Mensile dei dipendenti di ENAV SpA
Transcript
Mensile dei dipendenti di ENAV SpA
Mensile dei dipendenti di ENAV SpA - Controllo e sicurezza della navigazione aerea anno III ottobre 2006 9 Piano Strategico ENAV 2006-2008: un triennio nel segno dell’equilibrio economico e dello sviluppo tecnologico Ultimato a Bari il transito operativo dalla vecchia alla nuova torre di controllo ILS: quel prezioso fascio di onde radio che da 70 anni guida gli aeromobili sin sulla soglia della pista Safety: solo mettendo al centro la componente umana si può migliorare la sicurezza delle operazioni EDITORIALE di Antonio Serafini Segretario del CdA e responsabile vicario dell’Area Amministrativa E NAV prosegue il suo cammino di avanzamento sul piano tecnologico e gestionale, forte delle indicazioni di continuità dettate dai ministeri di riferimento. Sarà così possibile puntare, con sempre maggiore efficacia, ad una politica industriale stabile e coerente nel tempo. Nel Piano Strategico 2006-2008 – approvato dal Consiglio di Amministrazione della Società il 28 settembre scorso – risultano infatti contemperate sia le esigenze di contenimento della spesa che quelle di accrescimento del livello tecnologico e di sicurezza di sistemi ed apparati. Il Piano punta fondamentalmente all’equilibrio economico tra il costo delle risorse umane e materiali, impiegate nel periodo di programmazione, ed il quadro tariffario individuato come obiettivo. Prosegue in tal senso la politica di contenimento delle tariffe, di massimizzazione dei livelli di sicurezza e di mantenimento di adeguati livelli di investimento in innovazione tecnologica, posti come obiettivi fondamentali per realizzare a pieno il mandato istituzionale della Società. In particolare l’equilibrio economico, elemento centrale del PIANO STRATEGICO ENAV 2006-2008 Piano Strategico, fa leva su un incremento complessivo della produttività aziendale, al fine di liberare risorse aggiuntive da destinare poi al personale, agli investimenti ed alle compagnie aeree. Per il personale, il Piano prevede infatti un rinnovamento del mix di risorse con l’immissione di figure giovani ed una riqualificazione di quelle indirette. L’obiettivo per i costi operativi è invece basato sulla razionalizzazione dei costi di acquisizione dei sistemi di conduzione e manutenzione degli apparati ottenibile attraverso l’internalizzazione del ramo d’azienda Vitrociset. In tema di investimenti, il Piano si concentra sulla ricostituzione del sistema tecnico-infrastrutturale di ENAV, riser vando comunque uno spazio significativo all’innovazione tecnologica ed 2 al consolidamento dei livelli di sicurezza. Gli obiettivi di produttività permetteranno così di acquisire un margine di risorse da utilizzare a beneficio di una politica tariffaria di stabilità monetaria, riducendo cioè le tariffe in termini reali a favore delle compagnie aree fruitrici dei servizi ATM. Il Piano Strategico della Società per il triennio 20062008 è dunque il risultato di un profondo processo di “aziendalizzazione” di ENAV che da “sistema pubblico” sta sempre più evolvendo verso un “sistema azienda”, in linea con gli obiettivi di gestione ed i livelli di economicità coerenti con la sua natura di Società per Azioni. È il caso infine di ribadire che il processo di “aziendalizzazione” è volto a guadagnare margini di produttività non solo a beneficio dell’azionista, a fronte di un’efficace razionalizzazione della spesa, ma soprattutto a beneficio delle principali componenti e dei primari attori del sistema nazionale dell’industria ATM quali: il personale aziendale, la sicurezza e le compagnie aeree stesse, clienti finali del servizio affidato istituzionalmente ad ENAV SpA. ● I due controllori executive e planner insieme al responsabile dell’ACC (al centro) che erano al settore MEL il giorno del dirottamento aereo. Da sinistra Luca Palisi, Carlo Corallo e Claudio Coppola CODICE 7500, DIROTTAMENTO A BORDO QUELLA GIORNATA IN CUI LA PAROLA “HIJACKED”, COMPARSA SULLO SCHERMO RADAR, HA MESSO ALLA PROVA I COLLEGHI DELL’ACC DI BRINDISI Q uella del 3 ottobre era iniziata come una giornata normale. Alle 17.10 però era già diventata speciale. Proprio a quell’ora, sui radar del Centro di Controllo d’Area di Brindisi, ubicato presso l’aeroporto “Papola Casale”, è apparsa una traccia con codice transponder 7500. È di colore rosso vivo ed entra velocemente nello spazio aereo italiano sud-orientale; provenienza Grecia. La situazione è subito chiara. È il Boeing 737 turco dirottato dopo il decollo da Tirana, il cui arrivo era stato preannunciato da una telefonata, qualche attimo prima, dal Centro di Controllo d’Area di Atene. Entra nella FIR di Brindisi, al Flight Level 310, dopo aver contattato il nostro controllore in servizio al settore MEL. “THY 1476, as you know we have two hijackers on board, request to land in Brindisi”, sono le prime parole del pilota. Chiede di atterrare, vuole essere vettorato fino in fondo, non ha le carte e non conosce la zona. Non c’è tempo per pensare e bisogna agire. È tutto l’ACC a reagire rapidamente per risolvere l’emergenza: responsabile, vicario, capo sala; il team ha già pianificato la strategia qualche attimo prima per affrontare la crisi. Immediatamente, executive e planner del settore interessato iniziano a muoversi secondo la procedura di emergenza, coadiuvati dal capo sala che dà il ritmo al gruppo; sono di Luca Morelli una vera squadra ed operano in perfetta sincronia. La voce tranquilla del primo comunica al pilota l’avvenuta identificazione dell’aeromobile e la frequenza per agganciare il VOR di Brindisi, mentre il secondo effettua i coordinamenti necessari per liberare tutta l’area interessata dal traffico circostante. Gli F16 del 37° Stormo di Trapani nel frattempo sono già in volo dopo lo “scramble” (l’ordine di decollo immediato) impartito dal COFA (Comando Operativo Forze Aeree) di stanza a Poggio Renatico. Il controllore fornisce ancora una volta lunghezza, larghezza, elevazione della pista e minime di settore; il pilota vuole essere confortato. La procedura di avvicinamento prevede un passaggio sul VOR per 4.000 piedi ed una successiva virata base a 2.300 per in- La schermata che fotografa il momento in cui l’aereo dirottato è entrato nello spazio aereo italiano. A destra, in rosso, la traccia radar dell’aeromobile in cui è visibile il codice 7500 3 tercettare la radiale 315 inbound alle 14 miglia. Il controllore in cuffia suggerisce invece un vettoramento diretto sulla pista 14. Il caccia F16 dell’Aeronautica Militare intercetta l’aeromobile e lo scorta in finale. Tutto si conclude per il meglio; l’aereo è fermo in una zona “sterile” dello scalo brindisino mentre ad attenderlo sul prato vi sono le forze speciali ed i soccorsi disposti già dai primissimi momenti. È la cronaca di quanto accaduto nei 50 minuti nei quali è stata gestita l’emergenza “dirottamento” dai nostri colleghi in servizio presso l’ACC di Brindisi. “È un evento delicato”, dice Luca Palisi, il controllore che ha gestito in frequenza il dirottamento. “Ognuno di noi immagina cosa farebbe in quella situazione, ma quando ti capita realmente pensi solo a fare ciò che devi; uno sguardo d’intesa al collega che ti siede a fianco, il conforto del supervisore alle spalle che crea la strategia del gruppo, e via; è voce contro voce, mentre tutte le tue conoscenze vengono fuori spontaneamente in quel momento”, aggiunge Palisi. La gestione di un dirottamento resta di per sé un evento non codificabile e spesso difficilmente prevedibile nella sua dinamica. Per questo è un momento che segna in un modo o nell’altro la carriera di chi si trova a gestirlo e, per lo stesso motivo, è forse anche la sintesi di una professione. ● DICIOTTO METRI PIÙ IN ALTO ULTIMATO A BARI IL TRANSITO OPERATIVO DALLA VECCHIA ALLA NUOVA TORRE DI CONTROLLO D opo due anni e mezzo trascorsi nella struttura provvisoria, finalmente il 18 ottobre scorso sono state consegnate al personale operativo del CAAV di Bari-Palese le chiavi della nuova torre di controllo. La nuova struttura che domina l’aeroporto “Karol Wojtyla” ha un’altezza di 43 metri (contro i 25 della precedente), ospita due sale operative sovrapposte, quella principale e quella di riserva con una superficie di 131 e 91 mq rispettivamente, un nuovo ufficio ARO e le sale riposo per il personale. Mentre presto saranno utilizzabili anche i nuovi uffici dell’impianto. “Il termine di questi lavori segna un momento importante per noi dato che gli stessi hanno avuto un grande impatto sulla logistica di Alessandro Pasquali ma anche sul personale che ha risposto sempre in maniera molto costruttiva”, dice Bartolomeo Pinto, responsabile dell’impianto ENAV di Bari. NUOVI APPARATI, NUOVI UFFICI E GRANDE ATTENZIONE PER LA LOGISTICA CARATTERIZZANO L‘IMPIANTO CHE VERRÀ INAUGURATO UFFICIALMENTE TRA QUALCHE MESE Come dire insomma che non solo la torre ma anche l’entusiasmo si è “elevato”. “Il coinvolgimento dimostrato da tutti i colleghi di Bari è stato il miglior carburante per il motore, il miglior impulso ad andare nella direzione giusta. Ognuno ha messo del suo e nessuno si è tirato indietro dal dare un suggerimento o dal collaborare fattivamente con chi doveva effettuare i lavori”, precisa Pinto. “La realizzazione del nuovo impianto ha richiesto molto impegno; si pensi, solo per fare un esempio, che la struttura metallica delle due sale operative, precedentemente costruita a terra e del peso di circa 50 tonnellate, è stata montata sul fusto in cemento armato, ad una quota di 26 metri, in soli 30 minuti”, confida il Alcuni dei colleghi in servizio presso l’impianto di Bari. Da sinistra: Vincenzo Calafati, Savino Tucci, Nicola Zaccaro, Giuseppe Giaquinto, Bartolomeo Pinto (responsabile), Francesco Falanga, Caterina Speranza, Francesco Iurilli, Stefania Panfilo 4 responsabile ENAV del progetto, Roberto Luciano. La costruzione del blocco tecnico non è stata solo una semplice operazione di restyling; infatti non è nuova solo la struttura ma tutta la strumentazione, gli apparati, i monitor mentre particolare cura è stata riservata alla vivibilità dell’ambiente. “Questo di oggi è un turno speciale; operare per primi nella nuova torre di controllo è davvero emozionante”, dice Roberto Vernò. “Il lavoro non è cambiato, i microfoni sono sempre gli stessi anche la tecnica di controllo e il modo di operare sono ovviamente uguali, ma trovarsi a svolgere la professione che ti piace in una struttura così accogliente è un’altra cosa”, aggiunge il controllore. Tutto il turno della prima mattina nella nuova torre di controllo condivide l’emozione del debutto e si sente ancor di più parte integrante di questo cambiamento; a cominciare dal collega che per precauzione ha continuato ad operare nella vecchia torre, pur essendo di fatto il terzo componente del team. Il suo compito è stato quello di rispondere prontamente a qualsiasi eventuale inefficienza che si fosse verificata durante le opera- I colleghi dell’ARO. In primo piano Giuseppe De Sario e dietro Giuseppe Romano zioni, sostituendosi immediatamente ai colleghi della nuova torre. Ma fortunatamente il suo intervento non si è reso necessario perchè il battesimo del 18 ottobre, alla presenza del responsabile dell’Area Operativa Massimo Garbini, non ha riservato alcuna sorpresa. Le frequenze già testate in precedenza hanno risposto ottimamente come tutti gli altri apparati per le trasmissioni e le registrazioni. Ciò ha quindi permesso di mandare definitivamen- Il team della mattina del 18 ottobre che ha tenuto a battesimo la nuova torre di controllo. Da sinistra: Roberto Vernò, Francesco Smaldino (vicario del CAAV di Bari) e Germano Macina 5 te in pensione la vecchia torre mobile, rimasta a Bari per ben 30 mesi, che adesso partirà alla volta dell’impianto di Grottaglie. “La certezza che questo modo di procedere, con accortezza e tracciando tutti i processi che si sono succeduti, ha portato ad ottimi risultati lascia ben sperare per l’apertura del prossimo servizio radar d’avvicinamento per il quale sono già stati abilitati sei controllori”, dice Francesco Smaldino, vicario del CAAV di Bari. Insieme a lui ed al responsabile dell’impianto prestano servizio a Bari 15 controllori, 16 EAV, quattro amministrativi ed anche due allievi in addestramento che devono ancora conseguire la licenza di controllore del traffico aereo. Attualmente il lay-out operativo prevede due posizioni, una per il controllo di avvicinamento procedurale ed una per il controllo di aerodromo; con l’applicazione delle procedure radar le posizioni operative dovranno aumentare perché sarà necessario avere due radaristi (planner ed executive) ed un controllore di aerodromo. L’aeroporto di Bari ha registrato 34mila movimenti aerei nel 2005 mentre a settembre, rispetto allo stesso mese dello scorso anno, il traffico è cresciuto del 12%. ● INSTRUMENT LANDING SYSTEM Antenna del localizzatore ILS QUEI PREZIOSI FASCI DI ONDE RADIO CHE DA 70 ANNI GUIDANO IN SICUREZZA GLI AEROMOBILI SIN SULLA SOGLIA DELLA PISTA E ra il 26 gennaio del 1938 quando un Boeing 247-D della Pennsylvania-Central Airlines, proveniente da Washington D.C., atterrava sulla pista dell’aeroporto di Pittsburg, durante una tempesta di neve, utilizzando il solo Instrument Landing System. A quasi 70 anni dal suo debutto con un volo di linea passeggeri, un po’ perché la sua sostituzione è stata giudicata dalle compagnie aeree troppo onerosa, un po’ per implicazioni di carattere politico e regolamentare, il cosiddetto ILS è ancora oggi il sistema per l’avvicinamento strumentale di precisione più diffuso al mondo. Non a caso, da quando nel 1949 l’International Civil Aviation Organization (ICAO) lo adottò quale standard di “precision approach”, prescrivendo a tutti i paesi membri i relativi requisiti minimi di sicurezza, il sistema è rimasto concettualmente invariato nei suoi principi di funzionamento. Alcuni trasmettitori radio ubicati intorno alla pista emettono due fasci di onde, l’uno perpendicolare all’altro (vedi grafico a fianco). Questi fasci disegnano un vero e proprio sentiero elettromagnetico che, in fase di avvicinamento finale, guida l’aeromobile sia orizzontalmente sia verticalmente. Tali segnali consentono in sostanza al pilota di verificare se l’aeromobile si trova troppo a destra o a sinistra rispetto al prolungamento ideale dell’asse della pista (centerline), oppure troppo in alto o in basso rispetto al sentiero ideale di discesa; di Rosa Maria Di Martino Responsabile Funzione Editoria e C.I. e, in tale eventualità, di correggerne la posizione e l’assetto. Non a caso si tratta di un sistema indispensabile per gli atterraggi in condizioni di bassa visibilità. Come noto, infatti, i sistemi ILS si dividono in diverse categorie (Cat I, II, IIIA, IIIB, IIIC) a seconda della precisione e della portata dei segnali emessi dagli apparati di terra, dell’altezza (Decision High) alla quale il pilota deve decidere se riattaccare o atterrare (una volta stabilito il contatto visivo grazie alla guida strumentale), della Runway Visual Range-RVR (vale a dire la portata visuale di pista che è data dalle condizioni meteo contingenti) e dei sistemi di illuminazione di cui la stessa è dotata. Si passa dalla Cat I, dove l’altezza di decisione arriva fino a 60 metri e la visibilità fino a 550 metri, alla CAT IIIC con visibilità pari a zero. Ma torniamo alle nostre onde radio. L’intersezione tra il fascio orizzontale ed il fascio verticale delle onde è appunto il “sentiero ILS”, l’imbuto che corrisponde alla traiettoria ideale per l’avvicinamento. La presenza di una guida strumentale per la discesa che consenta di mantenere il corretto piano di planata è uno degli elementi che fa dell’avvicinamento strumentale ILS una procedura di “precisione”. Quelle di “non precisione” (ad esempio realizzate tramite apparati VOR ed NDB), infatti, non forniscono al pilota la guida verticale Il sentiero ILS costituito dall’intersezione tra il piano del localizzatore e il piano di planata 6 ma solo l’indicazione della direzione della pista (non però rispetto all’allineamento con la centerline) e quindi della prua da tenere per arrivare in prossimità della stessa. Prima di andare a bordo, per vedere concretamente sugli strumenti quali input riceva il pilota, può essere utile individuare quali sono gli apparati di terra che costituiscono un sistema ILS: il localizer, il glide slope, i marker ed infine alcuni sistemi che illuminano sia la pista sia l’ultima porzione dell’avvicinamento finale. Il trasmettitore del piano localizzatore (localizer) è un apparato in VHF ubicato a circa 300 metri dopo la fine della pista che disegna un fascio verticale di onde. Il centro di questo piano verticale corrisponde al prolungamento ideale dell’asse longitudinale della pista. Il trasmettitore emette due segnali di ampiezza diversa da 150 e da 90 Hz, rispettivamente alla destra ed alla sinistra di questo prolungamento. Se l’aeromobile è allineato con esso allora il ricevitore di bordo capterà i due diversi segnali con la stessa intensità. Se invece il primo è più intenso del secondo, o viceversa, significa che l’aeromobile non è allineato ma si trova o troppo a destra o troppo a sinistra rispetto alla centerline. Perfettamente analogo è il funzio- namento del trasmettitore del piano di planata (glide slope), un apparato in UHF ubicato dopo la soglia della pista ma in posizione laterale in modo da non ostacolare gli aerei in atterraggio. Esso trasmette un fascio orizzontale di onde radio, anche in questo caso con segnali da 90 e 150 Hz rispettivamente al di sopra ed al di sotto del sentiero ideale di discesa. Nel corso della procedura di avvicinamento, è importante che oltre a conoscere il suo allineamento ed il suo assetto rispetto alla pista, il pilota conosca anche la distanza dalla stessa. Normalmente gli impianti ILS sono dotati di due o tre radiofari (marker): uno esterno (Outer Marker, ubicato tra le quattro e le sette miglia nautiche dalla soglia della pista) che di norma si trova nel punto in cui l’aeromobile in procedura ILS intercetta il glide slope; uno centrale (Middle Marker) ed infine quello interno (Inner Marker) di norma presente solo dalla Cat II in su. Quando il pilota passa verticalmente su un determinato marker viene avvisato acusticamente dal relativo segnale di riconoscimento in Morse e, visivamente, da una spia luminosa con un diverso colore per ciascun marcatore di distanza. Localizzatore a sinistra (aeromobile spostato a dx) Glide slope sopra (aeromobile basso rispetto al sentiero di discesa) Localizzatore a destra (aeromobile spostato a sx) Glide slope sotto (aeromobile alto rispetto al sentiero di discesa) Sopra, una simulazione delle possibili deviazioni dal corretto sentiero ILS visualizzate dall’ADI di bordo (a cura del Cmd Adriano Di Salvo e del F/O Gabriele Bendia del Mistral Air Flight Safety Department) 7 Ma cosa succede nel frattempo in cabina? Marker a parte, il sistema di bordo è costituito da un normale ricevitore VOR - la cui antenna riceve i segnali dal localizer - accoppiato ad un ricevitore in UHF che attraverso un’altra antenna riceve i segnali di guida verticale dal glide slope. Questi segnali arrivano ad un unico indicatore noto come Attitude Director Indicator (ADI) su cui sono visibili due diverse lancette o comunque segnalatori (nel grafico in basso al posto delle lancette sono visibili degli indicatori di colore rosa). Un indicatore si muove orizzontalmente sulla base dei segnali provenienti dal localizzatore ed indica l’allineamento o meno rispetto alla pista mentre l’altro, collegato al ricevitore della guida di planata, si muove verticalmente. Per un corretto avvicinamento strumentale di precisione ILS, il pilota deve mantenere entrambi gli indicatori al centro. Questi indicatori diventano sempre più sensibili e le correzioni da apportare sempre più impercettibili man mano che l’aeromobile si avvicina alla pista. Va da sé che l’accuratezza e la continuità (garantite da ENAV attraverso il servizio Radiomisure) dei segnali radio emessi da tutte le radioassistenze sono di vitale importanza per la sicurezza della navigazione aerea. A cominciare da quelli emessi dai sistemi ILS, soprattutto in condizioni di bassa visibilità. ENAV fornisce attualmente 44 sistemi per l’avvicinamento strumentale di precisione ILS – di cui otto in Cat III ed uno in Cat II – ubicati su un totale di 25 scali (fonte: Funzione Coordinamento Esercizio Tecnico). L’investimento complessivo negli ultimi due anni è stato pari a circa A15 mln mentre per il 2007 sono state attivate le procedure relative ad ulteriori contratti per oltre 2,5 milioni. È stata inoltre pianificata (ed in due casi già finanziata) l’installazione di 11 nuovi impianti da qui al 2009. ● SELEZIONE ATCOS 2004 QUELLI CHE CE L’HANNO FATTA E QUELLI CHE CI SONO QUASI T utto iniziava nel 2004 quando – al termine delle fasi di selezione per il reclutamento di nuovi controllori del traffico aereo – i candidati idonei risultavano 299. L’avventura formativa per alcuni di questi ragazzi e ragazze aveva preso il via nell’aprile del 2005 presso la nostra sede romana di Via delle Rupicole, per poi concludersi a ridosso dell’estate 2006 quando 28 allievi – abilitati alle funzioni di ATCO ed in possesso della licenza – venivano effettivamente impiegati in linea operativa. Un secondo gruppo di allievi, quello che ha iniziato il corso di formazione nel luglio del 2005, è attualmente impegnato nell’ultima fase formativa che consiste nell’addestramento pratico direttamente sugli impianti. Una volta ottenuta l’abilitazione e quindi la licenza di controllore del traffico a cura della Funzione Selezione e Sviluppo Risorse Umane aereo, gli stessi saranno messi in linea operativa presso gli impianti che necessitano di nuovo personale. Con l’apertura del nuovo centro Academy di Forlì e con l’obiettivo di concentrare le attività di formazione basica presso questa nuova struttura, nel settembre del 2006 sono stati avviati il 1°, 2°, 3° e 4° corso che hanno assunto una nuova denominazione: Air Traffic Controllers’ Course. Ad oggi, gli allievi di questi corsi stanno affrontando la parte finale della settima fase relativa all’addestramento per la qualifica “radar di avvicinamento”; al termine di quest’ultima – superati gli esami finali – gli stessi continueranno l’iter formativo attraverso il tirocinio pratico previsto per il 8 conseguimento dell’abilitazione. Sempre presso l’Academy di Forlì – nel gennaio del 2006 – hanno preso il via altri quattro ATCOs’ Courses. Gli allievi dei corsi 5°, 6°, 7° ed 8° hanno appena terminato il periodo di stage operativo e si apprestano ora ad affrontare la sesta fase relativa al controllo procedurale, per poi passare all’ultima, quella relativa all’addestramento per la qualifica “radar di avvicinamento”. L’ultimo gruppo di allievi avviato alla formazione è quello relativo agli ATCOs’ Courses 9°, 10°, 11° e 12° che sono iniziati nel luglio scorso. Gli aspiranti controllori di questi corsi stanno attualmente affrontando la sesta settimana (delle dodici previste) per le materie complementari al termine delle quali si avvieranno gli esami previsti per il passaggio alla prima fase di addestramento relativa al “controllo di torre”. Dei candidati risultati idonei resta un ultimo gruppo ancora da avviare a formazione che, in base alla programmazione dell’Academy, inizierà le attività nei primi mesi del 2007. Va ovviamente sottolineato che la nuova selezione per ATCOs – indetta nel febbraio scorso e che attualmente sta procedendo con le attività di valutazione – fornirà alla nostra Azienda ulteriori risorse che verranno addestrate attraverso dei corsi che potranno presumibilmente essere avviati a partire dal secondo trimestre del 2007. ● UNI EN ISO 9001:2000 GENESI E SIGNIFICATO DELLE SIGLE CHE IDENTIFICANO LA NORMA INTERNAZIONALE DI RIFERIMENTO SULLA CERTIFICAZIONE DI “QUALITÀ” Q uando si parla di certificazione di qualità si intende la conformità alla norma “UNI EN ISO 9001:2000”. Ma cosa significa esattamente questa sigla? Innanzitutto comprendiamo il significato che in generale, in questo particolare contesto, assume la parola “norma”. Non è né una legge né un regolamento né tanto meno un’imposizione. Anche una consuetudine codificata, o una regola cui attenersi volontariamente, può infatti essere considerata una norma. Già verso il 1600 a.C., in Egitto, vennero stabilite precise dimensioni per i mattoni. Nell’antica Roma, oltre ai mattoni (il bipedalis ed il sesquipedalis), vi erano criteri standardizzati di costruzione anche per le famose strade dell’Impero: 2,75 metri o, per essere più precisi, due cavalli da battaglia! Stabilito che si tratta di uno standard, vediamo di analizzare il significato delle sigle utilizzate nel settore della qualità. Quelle che compaiono prima del numero fanno riferimento agli organismi che hanno codificato queste regole. Per quanto riguarda l’Italia, l’UNI pubblica le norme nazionali o la versione italiana di quelle europee o internazionali in genere. In Europa, sin dal 1985, ritenendo che le norme tecniche potessero essere uno strumento di grande utilità economica e sociale, il legislatore ha ritenuto di riservare a sé la fissazione dei requisiti essenziali relativi alla sicurezza ed alla salute dei cittadini per i prodotti che richiedono l’applicazione del marchio CE, di Maurizio Scholtze Responsabile Funzione Qualità Aziendale ed Analisi di Settore demandando al Comité Européen de Normalisation (CEN) l’emanazione delle norme che ne descrivono le caratteristiche prestazionali ed i metodi di prova. Le norme "EN" quindi, elaborate su richiesta della Commissione Europea, vengono dette "armonizzate". Queste sono un importante supporto per il rispetto delle direttive comunitarie in quanto costituiscono un fondamentale riferimento per progettare e produrre beni/servizi che possano circolare liberamente nel mercato europeo. ISO (International Organization for Standardization) è l’organizzazione degli istituti di standardizzazione nazionali di 157 paesi, con un segretariato centrale a Ginevra, che coordina tutte le attività del sistema. È un’organizzazione non governativa; i suoi membri non sono, come nel caso dell’ONU, delegazioni dei governi, ma sono sia enti pubblici che operatori privati. Organizzato in comitati tecnici (per la serie 9000 è l’ISO TC/176), ascolta e recepisce i pareri di tutti in modo paritetico: governi, industria, consumatori ed utilizzatori. Forse la prima standardizzazione è stata quella relativa all’acronimo da utilizzare; dato che "International Organization for Standardization" aveva abbreviazioni differenti nelle varie lingue, si è 9 deciso di utilizzare sempre la parola derivata dal greco “isos” che significa “uguale”. Entriamo ora in dettaglio nella situazione italiana. L’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) è un'associazione privata senza scopo di lucro i cui soci, oltre 7.000, sono imprese, liberi professionisti, associazioni, istituti scientifici e scolastici, realtà della Pubblica Amministrazione. L’UNI svolge attività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario (ad esclusione di quello elettrico ed elettrotecnico di competenza del CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano). Ha alcuni soci di diritto, corrispondenti grosso modo alle associazioni che sotto diversi tipi di mandato “normalizzano” i più importanti settori della produzione. Esso partecipa, in rappresentanza dell'Italia, all'attività normativa degli organismi sovranazionali di normazione: ISO e CEN. La “nostra” norma quindi è una norma internazionale che è stata recepita sia a livello europeo che italiano. Resta una domanda: quando? Ovviamente nel 2000, ed esattamente il 21 dicembre. Giova tuttavia ricordare che sebbene le norme ISO sulla qualità non siano in generale un’imposizione ma appunto uno standard di qualità, i regolamenti comunitari sul Cielo Unico Europeo impongono ai provider ATM come ENAV di conseguire la certificazione dei servizi di navigazione aerea secondo la ISO 9001:2000 entro il dicembre del 2007. ● c A partire dalla prima metà degli e a r e d SAFETY Solo dando il giusto risalto alla componente umana si può migliorare ulteriormente la sicurezza delle operazioni SICUREZZA DEL VOLO: QUANDO ANCHE IL CAFFÉ PUÒ FAR MALE! Perché il mero dato statistico sull’affidabilità passata di un sistema non garantisce di per sé che in futuro non vi saranno incidenti di Roberto Di Carlo Responsabile Funzione Safety,Validazione e Qualità Tecnico-Operativa misure di sicurezza sia tecniche sia del personale; - sviluppo di una cultura dell’alta affidabilità nelle operazioni; - sofisticate forme di apprendimento organizzativo mediante estese attività di test e di studio degli errori. Ma concretamente cos’è l’affidabilità? È la capacità di un “item” (prodotto, sistema, procedura) di operare, in determinate condizioni, per uno specifico periodo di tempo. Questa caratteristica operativa può essere investigata in due diverse ottiche: una probabilistica e l’altra deterministica. Con quest’ultima si cerca di capire come e perché si è verificata un’avaria (failure) e cosa si può fare in termini di ridisegno e di sperimentazione dell’esi- stente al fine di prevenire il suo ripetersi. Con la prima, invece, si vuole determinare la probabilità che un sistema/apparato (equipment) o un suo componente espletino in modo soddisfacente le funzioni per essi previste per un dato periodo di tempo e nelle condizioni prescritte. L’ingegneria dell’affidabilità - divenuta sempre più importante per i costruttori di aeromobili commerciali – è stata fortemente stimolata dal settore delle produzioni militari e missilistiche che hanno standardizzato alcuni famosi stimati di affidabilità. Tra questi, il MTBF (tempo medio tra due successive failure) ed il MTTF (tempo medio di guasto) hanno avuto un tale successo da essere incorporati nei pro- Foto di Stefan Kuhn anni ‘90, si va codificando negli Stati Uniti una scuola di pensiero in tema di Safety basata su un approccio che potremmo definire “teoria dell’alta affidabilità”. Questa afferma, con una visione ottimistica, che operazioni estremamente sicure sono possibili anche in presenza di tecnologie estremamente rischiose; ciò a condizione che si segua un appropriato disegno organizzativo e correlate tecniche di gestione del progetto incentrate su rigorose previsioni di comportamento dei sistemi. Alla stessa corrente, anche se di segno opposto, appartiene il filone della cosiddetta “normalità degli incidenti”, sicuramente caratterizzato da un approccio più pessimistico. Questo ritiene invece che, anche in sistemi complessi ad alta tecnologia, il determinarsi di incidenti gravi in determinate condizioni sia inevitabile. I teorici dell’alta affidabilità ritengono che gli incidenti possano essere prevenuti con opportuni accorgimenti in fase di progettazione; una convinzione quest’ultima condivisa dai professionisti della gestione del rischio coinvolti nella progettazione di centrali nucleari, aeromobili commerciali, impianti petroliferi ed altri sistemi ad alto tasso di tecnologia potenzialmente pericolosi. Caso scuola di applicazione delle teorie di questa corrente, a parere dei pensatori citati, è il sistema di controllo del traffico aereo realizzato ed operato dalla FAA: un esempio di progettazione e gestione di organizzazioni aventi ad oggetto attività sensibili dal punto di vista della sicurezza operativa e che vantano al tempo stesso un alto livello di sicurezza ed affidabilità. I caratteri distintivi di un’organizzazione ad alta affidabilità sono: - “committment” (impegno) dei vertici rispetto al livello di priorità assegnato concretamente all’affidabilità ed alla sicurezza in termini di gestione; - elevati livelli di ridondanza nelle l 10 Foto di Brad Campbell cessi di certificazione degli aeromobili da parte delle autorità di aviazione e, su base mondiale, dalla stessa ICAO. Ovviamente l’analisi di affidabilità di grandi sistemi complessi è praticamente impossibile se non si scompongono gli stessi in entità funzionali fatte di unità, sottosistemi o componenti; questa suddivisione genera una descrizione detta “diagramma a blocchi” dell’operatività del sistema. È su questi ultimi dunque che viene applicato il calcolo delle probabilità per computare l’affidabilità complessiva del sistema, a seconda di come quest’ultima risulti suddivisa nei singoli sottosistemi. Il credo dell’ingegneria dell’affidabilità è che un prodotto insicuro porterà ad azioni correttive, o getterà il suo produttore fuori dal mercato, innalzando come conseguenza il livello di sicurezza di tali prodotti. Insomma non si ritiene valido accordare alla sicurezza un’attenzione separata e specialistica perché la sicurezza è raggiunta solo mediante l’applicazione dell’ingegneria dell’affidabilità (quindi impegno, ridondanza, cultura dell’affidabilità nelle operazioni e apprendimento organizzativo); con ciò pretendendo di dimostrare che un sistema affidabile è un sistema sicuro. Stanno proprio così le cose? Scorrendo l’elenco dei maggiori incidenti aeronautici dal 1950 al 1998 si può notare che non ci sono eventi per la compagnia aerea Swiss Air. Ma proprio nel settembre di otto anni fa, un vettore ad “alta affidabilità” e con un impeccabile record di sicurezza vede il suo volo Swiss Air 111 precipitare in mare al largo delle coste di Halifax. La mera applicazione delle certezze passate (i dati registrati nel tempo trascorso) al futuro dava a questo tragico evento il sapore di un capriccio delle divinità. “Occorre comprendere meglio il rischio” era a quel punto il comune convincimento e la comune parola d’ordine. Compiendo una vera rivoluzione si voleva poter mettere il futuro (le previsioni di affidabilità) al servizio del presente, ampliando la capacità umana di definire quello che può accadere e sapendo scegliere tra le alternative possibili. Vedono la luce quindi importanti studi su innovative tecniche di analisi dell’ingegneria della sicurezza quali l’analisi dell’albero dei guasti (Fault Tree Analysis), l’analisi del rischio funzionale (Functional Hazard Analysis) ed infine l’analisi dei modi e degli effetti del guasto (Failure Modes and Effects Analysis). Ma possiamo dire di essere riusciti in questo intento? Torniamo per un momento al sistema di controllo del traffico aereo della FAA posto nel contesto del nostro discorso sull’affidabilità di sistema, sulle ridondanze, sulla sicurezza e la sua cultura organizzativa. Il 28 e 29 giugno 1998, vari quotidiani statunitensi e canadesi riportarono un bizzarro inconveniente occorso nella torre di controllo dell’aeroporto newyorchese “Fiorello La Guardia”. Si informava di una mancata collisione per soli 20 piedi tra un aereo della US Airways in arrivo ed uno della Air Canada in decollo ad appena 200 piedi di quota sull’intersezione delle piste. Il citato “Airmiss” aveva messo in discussione la sicurezza di quasi 300 persone più ovviamente gli aerei e le infrastrutture. Secondo gli articolisti, che citavano una fonte ufficiale dell’organizzazione sindacale dei controllori del 11 traffico aereo, l’inconveniente era accaduto perché un supervisore, nell’avvicinarsi al controllore che in quel momento gestiva i movimenti sulle piste dello scalo, aveva maldestramente versato del caffé sulla consolle del primo. Il controllore, nel tentativo di aiutare l’altro ad asciugare il caffé il prima possibile per prevenire un danno al sistema, aveva di fatto cessato di guardare lo schermo radar da cui risultava visibile la sempre crescente sottoseparazione tra i due aeromobili. In un caso come questo, come ci può venire in soccorso l’ingegneria dell’affidabilità? Come accennato in precedenza, la sicurezza abbraccia un ampio numero di aspetti quali la cultura, il modello di gestione, l’ingegneria, le procedure e da ultimo le considerazioni economiche. Non tutte queste variabili possono essere descritte in un modello matematico (per quanto sofisticato) di calcolo probabilistico dell’affidabilità che invece si attaglia molto bene all’analisi dell’hardware. Si badi bene che senza l’ausilio della disciplina dell’affidabilità e senza i suoi preziosi stimati di base non si potrebbe fare nulla nel vasto campo della sicurezza operativa. È però giunto il momento di non dimenticarsi mai del “caffè”: più che un episodio a se stante, il simbolo stesso di una vastissima categoria di variabili. È insomma l’ora di mettere la complessa componente umana ed il suo comportamento al centro della nostra discussione sulla Safety. ● LA PAROLA A... FRANCO LODI DOCENTE DEL MASTER DI SCIENZE DELL’AVIAZIONE - SICUREZZA DEL VOLO PRESSO L’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA E x pilota Alitalia con 13.000 ore di volo, una laurea in Scienze Marittime e Navali, già membro del Collegio ed investigatore dell’ANSV, il comandante Franco Lodi insegna “Sicurezza del Volo” alla Facoltà di Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Bologna (sede di Forlì). Presso lo stesso Ateneo, coordina inoltre il Corso di Alta Formazione sul “Management delle organizzazioni complesse”. Ed è proprio su questo argomento che lo abbiamo intervistato. Cosa fare e cosa non fare mai, a tutela della Safety, quando si gestisce un’organizzazione complessa. Cose da fare: cultura e formazione. A questo proposito sarebbe molto interessante leggere il rapporto sull’incidente occorso alla navicella spaziale Columbia esplosa durante la fase di rientro nell’atmosfera. L’atteggiamento organizzativo alla base dell’incidente è quello che noi definiamo “normalizzazione della devianza”. Il possibile distacco di frammenti di schiuma isolante dalla fusoliera (circostanza effettivamente realizzatasi in fase di decollo e che aveva danneggiato lo scudo termico di protezione del bordo d’attacco dell’ala) era un’eventualità già segnalata dagli ingegneri più volte prima dell’in- Editore: ENAV SpA Consiglio di Amministrazione: Bruno Nieddu (Presidente), Guido Pugliesi (Amministratore Delegato), Carlo Griselli, Roberto Manzaroli Fabrizio Franco Testa, Luciano Vannozzi cidente, ma ignorata a causa di un nuovo contesto organizzativo più guidato da priorità legate ai costi e ad un’immagine di efficienza che da criteri di sicurezza e di efficienza reale. In fase di rientro nell’atmosfera, l’ala raggiunse temperature insostenibili che portarono poi all’esplosione della navicella. È ovvio che non il mero fattore tecnico in sé ma l’inadeguatezza dell’organizzazione è quindi da considerarsi la causa dell’incidente. Da non fare: continuare a ragionare come se nulla fosse successo. La sfida oggi è quella della complessità che si manifesta con l’incertezza delle nostre conoscenze, della completezza e dell’esaustività. Le interazioni possibili tra gli eventi, a cominciare da quelle negative, sono tanto più alte quanto più sono le variabili e gli attori in campo; in breve, quanto più insomma un sistema è complesso. In un simile contesto, anche un piccolo errore di valutazione può portare a conseguenze importanti. Un approccio organizzativo che ignora o preferisce ignorare la complessità può essere causa di incidenti. Al Corso di Alta Formazione svolto presso l’Academy ENAV di Forlì con la II Facoltà di Ingegneria Aerospaziale dell’Università di Bologna abbiamo comin- Cleared Direttore editoriale: Alessandro Di Giacomo Direttore responsabile: Rosa Maria Di Martino Comitato editoriale: Luca Bellesia, Roberto Di Carlo, Massimo Garbini, Elvira Savini Nicci, Maurizio Scholtze Redazione: Via Salaria, 716 - 00138 Roma. Tel. 068166139 /301 /311 Fax 068166140 [email protected] 12 ciato a parlare di questi argomenti. Rimaniamo sul tema della complessità. Escludere il potenziale errore umano, grazie ad un sistema di controllo del traffico aereo completamente automatizzato, garantirebbe maggiore sicurezza? Una soluzione del genere non sarebbe più sicura perché il contesto del controllo del traffico aereo è un sistema complesso con troppe variabili imprevedibili: dal numero di aerei alle condizioni atmosferiche, alla situazione a terra ecc. L’automazione è sì affidabile ma in generale sa gestire bene sistemi lineari, dove le interazioni tra le variabili sono note e quindi la situazione non è esposta a fattori casuali di disturbo. A mio avviso lo sforzo non è quello di potenziare l’automazione in un sistema così denso di entropia come il controllo del traffico aereo, ma di migliorare sempre di più l’integrazione tra l’uomo, che è flessibile ma fallibile, e l’automazione, che è affidabile ma rigida. In questo modo il sistema uomo-automazione godrebbe dei pregi di entrambi, e si supererebbe il paradosso di Turing: “se una macchina sarà infallibile non potrà essere intelligente; se sarà intelligente, non potrà essere infallibile”.. ● Hanno collaborato: Luca Morelli, Alessandro Pasquali e Massimo Voci Progetto grafico ed impaginazione: LDM Comunicazione SpA - Roma Stampa: Telligraf Srl - Roma Registrazione Tribunale di Roma n. 526 del 15-12-2003 Numero chiuso in redazione il 23 ottobre 2006 In copertina: la nuova torre di controllo dell’aeroporto di Bari “Carol Wojtyla”