiamo intervistato.
Cosa fare e cosa non fare mai, a
tutela della Safety, quando si gestisce un’organizzazione complessa.
Cose da fare: cultura e formazione. A questo proposito sarebbe
molto interessante leggere il rapporto sull’incidente occorso alla
navicella spaziale Columbia
esplosa durante la fase di rientro
nell’atmosfera. L’atteggiamento
organizzativo alla base dell’incidente è quello che noi definiamo
“normalizzazione della devianza”. Il possibile distacco di frammenti di schiuma isolante dalla
fusoliera (circostanza effettivamente realizzatasi in fase di decollo e che aveva danneggiato lo
scudo termico di protezione del
bordo d’attacco dell’ala) era
un’eventualità già segnalata dagli
ingegneri più volte prima dell’in-
Editore: ENAV SpA
Consiglio di Amministrazione:
Bruno Nieddu (Presidente),
Guido Pugliesi (Amministratore Delegato),
Carlo Griselli, Roberto Manzaroli
Fabrizio Franco Testa, Luciano Vannozzi
cidente, ma ignorata a causa di
un nuovo contesto organizzativo
più guidato da priorità legate ai
costi e ad un’immagine di efficienza che da criteri di sicurezza
e di efficienza reale. In fase di rientro nell’atmosfera, l’ala raggiunse temperature insostenibili
che portarono poi all’esplosione
della navicella. È ovvio che non
il mero fattore tecnico in sé ma
l’inadeguatezza dell’organizzazione è quindi da considerarsi la
causa dell’incidente.
Da non fare: continuare a ragionare come se nulla fosse successo. La sfida oggi è quella della
complessità che si manifesta con
l’incertezza delle nostre conoscenze, della completezza e dell’esaustività. Le interazioni possibili tra gli eventi, a cominciare da
quelle negative, sono tanto più
alte quanto più sono le variabili e
gli attori in campo; in breve,
quanto più insomma un sistema
è complesso. In un simile contesto, anche un piccolo errore di
valutazione può portare a conseguenze importanti. Un approccio organizzativo che ignora o
preferisce ignorare la complessità può essere causa di incidenti.
Al Corso di Alta Formazione svolto presso l’Academy ENAV di
Forlì con la II Facoltà di Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Bologna abbiamo comin-
Cleared
Direttore editoriale: Alessandro Di Giacomo
Direttore responsabile: Rosa Maria Di Martino
Comitato editoriale: Luca Bellesia, Roberto Di Carlo,
Massimo Garbini, Elvira Savini Nicci,
Maurizio Scholtze
Redazione: Via Salaria, 716 - 00138 Roma.
Tel. 068166139 /301 /311 Fax 068166140
[email protected]
12
ciato a parlare di questi argomenti.
Rimaniamo sul tema della complessità. Escludere il potenziale
errore umano, grazie ad un sistema di controllo del traffico aereo
completamente automatizzato,
garantirebbe maggiore sicurezza?
Una soluzione del genere non
sarebbe più sicura perché il
contesto del controllo del traffico aereo è un sistema complesso
con troppe variabili imprevedibili: dal numero di aerei alle
condizioni atmosferiche, alla situazione a terra ecc. L’automazione è sì affidabile ma in generale sa gestire bene sistemi lineari, dove le interazioni tra le
variabili sono note e quindi la situazione non è esposta a fattori
casuali di disturbo. A mio avviso
lo sforzo non è quello di potenziare l’automazione in un sistema così denso di entropia come
il controllo del traffico aereo,
ma di migliorare sempre di più
l’integrazione tra l’uomo, che è
flessibile ma fallibile, e l’automazione, che è affidabile ma rigida. In questo modo il sistema
uomo-automazione godrebbe
dei pregi di entrambi, e si supererebbe il paradosso di Turing:
“se una macchina sarà infallibile
non potrà essere intelligente; se
sarà intelligente, non potrà essere infallibile”.. ●
Hanno collaborato: Luca Morelli, Alessandro Pasquali
e Massimo Voci
Progetto grafico ed impaginazione:
LDM Comunicazione SpA - Roma
Stampa: Telligraf Srl - Roma
Registrazione Tribunale di Roma n. 526 del 15-12-2003
Numero chiuso in redazione il 23 ottobre 2006
In copertina: la nuova torre di controllo dell’aeroporto di Bari
“Carol Wojtyla”