Ri-affondate la Bismarck!
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Ri-affondate la Bismarck!
Cinema&Mare Ri-affondate la Bismarck! Ancora un film di guerra con navi da Oscar Giuliano Da Frè - Giornalista Q ualche tempo fa, su queste pagine (n. luglio-agosto 2013) abbiamo rievocato la vicenda di un film dedicato a un famoso episodio di guerra navale del 1939, La battaglia di Rio de la Plata. Uscito nel 1956, firmato da una celebre coppia di maestri del cinema inglese del tempo, Michael Powell ed Emeric Pressburger, The Battle of the River Plate ottenne un grande successo, di pubblico e di critica: soprattutto, resta un record l’impiego nelle riprese di un’intera “flotta” di navi da guerra, affittate per alcune settimane dalla produzione per impersonare le unità protagoniste dell’epico scontro, e formata da 6 incrociatori, 2 caccia e una nave cisterna, provenienti dalle marine inglese, indiana e statunitense. 22 Marinai d’Italia Dicembre 2015 La riuscita della pellicola rilanciò il genere1, potendo anche contare sulla possibilità di impiegare ancora navi veterane del conflitto combattuto pochi lustri prima. Nel 1959 lo scrittore inglese Cecil S. Forester (1899-1966), il padre del celebre comandante letterario Orazio Hornblower (e che già nel 1943 aveva scritto un romanzo ispirandosi alle vicende dell’incrociatore inglese Penelope durante la battaglia della “seconda Sirte”), aveva pubblicato Hunting the Bismark, conosciuto anche come Last Nine Days of the Bismarck, cui rimise subito mano con lo sceneggiatore americano Edmund H. North2. La realizzazione del film, intitolato molto seccamente Sink the Bismarck (in italiano Affondate la Bismarck) fu affidata ad un giovane regista, l’allora 39enne Lewis Gilbert, che aveva già al suo attivo diversi film di successo, ma che si era fatto le ossa come documentarista nelle unità di ripresa della Royal Air Force durante il secondo conflitto mondiale. Benché esperto soprattutto di guerra aerea (il suo film più noto era stato, nel 1956, quello dedicato a Douglas Bader, l’asso della battaglia d’Inghilterra privo di entrambe le gambe per un vecchio incidente), Gilbert aveva un occhio allenato per un filma che doveva miscelare abilmente la fiction con un’accurata ricostruzione storica e tecnica dell’epica vicenda della Bismarck. Tuttavia, contrariamente a quanto accaduto per la pellicola di Powell e Pressburger, c’era una minor disponibilità di navi adatte alla bisogna, anche perché protagoniste della vicenda erano state le più potenti unità da battaglia dell’epoca, ormai affondate (tutte e 4 quelle impegnate nell’iniziale scontro dello stretto di Danimarca3) o radiate e demolite, ad eccezione – sempre parlando di capital ship – della portaerei Victorious. Né era semplice, in tempi di guerra fredda e di ristrettezze economiche, ottenere dalla Royal Navy la stessa assistenza avuta pochi anni prima. Ma gli autori del film avevano un asso nella manica, il giovane produttore John Brabourne, che aveva sposato la figlia di Lord Mountbatten of Burma, ammiraglio ed ex viceré dell’India, e da poco nominato Capo di Stato Maggiore della Difesa inglese4. Un legame importante, che facilitò di Bismarck, 1941-1960: c’ero anch’io ccanto alle navi, Sink the Bismarck schiera un nutrito cast di attori per A lo più inglesi, alcuni dei quali avevano già incrociato, in vari modi, il destino della corazzata tedesca. Kenneth More, che interpreta un immaginario direttore dell’ufficio operazioni dell’Ammiragliato – ruolo che nel maggio 1941 era ricoperto nella realtà dal capitano di vascello (poi ammiraglio) Ralph Edwards – durante la guerra aveva prestato servizio come ufficiale di complemento a bordo della portaerei Victoriuos. Anche Michael Hordern, un noto caratterista che nel film interpreta il comandante della Home Fleet John Tovey, durante la guerra prestò servizio nella Royal Navy, nello staff dello stesso First Sea Lord, ammiraglio Pound. Nessuno però aveva l’esperienza di Esmond Knight, attore di teatro dal 1925, che nel 1941 fu richiamato come ufficiale d’artiglieria e imbarcato sulla Prince of Wales. Uscito in mare con la nave appena consegnata, nello scontro dello stretto di Danimarca perse un occhio, rischiando anzi la cecità assoluta. Nel 1960 avrebbe interpretato proprio il ruolo del comandante della Prince of Wales, John Leach, affondato da aerei giapponesi con la sua nave il 10 dicembre 1941. Marinai d’Italia Dicembre 2015 23 Cinema&Mare molto l’impresa, poiché l’ammiraglio fece mettere a disposizione del genero una piccola squadra navale, anche se con tempi limitate per le riprese, trattandosi di unità in servizio attivo. Da qui derivarono le altre due decisioni prese dalla produzione: ossia di girare il film in uno splendido bianco e nero, per inserire spezzoni di documentari dell’epoca – compreso quello iniziale, relativo al varo della Bismarck, avvenuto ad Amburgo il 14 febbraio 1939 -, e di fare ricorso in larga misura agli esperti studi cinematografici Pinewood, veterani nella realizzazione e nell’impiego di accurati modellini navali naviganti. La “flotta dei due Lord” (Brabourne e il suocero Mountbatten) si sarebbe comunque ritagliata un ruolo di primo piano. Per ricostruire alcune scene a bordo delle navi da battaglia inglesi e tedesche, la Royal Navy mise innanzitutto a disposizione l’unica nave da battaglia ancora in servizio, ossia la Vanguard, che peraltro non aveva partecipato al conflitto, essendo stata completata nel 1946, e già apparsa nel film Carry on Admiral, commedia 24 Marinai d’Italia Dicembre 2015 del 1957. Armata con 8 cannoni da 381 mm tipo BL 15 inch Mk-1 in 4 torri binate, era compatibile con la configurazione generale della corazzata tedesca (4 torri binate con 8 cannoni da 380 mm), anche se in alcune riprese effettuate sul ponte si vedono impianti contraerei Bofors singoli e multipli da 40 mm, che la Bismarck ovviamente non imbarcava. Mentre la corazzata inglese (che “girò” il film mentre stava iniziando la procedura per la sua radiazione, avvenuta il 7 giugno 1960) poteva assomigliare bene o male anche all’incrociatore da battaglia Hood, completato nel 1920 ma armato anch’esso con 8 cannoni da 381 in torri binate – e disintegrato da una salva tedesca il 24 maggio 1941, durante lo scontro nello stretto di Danimarca – molte invece le differenze con le 2 moderne corazzate Prince of Wales e King George V, armate con 10 pezzi da 356 in torri trinate e binate, e soprattutto con la Rodney, che concentrava nel settore prodiero le 3 torri trinate pesanti, con cannoni da 406 mm. Le torri d’artiglieria della Vanguard furono così utili per ricostruire con accuratezza le complesse fasi di caricamento e puntamento dei pezzi pesanti di una nave da battaglia dell’epoca, mentre per il resto ci pensarono gli ottimi modellini dei Pinewood Studios. Per girare alcune delle scene dedicate alla distruzione finale della Bismarck, avvenuta il 27 maggio 1941, fu invece sfruttato uno degli incrociatori classe “Dido” in disarmo, forse il Black Prince, con strutture posticce poi demolite con esplosioni controllate, simulando il martellamento subito dalla nave tedesca. Whitehall mise poi a disposizione della troupe anche 2 portaerei: la Centaur, eponima della classe di light carrier completate negli anni ’50, su cui furono impiegati i 3 aerosiluranti Fairey “Swordfish” restaurati impiegati per ricostruire (assieme a diversi aeromodelli) i letali attacchi aerei lanciati contro la Bismarck, e la Victorious, unica nave protagonista dell’epica caccia ancora in servizio, che interpretò pertanto sia se stessa, aggregata alla Home Fleet, sia l’Ark Royal, distaccata dalla Forza H di Gibilterra. Nel 1959 la Victorious era reduce dai grandi lavori di trasformazione del 1950-1957, ma riprese ben dirette e l’uso di spezzoni di documentario mitigarono l’impatto delle modifiche introdotte, come il ponte angolato e il nuovo grande radar Type 984. Per interpretare gli incrociatori e i caccia impegnati nell’operazione, furono poi impiegati (sempre per brevi periodi), l’incrociatore Belfast, all’epoca ancora in servizio, dopo essere stato ammodernato con nuova sensoristica e pezzi antiaerei radar asserviti5, e i caccia Cavalier, gemello del Cossack nave di bandiera del commodoro Philip Vian, della 4th Destroyer Flotilla, e l’Hogue, tipo “Battle”, che impersonava un’unità immaginaria, il Solent, distrutta dalla Bismarck con una salva (questa si) di precisione cinematografica, durante l’attacco notturno lanciato dalle siluranti inglesi6. Una delle poche “licenze poeti- che”, di un film di ottimo livello e notevole accuratezza: rappresentata la prima volta a Londra l’11 febbraio 1960, alla presenza del Duca di Edimburgo, Sink the Bismarck fu una delle 10 pellicole più viste in Gran Bretagna quell’anno, e incassò nel solo Nord America più di 3 milioni di dollari dell’epoca. Inoltre, il regista Lewis Gilbert nel 1962, prima di darsi agli “007” con Connery e Moore, avrebbe girato un altro ottimo film di guerra navale, Ponte di comando (HMS Defiant), sempre scritto da North, e ambientato su una fregata inglese durante gli ammutinamenti del 1797. nnn Note 1 2 3 4 5 6 Giusto per dare un’idea, e dimenticando di sicuro qualche titolo, basti pensare a Duello nell’Atlantico (1957), Guadalcanal ora zero (1960), Prima vittoria (1965), ma anche agli italiani L’affondamento della Valiant (1962) e Finché dura la tempesta (1963). North aveva già firmato alcuni film di successo, come uno dei cul-movie del cinema di fantascienza, Ultimatum alla terra (1951). Nel 1970 avrebbe vinto l’Oscar per il copione di Patton, scritto assieme a Francis Ford Coppola. Unico sopravvissuto alla guerra, l’incrociatore pesante tedesco Prinz Eugen era affondato durante i test nucleari di Bikini, nel 1946. Lord Brabourne rimase gravemente ferito (e perse la madre e un figlio) nell’attentato col quale l’IRA nel 1979 uccise l’ormai quasi 80enne Mountbatten. Dopo le riprese il Belfast salpò per Singapore, per unirsi alle forze navali britanniche in Estremo Oriente. In riserva dal 1963, nel 1971 fu trasformato in nave museo, ancorato presso il ponte di Londra. Durante il quale solo il caccia polacco Piorun fu raggiunto da qualche scheggia. Il Cossack fu invece affondato da un U-boote pochi mesi dopo, mentre il suo “attore”, il Cavalier, è conservato come nave museo. Marinai d’Italia Dicembre 2015 25