Settimo rapporto - Economia e politiche rurali in Toscana

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Settimo rapporto - Economia e politiche rurali in Toscana
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Autori
Il Rapporto, giunto ormai alla sua settima edizione, è svolto nell’ambito di una collaborazione tra Irpet e Arsia e costituisce lo strumento attraverso il quale far conoscere le principali caratteristiche del sistema rurale della Toscana. A tale scopo, il gruppo di lavoro comprende un
numeroso insieme di esperti che operano, oltre che nei due Istituti, nel mondo universitario, nell’INEA, nella Regione Toscana.
Il Rapporto è stato coordinato da Renata Caselli (Irpet) in collaborazione con Benedetto Rocchi (Facoltà di Agraria, Università di Firenze),
Silvia Scaramuzzi (Facoltà di Economia, Università di Firenze), Lucia Tudini (Inea) e Francesco Felici (Irpet) che ha seguito la redazione
del presente volume.
Gli autori dei singoli paragrafi sono i seguenti:
Elena Balducci (Facoltà di Agraria, Università di Pisa): 3.7
Giovanni Belletti ( Facoltà di Economia, Università di Firenze): 1.7, 2.1, 2.5
Gianluca Brunori (Facoltà di Agraria, Università di Pisa): 1.9, 1.10, 1.11, 3.7
Tunia Burgassi (Facoltà di Economia, Università di Firenze): 2.2, 2.4.6
Simona Capone (Inea): 3.5
Renata Caselli (Irpet): Sintesi del rapporto
Alessio Cavicchi (Facoltà di Agraria, Università di Firenze): 3.8
Lucio Cianciosi (Arsia): 3.9
Annalisa De Luca (Irpet): 3.3
Francesco Felici (Irpet): 1.6
Gianni Franchini (Arsia): 3.9
Luca Giorgetti (Regione Toscana): 3.2
Elisa Nannicini (Regione Toscana): 3.4
Stefania Nuvoli (Arsia): 3.5
Andrea Marescotti (Facoltà di Economia, Università di Firenze): 2.3.2, 2.3.3, 2.4 (escluso 2.4.6), 2.5
Benedetto Rocchi (Facoltà di Agraria, Università di Firenze): 1.1 (escluso 1.1.6), 1.3, 1.4
Lucia Tudini (Inea): 1.1.6, 1.5, 3.1, 3.3, 3.6
Pierfrancesca Sanna (Facoltà di Agraria Università di Pisa) 1.10, 1.11
Silvia Scaramuzzi ( Facoltà di Economia, Università di Firenze): 1.8, 2.3 (esclusi 2.3.2, 2.3.3), 2.6
Gianluca Stefani (Facoltà di Agraria, Università di Firenze) 1.2
Hanno inoltre collaborato, predisponendo i box di approfondimento:
Stella Caroni (Irpet) “Il cavallo maremmano e il cavallino di Monterufoli due razze da valorizzare, Lucio Cianciosi (Arsia) “Progetto TecOnLine La verifica di fattibilità di una comunità di apprendimento virtuale in agricoltura” Roberto D’Alonzo (Arsia) “Agricoltura Sociale
in Toscana: multifunzionalità, servizi e ruralità, Alvaro Fruttuosi e Simonetta Demuro (Arsia) “Attività editoriale dell’ARSIA”, Simone Gorelli, (Economia Agraria, Università di Pisa) “La coesistenza tra OGM e altre produzioni agricole” Gianfranco Nocentini (Arsia) La multifunzionalità del bosco e la valorizzazione energetica delle biomasse agro-forestali Raoul Pinzauti, (Regione Toscana) “Prime indicazioni sulle superfici seminate nell’annata agraria 2004-2005 per cereali e colture industriali”.
Si ringrazia infine per la collaborazione nella fornitura di informazioni e di utili consigli:
Fabrizia Fagnani (Amministrazione provinciale di Pistoia), Aurora Cavarra (Agriturist Toscana), Andrea Quaglia (A.N.A.B.I.C.), Francesco
Vinciarelli e Manuela Campinni (Aprotab), Claudio Carrai, Angelo Giannini, Carla Lazzarotto (Arsia), Achille Guastalli (A.R.A.T), Alessandra Del Bono (Artea), Gianluca Incerpi (Comicent), Stefano Mengoli, Andrea Petrini e Roberta Panella (Consorzio produttori Carni Bovine
delle razze pregiate Italiane), Emilio Bonifazi (Centrale del Latte di Firenze, Pisa e Livorno), Silvio Doretti (Fidi Toscana), Luca Quilici e
Andrea D’Amaddio (Flora Toscana) Renzo Rugani (Flor-export), Dante Dal Poggetto (Latte Maremma), Cristina Nencioni (Inea), Stefania
Ruffoli, Giampaolo Lensi (MPS Banca per l’impresa), Simone Michelacci, Fabio Boscaleri, Donatella Cavirani, Lorenzo Drosera, Giovanni
Guarneri, Marco Sulas, Claudio Del Re, Liborio Pirrello, Simone Sabatini, Livia Lazzarotto, Beatrice Manetti (Regione Toscana), Paola Saviotti (Terranostra Toscana).
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Sommario
PRESENTAZIONE ....................................................................................................................................... pag.
6
SINTESI DEL RAPPORTO ........................................................................................................................ pag.
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1. IL SISTEMA RURALE E LE SUE COMPONENTI ........................................................................... pag.
12
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
1.7
1.8
1.9
1.10
1.11
Il quadro macroeconomico del sistema rurale della Toscana .............................................................. pag.
I consumi alimentari ............................................................................................................................. pag.
Gli scambi con l’estero delle produzioni agro-alimentari ................................................................... pag.
Le imprese ........................................................................................................................................... pag.
I costi di produzione ............................................................................................................................ pag.
Il lavoro in agricoltura ......................................................................................................................... pag.
La cooperazione ................................................................................................................................... pag.
Il credito all’agricoltura ....................................................................................................................... pag.
L’assistenza tecnica in agricoltura ....................................................................................................... pag.
Agricoltura e ambiente ........................................................................................................................ pag.
Agricoltura biologica ........................................................................................................................... pag.
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2. LE FILIERE AGROINDUSTRIALI E LA VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI ........................ pag.
71
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
L’agriturismo ........................................................................................................................................ pag. 71
Le denominazioni geografiche e i prodotti tradizionali ...................................................................... pag. 76
La filiera latte bovino .......................................................................................................................... pag. 79
La filiera carne bovina ......................................................................................................................... pag. 92
La filiera “tabacco” .............................................................................................................................. pag. 103
La filera fiori ........................................................................................................................................ pag. 112
3. LE POLITICHE AGRICOLE E DI SVILUPPO RURALE ................................................................ pag. 123
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
3.9
La spesa pubblica in agricoltura .......................................................................................................... pag.
Il piano di sviluppo rurrale 2000-2006 ................................................................................................ pag.
L’esperienza dei piani di sviluppo rurale in toscana ........................................................................... pag.
L’iniziativa comunitaria leader plus .................................................................................................... pag.
La gestione delle risorse idriche in agricoltura ................................................................................... pag.
Le politiche nel settore pesca e acquacoltura ...................................................................................... pag.
Agricoltura e ambiente: le politiche .................................................................................................... pag.
Le politiche alimentari ......................................................................................................................... pag.
L’attività dell’Arsia .............................................................................................................................. pag.
123
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136
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150
156
161
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ............................................................................................................ pag. 170
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Presentazione
Susanna Cenni
Assessore Regionale all’Agricoltura e Foreste
L’agricoltura è al centro di profonde trasformazioni, comprenderne bene i connotati è fondamentale per governarli adeguatamente, ed il presente Rapporto, giunto alla sua settima edizione, risponde ad una crescente domanda di conoscenza sui caratteri e sulle prospettive del sistema agricolo e del mondo rurale, ed è realizzato grazie all’attività svolta dal gruppo di ricerca nato dalla proficua collaborazione tra Arsia, Irpet, mondo universitario ed Inea.
Anche questa edizione si articola, come le precedenti, in tre parti principali. La prima fornisce un quadro complessivo delle diverse componenti e problematiche del sistema agroindustriale e della dinamica delle imprese agricole; nella seconda vengono analizzate le filiere produttive latte e carne bovina, la filiera del tabacco e quella dei
fiori, accanto all’analisi del settore agrituristico e all’approfondimento delle tematiche relative alla valorizzazione
dei prodotti; nella terza parte, dopo un inquadramento iniziale nel più ampio contesto del consolidato della spesa
pubblica in agricoltura, sono esaminati gli interventi posti in essere dalla Regione Toscana, con particolare attenzione alle politiche di derivazione comunitaria.
La scelta dei temi trattati risponde, da un lato, alla necessità di fornire un’analisi congiunturale del settore, dall’altro, all’obiettivo di delineare un quadro complessivo del variegato sistema agricolo-rurale e delle sue diverse
componenti, cercando di anno in anno di dare rilievo a specifici argomenti, pur nel rispetto della tradizionale sintesi che caratterizza il Rapporto. La lettura delle diverse edizioni da conto proprio di ciò e mostra come gli ambiti
di interesse si siano nel corso del tempo modificati, dando spazio alle articolate componenti del mondo rurale.
Data la molteplicità e l’ampiezza dei temi trattati, al Rapporto viene premessa una sintesi, nella quale vengono
delineate le principali tendenze in atto.
Infine, desidero concludere questa presentazione con un ringraziamento a tutti coloro che hanno collaborato alla
realizzazione del rapporto, sia gli autori che quanti a vario titolo vi hanno contribuito con informazioni e suggerimenti.
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Sintesi del rapporto
Il quadro macroeconomico
Il 2004 è stato un anno straordinariamente positivo
per il sistema agroalimentare regionale. Un’annata contrassegnata da condizioni meteorologiche particolarmente favorevoli che, dopo un 2003 molto avverso, ha
segnato aumenti di produzione in quasi tutti i comparti
produttivi.
L’incremento reale del valore aggiunto agricolo (il
55% del totale del comparto agroalimentare) è stato infatti tale da rappresentare quest’anno uno dei più consistenti contributi alla crescita, pur lieve, dell’intero sistema regionale. La produzione vendibile agricola a valori
costanti è cresciuta complessivamente del 19%, mentre,
a fronte di un calo dei prezzi in buona parte spiegato dalle aumentate produzioni, anche quella a valori correnti
ha segnato una crescita consistente e superiore al 13%.
Aumenti particolarmente marcati si sono avuti nelle produzioni di cereali (+98%), nelle produzioni vitivinicole
(+21%) e sopratutto nelle produzioni dell’olivicoltura
(+133%). Al contrario, l’anno si è chiuso con risultati
molto contenuti nel comparto della zootecnia, che ha registrato un aumento della produzione a valori costanti inferiore all’1% e, per effetto di una lieve diminuzione dei
prezzi, una variazione in valori correnti negativa (0,8%). Analogamente, la produzione in termini reali dell’industria alimentare è rimasta pressoché stabile mentre
una lieve diminuzione si è registrata nel valore aggiunto
in termini correnti.
Gli effetti positivi dell’annata agricola si sono riflessi
anche sulle unità di lavoro che complessivamente sono
cresciute, rispetto al 2003, di circa il 4%. Se poi si considera l’andamento in termini di occupati il risultato appare ben più espansivo. In particolare, per quanto si riferisce agli occupati in agricoltura, l’incremento è stato del
27%, variazione che colloca la forza lavoro agricola della Toscana su un livello marcatamente superiore rispetto
a quello del 1994 (+20%). La differenza tra le variazioni
in termini di unità di lavoro e di occupati è spiegata dall’accresciuta incidenza delle forme di lavoro flessibile.
Si rileva infine che, rispetto all’andamento medio dell’occupazione, è la componente del lavoro indipendente
a registrare le variazioni più marcate, sia per le donne
che per gli uomini.
ha sperimentato, negli ultimi anni, vicende alterne spesso
connesse a fattori esogeni (il clima), in parte connesse a
tendenze strutturali di trasformazione del sistema economico, ma anche dovute a fattori endogeni al sistema di
produzione e di gestione delle imprese agricole.
Negli ultimi dieci anni, il comparto agroalimentare ha
registrato una progressiva riduzione di incidenza rispetto
al complesso dell’economia regionale (dal 4% al 3% del
valore aggiunto), mentre è gradualmente cresciuta la
componente terziaria (dal 67% al 70%) e diminuita quella industriale (dal 29% al 27%). Questa tendenza fa parte però di un lento processo di trasformazione di lungo
periodo che l’economia toscana sperimenta insieme a
tutte le economie più sviluppate. In questo contesto,
mentre la produzione e il valore aggiunto primario si sono lentamente ridimensionati, tendenza particolarmente
accentuata per la zootecnia, l’industria alimentare ha manifestato una maggiore dinamicità, registrando una crescita costante in termini di valore aggiunto e di produttività: rispetto alla metà degli anni novanta, il valore aggiunto reale è infatti cresciuto di circa il 2%, le unità di
lavoro dello 0,7% e la produttività del 1,2%.
La domanda interna
e le esportazioni di beni agroalimentari
Alla base degli andamenti segnalati vi è un diversificato contributo della domanda di beni agroalimentari. Vi
è stato negli anni recenti un netto rallentamento dei consumi delle famiglie che ha colpito sia la componente dei
prodotti dell’industria alimentare che i prodotti del settore primario, per i quali si registra, per il secondo anno
consecutivo, una sostanziale stagnazione.
D’altra parte, un contributo positivo all’attivazione dei
due comparti è venuto dalle esportazioni. Le vendite all’estero di prodotti del settore primario (a prezzi correnti) sono cresciute del 6,8%; a questo risultato ha contribuito principalmente il mercato UE (5,6%) e in particolare la Francia (+11%), e i paesi europei al di fuori dell’UE (+14%). Le esportazioni dell’industria alimentare
sono aumentate in termini nominali del 5%, mentre in
termini reali vi è stato in realtà un calo dovuto al consistente aumento dei prezzi; questa volta il contributo positivo proviene dal mercato europeo (che aumenta gli acquisti dalla Toscana del 11%) e dall’America settentrionale (+13,6%).
Le tendenze di medio periodo
Per comprendere a fondo la portata di questi risultati, è
però opportuno collocarli nel contesto evolutivo del sistema economico regionale. Questo è tanto più necessario in
relazione a un comparto come quello agroalimentare che
Le principali produzioni
Per quanto si riferisce alle produzioni, negli anni recenti, l’agricoltura toscana si è progressivamente specia-
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
lizzata nelle colture legnose, trainate da due settori fondamentali, il vivaismo e la vitivinicoltura, che costituiscono rispettivamente circa il 18% e il 20% del valore
della produzione agricola regionale. In particolare quest’ultima, nonostante le difficoltà incontrate sui mercati
esteri negli ultimi anni, ha progressivamente consolidato
il suo orientamento verso la produzione di qualità, strategia indispensabile per garantire la competitività su
mercati internazionali sempre più contesi. L’industria
enologica infatti ha registrato, nel 2004, un aumento delle vendite all’estero sia in termini di valore che di quantità.
I risultati del 2004 confermano inoltre una tendenza di
medio periodo di crescita, tra le colture erbacee, dei cereali, ancora favoriti dai sostegni comunitari, e di riduzione progressiva delle erbacee industriali e delle foraggiere, queste ultime connesse al graduale ridimensionamento della zootecnia. Questa trasformazione del mix
produttivo agricolo si registra, salvo qualche rara eccezione in tutte le province toscane. E’ interessante segnalare in ogni caso che, per effetto del nuovo regime comunitario di contributi, sono stimati già per il 2005 alcuni cambiamenti significativi nel mix produttivo dei
cereali, con una riduzione consistente del grano duro (37,5% delle superfici coltivate) in favore di quello tenero perché potenzialmente più produttivo (+30,8%), e anche un aumento delle produzioni industriali (+20,9%),
in particolare quelle di girasole e di barbabietola da zucchero.
tendenziale riorientamento del mix produttivo dell’agricoltura regionale, il nuovo sostegno all’agricoltura potrà
comunque costituire un’opportunità per il consolidamento della componente più professionale ed efficiente del
sistema agricolo regionale.
Nell’universo agricolo regionale un ruolo importante è
svolto dal sistema delle cooperative che ha mantenuto
nel 2004 le posizioni acquisite negli anni dopo avere, registrato nel 2003, un significativo aumento di fatturato
che si assesta intorno ai 600 milioni di euro. I principali
settori in cui opera il sistema della cooperazione sono
quello dei servizi (47% del fatturato), quello vitivinicolo
(20%), quello caseario (7%). Anche in questo tipo di imprese una tendenza marcata è stata, negli ultimi anni,
l’aumento delle dimensioni medie, determinando peraltro una polarizzazione tra grandi e piccole imprese.
Il credito all’agricoltura
L’andamento dell’attività creditizia è stato condizionato anche in agricoltura dal ciclo economico e in particolare dalle scarse attese di crescita che, da un lato, hanno
determinato un mantenimento dei tassi d’interesse a livelli molto contenuti, e dall’altro hanno disincentivato
gli investimenti a più alto rischio incoraggiando gli investimenti fondiari. In Italia, il credito all’agricoltura ha
continuato a crescere anche nel 2004 (+8%) e tale crescita è stata particolarmente intensa nelle regioni centrali (+9,8%). In Toscana, come nelle altre regioni, permane decrescente l’andamento dei finanziamenti agevolati
(-18%), sia di quelli a breve termine (-71%) che si concentrano prevalentemente nella provincia di Pisa, che di
quelli a medio e lungo termine per i quali tuttavia la diminuzione è stata analoga a quella complessiva (-18%).
Riguardo alla destinazione dei finanziamenti si segnala
la prevalenza degli investimenti per la costruzione di
fabbricati rurali, che aumentano del 24%, seguiti dall’acquisto di macchine e attrezzature (+1,5%) e dall’acquisto
di immobili rurali che, dopo essere aumentati tra il 2002
e il 2003 del 65%, crescono ancora del 29%. Gli interventi della regione dovrebbero porre attenzione su una
possibile “immobiliarizzazione” del sistema che potrebbe costituire in particolari settori produttivi un freno all’innovazione e alla crescita.
Le aziende agricole
Alla graduale trasformazione descritta sembra affiancarsi negli anni recenti un importante processo di ristrutturazione della maglia aziendale. Da indagini recenti sulle strutture produttive agricole, emerge infatti che nel
triennio post-censuario sembra essersi improvvisamente
riavviato il processo di accorpamento delle superfici
aziendali e il ricambio generazionale nella conduzione
delle strutture agrarie. La riduzione del numero delle
unità di produzione di piccolissime dimensioni, affiancandosi a un crescente ricorso all’affitto come modalità
di possesso della terra, mette a disposizione nuove superfici delle aziende agrarie gestite con criteri di maggiore imprenditorialità. Si tratta di un fattore di cambiamento importante e positivo che, nei prossimi anni, dovrà essere adeguatamente finalizzato al miglioramento
dell’efficienza della produzione agricola regionale. Quest’aspetto appare tanto più urgente considerando il secondo fondamentale fattore di cambiamento in atto: la
riforma della PAC. L’introduzione del pagamento unico
disaccoppiato, mutando radicalmente il quadro degli incentivi nell’ambito del quale i produttori effettuano le loro scelte, avrà sicuramente profonde ripercussioni sull’evoluzione del settore. Oltre ai primi segnali appena richiamati sulla scelta delle colture e più in generale su un
I consumi alimentari
Altri mutamenti importanti si stanno affacciando sul
sistema regionale, questa volta derivanti da fenomeni di
globalizzazione e omologazione degli stili di vita e dei
modelli di consumo ma anche dal fenomeno dell’immigrazione. A tal proposito è di grande rilievo monitorare
l’evoluzione dei consumi alimentari per comprendere se
e come attecchiscano nella realtà regionale i nuovi bisogni o le nuove domande connesse a quei cambiamenti.
Ciò che emerge da una prima analisi dei consumi alimentari in Toscana è il quadro di una regione che, pur se-
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
guendo le principali tendenze comuni a tutte le economie
avanzate, presenta alcune interessanti specificità legate
alle tradizioni alimentari locali. Si tratta di suggestioni
importanti per il governo delle filiere agro-alimentari regionali, che potrebbero consentire la creazioni di circoli
“virtuosi” di collegamento tra produzioni agricole, trasformazione alimentare e consumi alimentari nella Toscana dei prossimi anni.
certificazione dei prodotti aziendali, dalla diversificazione dei canali commerciali.
Anche in relazione alla filiera del tabacco si è di fronte a una progressiva trasformazione originata principalmente dal nuovo regime di aiuti comunitari. In Toscana,
dove si realizza circa il 5% del volume produttivo nazionale, si è registrata una graduale riduzione delle produzioni che è proseguita nel 2004 e risulta piuttosto consistente sopratutto se confrontata con quanto è avvenuto in
altre regioni, come Umbria e Veneto, dove i livelli produttivi hanno registrato una maggiore tenuta. Questa tendenza proseguirà in futuro in vista dell’attuazione totale
del disaccoppiamento che avverrà a partire dal 2010,
quando comunque il sostegno alla produzione verrà dimezzato.
La produzione dei fiori ha registrato nel 2004 segni negativi: si è avuta una diminuzione del 4% delle quantità
prodotte rispetto al 2003 e una diminuzione dell’11%
della produzione a prezzi correnti. Questi dati confermano una situazione critica che da qualche anno comprime
la filiera sul fronte dell’offerta e anche della domanda. E’
sempre più avvertita infatti la crescente concorrenza proveniente dalle regioni meridionali italiane, da paesi di
più recente ingresso nel mercato internazionale (Colombia, Equador, Kenya, Sudafrica, Cina, Thailandia...) e
dall’Olanda, caratterizzata da una rete produttiva e distributiva particolarmente efficiente. D’altra parte, incide
sfavorevolmente il contenimento della domanda interna
ed estera. Nei territori specializzati in quest’attività, ma
anche nel resto del territorio, il numero di aziende di produzione e le superfici a coltura si riducono; mentre nella
fase commerciale i mercati all’ingrosso non riescono ancora a offrire servizi accessori che potrebbero contribuire al rilancio del settore. Proprio sugli aspetti connessi alla qualità produttiva e anche distributiva e quindi ai servizi della logistica, alla promozione dei prodotti dovrebbero rivolgersi gli interventi per una valorizzazione delle varie fasi della filiera.
Le filiere produttive
Per quanto riguarda le filiere produttive e la valorizzazione dei prodotti, sono stati analizzati il settore agrituristico, le filiere del latte e della carne bovina, la filiera del
tabacco e quella dei fiori.
Per il turismo il 2004 è stato un anno negativo e l’agriturismo ne ha subito in parte le conseguenze, sia pure
in maniera meno significativa che nel resto del comparto turistico: le presenze si sono ridotte del 3% circa (4%
per il comparto turistico toscano nel complesso) soprattutto per gli stranieri (-5,4%), ma gli arrivi sono cresciuti con permanenze più brevi. Gli andamenti nel territorio
sono stati comunque differenziati; le maggiori difficoltà
si registrano nelle aree più tradizionali (Firenze, Grosseto e Siena), mentre aree di più recente sviluppo agrituristico, come Arezzo, Pisa e la Garfagnana, hanno registrato minori rallentamenti di domanda.
Le prime indicazioni raccolte per il 2005 confermano
un lieve rallentamento della domanda ma evidenziano
anche alcuni segnali di ripresa, soprattutto per le presenze straniere. Sono però confermati i fenomeni di fondo:
prenotazioni all’ultimo minuto, aumento dei soggiorni
brevi e brevissimi, aumento della concorrenza da parte di
alcune regioni limitrofe.
Questa evoluzione della domanda richiede capacità di
adattamento da parte delle imprese agrituristiche, il cui
numero è ancora in crescita, e dei sistemi locali di offerta, con una maggiore attenzione al rapporto qualità-prezzo dei servizi offerti.
Riguardo alle filiere del latte e della carne bovina
emerge un quadro di profonda trasformazione che assume connotazioni critiche. Il ridimensionamento delle
produzioni connesse alla zootecnia ha interessato tutto il
territorio regionale colpendo principalmente le aziende
di piccole dimensioni. Le tendenze fanno emergere dunque la necessità di una radicale ristrutturazione delle
aziende al fine di consentire il perseguimento di nuove
strategie per la competitività che possono essere ricondotte, nel caso del latte bovino, al miglioramento delle
connessioni con le fasi di confezionamento e commercializzazione oppure alla ricerca di una maggiore integrazione con le filiere di qualità. Nel caso della filiera
della carne il miglioramento potrebbe derivare da una
maggiore implementazione di innovazioni strutturali e
delle attrezzature, nonché dalla riqualificazione che potrebbe derivare dall’allevamento di razze locali, dalla
Le politiche per lo sviluppo rurale
Per concludere, una rapida panoramica sulle politiche
rurali in Toscana. Le questioni affrontate sono molte e
molto vasto è l’insieme degli aspetti da approfondire sia
sul piano degli interventi realizzati che sulle problematiche che si aprono a fronte di una nuova fase di programmazione per lo sviluppo rurale e delle novità introdotte
dalla nuova PAC.
Un primo aspetto da evidenziare si riferisce all’entità
del sostegno pubblico complessivo al sistema rurale regionale che, negli ultimi anni, si è mediamente assestato
intorno ai 760 milioni di euro, circa il 40% del valore
della produzione del settore primario e pari al 4,8% del
totale nazionale. Il 77% di questo sostegno è costituito da
trasferimenti mentre il restante 23% è rappresentato da
politiche agevolative (previdenziali e contributive, su
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
carburanti, su IRPEF, ecc.), quote che a livello nazionale risultano rispettivamente del 70% e del 30%. Del totale dei sostegni, il 44% viene direttamente erogato da ARTEA, organismo istituito nel 2002, con la competenza di
erogare aiuti, contributi e premi previsti da disposizioni
comunitarie, nazionali e regionali.
Per quanto riguarda il Piano di Sviluppo Rurale, il
2004 è stato un anno di consolidamento nel quale, come
nel 2003, il livello dei pagamenti effettuali ha superato
quello della spesa programmata per l’anno, determinando così un recupero nello stato di avanzamento finanziario relativo al periodo 2000-2004 che è risultato del
99%; per l’intero periodo 2000-2006 lo stato di avanzamento finanziario risulta invece del 70%. Il totale dei
pagamenti effettuati nel 2004 (118,8 milioni di euro)
portano il totale della spesa nel periodo 2000-2004 a
503,5 milioni di euro, destinati per il 27,6% all’Asse 1Sostegno al sistema produttivo agroindustriale, per il
63,4% all’Asse 2 – Sostegno al miglioramento dell’ambiente rurale, per il restante 9% all’Asse 3 – Sostegno
allo sviluppo integrato del territorio rurale. Si conferma
nel 2004 il trend crescente delle misure di contributo
agli investimenti che, per la prima volta, avendo raggiunto il 57,3% del totale, superano per entità le misure
di contributo a premio (42,6% del totale). La quota di
pagamenti più consistente riguarda le misure agroambientali (35 milioni di euro, pari al 29% del totale del
2004); seguono le misure per investimenti nelle aziende
agricole (27,7 milioni di euro corrispondenti al 23%),
per la diversificazione delle attività del settore agricolo
(14 milioni di euro, 12%), per altre misure forestali (14
milioni di euro, 12%).
Come emerso anche dal Rapporto di valutazione intermedia del PSR, la ripartizione delle risorse nel territorio è generalmente molto differenziata e comunque
orientata verso le aree dove sono presenti maggiori difficoltà in termini di sviluppo: il 27% delle risorse ha interessato le aree montane, il 16% i sistemi agricolo rurali, il 21% le aree rurali marginali; in ogni caso, il 48%
delle risorse è stato assegnato alle aree considerate svantaggiate.
Un aspetto peculiare della programmazione degli interventi per lo sviluppo è, in Toscana, il suo carattere
concertativo. Questa particolarità caratterizza anche il
metodo programmatorio delle politiche per il territorio
rurale che, allo scopo di accentuare il decentramento amministrativo, la semplificazione procedurale e quindi la
più efficace attuazione degli interventi, ha portato alla
predisposizione dei Piani Locali di Sviluppo Rurale (PLSR). Questi strumenti, pur introducendo un principio valido di condivisione degli obiettivi e di coordinamento
degli interventi dal basso, hanno tuttavia prodotto risultati al di sotto delle aspettative determinando la necessità
di riflettere ancora sulle modalità con cui, nella nuova fase di programmazione, saranno attivate le relazioni tra
enti locali ma anche tra soggetti privati, in modo che si
possa realizzare la massa critica necessaria per gestire interventi sulle specifiche priorità del territorio.
Per quanto riguarda invece la terza edizione dell’iniziativa comunitaria Leader, la Toscana propone ancora
risultati interessanti; diversamente da molte regioni italiane, ha superato l’obiettivo di spesa minima, conseguendo tra l’altro, uno scostamento positivo che è il più
elevato in Italia. Resta comunque da segnalare che, a oltre metà periodo di programmazione, le risorse spese costituiscono solo il 30% del totale programmato. Questo
ritardo, comune alle altre regioni italiane, è prevalentemente dovuto alla complessità di gestione dei progetti
che coinvolgono soggetti che operano in territori, con regole, lingua e consuetudini differenti. L’esperienza è da
valutare, nel complesso, positivamente e verrà riproposta
questa volta all’interno del nuovo PSR riportando la metodologia della programmazione dal basso in forma distinta per ogni misura attivata.
Anche in riferimento al settore della pesca e dell’acquacoltura le nuove tendenze in atto a livello comunitario mettono in luce l’opportunità di avviare esperienze di
programmazione negoziata tra gli attori locali, con la
previsione di attivare gruppi di azione costiera nelle zone di pesca. La nuova legge regionale prevede, inoltre, di
stanziare oltre 4 milioni di euro per dare attuazione ai
piani di intervento predisposti dalle Province, nell’ambito della concertazione istituzionale, per la promozione
dei principi di sostenibilità e responsabilità nei confronti
dell’ambiente e dei consumatori, mediante il sostegno a
produzioni sicure e di qualità, l’incentivazione della multifunzionalità delle imprese, l’identificazione dei fabbisogni di innovazione e di sviluppo del settore, lo sviluppo della piccola pesca costiera.
Molte sono infine le questioni che potrebbero essere
richiamate a proposito degli interventi regionali che riguardano la tutela ambientale e la sicurezza alimentare.
Un primo tema di rilievo è quello dell’uso della risorsa idrica che è oggetto di specifici interventi in ambito
del PSR, volti a razionalizzare gli impieghi e a rendere
sostenibile l’uso della risorsa. Su questo tema occorre in
primo luogo segnalare che, a causa delle restrizioni poste
dalla comunità europea sugli interventi che possano determinare una maggiore pressione sulla risorsa idrica, i
finanziamenti resi disponibili per la realizzazione di investimenti per impianti irrigui non sono stati in questi
anni adeguati alle aspettative. Nel 2004 però è stato attivato un bando per la realizzazione di un sistema di infrastrutture aziendali che favorisca gli interventi di razionalizzazione nell’uso della risorsa idrica nel comparto florovivaistico. A partire dal 2003, sempre in ambito PSR, è
stato inoltre possibile attivare un intervento per la gestione delle risorse idriche in agricoltura volto principalmente al miglioramento delle strutture irrigue nelle province maggiormente interessate dalla crisi idrica. La Re-
10
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
gione si sta infine attivando per avviare interventi per il
recupero e il miglioramento dei piccoli invasi collinari
esistenti nonché per la costruzione di nuovi invasi allo
scopo di aumentare, soprattutto nelle località a maggiore
criticità idrica, la capacità di trattenimento di acque piovane. Tutti interventi che devono comunque muovere
nella direzione di ridurre i volumi di irrigazione e di migliorare l’efficienza e l’efficacia delle modalità di gestione dell’uso irriguo delle acque.
Molteplici sono le azioni in difesa della natura e delle biodiversità: interventi per la valorizzazione di aree
protette, per la conservazione del germoplasma regionale, per il recupero di razze locali e varietà a rischio di
estinzione, per lo sviluppo dell’agricoltura biologica.
Altre azioni riguardano ancora la difesa delle acque e si
attuano attraverso l’individuazione, la difesa e il monitoraggio delle aree vulnerabili. Per quanto riguarda le
aree soggette specificamente a inquinamento da nitrati
provenienti da attività agricola, con l’adozione del Piano di tutela delle acque sono state individuate come
aree critiche la Val di Chiana, il Lago di Massaciuccoli
e la zona costiera tra Rosignano Marittimo e Castagneto Carducci. A queste zone si possono affiancare le aree
di criticità derivante dall’attività agricola individuate
nel Piano Regionale di Azione Ambientale: il sistema
locale pistoiese florovivaistico, la Val di Cornia, la Padule di Fucecchio e ancora il Lago di Massaciuccoli.
Queste segnalazioni costituiscono certamente un primo
passo per spingere verso un’attività produttiva maggiormente attenta alle pressioni indotte sulla risorsa acquifera.
le risorse dedicate alle politiche rurali possano ridimensionarsi, come del resto è avvenuto nel corso degli ultimi decenni. E questo aspetto emerge chiaramente dalle
recenti difficoltà in sede UE nel trovare un accordo sul
rifinanziamento del bilancio comunitario. Se è vero che,
come sostenuto dalla rappresentanza inglese, occorre
orientare la politica comunitaria verso una modernizzazione delle strutture politiche, sociali ed economiche e
porre maggiore attenzione sulle politiche per l’innovazione, occorre anche tenere presente che in realtà alle
politiche rurali è destinato il 40% di un budget europeo
che costituisce però meno dell’1,2% del PIL europeo.
Certamente occorre ripensare i sostegni sui prezzi, riflettendo tuttavia su almeno due questioni che operano
in direzioni differenti: da un lato, sull’opportunità di rimuovere forme di protezionismo che ostacolino le
aspettative di crescita dei paesi meno sviluppati specializzati nelle produzioni agricole, dall’altro, sulla convenienza dell’Europa a non rendersi completamente dipendente dal resto del mondo per quanto riguarda i propri consumi alimentari.
Qualunque sarà la posizione che prevarrà, dovrà essere il risultato di un’equilibrata articolazione tra gli obiettivi di sviluppo e modernizzazione per l’Europa e le politiche di apertura ai prodotti provenienti dai paesi in via
di sviluppo. Infine, è importante fare si che il sostegno al
mondo rurale non venga commisurato semplicisticamente con il peso produttivo del comparto agroalimentare,
ma venga invece messo in relazione al più ampio ruolo
di presidio sociale e ambientale che le differenti esperienze di ruralità svolgono nei territori. La discriminante
concettuale da porre alla base degli interventi è che la difesa di tale ruralità in ambienti con forti pressioni insediative e antropiche in generale costituisce un “bene meritorio”, alla stessa stregua dell’istruzione, della sanità,
della cultura dei popoli.
Monitorare i cambiamenti in atto sul lato dei cicli produttivi e distributivi, su quello dei nuovi bisogni, sull’ambiente sarà, nei prossimi anni, un impegno che occorre assumere al fine di individuare le priorità su cui calibrare tempestivamente le politiche regionali.
Le prospettive future
La nuova fase di programmazione degli interventi per
lo sviluppo rurale è agli esordi e le sfide che potranno
derivare sono molteplici. Crescente attenzione verrà posta ancora nelle azioni che consentiranno di promuovere cambiamenti del mondo rurale che siano compatibili
con obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale, ma
che privilegino azioni mirate all’innovazione tecnologica e organizzativa. E’ plausibile pensare che nel futuro
11
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
1. Il sistema rurale e le sue componenti
1.1 Il quadro macroeconomico
del sistema rurale della Toscana
Il valore aggiunto prodotto dal sistema agroalimentare
toscano rappresenta circa il 37% del valore della produzione, una percentuale media che pondera le caratteristiche dei diversi settori considerati. Nel processo di formazione del valore aggiunto (nuova ricchezza prodotta
dal processo produttivo), infatti, le tre componenti del sistema si differenziano per il peso che assumono i consumi intermedi (ovvero la parte della produzione che viene
consumata all’interno del ciclo produttivo. Il settore della pesca, attività primaria di sfruttamento di una risorsa
naturale, registra consumi intermedi molto bassi e, conseguentemente, una quota di valore aggiunto consistente;
tuttavia, in valore assoluto questa componente risulta del
tutto trascurabile. L’agricoltura invece produce oltre la
metà del valore aggiunto totale, corrispondente al 20,6%
del totale della produzione. Al contrario, l’industria alimentare che, in quanto attività manifatturiera, è caratterizzata da una quota più elevata di consumi intermedi,
pur originando la quota più consistente della produzione
(67%), realizza un valore aggiunto pari al 16,8% del totale della produzione.
La destinazione della produzione agro-alimentare può
essere articolata in quattro principali componenti: do-
1.1.1 Composizione e dimensioni del settore
agroalimentare toscano
Nel delineare il quadro macroeconomico del sistema
rurale della Toscana, oltre al settore delle attività produttive strettamente definite come agricole, occorre
considerare quella parte più ampia del sistema economico regionale con il quale l’agricoltura stessa entra in
relazione.
Una prima rappresentazione della struttura di questo
insieme di attività può essere ricavata dal conto delle risorse e degli impieghi relativo all’anno 2002 che fornisce, per il complesso agroalimentare toscano, le principali dimensioni economiche.
Il valore totale della produzione del comparto, che nel
2002 era circa pari a 7 miliardi di euro, depurato di un
2% di imposte indirette (al netto dei contributi alla produzione), può essere attribuito per circa due terzi all’industria alimentare e per la parte rimanente alle attività
del primario, nell’ambito del quale la pesca rappresenta
solo una piccola quota rispetto all’agricoltura.
Conto delle risorse e degli impieghi del sistema agroalimentare toscano
2002. Valori percentuali
Agricoltura
e pesca
10,4%
Industria
alimentare
50,3%
Consumi
intermedi
60,7%
Produzione
agroalimentare
100%
Agricoltura
e pesca
31%
Agricoltura
e pesca
20,6%
Industria
alimentare
16,8%
Valore
aggiunto
37,3%
Industria
alimentare
67%
Imposte indirette
2%
Fonte: Elaborazioni su dati Irpet
12
Domanda
intermedia
43%
Toscana 13%
Consumi
finali
42%
Toscana 12%
Investimenti
1%
Esportazioni
14%
Italia 30%
Italia 30%
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Valore aggiunto e unità di lavoro dell’agroalimentare toscano
2004. Milioni di euro correnti e migliaia di unità
Toscana
Valore aggiunto
Unità di lavoro
Milioni di euro - migliaia di unità
1.535
55
69
3
1.330
24
2.934
81
84.330
1.659
percentuale su totale economia
1,8
3,3
0,1
0,2
1,6
1,5
3,5
4,9
Toscana su Italia
5,0
4,4
5,1
5,4
4,9
4,9
5,0
4,6
6,7
6,8
Agricoltura, caccia e silvicoltura
Pesca e piscicoltura
Alimentari e bevande e tabacchi
Totale agro-alimentare
Totale economia
Agricoltura, caccia e silvicoltura
Pesca e piscicoltura
Alimentari e bevande e tabacchi
Totale agroalimentare
Agricoltura, caccia e silvicoltura
Pesca e piscicoltura
Alimentari e bevande e tabacchi
Totale agroalimentare
Totale economia
Italia
Valore aggiunto
Unità di lavoro
30.550
1.345 49
27.190
59.084
1.263.433
1.229
499
1.776
24.430
2,4
0,1
2,2
4,7
5,0
0,2
2,0
7,3
-
-
-
-
Fonte: Elaborazioni su dati Istat e Irpet
Composizione della produzione vendibile dell’agricoltura toscana
2004. Prezzi base correnti e costanti
Prezzi correnti
Milioni di euro
Variazione %
Coltivazioni agricole
Erbacee
- Cereali
- Legumi secchi
- Patate e ortaggi
- Industriali
- Fiori e piante da vaso
Foraggere
Legnose
- Prodotti vitivinicoli
- Prodotti dell’olivicoltura
- Frutta
- Altre legnose
Allevamenti
Prodotti zootecnici alimentari
- Carni
- Latte
- Uova
- Miele
Prodotti zootecnici non alimentari
Servizi annessi
Totale produzione
1.556
576
295
4
159
44
75
38
942
403
127
29
382
428
427
322
77
27
2
1
123
2.107
18,42
22,54
77,40
67,35
-7,55
-3,12
-11,47
-14,25
17,81
17,19
141,15
32,85
0,38
-0,77
-0,77
-0,54
0,03
-7,12
41,62
-1,84
4,73
13,11
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
13
Prezzi costanti (1995)
Milioni di euro
Variazione %
1.354
622
340
3
150
42
87
37
695
227
93
27
349
403
402
307
68
26
1
1
102
1.859
27,33
39,56
98,49
60,41
8,27
-2,03
-4,50
-1,36
19,80
20,75
133,65
39,50
4,56
0,69
0,69
0,98
-0,64
-0,45
40,00
0,72
1,16
18,83
Variazione
prezzi %
-8,91
-17,02
-21,09
6,93
-15,82
-1,08
-6,97
-12,89
-1,99
-3,56
7,50
-6,65
-4,18
-1,46
-1,46
-1,52
0,67
-6,67
1,62
-2,56
3,58
-5,72
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
manda intermedia dei settori produttivi, consumi finali,
investimenti ed esportazioni. Una parte consistente è destinata alla prima componente, (43%), mentre il 41% è
destinato ai consumi finali e il 14% ad esportazioni estere. Il grafico infine mostra la ripartizione della domanda
interna tra regione e resto d’Italia che, tra consumi intermedi e finali, assorbe circa il 60% della produzione
agroalimentare toscana.
Nel 2004, il valore aggiunto del complesso agro-alimentare è stato pari a 2.934 milioni di euro, corrispondente al 3,5% del PIL regionale; le unità di lavoro impiegate, pari al 5% del totale, sono state pari a 81.000
unità a tempo pieno.
Nel 2004 le attività di produzione agricola e forestale hanno impiegato 55.000 unità di lavoro producendo
un valore aggiunto di 1.535 milioni di euro. La produzione agricola ha rappresentato l’1,8% del valore aggiunto prodotto in Toscana, una quota leggermente inferiore alla media nazionale (2,4%) a fronte del 3,3%
della manodopera impiegata (contro il 5,0% dell’agricoltura italiana).
L’agricoltura toscana produce il 5% del valore aggiunto agricolo a livello nazionale. Una simile quota sul totale nazionale ricopre anche l’industria alimentare (Toscana 4,9% del valore aggiunto italiano) che nel 2004 ha
realizzato un valore aggiunto pari a 1.330 milioni di euro, impiegando 24.000 unità di lavoro. Anche nel caso
dell’industria alimentare la Toscana si presenta meno
specializzata rispetto al complesso dell’economia nazionale, con una quota del valore aggiunto sul totale dell’economia leggermente inferiore.
indicazioni quantitative fornite dal Settore Statistica della Regione Toscana confermano - se non addirittura
rafforzano - il segno delle variazioni.
Produzione agricola
per comparto e area geografica
2004. Prezzi base correnti
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Toscana
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Toscana
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Toscana
Erbacee Legnose Allevamenti Servizi Totale
Milioni di euro
3.584
1.046
5.285
499 10.414
4.163
2.742
4.589
597 12.090
2.677
1.818
1.661
454
6.610
6.724
6.200
3.032
1.114 17.069
17.147 11.806
14.566
2.664 46.183
614
942
428
123
2.107
Composizione per area
34,42
10,04
50,75
4,79 100,00
34,43
22,68
37,95
4,93 100,00
40,49
27,51
25,13
6,86 100,00
39,39
36,32
17,76
6,53 100,00
37,13
25,56
31,54
5,77 100,00
29,13
44,71
20,32
5,83 100,00
Percentuale su Italia
20,90
8,86
36,28
18,74
22,55
24,28
23,23
31,50
22,40
26,18
15,61
15,40
11,40
17,03
14,31
39,21
52,51
20,81
41,83
36,96
100,00 100,00
100,00
100,00 100,00
3,58
7,98
2,94
4,61
4,56
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
1.1.2 La dinamica delle produzioni agricole
Il 2004 è stato un’annata particolarmente positiva per
le produzioni agricole. Il favorevole andamento climatico ha favorito elevate rese produttive in molti settori fondamentali dell’agricoltura regionale (vite, olivo, cereali)
Nonostante il fisiologico calo dei prezzi connesso all’accresciuta produzione, nel complesso, il valore delle produzioni ottenute è cresciuto a prezzi correnti di oltre il
13%, superando il 2.100 milioni di euro.
Particolarmente rilevanti sono gli incrementi in termini
reali registrati nel settore dei cereali (+98,49%) delle produzioni vitivinicole (+20,75%) e, soprattutto, delle produzioni dell’olivicoltura (+133,65%). Nel caso di quest’ultimo settore i dati indicano non solo una forte crescita quantitativa delle produzioni ma anche un loro apprezzamento medio sui mercati (+7,50% la variazione dei
prezzi): un andamento che rispecchia da un lato la caratteristica alternanza di produzione della coltura, dall’altro
una qualificazione delle produzioni olivicole toscane,
orientate verso la produzione di olio di qualità e collegate a un consumo a livello regionale ancora sostanzialmente fedele alle caratteristiche del prodotto toscano.
I dati disponibili sono ancora provvisori; tuttavia, le
L’agricoltura toscana conferma la sua forte specializzazione nelle produzioni legnose che, con una produzione pari a 942 milioni di euro, rappresentano quasi il 45%
del totale: una percentuale decisamente più elevata non
solo rispetto alla media nazionale (25,6%) ma anche rispetto a quella delle regioni centrali (27,5%) e dovuta
alla presenza di una forte vocazione regionale sia nel
settore vitivinicolo che nelle produzioni vivaistiche (altre legnose). Le colture legnose toscane rappresentano
circa l’8% del totale nazionale, circa il doppio del peso
dell’agricoltura nel suo complesso. Al contrario, il settore zootecnico, da tempo in lenta progressiva contrazione, incide sul totale della produzione nazionale per
una quota di poco inferiore al 3%. Nel 2004, a fronte di
una sostanziale stabilità delle produzioni in termini di
quantità, la diminuzione dei prezzi ha portato a una
complessiva riduzione del valore della produzione a
prezzi correnti dello 0,77%, imputabile soprattutto al
settore delle carni.
L’eccezionalità della campagna 2004 risulta piuttosto
evidente anche nell’analisi della evoluzione delle produzioni agricole toscane degli ultimi 10 anni.
14
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numeri indice della produzione
vendibile agricola
L’eccezionale andamento stagionale ha riportato
l’indice delle quantità prodotte ai livelli di inizio periodo, dopo un decennio che ha visto una graduale contrazione dei valori. Il confronto con l’annata 2003, particolarmente sfavorevole a causa della siccità, se da un
lato fa ancor più risaltare il risultato dell’anno appena
concluso, dall’altro non permette di ipotizzare un cambiamento di tendenza rispetto all’ultimo decennio.
Piuttosto, a partire dal 2002 la dinamica toscana delle
produzioni agricole sembra essersi riallineata con
quella nazionale, dopo un periodo di progressiva perdita di posizioni.
1995-2004 prezzi base costanti Toscana Italia
120
Toscana
Italia
110
100
1.1.3 Alcuni dati sulle produzioni provinciali
Le informazioni fornite dal Settore Statistica della Regione Toscana su (www.regione.toscana.it) permettono
di suddividere le produzioni vegetali tra le varie province della Toscana.
Ai dati in valore assoluto può essere utile considerare alcuni indici di variazione. Nella figura è rappresen-
90
80
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Superfici destinate alle diverse colture nelle province toscane
2004. Ettari e valori percentuali
Arezzo
Frumento duro
Mais
Altri cereali
Leguminose da granella
Leguminose fresche
Ortaggi in piena area
Barbabietola da zucchero
Girasole
Altre colture industriali
Vite da vino
Olivo
Altri alberi da frutto
Bacche
Ortaggi in serra
Erbai
Prati avvicendati
Prati permanenti
Pascoli permanenti
Totale produzioni
10.000
1.600
18.700
380
135
1.016
200
3.200
110
7.000
11.000
954
0
6
831
11.500
6.500
11.800
84.932
Frumento duro
Mais
Altri cereali
Leguminose da granella
Leguminose fresche
Ortaggi in piena area
Barbabietola da zucchero
Girasole
Altre piante industriali
5,4
5,5
7,2
8,5
13,7
8,3
4
15,5
19,3
Firenze Grosseto Livorno Lucca
Ettari
8.800 70.000 14.000
183
6.194
4.000
1.100
3.150
22.882 84.315 18.360
3.691
160
2.809
237
48
185
107
110
179
929
2.114
3.003
1.183
220
334
508
0
990
1.200
1.400
237
110
10
90
20
18.000
6.900
2.250
1.714
27.500 16.000
4.100
3.230
865
482
427
330
0
0
0
5
126
70
65
81
3.050 27.900
995
100
14.900 11.200
2.770
1.340
5.200
5.000
790
7.420
37.900 20.500
1.630
5.120
148.011 252.941 51.835 28.031
Distribuzione %
4,8
37,9
7,6
0,1
21,1
13,7
3,8
10,8
8,8
32,3
7
1,4
3,6
62,5
5,3
1,1
18,8
10,9
11,2
18,2
7,6
17,3
24,6
9,7
4,4
6,7
10,1
0
4,8
5,8
6,8
1,1
19,3
1,8
15,8
3,5
15
Massa
Pisa
Pistoia
0
1.075
1.495
40
125
1.052
0
0
0
1.947
890
111
0
39
568
2.920
8.740
5.290
24.292
32.000
6.500
44.150
782
98
1.901
3.055
4.000
60
4.000
7.310
736
0
33
230
11.300
0
18.000
134.155
30
2.320
2.840
35
45
395
0
480
15
1.700
7.200
48
5
17
1.900
985
1.500
5.000
24.515
0
3,7
0,6
0,9
12,7
8,6
0
0
0
17,3
22,2
16,9
17,4
10
15,6
60,9
19,4
10,5
0
7,9
1,1
0,8
4,6
3,2
0
2,3
2,6
Prato
Siena
Totale
625 49.000
355
3.000
1.241 63.140
4
0
0
0
60
554
50
650
110
9.000
5
150
355 18.400
1.790 13.300
15
279
0
0
9
1
100
1.080
670
8.300
400
0
1.000 24.200
6.789 191.054
184.638
29.294
260.814
4.495
984
12.207
5.017
20.617
570
62.266
92.320
4.247
10
445
36.754
65.885
35.550
130.440
946.553
0,3
1,2
0,5
0,1
0
0,5
1
0,5
0,9
26,5
10,2
24,2
0
0
4,5
13
43,7
26,3
100
100
100
100
100
100
100
100
100
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Vite da vino
Olivo
Altri alberi da frutto
Bacche
Ortaggi in serra
Totale erbai
Prati avvicendati
Prati permanenti
Pascoli permanenti
Totale produzioni
11,2
11,9
22,5
0
1,3
2,3
17,5
18,3
9
9,0
28,9
29,8
20,4
0
28,3
8,3
22,6
14,6
29,1
15,6
11,1
17,3
11,3
0
15,7
75,9
17
14,1
15,7
26,7
3,6
4,4
10,1
0
14,5
2,7
4,2
2,2
1,2
5,5
2,8
3,5
7,8
50
18,2
0,3
2
20,9
3,9
3,0
3,1
1
2,6
0
8,8
1,5
4,4
24,6
4,1
2,6
6,4
7,9
17,3
0
7,4
0,6
17,2
0
13,8
14,2
2,7
7,8
1,1
50
3,8
5,2
1,5
4,2
3,8
2,6
0,6
1,9
0,4
0
2
0,3
1
1,1
0,8
0,7
29,6
14,4
6,6
0
0,2
2,9
12,6
0
18,6
20,2
100
100
100
100
100
100
100
100
100
100
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana
Dai dati sembra inoltre emergere una complessiva tendenza alla diminuzione delle rese unitarie per quanto riguarda le colture di pieno campo.
Queste tendenze hanno portato a una situazione,
quella del 2004, che deve essere considerata come termine di riferimento rispetto a una verosimile ulteriore
evoluzione della composizione della produzione vendi-
tato il tasso di variazione ottenibile mettendo a confronto i valori medi dei bienni 99/00 e 03/04 delle superfici coltivate rispettivamente a cereali, colture industriali e foraggiere. Al di là della diversificazione del
dato tra le diverse province, e tenendo presente che i
dati sono comunque frutto di una rilevazione di tipo
estimativo, risulta evidente la tendenza, nel periodo
Variazione percentuale delle superfici coltivate per provincia e gruppo di colture
1999 - 2004
40
20
0
-20
-40
-60
-80
-100
AR
FI
GR
LI
LU
Cereali
MS
Industriali
PI
PT
PO
SI
Totale
Foraggere
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana
bile toscana nei prossimi anni. Il mix produttivo che
viene delineato dai dati appena presentati, sopratutto
per le colture annuali, rappresenta infatti gli equilibri
negli ordinamenti colturali che sono andati consolidandosi negli ultimi anni, all’interno di un quadro di incentivi definito dall’accordo Agenda 2000 del giugno
1999. Di fatto, a partire dal 2005, con l’avvio delle nuo-
considerato, alla sostituzione di coltivazioni industriali
e foraggiere con la coltivazione dei cereali, in particolare con il frumento duro che il regime di sostegno rendeva particolarmente conveniente rispetto ad altre produzioni. Il ridimensionamento delle foraggiere è invece
strutturalmente legato alla riduzione progressiva della
zootecnia regionale.
16
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
ve forme di sostegno previste dalla cosiddetta “Mid
Term Review” della PAC, i primi adattamenti dovrebbero manifestarsi proprio nella ripartizione del seminativo. Il passaggio a un aiuto aziendale completamente
svincolato dal tipo di produzione effettuata (aiuto “disaccoppiato”) potrebbe comportare una sensibile modificazione del mix produttivo. Come verrà evidenziato
più avanti, nel breve periodo sarà soprattutto il settore
dei cereali a registrare le principali ripercussioni, poiché la convenienza alla coltivazione del grano duro, che
negli ultimi anni aveva trainato la crescita del settore,
risulterà sensibilmente ridimensionata rispetto al passato. La valutazione degli effetti del mutamento del mix
produttivo sul complesso agroindustriale della Toscana
(interdipendenze a monte ed effetti sulle filiere a valle)
costituirà, nei prossimi anni, uno degli aspetti di maggiore interesse per interpretare il futuro dell’agricoltura
regionale.
Informazioni dettagliate a livello provinciale sono disponibili anche per le produzioni vitivinicole e olivioleicole, particolarmente rilevanti nel sistema rurale toscano.
Produzioni vitivinicole nelle province toscane
2004. Valori assoluti e distribuzioni percentuali
Arezzo
Firenze Grosseto Livorno Lucca
Massa
Valori assoluti
1.260.000 759.000 180.000 100.765 133.900
1.186.970 759.000 179.000 95.727 88.500
71.260
500
500
3.000
1.115.710 759.000 178.500 95.227 85.500
837.730 531.958 133.875 64.137 44.685
Produzione totale uva (q)
Uva raccolta (q)
Consumo diretto (q)
Produzione vinificata (q)
Vino prodotto (hl)
Resa alla trasformazione
(hl/q x 100)
236.000
236.000
236.000
165.160
70,0
75,1
70,1
Produzione totale
Uva raccolta
Consumo diretto
Produzione vinificata
Vino prodotto
Resa alla trasformazione
(Toscana = 100)
4,9
5,1
0,0
5,2
5,2
26,4
25,6
94,7
24,5
26,5
15,9
16,4
0,0
16,7
16,8
100,9
108,2
101,0
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Totale
300.000 127.500 21.028 1.653.745 4.771.938
294.000 116.300 21.028 1.653.745 4.630.270
75.260
294.000 116.300 21.028 1.653.745 4.555.010
205.800 80.064 15.351 1.081.211 3.159.971
75,0
67,4
Distribuzioni %
3,8
2,1
3,9
2,1
0,7
0,7
3,9
2,1
4,2
2,0
52,3
70,0
68,8
73,0
65,4
69,4
2,8
1,9
4,0
1,9
1,4
6,3
6,3
0,0
6,5
6,5
2,7
2,5
0,0
2,6
2,5
0,4
0,5
0,0
0,5
0,5
34,7
35,7
0,0
36,3
34,2
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
108,1
75,3
100,9
99,2
105,2
94,2
100,0
Massa
Pisa
Pistoia
Siena
Toscana
12.460
12.460
280
12.180
2.070
17,0
162.726
162.726
162.726
23.752
14,6
79.200
79.200
79.200
12.672
16,0
0,6
0,6
20,0
0,6
0,7
7,7
8,1
0,0
8,1
8,6
3,7
4,0
0,0
3,9
4,6
1,0
1,1
0,0
1,1
1,2
5,1
5,3
0,0
5,2
6,1
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
123,7
106,2
116,5
109,6
116,5
100,0
97,1
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana
Produzioni olivi-oleicole nelle province toscane
2004. Valori assoluti e distribuzioni percentuali
Arezzo
Produzione totale olive (q) 201.544
Olive raccolte (q)
201.544
Consumo diretto (q)
Produzione oleificata (q)
201.544
Olio prodotto (q)
31.615
Resa alla trasformazione (%)
15,7
Produzione totale
Olive raccolte
Consumo diretto
Produzione oleificata
Olio prodotto
Resa alla trasformazione
(Toscana = 100)
9,5
10,1
0,0
10,0
11,4
114,2
Firenze Grosseto Livorno Lucca
Valori assoluti
962.500 330.000 120.000 122.172
866.250 321.225 140.000 87.352
800
319
866.250 321.225 139.200 101.853
103.950 46.713 20.212 15.219
12,0
14,5
14,5
14,9
Distribuzioni %
45,4
15,6
5,7
5,8
43,4
16,1
7,0
4,4
0,0
0,0
57,2
22,8
43,1
16,0
6,9
5,1
37,6
16,9
7,3
5,5
87,3
105,8
105,7
108,8
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana
17
Prato
21.480 109.000 2.121.082
21.400 105.000 1.997.157
1.399
21.400 105.000 2.010.578
3.222 16.800 276.225
15,1
16,0
13,7
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Prime indicazioni sulle superfici seminate nell’annata agraria 2004-2005
per cereali e colture industriali
Sulla base delle informazioni fornite dai responsabili statistici delle Amministrazioni Provinciali, durante le riunioni mensili convocate presso il Settore Statistica della Regione Toscana nel corso dei primi mesi del 2005, le indicazioni sulle intenzioni di semina degli agricoltori per quanto riguarda il comparto dei cereali autunno-vernini
(frumento tenero e duro, orzo, avena, segale e cereali minori), di quelli primaverili (mais e sorgo) e delle colture
industriali (girasole, colza, soia e barbabietola da zucchero) mostrano un andamento molto differenziato.
A questa situazione sembrerebbero aver contribuito diverse cause, delle quali le principali potrebbero essere le
seguenti:
a) le piogge autunnali e invernali piuttosto consistenti e prolungate hanno ritardato le semine, che in diverse province si sono protratte fino al mese di gennaio 2005;
b) il nuovo regime contributivo PAC, che prevede un contributo all’azienda nel suo complesso piuttosto che alle
specifiche produzioni, ha indotto molti agricoltori ad abbandonare il frumento duro per quello tenero perché
potenzialmente più produttivo, ritenendo poco remunerativo l’attuale premio di qualità pari a 40 euro per ettaro;
c) l’incremento delle superfici destinate a colture industriali (girasole e barbabietola da zucchero), a favino e di
quelle destinate a riposo e set-aside.
Confrontando i dati a livello regionale degli anni 2004 e 2005, emerge per i cereali autunno-vernini un calo di
superficie piuttosto consistente, passando da 230.542 a 167.183 ettari (-27,5%); questa variazione è dovuta soprattutto alla forte riduzione prevista per il frumento duro, che passa da 184.638 a 115.485 ettari (- 37,5%) e, in misura minore, per l’orzo, che scende da 14.524 a 13.330 ettari (- 8,2%); l’aumento delle superfici destinate a frumento tenero è sicuramente significativo, in quanto passa da 21.210 a 27.737 ettari (+30,8%), ma non sufficientemente ampio per contrastare la prevista marcata diminuzione del comparto.
Negli ultimi tre anni, si è rilevato un significativo ampliamento delle superfici coltivate a farro (nel 2004 ha raggiunto i 1.000 ettari e le previsioni per il 2005 confermerebbero questo dato), che rappresenta un’importante risorsa economica in diverse aree collinari e montane dato che il mercato richiede tale cereale come prodotto alternativo nell’alimentazione umana.
Anche i cereali a semina primaverile (mais e sorgo) sembrano destinati a una contrazione produttiva, passando
le superfici coltivate da 30.172 a 25.826 ettari (-14,4%); il calo, legato principalmente al nuovo regime contributo
dell’Unione Europea che costringe a nuove scelte produttive l’imprenditore agricolo, risulterebbe molto accentuato per il mais (-15,1%) nelle province di Grosseto e Livorno, mentre per il sorgo si prevede un lieve incremento
(+9,6%).
Legato in buona parte al nuovo regime dei contributi comunitari è lo sviluppo delle piante industriali che, tra il
2004 ed il 2005, vedono salire le previsioni di superficie investita nel comparto da 26.194 a 31.681 ettari (+20,9%);
gli incrementi maggiori si avrebbero per il girasole e la barbabietola da zucchero, mentre risultano praticamente
marginali quelli per la colza e la soia, oramai ridotte mediamente a circa 500 ettari complessivi in tutta la Regione.
Riguardo al girasole la superficie investita passerà da 20.617 a 24.207 ettari (+17,4%), mentre per la barbabietola da zucchero i valori aumentano da 5.017 a 6.915 ettari (+ 37,8%).
Formazione
del valore aggiunto agricolo
1.1.4 La formazione del valore aggiunto agricolo
A fronte di una produzione di 2 miliardi e 107 milioni
di euro, consumi intermedi per 621 milioni portano nel
2004 l’agricoltura toscana a produrre un valore aggiunto
a prezzi correnti di 1 miliardo e 486 milioni. La quota di
valore aggiunto sul valore della produzione è leggermente superiore alla media nazionale, attestandosi intorno al 70%; incide su questo dato l’importanza residuale
del comparto zootecnico (di minor peso in Toscana) che,
tipicamente, comporta maggiori consumi intermedi rispetto alle produzioni vegetali.
La composizione dei consumi intermedi agricoli riflette il mix produttivo toscano; dai più recenti dati Istat
2004. Milioni di euro, prezzi base correnti
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Toscana
Produzione
vendibile
10.414
12.090
6.610
17.069
46.183
2.107
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
18
Consumi
intermedi
4.231
4.592
2.242
4.911
15.976
621
Valore
aggiunto
6.183
7.499
4.368
12.158
30.207
1.486
Va/Pv
59,4
62,0
66,1
71,2
65,4
70,5
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
(Inea, 2004) relativi al biennio 2002/2003, emergono al
primo posto le spese per fertilizzanti (37%) seguite dai
reimpieghi di prodotti agricoli (23%) e dall’acquisto di
energia motrice (15%), mentre le spese specificamente
legate alla produzione zootecnica (ad eccezione dei
reimpieghi di foraggi) rappresentano circa il 5%.
Il peso del valore aggiunto agricolo toscano sul totale
nazionale risulta sostanzialmente in linea con quello delle produzioni: nel 2004 ha rappresentato il 4,9% a prezzi correnti.
I dati mostrano l’eccezionalità dei risultati del 2004,
con una crescita del valore aggiunto in termini reali di ol-
tre il 26%, molto superiore all’aumento medio media nazionale (+11,5%) e a quello della circoscrizione geografica centrale (+21,7%). Su un risultato così positivo incidono da un lato, come segnalato prima, risultati produttivi decisamente superiori alla media dell’ultimo decennio, dall’altro il confronto con il 2003, un’annata viceversa particolarmente negativa. L’effetto congiunto di
questi due fattori ha portato al risultato piuttosto inusuale, di una crescita del settore agricolo che, nel 2004, ha
rappresentato, nonostante il peso ridotto del settore, una
parte non trascurabile della crescita dell’economia regionale (IRPET e Unioncamere toscana, 2005). Il forte rimbalzo rispetto al 2003 risulta con evidenza anche dalla
rappresentazione delle variazioni percentuali rispetto all’anno precedente delle ultime due campagne.
Composizione
dei consumi intermedi in agricoltura
Toscana, media 2002/2003
Valore aggiunto
dell’agricoltura in Toscana
10%
23%
7%
Variazioni percentuali rispetto all’anno precedente
25
8%
20
15
15%
10
5
37%
0
Concimi
Sementi
Energia motrice
Antiparassitari
Mangimi e spese bestiame
Reimpieghi
-5
-10
-15
Toscana
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Italia
2003
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Valore aggiunto
dell’agricoltura per area geografica
Evoluzione del valore aggiunto
agricolo in Toscana
Prezzi base correnti e costanti
2003
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Toscana
Nord-Ovest
Nord-Est
Centro
Sud e Isole
Italia
Toscana
2004
Prezzi correnti
6.193
6.183
7.108
7.499
3.864
4.368
12.114
12.158
29.279
30.207
1.279
1.486
Prezzi costanti (1995)
5.911
6.214
6.377
7.219
3.318
4.039
10.344
11.465
25.949
28.936
1.046
1.321
2004
Var %
03/04
% su
Italia
-0,2
5,5
13,0
0,4
3,2
16,2
20,5
24,8
14,5
40,2
100,0
4,9
5,1
13,2
21,7
10,8
11,5
26,2
21,5
24,9
14,0
39,6
100,0
4,6
Prezzi correnti e costanti
120
110
100
90
80
70
1995
1997
1999
Prezzi costanti
Ragione di scambio
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
19
2001
2003
Prezzi correnti
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
La crescita in termini correnti del valore aggiunto nell’ultimo anno è sostanzialmente dovuta alla crescita in
termini reali delle produzioni agricole, che è stata più che
sufficiente a controbilanciare il peggioramento della ragione di scambio tra prezzi dei prodotti e prezzi dei fattori. Quest’ultima, sostanzialmente stabile a partire dal
2000, ha registrato nel 2004 una lieve flessione.
In dati nella tabella sottostante permettono di valutare
la produttività del lavoro impiegato nell’agricoltura toscana nell’ultimo triennio, pari a 23.600 euro per unità di
lavoro, sostanzialmente in linea con quello dell’inizio del
decennio. Il confronto con il dato nazionale evidenzia
per l’agricoltura regionale una produttività mediamente
superiore del 4%.
Le quattro province che producono la maggiore quota
di valore aggiunto agricolo e che presentano quindi una
specializzazione settoriale superiore alla media regionale sono Pistoia (19,7%), Siena (14,6%) e Grosseto
(17,7%).
La produttività del lavoro risulta fortemente differenziata tra le diverse realtà provinciali e può essere messa
in relazione con le tipologie di produzioni effettuate. La
provincia di Pistoia nel 2002 (ultimo anno disponibile)
presentava, rispetto alla media regionale, una produttività del lavoro agricolo superiore del 30%; questa differenza è riconducibile alla presenza, al suo interno, delle
aree a vocazione vivaistica.
1.1.5 Capitale e investimenti nell’agricoltura toscana
I dati pubblicati annualmente dall’Inea (2003) relativi
alle caratteristiche strutturali delle aziende agrarie, consentono di porre a confronto l’agricoltura della Toscana
con quella di altre realtà regionali.
Un primo confronto riguarda la dotazione di capitale
nelle aziende agrarie e, più in particolare, l’intensità fondiaria e il capitale di esercizio.
L’indice di intensità fondiaria mette in relazione la dotazione di capitali stabilmente investiti in opere fondiarie (fabbricati, piantagioni, sistemazioni e altri impianti
fissi) con la superficie agricola utilizzata. Si tratta sostanzialmente di opere finalizzate a modificare la fertilità del fattore terra innalzandone la produttività unitaria.
L’indice d’intensità di esercizio mette invece in relazione il valore del capitale di esercizio (dotazione di
macchine e attrezzi, bestiame, prodotti di scorta e capitale monetario per l’anticipazione delle spese) con le unità
di lavoro impiegato: questo tipo di dotazione di capitale,
infatti, ha l’obiettivo di incrementare la produttività del
lavoro.
Il valore medio assunto dai due indici nelle diverse regioni è stato normalizzato rispetto alla media nazionale,
fatta pari a 100.
Confrontando i due indicatori con la media nazionale (posta uguale a 100) emerge una grande omogeneità
strutturale tra le aziende agricole di gran parte delle regioni italiane (che si addensano intorno all’incrocio
delle 2 linee rappresentative della media). In questo
quadro, le aziende agrarie toscane mostrano una intensità fondiaria superiore alla media; questo dato è
espressione della vocazione produttiva regionale,
orientata verso le piantagioni pluriennali e a produzioni vegetali ad alta intensità di capitale, come sono
quelle vivaistiche. Le regioni che maggiormente si
scostano dai valori medi sono la Lombardia e il Friuli,
che presentano un’intensità di esercizio significativamente più elevata, e province del Trentino Alto Adige
e la Liguria che mostrano invece una più elevata intensità fondiaria.
Lavoro impiegato
e produttività nel settore agricolo
Prezzi base 1995, migliaia di unità
2002
2003
Toscana
1.291
1.103
54
51
23,9
21,5
Italia
27.904
26.365
1.265
1.222
22,1
21,6
Toscana su Italia
4,6
4,2
4,3
4,2
108,4
99,5
Valore aggiunto
Unità di lavoro
VA/UL (000 euro)
Valore aggiunto
Unità di lavoro
VA/UL (000 euro)
Valore aggiunto
Unità di lavoro
VA/UL (Italia = 100)
2004
Media
02/04
1.376
55
25,2
1.257
53
23,6
29.304
1.229
23,9
27.857
1.238
22,5
4,7
4,4
105,7
4,5
4,3
104,8
Fonte: Elaborazioni su dati Istat e Irpet
Produttività del lavoro agricolo
nelle province toscane
2002. Numeri indice (Toscana = 100)
150
100
50
MS LU
PT
FI
PO
LI
PI
AR
SI
GR
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana
20
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Dotazione di capitale nelle aziende agrarie
2002. Numero indice (Italia = 100)
250
Intensità d'esercizio
Lom
200
Fr
150
Mo
Sa
100
Ba
50
Ve
Ao
Pi
Ma
Ab
Um
Pu
La
Si
Tr
Toscana
Cam
Cal
Bz
Lig
0
0
100
200
300
400
500
600
Intensità fondiaria
Fonte: Elaborazioni su dati Inea
Dotazione di capitale e produttività del lavoro nelle aziende agrarie
2002. Numero indice rispetto alla media nazionale
250
Lom
Produzione per UL
200
Tr
150
Toscana
Bz
100
Ve
Sa
Fr
Si
Cal
Lig
50
La
Ab
Cam
0
50
Ba
Pu
Um
Ma
Ao
Mo
100
150
200
250
Intensità di esercizio
Fonte: Elaborazioni su dati Inea
Il posizionamento intorno alla media dell’agricoltura
toscana è confermato anche ponendo a confronto l’intensità di esercizio con la produttività del lavoro. I dati sembrano confermare peraltro l’esistenza di una relazione diretta tra le due variabili.
Per quanto si riferisce invece agli investimenti lordi regionali, i dati più recenti riferiti al 2003 mostrano che la
componente di maggior consistenza è l’acquisto di macchine, per circa 200 milioni di euro corrispondenti al
50% del totale, seguito dalle spese per costruzioni, che
raggiungono i 130 milioni di euro corrispondenti a circa
il 33% del totale.
Ulteriori indicazioni sulla dinamica degli investimenti
in agricoltura possono essere derivate dalle informazioni
relative ai finanziamenti attivati. Il confronto dei dati del
2002 e del 2003, relativi alla composizione dei finanziamenti per investimenti di lungo periodo, conferma l’acquisto di macchine e attrezzature come forma di investimento di maggior rilievo, sia come incidenza sui finanziamenti erogati che come peso sulla consistenza dei finanziamenti in essere. Tuttavia, il confronto con la media nazionale evidenzia che il differenziale tra questa
componente e le altre (costruzione fabbricati e acquisto
immobili) risulta in Toscana meno marcato. Si registra,
21
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
L’interesse per i nuovi investimenti, cioè quelli effettuati nel corso dell’anno per incrementare il capitale fondiario e quello di esercizio, risiede nel fatto che l’analisi
della dinamica dell’impiego produttivo di capitali può
fornire indicazioni sul livello di competitività e di innovazione del sistema agricolo toscano e delle sue diverse
componenti, nonché del tipo di aspettative collegate all’andamento dei mercati. I dati elaborati consentono di
evidenziare che, nel corso del 2003, le 824 aziende del
campione RICA hanno realizzato mediamente investimenti per circa 38.000 euro, con punte particolarmente
elevate nelle province di Siena e Firenze, nelle quali si
concentra l’80% del totale investito. Si rileva inoltre che
del complesso delle aziende in contabilità, solo il 40% ha
effettuato nuovi investimenti nel corso dell’anno.
Il 72% circa dei nuovi investimenti interessa aziende
con indirizzo produttivo viticolo e soprattutto quelle specializzate nella produzione di vino di qualità. La tipologia di aziende con una maggior predisposizione a effettuare nuovi investimenti, in termini di risorse impegnate,
è quella di più grandi dimensioni sia fisiche (maggiore di
100 ha) che economiche (superiori alle 100 Unità di Dimensione Economica - UDE), nelle quali ricade l’84%
del totale, e con una localizzazione territoriale nelle zone collinari della regione.
In termini di incidenza percentuale, sono in misura
maggiore i giovani imprenditori e le aziende biologiche
(sia a regime che in conversione) che attivano nuovi investimenti, ma con importi inferiori a quelli effettuati, rispettivamente, dagli imprenditori over 40 e dalle aziende
convenzionali; d’altro lato, le aziende con salariati presentano una maggiore propensione a investire e importi
sensibilmente superiori alle aziende a conduzione diretta
del coltivatore.
Inoltre, si può osservare che, nel corso del 2003, una
quota del 18% di aziende ha beneficiato a vario titolo di
contributi pubblici per la realizzazione di investimenti, a
valere soprattutto sugli aiuti previsti nell’ambito del PSR
della Regione Toscana.
Per avere un quadro complessivo degli incrementi di
capitale fondiario e di esercizio nell’ambito dell’agricoltura regionale, si possono estendere i dati del campione
al campo di osservazione e cioè alle aziende censite con
dimensione economica maggiore di 4 UDE, pari in Toscana a oltre 35.000 unità. L’importo medio degli investimenti effettuati a livello aziendale ammonta, nel 2003,
a 8.700 euro, valore in crescita rispetto ai 7.800 euro del
2002, ma in netta contrazione se riferito al 2001, anno
nel quale con un ammontare di investimenti di 14.600
euro la Toscana risultava nel panorama nazionale, la regione più dinamica nell’incrementare i capitali investiti.
A partire dal 2003 il campione di imprese di riferimento dell’indagine Inea è stato ridisegnato. Se si considera la parte costante del campione (236 aziende), è possibile realizzare un confronto degli investimenti realizzati
Investimenti del settore primario
per branca produttrice
Toscana 2003. Milioni di euro
Macchine e appar.
Costruzioni
Mezzi di trasporto
Prodotti in metallo
Immobiliari e noleggio
Agricoltura
Informatica ricerca
0
100
200
300
Fonte: Elaborazioni su dati Irpet
infatti, rispetto alla media nazionale, una maggiore incidenza dei finanziamenti per la costruzione di fabbricati
rurali e una maggiore domanda di finanziamento per
l’acquisto di immobili rurali; segno di un mercato fondiario molto attivo nonostante gli elevati valori fondiari
presenti nella regione o forse proprio in virtù di questi e
della convenienza economica determinata dalle alte rendite che ne derivano.
Finanziamenti erogati oltre il breve
termine per investimenti in agricoltura
Toscana 2002 e 2003. Valori percentuali
2002
Erogazioni/
%
consistenze
Toscana
33,9
21,2
Costruzione fabbricati
Macchine e mezzi
trasporto
42,9
Acquisto immobili rurali 23,3
Totale
100,0
Italia
Costruzione fabbricati
17,1
Macchine e mezzi
trasporto
69,8
Acquisto immobili rurali 13,0
Totale
100,0
2003
Erogazioni/
% consistenze
33,7
30,5
39,5
32,6
29,4
33,3
32,8
100,0
49,3
48,6
40,8
20,6
23,6
27,1
53,7
26,8
38,2
54,3
22,1
100,0
41,9
36,5
36,1
Fonte: Elaborazioni su dati Banca d’Italia
1.1.6 La propensione agli investimenti
nelle aziende del campione RICA della Toscana
Nel presente paragrafo si analizza, da un lato, la propensione delle imprese agricole ad effettuare nuovi investimenti e, dall’altro, l’andamento dei costi di produzione delle colture.
22
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Nuovi investimenti nel campione Rica
2003. Medie campionarie
Aziende
n.
Nuovi investimenti per azienda euro
Nuovi investimenti/SAU
euro
Nuovi investimenti/ULT
euro
Nuovi investimenti/PLV
%
Nuovi investimenti/Capitali
%
MS
12
347
47
296
0,6
0,1
LU
49
3.942
489
1.392
2,4
0,9
PT
76
3.065
255
647
1,2
0,2
FI
132
81.872
1.689
19.882
21,7
5,8
PO
7
-
LI
42
9.834
254
2.952
6,3
1,0
PI
87
25.345
326
9.708
13,8
1,9
AR
108
9.347
192
3.254
5,8
0,9
SI
168
85.949
784
13.541
10,1
2,9
GR
143
15.985
331
6.046
13,5
2,0
Totale
824
38.338
671
9.896
11,3
2,6
Fonte: Elaborazioni su banca dati Rica
da questo sotto-campione nel periodo 1999-2003: il valore medio dei nuovi investimenti nel periodo è di 16.000
euro, con un valore particolarmente elevato nel 2000.
Considerando che i nuovi investimenti per Unità di Lavoro possono fornire indicazioni sul grado di vitalità del
settore e sulla capacità di creare, nel tempo, nuove opportunità di occupazione, si può osservare come, dopo
l’incremento registratosi nel 2000, vi sia stata successivamente una contrazione che porta il rapporto intorno ai
6.800 euro/UL.
1.1.7 L’industria e il commercio alimentare al dettaglio
Il valore aggiunto dell’industria alimentare in Toscana
ha raggiunto, nel 2004, 1 miliardo e 330 milioni di euro
a fronte dell’impiego di 24.000 unità di lavoro. Negli ultimi 5 anni, il settore alimentare regionale è cresciuto in
maniera consistente manifestando, a partire dal 2000,
una dinamica più vivace, in termini reali, rispetto all’industria nazionale.
Valore aggiunto
dell’industria alimentare
SAU, ULT e nuovi investimenti in base
alla Rica nel campo dell’osservazione
Prezzi base 1995, numeri indice
(medie aziendali) 2000-2002
120
2000
Toscana
SAU
Ha
21,1
ULT
n.
1,8
Nuovi Investimenti/Aziende euro
6.538
Nuovi Investimenti/SAU euro
310
Nuovi Investimenti/ULT euro
3.632
Italia
SAU
Ha
12,2
ULT
n.
1,1
Nuovi Investimenti/Aziende euro
2.891
Nuovi Investimenti/SAU euro
237
Nuovi Investimenti/ULT euro
2.628
2001
2002
22,3
1,7
14.620
656
8.600
21,2
1,8
7.795
368
4.330
9,8
1,0
2.852
291
2.852
10,8
1,0
3.185
295
3.185
110
100
90
Toscana
Italia
80
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Fonte: Elaborazioni Irpet su dati Istat
Fonte: Annuario Inea
Valore aggiunto e produttività
dell’industria alimentare toscana
Nuovi investimenti
campione costante 1999-2003
Milioni di euro 1995 e migliaia di unità
(263 aziende)
1999
Nuovi Inv/Aziende 14.408
UL/Aziende
2,25
Nuovi Inv//UL
6.401
2000
18.654
2,32
8.032
2001
2002
16.843 15.242
2,27
2,24
7.403 6.819
2003
16.074
2,35
6.826
Valore aggiunto
Unità di lavoro
VA/UL (000€/ul)
Fonte: Elaborazioni su dati Rica
Media
95/96
851
23
37
Fonte: Elaborazioni su dati Irpet
23
Media
03/04
1.008
24
41
Crescita
media %
1,9
0,7
1,2
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Confrontando le medie dei bienni 95/96 e 03/04 il valore aggiunto in termini reali ha mostrato nel decennio
un tasso medio di crescita pari a circa il 2% annuo. Contemporaneamente si è anche registrato un significativo
incremento di produttività del lavoro impiegato.
L’industria alimentare toscana, che negli anni recenti
si è sempre più orientata verso una progressiva qualificazione delle sue produzioni anche al di fuori dei settori
tradizionali, si presenta come una componente sana del
complesso del sistema rurale regionale. Il 2004 è stato un
anno di assestamento. A fronte di un valore della produzione a prezzi costanti rimasto sostanzialmente stabile
(+0,1%), il valore aggiunto risulta in lieve diminuzione(0,4%). Su questo risultato ha inciso innanzitutto la sostanziale stazionarietà delle componenti della domanda
interna, sia dal lato dei consumi delle famiglie che per
quanto riguarda i consumi dei turisti (IRPET, 2005). Anche l’andamento delle esportazioni potrebbe avere avuto
una certa influenza su questo dato, in particolare per il
settore delle bevande che, in Toscana, è in gran parte rappresentato dall’industria enologica: quest’ultima, come
evidenziato in dettaglio nel paragrafo relativo agli scambi con l’estero, sta affrontando da circa due anni un periodo di difficoltà sui mercati esteri, che ha richiesto un
consistente riallineamento dei prezzi volto a mantenere
le quote di mercato.
Le informazioni più recenti sulla congiuntura manifatturiera in Toscana indicano, per il primo trimestre del
2005, una lieve diminuzione (-1,2%) della produzione
dell’industria alimentare (comprese bevande e tabacchi)
a fronte di una sostanziale stabilità del fatturato. Le
aspettative delle imprese per il secondo semestre 2005
sembrano essere comunque positive (Unioncamere Toscana e Confindustria Toscana, 2005).
Per quanto riguarda la componente artigianale dell’industria alimentare le indicazioni relative al 2004 sono
contrastanti. L’indagine congiunturale condotta dall’Osservatorio Regionale sull’Artigianato (Ort Artigianato,
2005) ha rilevato un calo del fatturato per le imprese di
trasformazione alimentare pari al 4,3%, leggermente inferiore alla media del comparto manifatturiero artigianale (6,5%). A tale dato negativo, tuttavia può essere contrapposta la crescita del 3,3% delle imprese artigiane registrate nel comparto alimentare e la previsione, per il primo semestre 2005, di una lieve crescita del fatturato (+1,8%).
Alcuni dati relativi al commercio al dettaglio di generi alimentari possono essere derivati dall’indagine
Unioncamere Toscana - Istat (IRPET e Unioncamere Toscana, 2005). Il rallentamento dei consumi emerge con
tutta evidenza per il comparto alimentare: le vendite al
dettaglio nel loro complesso hanno registrato variazioni
percentuali negative in tutti e quattro i trimestri del 2004,
con una variazione annua complessiva pari a -0,4%. In
realtà, tale risultato nasconde una chiara differenziazione
tra dettaglio tradizionale e grande distribuzione: mentre
il primo ha registrato un calo complessivo pari all’1,7%,
il secondo, anche in virtù di importanti iniziative promozionali che hanno mantenuto la crescita dei prezzi alimentari in linea con il tasso di inflazione (+2,2%), ha registrato una crescita positiva anche se di modesta entità
(+0,4%). E’ necessario tuttavia sottolineare come, anche
per la grande distribuzione alimentare, il tasso di variazione delle vendite ha mostrato un peggioramento costante lungo tutto il 2004.
1.2 I consumi alimentari
1.2.1 I consumi alimentari dei toscani:
confronti territoriali
I temi dell’alimentazione e della salute sono stati introdotti per la prima volta nella scorsa edizione del rapporto allo scopo di evidenziare come l’attenzione del legislatore regionale verso il tema dell’alimentazione si
fosse concentrata principalmente sul rapporto alimentazione- benessere e sugli aspetti socio-culturali dell’alimentazione connessi alla promozione delle produzioni
agroalimentari regionali. Nel presente contributo si vuole sviluppare la discussione su questi temi proponendo
una prima ricognizione delle evidenze statistiche disponibili sui comportamenti alimentari dei toscani. L’analisi
dell’attuale situazione, sia in rapporto alle altre zone del
paese, sia nella sua articolazione interna per tipi di famiglie o di consumatori, dovrebbe infatti costituire un punto di partenza per una riflessione sull’efficacia delle politiche in corso e per l’individuazione di nuove priorità e
modalità di intervento.
La quota dei consumi agro-alimentari sul totale della
spesa è andata via via riducendosi con lo sviluppo economico. In Toscana nel 2003 i consumi alimentari in
senso stretto (escludendo i pasti fuori casa) rappresentavano il 17% della spesa totale delle famiglie, una percentuale praticamente identica a quella osservata nel
Nord Italia ma inferiore al 19% del Centro e al 24% del
Sud. I differenziali di sviluppo economico che contraddistinguono le tre circoscrizioni dell’Italia si riflettono
quindi sulla spesa alimentare seguendo la cosiddetta
legge di Engel: la quota di spesa per alimentazione si riduce con lo sviluppo economico. Tuttavia il livello di
reddito rappresenta un indicatore estremamente sintetico dei cambiamenti socio-culturali che hanno interessato l’Italia e gli altri paesi ad economia avanzata nel processo di sviluppo.
La struttura dei consumi alimentari è stata interessata da profonde cambiamenti che hanno segnato il passaggio da società tradizionali, in gran parte agricole,
dove il cibo e le pratiche alimentari (come la strutturazione dei pasti) rivestivano forti ruoli simbolici, a società moderne caratterizzate da un maggior distacco tra
il momento produttivo e quello del consumo e da una
24
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
destrutturazione delle pratiche alimentari. Come reazione a questa evoluzione e alla più generale globalizzazione e omologazione degli stili di consumo è emerso un crescente bisogno di re-identificazione del cibo
attraverso schemi di certificazione e di garanzia o con
l’uso delle pratiche alimentari come manifestazione
dell’appartenenza a un determinato gruppo o classe sociale. Un ulteriore aspetto di questo passaggio è rappresentato dalla crescente partecipazione della donna al
mercato del lavoro e dalla parallela scorporazione dall’ambito domestico di fasi sempre più ampie del processo di preparazione dei pasti con la diffusione dei cibi pronti (convenience food in inglese) e il parallelo declino dei piatti tradizionali che richiedono lunghi tempi
di preparazione.
In questo scenario di profondi mutamenti si è inserita
la crescente diffusione di fenomeni di malnutrizione il
cui aspetto più evidente è la diffusione dell’obesità fra le
fasce di popolazione più giovane. I legami con la crescente destrutturazione dei pasti e con il processo di
“snackerizzazione” dell’alimentazione mostrano come
anche questo fenomeno sia in parte un prodotto dei mutamenti in corso negli stili di vita alimentari (Gabbai,
Rocchi, Stefani, 2004). La malnutrizione riveste particolare importanza perché ha profonde ripercussioni sul benessere sociale a causa dei legami tra obesità infantile e
malattie sviluppate in età adulta, come diabete e patologie cardiocircolatorie, che generano importanti costi per
il sistema economico. Non a caso questo tema domina
l’agenda delle politiche sull’alimentazione sia a livello
nazionale che regionale.
Questa breve analisi dei consumi alimentari dei toscani si pone l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche del
modello alimentare toscano rispetto a quelli prevalenti in
altre zone del paese e di esaminare, sulla base dei dati disponibili, la presenza e l’intensità con cui si manifestano
alcuni dei fenomeni legati all’evoluzione degli stili di vita e delle pratiche alimentari. Le fonti di informazione su
cui l’analisi è stata basata sono l’indagine sui consumi
delle famiglie del 2003 e l’indagine multiscopo sulle famiglie – aspetti della vita quotidiana del 2000. Si tratta di
due indagini campionarie condotte dall’Istat sull’universo delle famiglie; tuttavia la prima riporta prevalentemente informazioni sulla spesa mensile delle famiglie,
mentre la seconda rileva diversi aspetti della vita quotidiana e in particolare le frequenze di consumo di alcune
categorie di alimenti nonché notizie sulla strutturazione
dei pasti. Il campione nazionale dell’indagine sui consumi delle famiglie del 2003 comprende 31.104 unità campionarie di cui 1.776 in Toscana con un tasso di campionamento per la regione pari al 0,12%. L’indagine multiscopo del 2000 ha invece interessato 21.718 famiglie e
rispettivi componenti per un totale di 58.653 individui di
cui 3.298 in Toscana con un tasso di campionamento pari allo 0,09%.
1.2.2 Struttura socioeconomica
e spesa alimentare in Toscana
La spesa per consumi alimentari dei toscani è orientata per il 23,5% all’acquisto di carni (104 euro a famiglia per mese), per il 14,1% all’acquisto di pane, pasta
e cereali (63 euro) e per il 12,4% all’acquisto di prodotti lattiero-caseari (55 euro). La ripartizione della
spesa tra tipologie di prodotti alimentari riflette grosso
modo quella nazionale e in particolare quella dell’Italia
centrale.
Spesa media mensile delle famiglie
2003. Valori in euro
Alimentari e Bevande
Pane e cereali
Gelati dolciumi e drogheria
Carni e salumi
Pesce
Latte formaggi e uova
Oli e grassi
Frutta
Legumi e ortaggi
Bevande
Non Alimentari
Pasti fuori casa
Altri beni e servizi
Spesa Totale
Toscana
444
63
41
104
38
55
17
43
41
42
2.131
73
2.057
2.575
Nord
442
64
44
96
30
62
16
41
40
47
2.096
87
2.009
2.538
Centro
469
65
42
112
43
60
17
44
44
42
1.997
76
1.922
2.466
Sud
454
61
45
104
46
64
17
40
40
38
1.437
47
1.390
1.892
Italia
451
63
44
102
38
63
17
41
41
43
1.862
72
1.790
2.313
L’Istat fornisce una stima dell’errore campionario relativo riferito alla spesa totale media per famiglia per l’Italia pari allo 0,53%.
Ovviamente per i singoli capitoli di spesa e per sottodomini del campione l’errore campionario relativo risulta maggiore.
25
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Spesa media mensile delle famiglie per l’alimentazione
2003. Composizione % rispetto al totale della spesa per Alimentari e Bevande e rispetto alla spesa per Alimentazione
Toscana
14.1
9.1
23.5
8.5
12.4
3.8
9.7
9.3
9.4
100.0
85.8
14.2
100.0
Pane e cereali
Gelati dolciumi e drogheria
Carni e salumi
Pesce
Latte formaggi e uova
Oli e grassi
Frutta
Legumi e ortaggi
Bevande
Totale Alimentari e Bevande
Alimentari e bevande
Pasti fuori casa
Totale spesa per l’Alimentazione
Nord
14.6
10.0
21.8
6.9
14.1
3.7
9.3
9.0
10.6
100.0
83.6
16.4
100.0
L’unica differenziazione di un certo rilevo è la minore
quota di spesa destinata a latte e formaggi. Anche in Toscana i pasti fuori casa stanno assumendo una discreta
importanza nell’ambito delle spese destinate all’alimentazione. Pur essendo classificata dall’Istat tra le spese per
servizi, questa voce è seconda per importanza solo alla
categoria “Carni e salumi” e ha un’incidenza percentuale sulle spese per alimentazione, intese in senso lato, pari a circa il 14%.
2003. Composizione % della spesa per oli e grassi
80
70
60
50
40
30
20
10
0
Burro
Toscana
Sud
13.3
9.8
22.8
10.1
14.1
3.7
8.8
8.8
8.5
100.0
90.6
9.4
100.0
Italia
14.0
9.7
22.6
8.4
13.9
3.7
9.2
9.0
9.6
100.0
86.3
13.7
100.0
Centro-meridionale. Anche se il valore elevato della spesa può dipendere dai differenziali di prezzo che l’olio di
oliva presenta nelle varie zone del Paese è indubbio che
questo prodotto rappresenta una sorta di marker culturale della dieta toscana.
Un altro elemento di differenziazione, questa volta
nell’ambito della spesa per carni e salumi, è rappresentato dal rapporto tra la spesa per carne di manzo e quella
per carne di vitello e vitellone che in Toscana sembra essere più elevato che nel resto del Paese.
In Toscana la composizione della spesa alimentare varia al variare della tipologia di famiglia. I single spendono di più per pane e cereali e meno per carni e salumi.
Single e coppie di anziani senza figli si caratterizzano
per una più elevata incidenza della spesa per frutta e ortaggi e per un basso livello di spesa per i pasti fuori casa. Ancora i single e, questa volta, le coppie con meno di
65 anni senza figli ricorrono con più intensità ai servizi
di ristorazione con un’incidenza di questa voce superiore a un quinto della spesa alimentare complessiva. Le famiglie con figli (coppie e monogenitore) spendono una
quota più bassa della media per frutta e ortaggi ma hanno un livello di spesa maggiore per carne e salumi.
Nel complesso la spesa che sembra discriminare meglio tra tipi di famiglie è quella per pasti fuori casa, un
dato questo che riflette il grado di partecipazione al mercato del lavoro. Infatti, se si considera la composizione
della spesa alimentare per condizione professionale della persona di riferimento, si può osservare come le categorie con status sociale più elevato (imprenditori, liberi
professionisti, dirigenti e impiegati) tendano a destinare
quote di spesa maggiori a questa voce. Le famiglie con
capofamiglia lavoratore in proprio, operaio e in condizione non professionale, presentano invece un’incidenza
sulla spesa alimentare dei pasti fuori casa via via decre-
Spesa media mensile delle famiglie
Olio di oliva
Centro
13.8
9.0
23.9
9.2
12.9
3.6
9.4
9.3
9.0
100.0
86.1
13.9
100.0
Altri grassi
Italia
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Alcune peculiarità della composizione della spesa per
alimenti dei toscani possono essere colte all’interno di
gruppi specifici di alimenti. Per esempio, considerando
la spesa complessiva per oli e grassi è evidente come il
peso dell’olio di oliva in Toscana sia ben superiore non
solo alla media nazionale ma anche al dato dell’Italia
26
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
scente. Anche in Toscana quindi la cena al ristorante riveste un ruolo simbolico legato allo status sociale peraltro ben documentato da tempo negli studi di sociologia
dei consumi.
Nelle famiglie del campione, la posizione nella professione del capofamiglia tuttavia sembra influenzare anche
la composizione del paniere alimentare in senso stretto.
Imprenditori, dirigenti e impiegati allocano quote di spesa inferiori alla media regionale a carni e salumi ma presentano consumi di pesce e di gelati e dolciumi più alti.
Gli operai si caratterizzano invece per l’elevata inciden-
za di carni e salumi e di frutta e ortaggi nel paniere di
spesa.
1.2.3 Struttura dei pasti e consumo di alimenti
L’indagine sui consumi delle famiglie non permette di
risalire ai consumi in quantità a causa dell’assenza di
informazioni sulla variabile prezzo (a differenza di quanto accade in indagini sui consumi svolte altri paesi europei come il Regno Unito). Oltre ad indagini campionarie ad hoc svolte da Università o Istituti come l’Istituto
Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione,
Spesa media mensile delle famiglie per l’alimentazione per tipologia famigliare
2003. Composizione % rispetto al totale della spesa per Alimentari e Bevande e rispetto alla spesa per Alimentazione
Pane e cereali
Gelati dolciumi e drogheria
Carni e salumi
Pesce
Latte formaggi e uova
Oli e grassi
Frutta
Legumi e ortaggi
Bevande
Totale Alimentari e Bevande
Pasti fuori casa
Totale spesa per l’Alimentazione
1
15.3
9.3
20.1
8.9
12.8
4.0
9.5
9.6
10.4
100.0
22.2
100.0
2
15.4
9.6
22.1
5.3
12.4
4.4
11.3
10.7
8.7
100.0
5.2
100.0
Tipo di famiglia
3
4
13.5
13.5
8.7
8.3
22.7
23.2
9.6
8.1
12.1
12.8
3.8
4.3
9.9
10.8
10.2
9.5
9.4
9.3
100.0
100.0
20.3
5.3
100.0
100.0
5
14.1
9.3
24.0
8.8
12.6
3.5
9.3
8.9
9.5
100.0
15.3
100.0
6
13.8
9.2
24.8
8.5
11.9
4.0
9.5
9.2
9.2
100.0
13.0
100.0
Totale
14.1
9.1
23.5
8.5
12.4
3.8
9.7
9.3
9.4
100.0
14.2
100.0
Note: 1 Single con meno di 65 anni; 2 Single anziani; 3 Coppie senza figli con pers.rif. con meno di 65 anni; 4 Coppie di anziani senza figli;
5 Coppie con figli e monogenitore; 6 Altre tipologie
Spesa media mensile delle famiglie per alimentazione
per condizione professionale della persona di riferimento
2003. Composizione % rispetto al totale della spesa per Alimenti e Bevande e rispetto alla spesa per Alimentazione
Tipo di condizione professionale
1
2
3
4
5
6
Totale
Pane e cereali
14.5
14.6
14.3
14.3
13.9
13.5
14.1
Gelati dolciumi e drogheria
9.9
9.2
9.7
9.1
8.8
8.8
9.1
Carni e salumi
21.3
23.4
22.2
24.7
24.1
23.8
23.5
Pesce
10.9
8.6
8.9
8.8
7.9
8.0
8.5
Latte formaggi e uova
11.6
12.6
13.0
12.5
12.0
13.0
12.4
Oli e grassi
3.6
3.0
3.5
3.3
4.4
4.6
3.8
Frutta
8.7
9.5
9.5
9.0
10.3
9.9
9.7
Legumi e ortaggi
10.1
8.7
9.9
8.2
9.5
9.2
9.3
Bevande
9.5
10.4
9.0
10.1
9.2
9.2
9.4
Totale Alimentari e Bevande
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
Pasti fuori casa
21.5
19.7
20.4
13.9
8.2
8.9
14.2
Totale Alimentari, Bevande e past f.c.
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
100.0
Percentuale su totale famiglie
6.2
9.0
20.5
14.8
41.4
8.1
100.0
Note: 1 Imprenditori e liberi professionisti; 2 Lavoratori in proprio; 3 Dirigenti e impiegati; 4 Operai e assimilati; 5 Ritirati dal lavoro; 6 In
altra condizione non professionale.
27
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
l’unica rilevazione che fornisce alcuni dati sui consumi
alimentari con certa regolarità è l’indagine multiscopo
sulle famiglie dell’Istat. I dati qui di seguito commentati
si riferiscono all’indagine del 2000 e consentono principalmente di analizzare la struttura dei pasti e le frequenze di consumo di alcuni alimenti in Toscana e nelle principali aree geografiche del Paese.
tre l’80% della popolazione. Se da una parte la Toscana
si avvicina all’Italia settentrionale come livello medio e
incidenza sul totale della spesa per alimentazione, dall’altra sembrano invece permanere comportamenti di tipo tradizionale come l’identificazione del pranzo come
pasto principale della giornata.
Questo aspetto è confermato anche dai dati sulla
strutturazione della prima colazione che nella sua forma più classica (caffè, latte o cappuccino mangiando
qualcosa) è adottata dal 56% dei toscani contro una
media nazionale del 44%. L’assunzione di latte e più in
generale l’importanza di consumare una prima colazione completa è anche sottolineato dalle linee guida per
una sana alimentazione umana (INRAN, 2003) con riferimento ai bambini e ai ragazzi in età scolare. Secondo l’indagine multiscopo circa il 70% dei bambini e dei
ragazzi toscani tra 3 e 13 anni consuma una prima colazione completa.
Pasto Principale
2000. Percentuali sul totale degli individui (età > 3 anni)
Prima colazione
Pranzo
Cena
Totale
Toscana
4
70
26
100
Nord
5
66
29
100
Centro
5
68
26
100
Sud
5
83
13
100
Italia
5
72
23
100
Struttura della prima colazione
2000. Percentuali sul totale degli individui (età > 3 anni)
Toscana
5
9
17
7
56
3
3
100
No
Beve solo thè o caffè
Beve thè o caffè e mangia qualcosa
Beve solo caffè, latte o cappuccino
Beve caffè, latte o cappuccino e mangia qualcosa
Mangio solo qualcosa (senza bere niente)
Altra colazione (yoghurt, cereali, succhi di frutta)
Totale
Consumo di verdure
in foglia cotte e crude
Nord
8
13
22
8
43
2
4
100
Centro
6
11
16
9
52
2
3
100
Sud
10
17
13
14
40
3
2
100
Italia
8
14
18
10
44
3
3
100
Consumo
di carne di manzo
2000. Percentuali sul totale degli individui (età > 3 anni)
2000. Percentuali sul totale degli individui (età > 3 anni)
Maschi
Più di una volta al giorno
11
Una volta al giorno
36
Qualche volta alla settimana
41
Meno di una volta a settimana 8
Mai
4
Totale
100
Maschi
Più di una volta al giorno
1
Una volta al giorno
8
Qualche volta alla settimana
70
Meno di una volta a settimana 18
Mai
3
Totale
100
Femmine
15
39
37
7
3
100
Totale
13
37
39
8
3
100
Femmine
1
7
65
22
5
100
Totale
1
8
67
20
4
100
Chi Square = 21.27 (p = 0.00)
Chi Square = 17.46 (p = 0.02)
Alla domanda “Qual è il suo pasto principale?” il 70%
dei toscani con età maggiore di 3 anni risponde che è il
pranzo e solo il 26% indica la cena.
La strutturazione dei pasti giornalieri dei toscani, simile a quella degli abitanti dell’Italia centrale, presenta le
differenze più marcate rispetto all’Italia meridionale, dove il pranzo rappresenta ancora il pasto principale per ol-
Alcune domande sulla frequenza di consumo di determinate categorie di alimenti permettono invece di apprezzare come anche in Toscana si manifestino alcune
componenti culturali e sociologiche dei consumi alimentari ben note in letteratura. Per esempio, confrontando le frequenze dei consumi di carne di manzo e di verdure in foglia cotte e crude emerge la distinzione, ben
28
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
nota in letteratura, tra il ruolo della carne come alimento “maschile” e quello della verdura come alimento
“femminile”.
Solo il 47% dei maschi consuma verdura una o più
volte al giorno rispetto al 54% delle femmine.
Un’analisi per classi di età fornisce invece qualche indicazione sulla possibile evoluzione degli stili alimentari anche in relazione alle indicazioni provenienti dalla
scienza della nutrizione. Sono stati selezionati due cibi,
pesce e frutta, il cui consumo è consigliato dalle linee
guida dell’INRAN. In particolare per la frutta è consigliato il consumo di “più porzioni” al giorno mentre il
pesce dovrebbe entrare nella dieta almeno “2-3 volte a
settimana” (INRAN, 2003).
I dati per la Toscana mostrano un andamento differenziato della frequenza di consumo dei due prodotti
rispetto all’età. Per il pesce i comportamenti compatibili con le linee guida (almeno una volta a settimana o più frequentemente) interessano circa il 55% de-
gli individui delle varie fasce d’età con la sola eccezione della fascia più giovane dove la frequenza di
consumo sembra più alta. Invece la frequenza di consumo della frutta aumenta passando dagli individui
più giovani a quelli più anziani. In entrambi i casi la
classe di età che adotta lo stile alimentare meno virtuoso è quella dei giovani da 14 a 21 anni. Il 47% dei
giovani toscani consuma pesce meno di una volta alla settimana mentre il 31% non consuma frutta almeno una volta al giorno. Sempre per la frutta è possibile comparare i comportamenti dei bambini e dei ragazzi toscani (3-13 anni) con quelli dei loro coetanei
in altre aree del Paese. E’ evidente il contrasto tra l’Italia meridionale dove la frutta è consumata almeno
una volta al giorno dall’83% dei bambini e dei ragazzi e le altre zone, Toscana inclusa, dove il consumo
giornaliero di frutta riguarda solo tre quarti della popolazione in questa fascia d’età. Su questo dato influiscono probabilmente, da una parte, il carattere tradizionale degli stili alimentari del Mezzogiorno, dall’altra, la disponibilità locale di frutta e il più basso
livello medio dei prezzi.
Consumo di frutta età 3-13 anni
2000. Percentuale sul totale degli individui
Toscana
Più di una volta
al giorno
34
Una volta al giorno 41
Meno di una volta
al giorno
26
Totale
100
Nord
Centro
Sud
31
40
39
36
42
41
37
39
29
100
26
100
17
100
23
100
1.2.4 Alcune considerazioni di sintesi
Le due indagini dell’Istat offrono una rappresentazione degli stili alimentari dei Toscani di non facile
interpretazione. Nel complesso, a livello regionale, la
spesa media per famiglia e l’incidenza dei singoli capitoli sul totale della spesa per alimentazione indicano un’omologazione della Toscana alle zone più ricche del paese e ai connessi problemi alimentari. Tut-
Italia
Consumo di frutta per fascia di età in Toscana
2000. Percentuali sul totale degli individui (età > 3 anni)
Più di una volta al giorno
Una volta al giorno
Meno di una volta al giorno
Totale
3-13
34
41
26
100
14-21
32
37
31
100
Età (anni)
22-34
34
40
26
100
35-64
43
40
18
100
Oltre 65
53
37
10
100
Totale
42
39
19
100
35-64
59
35
6
100
Oltre 65
54
37
9
100
Totale
57
37
7
100
Consumo di pesce per fascia di età in Toscana
2000. Percentuali sul totale degli individui (età > 3 anni)
Una o più volte a settimana
Meno di una volta a settimana
Mai
Totale
3-13
64
30
6
100
14-21
53
38
9
100
Età (anni)
22-34
54
41
5
100
29
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
1.3 Gli scambi con l’estero
delle produzioni agro-alimentari
tavia, i dati indicano anche la persistenza di alcune
importanti specificità regionali (si pensi alla spesa
per olio di oliva) e pratiche alimentari tradizionali
(ruolo centrale del pranzo, struttura della prima colazione).
A livello più disaggregato, si riconoscono comportamenti differenziati sia in base alla tipologia familiare che, soprattutto, in base alla posizione sociale. Sotto quest’ultimo aspetto la Toscana conferma schemi
interpretativi ampiamente diffusi nella letteratura sociologica, in particolare, sul ruolo dei pasti fuori casa
e sulla differenziazione culturale dei modelli di alimentazione femminili e maschili. L’analisi dei comportamenti per classi di età evidenzia anche una dinamica dei modelli alimentari che non sembra sempre
evolversi nella direzione desiderata dalle politiche alimentari.
Ovviamente, per indirizzare o verificare gli impatti
delle politiche sull’alimentazione sarebbero necessarie
analisi più approfondite sui dati disponibili o ulteriori indagini sul campo.
Questa prima ricognizione tuttavia mostra come la
persistenza di pratiche di consumo alimentare tradizionali, dipenda soprattutto dal loro legame con un senso di
appartenenza ad una particolare identità regionale; il
rapporto tra alimentazione e salute appare invece essere
un fattore secondario. Forse maggiori sforzi potrebbero
essere fatti in questa direzione nel progettare gli interventi formativi e di informazione nel campo dell’alimentazione.
Nel 2004 i flussi di scambi con l’estero di prodotti
agroalimentari della Toscana ha raggiunto un valore
complessivo di circa 3 miliardi di euro, di cui 1 miliardo
e 680 milioni di importazioni e 1 miliardo e 350 milioni
di esportazioni. Il saldo commerciale è stato complessivamente negativo (-10,9%), con consistenti differenze
nelle varie tipologie di prodotto. A saldi molto negativi
per gran parte dei prodotti, si affiancano quelli molto positivi nei settori delle bevande (vino, +85,7%), nell’industria molitoria (29%) e nelle produzioni vivaistiche
(9,8%).
Dalla tabella emerge per l’ultimo anno una tendenza al
miglioramento del saldo commerciale agroindustriale.
Infatti, a fronte di una crescita in valore delle esportazioni del 5%, le importazioni sono diminuite del 4%. Come
è stato evidenziato nell’ultimo rapporto sul commercio
estero della Toscana (IRPET, 2005), la crescita delle
esportazioni del comparto agroalimentare può essere
spiegata con un incremento delle quantità esportate nel
caso dei prodotti agricoli; nel caso dei prodotti dell’industria alimentare è stata invece la crescita dei prezzi il
fattore determinante.
È opportuno fin da ora richiamare la crescita delle
esportazioni di bevande, pari al 4,5%. L’industria enologica, nonostante le difficoltà incontrate negli ultimi anni
sui mercati esteri, è riuscita infatti a segnare una crescita
delle sue esportazioni sia in valore che in quantità, dimo-
Scambi agroalimentari della Toscana
Milioni di euro correnti dati provvisori
Prodotti delle coltivazioni
Prodotti della zootecnia
Prodotti della silvicoltura
Prodotti della pesca
Totale settore primario
Carne e prodotti a base di carne
Pesci e prodotti a base di pesce
Prodotti della trasformazione di frutta e ortaggi
Oli e grassi vegetali ed animali
Prodotti lattiero caseari e gelati
Prodotti della macinazione, amidi, fecole
Alimenti per animali
Altri alimentari
Totale industria alimentare
Bevande
Industria del tabacco
Totale agro-alimentare
Importazioni
2004
var 03/04 (%)
177
4,2
85
6,8
19
1,5
53
1,8
334
4,3
367
-24,6
203
-5,6
73
-4,0
517
9,5
70
13,3
7
7,3
9
7,3
22
-3,3
1.269
-6,0
38
18,1
39
-18,2
1.680
-4,0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
30
Esportazioni
2004
var 3/4 (%)
216
8,4
5
-29,8
16
2,2
3
-43,0
240
5,5
43
4,2
20
8,1
35
4,5
350
10,8
8
-4,6
13
-3,5
2
360,0
146
-4,7
617
5,5
490
4,5
3
-40,3
1.350
5,0
Saldo normalizzato
2004 (%)
9,8
-89,9
-7,6
-88,2
-16,5
-79,1
-82,0
-35,0
-19,3
-78,8
29,0
-66,0
73,7
-34,6
85,7
-87,3
-10,9
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
strando una significativa capacità di reazione a una prolungata situazione di crisi.
Per quanto concerne la destinazione delle esportazioni
agroalimentari, l’Unione Europea a 15 membri, con oltre
il 50% dei flussi, costituisce il principale mercato di
sbocco per le produzioni toscane; segue il Nord America
con il 27% del totale delle vendite estere.
50% alla crescita totale delle vendite all’estero. Le esportazioni della Toscana di oli e grassi grezzi hanno rappresentato nel 2004 il 35% delle esportazioni italiane di
questo comparto.
Contributo dei comparti alle esportazioni
agroalimentari della Toscana
Esportazioni agroalimentari
della Toscana per destinazione
Contributo % alla
variazione 03/04
Oli e grassi vegetali e animali
53,4
Bevande
32,8
Prodotti delle coltivazioni
26,1
Carne e prodotti a base di carne
2,7
Prodotti della trasformazione
di frutta e ortaggi
2,4
Pesci e prodotti a base di pesce
2,4
Alimenti per animali
2,3
Prodotti della silvicoltura
0,6
Prodotti lattiero caseari e gelati
-0,6
Prodotti della macinazione,
amidi, fecole
-0,7
Industria del tabacco
-2,8
Prodotti della zootecnia
-3,0
Prodotti della pesca
-3,9
Altri alimentari
-11,4
2003. Incidenze % sul totale
60
UE 15
40
20
Nord
America
Resto del
mondo
Giappone
Nuovi
membri UE
0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
Tuttavia, mentre il primo mercato registra nell’ultimo
anno una certa stazionarietà, le esportazioni verso il
Nord America registrano un tasso di crescita di oltre il
13%, dando il maggior contributo (67,8%) alla crescita
delle esportazioni.
Anche l’insieme dei nuovi mercati nel resto del mondo ha contribuito significativamente alla crescita delle
esportazioni (31,1%), a fronte di una battuta d’arresto del
mercato giapponese (-0,4%).
2,6
1,5
0,1
1,2
0,6
1,0
0,2
0,3
0,2
10,8
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
Esportazioni di oli e grassi grezzi
per area geografica
Migliaia di euro (Valori provvisori)
Regioni
Contributo dei mercati alle esportazioni
agroalimentari della Toscana
Nord America
Resto del mondo
UE 15
Nuovi membri UE
Giappone
Contributo %
all’export
25,9
36,3
16,0
3,2
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Non specif.
Italia
Toscana
Contributo % alla variazione 03/04
67,8
31,1
6,2
-0,8
-6,4
2003
Valori Quote
%
156.598
24
76.308
12
327.406
50
96.145
15
55
0
656.511
100
242.255
37
2004
Var.
Valori Quote 03/04
%
%
176.067
24
12
87.240
12
14
350.264
47
7
129.803
17
35
55
0
0
743.430
100
13
260.135
35
7
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
Un’attenzione particolare merita l’analisi delle esportazioni di vino, secondo settore in ordine di importanza
per contributo alla crescita dell’export. A differenza dell’industria olearia, che lavora importanti quantitativi di
materia prima importata, il comparto del vino è fortemente legato all’agricoltura regionale.
Nel 2004 le esportazioni toscane di vino hanno rappresentato quasi il 17% del totale nazionale, con un valore di oltre 476 milioni di euro e una crescita del
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
Per quanto riguarda invece il contributo dei diversi settori alle esportazioni agroalimentari della toscana, emerge come settore più dinamico quello degli oli e grassi:
benché l’industria olearia toscana presenti un saldo commerciale negativo, il valore delle sue esportazioni è cresciuto in misura significativa e ha contribuito per oltre il
31
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Esportazioni di vini per area geografica
Composizione
delle esportazioni di vino toscano
Migliaia di euro (Valori provvisori)
Regioni
Nord Ovest
Nord Est
Centro
Sud e Isole
Non specificate
Italia
Toscana
2003
2004
Var.
Valori Quote Valori Quote 03/04
%
%
%
600.986 22,3
665.975 23,4 10,8
1.330.474 49,3 1.376.962 48,4
3,5
554.057 20,5
571.930 20,1
3,2
213.863
7,9
232.672
8,2
8,8
1.532
0,1
93
0,0 -93,9
2.700.912 100,0 2.847.632 100,0
5,4
456.295 16,9
476.367 16,7
4,4
2004. Valori percentuali
Altri vini
23%
VQPRD < 2
I bianchi
23%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
VQPRD < 2
I rossi
73%
4,4%. Se si tengono presenti le difficoltà incontrate
dalle imprese toscane soprattutto in alcuni mercati di
sbocco tradizionalmente importanti, come quelli di
area tedesca, il risultato appare di tutto rilievo e dimostra una grande capacità di reazione e adattamento del
settore.
Il comparto vitivinicolo toscano ha ormai da tempo
orientato le sue esportazioni verso prodotti a maggior valore aggiunto. Come dimostra la ripartizione percentuale
delle esportazioni, quasi l’80% del valore delle esportazioni proviene da vino VQPRD imbottigliato, per la gran
parte rosso. Per le esportazioni di vini rossi con indicazione geografica il 2004 è stato un anno difficile, con una
modesta crescita delle quantità a fronte di un calo di circa il 4% in valore. Due dati colpiscono particolarmente.
Da un lato la diminuzione delle vendite in Germania e
Austria e, più in generale verso i mercati europei. Un rallentamento che, tra l’altro sembra rafforzarsi anche nell’ultimo semestre.
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
L’altro aspetto che è importante sottolineare si riferisce
ai mercati anglosassoni e, in particolare, a quello statunitense dove un consistente riallineamento dei prezzi all’esportazione, in parte forzato dall’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, ha portato a una complessiva crescita delle quantità esportate (più che proporzionale rispetto a quella dei valori). Peraltro, in questi mercati, così come in quello giapponese, il semestre tra il settembre
2004 e il febbraio 2005 mostra segni di una certa ripresa.
Al contrario, sembrano rimanere le difficoltà nei paesi
europei.
Esportazioni toscane di vini VQPRD rossi e rosati imbottigliati per destinazione
Dati provvisori
Destinazione
Valore
Stati Uniti
Germania
Regno Unito
Svizzera
Canada
Giappone
Austria
Francia
Paesi Bassi
Danimarca
Altri
UE 25
Mondo
145.981
67.668
25.746
20.377
16.622
9.896
7.459
5.949
4.082
3.268
27.160
128.909
334.209
2004
%
valore
43,7
20,2
7,7
6,1
5,0
3,0
2,2
1,8
1,2
1,0
8,1
38,6
100,0
Quantità
26.427
20.197
6.524
3.328
2.295
1.492
1.821
1.498
1.066
689
5.400
35.123
70.737
%
quantità
37,4
28,6
9,2
4,7
3,2
2,1
2,6
2,1
1,5
1,0
7,6
49,7
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
32
2003-2004
Var %
Var %
valore
quantità
0,0
7,7
-0,1
-5,1
0,0
-1,6
-0,1
5,6
-0,1
1,6
-0,1
-8,2
-0,2
-4,9
-0,2
-0,8
-0,1
-0,9
0,2
25,9
6,9
4,2
-7,8
-3,3
-3,7
1,5
Var %
valore
25,3
-6,4
8,5
-8,7
31,3
10,6
-29,1
-2,7
25,6
17,3
-2,4
-4,2
7,6
Sett. 2004-Feb. 2005
Var% quantità
36,1
-4,4
16,3
2,7
4,9
29,2
-14,2
8,0
39,0
28,9
-8,4
-0,6
10,8
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Esportazioni toscane di vini VQPRD rossi e rosati imbottigliati per destinazione
Semestre Settembre/Febbraio Variazioni %
40
30
20
10
0
-10
-20
Stati Uniti
Germania
Regno Unito
Svizzera
Var % valore
UE 25
Mondo
Var % quantità
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana
1.4 Le imprese
Per quanto decisamente meno importanti in termini di
valore, le esportazioni di vini bianchi imbottigliati VQPRD presentano risultati nel complesso piuttosto positivi. Il mercato di sbocco più importante, la Germania, è
cresciuto nel corso del 2004 sia in quantità che in valore,
tendenza che sembra essere confermata dai dati degli ultimi mesi. Per questa tipologia di produzioni, l’area europea assume maggiore rilievo e, in alcuni paesi, emergono significative potenzialità di crescita.
1.4.1 Le aziende agrarie secondo
l’ultima indagine dell’Istat
Sono stati recentemente resi noti i primi risultati dell’indagine 2003 su “Struttura e Produzioni delle aziende
Agricole”. L’indagine, svolta dall’Istat in collaborazione
con le Regioni, costituisce la prima occasione per aggiornare i dati del Censimento dell’agricoltura 2000.
Esportazioni toscane di vini VQPRD bianchi imbottigliati per destinazione
Dati provvisori
Destinazione
Valore
Germania
Stati Uniti
Paesi Bassi
Svizzera
Giappone
Regno Unito
Belgio
Danimarca
Austria
Irlanda
Altri
UE 25
Mondo
4.533
3.627
711
2.552
474
882
409
406
234
349
2.246
8.250
16.424
2004
%
Quantità
valore
27,6
1.077
22,1
900
4,3
289
15,5
652
2,9
96
5,4
345
2,5
134
2,5
155
1,4
57
2,1
217
13,7
579
50,2
2.481
100,0
4.501
%
quantità
23,9
20,0
6,4
14,5
2,1
7,7
3,0
3,5
1,3
4,8
12,9
55,1
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat CoeWeb
33
2003-2004
Var %
Var %
valore
quantità
3,2
3,3
45,5
53,0
-15,9
-14,1
164,2
259,4
109,0
66,1
-1,5
2,6
23,1
14,6
30,4
35,1
1,4
14,7
-15,9
-14,3
5,8
-1,0
2,9
2,1
24,1
22,9
Var %
valore
5,0
15,5
8,7
235,9
112,3
-18,3
-27,6
-26,9
-8,0
-29,3
-3,7
-4,5
24,9
Sett. 2004-Feb. 2005
Var % quantità
10,8
36,8
37,6
278,0
40,5
-17,0
-16,8
-12,0
10,2
-28,8
-24,8
0,9
24,9
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
La rilevazione è di natura campionaria e ha rilevato in
Toscana informazioni su circa 3000 unità di produzione
del cosiddetto universo UE, che comprende solo le
aziende che coltivano almeno un ettaro di SAU o che
realizzano produzioni per un valore di almeno 2.500 euro. Le aziende del campo di osservazione UE, pur non
coincidendo perfettamente con quelle rilevate dal Censimento (che rileva tutte le aziende agrarie, anche quelle di
piccolissime dimensioni) di fatto sono quelle che gestiscono coltre il 99% della Superficie Agricola Utilizzata:
le tendenze che si manifestano in questa area dell’agricoltura toscana possono essere di conseguenza considerate rappresentative delle tendenze del settore. I valori
che vengono presentati nelle tabelle che seguono, pur essendo basati sul campione, sono stime riferite all’intero
universo UE (con esclusione di 51 aziende gestite da enti pubblici che rappresentano comunque poco più del 2%
del totale della SAU dell’universo UE).
Le aziende attive nel 2003 sono 89.717 e coltivano circa 790.000 ettari di SAU. Le forme di conduzione basate sul lavoro familiare sono di gran lunga le prevalenti
nell’agricoltura toscana, assommando oltre il 96% delle
aziende e più del 70% della SAU. Dai dati riportati emerge con evidenza la forte frammentazione delle strutture
produttive agricole in Toscana, con oltre l’80% delle
aziende comprese nella classe fino a 10 ettari che coltivano poco più del 20% della SAU. Una sottolineatura,
tuttavia, deve essere fatta riguardo alle forme di possesso dei terreni: come si evince dai dati riportati, soprattutto nelle classi di ampiezza superiori, l’affitto (nella tabella comprensivo anche delle poche superfici concesse
in uso gratuito) appare come una forma di possesso che,
sia pure ancora minoritaria, svolge ormai un ruolo
tutt’altro che trascurabile nell’agricoltura toscana.
In effetti la coltivazione dei terreni in affitto è in crescita nella regione e può essere ricondotto a un processo
Aziende e relativa superficie agricola utilizzata per forma di conduzione,
titolo di possesso dei terreni e classe di superficie agricola utilizzata
Toscana 2003. Superfici in ettari
Forme di conduzione
Titolo di possesso dei terreni
Con manodopera familiare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Con manodopera extrafamiliare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Altre forme di conduzione
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Totale
Con manodopera familiare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Con manodopera extrafamiliare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Altre forme di conduzione
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Totale
Fino a 10
Classi di superficie agricola utilizzata
da 10 a 50
da 50 a 100
100 e oltre
Aziende
Totale
61.694
5.383
3.790
7.430
3.154
1.669
551
589
152
177
233
91
69.852
9.359
5.702
1.671
199
149
1.001
138
164
318
109
36
296
183
168
3.286
629
517
0
0
9
1.764
0
1
1
1.150
164
98
110
89.717
34
130
97
0
97
3
73.114
13.689
Superficie agricola utilizzata
120.413,74
19.799,07
12.642,78
148.339,70
68.600,26
33.129,24
35.269,95
40.095,28
10.303,94
30.825,09
37.842,14
15.576,83
334.848,48
166.336,75
71.652,79
4.770,48
1.286,00
444,97
24.561,15
3.783,92
4.590,68
21.838,76
8.048,80
2.190,63
71.866,32
40.265,25
29.760,97
123.036,71
53.383,97
36.987,25
282,97
497,61
484,97
160.622,59
2.340,77
0,00
145,87
285.491,59
0,00
0,00
486,83
118.234,19
0,00
322,54
360,93
226.820,07
2.623,74
820,15
1.478,60
791.168,44
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
34
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Aziende e relativa superficie agricola utilizzata per forma di conduzione,
titolo di possesso dei terreni e classe di superficie agricola utilizzata
Toscana 2003. Valori percentuali sul totale
Forme di conduzione
Titolo di possesso dei terreni
Con manodopera familiare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Con manodopera extrafamiliare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Altre forme di conduzione
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Totale
Con manodopera familiare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Con manodopera extrafamiliare prevalente
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Altre forme di conduzione
Solo in proprietà
In proprietà e in affitto
Solo in affitto
Totale
Fino a 10
Classi di superficie agricola utilizzata
da 10 a 50
da 50 a 100
100 e oltre
Aziende
Totale
68,8
6,0
4,2
8,3
3,5
1,9
0,6
0,7
0,2
0,2
0,3
0,1
77,9
10,4
6,4
1,9
0,2
0,2
1,1
0,2
0,2
0,4
0,1
0,0
0,3
0,2
0,2
3,7
0,7
0,6
0,0
0,0
0,0
2,0
0,0
0,0
0,0
1,3
0,0
0,2
0,1
100,0
0,0
0,0
0,0
0,1
0,1
0,0
81,5
15,3
Superficie agricola utilizzata
15,2
2,5
1,6
18,7
8,7
4,2
4,5
5,1
1,3
3,9
4,8
2,0
42,3
21,0
9,1
0,6
0,2
0,1
3,1
0,5
0,6
2,8
1,0
0,3
9,1
5,1
3,8
15,6
6,7
4,7
0,0
0,1
0,1
20,3
0,3
0,0
0,0
36,1
0,0
0,0
0,1
14,9
0,0
0,0
0,0
28,7
0,3
0,1
0,2
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
di ristrutturazione avviatosi negli ultimi anni. Alcuni dati sulle variazioni rispetto al dato censuario del 2000, elaborati dal Servizio Statistica della Regione Toscana, permettono una prima valutazione di questa tendenza.
Il dato più rilevante è costituito dalla diminuzione del
numero di aziende che sembra emergere nel triennio
2000–2003: una variazione pari a -16,2% sull’aggregato
indica un processo di ristrutturazione in atto particolarmente vivace e che probabilmente al suo interno presenta forti differenziazioni sia territoriali che tra i diversi
comparti produttivi del settore agricolo. La rilevazione
conferma dunque le tendenze segnalate nel rapporto precedente e basate sulle iscrizioni al registro ditte della Camera di Commercio.
La variazione del numero di aziende deve comunque
essere messo in relazione con la variazione della SAU;
essendo quest’ultima di un ordine di grandezza decisamente inferiore, il risultato congiunto è un incremento
della superficie media delle aziende di oltre il 14%, portandosi, dopo essere rimasta sostanzialmente invariata nel
decennio 1990–2000, a 8,8 ha. Il dato sembra indicare
una tendenza al consolidamento economico delle aziende
che rimangono attive: la stessa dimensione economica,
misurata in UDE (1 UDE = 1.200 di Reddito Lordo
Standard), cresce di quasi un quarto rispetto al 2000.
Un’informazione ulteriore sul processo di ristrutturazione delle aziende agrarie toscane è relativa alle nuove
aziende nate nel corso del triennio e derivanti da smembramenti e fusioni. Secondo le prime elaborazioni dei dati esse sarebbero 810, con una superficie mediamente
doppia rispetto alla media regionale ed una dimensione
economica pari a 17,9 UDE.
Molto importante anche il dato relativo alle superfici
coltivate in affitto: questa forma di possesso delle superfici, tradizionalmente limitata in Italia da una serie di fattori giuridici e storici, negli ultimi anni sembra assumere
35
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
scente importanza che, all’interno di questo gruppo, le
superfici in affitto ricoprono nella formazione della SAU
aziendale (circa un quarto, con una crescita di quasi il
32% di tale quota).
L’utilizzazione delle superfici aziendali che risulta dall’indagine vede una crescita delle altre superfici (superficie agricola non utilizzata e altre) a fronte di un modesto calo dei seminativi.
Caratteristiche delle aziende agrarie
toscane nel 2003
Valore assoluto e variazioni rispetto al Censimento
Aziende (n)
SAU (ha)
SAU media (ha)
Dimensione economica
media (UDE)
Aziende con SAU in affitto (n)
SAU in affitto (ha)
SAU in affitto su totale SAU
aziende con affitto (%)
SAU media aziende
con SAU in affitto (ha)
Valore
assoluto
89.717
791.169
8,8
Variazione
% 00/03
-16,2
-4,4
+14,3
12
12.748
194.200
+23,6
+24,2
+26,1
24,5
+31,7
62,2
-22,9
Ripartizione
della superficie agricola utilizzata
2003. Ripartizione % e variazioni rispetto al Censimento
40
2,4%
+0,9%
30
Fonte: Elaborazioni su dati Istat - Settore Statistica Regione Toscana
20
-0,1%
anche in Toscana un ruolo fondamentale nel processo di
allargamento della maglia aziendale. Le aziende che fanno ricorso all’affitto come forma di possesso della terra a
fini produttivi sono aumentate significativamente nel primo triennio post-censuario. La diminuzione della loro
superficie media, inoltre, sta ad indicare come questa
forma di possesso della terra sia ora considerata, più che
in passato, una scelta imprenditoriale praticabile anche
per le aziende più piccole; lo testimonia anche la cre-
-7,1%
10
+4,3%
0
Seminativi Coltivazioni
Prati
Boschi e
Altre
permanenti permanenti arboricoltura superfici
e pascoli
da legno
Fonte: Elaborazioni su dati Istat Sett. Statistica Regione Toscana
Utilizzazione delle superfici e totale delle aziende per classe di SAU
Toscana 2003. Valori assoluti e distribuzione percentuale
Tipo di coltivazione
Seminativi
Coltivazioni legnose agrarie
Prati permanenti e pascoli
Arboricoltura da legno
Boschi
Superficie non utilizzata
Altra superficie
Totale generale
Seminativi
Coltivazioni legnose agrarie
Prati permanenti e pascoli
Arboricoltura da legno
Boschi
Superficie non utilizzata
Altra superficie
Totale generale
Classe di SAU
Fino a 10
da 10 a 50
Superficie investita (ha)
73.415
196.498
70.185
54.704
17.023
34.290
3.540
2.038
121.758
114.599
18.046
15.428
16.100
15.332
320.067
432.888
Percentuale di riga
14,1
37,8
40,5
31,6
17,3
34,9
28,9
16,6
25,4
23,9
35,7
30,5
33,0
31,4
23,1
31,3
Fonte: Istat
36
da 50 a 100
100 e oltre
Totale
79.987
21.444
16.803
3.093
44.650
3.976
5.461
175.415
169.585
26.997
30.239
3.593
199.243
13.138
11.957
454.751
519.484
173.330
98.355
12.264
480.249
50.588
48.851
1.383.121
15,4
12,4
17,1
25,2
9,3
7,9
11,2
12,7
32,6
15,6
30,7
29,3
41,5
26,0
24,5
32,9
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Tra le superfici destinate alle coltivazioni permanenti
crescono quelle destinate alle attività vivaistiche e alla
coltura della vite.
Analizzando la ripartizione delle superfici al 2003 suddivisa per classe di ampiezza aziendale, si può rilevare la
forte specializzazione delle aziende agrarie di piccole dimensioni sulle colture legnose agrarie, dato che riflette
orientamento produttivo regionale.
Una più consistente contrazione sembra essersi manifestata nelle superfici foraggiere di tipo permanente. Essa è probabilmente legata alla diminuzione di capi allevati che, continuando una tendenza ormai di lungo periodo della zootecnia regionale, è continuata sensibilmente anche nel triennio considerato. La forte diminuzione delle aziende con allevamenti, che secondo le stime basate sul campione 2003 sarebbero diminuite in numero di quasi il 60%, testimonia un processo di progressiva uscita dal mercato degli allevamenti di più piccole
dimensioni. Mentre continua il declino degli allevamenti bovini, si consolida viceversa la produzione suinicola.
Un calo significativo (-14%) deve essere registrato anche
nel comparto ovino, di un certo rilievo nella zootecnia
regionale in quanto connesso ad alcune produzioni alimentari tipiche.
duzione delle aziende che, così come nel Nord-Italia, si
stanno gradualmente estendendo anche alle regioni centro-meridionali. Ulteriori informazioni disponibili relativamente al lavoro impiegato confermano queste tendenze. Le persone impiegate, a qualsiasi titolo, nelle aziende agrarie sono diminuite di quasi il 3%. Tale diminuzione è legata soprattutto alla contrazione del numero di
conduttori (-16,3%), connessa alla diminuzione di aziende; in crescita invece sia il numero di altri famigliari e
parenti del conduttore che di lavoratori dipendenti.
Considerando tuttavia il numero di giornate lavorate,
solo la categoria dei lavoratori dipendenti registra significativi incrementi sia per i contratti a tempo determinato
(+25,7%) che a tempo indeterminato (+8,7%), mentre il
lavoro prestato dal conduttore e dai membri della sua famiglia appare in diminuzione per tutti i tipi di soggetto.
1.4.2 Le imprese dell’agroalimentare secondo
il registro ditte delle Camere di Commercio
I dati dell’indagine Istat 2003 confermano quanto rilevato nel precedente rapporto con riferimento alle imprese iscritte nel registro ditte. Nel comparto agricolo, esse
rappresentano un sottoinsieme dell’universo rilevato dall’Istat, probabilmente riconducibile a quelle realtà aziendali con dimensioni economiche tali da poter essere gestite (almeno potenzialmente) in un’ottica imprenditoriale. L’andamento delle iscrizioni al registro ditte per il settore agricoltura descrive un trend di costante diminuzione a partire dall’anno censuario.
Viceversa, il numero delle iscrizioni nel settore alimentare è cresciuto costantemente a partire dal 2000
(+15% circa).
Aziende con allevamenti e capi allevati
2003. Valori assoluti e variazioni rispetto al Censimento
Numero
Aziende con allevamenti
bovini
suini
ovini
caprini
equini
conigli
avicoli
18.040
94.037
252.170
474.746
5.207
8.538
658.695
1.309.431
Variazione
00/03
-58,7
-8,1
+47,3
-14,2
-69,4
-51,9
+26,7
-61,3
Imprese attive per settore di attività
Numero indice (2000 = 100)
120
Fonte: Elaborazioni su dati Istat - Settore Statistica Regione Toscana
100
Il nuovo regime di sostegno all’agricoltura delineato
dalla Mid Term Review e attivo a partire da quest’anno,
modificherà significativamente il quadro degli incentivi
anche per le attività zootecniche. Nonostante i dati appena presentati sembrino indicare per gli ultimi anni un
processo di forte ristrutturazione della zootecnia regionale, anche in questo caso sarà fondamentale analizzare
le condizioni di convenienza per delineare l’orientamento dei produttori nel nuovo contesto e definire le più opportune linee di intervento di politica regionale.
Il processo di ristrutturazione dell’agricoltura toscana
che l’indagine sembra prefigurare è probabilmente legato anche a fenomeni di ricambio generazionale nella con-
80
2000
2001
Agricoltura
2002
2003
2004
Industria alimentare
Fonte: Elaborazioni su dati Infocamere-Unioncamere
Riguardo alla forma giuridica si osserva che, mentre le
imprese registrate per il settore agricolo sono per circa il
90% ditte individuali, viceversa questa forma istituzionale, nell’industria alimentare, copre solo il 47% dei casi.
37
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Imprese attive iscritte al registro ditte per settore
2004. IV semestre
Arezzo Firenze Grosseto Livorno Lucca
Imprese iscritte
Agricoltura, caccia e relativi servizi
7.502
6.996 10.309 3.006
3.328
Silvicoltura e utilizzaz. aree forestali
241
169
177
42
173
Pesca, piscicoltura e servizi connessi
3
5
130
125
91
Industrie alimentari e delle bevande
444
929
467
563
659
Industria del tabacco
1
1
Totale complessivo
8.191
8.100 11.083 3.736
4.251
Variazioni 03/04
Agricoltura, caccia e relativi servizi
-1,0
1,3
0,1
-2,3
-2,2
Silvicoltura e utilizzaz. aree forestali
-5,5
-10,6
-10,6
0,0
-4,9
Pesca, piscicoltura e servizi connessi
0,0
-50,0
-1,5
2,5
-4,2
Industrie alimentari e delle bevande
0,9
1,5
3,8
4,6
3,6
Industria del tabacco
-66,7
0,0
Totale complessivo
-1,1
1,0
0,0
-1,1
-1,5
Massa
Pisa
Prato Pistoia
1.239
62
33
410
1.744
4.301
105
17
501
4.924
618
20
1
246
885
-0,3
-7,5
3,1
3,8
0,4
-3,8
8,2
0,0
3,5
-2,9
-0,8
11,1
0,0
6,5
1,4
Siena
Totale
3.780
191
4
460
4.435
5.864
125
1
395
6.385
46.943
1.305
410
5.074
2
53.734
-0,8
0,0
0,0
1,3
-0,5
-0,2
-3,1
0,0
2,6
-100,0
-0,1
-0,7
-4,6
-1,7
3,0
-60,0
-0,5
Fonte: Elaborazioni su banca dati Movimprese
1.5 I costi di produzione
tipologie di tecnica produttiva. Nella tabella, la composizione percentuale del costo di quattro colture particolarmente importanti nell’agricoltura toscana, viene posta a
confronto distinguendo le tecniche convenzionali, integrate (cioè secondo tecniche che riducono l’uso di composti chimici per la fertilizzazione e la difesa delle colture) e biologiche.
Ponendo a confronto i costi rilevati con un valore
standard della produzione vendibile ottenibile da ciascuna tecnica/coltura, si può valutare il livello di profittabilità delle diverse produzioni. Per le produzioni
cerealicole, ad esempio, con riferimento all’anno
2003, solo le tecniche di produzione integrata sembrano essere state in grado di garantire un profitto positivo.
Nel caso delle due colture legnose caratteristiche della
Toscana, la situazione risulta molto divaricata, con un
profitto economico positivo per tutte le tecniche di produzione della vite da vino a fronte di perdite in tutte le
tecniche dell’olivo. Non bisogna tuttavia dimenticare
che i dati che vengono qui presentati sono riferiti a conti colturali analitici che, in quanto basati su valori standardizzati relativi all’impiego di fattori fissi, non possono tenere conto della complementarità tra processi produttivi e fattori che si realizza all’interno di ciascuna
unità di produzione e che possono avere importanti ricadute sull’efficienza complessiva della combinazione produttiva.
Le informazioni contenute nel sito dell’ARSIA consentono anche confronti intertemporali. Di seguito viene
mostrato l’andamento del costo di produzione nel periodo 1998-2003, relativo alla aggregazione in gruppi di
colture, alle produzioni viticole per tipologia di prodotto
e al grano duro per tecnica produttiva.
Lo studio dei costi delle attività produttive, soprattutto
in questa fase di profonda revisione degli aiuti comunitari, consente di fornire indicazioni di natura informativa
ma anche gestionale e di valutare la ricaduta degli interventi programmati.
Prima di esaminare le elaborazioni relative alla struttura dei costi, si deve ricordare che il costo di produzione è dato dalla sommatoria delle seguenti voci effettivamente sostenute o calcolate:
- costi variabili: oneri sostenuti per i mezzi tecnici a
logorio totale e per l’impiego di manodopera avventizia;
- costi fissi: oneri sostenuti per l’impiego dei fattori
produttivi a logorio parziale e costi plurimi sostenuti
congiuntamente a livello aziendale e ripartiti secondo varie modalità;
- interessi calcolati: interessi calcolati sul capitale fondiario e agrario di proprietà dell’imprenditore, rapportato all’importanza del processo produttivo;
- manodopera familiare: rappresenta il costo calcolato della manodopera prestata dall’imprenditore e
dalla sua famiglia in base a una retribuzione oraria stimata.
La determinazione del costo totale di produzione implica, pertanto, l’individuazione delle spese dirette effettivamente sostenute, la ripartizione dei costi indiretti e il
calcolo degli interessi sul capitale e dei compensi per il
lavoro familiare. In questo modo è possibile determinare, in base al valore della produzione, comprensiva delle
integrazioni, le varie categorie di reddito, compreso il
profitto.
Le informazioni disponibili consentono innanzitutto di
porre a confronto la composizione dei costi per diverse
38
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Composizione del costo di produzione di alcune colture
2000. Ripartizione % per titpo di tecnica produttiva
- Input extraziendali
- Reimpieghi aziendali
- Spese per la meccanizzazione
- Spese per la manodopera
- Altre spese
- Input extraziendali
- Reimpieghi aziendali
- Spese per la meccanizzazione
- Spese per la manodopera
- Altre spese
- Input extraziendali
- Reimpieghi aziendali
- Spese per la meccanizzazione
- Spese per la manodopera
- Altre spese
- Input extraziendali
- Reimpieghi aziendali
- Spese per la meccanizzazione
- Spese per la manodopera
- Altre spese
Tecnica di produzione
Convenzionale
Integrata
Cereali
20.3
18.0
1.0
0.2
34.4
35.9
18.5
17.5
25.8
28.5
Foraggiere
9.6
12.4
0.8
3.6
31.4
36.3
27.3
27.2
30.9
20.6
Olivo
2.8
3.0
0.4
0.1
14.5
13.7
54.3
56.4
27.9
26.9
Vite per uva da vino
5.0
3.5
0.4
0.1
18.5
15.9
33.8
28.0
42.4
52.5
Biologica
13.5
1.0
30.7
17.1
37.6
2.2
0.7
31.2
31.7
34.2
3.1
0.1
12.8
45.5
38.4
2.2
0.0
15.7
29.6
52.5
Fonte: Elaborazioni su dati AgriTrend Arsia
La nuova indagine Rica-Rea
La Rete di Informazione Contabile Agricola (RICA) è lo strumento comunitario per la raccolta e la elaborazione
delle informazioni contabili di un campione di aziende agricole dell’Unione europea, con la finalità di individuare
le caratteristiche strutturali e i risultati produttivi aziendali e conoscere la situazione economica dell’agricoltura nei
vari paesi membri. Vengono, inoltre, elaborati i bilanci settoriali dei processi produttivi in modo da analizzare i
margini lordi e i costi di produzione delle attività economiche.
In Italia, a partire dal 2003 è diventato operativo il progetto di integrazione delle statistiche economiche in agricoltura: la RICA e i Risultati Economici delle Aziende Agricole (REA). Per comprendere le motivazioni alla base
di tale integrazione è necessario esaminare brevemente i contenuti e le finalità delle due indagini. La RICA, gestita a livello nazionale dall’INEA, rileva informazioni sui redditi e sul funzionamento economico delle aziende agricole dell’Unione Europea; in Italia coinvolge circa 18.000 aziende professionali (aziende con dimensione economica superiore a una soglia minima), selezionate sulla base dell’adesione volontaria degli imprenditori. La REA,
realizzata dall’ISTAT, risponde alle esigenze conoscitive ai fini della contabilità nazionale e interessa un campione
casuale di circa 22.000 aziende agricole. I dati contenuti nella REA sono in parte già presenti nella RICA, a eccezione di alcune informazioni riguardanti i componenti del nucleo familiare e i redditi provenienti da attività extraagricole; questi ultimi sono stati pertanto inseriti nella metodologia RICA-INEA. L’integrazione prevede un unico
disegno campionario, con estrazione casuale dall’universo delle aziende interessate dal V Censimento dell’agricoltura; sono quindi incluse anche le aziende di piccole dimensioni economiche. Il nuovo progetto consente di disporre
di un campione statisticamente rappresentativo, con la possibilità di riportare le informazioni rilevate all’universo;
39
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
tuttavia esso può creare problemi di rilevazione in relazione al passaggio dall’adesione volontaria delle aziende a
una estrazione di tipo casuale.
L’attività di rilevazione contabile delle aziende agricole toscane viene gestita mediante la stipula di un protocollo d’intesa fra Regione Toscana, Arsia e INEA; attualmente il numero di aziende professionali complessivamente
rilevate, costituite dal campione RICA-REA e dal gruppo di aziende in contabilità ai fini del monitoraggio dei costi di produzione (cosiddetto campione satellite), è di 876 unità.
Costo di produzione per gruppi di colture
Euro/ettaro
1998
918
840
6.241
5.926
453
1.437
757
4.139
22.744
49.424
5.967
8.133
Cereali
Foraggiere
Fruttiferi
Industriali
Leguminose
Mais
Oleaginose
Olivo
Ortive
Ortive-serra
Vite-uva
Vite-vino
1999
887
793
6.024
7.191
488
1.275
771
4.018
27.113
46.733
6.261
9.055
2000
869
708
5.755
6.627
517
1.334
752
3.915
16.549
56.649
6.353
9.197
2001
916
830
6.078
6.471
624
1.569
731
4.120
17.880
74.168
5.969
10.651
2002
917
822
6.529
5.918
599
1.461
816
4.230
16.532
75.190
6.293
10.722
2003
976
666
5.532
7.129
556
1.331
825
3.664
22.819
88.530
6.335
10.802
1998-03
914
776
6.027
6.543
540
1.401
775
4.014
20.606
65.116
6.196
9.760
Fonte: AgriTrend Arsia
Costo di produzione
Vite da vino per tipologia di prodotto
Campione costante 1998/2003 (euro/ha)
25.000
Gruppo
Vite-Vino
Grupp
o Vit
e-Vin o t ot ale
totale
rilevazioni
rilev
azio
ni
Grupp o Vit e-Vin o cam pion
Gruppo Vite-Vino
cost ant e
campione
Alt
ri Doc ecostante
Do cg
20.000
15.000
Altri Doc e Docg
Area Chian t i Classico
Area Chianti Classico
Area Chian t i
10.000
Area Chianti
Area Mo nt alcin o
Area Montalcino
Vin o da t av ola
Vino da tavola
5.000
0
1998
1999
2000
2001
2002
Fonte: AgriTrend Arsia
40
2003
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Costo di produzione grano duro
per tecnica produttiva
Campione costante 1998/2003 (euro/ha)
1.200
1.100
1.000
convenzionale
TTecnica
ecnica con
venzio nale
integrata
TTecnica
ecnica in
t egrat a
900
TTecnica
ecnica bio
logica
biologica
800
700
600
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Fonte: AgriTrend Arsia
1.6 Il lavoro in agricoltura
una stima del lavoro sommerso nel settore di riferimento, sono state in Toscana 81.480 unità ovvero il 4,1% in
più rispetto all’anno precedente.
L’ottimo andamento è da attribuire prevalentemente
al comparto agricolo (54.578 unità) con un incremento
pari al +6,2%; anche il settore della pesca ha conseguito un risultato positivo (+8,3%); al contrario, risultano
in lieve calo le unità lavoro dell’industria alimentare
(-0,7%), principalmente per effetto della diminuzione
dei consumi alimentari delle famiglie.
L’annata 2004, favorita da ottime condizioni climatiche, segue un 2003 che aveva invece registrato una forte
contrazione della produzione agroalimentare. L’aumento
delle unità lavoro di quest’anno risente quindi fortemente di questa precedente flessione (-4,9%).
L’incremento delle unità di lavoro nel comparto agroalimentare è decisamente più favorevole rispetto ai dati
del settore industriale, che segna un decremento delle
unità lavoro di circa il 2%, e dei servizi dove invece l’aumento è risultato però molto più contenuto in termini relativi (1,4%).
Nel 2004, il numero degli occupati dell’intero sistema economico è aumentato, a livello nazionale, di
163.000 unità rispetto all’anno precedente. Quest’incremento, corrispondente a un +0,7%, è il risultato di
andamenti molto differenziati a livello territoriale:
+1,2% nel Nord Ovest, +2,5% nel Centro, -0,1% nel
Nord Est, -0,4% nel Mezzogiorno. In Toscana, si è registrata una variazione dello +0,3% corrispondente all’aumento di 1.488 unità.
A livello nazionale, l’occupazione industriale ha registrato una diminuzione dello 0,9% (-44.000 unità), mentre l’occupazione del terziario è cresciuta dello 0,6%
(+94.000 unità).
In questo quadro di sostanziale stagnazione, l’agricoltura ha segnalato un aumento relativo piuttosto marcato pari al 2,4% e corrispondente a 23.000 unità aggiuntive.
1.6.1 Il lavoro agricolo in Toscana: analisi
delle unità di lavoro della contabilità regionale
Per il comparto agroalimentare il 2004 è stato un anno
molto positivo. Questo risultato può essere osservato
analizzando sia l’andamento delle unità di lavoro, già introdotte nell’analisi macroeconomica presentata nei capitoli precedenti, che l’andamento dell’occupazione così
come rilevata nell’indagine trimestrale dell’Istat, come si
farà nei paragrafi seguenti.
Nel 2004 le unità lavoro, che misurano il numero teorico dei lavoratori a tempo pieno e comprendono anche
Unità di lavoro in Toscana
Variazioni % rispetto all’anno precedente
Agroalimentare
Industria
Servizi
Fonte Irpet
41
2002
3,6
-2,4
1,8
2003
-3,0
-2,4
1,3
2004
4,1
-1,9
1,4
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Unità di lavoro nel settore agroalimentare in Toscana
Valori assoluti e variazioni % rispetto all’anno precedente
Agricoltura, caccia e silvicoltura
Pesca, piscicoltura e servizi connessi
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco
Totale agroalimentare
Agricoltura, caccia e silvicoltura
Pesca, piscicoltura e servizi connessi
Industrie alimentari, delle bevande e del tabacco
Totale agroalimentare
2001
Valori assoluti
52.800
2.500
22.600
77.900
Variazioni percentuali
5,0
-10,7
-2,6
2,1
2002
2003
2004
54.000
2.400
24.300
80.700
51.380
2.420
24.461
78.261
54.578
2.622
24.280
81.480
2,3
-4,0
7,5
3,6
-4,9
0,8
0,7
-3,0
6,2
8,3
-0,7
4,1
Fonte: Irpet
1.6.2 L’occupazione agricola in Toscana
sulla base dell’indagine trimestrale dell’Istat
Come emerge dall’indagine dell’Istat, gli incrementi
degli occupati nel 2004 sono stati rilevanti e decisamente superiori a quelli relativi alle unità lavoro stimate dalla contabilità regionale; questa differenza potrebbe essere spiegata dal fatto che, anche in agricoltura (come in
altri comparti produttivi), è aumentata la componente
dei lavori part time e flessibili. In effetti, qualora ad
esempio si presentasse il caso di due persone che lavorano con contratti part time (50% ciascuna), nella stima
delle unità di lavoro, questi due soggetti verrebbero conteggiati una sola volta, mentre nel campionamento delle
forze lavoro si manterrebbe il conteggio separato delle
due persone.
Questo diverso modo di contabilizzare il lavoro spiega che in base all’indagine Istat il numero degli occupati sia cresciuto del 27%, mentre le unità di lavoro (che
approssima dunque la quantità effettiva di lavoro) solo
del 6%.
Dei 59.109 occupati del 2004, il 33% (19.632) è rappresentato da donne. Un numero così elevato non si era
mai registrato negli ultimi dieci anni e segue, come si è
detto, un 2003 che contava invece 46.523 unità.
La Toscana, in controtendenza con altre aree del paese
e in una congiuntura sfavorevole, è riuscita comunque a
Andamento degli occupati in agricoltura
Base 1994 = 100
130
120
110
100
90
80
70
60
1994
1995
1996
1997
Centro
1998
1999
Nord
2000
Mezzogiorno
Fonte: Indagine Forze Lavoro Istat
42
2001
2002
Toscana
2003
2004
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
mantenere al 2000 il livello occupazionale dei primi anni novanta, invertendo un prolungato ciclo negativo anche se con alcune significative oscillazioni: la riduzione
del 2003, seppure consistente e spiegata principalmente
da un’annata agraria pessima, non ha interrotto il ciclo
positivo.
I risultati positivi di questo anno si sono riflessi su varie regioni italiane, portando incrementi occupazionali
consistenti. Si sono avuti aumenti in Liguria (21,0%),
Abruzzo (17,9%), Friuli (14,2%), Lombardia (19,5%),
Piemonte (12,6%) e Calabria (12,1%).
Al contrario, variazioni negative piuttosto rilevanti si
sono registrate invece nel Lazio (-12,6%), in Sardegna (12,2%) e in Veneto (-6,9%).
L’influenza, spesso determinante, che assumono in
agricoltura i fattori meteorologici rende difficile la valutazione di quanto incidano sui risultati economici i fattori interni connessi alla produttività del lavoro o all’efficienza produttiva e gestionale delle aziende. Fattori endogeni alla produzione sono le scelte aziendali sull’orientamento verso diverse tipologie di agricoltura, più o
meno consone al contesto territoriale e alle richieste del
mercato (si pensi ai temi dell’agricoltura biologica, delle
produzioni di qualità, alle DOP, alle IGP e molte altre).
Un modo per verificare se (o quanto) i risultati, molto
differenziati, realizzati a scala regionale siano connessi a
fattori endogeni (a scelte aziendali) può essere quello di
osservare se vi sia una qualche relazione tra le variazioni occupazionali registrate e le specializzazioni agricole
delle regioni.
Un tentativo in questa direzione è misurare tale specializzazione produttiva in termini di quota occupazionale e verificare il quadro regionale che emerge mettendo a
confronto questa variabile con la variazione dell’occupazione. Nel grafico seguente i valori regionali delle due
variabili possono essere paragonati con i valori mediamente assunti dagli stessi a scala nazionale: una crescita media dell’occupazione del .5% e una specializzazione agricola del 5,4%.
In questo grafico la Toscana si posiziona nel quadrante in alto a sinistra, insieme ad Abruzzo, Friuli, Liguria,
Lombardia e Piemonte; tutte regioni che hanno un’incidenza degli occupati in agricoltura inferiore alla media
italiana (variando dal 2% al 5%) ma che hanno registrato aumenti di occupazione superiori al 10%.
Altre regioni con incidenza agricola inferiore alla media italiana, come Lazio, Veneto, Campania, Emilia Romagna e Marche, registrano invece variazioni occupa-
Occupati in agricoltura
Variazioni 2004/2003 (media 5%) e incidenza sul totale occupati (media 5,4%)
30,0
Toscana
25,0
Liguria
20,0
15,0
Lombardia
Friuli
Abruzzo
Variazione 2003-2004
Piemonte
Calabria
10,0
Trentino
Valle d'Aosta
5,0
Basilicata
Molise
Umbria
0,0
Emilia
Marche
-5,0
Sicilia
Campania
Puglia
Veneto
-10,0
Lazio
Sardegna
-15,0
0,0
2,0
4,0
6,0
8,0
Incidenza sul totale occupati
43
10,0
12,0
14,0
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
zionali inferiori a quella media e si collocano perciò nel
quadrante in basso a sinistra del grafico. Vi sono infine le
regioni maggiormente specializzate che, ad eccezione
della Calabria che ha aumentato il numero degli occupati del 12%, hanno registrato andamenti contenuti (è il caso Trentino e la Basilicata) o negativi (Molise, Sicilia,
Puglia, Sardegna).
La crescita della Toscana non è quindi in linea con
quella di regioni aventi una specializzazione agricola
simile come il Veneto (che come ricordato vede calare
l’occupazione) o con regioni territorialmente simili come l’Umbria e, in parte, il Lazio. La stessa specializzazione vitivinicola non spiega il differenziale di crescita marcato rispetto al Piemonte che, a livello nazionale, è il principale produttore di vino. Né lo spiega,
come sarebbe potuto avvenire in anni precedenti, la
presenza diffusa di agriturismi e la loro capacità di attivare effetti indotti: il 2004 è stato infatti un anno in
cui anche il turismo ha evidenziato segnali di crisi. Il
buon risultato dell’agricoltura regionale sembra dunque riconducibile al suo specifico mix produttivo,
orientato su settori forti come il vivaismo, la filiera del
vino e l’olio, ma che mantiene anche attività legate all’orticoltura e all’allevamento, settori che grazie agli
investimenti e alle innovazioni apportate, possono generare, nelle annate favorevoli, produzioni maggiori rispetto alle altre regioni.
Per quanto si riferisce alla composizione degli occupati in agricoltura si segnala un incremento del 30% dei lavoratori maschi e un aumento del 21% delle lavoratrici
donne. Questo risultato deriva da una particolare artico-
lazione nelle differenti tipologie professionali. Le donne
hanno infatti tassi di crescita maggiori (+32%) rispetto
agli uomini (+26%) nelle professioni dipendenti, gli uomini invece predominano in quelle indipendenti con
(+33%) rispetto al (+18%) delle donne.
Nel caso dell’occupazione maschile la tendenza a partire dal 1993, è di un costante aumento degli occupati indipendenti, che nel 2004 hanno coperto il 60% della manodopera agricola.
L’incremento dell’occupazione femminile consente invece di recuperare il consistente calo registrato nel 2003
(-25% complessivo di cui -47% tra le dipendenti e -12%
tra le lavoratrici indipendenti). La quota risultante di lavoratrici indipendenti è del 70% circa.
Nei precedenti rapporti si metteva in evidenza come,
Evoluzione del lavoro maschile
indipendente e dipendente dal 1993 a oggi
Valori percentuali
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
Evoluzione del lavoro femminile
indipendente e dipendente dal 1993 a oggi
1994
1993
0%
Valori percentuali
20%
40%
Uomini ind.
60%
80%
100%
Uomini dip.
Fonte: Forze Lavoro Istat
2004
2003
nell’agricoltura toscana, la percentuale degli indipendenti (62%) fosse decisamente superiore alle quote del Sud
Italia (44%) ma inferiore a quelle del Nord 74%. Con il
2004 si conferma il graduale avvicinamento ai livelli delle regioni settentrionali.
Questo fenomeno può essere ricondotto alla crescente
esternalizzazione di molte attività agricole.
Per quanto riguarda gli andamenti occupazionali del
2005 i primi dati forniti dall’ISTAT evidenziano in Toscana un calo rispetto al 2004. La variazione del primo trimestre 2005, rispetto allo stesso periodo del
2004 è infatti del –4,6% in controtendenza con quanto si era registrato nel confronto tra il primo trimestre
2004 e 2003, quando l’occupazione era aumentata
dell’1,7%.
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
1994
1993
0%
25%
Donne ind.
50%
75%
100%
Donne dip.
Fonte: Forze Lavoro Istat
44
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Variazione degli occupati 1° trimestre
2005/2004 e 1° trimestre 2004/2003
che presentano una forte incidenza di lavorazioni di tipo
manuale o dove è molto stretto e continuo il contatto fisico tra lavoratore e fattori di rischio legati a strumenti,
macchinari e materiali.
L’agricoltura è tra i settori che registra il maggior numero di casi, preceduto dalla lavorazione del legno, dalle costruzioni, dal trasporto e dall’estrazione dei metalli.
In base ai primi dati provvisori forniti dall’INAIL, in
Toscana, nel 2004, sono stati denunciati 5.580 infortuni in agricoltura con un aumento dell’1,6% rispetto al
2003 e in controtendenza rispetto al calo avvenuto a livello nazionale (-4,1%), dove sono stati denunciati
68.360 infortuni. Del totale degli infortuni, 4.225 sono
stati denunciati da uomini (75,7%) e 1.355 da donne
(24,3%).
Variazioni percentuali
Toscana
Nord
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Mezzogiorno
Italia
I trimestre 04/
I trimestre 05
-4,6
-0,9
8,3
-7,2
-10,5
-3,7
-3,6
I trimestre 04/
I trimestre 03
1,7
2,6
8,3
-1,0
-3,8
2,3
1,5
Fonte: Forze Lavoro Istat
1.6.3 La sicurezza sul lavoro
Nel 2004, in Toscana, sono stati denunciati all’INAIL
73.340 infortuni riconducibili al complesso dei settori
economici; questi rappresentano il 7,8% del totale degli
infortuni registrati a scala nazionale. L’indice di frequenza (espresso dal rapporto fra infortuni e addetti) è del
40,04 superiore al dato medio nazionale (35,74) ma inferiore rispetto a quello di altre regioni come Umbria
(52,59), Friuli Venezia Giulia (47,78), Emilia Romagna
(47,05), Marche (46,05), Basilicata (45,80), Abruzzo
(43,78), Liguria (43,13), Veneto (42,59) e Puglia
(42,04).
La distribuzione naturale degli infortuni è fortemente
influenzata dalla dimensione e dalla struttura occupazionale delle varie aree geografiche, oltre che dalle caratteristiche del territorio, che influenzano in particolar modo
gli infortuni di tipo agricolo.
Le attività a più alto rischio di infortunio sono quelle
Infortuni sul lavoro avvenuti nel 2004
Valori assoluti e variazioni percentuali
Toscana
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Isole
Italia
2004
2003
5.490
13.594
21.039
14.583
15.603
6.465
71.284
5.580
12.723
20.266
14.380
14.610
6.381
68.360
Variazione
2004/2003
1,6
-6,4
-3,7
-1,4
-6,4
-1,3
-4,1
Fonte: Inail
Dal Rapporto regionale dell’INAIL, attualmente disponibile solo per il 2003, emerge che l’incidenza
maggiore degli infortuni degli uomini (32,1%) risulta
Infortuni sul lavoro avvenuti e denunciati per sesso e classe di età
Toscana. 2003
Fino a 34
35-49
50-64
65 e oltre
Non determinata
Totale
Fino a 34
35-49
50-64
65 e oltre
Non determinata
Totale
2003
Maschi
1.259
1.331
975
455
129
4.149
Femmine
248
468
527
85
7
1.335
Fonte: Rapporto annuale 2003 regionale Inail
45
Incidenza sul totale
Var. assoluto
Var: % 03/02
30,34
32,08
23,50
10,97
3,11
100,00
-43
-32
-109
13
10
-161
-3,30
-2,35
-10,06
2,94
8,40
-3,74
18,58
35,06
39,48
6,37
0,52
100,00
-27
15
-23
11
-6
-30
-9,82
3,31
-4,18
14,86
-46,15
-2,20
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
nelle classi di età tra i 35 e i 49 anni, seguita a breve
distanza dalla classe fino a 34 anni. Per le donne gli
infortuni ricorrono maggiormente nella classe 50-64
anni (39,5%) e in quella continua, 35-49 anni
(35,1%).
Tra le ragioni alla base degli infortuni vengono generalmente segnalate l’acclività del territorio regionale e
l’elevata incidenza degli anziani.
I dati precedentemente elencati mostrano invece che la
componente anziana incide in maniera determinante sul
numero complessivo degli infortuni solamente nel caso
delle donne. Ipotizziamo quindi che l’elevata incidenza di
infortuni per i giovani sia legata alla loro bassa esperienza nel settore lavorativo (generata da un elevato turnover)
o comunque ad una propensione maggiore al rischio.
Occorre allora evidenziare la necessità di ampliare gli
strumenti di conoscenza degli strumenti per la sicurezza
onde ridurre gli incidenti intercorsi.
A livello provinciale, tra il 2003 e il 2004 si sono
avuti cali di infortuni a Prato (-8%), Lucca (-4,2%), Pistoia (-3,6%), Livorno (-2,7%) e Grosseto (-0,8%). In
tutte le restanti province si sono avuti aumenti anche
consistenti e in parte correlati al forte incremento degli
occupati.
A Massa Carrara gli infortuni aumentano del 12,3%, a
Pisa del 10,3% a Siena del 6,8%. Mentre però a Massa
Carrara e Siena, gli incrementi degli infortuni sono da attribuire prevalentemente alla componente maschile
+15,7% e +8,3% rispettivamente, a Pisa l’aumento è dovuto in buona misura alla componente femminile. In
questa provincia, infatti, le donne sono interessate al
25,6% degli infortuni, e rispetto al 2003 si è avuto un
aumento del 21,6%.
Dal Rapporto Regionale dell’INAIL emerge inoltre
che il 10% di tutti gli infortuni lavorativi regionali è
occorso a personale extracomunitario: più in particola-
re, il 13% degli infortuni agricoli (730 infortuni) e il
10% di quelli dell’industria e dei servizi (7.097 infortuni) hanno coinvolto lavoratori extracomunitari. Incrementi consistenti si sono avuti in tutte le province
toscane anche quando diminuisce il numero totale degli infortuni.
Infortuni in agricoltura che
coinvolgono lavoratori extracomunitari
Variazioni percentuali 2003/2002
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Toscana
Variazioni
complessive
-2,87
-5,94
0,78
-17,46
8,87
-15,49
-7,96
-7,21
11,11
0,10
-3,37
Variazioni tra
extracomunitari
13
16
13
14
6
4
10
18
18
15
13
Note: Le Variazioni tra extracomunitari derivano dal Rapporto
Regionale dell’Inal
Fonte. Inail
Per quanto riguarda infine le malattie professionali
denunciate nel 2003 in agricoltura, in Toscana, si sono
registrate 104 denunce, che rappresentano il 10,1% del
totale nazionale. Rispetto al 2002 si è verificata una diminuzione di oltre l’11%; tuttavia, nonostante questo,
il dato regionale rimane su valori piuttosto elevati rispetto a quelli riscontrati nel 2000 e nel 2001.
Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo nel 2004
Valori assoluti, incidenza e variazioni percentuali
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa Carrara
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Toscana
2003
2004
845
718
1.041
293
455
179
418
527
50
964
5.490
860
720
1.033
285
436
201
461
508
46
1.030
5.580
Var. inf
2004/ 2003
1,8
0,3
-0,8
-2,7
-4,2
12,3
10,3
-3,6
-8
6,8
1,6
Fonte: Inail
46
Inc. %
infortuni donne
27,4
16,0
23,5
35,4
28,7
48,8
25,6
13,4
13,0
23,8
24,3
Var. %
infortuni donne
9,3
-2,5
-12,3
12,2
0
8,9
21,6
-13,9
50
2,5
1,5
Var. %
infortuni uomini
-0,8
0,8
3,4
-9,4
-5,8
15,7
6,9
-1,8
-13
8,3
1,7
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Malattie professionali in agricoltura
una fase congiunturale generale certamente non positiva,
delle performances migliori dell’industria alimentare nel
suo complesso.
Le informazioni congiunturali dell’Osservatorio sulla
cooperazione agroalimentare evidenziano infatti un andamento dei parametri produttivi e commerciali migliore in quasi tutti i comparti e le aree geografiche rispetto
ai corrispondenti campioni ISMEA riferiti al complesso
delle imprese agroalimentari; anche la realizzazione di
investimenti è decisamente superiore a quella delle imprese non cooperative (il 52% delle cooperative agroalimentari dichiara di avere effettuato investimenti nel
2004, contro il 28% delle imprese non cooperative).
L’indice di fiducia delle cooperative agroalimentari,
che tiene conto tra l’altro delle percezioni degli operatori sull’andamento congiunturale degli ordini, della domanda di mercato e del livello delle giacenze di prodotti
finiti, si è però fortemente deteriorato a partire dalla seconda parte del 2004. Il Centro è però la zona con una
maggiore stabilità dell’indice di clima di fiducia; nonostante ciò anche nel Centro Italia la propensione ad investire da parte delle imprese cooperative risulta in forte riduzione rispetto ai periodi precedenti.
Tali risultati sono stati conseguiti cercando di valorizzare al meglio gli elementi di forza del sistema cooperativo: il radicamento al territorio, la solidità del legame
con i soci per l’attivazione di risorse finanziarie, e la possibilità di controllo totale della filiera produttiva, almeno
in quelle situazioni dove la cooperazione di trasformazione riesce a raggiungere in modo più diretto il consumatore finale e a farsi garante della qualità del prodotto.
Anche la cooperazione agroalimentare toscana ha
mantenuto nel 2004 le proprie posizioni dopo avere fatto registrare nel 2003 un significativo incremento del fatturato, secondo le indicazioni pervenute dalle Centrali
cooperative di rappresentanza.
Le cooperative aderenti a Confcooperative-Fedagri nel
2004 hanno aumentato il proprio fatturato, che ha raggiunto i 420 milioni di euro, sia pure a fronte di una significativa riduzione del numero di imprese e di una leggera riduzione del numero di soci.
Toscana. 2000-2003
Numero
Incidenza %
su totale Italia
Var. % annue
2000
89
9,5
-17,6
2001
79
8,2
-11,2
2002
118
11,8
49,4
2003
104
10,1
-11,9
Un’articolazione delle malattie professionali presenti
in agricoltura a livello nazionale è riportata nella seguente tabella. Le ipoacusie incidono per il 29,2%, le
tendiniti per il 15,3, l’ipoacusia e sordità per il 14,3% e
l’asma bronchiale per il 13,5%. Una riduzione consistente si rileva in corrispondenza delle ipoacusie (-63,7%),
mentre aumentano in misura marcata i casi di tendinite
(+130%), di artrosi (+38,55) e della sindrome del tunnel
carpale (+55,2%).
Malattie professionali in agricoltura
denunciate all’Inail in Italia
Incidenza
sul totale
Asma bronchiale
13,5
Alveoliti allergiche
5,4
Ipoacusia e sordità
14,3
Mal. osteo articolari
2,9
Ipoacusia
29,2
Tendiniti
15,2
Sindrome del Tunnel carpale 12,9
Bronchite cronica
1,4
Artrosi
5,2
Totale
100,0
Var
2003/2002
0,0
-32,1
-40,5
-37,5
-33,8
15,2
32,4
-72,2
-45,5
-24,1
Var
2003/1999
-51,0
-74,0
-60,0
-33,3
-63,7
130,4
55,2
-86,8
38,5
-49,6
Fonte: Inail
1.7 La cooperazione
1.7.1 La consistenza della cooperazione in agricoltura
La cooperazione rappresenta in Italia una componente
molto importante del sistema agroindustriale, che nel
2004 ha visto oltre 6500 imprese cooperative attive, con
900 mila soci, 30 milioni di euro di fatturato e 106 mila
occupati coinvolti. La cooperazione negli ultimi anni è
stata una componente molto dinamica del settore alimentare, come testimoniato anche da alcune importanti
acquisizioni (quali Granarolo - Yomo e Conserve Italia Cirio), dopo che negli anni ’90 la dinamica dei mercati
finanziari aveva favorito le imprese private in virtù del
loro accesso più facilitato al mercato dei capitali.
Anche più di recente la cooperazione ha mostrato, in
Cooperative aderenti
a Confcooperative-Fedagri in Toscana
Valori in migliaia di euro
N°
2004
04/’03
2003
2001
2000
121
-22,4%
156
159
157
Soci
23.121
-3,6%
23.977
20.512
28.742
Fatturato Addetti
420.000
14,8%
365.992
339.000
294.897
Fonte: Elaborazioni su dati Fedagri
47
1.710
-9,6%
1.891
1.674
n.d.
Soci/
Coop
191
24,3%
154
129
183
Fatt./
Coop
3.471
48,0%
2.346
2.132
1.878
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Positiva è anche l’evoluzione delle cooperative aderenti a Legacoop Agroalimentare (la nuova denominazione
assunta da ANCA Lega), il cui numero registra una lieve
flessione mentre il fatturato registra un buon aumento, dopo il forte salto in avanti del 2002 dovuto principalmente
all’ingresso nell’associazione del Consorzio agrario di
Siena (che nel 2004 ha comunque conseguito una lieve riduzione del proprio fatturato a causa principalmente dell’andamento negativo del comparto cerealicolo) e alla crescita di un numero abbastanza ristretto di imprese.
I soci sono oltre 25 mila e gli addetti coinvolti sono
quasi 1900; da sottolineare la diffusione della pratica del
prestito sociale, che interessa quasi un quarto delle cooperative per un ammontare di oltre 17 milioni di euro e
un significativo contributo alle dinamiche finanziarie
delle imprese che vi ricorrono: nelle principali 40 cooperative il prestito sociale incide per quasi il 9% sull’indebitamento a breve. Una gran parte delle cooperative aderenti chiude i propri bilanci in utile, ma abbastanza numerosi sono anche i casi di bilanci chiusi in perdita.
Meno consistente in Toscana è la presenza di imprese associate alle altre due Centrali nazionali di rappresentanza
della cooperazione, AGICA-AGCI e UNCI, relativamente
alle quali non sono però disponibili informazioni aggiornate.
Il tratto caratterizzante della cooperazione toscana negli ultimi anni è stato l’aumento delle dimensioni medie
la messa in stato di liquidazione; su questo fenomeno non
sono però ad oggi disponibili evidenze quantitative.
Basti pensare che attualmente le prime trenta cooperative aderenti a Legacoop realizzano quasi il 90% del fatturato complessivo delle aderenti, e le prime dieci da sole ben i due terzi dello stesso.
Al fine di razionalizzare il sistema organizzativo dell’agricoltura toscana le centrali cooperative hanno promosso
negli ultimi anni la costituzione di consorzi finalizzata alla concentrazione dell’offerta nell’ambito del settore floricolo (con la costituzione di Flora Toscana) e di quello cerealicolo (con la costituzione di Giallo Oro), settori di presenza storica della cooperazione ma dove le condizioni sono particolarmente difficili, nel primo caso a causa della
concorrenza sempre più agguerrita delle regioni meridionali e delle importazioni, nel secondo caso a seguito delle
profonde trasformazioni indotte dalla revisione a medio
termine della politica agricola comunitaria dei seminativi.
Entrambi i consorzi hanno in corso la richiesta di riconoscimento quali Organizzazioni di produttori.
1.7.2 Gli andamenti economico-patrimoniali
della cooperazione toscana
La Banca Dati ARSIA della cooperazione agricola è
relativa alle imprese cooperative con fatturato superiore
ai 25 mila euro e aderenti alle due maggiori Centrali cooperative (Confcooperative e Lega). Essa rappresenta
dunque una parte molto consistente ma non la totalità del
fenomeno della cooperazione agricola toscana, ed è finalizzata alla rilevazione di informazioni economico-gestionali di un insieme di imprese.
Dal 2003 la Banca dati ARSIA della cooperazione agricola, che rappresenta la maggiore fonte sistematica di
informazione sul comparto cooperativo regionale, è stata
oggetto di una profonda revisione volta a potenziarne le
potenzialità conoscitive. Sono state modificate le modalità
e l’oggetto delle rilevazioni, le quali sono ora finalizzate
anche a raccogliere le informazioni di natura strutturale e
produttiva delle imprese cooperative oltre che i dati di bilancio. Ciascuna impresa rilevata viene considerata non
soltanto nella sua globalità, ma - nel caso di cooperative
dove coesistono più gestioni - anche relativamente ai singoli sottosettori della propria attività, previa individuazione del settore principale e dei settori secondari.
Sempre dal 2003 è stata in parte rivista la classificazione dei settori di attività, che oggi sono i seguenti: Caseario, Cerealicolo, Conduzione, Florovivaistico, Forestale,
Latte Alimentare, Oleario, Ortofrutta, Servizi, Vitivinicolo. Ne è derivata una parziale revisione dei settori di operatività principale cui le singole imprese erano precedentemente imputate, al fine di rendere la classificazione
maggiormente aderente alla realtà; ciò non rende immediatamente comparabili le nuove informazioni rilevate con
quelle del periodo precedente 1990-2002 (che peraltro
erano di fatto quasi esclusivamente di natura contabile).
Cooperative aderenti a Legacoop
Agroalimentare Toscana
Valori in migliaia di euro
Numero Coop.
Soci
Valore Produzione
Addetti
Soci per Coop.
Val Prod x Coop
Capitale Sociale
Patrimonio Netto
Valore Aggiunto
Prestito Sociale
Coop. con Prestito
Utili d’esercizio
Coop. con Utili
Perdite d’esercizio
Coop. con Perdite
2001
113
23.872
179.085
1.587
211
1.585
26.656
56.663
38.866
14.326
30
4.953
70
-1.251
41
2002
113
25.662
317.049
1.883
227
2.806
25.135
82.780
51.777
14.480
22
3.110
69
-3.823
41
2003
110
25.180
333.762
1.847
229
3.034
26.455
86.363
54.767
17.631
26
3.476
70
-1.310
37
‘03/’02
-2,7%
-1,9%
5,3%
-1,9%
0,8%
8,1%
5,3%
4,3%
5,8%
21,8%
18,2%
11,8%
1,4%
-65,7%
-9,8%
Fonte: Legacoop Agroalimentare Toscana
aziendali, con una crescita della polarizzazione tra le
grandi e le piccole imprese. Tra queste ultime vi sono anche imprese vicine alla soglia della inattività, per le quali
la necessità di adeguamento degli statuti alla riforma del
diritto societario potrebbe essere stata una occasione per
48
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Nel 2003 (con riferimento ai bilanci chiusi nel corso
del 2003 e approvati nel 2003 e nel 2004) la Banca dati
ha censito 238 cooperative contro le 241 dell’anno precedente, con un fatturato superiore ai 686 milioni di euro, in crescita dell’8% rispetto all’anno precedente anche
grazie all’ingresso in rilevazione di alcune nuove imprese di significative dimensioni.
I risultati del comparto cooperativo manifestano un andamento aggregato molto positivo sia di medio periodo
che congiunturale, analizzabile attraverso una batteria di
indicatori economici e finanziari.
L’analisi degli andamenti economici (vedi tabella) denota - ferme restando le differenze tra settori, aree territoriali e ovviamente imprese diverse - una evoluzione
positiva del reddito operativo lordo e del reddito operativo netto (dati dal rapporto tra margine operativo - rispettivamente lordo o netto - e capitale investito, moltiplicati per 100), che ottengono un netto miglioramento nel
2003 rispetto all’anno precedente. In particolare il reddito operativo netto diviene ampiamente positivo, grazie
all’incremento del margine netto sulle vendite ma parità
di indice di rotazione sul capitale investito.
L’incidenza del saldo della gestione finanziaria sui ricavi si riduce, grazie anche alla progressiva riduzione dei
tassi e a una struttura finanziaria più equilibrata conseguita da numerose imprese.
Il risultato netto, che pure non è di per sé indicativo del
raggiungimento dello scopo mutualistico, torna ad essere positivo, generando risorse per l’autofinanziamento
proprio.
È proseguito anche il processo di consolidamento della indipendenza finanziaria, ottenuto non tanto grazie all’apporto del capitale sociale (che anzi riduce la propria
importanza relativa) bensì agli altri mezzi propri, e in
particolare grazie ai processi di autofinanziamento proprio resi possibili dai favorevoli andamenti economici.
Per quanto concerne la struttura finanziaria, gli indici
di Disponibilità e di Copertura assumono valori ampiamente superiori a 100, sia pure con un lieve peggioramento rispetto al 2002.
Indicatori di redditività aggregati della cooperazione agroalimentare toscana
2003
Reddito operativo lordo
Reddito operativo netto
- margine netto sulle vendite
- rotazione sul capitale investito
Saldo gestione finanziaria su Ricavi
Saldo gestione finanziaria su Valore Aggiunto
Saldo gestione Extracaratteristica su Ricavi
Risultato netto su Patrimonio Netto
1990/91
2,03
-0,54
-0,65
0,82
-3,40
-11,86
3,01
-4,13
2000
4,27
1,08
1,20
0,89
-1,46
-4,50
1,09
1,24
2001
4,08
0,84
0,92
0,91
-1,60
-5,07
2,03
3,23
2002
3,14
0,08
0,08
0,91
-1,42
-4,90
1,65
-0,63
2003
4,34
1,58
1,76
0,90
-1,11
-3,76
0,27
1,34
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Arsia della cooperazione agricola
Evoluzione della struttura patrimoniale
e finanziaria aggregata della cooperazione agroalimentare toscana
2003
Esigibilità
Redimibilità
Indipendenza finanziaria
(Patrimonio netto su Capitale investito)
Capitale sociale su Immobilizzazioni nette
Patrimonio netto su Immobilizzazioni nette
Capitale di terzi / Patrimonio netto
Passivo consolidato / Passivo corrente
Disponibilità finanziaria
Tesoreria (I. secco di liquidità)
Indice di struttura primario
Copertura finanziaria (indice di struttura secondario)
1990/91
56,83
24,03
19,14
21,99
53,55
422,66
42,30
99,15
71,53
43,68
98,48
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Arsia della cooperazione agricola
49
2000
53,19
22,54
2001
55,67
20,45
2002
52,59
23,62
2003
52,74
23,26
24,27
27,64
63,45
312,09
42,39
111,54
73,67
59,66
115,09
23,88
28,00
64,56
318,79
36,74
110,39
75,65
61,95
115,02
23,79
21,83
63,81
320,42
44,92
115,60
75,35
60,68
120,94
24,01
19,61
53,80
316,50
44,10
111,61
71,51
58,35
114,88
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Alcuni indicatori di redditività
nelle singole imprese
Composizione settoriale della
cooperazione agroalimentare toscana
2003
Valori in migliaia di euro
Media Banca dati
Coop. Grandi (*)
Coop. Piccole (**)
Parametro positivo
Parametro negativo
Parametro migliore
della media
Parametro peggiore
della media
Tot. Coop.
Reddito
Op. Lordo
4,34%
4,25%
3,17%
84,5%
15,5%
Reddito
Op. Netto
1,58%
1,56%
-0,09%
69,5%
30,5%
Sett.
Sett. Tot.
Princ. Second. Coop
Caseario
8
0
8
Cerealicolo
2
2
4
Conduzione
47
22
69
Florovivaistico
8
0
8
Forestale
41
3
44
Latte Al.
3
0
3
Oleario
21
6
27
Ortofrutta
11
3
14
Servizi
66
6
72
Vitivinicolo
21
0
21
Totale
228
42
…
On. Fin. Su
Val. Agg.
-3,76%
-3,57%
-5,30%
20,1%
79,9%
48,1%
44,4%
58,2%
51,9%
100,0%
55,6%
100,0%
41,8%
100,0%
(*) Primo quartile delle imprese ordinate in base al valore della produzione.
(**) Terzo e quarto quartile delle imprese ordinate in base al valore
della produzione.
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Arsia della cooperazione agricola
Fatt.
47.184
11.862
24.335
31.335
44.557
36.031
16.889
11.006
319.069
133.307
675.575
Fatt.
Fatt.
in % medio
7,0% 5.898
1,8% 2.966
3,6%
353
4,6% 3.917
6,6% 1.013
5,3% 12.010
2,5%
626
1,6%
786
47,2% 4.432
19,7% 6.348
100,0% 2.963
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Arsia della cooperazione
agricola
amministrativi. Quasi un terzo delle cooperative toscane
svolge in via principale o secondaria questa attività, realizzando quasi la metà del fatturato complessivo della
cooperazione regionale; sui 319 milioni di euro di fatturato, la commercializzazione di prodotti e la vendita di
mezzi tecnici incidono ciascuna per un 44% circa. Si
tratta peraltro di un settore che in alcune sue componenti sta avendo significative ripercussioni a causa dell’applicazione della Riforma Fischler, che dal 2004 ha determinato un abbandono parziale di molte delle tradizionali produzioni di interesse della cooperazione (cerali,
oleaginose, …) e rallentato la domanda di sementi e
mezzi tecnici oltre che dei connessi servizi di stoccaggio
e commercializzazione collettiva (fenomeni già registrati alla fine degli anni ’80 conseguentemente alla grande
adesione degli agricoltori toscani al set-aside volontario); allo stesso modo tenderà presumibilmente ad aumentare la domanda di servizi meccanici, sia pure diversi in parte dal passato in quanto orientati a soddisfare gli
obblighi previsti dalla condizionalità. Il comparto dei
servizi è dunque chiamato a un riorientamento strategico
e ad una conseguente ristrutturazione, che sono già stati
avviati da parte di alcune imprese.
Il secondo settore per importanza economica è quello
vitivinicolo, che con sole 21 imprese realizza quasi il
20% del fatturato totale della cooperazione toscana (133
milioni di euro). Le cantine sociali hanno liquidato nel
2003 ai soci circa 61 milioni di euro a titolo di remunerazione dei conferimenti, producendo circa 630 mila ettolitri di vino, corrispondenti al 27% dell’intera produzione regionale. Il vino prodotto è per quasi la metà Doc
o Docg, viene commercializzato in prevalenza imbottigliato e per la quasi totalità venduto sul mercato nazionale. Quello vitivinicolo è un comparto estremamente ete-
La disaggregazione della situazione economica per singole imprese evidenzia una situazione molto differenziata. Uno dei parametri mediante i quali è possibile leggere
questa differenziazione è la dimensione aziendale: mentre
le 60 cooperative più grandi in termini di valore di produzione (che totalizzano oltre l’85% del valore complessivo) presentano indicatori di redditività simili alla media,
le 120 cooperative più piccole (che contribuiscono ad appena il 3% del valore della produzione complessivo) presentano tutti i parametri su livelli peggiori.
Da rilevare anche come il 15% circa delle imprese abbia presentato nel 2003 un Reddito operativo lordo negativo, e come oltre il 30% un Reddito operativo netto
negativo. Tutto ciò, al di là del quadro generale abbastanza positivo, testimonia la diffusa presenza di situazioni di difficoltà della cooperazione regionale che potranno in parte essere oggetto di processi di riqualificazione, non necessariamente di tipo aggregativo ma anche
volti al riposizionamento verso tipologie di attività meno
tradizionali oggi maggiormente premiate dall’evoluzione
dei mercati e delle politiche agricole e rurali.
La disaggregazione per comparto delle cooperative
può essere effettuata per 228 delle imprese della Banca
dati, per ciascuna delle quali viene indicato il settore
principale ed eventuali settori secondari di attività; il fatturato di ciascun cooperativa viene disaggregato per ciascun sottosettore di operatività della stessa.
Il settore di maggiore consistenza è quello dei Servizi
che, secondo la nuova classificazione, comprende le seguenti attività principali: vendita collettiva di prodotti
agricoli diversi da quelli degli altri settori, vendita di
mezzi tecnici, prestazioni meccaniche, servizi tecnici e
50
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
rogeneo: le prime 4 imprese realizzano un fatturato di circa 60 milioni di euro (il 45% del totale del settore), ma
presentano differenze molto forti per quanto riguarda tipologie di prodotti realizzati e canali di vendita seguiti.
Oltre la metà dell’olio prodotto dai frantoi sociali è
certificato come Toscano IGP o con una delle DOP presenti in regione; ciò evidenzia la rilevanza della cooperazione nella qualificazione delle produzioni regionali e
il suo fondamentale ruolo nel consentire il trasferimento
dei benefici delle denominazioni geografiche agli agricoltori. Basti pensare che le imprese che sono coinvolte
nel sistema DOP-IGP sono ben 20 delle 27 attive nel settore, sia pure con volumi molto diversi.
Soltanto il 20% dell’olio prodotto è però stato commercializzato direttamente dai frantoi, mentre la parte restante è ritirata dagli olivicoltori che la destinano alle
proprie esigenze di consumo e commerciali. I frantoi sociali sono dunque ancora molto orientati alle attività di
frangitura di servizio, anche se sullo scarso quantitativo
di prodotto conferito ha inciso il basso livello produttivo,
a testimoniare il carattere residuale che il conferimento
ancora ha per molti cooperatori toscani. In effetti mentre
15 cooperative hanno dichiarato di applicare un regolamento di conferimento, in appena tre casi esiste un vincolo di conferimento da parte dei soci.
Le cantine sociali in Toscana nel 2003
Numero imprese
Fatturato settore (.000 euro)
Valore conferimento (.000 euro)
Vino prodotto (hl)
Tipologia di prodotto
Doc-Docg
IGT
Tavola
Modalità di vendita
Imbottigliato
Sfuso
Mercato di vendita
Italia
Estero
21
133.306
61.737
629.086
48,6%
33,5%
17,8%
53%
47%
91%
9%
I frantoi sociali in Toscana nel 2003
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Arsia della cooperazione
agricola
Numero imprese
Fatturato settore (.000 euro)
Valore conferimento (.000 euro)
Olive lavorate (q)
Olio prodotto (q)
Di cui: olio DOP-IGP (q)
Olio venduto (hl)
Modalità di vendita
Imbottigliato
Sfuso
Canale di vendita
Ingrosso
Dettaglio
In termini numerici rivestono una grande importanza i
settori della conduzione e quello forestale, anche se la loro importanza in termini di fatturato molto più ridotta.
Il settore forestale occupa oltre 800 addetti ed è rivolto prevalentemente alla realizzazione di sistemazioni
idraulico-forestali (68% del fatturato) e alle attività di
selvicoltura (21% del fatturato); un certo sviluppo sta
avendo anche la manutenzione del verde.
Il settore della conduzione è orientato in prevalenza all’allevamento, da cui realizza oltre la metà del fatturato
(a sua volta realizzato per quasi il 50% da una sola impresa); la coltivazione realizza il 38% del volume di attività, mentre l’agriturismo appare in sviluppo e realizza
quasi il 7% del fatturato (oltre 1,5 milioni di euro). Anche in questo settore si ha una elevata concentrazione
economica: le 5 imprese più grandi realizzano il 50% del
fatturato totale, mentre le 35 imprese più piccole realizzano meno del 5% del fatturato complessivo del settore.
Le cooperative interessate al settore oleario sono 27,
per 21 delle quali esso rappresenta l’attività prevalente.
Il fatturato del sottosettore ammonta a quasi 17 milioni
di euro, e il valore liquidato ai conferimenti supera i 6,7
milioni. Le prime sei cooperative totalizzano da sole il
75% del fatturato del settore, mentre le 10 più piccole appena il 5% del fatturato complessivo.
L’olio prodotto si avvicina ai 60 mila quintali, una percentuale estremamente rilevante (superiore al 50%) del
quantitativo prodotto in Toscana nella campagna
2002/03, particolarmente scarsa in termini quantitativi.
27
16.889
6.712
377.220
57.940
33.660
11.350
81%
19%
66%
34%
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Arsia della cooperazione
agricola
1.7.3 Le novità del quadro normativo
Nel 2005 è divenuta operativa la riforma del diritto societario attuata con il decreto legislativo n. 6 del
17.1.2003, emanato in attuazione della legge delega n.
366/2001, che come noto ha introdotto novità molto importanti per il mondo cooperativo.
Le cooperative hanno dovuto adeguare i propri statuti
alle nuove disposizioni del diritto societario, optando tra
l’altro per il regime a mutualità prevalente o non prevalente, e hanno dovuto procedere all’iscrizione nell’Albo
delle società cooperative; inoltre esse dovranno in ciascun esercizio dare dimostrazione della prevalenza dell’attività svolta con i soci rispetto a quella con i terzi, ai
51
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
fini del godimento delle agevolazioni fiscali riservate alle cooperative a mutualità prevalente.
La Finanziaria 2005 ha infatti completato la riforma
del trattamento fiscale delle società cooperative, introducendo la distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e non prevalente conformemente a quanto previsto
dalla riforma del diritto societario. Ferme restando le
agevolazioni sui ristorni, l’utile di esercizio delle cooperative a mutualità prevalente viene comunque assoggettato ad Ires al 20% per le cooperative agricole (contro il
30% applicato alle altre tipologie), mentre la quota restante è esente da imposta se destinato a riserva indivisibile. Tale percentuali sono rovesciate per le cooperative
a mutualità non prevalente: esse devono assoggettare a
imposta il 70% dell’utile, mentre il 30% può essere esentato se accantonato a riserva indivisibile. La Finanziaria
2004 aveva inoltre ampliato - con decorrenza 1.1.2004,
dunque a partire dalla dichiarazione presentata nel 2005
- le attività che possono godere delle agevolazioni fiscali, dando attuazione alle disposizioni della legge di orientamento e abbandonando il riferimento all’«esercizio
normale dell’agricoltura» che tanti problemi applicativi
aveva determinato.
Gli ultimi mesi sono stati particolarmente importanti ai
fini della ridefinizione del ruolo della cooperazione nell’ambito del più generale contesto delle forme di organizzazione economica dei produttori agricoli. Si è infatti
finalmente pervenuti all’emanazione del decreto legislativo sulla “Regolazione dei mercati agroalimentari”
(Dlgs 102/2005 del 27 maggio 2005), il quale ha rivisto
la normativa in materia di organizzazioni e accordi interprofessionali e di contratti di coltivazione e vendita, al
fine di assicurare il corretto funzionamento del mercato
agroalimentare e di creare condizioni adeguate di concorrenza.
Le organizzazioni di produttori, che dovranno assumere una forma giuridica societaria tra cui quella di società
cooperativa o consorzio di cooperative, sono chiamate a
svolgere importanti funzioni tra cui la programmazione
della produzione e il suo adeguamento alla domanda sia
dal punto di vista quantitativo che qualitativo, la concentrazione dell’offerta e la commercializzazione diretta
della produzione degli associati, la partecipazione alla
gestione delle crisi di mercato, il contenimento dei costi
di produzione e la stabilizzazione dei prezzi alla produzione, la realizzazione di iniziative relative alla logistica,
la promozione di pratiche colturali rispettose dell’ambiente e del benessere degli animali, il supporto all’adozione di processi di tracciabilità degli alimenti. Esse dovranno elaborare dei programmi in merito a tali scopi, finanziati mediante fondi di esercizio alimentati da contributi degli aderenti ma con possibili integrazioni di finanziamenti pubblici, in conformità a quanto disposto in materia di aiuti di Stato.
Le organizzazioni dei produttori riconosciute potranno
costituire delle organizzazioni comuni finalizzate tra
l’altro a concentrare e valorizzare l’offerta dei prodotti
agricoli sottoscrivendo i contratti quadro al fine di commercializzare la produzione delle organizzazioni dei produttori associate.
Le organizzazioni di produttori e le loro organizzazioni nazionali di rappresentanza costituiscono il soggetto
di riferimento dei nuovi strumenti predisposti dal Decreto, in particolare le intese di filiera (che hanno lo scopo
di favorire l’integrazione di filiera e la valorizzazione dei
prodotti agricoli e agroalimentari tenendo conto degli interessi della filiera e dei consumatori) e i contratti quadro
(volti a sviluppare gli sbocchi commerciali sui mercati
interno ed estero e ad orientare la produzione agricola alle esigenze del mercato, al miglioramento della qualità
dei prodotti e alla riduzione delle fluttuazioni dei prezzi). I contratti quadro stabiliscono inoltre i contratti-tipo,
che devono essere adottati nella stipulazione dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura tra agricoltori
e utilizzatori industriali e/o commerciali dei prodotti
agricoli.
Dunque vengono previsti tre livelli di contrattazione:
intesa di filiera, contratto quadro e contratto di coltivazione. La definizione delle modalità operative di questi
strumenti è stata però rimandata a successivi decreti.
Nel corso del lungo e articolato dibattito che ha preceduto l’emanazione del Dlgs 102/2005 la posizione
espressa da tutte le Centrali cooperative sulle Organizzazioni dei produttori (OP) è stata quella di prevedere come limiti per il riconoscimento delle OP stesse una elevata percentuale di produzione dei soci concentrata ed
effettivamente commercializzata dalla OP e allo stesso
tempo un numero minimo di soci e fatturato non troppo
elevati, in modo tale da rendere effettivamente possibile
la costituzione di OP realmente operative (e di fatto da
far sì che le cooperative possano ottenere il riconoscimento quali OP).
Il Dlgs ha in effetti stabilito che i soci dovranno fare
commercializzare direttamente dalle Op il 75% della
propria produzione, la quale avrà la facoltà di commercializzare in nome e per conto dei soci il restante 25% di
prodotto. Le Op potranno essere costituite con almeno 3
soci e tre milioni di euro di fatturato; questi limiti dovranno però essere rivisti entro un anno da un apposito
decreto del MiPAF d’intesa con le Regioni.
I quantitativi di prodotto conferiti dai soci alle cooperative agricole ed ai loro consorzi per la raccolta, la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione
sul mercato delle produzioni agricole ed agroalimentari
sono esclusi dai contratti quadro, anche se rimane facoltà
delle cooperative agricole e dei loro consorzi aderire ai
contratti quadro. I contratti di conferimento sottoscritti
tra le cooperative agricole e loro consorzi ed i rispettivi
associati sono però equiparati ai contratti di coltivazione,
allevamento e fornitura qualora perseguano gli obiettivi
52
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
dei contratti quadro, il che consente dunque di fruire degli incentivi previsti dal Decreto 102/2005.
Il decreto legislativo 101/2005 “Ulteriori disposizioni
per la modernizzazione dei settori dell’agricoltura e delle foreste, a norma dell’articolo 1, comma 2, della legge
7 marzo 2003, n. 38” ha riscritto i criteri in base ai quali
una società cooperativa può essere considerato Iap (imprenditore agricolo professionale). Una società cooperativa agricola potrà ottenere la qualifica di Iap (e dunque
godere delle relative agevolazioni, subordinatamente alla iscrizione nella gestione previdenziale agricola) quando almeno un socio amministratore sia esso stesso Iap (in
precedenza era necessario che almeno un quinto dei soci
fosse Iap).
80 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per
la modifica del codice di procedura civile in materia di
processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali» pubblicata in G.U. n. 111 del 14 maggio 2005 - Supplemento ordinario n. 91).
Il provvedimento intende promuovere le relazioni tra
banca e impresa e rafforzare il mercato del credito per favorire la competitività del sistema produttivo; si prevede
infatti il passaggio da un sistema basato su incentivi finanziari rappresentati prevalentemente dal contributo in conto
impianti (o in conto capitale) ad un sistema di tipo misto.
In particolare, la norma contenuta nell’art. 8 della Legge dispone la sostituzione del finanziamento a fondo
perduto con un intervento composto fino a un massimale del 50% da contributo in conto capitale e per la restante parte da un finanziamento pubblico agevolato (a
tasso di interesse non inferiore allo 0,50% annuo) e da un
finanziamento bancario ordinario a tasso di mercato suddivisi in parti uguali. Questa nuova regolamentazione si
applica sia alle agevolazioni concesse ai sensi del decreto legge 415/92 convertito dalla legge 488/92, sia a quelle disposte attraverso patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area che utilizzano le procedure di
cui alle norme della legge 488/92 per la determinazione
delle agevolazioni accordate.
La riforma potenzia dunque il ruolo delle banche, chiamate anche a cofinanziare gli interventi proposti dalle
imprese, attività che richiederà un’attenta valutazione
del merito creditizio dell’impresa proponente l’investimento.
Attraverso questa riforma si cerca di perseguire alcuni
obiettivi: maggior coinvolgimento dei soggetti beneficiari dei contributi, con la riduzione delle percentuali di aiuto, e del mondo degli intermediari bancari nell’implementazione dei progetti attraverso l’assunzione obbligatoria di un rischio di credito. Infatti, per stimolare l’attitudine a un corretto rapporto tra mondo delle imprese e
mercato del credito, la concessione degli incentivi dovrà
uniformarsi alle regole che prevedono un impegno da
parte di un istituto bancario a mettere a disposizione del
programma di investimento, a titolo di mutuo, la parte di
risorse finanziarie complementare agli interventi sotto
forma di capitali propri e aiuto a fondo perduto.
I finanziamenti pubblici agevolati potranno essere erogati attingendo risorse dal Fondo rotativo per il sostegno
delle imprese (istituito presso la Cassa depositi e prestiti), mentre quelli ordinari dovranno essere concessi dagli
istituti bancari che avranno effettuato l’istruttoria della
pratica di agevolazione ovvero - ma fino alla scadenza
delle convenzioni in essere con questi ultimi - anche da
soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria.
1.8 Il credito all’agricoltura
1.8.1 Il quadro normativo
L’entrata in vigore dell’Accordo di Basilea 2 prevista
per il 2007 si sta approssimando e il fermento attorno all’operatività dell’Accordo, che prevede l’implementazione di sistemi oggettivi per valutare il profilo di rischio
delle imprese cui vengono concessi crediti, è molto vivace. Da un lato le banche devono mettere a punto i propri
modelli di valutazione del rating, dal momento che quasi tutte hanno scelto il sistema di valutazione interna
(metodo IRB: si veda la scorsa edizione di questo rapporto per maggiori dettagli), dall’altro lato, le imprese si
devono mettere in condizione di poter offrire un patrimonio informativo adeguato alle banche in modo da poter permettere una corretta valutazione della loro rischiosità. Tale patrimonio informativo è costituito sia da elementi per la valutazione economico-finanziaria dell’impresa - dati di bilancio, storia dei rapporti con le banche,
situazione patri moniale - sia da elementi qualitativi per
la valutazione dell’affidabilità dell’impresa: posizionamento competitivo dell’azienda, prospettive di reddito.
Proprio a proposito della comunicazione sui dati contabili è utile segnalare che l’Organismo Italiano Contabilità (Oic), deputato a redigere i principi contabili per la
formazione dei bilanci aziendali, sta lavorando a un progetto per l’emanazione di un apposito principio contabile per l’agricoltura. Tale progetto è in linea con il principio emanato dall’organismo internazionale in materia
contabile che stabilisce criteri di valutazione specifici da
adottare per i bilanci delle imprese agricole.
Il quadro normativo di riferimento dell’erogazione del
credito all’agricoltura ha subito nel corso del 2004 e nel
primo semestre del 2005 importanti mutamenti.
In materia di credito agevolato novità significativesono state introdotte dal Consiglio dei Ministri che l’11
marzo u.s. ha approvato il decreto legge 35/2005 nell’ambito del Piano d’azione per lo sviluppo economico,
sociale e territoriale del paese (legge 14 maggio 2005, n.
53
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
1.8.2 Le agevolazioni agli investimenti:
il ruolo dell’Ismea
Per favorire l’accesso al credito delle aziende agricole,
anche in considerazione dei nuovi vincoli che imporrà
Basilea2, il Ministero delle Politiche Agricole nel corso
del 2004 e del 2005 ha potenziato notevolmente il ruolo
dell’Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), ampliandone le funzioni operative in modo
particolare con riferimento all’attività di prestazione di
garanzie.
Nel 2004 (dlgs 102 del 29.3.2004) la Sezione speciale
del Fondo Interbancario di Garanzia (FIG) è stata incorporata nell’Ismea con un ampliamento dello spettro delle garanzie offerte: fideiussioni su finanziamenti bancari
a medio e lungo termine alle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura; garanzie dirette a fronte di prestiti partecipativi e partecipazioni nel capitale delle imprese assunte da banche, intermediari finanziari e fondi
chiusi d’investimento, rilascio di cogaranzie e controgaranzie in collaborazione con i confidi e altri organismi di
garanzia pubblici e privati anche a carattere regionale.
Con la Finanziaria 2005 è stata sancita l’incorporazione non solo della Sezione speciale, ma dell’intero FIG
nell’Ismea. Tali incorporazioni non hanno determinato
variazioni nel funzionamento a livello operativo né del
FIG, né della Sezione speciale.
Nel quadro di Basilea 2, considerata la necessità di una
corretta valutazione del rischio di credito al fine di sviluppare una relazione consolidata banca-impresa, l’Ismea ha recentemente avviato una partnership con
Moody’s KMV, azienda leader nella fornitura di soluzione per l’analisi quantitativa dei rischi di credito. Tale
partnership dovrebbe essere mirata a costruire un modello di rating per le aziende agricole e agroalimentari italiane basato sul patrimonio informativo dell’Ismea con
l’obiettivo di valutarne l’affidabilità e la solidità ai fini
dell’erogazione di fondi sotto forma di prestiti e altri finanziamenti.
L’Ismea mantiene infine il suo ruolo di organismo nazionale di riferimento per gli interventi di riordino fondiario. Facendo seguito agli obiettivi della ex Cassa per
la formazione della proprietà contadina, i finanziamenti
sono erogati per favorire la formazione e l’ampliamento
della proprietà agricola e, di conseguenza, per favorire il
riordino fondiario e il ricambio generazionale in agricoltura, in base ad uno specifico regime di aiuto approvato
dalla Commissione UE.
In termini procedurali ed operativi, in seguito all’approvazione delle domande presentate dagli imprenditori
agricoli, l’Ismea provvede all’acquisto del terreno e alla
sua assegnazione all’impresa richiedente, con patto di riservato dominio. I contratti, che possono avere una durata fino a trent’anni, prevedono la restituzione rateale a
tasso agevolato, del prezzo pagato da Ismea per l’acquisto, con opzione di riscatto a partire dal quinto anno e
l’obbligo per quindici anni di indivisibilità dei terreni assegnati. Nel giugno 2005 Ismea, ha deliberato la riduzione del tasso di interesse fisso applicato nell’ambito del
regime di riordino fondiario portandolo, a partire dal primo luglio 2005, dal 2,5% al 2%.
La concessione dei mutui agevolati, di durata trentennale, per l’acquisto di terreni da parte degli agricoltori
italiani avrà pertanto un costo, in termini di interessi nominali, inferiore del 20%.
La riduzione tiene conto dell’andamento generale dei
tassi di interesse applicati nell’ambito del mercato finanziario immobiliare, che ha manifestato in questi ultimi
tempi un costante decremento. Conseguentemente anche
il tasso di riferimento/attualizzazione stabilito dalla
Commissione europea per il calcolo del livello di aiuto
nell’ambito dei regimi nazionali ha seguito un percorso
discendente.
Nel 2004 l’Istituto ha acquIstato, da circa un migliaio
di venditori, oltre 11.500 ettari di terreni, riassegnandoli
a 449 agricoltori, per l’80% rappresentati da giovani.
Il monte-investimenti ha raggiunto l’anno scorso il
picco di 118,8 milioni di euro, il 44% in più rispetto all’importo movimentato nell’intera annata 2003, mentre
rispetto al 2000, anno di incorporazione della ex Cassa
per la formazione della proprietà contadina nell’Ismea,
gli impieghi nell’ambito dell’attività di riordino fondiario sono quasi triplicati.
Risultati, questi, che assumono maggior rilievo se si
considera che, a partire dalla Finanziaria 2001, l’Ismea
non ricorre più al sostegno finanziario dello Stato per l’esercizio delle proprie funzioni di riordino fondiario.
1.8.3 I principali andamenti del credito
Il credito all’agricoltura mantiene nel 2004 il suo andamento positivo raggiungendo in Italia una consistenza
di quasi 29,9 miliardi di euro, con un incremento rispetto all’anno precedente dell’8%, positivo anche se inferiore rispetto a quello del 2003 (+11% nel 2003 rispetto
al 2002). Da rilevare come la crescita della branca agricoltura silvicoltura e pesca sia superiore a quella degli
impieghi totali delle imprese non finanziarie per tutte le
branche di attività economica. Tale incremento ha avuto
il suo tasso maggiore in Italia proprio nelle regioni centrali (+9,8%), dove il credito totale in essere nei confronti dell’agricoltura, selvicoltura e pesca è stato di 6,5
miliardi di euro.
Questo andamento è da imputarsi a un insieme di componenti: da un lato il trend favorevole dei tassi d’interesse, di cui si dirà più avanti, dall’altro alla probabile minore capacità di autofinanziamento conseguente alla bassa redditività media dell’attività agricola e, non ultimo,
all’intensificazione degli investimenti in immobili rurali
quali “beni rifugio”.
La Banca d’Italia non ci fornisce un dato complessivo
sui finanziamenti in essere a livello regionale; sono dispo-
54
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
nibili dati per tutte le durate temporali solo per i finanziamenti agevolati all’agricoltura, selvicoltura e pesca.
Relativamente ai finanziamenti agevolati permane
l’andamento decrescente, con una diminuzione globale
del 18% che ha portato il totale finanziamenti agevolati
in essere a solo 84 milioni di euro. La contrazione ha investito il breve termine (-71%), le cui consistenze sono
ormai solo di 233.000 euro, tutte concentrate nella provincia di Pisa, mentre per il medio e lungo termine la diminuzione è stata pari a quella del credito totale (-18%).
Con la diminuzione del 2004 i finanziamenti totali agevolati sono passati da un’incidenza del 6,4% al 5,0%.
Per quanto concerne la disaggregazione a livello provinciale dei finanziamenti agevolati a medio e lungo termine, si può notare come essi siano concentrati nella provincia di Siena in cui si registra un totale di finanziamenti di 85 milioni di euro, seguita dalla provincia di
Grosseto con 17 milioni di euro, da Firenze con 15 milioni di euro e da Arezzo con 12 milioni di euro.
Come affermato nella scorsa edizione del rapporto, è utile evidenziare che nella interpretazione di questi dati si deve tener conto del fatto che la Banca d’Italia registra solo i
finanziamenti agevolati che prevedono un abbattimento del
tasso d’interesse. Sappiamo bene invece che la maggior
parte delle agevolazioni oggi prevedono il contributo in
conto capitale che non emerge dalle rilevazioni presentate.
Per effettuare una valutazione rispetto alla destinazione
dei finanziamenti si può utilizzare esclusivamente la rilevazione delle operazioni di credito agrario, ovvero le operazioni effettuate ai sensi dell’art. 43 del testo unico delle
leggi in materia bancaria e creditizia. Tali operazioni hanno subito negli ultimi anni una contrazione significativa
rispetto al totale credito in essere all’agricoltura silvicoltura e pesca, passando dal 71,4% del 1998 al 46,7% nel
2003. Nel 2004 si è registrata invece una lieve ripresa che
ha portato l’incidenza del credito agrario al 47,2%.
I dati sui finanziamenti oltre il breve termine confermano l’andamento positivo del totale finanziamenti in essere raggiungendo nel 2004 in Toscana una consistenza di
1.258 milioni di euro, con un incremento rispetto all’anno precedente del 20%, molto superiore al 15% registra-
to a livello nazionale. Tale incremento ha riguardato quasi tutte le province, fatta eccezione per Pistoia (-16,2%),
Livorno (-9,6%) e Massa Carrara (-7,6%). Per la variazione positiva dei finanziamenti si segnalano in particolare Pisa (+38,5%), Grosseto (+32,0%), Lucca (+29,9%).
Per quanto riguarda la destinazione dei finanziamenti
prevalgono sempre gli investimenti per la Costruzione di
fabbricati rurali che al dicembre 2004 erano di 590 milioni di euro (+24,1%), seguiti dall’Acquisto di macchine e attrezzature con 293 milioni di euro (+1,5%), e dall’acquisto di immobili rurali con 374 milioni di euro, che
registra un aumento rispetto all’anno precedente ancora
del 29,0%, dopo l’incremento del 65,3%, registrato lo
scorso anno. La crescita degli investimenti per immobili
rurali ha riguardato quasi tutte le province, fatta eccezione per Pistoia e Livorno che avevano registrato rilevanti
investimenti nel corso del 2003. In particolare segnaliamo i valori positivi di Arezzo (+63,8%), Pisa (+55,2%)
e Siena (+42,1%).
I dati esposti confermano la nota dinamica positiva del
mercato fondiario in Toscana, che si lega in primis all’attività agrituristica e vitivinicola.
Incidenza credito agrario/ordinario
Incidenza del credito agrario (ex art. 43
TUBC) su consistenze credito
all’agricoltura, selvicoltura e pesca
75
70
65
60
55
50
45
40
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Fonte: Elaborazioni su dati Banca d'Italia, Bollettino statistico
Impieghi per branche di attività economica: agricoltura, selvicoltura, pesca
Consistenze in milioni di euro
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Nord-Occidentale
4.471
4.883
5.230
5.474
5.886
6.624
7.185
Nord-Orientale
6.131
6.861
7.659
7.523
7.924
8.664
9.128
Centro
3.891
4.142
4.342
4.620
5.160
5.883
6.461
Fonte: Elaborazioni su dati Bollettino statistico, Banca d'Italia
55
Sud e Isole
5.487
5.710
5.827
5.874
6.020
6.558
7.162
Totale
19.980
21.596
23.058
23.491
24.990
27.729
29.935
Agevolato
6.055
4.703
4.110
3.413
2.603
1.888
1.498
Agev./Tot. %
30,3
21,8
17,8
14,5
10,4
6,8
5,0
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Finanziamenti agevolati all’agricoltura,
selvicoltura e pesca in Toscana nel 2004
Finanziamenti oltre il breve termine
agli investimenti in agricoltura
per principali destinazioni
Consistenze in milioni di euro
Breve
AR
FI
GR
LI
LU
MC
PI
PT
PO
SI
TOS
ITA
0
0
0
0
0
0
0,233
0
0
0
0,233
140,619
2004
Var. % 2004/03
Medio- Totale
Breve Medio- Totale
lungo
lungo
11,609
11,609
-12,8
-12,8
14,742
14,742 -100,0
-16,8
-19,4
17,189
17,189
-20,6
-20,6
3,942
3,942
-24,4
-24,4
3,61
3,61
-21,0
-21,0
0,911
0,911
-27,6
-27,6
6,134
6,367
8,9
-27,1
-26,2
3,949
3,949
-34,9
-34,9
0,285
0,285
-14,7
-14,7
22,066
22,066
-8,7
-8,7
84,434
84,667 -71,1
-17,8
-18,2
1.356,898 1.497,517
-3,1
-22,1
-38,3
Consistenze in milioni di euro
Costruzione Macchine, attrezzature, Acquisto di
fabbricati rurali
mezzi di trasporto immobili rurali
e prodotti rurali vari
2004 Var. 04/03
2004 Var. 04/03 2004 Var. 04/03
AR
39,671 30,6
33,781
-1,2
31,333
63,8
FI
135,132 14,7
65,898
-1,2
90,308
-1,2
GR
73,791 47,5
36,631
1,0
42,591
43,8
LI
47,827
6,6
13,17
-0,7
12,643
-45,8
LU
17,991 28,8
8,242
-20,6
24,033
-1,2
MC
7,022
-14,5
2,769
-1,2
2,015
2,2
PI
44,06
45,0
25,389 12,7
35,458
55,2
PT
12,784
-6,9
8,438
2,0
18,404
-27,3
PO
1,678 119,9
13,551 67,3
8,356
69,6
SI
210,049 27,2
86,102
-0,8
108,751
42,1
TOS 590,005 24,1
293,968 1,5
373,889
29,0
ITA 3.752,186 33,6
4.432,386 5,8
2.290,891
16,9
Fonte: Elaborazioni su dati Banca d'Italia, Bollettino statistico
Fonte: Elaborazioni su dati Banca d'Italia, Bollettino statistico
Finanziamenti all’agricoltura,
selvicoltura e pesca nel 2004
precedenti: l’andamento del tasso di decadimento ci mostra nel corso del 2004 scostamenti di segno alterno e poco significativi tra la solvibilità dell’agricoltura e quella
del complesso delle branche di attività economica.
Per quanto riguarda l’indice di sofferenza esso ha un
minor potere informativo rispetto alla situazione congiunturale perchè è influenzato dallo stock di sofferenze
in essere, riferibili ad eventi anche lontani nel tempo.
L’indice di sofferenza per l’agricoltura mostra valori an-
Consistenze in milioni di euro
Oltre il breve termine in agricoltura
Agevol.
Totale
%
AR
10,996
104,784
8,3
FI
16,785
291,337
23,2
GR
12,179
153,012
12,2
LI
4,89
73,639
5,9
LU
3,736
50,265
4,0
MC
1,433
11,805
0,9
PI
6,555
104,906
8,3
PT
2,732
39,626
3,2
PO
1,021
23,585
1,9
SI
16,433
404,902
32,2
TOSC
76,755 1.257,856 100,0
ITA
1.899,251 10.295,461
Var. % 2004/03
Agev.
Tot
-30,3
24,4
-24,9
16,0
-17,8
32,0
-22,0
-9,6
-19,8
29,9
-31,1
-7,6
-25,7
38,5
-33,3
-16,2
-39,0
71,0
-26,5
23,3
-25,4
19,9
-15,2
14,9
Tasso di decadimento
dei finanziamenti per cassa
Valori trimestrali sugli importi
2
1,8
1,6
1,4
Fonte: Elaborazioni su dati Banca d'Italia, Bollettino statistico
1,2
1
1.8.4 Le sofferenze
Il permanere della situazione di debolezza del sistema
economico non sembra aver influenzato la qualità del
credito all’agricoltura.
Il tasso di decadimento dei finanziamenti per cassa trimestrale (costruito rapportando il flusso di nuove sofferenze rettificate nel trimestre di riferimento con il totale
dei finanziamenti per cassa riferiti al trimestre precedente non considerati in sofferenza) conferma la tendenziale convergenza tra rischiosità dell’agricoltura e quella
degli altri settori dell’economia espressa nelle edizioni
0,8
Agricoltura
56
set. 04
set. 03
Totale branche
Fonte: Banca d'Italia, Segnalazioni di vigilanza
mar. 04
set. 02
mar. 03
set. 01
mar. 02
set. 00
mar. 01
set. 99
mar. 00
set. 98
mar. 99
mar. 98
0,6
0,4
0,2
0
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Indici di sofferenza e tasso di decadimento
dei finanziamenti per cassa in agricoltura
rispetto alla media di tutte le branche
di attività economica
Indice di sofferenza*
invariato al 2,0% il tasso minimo sulle operazioni di rifinanziamento principali. I tassi d’interesse a lungo termine si sono ridotti nel corso dell’anno, mentre i tassi reali
a breve termine sono diminuiti nei primi tre trimestri del
2004 arrivando addirittura a valori negativi per effetto
del lieve aumento delle aspettative sull’inflazione, pur
registrando una sensibile ripresa nel primo semestre del
2005.
I tassi di riferimento sulle operazioni di credito agrario
hanno ovviamente seguito l’andamento generale dei tassi di mercato e sono scesi ulteriormente anche nel corso
del 2005 sino ad attestarsi nel mese di giugno di quest’anno a 4,3% per il credito di esercizio e a 4,5% per il
credito di miglioramento.
Guardando i tassi effettivi sui finanziamenti per cassa
registrati per le operazioni di credito ordinario si nota come l’agricoltura mantenga sempre un tasso superiore a
quello del totale delle branche di attività economica per
tutte le durate temporali, tuttavia il differenziale di tasso
risulta sempre di minore importanza (0,12% se si guarda
alla media di tutte le durate temporali).
Tasso di decadimento**
dei finanziamenti
per cassa
(tassi trimestrali)
Agricoltura, Media di tutte Agricoltura, Media di tutte
selvicoltura le branche selvicoltura le branche
e pesca
di attività
e pesca
di attività
31/03/01
12,1
7,1
0,384
0,382
30/06/01
11,0
6,0
0,715
0,443
30/09/01
10,7
6,0
0,507
0,317
31/12/01
10,6
5,8
0,583
0,426
31/03/02
10,3
5,8
0,732
0,401
30/06/02
10,1
5,6
0,481
0,403
30/09/02
10,0
5,7
0,418
0,415
31/12/02
9,7
5,5
0,703
0,400
31/03/03
9,8
5,6
0,271
0,367
30/06/03
9,6
5,6
0,38
0,46
30/09/03
9,4
5,6
0,442
0,468
31/12/03
9,2
5,8
0,362
0,815
31/03/04
9,0
6,0
0,430
0,361
30/06/04
8,9
6,0
0,393
0,436
30/09/04
8,9
6,1
0,318
0,295
31/12/04
8,7
6,0
0,358
0,389
* L’indice di sofferenza è dato dal rapporto tra consistenze delle sofferenze nel trimestre e impieghi.
** Il tasso di decadimento è costruito rapportando il flusso di
nuove sofferenze rettificate nel trimestre di riferimento e sull’utilizzato dei finanziamenti per cassa alla fine del trimestre precedente (non considerati in sofferenza).
Fonte: Elaborazioni su dati Banca d’Italia, Bollettino statistico
Andamento dei tassi di riferimento*
del credito agrario
Periodo 2001-2005
Tassi
Credito di esercizio
giu-01
6,0
dic-01
5,4
giu-02
5,9
dic-02
5,1
giu-03
4,7
dic-03
4,8
giu-04
4,6
dic-04
4,6
giu-05
4,3
* Comprensivi della commissione
Fonte: Abi
cora molto più alti di quelli del totale branche di attività
economica. Tuttavia è da evidenziare come esso mostri
un andamento decrescente, passando dal 9,2% di fine
2003 all’8,7% della fine del 2004, mentre l’indice per il
totale branche, che si attesta sul 6,0% a fine 2004, ha subito un lieve incremento che accentua la tendenza alla
convergenza.
Questo fenomeno ci pone in una situazione di pacato
ottimismo rispetto alla prossima entrata in vigore dell’Accordo di Basilea 2 che obbliga le banche a parametrare i fidi accordati (in termini quantitativi e di costo)
proprio sulla rischiosità delle imprese affidate.
Credito di miglioramento
6,3
5,6
6,2
5,4
4,9
5,1
4,9
4,8
4,5
Italia. Tassi attivi sui finanziamenti
per cassa: distribuzione per tipologia
dell’operazione, durata originaria del tasso e
branche di attività economica della clientela
2004
Qualsiasi durata
Fino a 5 anni
Oltre 5 anni
Agricoltura Totale Agricoltura Totale Agricoltura Totale
branche
branche
branche
31/12/2004 4,0
3,8
3,9
3,7
5,7
4,8
30/09/2004 3,9
3,8
3,8
3,7
5,6
4,4
30/06/2004 3,9
3,8
3,8
3,7
5,7
4,7
31/03/2004 4,0
3,9
3,9
3,8
5,5
4,9
1.8.5 I tassi d’interesse
Durante il 2004 la Banca Centrale Europea ha mantenuto condizioni monetarie espansive che hanno determinato un mantenimento dei tassi ufficiali dell’Eurosistema
ai livelli bassi già raggiunti alla metà del 2003, lasciando
Fonte: Elaborazioni su dati Banca d'Italia, Bollettino statistico
57
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
• L’attività di Fidi Toscana in agricoltura
Prosegue altresì lo sforzo di sensibilizzazione operato
nei confronti del sistema bancario attraverso lo studio di
prodotti finanziari sui quali la Fidi assicura la copertura
tramite la garanzia del Fondo.
Fidi Toscana continua a esercitare un’attività significativa nell’erogazione di garanzie pubbliche agli imprenditori agricoli. Tuttavia alla luce dei principi stabiliti dall’Accordo di Basilea 2 la Società dovrà rivedere
profondamente la propria operatività, basata sull’erogazione di garanzie sussidiarie, non utili per l’abbattimento della rischiosità delle imprese nel quadro dei
principi stabiliti nell’Accordo. Tale revisione è in corso
di discussione ma non ne sono ancora stati pubblicizzati gli esiti.
Nel 2004 Fidi Toscana ha effettuato 481 operazioni nei
confronti del settore agricolo per un totale di 61 milioni
di euro di importi garantiti, registrando dunque una contrazione rispetto all’anno precedente (-14,8% in termini
di importi e -5,3% in numero di operazioni) in controtendenza rispetto al 2003 (+30,1%). Anche i dati del primo semestre del 2005 confrontati con lo stesso periodo
dell’anno precedente continuano a mostrare una tendenza negativa (-24,4% in termini di operazioni e -28,3%
per gli importi).
A livello provinciale la maggior attività di Fidi Toscana si esplica in provincia di Siena, dove sono state concesse nel 2004 ben il 25,1% delle garanzie; seguono in
ordine di importanza Pisa con il 17,9%, Firenze (15,9%)
e Grosseto (13,9%).
La contrazione degli importi garantiti si rileva soprattutto nelle province di Siena e Grosseto, stabili sono infatti i valori nelle altre province.
Si è intensificata l’attività di Fidi Toscana sul fronte
della Finanza Innovativa in agricoltura. Infatti la Società
ha in essere un Fondo costituito con Lr 24/96 per l’assunzione di prestiti partecipativi. Beneficiari del fondo
sono le imprese agricole, agroalimentari, di trasformazione o di commercializzazione di prodotti agricoli, senza limiti di dimensione, costituite in società di capitali,
comprese le cooperative aventi sede e operanti prevalentemente in Toscana, finanziariamente ed economicamente sane, che presentino valide prospettive di sviluppo e di redditività.
L’intervento di Fidi Toscana avviene attraverso partecipazioni di minoranza e prestiti obbligazionari, anche convertibili sulla base di un programma d’attività, che l’impresa presenta al momento della domanda. Fidi Toscana si
assume in pieno il rischio dell’operazione e non richiede
rendimenti minimi o massimi garantiti né garanzie a fronte dell’importo da rimborsare. L’importo varia a seconda
dello strumento utilizzato da Fidi Toscana per intervenire.
Per quanto concerne la durata, la partecipazione o il prestito obbligazionario hanno di norma una durata non superiore a 5 anni dal completamento del programma d’attività. Lo smobilizzo delle partecipazioni avviene tramite la
cessione dei titoli a terzi, che possono essere gli altri soci
dell’ impresa, operatori economici graditi agli altri soci, altri intermediari finanziari o per le obbligazioni tramite
l’ingresso nei mercati ufficiali dei capitali.
Al 31.05.2005 la Fidi aveva in essere partecipazioni in
14 imprese per un totale di 8,8 milioni di euro. Il fondo
è ancora capiente per assumere partecipazioni per 4,6
milioni di euro.
La Fidi Toscana gestisce anche un fondo partecipazioni della provincia di Grosseto, con i quali sono state assunte partecipazioni per 157.460 euro in due imprese
grossetane. Il Fondo della provincia di Grosseto è ancora capiente per 8.051 euro.
L’attività di Fidi Toscana in agricoltura
nel periodo 1996-2004
Importi in migliaglia di euro
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Attività complessiva Fidi Toscana in Agricoltura
Importo garantito
N. operazioni
6.714
215
8.995
476
6.913
143
47.247
401
51.805
424
66.375
588
54.884
500
71.801
508
61.162
481
Fonte: Elaborazioni su dati Fidi Toscana
Fidi Toscana - Fondo Partecipazioni
ex Lr 24/96 art. 5
Situazione al 31.05.2005
Consistenza Fondo
Partecipazioni assunte
Capienza residua fondo
Numero di imprese partecipate
13.362.962
8.789.090
4.573.872
14
Fonte: Elaborazioni su dati Fidi Toscana
1.8.6 Alcune considerazioni di sintesi
L’andamento dell’attività creditizia è stata condizionata anche in agricoltura dal ciclo economico e in particolare dalle scarse attese di crescita che, da un lato, hanno
determinato un mantenimento dei tassi d’interesse a livelli molto contenuti, e dall’altro hanno disincentivato
gli investimenti a più alto rischio incoraggiando l’acquisto di immobili.
Sintomatico a questo proposito è l’incremento dei finanziamenti oltre il breve termine in agricoltura
(+16,0%) in Toscana e in particolare l’aumento di quelli
58
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
L’attività di Fidi Toscana in agricoltura a livello provinciale - garanzie concesse
Importi
30.000
25.000
000 euro
20.000
15.000
10.000
2001
2002
erogati per l’acquisto di immobili rurali che nel 2004 rispetto al 2003 sono aumentati di ben il 29%.
Anche le banche stanno manifestando un interesse crescente nei confronti delle imprese agricole proponendo
prodotti finanziari ad hoc, che si adattino alle loro esigenze specifiche legate alle caratteristiche peculiari dei
cicli produttivi e finanziari, non ultimo all’erogazione
dei contributi derivanti dalla Politica agricola comunitaria.
Pur nel quadro positivo dell’andamento degli investimenti permane tuttavia una sensazione generalizzata di
incertezza legata agli effetti della ormai prossima entrata
in vigore dell’Accordo di Basilea 2. Le banche stanno
mettendo a punto modelli di valutazione del rischio rispondenti alle esigenze di corrette condizioni di affidamento, le imprese, tuttavia, non sembrano ancora percepire in maniera adeguata la necessità di attivarsi per fornire una documentazione rispondente al nuovo contesto
di valutazione. Dal canto suo il Mipaf, attraverso l’ISMEA, cerca di fornire nuovi strumenti di agevolazione
e di supporto alla valutazione.
Ne emerge un quadro complesso, ma ancora non sufficientemente definito.
2003
Siena
Pistoia
Prato
Pisa
Massa
Lucca
Livorno
Grosseto
Firenze
0
Arezzo
5.000
2004
dei dati elaborati sulla base delle domande ammesse al
regime di aiuti di cui alla L.R. 34/01.
1.9.1 Domande presentate e ammesse al finanziamento
Nel 2004 le aziende che hanno beneficiato del regime
di aiuti di cui alla L.R. 34/01 sono state 8.266, contro le
8.210 del 2003. Il maggior numero di tali aziende è situato nelle province di Grosseto e Arezzo, rispettivamente 2.003 e 1.740 aziende che rappresentano il 24,2% ed il
21,1% del totale regionale. Le altre aziende ammesse a
finanziamento sono così ripartite nelle restanti otto province: 1.138 nella provincia di Siena (13,8%), 914 nella
provincia di Firenze (11,1%), 710 nella provincia di Pisa
(8,6%), 513 nella provincia di Lucca (6,2%), 476 nella
provincia di Pistoia (5,8%), 392 nella provincia di Livorno (4,7%), 295 nella provincia di Massa Carrara
(3,6%), 85 nella provincia di Prato (l1,0%).
Rispetto all’anno precedente, aumentano considerevolmente le aziende ammesse a beneficiare del regime di
aiuti di cui alla L.R. 34/01 nella provincia di Arezzo, dove si registra un incremento di ben 216 aziende; variazioni positive più contenute in valore assoluto, ma significative in valore percentuale si registrano nelle province
di Livorno e Prato, dove l’incremento percentuale di
aziende finanziate raggiunge rispettivamente il 10,1% ed
il 32,8%.
Diminuiscono sensibilmente, invece, le aziende finanziate nelle province di Firenze, Grosseto e Siena; più
consistente la flessione nella Provincia di Massa Carrara,
dove la variazione percentuale è pari al 13,2%.
1.9 L’assistenza tecnica
in agricoltura
Anche per il 2004, come per gli anni precedenti, sono
state effettuate alcune considerazioni sull’andamento
dell’assistenza tecnica diretta alle aziende usufruendo
59
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Aziende ammesse al finanziamento
per provincia
dente si osserva la fuoriuscita dal sistema di un certo numero di soggetti e l’entrata di un numero quasi pari di
nuovi soggetti, in entrambi i casi prevalentemente di tipo
individuale.
Le organizzazioni rimangono sempre, e ampiamente,
il primo soggetto prestatore con il 72,5% di aziende ammesse a beneficiare del regime di aiuti. Delle 5.992
aziende assistite dalle organizzazioni professionali
l’89,4% è rappresentato da aziende a ridotta intensità vegetali.
Le associazioni di allevatori assistono il 13,0% delle
aziende toscane nel loro complesso e il 69,1% e l’80,3%,
rispettivamente, dei 1.247 allevamenti a ridotta intensità
di bestiame e dei 223 allevamenti ad elevata intensità.
Le altre associazioni di produttori, fra cui le associazioni dei biologici, seguono complessivamente il 2,6%
delle aziende toscane. Più significativo il loro contributo nell’assistenza a elevata intensità vegetali e specialistica, con il 16,2% e 18,0% delle aziende assistite
su un totale complessivo, rispettivamente, di 573
aziende a elevata intensità vegetali e di 351 aziende in
assistenza specialistica. Fra queste ultime il 15,4% è
assistito dalla A.PRO.VI.TO. Associazione Produttori
Vitivinicoli Toscani. Una sola azienda, a ridotta intensità, è invece seguita dall’Associazione Toscana Cerealicoltori.
Liberi professionisti e Studi associati assistono rispettivamente il 7,6% e il 2,7% delle 8.266 aziende ammesse a finanziamento. Anche in questo caso è significativa
la quota di aziende assistite nelle misure a elevata intensità e specialistica: complessivamente queste due tipologie di soggetti prestatori assistono il 39,3% di aziende a
elevata intensità vegetali, il 15,7% delle aziende a elevata intensità animali e il 36,5% delle aziende in assistenza
specialistica.
Siena 10%
Arezzo 21%
Prato 1%
Pistoia 6%
Pisa 9%
Firenze 11%
Massa
Carrara
4%
Lucca 6%
Grosseto 23%
Livorno 5%
Andamento delle aziende ammesse
a beneficiare del regime di aiuti
di cui alla L.R. 34/01
Provincia
2004
Arezzo
1.740
Firenze
914
Grosseto
2.003
Livorno
392
Lucca
513
Massa Carrara 295
Pisa
710
Pistoia
476
Prato
85
Siena
1.138
Totale
8.266
Fonte: Elaborazioni su
2003
Variazione Variazione
assoluta
percentuale
1.524
216
14,17
967
-53
-5,48
2.033
-30
-1,48
356
36
10,11
514
-1
-0,19
340
-45
-13,24
696
14
2,01
473
3
0,63
64
21
32,81
1.243
-105
-8,45
8.210
56
0,68
dati Banca d'Italia, Bollettino statistico
1.9.3 Servizi richiesti
L’assistenza a ridotta intensità vegetali, pur registrando una flessione del 2,5%, continua a essere la forma di
assistenza più gettonata, con il 71% del totale delle
aziende ammesse a finanziamento. Segue l’assistenza a
ridotta intensità animali che, nel 2004, con 1.247 aziende ammesse a finanziamento fa registrare un incremento
del 16% rispetto al 2003. Sensibili aumenti, rispetto all’anno passato si registrano anche nell’elevata intensità
vegetali, con una variazione di +8,32%, e nell’assistenza
specialistica che, comunque, stenta ancora a decollare,
rappresentando solo una quota del 4,25% nel panorama
dell’assistenza tecnica.
L’assistenza per le produzioni animali rimane superiore alla media regionale nelle province di Massa Carrara
e Grosseto, attestandosi rispettivamente al 32,2% e al
23,6% delle domande presentate a livello provinciale.
Nella provincia di Siena crescono notevolmente le domande a elevata intensità vegetali, che si attestano al
1.9.2 I prestatori dei servizi di assistenza tecnica diretta
A tre anni di distanza dall’introduzione della legge si
osserva una significativa, seppur non dirompente, apertura del sistema dei servizi. I soggetti prestatori, individuali e collettivi, sono in totale 149 (le organizzazioni
professionali CIPA-AT e IMPRESA VERDE, pur organizzate in società di servizi provinciali, sono state considerate come prestatore unico), suddivisi in: 4 organizzazioni professionali, 18 associazioni di produttori, fra cui
12 associazioni allevatori, 2 associazioni di biologici, 1
associazione di cerealicoltori, 6 cooperative, 19 studi associati, 102 liberi professionisti. Rispetto all’anno prece-
60
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di aziende ammesse a finanziamento per tipologia di prestatore e per misura
Misura
Ridotta vegetali
Prestatore
Organizzazioni
Aziende
5.356
professionali
% sulle aziende
89,39%
% sulla misura
91,21%
Associazioni
Aziende
0
allevatori
% sulle aziende
0,00%
% sulla misura
0,00%
Liberi
Aziende
274
professionisti % sulle aziende
43,91%
% sulla misura
4,67%
Studi
Aziende
119
associati
% sulle aziende
52,89%
% sulla misura
2,03%
Aziende
78
Cooperative
% sulle aziende
57,35%
% sulla misura
1,33%
Associazioni
Aziende
6
produttori
% sulle aziende
5,50%
% sulla misura
0,10%
Ass. prod.
Aziende
38
biologici
% sulle aziende
36,89%
% sulla misura
0,65%
Ass. prod.
Aziende
1
cerealicoli
% sulle aziende
100%
% sulla misura
0,02%
Totale aziende
5.872
Elevata vegetali
Ridotta animali
Elevata animali
297
4,96%
23,82%
862
80,11%
69,13%
58
9,29%
4,65%
10
4,44%
0,80%
11
8,09%
0,88%
0
0,00%
0,00%
9
8,74%
0,72%
0
0,00%
0,00%
1.247
1
0,02%
0,45%
179
16,64%
80,27%
31
4,97%
13,90%
4
1,78%
1,79%
5
3,68%
2,24%
0
0,00%
0,00%
3
2,91%
1,35%
0
0,00%
0,00%
223
240
4,01%
41,88%
0
0,00%
0,00%
159
25,48%
27,75%
66
29,33%
11,52%
15
11,03%
2,62%
49
44,95%
8,55%
44
42,72%
7,68%
0
0,00%
0,00%
573
Totale domande per tipologia
di prestatore
SA
8%
Specialistica Totale aziende
98
1,64%
27,92%
35
3,25%
9,97%
102
16,35%
29,06%
26
11,56%
7,41%
27
19,85%
7,69%
54
49,54%
15,38%
9
8,74%
2,56%
0
0,00%
0,00%
351
5.992
72,49%
1.076
13,02%
624
7,55%
225
2,72%
136
1,65%
109
1,32%
103
1,25%
1
0,01%
8.266
Domande elevata intensità
specialistica per tipologia di prestatore
CO 2%
APZoo
19%
APBio 1%
LP
25%
LP 8%
APCer 0%
SA 3%
APZoo 13%
AP 1%
APCer
0%
OP
30%
CO
4%
APBio
5%
AP
9%
OP 72%
1.10 Agricoltura e ambiente
21,4% del totale provinciale, facendo registrare una variazione positiva del 38,9% rispetto al 2003.
L’assistenza specialistica è maggiormente richiesta
nelle province di Siena e Massa Carrara, dove si registra
il 9,31% e il 9,15%, rispettivamente.
Cercando di generalizzare lo stato di salute dell’ambiente in Toscana a partire dai dati più recenti (Segnali
Ambientali 2005) potremmo affermare in prima appros-
61
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Domande per misura
Elevata
animali 3%
stione ed implementazione della rete delle aree protette,
che allo stato attuale occupa circa il 10 % del territorio
regionale,e alla piena attuazione della direttiva “Habitat”.
Relativamente al rischio idrogeologico emergono i risultati positivi delle politiche di difesa a cui è seguito un aumento del livello di prevenzione, grazie al completamento
della pianificazione dei bacini idrografici e al passaggio
dalla fase di pianificazione a quella di realizzazione.
Altro settore in cui si osserva un tendenziale miglioramento della qualità è quello della qualità dell’acqua, nonostante la permanenza del problema della crescita dei
consumi che porta inevitabilmente al sovrasfruttamento
della falda e all’avanzamento del cuneo salino in alcune
zone costiere. A dimostrazione della priorità dell’emergenza acqua in ambito regionale la Legge Regionale
43/2003 prevede di destinare ad essa buona parte delle
risorse regionali.
Al contrario, il quadro generale relativo alla qualità
dell’aria è caratterizzato dalla presenza di alcuni elementi di preoccupazione, soprattutto per quanto riguarda le
polveri fini, relativamente alle quali non si registrano
miglioramenti apprezzabili.
Concludendo si potrebbe affermare che dall’esame
della conoscenze relative allo stato dell’ambiente nella
Regione emerge un netto miglioramento dal confronto
della situazione del 2005 con quella del 2001.
Nei paragrafi che seguono verranno forniti alcuni elementi per la valutazione degli impatti delle attività produttive agricole sull’ambiente, sai dal punto di vista del
rilascio di sostanze chimiche che della presenza di residui negli alimenti. Seguiranno alcuni dati relativi alla
diffusione delle tecniche di agricoltura biologica. Nella
terza parte verrà fatto il punto dello stato di attuazione
delle politiche che a livello regionale intervengono e regolano i rapporti tra agricoltura e ambiente.
Specialistica 4%
Ridotta
animali 15%
Elevata
vegetali 7%
Ridotta
vegetali 71,04%
simazione che gli indicatori positivi sono in genere associati alle matrici ambientali più governabili su scala regionale mentre quelli negativi sono relativi alle matrici
ambientali caratterizzate da una forte componente di variabili esogene rispetto all’ecosistema regionale.
Per quel che riguarda i cambiamenti climatici il bilancio in termini di emissioni di gas serra è estremamente
negativo, infatti permane il trend crescente dei consumi
energetici, a cui è associato l’aumento delle emissioni di
CO2, nonostante un miglioramento generale nel settore
della ricerca e lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili. Riguardo al rispetto del protocollo di Kyoto si segnala che alla fine del 2004 è stato approvato il Piano Energetico Regionale.
Più incoraggiante è invece il bilancio relativo alla conservazione della biodiversità, grazie soprattutto alla ge-
Numero di aziende ammesse a finanziamento per misura
2004 e 2003
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa Carrara
Pisa
Prato
Siena
Pistoia
Totale
Ridotta vegetali
2004
2003
1.360
1.212
734
769
1.396
1.423
305
258
370
379
170
223
500
538
67
57
598
785
372
381
5.872
6.025
Elevata vegetali
2004
2003
34
70
53
57
107
110
28
29
34
29
3
4
53
44
7
2
243
175
11
9
573
529
Ridotta animali
2004
2003
285
176
47
49
387
366
46
50
92
90
82
78
111
99
5
4
146
110
46
53
1.247 1.075
62
Elevata animali
2004
2003
6
12
20
21
86
101
13
16
4
3
13
15
13
7
6
1
45
43
17
18
223
237
Specialistica
2004
2003
55
54
60
71
27
33
0
3
13
13
27
20
33
8
0
0
106
130
30
12
351
344
Totale 2004
1.740
914
2.003
392
513
295
710
85
1.138
476
8.266
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Sostanze attive
maggiormente vendute in Toscana
1.10.1 Vendita di fitofarmaci
Un primo aspetto da analizzare riguarda l’uso dei prodotti fitosanitari, a cui è attribuito un ruolo di rilievo per
quel che riguarda le pressioni dell’attività agricola sulla
qualità dell’acqua e del suolo.
L’elaborazione dei dati di vendita dei prodotti fitosanitari è svolta dal gruppo di lavoro APAT-ARPA-APPA fitofarmaci, che cerca di contribuire affinché il sistema
delle agenzie ambientali riesca a produrre conoscenze
dati e sempre più consistenti, tali da rappresentare in modo corretto il fenomeno della contaminazione ambientale e della presenza di residui negli alimenti. Infatti l’andamento dell’uso di prodotti fitosanitari fornisce informazioni indispensabili per la corretta programmazione
dei controlli ambientali (Dlgs152/99 e Accordo 8 Maggio 2003).
Per quanto riguarda il reperimento dei dati, partendo
dal presupposto che l’agricoltore utilizzi i formulati nel
corso dell’anno dell’acquisto, i dati di vendita forniti dalle dichiarazioni delle ditte che producono e commercializzano prodotti fitosanitari sono considerati una stima
attendibile delle sostanze attive vendute sul territorio nazionale.
Inoltre, anche se manca una correlazione diretta con le
quantità di prodotto effettivamente distribuite sulle colture, tali dati possono fornire indicazioni relative alla diffusione dei prodotti e alle azioni intraprese dagli agricoltori nei confronti di alcuni prodotti messi al bando, come
ad esempio il bromuro di metile, fumigante usato per disinfettare il terreno.
Nella tabella che segue sono stati messi a confronto i
dati relativi alle sostanze vendute nel 2000 e 2001 con le
quantità corrispettive. Si osserva immediatamente che,
nonostante il gruppo costituito dalle sostanze più diffuse
abbia subito poche fluttuazioni nel tempo, soprattutto il
gruppo dei fungicidi ad ampio spettro, altre sostanze
hanno subito ampie variazioni. L’esempio più lampante
è quello del bromuro di metile, la cui quantità diminuita
quasi della metà.Il fenomeno è da ricondursi all’eliminazione del bromuro di metile prevista per il 1° Gennaio
2005, come conseguenza della messa al bando del prodotto, inserito all’interno dell’elenco delle sostanze ritenute dannose per lo strato di ozono da parte della comunità scientifica internazionale nel 1997. Tale decisione ha
determinato il rapido sviluppo di ricerche sia per prevenire le emissioni nell’atmosfera, sia di metodologie alternative di disinfestazione del terreno di tipo agronomico-colturale o di tipo chimico e fisico, come ad esempio
la sterilizzazione con ausilio di vapore, ammessa tra l’altro nell’agricoltura biologica. L’Italia infatti è sempre
stata un forte consumatore di bromuro di metile, soprattutto nel settore dell’ortofloricoltura intensiva, dove la
messa al bando e l’eliminazione totale del prodotto senza lo sviluppo di alternative avrebbe comportato gravi
danni ai produttori.
Sostanza attiva
Zolfo
Rame ossicloruro
Mancozeb
Glifosate
Rame solfato
Olio minerale
Rame idrossido
Fosetil alluminio
Dazomet
Bromuro di metile
Ziram
Bario polisolfuro
Metolaclor
Diclofluanide
Pendimetalin
Mcpa
Rame e calcio
ossicloruro
Propamocarb
Terbutilazina
Dimetoato
Utilizzo
FUN
FUN
FUN
DIS
FUN
INS
FUN
FUN
IFD
INS
FUN
IFD
DIS
FUN
DIS
DIS
FUN
FUN
DIS
IA
Quantità 2001
(kg)
561.549
132.626
91.300
75.753
51.726
42.613
25.415
19.862
18.612
17.811
14.905
13.930
13.092
12.415
12.200
11.445
11.358
9.541
9.425
7.546
Quantità 2000
(kg)
996.671
453.287
150.534
129.238
75.468
129.238
31.215
75.013
28.663
31.847
22.491
13.331
18.579
6.575
13.000
16.988
14.863
5.646
10.551
9.079
Fonte: Arpat
1.10.2 Qualità delle acque
La qualità delle acque rappresenta uno degli aspetti più
preoccupanti relativi alle conseguenze della contaminazione da parte dei residui di prodotti fitosanitari, largamente utilizzati nel nostro Paese. A conferma di tale
preoccupazione i dati regionali del 2004 segnalano fra
gli elementi di maggiore criticità per quanto riguarda la
risorsa acqua proprio la qualità delle acque dolci superficiali e sotterranee. Per questo motivo, la politica regionale toscana in materia di tutela delle acque prevede una
difesa da intendersi sia in senso quantitativo come lotta a
sprechi ed usi impropri, sia i senso qualitativo come lotta all’inquinamento attraverso la salvaguardia dei corpi
idrici recettori e della loro capacità autodepurativa naturale, approccio che caratterizza la recente disciplina comunitaria in materia.
A livello normativo la direttiva comunitaria in materia
di tutela delle acque 2000/60/CE è recepita a livello nazionale dal D.Lgs. 152/99 che assegna alle regioni (articolo 44) il compito di redigere i Piani di Tutela delle Acque,
ossia dei piani per la direzione della politica di sviluppo e
gestione delle risorse idriche a scala regionale, che devono integrare tutti gli strumenti di pianificazione, programmazione e gestione delle risorse idriche predisposti dai vari soggetti istituzionali in un unico documento.
63
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Lo stato di qualità delle acque interne è rappresentato dall’indicatore “stato di qualità ambientale”, le cui
modalità di calcolo sono definite dallo stesso
D.Lgs.152/99 che prevede una classificazione suddivisa in cinque classi di qualità (pessimo, scadente, sufficiente, buono, elevato), definite sulla base della combinazione dello stato quantitativo e chimico delle acque.
La determinazione dello stato di qualità è il risultato del
monitoraggio effettuato dall’ARPAT, sulla base del piano di monitoraggio disposto dalla Regione, nel biennio
2001-2003.
Relativamente agli obiettivi di qualità per le acque sotterranee la normativa nazionale ed il Piano di Tutela delle Acque prevedono il raggiungimento dell’obiettivo di
sufficiente entro il 2008 e dell’obiettivo di buono entro il
2016. Come evidenziato dalla tabella che segue i dati attuali relativi ai 146 punti analizzati fanno registrare la seguente situazione:
• in 64 punti, corrispondenti al 45% del totale si registrano le due classi di qualità ambientale ELEVATO
e BUONO;
• in 50 punti, corrispondenti al 31% del totale,si registra la classe di qualità SUFFICIENTE;
• in 32 punti, corrispondenti al 21% del totale, si registrano le due classi di qualità PESSIMO e SCADENTE.
Gli ultimi 32 punti rappresentano le criticità relative al
raggiungimento degli obiettivi di qualità minimi previsti
dalla legge ed hanno la seguente distribuzione:
• 20 nel Bacino dell’Arno;
• 3 nel Bacino del Serchio;
• 2 nel Bacino Toscana Nord;
• 4 nel Bacino Toscana Costa;
• 3 nel Bacino dell’Ombrone.
Per quanto riguarda le scadenze il Piano prevede
che 12 punti, appartenenti al Bacino dell’Arno e del
Classi di qualità rilevate
nelle acque superficiali interne
Monitoraggio 2001-2003
Pessimo 5%
Elevato 2%
Scadente 16%
Buono 43%
Sufficiente 34%
Fonte Segnali Ambientali 2005
Distribuzione per bacino idrografico delle classi di qualità
rilevate nelle acque superficiali interne
Monitoraggio 2001-2003
Reno
Lamone-Montone
Conca e Marecchia
Tevere
Fiora
Magra
Toscana Nord
Toscana Costa
Ombrone
Serchio
Arno
0%
20%
40%
% Punti conformi ad obiettivo 2008
Fonte Segnali Ambientali 2005
64
60%
80%
% Punti conformi ad obiettivo 2008
100%
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Zone critiche per il raggiungimento degli obiettivi di qualità
Corpo idrico sotterraneo significativo
Acquifero della val di Chiana
Acquifero del Valdarno Superiore, Arezzo e Casentino-Zona Valdarno Superiore
Acquifero della Piana di Firenze, Prato, Pistoia-Zona Prato
Acquifero del Valdarno Inferiore e Piana Costiera Pisana-Zona Bientina, Cerbaie
Acquifero del Valdarno Inferiore e Piana Costiera Pisana-Zona Lavaiano, Mortaiolo
Acquifero del Valdarno Inferiore e Piana Costiera Pisana-Zona Santa Croce
Acquifero della Pianura di Grosseto
Acquifero della Pianura di Lucca
Acquifero carbonatico dell'Elba Orientale
Acquifero della Pianura di Follonica
Acquifero della Pianura del Cornia
Acquifero del Cecina
Acquifero costiero tra fiume Fine e fiume Cecina
Acquifero costiero tra fiume Cecina e San Vincenzo
Acquifero della Versilia e Riviera Apuana
Bacino
Arno
Arno
Arno
Arno
Arno
Arno
Ombrone
Serchio, Arno
Toscana Costa
Toscana Costa
Toscana Costa
Toscana Costa
Toscana Costa
Toscana Costa
Toscana Nord Serchio
Fonte: Segnali Ambientali 2005
Serchio non raggiungeranno gli obiettivi minimi di
qualità nel 2008 ma nel 2010, mentre il tratto del fiume Ombrone Pistoiese, a valle delle confluenza con il
Fosso del Calice, raggiungerà la classe sufficiente nel
2010.
Lo stesso D.Lgs. 152/99 stabilisce che entro il 2016 i
corpi idrici sotterranei dovranno raggiungere lo stato di
qualità buono e mantenere quello elevato. I dati attuali
relativi all’analisi dei corpi idrici sotterranei significativi
fanno registrare 15 zone critiche per il raggiungimento
degli obiettivi di qualità, aventi la distribuzione indicata
in tabella.
La presenza di residui di fitofarmaci negli alimenti ortofrutticoli nell’anno 2004 risulta una diminuzione dello
0,5 % rispetto al 2003 relativamente alla percentuale di
campioni che presentano irregolarità ai controlli. Inoltre
confrontando gli andamenti delle percentuali di irregolarità con la situazione italiana e quella europea emerge un
livello elevato della qualità dei prodotti immessi sul territorio toscano per quanto riguarda i residui di fitofarmaci
Controllo dei residui sugli alimenti
1997-2004
Frutta
Ortaggi
Ortofrutta
Cereali
Vino
Olio d'oliva
Campioni
irregolari
regolari con residui
senza residui
irregolari
regolari con residui
senza residui
irregolari
regolari con residui
senza residui
irregolari
regolari con residui
senza residui
irregolari
regolari con residui
senza residui
irregolari
regolari con residui
i senza residui
1997
%
1
33,6
65,4
2,2
14,4
83,4
1,7
23,3
76,7
2
20
78
0
15,3
84,7
0
10,5
89,5
1998
%
0,6
34,7
64,7
0,5
11,4
88,1
0,5
22,6
77,4
0
27,8
72,2
0
10,1
89,9
0
23,6
76,4
1999
%
0,4
39,4
60,2
1
16,2
82,8
0,7
26,5
73,5
0
16,9
83,1
0
7,5
92,5
0
19,3
80,7
Fonte: Arpat
65
2000
%
0
32,5
67,5
0,9
13,2
85,9
0,4
23
77
1,3
24,4
74,4
0
7,5
92,5
0
14,9
85,1
2001
%
0,2
30,3
69,5
0
8,5
91,5
0,1
18,6
81,4
0
8,9
91,1
0
5,8
94,2
0
12,5
87,5
2002
%
0,9
40,2
58,9
0,5
12,6
86,9
0,7
26,5
73,5
0
4,4
95,6
0
3
97
0
12,2
87,8
2003
%
1,4
32,5
66
0,6
10,5
88,9
1
20,5
78,5
0
6,1
93,9
0
4,6
95,4
0
0
100
2004
%
0,9
40,9
58,2
0
12,5
87,5
0,5
26,9
72,7
0
5,6
94,4
0
1,6
98,4
0
0
100
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Sostanze attive riscontrate negli alimenti
2003
Anno
Sostanza
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
2003
clorpirifos
procimidone
azinfosmetile
diclofluanide
tiabendazolo
difenilammina
iprodione
ciprodinil
imazalil
captano
clorpirifos metile
fenitrotion
fosalone
vinclozolin
bromopropilato
clorprofam
ditiocarbammati
fludioxonil
azossistrobina
carbendazim
clorotalonil
endosulfan
Attività
insetticida
fungicida
insetticida
fungicida
fungicida
fungicida
fungicida
fungicida
fungicida
fungicida
insetticida
insetticida
insetticida
fungicida
insetticida
erbicida
fungicida
fungicida
fungicida
fungicida
fungicida
insetticida
Categoria
fosforganici
dicarbossimidici
fosforganici
solfonamidici
benzimidazolici
fenilaminici
dicarbossimidici
pirimidinici
imidazolici
tioftalimidici
fosforganici
fosforganici
fosforganici
dicarbossimidici
bromorganici
ditiocarbammati
fenilpirrolici
strobilurine
benzimidazolici
clororganici
clororganici
N° casi
42
37
36
19
16
15
15
11
11
10
8
8
7
7
6
6
6
5
4
4
4
4
Val. min.
(mg/kg)
0,01
0,01
0,01
0,01
0,06
0,05
0,07
0,01
0,14
0,02
0,03
0,01
0,02
0,03
0,01
0,02
0,4
0,01
0,02
0,01
0,01
0,02
Val. max
(mg/kg)
0,44
3,79
0,5
1,14
1,7
3,4
0,76
1,93
1,78
1,03
0,11
3,1
1
4,39
0,08
0,23
2,42
0,82
0,06
0,02
1,12
1,66
Media
(mg/kg)
0,07
0,4
0,12
0,25
0,63
1,17
0,38
0,16
0,65
0,34
0,06
0,51
0,23
1,78
0,04
0,14
0,94
0,28
0,04
0,01
0,31
0,55
Fonte: Arpat
denza all’omogeneizzazione, con una diminuzione sia dei
campioni irregolari che di quelli senza residui, e conseguentemente con un aumento dei campioni nella norma.
Variazione dei campioni trovati
irregolari nell’ortofrutta Toscana
Percentuali di irregolarità
1.10.3 La presenza
di organismi geneticamente modificati
L’attività di controllo sull’osservanza del divieto di
coltivazione e di produzione di specie che contengono
organismi geneticamente modificati è disciplinata dal
Regolamento attuativo della Lr 53/100, “Disciplina regionale in materia di organismi geneticamente modificati”. L’Arsia, come previsto dall’articolo 3 del Regolamento, predispone ogni anno il programma dei controlli,
che coinvolge anche l’Arpat e l’AslL. Per quanto riguarda le funzioni dei diversi enti il programma prevede che
sia l’ARSIA ad eseguire i controlli sulle coltivazioni e
produzioni, l’ASL sugli alimenti, con priorità attribuita a
quelli a base di mais e soia e infine l’ARPAT sui prodotti sementieri e l’ambiente.
Per quanto riguarda i controlli effettuati dall’ARPAT
nel 2004 le colture prese in considerazione a livello regionale sono state il mais la soia, il pomodoro e la barbabietola, controllata solo nella provincia di Pisa., su superfici pari al 3% di quelle regionali destinate alle singole colture, così come previsto dal regolamento attuativo
della L.R. 53/00.
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004
Fonte: Arpat
L’analisi dell’evoluzione dei risultati dei controlli per
tipologia di prodotto mostra una tendenza complessiva alla riduzione della presenza di residui, che per alcuni prodotti (vino, olio, cereali) si avvicina allo zero. Per ciò che
riguarda gli ortaggi e la frutta si registra invece una ten-
66
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di controlli
in campo su pomodoro
Per i controlli su mais è stato preso in esame un numero di aziende pari a 75, ripartite nelle varie province
nel modo seguente:
Numero controlli in campo su mais
Provincia
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Pisa
Siena
Totale
2004
Provincia
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Totale
N° aziende
10
7
15
2
8
4
5
5
5
14
75
Superficie (ha)
223.39.00
167
325,43
20,46
134,92
2,21
204,59
86,9
19,44
320,57
1.504.91
N° aziende
4
1
6
4
3
4
22
Superficie (ha)
18,4
0,63
45,59
6,45
4,68
16,52
92,27
Fonte: Arsia
In primo luogo deve essere svolto il controllo della documentazione aziendale che comprende la domanda
PAC, i fogli di mappa e gli estratti catastali, le fatture di
acquisto dei semi.
Deve essere poi svolto un sopralluogo sugli appezzamenti per individuare l’appezzamento da cui prelevare il
campione vegetale da consegnare al laboratorio ARSIA
di Capannoni (Lucca) per effettuare il test PCR.
Fonte: Arsia
La soia invece, essendo una coltura poco diffusa in Toscana, è stata analizzata solo in quelle province in cui in
cui è presente in modo apprezzabile, cioè Firenze e Siena, esaminando un’azienda per ogni provincia ed una superficie totale di 8,06 ha.
Anche per le analisi su pomodoro sono state considerate solo le province in cui la coltura è presente ed un totale di 22 aziende, ripartite nelle varie province nel modo illustrato nella tabella in alto a destra.
Infine per la barbabietola sono state prese in considerazione solo 6 aziende in provincia di Pisa ed un totale di
7.925 ha.
Per quanto riguarda le modalità di esecuzione dei controlli esistono una serie di passaggi obbligatori:
Riassunto delle analisi effettuate
dai laboratori ARSIA
Matrice vegetale
Mais
Soia
Pomodoro
Barbabietola
Totale
N° campioni
75
2
22
6
105
Negativi
75
2
22
6
105
Positivi
0
0
0
0
0
Fonte: Arsia
Dati riassuntivi dei controlli per coltura
Mais
Provincia
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Totale
N° az.
10
7
15
2
8
4
5
5
5
14
75
Sup. (ha)
223,39
167
325,43
20,46
134,92
2,21
204,59
86,9
19,44
320,57
1.504,91
Pomodoro
N° az.
Sup. (ha)
4
18,4
1
0,63
6
45,59
4
6,45
3
4,68
4
22
16,52
92,27
Fonte: Arsia
67
N° az.
1
1
2
Soia
Sup. (ha)
Barbabietola
N° az.
Sup. (ha)
4,55
3,51
8,06
6
79,25
6
79,25
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Infine è necessario verificare l’iscrizione delle varietà
seminate in azienda ai registri delle varietà nazionale ed
europeo.
Il prelievo di almeno un campione di materiale vegetale è stato effettuato in tutte le aziende sottoposte
a controllo, su una superficie massima di un ettaro,
privilegiando varietà più recenti e non iscritte al registro.
Riguardo ai controlli effettuati da ARPAT nell’ambito
dell’applicazione della L.R. 53/2000 e del regolamento
attuativo il programma per il 2004 prevedeva che venissero effettuati prelievi sui seguenti campioni:
• Circa 5 campioni o almeno il 20% del totale degli arrivi su sementi di importazione;
• Circa 40 campioni presso grossisti e ditte confezionatrici;
• Circa 60 campioni inviati da ARSIA da sottoporre ad
analisi quantitativa.
L’attività svolta può essere così riassunta:
• Per analisi di sementi da Paesi Terzi durante il primo
semestre del 2004 sono stati analizzati 7 campioni di
mais e 2 campioni di soia
• Presso le ditte confezionatrici di sementi ed i grossisti sono stati controllati 44 campioni di mais;
• Nello specifico sono stati prelevati 17 campioni dal
Dip.di Pistoia nella provincia pistoiese e 27 campioni dal Dip. di Firenze nelle province di Firenze, Siena e Grosseto.
In totale sono stati analizzati 64 campioni. Per quanto
riguarda i risultati fra i campioni prelevati al Porto di Livorno è risultato positivo 1 campione di mais, con un valore dello 0,2%. L’intero lotto è stato sottoposto a sequestro ma, in seguito ad esame di revisione svolto dall’Agenzia delle Dogane, che ha avuto esito negativo, è stato
successivamente dissequestrato. Anche fra i campioni
prelevati presso i rivenditori è risultato positivo un campione di mais, con un valore dello 0,1% ed il prodotto è
stato vietato alla vendita.
Infine nel secondo semestre del 2004 sono stati esaminati i controlli dei campioni inviati da ARSIA nell’ambito dei controlli effettuati in campo.
Per concludere le richieste di analisi OGM nel primo
semestre del 3004 da parte dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende USL della Regione Toscana e dei
N.A.S. sono state le seguenti:
• Campioni pervenuti
8
• Campioni non idonei 0
• Campioni estratti
8
Tali campioni sono stati sottoposti all’analisi per la ricerca di 35S, Soia RR e Mais BT176/BT11.
Gli alimenti analizzati sono stati i seguenti:
• N. 2 alimenti per infanzia
Omogeneizzati (a
base di verdure);
• N. 4 alimenti a base di mais
3 Biscotti;
• N. 4 alimenti a base di soia
1 Bevanda a base di
frutta arricchita con fibre di soia e 1 Biscotto.
La coesistenza tra Ogm e altre produzioni agricole
Ogni forma di coltivazione, sia questa convenzionale, biologica o che faccia uso di OGM, non può essere
esclusa dall’Unione Europea”, tale sequenza, espressa nella Raccomandazione della Commissione
2003/556/CE, recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche, indica la possibilità di coltivare piante GM nei Paesi dell’Unione Europea; conseguentemente si definisce una situazione, inevitabile, di coesistenza che induce l’adozione di pratiche necessarie a ridurre (evitare) il rischio di commistione tra organismi modificati e non modificati geneticamente. Tale situazione genererà effetti sull’organizzazione di tutta la produzione agricola, e se da
una parte la possibilità di presenza accidentale (involontaria) di OGM in organismi non modificati e viceversa,
pone la questione di come possono essere garantite le differenti produzioni (gli agricoltori dovrebbero poter scegliere liberamente quale tipo di coltura praticare, convenzionale, transgenica o biologica e nessuna di queste
forme di agricoltura dovrebbe essere esclusa), dall’altra parte si pongono anche le questioni di scelta dei consumatori, ai quali deve essere garantita una “scelta reale” tra cibi transgenici e cibi non transgenici. Il problema
della coesistenza è strettamente legato alla tutela dei sistemi agrari dall’inquinamento genetico e alla necessità
di etichettatura dei prodotti agricoli e agroalimentari contenenti OGM, o prodotti a partire da questi. La possibilità che si diffonda una contaminazione genetica involontaria impone la necessità di una effettiva separazione
delle filiere OGM da quelle OGM free.
Questa pratica, assumendo che sia attuabile, indurrà un incremento dei costi di gestione, certificazione, monitoraggio, controllo e formazione nonché costi che si potrebbero prospettare per soddisfare le misure di sicurezza.
La presenza accidentale, oltre la soglia di tolleranza (0,9%) di OGM in un prodotto OGM free, impone che quest’ultimo venga etichettato come OGM, generando ulteriori perdite di reddito, dovute alla riduzione del prezzo, o
difficoltà di collocare il prodotto sul mercato. Per controllare il fenomeno di trasferimento genico orizzontale sarà
68
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
necessario definire delle aree di sicurezza tra le diverse tipologie di colture (GM e no-GM) che ridurranno inevitabilmente le aree coltivate producendo un effetto a cascata che si riduce in una perdita economica.
La coesistenza riguarda pertanto l’agricoltura, l’intero settore agroalimentare e la tutela ambientale, richiedendo
strumenti e strategie di governo che siano efficaci sia in una dimensione complessiva che in funzione delle specifiche dinamiche biologiche.
In Italia il tema è attualmente regolamentato dalla Legge 28 Gennaio 2005. N. 5, che converte, con modificazioni, il decreto legge 279/04, pubblicato sulla gazzetta Ufficiale, Serie Generale, del 29 novembre 2004 n. 280. La
Legge definisce in attuazione della Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione, e quelle convenzionali e biologiche, al fine di non compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale e di garantire la libertà
di iniziativa economica ed il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare italiana.
La legge demanda alle regioni e alle province autonome il compito di adottare un piano di coesistenza contenente
le regole tecniche, le condizioni e le modalità per realizzare la coesistenza, e definisce l’obbligo per i conduttori
agricoli di osservare le misure contenute nel piano suddetto ed elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza. La Legge impedisce la coltivazione delle colture GM, ad eccezione di quelle autorizzate a fini di ricerca
e sperimentazione, fino all’adozione del piano di coesistenza.
La Regione Toscana, promotrice della “Carta delle Regioni d’Europa sull’introduzione degli OGM in agricoltura” definisce una serie di principi generali da adottare per la stesura dei piani di coesistenza tra i quali assume particolare rilievo la possibilità di prevedere il divieto di coltivazione OGM su aree vaste a livello regionale.
Infine 55 comuni toscani hanno dichiarato i propri territori liberi da OGM:
- 16 nella provincia di Arezzo;
- 7 nella provincia di Firenze;
- 2 nella provincia di Grosseto;
- 4 nella provincia di Livorno;
- 6 nella provincia di Lucca;
- 6 nella provincia di Massa Carrara;
- 2 nella provincia di Pisa;
- 4 nella provincia di Pistoia;
- 8 nella provincia di Siena.
Gli omogeneizzati testati per la ricerca di sostanze a
base di mais non sono risultati amplificabili mentre gli
altri prodotti in esame hanno dato esito negativo.
Per quanto riguarda le tipologie di aziende è stata registrata la seguente distribuzione:
• Aziende biologiche
45,64%
• Aziende miste
3,76%
• Aziende in conversione 50,6%
Rispetto alla distribuzione a livello delle singole pro-
1.11 Agricoltura biologica
La Toscana continua a distinguersi per il numero
elevato di aziende biologiche e per la forte adesione
degli agricoltori alle misure comunitarie per ridurre
l’impatto ambientale. Il trend dell’agricoltura biologica e di quella integrata è infatti in aumento garantendo a consumatori produzioni di elevata qualità e ai
produttori la possibilità di ottenere un valore aggiunto
più elevato.
Dai dati dell’ultimo aggiornamento dell’ARSIA, che
si riferiscono al 31 dicembre 2003, risulta che il numero
di operatori biologici toscani nel 2003 è aumentato del
10% rispetto al 2002, soprattutto per quanto riguarda la
categoria dei produttori e dei preparatori mentre il settore zootecnico ha fatto registrare un aumento del 6,5%.
Operatori biologici
Anno
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
Fonte: Arsia
69
N° operatori
761
986
1.275
1.701
2.321
2.644
2.912
2.942
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
vince Firenze è quella cha registra il maggior numero di
preparatori e produttori, seguita da Siena, Grosseto,
Arezzo e Pisa.
Per quanto riguarda le superfici coltivate i dati relativi
all’ultimo aggiornamento indicano una superficie totale
di 93.198,41 ha, corrispondenti al 9% della SAU totale,
di cui 59.000 biologici e 34.000 in conversione, con un
aumento di 10.250 ha, circa 10%, rispetto al 2002. In
questo caso la provincia leader è Grosseto, con 24.000
ha, seguita da Siena, Firenze, Pisa ed Arezzo.
Il settore produttivo più importante è senza dubbio
quello cerealicolo insieme a quello foraggero, in aumento grazie all’espansione della zootecnia biologica, segue
il settore olivicolo e, con superfici assai inferiori, quello
viticolo e zootecnico, i cui allevamenti più importanti sono i bovini e gli ovini, per il settore carni, l’apicoltura ed
infine i suini.
Per quanto riguarda il programma dei controlli previsti per il 2005 saranno effettuati sia sugli operatori
iscritti all’elenco regionale al 31/12/2004 che risultano essere 2942, che sui 10 organismi di controllo riconosciuti dalla Regione Toscana, individuando un
campione pari al 3% ripartito in modo proporzionale
fra le sezioni dell’elenco, gli organismi di controllo e
le province. Il programma delle ispezioni prevede
inoltre che possano essere prelevati campioni di materiale vario qualora si ritenga necessario o si sospetti l’uso di prodotti non ammessi, su almeno il 20%
degli allevatori da sottoporre a vigilanza nell’anno di
riferimento.
Per quanto riguarda i dati relativi all’ultimo aggiornamento dell’ARSIA sulle aziende biologiche in Toscana
sono state effettuate 89 visite, di cui 80 agli operatori e
9 nelle sedi degli organismi di controllo. Dall’analisi
complessiva dei dati risulta che, a fronte di un aumento
progressivo del numero di visite ispettive, il numero medio di emissioni di richieste correttive ha fatto registrare una tendenza alla diminuzione. Inoltre mentre durante le visite agli organismi di controllo sono state rilevate solo 13 irregolarità e nessuna infrazione, durante le
ispezioni presso gli operatori sono state rilevate 143 irregolarità e 13 infrazioni, lievemente in aumento rispetto agli anni precedenti, a cui è corrisposta l’emissione di
156 richieste di azioni correttive. Le non conformità rilevate sono prevalentemente a carico degli obblighi documentali e riguardano l’uso di semi di piante convenzionali, mancata compilazione del PAP, carenze nel sistema di registrazione, impiego di prodotti senza necessità di riconoscimento da parte dell’ organismo di controllo.
• Obblighi documentali 72%
• Norme di produzione 18%
• Norme di preparazione 6%
• Norme di etichettatura 4%
Dall’analisi complessiva dei dati relativi all’agricoltura biologica effettuata nel 2004 emerge che il settore è in
costante espansione sia a livello di nuovi operatori che di
superfici, in particolare a causa dell’aumento elevato di
superfici biologiche dovuto alla fine del periodo di conversione che molti operatori hanno effettuato nel corso
dell’anno.
Superfici biologiche - ripartizione
per indirizzo produttivo
Indirizzo
Ha biologici
Cerealicolo
20.721
Orticolo
524
Frutticolo
747
Viticolo
2.099
Olivicolo
5.055
Floricolo
29
Colture industriali 1.591
Foraggere
16.740
Zootecnico
1.911
Altro
10.137
Totale
59.554
Fonte: Arsia
70
Ha in conversione
14.028
111
282
1.838
3.539
53
386
7.387
608
5.410
33.645
Totale
34.748
634
1.030
3.937
89
83
1.977
24.127
2.519
15.547
93.198
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
2. Le filiere agroindustriali e la valorizzazione dei prodotti
2.1 L’agriturismo
agrituristica che aveva caratterizzato gli ultimi anni: i dati elaborati da Anagritur in base alle comunicazioni delle
pubbliche amministrazioni evidenziano come le aziende
agrituristiche hanno raggiunto a fine 2004 le 13.500
unità, con un aumento del 7,1% rispetto all’anno precedente, e i posti letto ammontano a circa 139 mila, anch’essi in significativa crescita. In virtù delle diverse
normative regionali, in numerose regioni l’offerta di alloggio e l’offerta del servizio di ristorazione possono essere disgiunte. Nel complesso in Italia le aziende agrituristiche che offrono la sola ristorazione sarebbero circa
2.400, e gli agricampeggi circa 930.
L’aumento dell’offerta ha interessato in maniera consistente tutte le regioni e, in particolare, quelle dell’Italia
centrale e meridionale, le quali hanno altresì migliorato
l’organizzazione della propria offerta e possono offrire
servizi interessanti a prezzi molto competitivi. Nel contesto nazionale la Toscana è la principale regione agrituristica, nel suo territorio sono presenti il 23% circa delle
aziende autorizzate e il 27% dei posti letto.
2.1.1 Gli andamenti a livello nazionale
Nell’ambito dell’offerta di servizi da parte delle aziende agricole, l’agriturismo rappresenta una componente
essenziale del modello di agricoltura multifunzionale cui
la Toscana ispira i propri orientamenti.
Come noto in effetti la Legge di Orientamento agricola
(Dlgs 18/05/2001 n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”) ha sostituito la precedente formulazione dell’art. 2135 Codice civile, stabilendo tra l’altro che “si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette … alla
fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente
impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le
attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio
rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come
definite dalla legge.”. Dunque l’imprenditore agricolo
può, restando tale (ma non godendo delle agevolazioni
specifiche riservate all’esercizio dell’attività agrituristica), svolgere attività di prestazione di varie tipologie di
servizi anche al di fuori dell’esercizio dell’attività agrituristica (ad esempio servizi di tipo didattico, quale fattoria
didattica), a condizione comunque che le attrezzature impiegate per le prestazioni di servizi siano le stesse utilizzate normalmente nell’azienda agricola, e che siano impiegate prevalentemente nell’attività agricola.
La stessa legge di Orientamento ha anche ampliato il
novero delle attività rientranti nell’esercizio dell’agriturismo già definite della legge 730/85, ricomprendendovi
l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo
finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del
territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali,
ivi inclusa la mescita del vino, ancorché tali attività siano svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità
dell’impresa. A tale disposizione civilistica corrisponde
un nuovo regime di tassazione di tipo forfetario, che in
molti casi configura un trattamento agevolativo.
Proprio quando l’evoluzione normativa, e la stessa disponibilità di risorse destinate da varie misure di politica
strutturale (a partire dai Piani locali di sviluppo rurale e
dai Patti territoriali agricoli), sembravano agevolare lo
sviluppo dell’agriturismo e in generale delle attività di
servizi, il mercato ha subito una evoluzione congiunturale sfavorevole.
In Italia è proseguita nel 2004 la crescita dell’offerta
La situazione dell’agriturismo in Italia
Anni 2002-2004
Aziende agrituristiche n.
di cui: con alloggio
Posti letto n. (migliaia)
Posti letto per azienda n.
Arrivi (migliaia)
di cui stranieri %
Presenze (milioni)
Utilizzo alloggi (gg/anno)
Durata media sogg. (gg)
Azienda con ristorazione
di cui: senza alloggio
Az. con agricampeggio
Azienda con cavalli
Giro d'affari (milioni Euro)
Giro d’affari medio
per azienda (Euro)
2002
11.500
9.200
118
12,8
2.200
25%
11,3
96
5,1
7.300
2.100
920
1.550
710
61.740
2003
12.600
10.000
129
12,9
2.220
21%
11,1
86
5,0
7.800
2.300
930
1520
780
61.900
2004 2004/03
13.500
7,1%
10.700
7,0%
139
7,8%
13,0
0,8%
2.350
5,9%
23%
9,5%
11,5
3,6%
83 -3,5%
4,9 -2,0%
8.300
6,4%
2.400
4,3%
930
0,0%
1400 -7,9%
810
3,8%
60.000 -3,1%
Fonte: Agriturist
Se si considera l’andamento economico generale, la
performance del sistema agrituristico nazionale non è negativa: nel 2004 gli arrivi sono cresciuti del 5,9%, grazie
soprattutto all’apporto degli stranieri la cui incidenza sul
71
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
totale è salita al 23%. Positiva ma meno marcata è la
performance delle presenze, assestate sugli 11,5 milioni.
La durata media del soggiorno è dunque ancora in diminuzione, ed è scesa di poco sotto ai 5 giorni.
Il giro di affari complessivo sarebbe comunque cresciuto del 3,8% secondo le stime Agriturist. Questa
performance che appare positiva per il comparto nel suo
complesso non lo è però altrettanto per le singole imprese, in quanto essa è stata conseguita da un numero di imprese molto cresciuto; il giro d’affari medio per azienda
si riduce del 3% circa, a causa della riduzione delle presenze medie per azienda.
Le ripercussioni sulla redditività tendono in questa situazione ad essere ancora più pesanti, in quanto di fronte a una certa rigidità dei costi fissi di struttura e di un aumento dei costi di gestione legati al maggior tasso di rotazione degli ospiti, il tasso di utilizzo degli alloggi subisce una significativa riduzione.
All’avvio della stagione 2005, secondo le rilevazioni
di Turismo Verde, le aziende agrituristiche effettivamente in attività sarebbero circa 12.200, vale a dire 1.300 in
meno dell’anno precedente, a fronte di un numero di
aziende agrituristiche autorizzate dalla regioni superiore
a 18 mila. Lo scarto tra aziende autorizzate e aziende effettivamente in attività testimonia la difficoltà del momento di sviluppo del settore.
A livello nazionale si registrano importanti novità a livello normativo: la Camera ha infatti recentemente approvato il testo di una nuova legge relativa alla Disciplina sull’agriturismo, destinata a sostituire la Legge quadro
730/1985. La legge detta alle Regioni alcuni principi generali da seguire nei provvedimenti legislativi che esse sono
chiamate ad adottare, con alcune novità rispetto alla precedente normativa nazionale, tra cui l’eliminazione del riferimento al principio di complementarietà, la possibilità per la
ristorazione di utilizzare prodotti di altre aziende agricole
della zona, la possibilità di avvalersi di strutture esterne per
la fornitura di servizi culturali, escursionistici e sportivi che
dovranno comunque rispettare la connessione con l’attività
agricola quando siano svolti in modo autonomo rispetto alla ospitalità e/o alla ristorazione. Su molti punti il testo nazionale risulta in linea con la vigente normativa regionale.
È inoltre previsto un sistema nazionale di classificazione delle imprese agrituristiche, che potrebbe eliminare la confusione derivante dalle differenze oggi esistenti
tra le regioni, ma che richiederà una attenta riflessione
sugli obiettivi della classificazione stessa e sugli elementi da considerare in sede di attuazione.
Il testo della legge è stato trasmesso al Senato, dove si
prevede l’approvazione entro l’anno.
2.1.2 L’offerta agrituristica in Toscana
Il 2004, come già l’anno precedente, non è stato in Toscana un anno facile per il turismo in generale, e la situazione di sofferenza ha interessato più che in passato anche
l’agriturismo; infatti mentre dal lato dell’offerta è proseguita la tendenza delle imprese agricole a investire in questa forma di diversificazione della propria attività, dal lato
della domanda si è assistito ad un rallentamento del flusso
turistico e all’accentuazione di alcune caratteristiche della
domanda che mal si coniugano con le attuali caratteristiche tipologiche e funzionali di una parte dell’offerta regionale.
A fine 2004 le aziende agricole autorizzate all’esercizio dell’attività agrituristica hanno superato in Toscana le
3.200 unità e i posti letto le 38 mila unità. Entrambi i parametri sono in fortissima crescita: circa il 26% rispetto
a fine 2002, con un ritmo più elevato nel corso del 2003
e un lieve rallentamento nel 2004, quando comunque le
aziende autorizzate sono cresciute di oltre 281 unità per
3.385 posti letto.
Le aziende agrituristiche che praticano la ristorazione
sono il 21% circa del totale e quelle che svolgono attività
ricreative ammontano al 15,4%. Nonostante la crescita,
l’incidenza di entrambe le attività sul totale delle aziende agrituristiche mostra una lieve riduzione; questo fatto
potrebbe indicare una certa difficoltà di una parte delle
imprese toscane a diversificare la propria offerta.
La composizione dell’offerta dei posti letto per tipologia presenta una forte prevalenza delle unità abitative,
che costituiscono il 70% circa del totale.
Il numero dei posti letto per azienda non registra variazioni nel periodo e rimane quindi molto ridotto, appena 12 posti letto per azienda.
L’evoluzione delle strutture agrituristiche in Toscana
Anni 2002-2004
Prov.
31.12.2004
31.12.2003
31.12.2002
2004 su 2003
2003 su 2002
2004 su 2002
Aziende
autorizzate
3.204
2.923
2.545
9,6%
14,9%
25,9%
Di cui:
con ristorazione
663
623
553
6,4%
12,7%
19,9%
Di cui: con
Posti letto
attività ricreative
(n°)
494
38.367
457
34.982
418
30.456
8,1%
9,7%
9,3%
14,9%
18,2%
26,0%
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana - UOC Agriturismo e qualità dei prodotti
72
Di cui:
in camere
11.325
10.542
9.067
7,4%
16,3%
24,9%
Di cui:
in unità abitative
27.042
24.440
21.389
10,6%
14,3%
26,4%
Posti letto
per azienda
12,0
12,0
12,0
0,1%
0,0%
0,1%
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
L’evoluzione delle strutture
agrituristiche nelle province
La ripartizione territoriale conferma la grande concentrazione dell’offerta agrituristica nelle tre province di
Siena, Grosseto e Firenze che, da sole, totalizzano circa
il 64% del numero delle aziende autorizzate e dei posti
letto (ma una quota molto inferiore di attività di ristorazione e ricreative: rispettivamente 55 e 47%).
Il primato agrituristico resta alla provincia di Siena
che, nel periodo 2002-2004, ha ancora registrato la maggiore crescita di aziende in termini assoluti (+173 aziende autorizzate), sia pure con un tasso di crescita inferiore alla media regionale.
La crescita del fenomeno agrituristico interessa comunque tutte le province toscane, sia pure con velocità differenti. Le province dove si rileva la maggiore crescita in termini numerici sono Lucca (+46,9%) e Grosseto (31,6%),
mentre i posti letto sono cresciuti con velocità molto superiore alla media regionale anche a Pistoia e Arezzo.
Indicazioni interessanti emergono dall’analisi dei servizi
di base offerti dalle imprese, ristorazione e attività ricreative. Mentre le province storiche presentano un tasso di penetrazione di questi servizi simile (Grosseto e Firenze) o
molto inferiore alla media regionale (Siena), la parte settentrionale della regione risulta molto più dinamica sotto questo profilo. A Prato e Massa le aziende con ristorazione sono circa la metà delle aziende agrituristiche presenti, mentre a Pistoia, Prato e Lucca una percentuale tra il 30 e il 40%
delle aziende agrituristiche offre anche attività ricreative e
culturali. Ciò denota una esigenza di qualificazione dell’offerta perseguita mediante la creazione di elementi di interesse alla clientela anche all’interno dell’azienda.
Valori assoluti e variazioni anni 2002-2004
Aziende Di cui: con Di cui: con
Posti
autorizzate ristoraz. att. ricreative letto (n°)
31/12/2004
Arezzo
341
54
54
4.623
Firenze
500
89
84
6.475
Grosseto
674
142
70
7.072
Livorno
175
37
29
2.300
Lucca
141
36
43
1.335
Massa
79
36
16
621
Pisa
266
78
69
3.868
Pistoia
111
44
44
962
Prato
23
12
8
259
Siena
894
135
77
10.852
Toscana 3.204
663
494
38.367
31/12/2003
Arezzo
309
52
53
4.105
Firenze
475
86
82
6.178
Grosseto
594
122
61
6.138
Livorno
163
38
27
2.148
Lucca
115
33
31
1.092
Massa
71
35
15
563
Pisa
255
75
67
3.666
Pistoia
109
43
44
907
Prato
19
10
7
228
Siena
813
129
70
9.957
Toscana 2.923
623
457
34.982
31/12/2002
Arezzo
269
45
53
3.530
Firenze
412
78
72
5.354
Grosseto
512
105
54
5.203
Livorno
138
33
23
1.817
Lucca
96
30
30
995
Massa
66
34
14
521
Pisa
222
67
66
3.169
Pistoia
90
32
36
727
Prato
19
11
8
218
Siena
721
118
62
8.922
Toscana 2.545
553
418
30.456
Variaz. % 04/2002
Arezzo
26,8%
20,0%
1,9%
31,0%
Firenze
21,4%
14,1%
16,7%
20,9%
Grosseto 31,6%
35,2%
29,6%
35,9%
Livorno
26,8%
12,1%
26,1%
26,6%
Lucca
46,9%
20,0%
43,3%
34,2%
Massa
19,7%
5,9%
14,3%
19,2%
Pisa
19,8%
16,4%
4,5%
22,1%
Pistoia
23,3%
37,5%
22,2%
32,3%
Prato
21,1%
9,1%
0,0%
18,8%
Siena
24,0%
14,4%
24,2%
21,6%
Toscana 25,9%
19,9%
18,2%
26,0%
2.1.3 La domanda in Toscana
Le indicazioni che provengono dal lato della domanda
a livello nazionale evidenziano alcuni elementi di soffe-
Distribuzione
degli agriturismi in Toscana
Dati percentuali sul totale regionale al 31/12/2004
Prov.
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Toscana
Aziende
autorizzate
10,6
15,6
21,0
5,5
4,4
2,5
8,3
3,5
0,7
27,9
100,0
Di cui: con
Di cui:
ristoraz. con attività
ricreative
8,1
10,9
13,4
17,0
21,4
14,2
5,6
5,9
5,4
8,7
5,4
3,2
11,8
14,0
6,6
8,9
1,8
1,6
20,4
15,6
100,0
100,0
Posti
letto (n°)
12,0
16,9
18,4
6,0
3,5
1,6
10,1
2,5
0,7
28,3
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana - UOC
Agriturismo e qualità dei prodotti
Posti letto
per az.
13,6
13,0
10,5
13,1
9,5
7,9
14,5
8,7
11,3
12,1
11,97
13,3
13,0
10,3
13,2
9,5
7,9
14,4
8,3
12,0
12,2
11,97
13,1
13,0
10,2
13,2
10,4
7,9
14,3
8,1
11,5
12,4
11,97
3,3%
-0,3%
3,3%
-0,2%
-8,6%
-0,4%
1,9%
7,3%
-1,9%
-1,9%
0,1%
Fonte: Elab. su dati Reg. Toscana - UOC Agrituri. e qualità dei prodotti
73
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
renza per il comparto, elementi che interessano anche il
sistema toscano che rappresenta una delle componenti
più qualificate dell’offerta agrituristica nazionale. Questo aspetto si riflette sul livello dei prezzi che, in Toscana, sono mediamente tra i più elevati: negli anni del
boom, infatti, la repentina crescita della domanda dell’agriturismo spinse molte imprese a posizionarsi in una fascia medio alta di mercato.
I dati sul movimento turistico riferiti ai primi nove mesi del 2004 confermano le tendenze riscontrate in Toscana negli anni precedenti: le presenze subiscono una contrazione pari a quasi il 3% rispetto allo stesso periodo del
2003, mentre gli arrivi crescono del 3,1%. La performance dell’agriturismo resta comunque migliore di quella del turismo toscano in generale che, nei primi nove
mesi del 2003, ha aumentato gli arrivi dell’1,7% ma ridotto le presenze del 4,2%.
Significative differenze si rilevano tra la clientela nazionale ed estera: nell’agriturismo gli arrivi sono risultati
equivalenti tra le due provenienze, mentre le presenze vedono ancora una significativa prevalenza di clientela straniera, che rappresenta il 62% del totale delle presenze. In
realtà però si registra una diminuzione molto forte, rispetto al corrispondente periodo del 2003 (-5,4%), solo in parte compensata dall’aumento delle presenze degli italiani.
Il periodo di permanenza degli stranieri si riduce a 6,6
giorni contro i 4,0 degli italiani: mediamente il soggiorno agrituristico supera di poco i 5 giorni.
In sostanza si è accentuata la connotazione “mordi e
fuggi” della domanda agrituristica rivolta alla nostra regione, una connotazione legata alla visita ai centri d’arte
o alla fruizione veloce di alcuni contenuti della ruralità,
ma anche determinata dall’elevato livello dei prezzi (non
soltanto del servizio agrituristico) che portano a contenere i soggiorni di lunga durata. Questa connotazione è il
risultato della profonda trasformazione della domanda
turistica, sempre più orientata a moltiplicare le occasioni
di vacanza nel corso dell’anno ma di norma per periodi
brevi o brevissimi.
I segnali raccolti dalle Associazioni agrituristiche sui
primi risultati dell’anno 2005 non sono del tutto inco-
raggianti ma evidenziano segnali di ripresa: i ponti di
Pasqua e di fine primavera hanno visto un modesto rallentamento degli arrivi così come il primo periodo della stagione estiva, anche se si segnala una ripresa del
flusso della clientela straniera. Gli ospiti, anche stranieri, tendono a non effettuare prenotazioni con largo anticipo anche per i mesi estivi come invece accadeva in
passato.
Si rilevano comunque differenze notevoli tra le varie
aree della regione. Le maggiori difficoltà sembrano ancora gravare sulle zone più tradizionali (Firenze, Siena,
Grosseto), mentre sembrano avere risentito meno del rallentamento della domanda aree di agriturismo più recente (Arezzo, Pisa, e Garfagnana).
Alla luce dei dati sul movimento turistico in Toscana
non si può quindi parlare di una crisi dell’agriturismo,
ma secondo gli operatori del settore è necessario ripensare attentamente le strategie di offerta delle aziende e
dei sistemi di offerta territoriali.
Qualificazione dell’offerta e ricerca di un equilibrio
nel rapporto qualità-prezzo sono le parole d’ordine.
Infatti da una parte gli ospiti si dimostrano molto attenti alla caratterizzazione dell’accoglienza e dei servizi
connessi, tenuto conto anche che si è ridotto l’interesse
per l’ospitalità in appartamenti consegnati “chiavi in mano” all’ospite. Tra i servizi, particolare rilevanza dovrebbero avere quelli rivolti a costruire connessioni forti con
la realtà dell’azienda agricola, dell’agricoltura e del
mondo rurale; sono questi gli elementi che possono realmente caratterizzare l’offerta agrituristica dalle altre offerte turistico-ricettive in area rurale.
Tra gli ospiti, anche stranieri, tende a crescere la tendenza a comparare l’offerta toscana con quella di altre
regioni, limitrofe e non, che spesso risultano molto competitive in termini di prezzi praticati, non solo in valori
assoluti ma talvolta anche rispetto ai servizi offerti.
L’evoluzione della domanda richiede quindi adattamenti organizzativi significativi alle imprese, le quali devono dimostrare una maggiore flessibilità nella gestione
di soggiorni molto brevi da parte degli ospiti ma allo
stesso tempo devono dedicare maggiori risorse umane
I flussi turistici nelle aziende agrituristiche in Toscana
Anni 2002-2004
2004 gen-set
2003 gen-set
2004/2003 (1)
2003
2002
2003/2001
Presenze
agrituristiche
1.744.190
1.797.042
-2,9%
1.994.769
2.012.061
-0,9%
% su totale
presenze
5,6
5,5
…
9,9
5,3
…
Arrivi
agritur.
328.689
318.769
3,1%
370.906
350.398
5,9%
(1) Tasso di variazione riferito al periodo gennaio-settembre.
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana - Area statistica
74
Presenze su
arrivi agritur.
5,3
5,6
-5,9%
5,4
5,7
-6,3%
% stranieri pres.
agritur.
62,4
64,1
…
62,7
68,3
…
Presenze/posti
letto agritur.
45,5
51,4
n.d.
57,0
66,1
-13,7%
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
I flussi turistici nelle aziende agrituristiche in Toscana distinti per provenienza
Provenienza
Arrivi
esercizi
alberghieri
Totale generale
Provenienza estero
Provenienza Italia
Totale generale
Provenienza estero
Provenienza Italia
Totale generale
Provenienza estero
Provenienza Italia
Presenze
esercizi
alberghieri
Arrivi
Presenze
Arrivi
Presenze
negli
negli
negli extra
negli extra
agriturismi agriturismi
alberghi
alberghi
Valori assoluti 2004 (1)
5.823.558
16.823.255
328.689
1.744.190
2.251.897
14.219.904
2.969.273
8.275.530
164.127
1.088.837
1.042.099
6.034.899
2.854.285
8.547.725
164.562
655.353
1.209.798
8.257.005
Composizione % 2004
100%
100%
100%
100%
100%
100%
51%
49%
50%
62%
46%
42%
49%
51%
50%
38%
54%
58%
Variazioni % tra i primi nove mesi del 2004 e il corrispondente periodo del 2003
4,6
-0,9
3,1
-2,9
-4,9
-7,9
2,5
-3,0
3,9
-5,4
-6,2
-12,0
6,7
1,3
2,4
1,5
-3,9
-4,7
Arrivi
totale
Presenze
totale
8.075.455 31.115.159
4.011.372 14.310.429
4.064.083 16.804.730
100%
50%
50%
100%
46%
54%
1,7
0,1
3,3
-4,2
-7,0
-1,7
(1) Periodo gennaio-settembre.
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana - Area statistica
Progetto di ricerca Arsia “prodotti tipici, percezioni di qualità lungo la filiera
e possibilità di sviluppo nel mercato”
Si avvia a conclusione un progetto di ricerca triennale finanziato dall’Arsia su “Prodotti tipici, percezioni di qualità lungo la filiera e possibilità di sviluppo nel mercato”. La ricerca è stata avviata nell’autunno del 2002 ed ha
coinvolto quattro unità di ricerca (Dipartimento di Scienze Economiche e il Dipartimento di Economia e Gestione
degli Agroecosistemi dell’Università di Pisa, il Dipartimento di Scienze Economiche e il Dipartimento di Economia Agraria e delle Risorse Territoriali dell’Università di Firenze) coordinate dal prof. Donato Romano. Alle diverse azioni di ricerca ha collaborato anche un gruppo di partner imprenditoriali appartenenti al mondo della produzione e della distribuzione di prodotti agricoli e alimentari.
Il progetto, attraverso l’analisi di una serie di casi di studio relativi ad alcune produzioni tipiche della Toscana,
ha analizzato i processi di definizione, comunicazione e valorizzazione della qualità delle produzioni alimentari tipiche in tutte le fasi della filiera di produzione: dalla produzione fino al consumo finale.
Il progetto è stato articolato in 7 workpackages logicamente coordinati secondo il seguente schema:
Descrivere le concezioni
di qualità lungo la filiera
Valutare la coerenza
delle concezioni
Valutare la disponibilità
a pagare
Analizzare le reti
di relazioni
Valutare le possibilità di
impiego delle denominazioni
geografiche
Favorire la sostenibilità
del sistema locale
di qualità al crescere
del mercato
Divulgazione
Oltre ad una serie di rapporti di ricerca relativi ai risultati dei singoli workpackages tra i risultati del progetto sono previsti la stampa di un volume contenente un insieme di contributi a carattere scientifico e la pubblicazione da
parte dell’Arsia di una “Guida alla valorizzazione delle produzioni tipiche”.
Le azioni di divulgazione prevedono per l’autunno del 2005 la realizzazione di un sito web contenente i principali risultati del progetto e lo svolgimento di un convegno conclusivo
75
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
per garantire un più elevato standard di servizio. L’esigenza di flessibilità è accentuata dal fatto che spesso le
prenotazioni vengono effettuate all’ultimo minuto o comunque con pochissimo anticipo; tale fatto interessa anche la domanda estera, che un tempo si caratterizzava invece per la precocità nelle prenotazioni.
Una maggiore intensità di servizio e in generale i costi
più elevati derivanti dalla aumentata complessità della
domanda, e un maggiore controllo sul fronte dei prezzi
praticati, tendono dunque a erodere in questa fase i margini di redditività della gestione agrituristica.
In questo contesto appare necessario anche uno sforzo
di riqualificazione della promozione, funzionale a restituire una identità forte all’offerta agrituristica non solo
rispetto ad altre regioni, ma anche rispetto alle altre forme di offerta presenti nelle aree rurali.
l’istituzione di un apposito organismo titolare di ogni denominazione geografica per ciascuna regione.
2.2.1 Le novità normative
Per favorire la crescita organizzativa delle singole filiere e la semplificazione delle pratiche cui i produttori
devono far fronte, durante il primo semestre del 2005 sono state varate delle norme mirate, mentre si trova ancora in fase sperimentale la disciplina di alcuni aspetti molto importanti per l’applicabilità delle norme suddette alle realtà produttive.
Una delle novità normative più importanti è rappresentata dal Dm del 4/5/2005 (pubblicato in GU n. 112 del
16/5/2005) “Modalità di deroga alla condizione posta all’articolo 2 del decreto 12 aprile 2000, recante disposizioni generali relative ai requisiti di rappresentatività dei
consorzi di tutela delle denominazioni di origine protette
(D.O.P.) e delle indicazioni geografiche protette
(I.G.P.)”. Questo decreto deroga alla limitazione, imposta dal Dm citato nel titolo, riguardante la rappresentatività del Consorzio di Tutela soltanto per una denominazione geografica: la nuova normativa permette dunque
che un Consorzio di Tutela possa rappresentare anche
due o più DOP o IGP, purché dimostri la partecipazione
nella propria compagine sociale di almeno i 2/3 della
produzione controllata dall’ente certificatore, per ogni
DOP o IGP rappresentata, purché queste appartengano
alla medesima filiera. In questo modo denominazioni
geografiche quali ad esempio il Salame, la Coppa e la
Pancetta Piacentina potranno essere rappresentate e tutelate da uno stesso Consorzio, favorendo un maggiore
coordinamento all’interno della filiera, nonché il perseguimento di economie di scala per quanto concerne i costi di organizzazione e tenuta dei vari registri per adempiere alle pratiche burocratiche legate alle Denominazioni stesse.
Particolarmente rilevante e controversa dal punto di
vista normativo risulta inoltre l’emanazione del Dlgs
n. 297 del 19/11/2004 recante le “Disposizioni sanzionatorie in applicazione del reg. CE 2081/92 relativo alla
protezione delle Indicazione Geografiche e delle Denominazioni di Origine dei prodotti agricoli e alimentari”
(pubblicato in G.U. n. 293 del 15/12/2004). Tale decreto,
strutturato in un titolo riguardante i produttori e uno rivolto ai consorzi di tutela e agli organismi deputati al
controllo delle denominazioni, stabilisce una serie di
sanzioni amministrative in caso di usi impropri della denominazione di origine e di violazioni dei disciplinari di
produzione, nonché una serie di responsabilità per i Consorzi di Tutela che posseggano i requisiti di rappresentatività previsti dal decreto ministeriale n. 61414 del 12
aprile 2000, tra cui il diritto di richiedere sanzioni a tutti
coloro che senza il preventivo consenso del Consorzio si
avvalgono dell’utilizzo della denominazione o svolgono
attività di controllo.
2.2 Le denominazioni geografiche
e i prodotti tradizionali
Il numero delle Denominazioni di Origine e Indicazioni Geografiche Protette riconosciute in Italia tra il 2004
e la prima metà del 2005 evidenzia un periodo di slancio,
che ha visto aumentare le iscrizioni dei prodotti agro alimentari al registro comunitario fino a raggiungere
quota 149 (l’ultima iscrizione riguarda la “Ricotta Romana”, pubblicata con provvedimento del MiPAF del
20/05/2005 in G.U. n. 126 del 1/6/2005); tuttavia il valore economico legato alla maggioranza di questi prodotti
tipici continua ad essere limitato, sia per lo scarso volume prodotto e offerto sul mercato, che per la bassa quantità certificata, spesso a causa dell’inapplicabilità dei disciplinari di produzione alle piccolissime realtà produttive in cui esso deve calarsi.
Il quadro generale a livello nazionale dei prodotti che
si fregiano di una Denominazione Geografica rispecchia
una realtà di volumi molto concentrata, dove oltre l’85%
del valore totale della produzione DOP o IGP riguarda
soltanto una decina di denominazioni. Questa situazione
è strettamente legata alla mancanza, nella maggioranza
dei casi in cui è richiesta la tutela comunitaria, di un’organizzazione solida all’interno della filiera che supporti i
produttori nella gestione dei problemi e delle difficoltà di
natura economica, burocratica e amministrativa che un
marchio pubblico come una DOP o una IGP può creare
soprattutto in contesti produttivi di dimensioni limitate.
Data l’altissima concorrenza che segue la progressiva
apertura dei mercati agro-alimentari, è stata creata l’Associazione delle Regioni Europee dei Prodotti di Origine
(AREPO), comprendente 18 amministrazioni regionali
appartenenti a Germania, Francia, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo e Spagna, e ormai operativa da un anno,
con lo scopo di coordinare al meglio gli sforzi per tutelare il paniere delle DOP e IGP europee, grazie anche al-
76
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
L’applicazione del decreto in questione è subordinata
tuttavia all’emanazione di un successivo decreto ancora
in fase di elaborazione, dove dovranno essere dettagliate
le procedure per la somministrazione delle sanzioni nonché i responsabili delle sanzioni stesse. Permane ancora
aperta inoltre la questione dei prodotti di seconda trasformazione, poiché il decreto stabilisce la possibilità di indicare nella denominazione di vendita di un prodotto trasformato un solo ingrediente a Denominazione di Origine o Indicazione Geografica Protetta, previa l’autorizzazione del relativo Consorzio di Tutela, anche se le materie prime a denominazione geografica utilizzate sono più
di una: tale limitazione è attualmente in discussione, così
come l’aspetto burocratico della concessione di un’autorizzazione da parte del Consorzio di tutela incaricato.
Molto importante, anche per alcune Denominazioni
Geografiche del territorio toscano, risulta una integrazione apportata mediante Dm 4/5/2005 ai decreti n. 61413 e
61414 del 12 aprile 2000, che prevede l’inserimento delle categorie di “apicoltori” o “caseifici” nella filiera dei
prodotti di origine animale, nonché di quella degli “agricoltori” nella filiera caffè, tè e spezie: tali inserimenti sono avvenuti anche in ordine alla registrazione nell’elenco dei prodotti DOP e IGP del “Miele della Lunigiana” e
dello “Zafferano di San Gimignano”, che fino a tale integrazione appartenevano a filiere non previste nei decreti in oggetto e pertanto i relativi Consorzi di tutela non
erano disciplinati secondo i criteri di rappresentanza negli organi sociali.
Lo stesso decreto 4 maggio 2005 modifica la categoria
relativa alle carni bovine e avicole, che in precedenza era
costituita da “allevatori e macellatori”, mentre attualmente, perché un Consorzio di tutela relativo a tali filiere possegga i criteri di rappresentatività previsti, è sufficiente che siano rappresentati nella compagine sociale
almeno i 2/3 della produzione controllata dall’ente di
certificazione della sola categoria degli allevatori: tale
cambiamento risulta estremamente importante data l’estrema polverizzazione della filiera delle carni bovine e
in particolare di quella del “Vitellone Bianco dell’Appennino centrale” IGP, unica carne bovina italiana attualmente tutelata con una denominazione geografica.
dei bulbi, la raccolta dei fiori nelle prime ore mattutine,
la mondatura e l’essiccazione dei pistilli presso il fuoco.
I prodotti toscani in attesa di riconoscimento, che hanno già inoltrato la domanda presso la Commissione Europea sono invece 16, 3 dei quali hanno richiesto la tutela durante il 2005: gli Agrumi ornamentali della Toscana
(che hanno richiesto l’Indicazione Geografica Protetta),
il Gran Suino Padano ( con areale comprendente altre regioni) e il Vitellone della Maremma, entrambi richiedenti la DOP. Quest’ultimo prodotto potrebbe seguire un iter
molto simile a quello del riconoscimento concesso al Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP per le razze
Chianina, Marchigiana e Romagnola, essendo tutelato
dallo stesso Consorzio che inizialmente si occupò delle
tre razze e che attualmente tutela i produttori delle famose vacche di razza Maremmana.
Prodotti DOP/IGP già riconosciuti
con areale interamente toscano
Castagna del Monte Amiata IGP
Fagiolo di Sorana IGP
Farina di Neccio della Garfagnana DOP
Farro della Garfagnana IGP
Lardo di Colonnata IGP
Marrone del Mugello IGP
Miele della Lunigiana DOP
Olio extravergine di oliva Chianti Classico DOP
Olio extravergine di oliva Lucca DOP
Olio extravergine di oliva Terre di Siena DOP
Olio extravergine di oliva Toscano IGP
Prosciutto Toscano DOP
Zafferano di San Gimignano DOP
Fonte: Arsia
Prodotti DOP/IGP già riconosciuti
con areale comprendente altre regioni
Fungo di Borgotaro IGP
Mortadella Bologna IGP
Pecorino Romano DOP
Pecorino Toscano DOP
Salamini Italiani alla Cacciatora DOP
Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale IGP
2.2.2 Le DOP e IGP: la situazione in Toscana
Il paniere delle Denominazioni geografiche in Toscana
ammonta a 19 prodotti, comprendenti 2 formaggi, 4 prodotti a base di carne, 1 carne fresca, 4 oli extravergine
d’oliva, 6 prodotti ortofrutticoli e cereali, 1 miele (rientrante nella categoria “altri prodotti di origine animale”)
e 1 spezia. Quest’ultima è rappresentata dallo Zafferano
di S. Gimignano DOP, l’ultimo prodotto toscano riconosciuto mediante il Reg. CE n. 205/2005 (e pubblicato in
G.U.U.E. con L. 33/6 del 5 febbraio 2005), la cui produzione avviene nel piccolo comune senese secondo tecniche risalenti al Medioevo, quali ad esempio la selezione
Fonte: Arsia
Per quanto riguarda il volume delle produzioni certificate in Toscana, al 2003 sono state certificate DOP e IGP
7.022,6 tonnellate di prodotti, per un valore al consumo
pari a 101.101.400 : tra i prodotti di maggior volume
certificato rientrano il Prosciutto Toscano DOP, con
1.670 t certificate, il Pecorino Toscano DOP, con 1.334 t
77
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Prodotti DOP/IGP in fase
di riconoscimento
Produzioni certificate DOP/IGP
per provincia
Dati in tonnellate al 2003
Prodotti DOP e IGP con areale interamente toscano:
Agrumi ornamentali della Toscana IGP
Carne di Suino Cinto Toscano DOP
Farina di castagne della Lunigiana DOP
Farina dolce di castagne della Montagna Pistoiese IGP
Marrone di Caprese Michelangelo DOP
Olio extravergine di oliva Colline di Firenze DOP
Olio extravergine di oliva Colline di Pisa DOP
Olio extravergine di oliva Seggiano DOP
Pane toscano DOP
Panforte di Siena IGP
Pecorino a latte crudo delle Montagne e Valli pistoiesi DOP
Pecorino Terre di Siena DOP
Ricciarelli di Siena IGP
Zafferano delle Colline Fiorentine DOP
Prodotti DOP e IGP con areale comprendente altre regioni:
Gran Suino padano DOP
Vitellone della Maremma DOP
Prov.
LU
PT
FI
PO
LI
PI
AR
SI
GR
Tot.
Carni Formaggi Oli di Orto
Altri
prep.
Oliva frutta Prod.*
0,0
0,0
4,0
53,0
0,0
400,0
0,0
125,7
7,5
0,0
217,6
222,0
792,8
75,0
44,0
0,0
0,0
32,0
0,0
0,0
0,0
0,0
294,4
0,0
103,4
100,0
2,5
124,3
0,0
168,3
20,0
2,6
172,3
0,0
518,9
1.100,0
137,4
226,7
1,0
278,2
0,0
970,0
674,9
6,0
148,1
1.837,6 1.334,5 2.447,1 142,5 1.260,9
Tot.
per prov.
57,0
533,2
1.351,4
32,0
397,8
395,1
713,8
1.743,3
1.799,0
7.022,6
*Vitellone bianco dell’Appennino centrale IGP
Fonte: Nomisma
le politiche agricole e forestali n. 350 del 8 settembre
1999.
Alcune delle schede relative alle ricette e ai prodotti di
precedente inserimento sono state inoltre accorpate in
una sola scheda (quali ad esempio i prodotti “carscenta di
Sassalbo” e “carscenta della Lunigiana”, con denominazione unica “Carscenta della Lunigiana”). Il totale dei
prodotti tradizionali toscani censiti fino a giugno 2005
ammonta quindi a 440 prodotti, 52 dei quali sono prodotti in deroga ad una parte della normativa igienico-sanitaria nazionale.
Fonte: Arsia
marchiate e in particolare l’olio di Oliva Toscano IGP,
che è stato certificato e imbottigliato per quasi 2.400
tonnellate (dati Nomisma). Sebbene tra gli olii di Oliva
toscani spicchi per quantità certificata quest’ultima denominazione, anche il “Terre di Siena” ed il “Chianti
Classico” DOP hanno visto un incremento costante delle
rispettive quantità certificate, raggiungendo il primo le
36 t ed il secondo le 12 t “marchiate”: il Consorzio dell’Olio Chianti Classico DOP ha tra l’altro organizzato a
Firenze nel maggio del 2005 un vero e proprio “banco di
assaggio” dell’olio con l’obiettivo di una maggiore valorizzazione del prodotto e di favorire l’incremento della
conoscenza delle sue qualità organolettiche da parte del
consumatore.
Nuovi prodotti tradizionali censiti
Anno 2005
Amaretti di Carmignano
Carciofo di San Miniato
Farina di neccio di Villa Basilica
Focaccia Leva di Gallicano
Frate lucchese
Grano saraceno
Mignecci di Formentone di Gallicano
Patata di Santa Maria a Monte “ La Tosca”
Pecorini alle erbe aromatiche
Pomodoro grinzoso di San Miniato
Salsiccia con cotenne
Salviato di Villa Basilica
Schiaccia pasquale con uccellini di San Pietro
Soppressata di cinghiale
Tabacco Kentucky della Valtiberina
Torta salata di Villa Basilica
Tortelli alla lastra
Trota marinata di Gallicano
Zia di Maremma
2.2.3 I prodotti tradizionali in Toscana
Durante la seconda metà del 2004 i primi mesi del
2005 il paniere dei prodotti tradizionali toscani, definiti come “prodotti le cui metodiche di lavorazione,
conservazione e stagionatura risultano consolidate
nel tempo, praticate sul territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali, comunque per un
periodo non inferiore ai 25 anni”, si è ulteriormente
arricchito di 19 nominativi. Dal 1999 è incaricata del
censimento di questi prodotti l’Agenzia Regionale per
lo Sviluppo e l’Innovazione in Toscana, in attuazione
di quanto disposto dall’art. 8 del Dlgs n. 173/98
“Disposizioni in materia di costi di produzione per il
rafforzamento strutturale delle aziende agricole” e
dal successivo decreto di attuazione del Ministero del-
Fonte: Arsia
78
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Il cavallo maremmano e il cavallino di Monterufoli due razze da valorizzare
La Toscana si distingue per aver prodotto, in giorni che si perdono nella storia degli Etruschi, un animale robusto, tozzo, ombroso, forte, allevato nella Maremma Tosco-Laziale dove proliferava proprio in quei pascoli che la
malaria rendeva pericolosi per l’uomo. Il suo manto baio o morello, generalmente scuro, è adatto alla prolungata
esposizione solare estiva e risulta a volte addirittura vitale contro erbe infestanti che possono produrre reazioni allergiche all’animale esposto al sole (motivo per cui anche nelle Murge, particolarmente ricche di queste piante, tutti i cavalli sono neri).
Adesso del vero maremmano si è perso il patrimonio genetico, sopravvivono piccoli allevamenti di appassionati cultori della purezza che, con grandi sacrifici, cercano di conservare quel poco recuperato.
Ma il maremmano migliorato è più alto elegante e docile del suo predecessore a tal punto da essere un ottimo saltatore nelle competizioni equestri.
Ma la Toscana, nel suo equilibrio ambientale, non è solo pascoli e pianure e allora, per le zone montuose, i passaggi difficili, le strade tortuose occorreva un cavallo di taglia ridotta. Robusto, per il lavoro in un clima un po’ più
severo, frugale nelle abitudini, grazie anche a riproduttori tolfettani venne creata una varietà di pony di razza Selvena da impiegare in lavori agricoli e di trasporto. Il Cavallino di Monterufoli, che prende il nome dalla tenuta d’origine, è tutt’ora presente con un numero limitato di capi (77 censiti nel 1998 e distribuiti in 11 allevamenti), impiegati proficuamente in attività ricreative-sportive soprattutto per principianti e bambini.
Il cavallo è passato da forza motrice, a cibo, a sport; e la Toscana, in questo aspetto ludico, ha i suoi punti di
forza.
Per l’alta concentrazione d’impianti sportivi dedicati a quest’animale; solo per gli ippodromi di galoppo possiamo vantare il record di densità regionale, ma anche perché la regione si presta all’ utilizzo dei cavalli come risorse
turistico-ambientali che possono aggiungere qualità e carattere all’offerta toscana che conta su un equitazione affermata che muove un numero sostenuto di operatori per tutto l’arco dell’anno.
Tale attività si accompagna nella presenza delle scuole di mascalcia (Pisa), dei centri veterinari specializzati
(Grosseto), dei corsi professionali (Arezzo), e di un piano zootecnico che sostiene, tramite misure dedicate, la proliferazione anche dei piccoli centri, ecosostenibili e conformi alle nostre tradizioni.
siano legati alle fluttuazioni dei prezzi. Tali pagamenti
sono ottenuti dalla ripartizione di una “enveloppe” finanziaria che per l’Italia ammonta a 36,34 milioni di euro per il 2004, 72,89 milioni di euro per il 2005 e 109,33
milioni di euro per il 2006 e 2007.
I pagamenti fino al 2007 saranno sostanzialmente “accoppiati” alla produzione, perché legati al possesso del
QRI di ciascun anno. Dal 2007 invece dovrebbe avere
inizio il disaccoppiamento totale previsto dalla riforma
dell’OCM. In particolare è stabilito che i produttori di
latte ricevano un aiuto al reddito (pagamento unico) in
cui confluiranno sia il premio base che il premio supplementare. Il premio base dovrebbe corrispondere a circa
il 70% del valore determinato in funzione della quota
aziendale in essere al 31 marzo 2006. Il premio supplementare, in base alle decisioni adottate a livello di Stato
membro (Decreto 23 Aprile MiPAF 2004), dovrebbe essere calcolato sulla base della produzione aziendale effettivamente commercializzata nel corso della campagna
2005/2006. Questi importi confluiranno nel premio unico aziendale, e quindi vanno a sommarsi al valore storico attribuito all’azienda per la produzione di seminativi
e per i premi zootecnia da carne incassati nel periodo di
riferimento 2000-2002).
In base a queste disposizioni è dunque ragionevole at-
2.3 La filiera latte bovino
2.3.1 Il quadro normativo di riferimento
Nel giugno 2003 è stata approvata la riforma dell’OCM latte (Reg. 1787/2003 del 23/09/2003), che prevede la proroga del regime delle quote latte fino al 20142015 e introduce un nuovo meccanismo di aiuti basato su
di un sistema di sostegno diretto al reddito dei produttori volto a compensare la riduzione del sostegno dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari.
Per il periodo 2004-07 l’implementazione del sostegno
diretto avviene attraverso la concessione di un premio
composto da due componenti: il premio base e il premio
supplementare.
Il premio base, uguale su tutto il territorio dell’Unione
Europea, è concesso per anno civile, per azienda e per
tonnellata di quota (Quantitativo di Riferimento Individuale - QRI) disponibile in azienda al 31 marzo di ciascun anno, il cui importo cresce nel tempo: esso è stabilito nella misura di 8,15 /t di quantitativo di riferimento
individuale per il 2004, fino ad arrivare nel 2006 e 2007
a 24,49 /t.
I premi supplementari sono invece erogati ai produttori dallo Stato membro annualmente sulla base di criteri
oggettivi, purché non distorcano la concorrenza e non
79
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
tendersi che nel corso della campagna 2005/2006 si possa verificare una distorsione del normale mercato: ogni
titolare di quota infatti cercherà di massimizzare sia la
disponibilità che l’utilizzo delle proprie quote. Conseguentemente è probabile che il mercato degli affitti annuali delle quote subisca un blocco, e che i produttori che
avessero abitudine o intenzione di coprire le eccedenze
produttive con l’affitto di quote si trovino in difficoltà, e
costretti pertanto a pagare sanzioni sotto forma di prelievo supplementare.
In termini generali è possibile che si verifichi un aumento della produzione, derivante dalla maggior quantità prodotta dalle aziende che cedevano in affitto le quote, e dalle eccedenze di quelle aziende che affittavano,
con effetti negativi sulla politica di rientro della quota
nazionale.
Le possibili soluzioni a queste problematiche sono attualmente oggetto di dibattito a seguito delle segnalazioni presentate al MiPAF dalle organizzazioni professionali, dalle centrali cooperative e da Unalat.
Un’altra importante novità riguarda la normativa
sull’etichetattura del latte fresco varata dal Dm
14/1/2005 “Linee guida per la stesura del manuale
aziendale per la rintracciabilità del latte”; dal giugno
2005 gli stabilimenti di trattamento devono indicare
nella etichettatura del latte fresco anche il riferimento
territoriale cui fanno capo gli allevamenti del latte impiegato. Inoltre per quanto riguarda la “freschezza”, tenuto conto del tipo di pastorizzazione che incide sulla
quantità di sieroproteine, è stabilito che il latte con
l’11% di sieroproteine può denominarsi solo “pastorizzato”, con il 14% può chiamarsi “fresco”, e nobilitarsi
dell’aggiunta “alta qualità” solo se contiene almeno il
15,5% di sieroproteine.
Nel 2006 entrerà in vigore anche il cosiddetto “pacchetto igiene”, ovvero l’insieme di tutti quei regolamenti comunitari che derivano dal Reg. 178/2002 sulla sicurezza alimentare (Reg. 852/2004 sull’igiene dei prodotti
alimentari, Reg. 853/2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, Reg. 854/2004 che stabilisce norme specifiche per
l’organizzazione dei controlli sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano, Reg. 882/2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità
della normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute sul benessere degli animali e reg.
183/2005 sui requisiti per l’igiene dei mangimi).
Il “pacchetto igiene” porterà importanti novità nel settore lattiero-caseario; tra le più importanti si segnala che:
il documento di trasporto non è più previsto salvo che per
i prodotti liquidi o in polvere; il bollo sanitario è costituito dal marchio di identificazione; la non conformità
microbiologica del latte crudo è confermata; non esiste
più la pastorizzazione a temperatura elevata; è accentuata la responsabilità dell’operatore del settore alimentare
sulla sicurezza del prodotto. Interessanti in particolare
sono le definizioni dei trattamenti termici con specifico
riferimento alla pastorizzazione e all’Uht, fornite nelle
misure transitorie del Reg. 853/2004.
2.3.2 La struttura e la distribuzione territoriale
degli allevamenti bovini
La zootecnia bovina si caratterizza tradizionalmente
per la presenza di un numero elevato di aziende piccole
e medie a conduzione familiare. Nel tempo sia il numero degli allevamenti che quello dei capi allevati in Toscana è diminuito, subendo una drastica riduzione soprattutto negli ultimi venti anni.
Evoluzione del numero
delle aziende e dei capi bovini
Dati in migliaia
60
350
Capi
Aziende
Capi
250
50
40
200
30
Aziende
300
150
20
100
10
50
0
1970
1982
1990
2000
0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Anche nel decennio 1990-2000 il calo del numero di
aziende con bovini è stato particolarmente accentuato in
Toscana (-46,1%), anche se il fenomeno interessa l’intero territorio nazionale. La riduzione del numero di allevamenti con bovini è stato superiore alla contrazione della SAU delle aziende con bovini (-32,5%), nonché della
riduzione del numero di capi bovini presenti sul territorio, che sono passati da oltre 149.000 unità a 103.008
(-30,9%). Tutto ciò, al pari di quanto accade per altre
produzioni, si traduce in un aumento della dimensione
media dell’attività di allevamento per azienda, percepibile attraverso l’incremento del numero medio di capi bovini presenti in stalla (+28,1%). Si riduce anche ovviamente il reddito complessivamente generato dall’attività
zootecnica bovina in Toscana, ma anche l’incidenza del
reddito derivante dalla zootecnia bovina sul totale del
reddito aziendale, che passa dal 22,3% al 20,1%.
Le giornate di lavoro utilizzate si contraggono parallelamente al numero di aziende, anche se le giornate di
lavoro prestate dai componenti del nucleo familiare si
riducono più di quelle extra aziendali, coerentemente
80
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
con la crescita della dimensione media delle attività
zootecniche e con una maggior professionalità delle attività.
La struttura della zootecnia bovina regionale si presenta ancora oggi molto frammentata, formata in gran
parte da piccolissime aziende, sia in termini di SAU, che
di numero di capi bovini. Quasi la metà degli allevamenti con bovini dispone di un numero di capi compreso tra
1 e 5 unità, e incide soltanto per il 5% sulla mandria regionale. Dall’altra parte il 3% circa delle aziende (la
classe di aziende con oltre 100 capi) dispone di oltre un
terzo dei capi bovini totali.
La riduzione degli allevamenti ha interessato soprattutto le piccolissime aziende: infatti le classi di
dimensione aziendale che presentano un numero di
bovini inferiore ai 20 capi hanno fatto registrare un
calo nel periodo intercensuario 1990-2000, più accentuato nelle classi dimensionali inferiori. Viceversa sono aumentate le classi con più di 30 capi, mentre stazionarie sono quelle della classe compresa tra i 20 e i
30 capi.
Le province di Grosseto, Siena, Firenze ed Arezzo
mostrano la maggiore consistenza di capi, e sono caratterizzate da aziende di maggior dimensione. La ripartizione del numero di allevamenti per provincia non rispecchia quella dei capi bovini, a causa della diversa dimensione media delle aziende e dei diversi orientamenti gestionali assunti nelle varie realtà territoriali (latte,
latte-carne, ciclo chiuso o ciclo aperto, tipologia di stabulazione, ecc.).
Le province di Lucca, Massa e Pistoia si caratterizzano invece per la maggior presenza di aziende di
piccole dimensioni (in termini di numero di capi per
azienda), mentre la provincia di Grosseto mostra la
più alta incidenza delle aziende grandi (da un punto
di vista zootecnico), anche per la maggior presenza
relativa di allevamenti da latte, la cui dimensione
economica minima necessita di un più alto numero di
capi.
Aziende con bovini: principali
parametri aggregati
Anni 1990-2000
1990
Aziende
9.206
SAU
199.780
Superficie totale
360.934
Num. totale capi bovini
149.132
Num. capi bovini per azienda
16,2
RLS zootecnia bovina (.000)
70.625
% RLS bovini / RLS totale
22,3%
Giornate familiari (.000)
3.694
Giornate altra manod. (.000)
701
Giornate totali (.000)
4.395
2000 Variazione %
4.964
-46,1%
134.754
-32,5%
231.875
-35,8%
103.008
-30,9%
20,8
+28,1%
39.774
-43,7%
20,1%
-9,9%
2.004
-45,7%
415
-40,8%
2.419
-45,0%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
Aziende con bovini - numero di aziende
e capi per classi di capi
Anno 2000
Classi
1-5
6-10
11-30
31-50
51-100
oltre 100
Totale
Aziende % su tot. Capi % su tot.
2.392
48,2%
5.585
5,4%
674
13,6%
5.267
5,1%
1.057
21,3%
20.010
19,4%
395
8,0%
15.559
15,1%
285
5,7%
20.338
19,7%
161
3,2%
36.249
35,2%
4.964 100,0% 103.008 100,0%
Capi/Az.
2,3
7,8
18,9
39,4
71,4
225,1
20,8
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, V Censimento dell’agricoltura
Zootecnia bovina - numero di aziende e capi per classi di capi per provincia
Anno 2000
AR
FI
GR
LI
LU
MS
PI
PT
PO
SI
Tot.
Az.
245
178
191
62
541
740
165
98
37
135
2.392
1-5
Capi
691
472
499
176
1.162
1.495
431
214
95
350
5.585
Az.
102
90
148
27
80
66
62
24
16
59
674
6-10
Capi
793
729
1.162
212
610
497
487
194
120
463
5.267
Az.
158
111
390
46
72
49
101
15
8
107
1.057
11-30
Capi
2.911
2.163
7.552
865
1.293
895
1.893
277
153
2.008
20.010
31-50
Az.
Capi
53
2.133
49
1.968
159
6.242
18
709
29
1.107
14
503
30
1.165
4
187
4
174
35
1.371
395 15.559
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, V Censimento dell’agricoltura
81
51-100
Az.
Capi
67
4.787
38
2.650
92
6.390
13
961
13
970
4
268
18
1.328
4
321
36
2.663
285 20.338
Oltre 100
Az.
Capi
26 4.918
31 6.078
42 8.264
5
861
5
760
1
184
17 5.179
3 2.849
1
103
30 7.053
161 36.249
Az.
651
497
1.022
171
740
874
393
148
66
402
4.964
Totale
Capi
16.233
14.060
30.109
3.784
5.902
3.842
10.483
4.042
645
13.908
103.008
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Aziende con bovini e relativo numero di capi per provincia e anni di censimento
2000
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Toscana
Aziende
651
497
1.022
171
740
874
393
148
66
402
4.964
% su tot.
13,1%
10,0%
20,6%
3,4%
14,9%
17,6%
7,9%
3,0%
1,3%
8,1%
100,0%
capi
16.233
14.060
30.109
3.784
5.902
3.842
10.483
4.042
645
13.908
103.008
% su tot
15,8%
13,6%
29,2%
3,7%
5,7%
3,7%
10,2%
3,9%
0,6%
13,5%
100,0%
1990 - 2000
Var % Az. Var % capi
-43,9%
-22,3%
-49,3%
-26,2%
-38,9%
-28,8%
-43,2%
-51,9%
-51,4%
-43,8%
-48,9%
-46,6%
-42,4%
-27,8%
-42,4%
-5,5%
-52,9%
-50,5%
-47,0%
-38,4%
-46,1%
-31,5%
1982 - 2000
Var % Az. Var % capi
-75,9%
-44,4%
-76,3%
-46,9%
-58,3%
-37,6%
-69,6%
-76,8%
-71,6%
-56,4%
-64,7%
-66,9%
-68,0%
-46,7%
-74,5%
-45,8%
n.s.
n.s.
-74,4%
-53,0%
-69,5%
-49,0%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, IV e V Censimento dell’agricoltura
Aziende con vacche da latte e relativo
numero di capi per classi di capi
2.3.3 La zootecnia da latte: alcuni dati strutturali
I dati più recenti disponibili relativi agli allevamenti di
vacche da latte sono quelli forniti dall’indagine strutturale dell’Istat per il 2003, che registrano la presenza di 940
aziende in Toscana, con una consistenza di 13.422 capi
in totale. L’analisi dimensionale mostra come la maggior
parte delle aziende (40,9%) siano concentrate nella classe da 1 a 2 capi, cui corrisponde solo il 3,9% dei capi; vi
è poi una moda, che assomma il 22,6% della aziende,
mentre il 47,2% dei capi si trova nella classe da 20 a 49
capi, mentre ben il 24,7% dei capi è concentrato nella
classe oltre 100 capi che registra solo l’1,9% delle aziende.
L’analisi della distribuzione delle aziende con vacche
da latte per classe di SAU mostra una relativa uniformità
delle aziende in tutte le classi che vanno da 2 a 100 ettari, con una massimo nella classe da 5 a 10 ettari che
Anno 2003
Classi di Capi
Da 1 a 2
Da 3 a 5
Da 6 a 9
Da 10 a 19
Da 20 a 49
Da 50 a 99
Oltre 100
Totale
Aziende
numero
%
384
40,9
133
14,1
109
11,6
64
6,8
212
22,6
20
2,1
18
1,9
940
100,0
Capi
numero
%
517
3,9
451
3,4
730
5,4
844
6,3
6.339
47,2
1.223
9,1
3.318
24,7
13.422
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat,
Indagine strutturale sulle aziende agricole
Aziende con vacche da latte e relativo numero di capi per classe di SAU
Anno 2003
SAU
da 1 a 2
< 1 ha
Da 1 a 2
26
Da 2 a 3
52
Da 3 a 5
52
Da 5 a 10
121
Da 10 a 20
26
Da 20 a 30
98
Da 30 a 50
Da 50 a 100
9
100 ed oltre
Totale
384
da 3 a 5
26
80
26
1
133
da 6 a 9
59
26
14
10
109
da 10 a 19
17
20
22
5
64
Numero di capi
da 20 a 49
11
51
16
64
68
2
212
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, V Censimento dell’agricoltura
82
da 50 a 99
4
11
1
4
20
Oltre 100
8
10
18
Totale
26
78
132
217
124
148
97
96
22
940
Incidenza %
0,0
2,8
8,3
14,0
23,1
13,2
15,7
10,3
10,2
2,3
100,0
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di vacche da latte distribuite per classe di SAU
Anno 2003
SAU
da 1 a 2
< 1 ha
Da 1 a 2
26
Da 2 a 3
52
Da 3 a 5
78
Da 5 a 10
121
Da 10 a 20
26
Da 20 a 30
195
Da 30 a 50
Da 50 a 100
19
100 ed oltre
Totale
517
da 3 a 5
78
239
130
4
451
da 6 a 9
352
209
96
73
730
da 10 a 19
264
283
243
54
844
Numero di capi
da 20 a 49
270
1.791
502
1.612
2.099
65
6.339
da 50 a 99
190
691
70
272
1.223
da 100 a 499
854
2.465
3.319
Totale
26
130
317
873
2.480
1.076
2.546
3.115
2.860
13.423
Incidenza %
0,0
0,2
1,0
2,4
6,5
18,5
8,0
19,0
23,2
21,3
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Indagine campionaria “Struttura e produzioni delle aziende agricole” anno 2003
raccoglie il 23,1% delle aziende. Relativamente alla distribuzione del numero di capi per classi di SAU, si rileva una maggiore concentrazione nelle classi da 10 a oltre 100 ettari di SAU, in cui si rilevano il 90% dei capi.
lordo standard (RLS) della zootecnia bovina sul RLS totale aziendale, che l’importanza economica della zootecnia bovina aziendale nell’ambito della filiera regionale
che è stata calcolata ordinando in chiave crescente le
aziende per RLS della zootecnia bovina, e raggruppandole per quartili. Per cercare di qualificare in maniera più
dettagliata le caratteristiche strutturali, le modalità di
commercializzazione dei prodotti e l’uso di metodi produttivi orientati alle produzioni di qualità abbiamo cercato di isolare il sottoinsieme delle aziende con vacche
da latte dalle aziende regionali con bovini identificati
sulla base di alcuni semplici indicatori, pur consapevoli
delle difficoltà di sezionare e isolare le diversificate tipologie di conduzione dell’attività di allevamento dei bovi-
2.3.4 Le aziende con vacche da latte
secondo una classificazione economica:
struttura, commercializzazione, qualità
L’analisi della zootecnia bovina da latte regionale può
essere ulteriormente condotta in riferimento ai parametri
di importanza economica relativa e assoluta dell’attività
zootecnica delle singole aziende, ovvero attraverso sia il
livello di specializzazione nell’attività zootecnica di ciascuna azienda, misurata in base all’incidenza del reddito
Le tipologie delle aziende con bovini secondo la classificazione “economica”
Importanza attività
x l’azienda
1
Micro
Importanza aziende nella filiera zootecnica bovina regionale
QUARTILI
2
3
Piccole
Medie
4
Grandi
M
Marginale
0-10% RLS
Scarsa zootecnia bovina
da latte, non importante
per l’azienda
Piccola attività zootecnica
bovina da latte, non influisce sul RLS aziendale
Discreta attività zootecnica Notevole attività zootecnibovina da latte, ma non
ca bovina da latte, in assoimportante per l’azienda
luto ma poco per l’azienda
B
Bassa
10-33% RLS
Scarsa zootecnia bovina
da latte, abbastanza importante per l’azienda
Piccola attività zootecnica
bovina da latte, ma abbastanza importante per l’azienda
Discreta attività zootecnica bovina da latte, e abbastanza importante per
l’azienda
E
INTERMEDIA
33-66% RLS
Scarsa zootecnia bovina
da latte, molto importante
per l’azienda
Piccola attività zootecnica
bovina da latte, ma molto
im-portante per l’azienda
Discreta attività zootecni- Notevole attività zootecnica bovina da latte, e molto ca bovina da latte, e molto
im-portante per l’azienda
importante per l’azienda
A
ALTA
> 66%
Scarsa zootecnia bovina
da latte, ma determina
quasi l’intero RLS
Piccola attività zootecnica
bovina da latte, ma determina quasi l’intero RLS
Discreta attività zootecnica Notevole attività zootecnibovina da latte, che deter- ca bovina in azienda spemina quasi l’intero RLS
cializzata
83
Notevole attività zootecnica bovina da latte in assoluto ma non molto per l’azienda
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di aziende con bovini e impianto di refrigerazione del latte
per importanza dell’attività zootecnica bovina per l’azienda
e per livello di importanza delle aziende nella filiera
e relativa incidenza percentuale sul totale delle aziende con bovini
Importanza dei bovini
per l’azienda
Marginale (RLS bovini <10% tot)
Bassa (RLS bovini 10-33%)
Intermedia (RLS bovini 33-66%)
Alta (RLS bovini 66-100%)
Totale complessivo
“micro”
121
53
42
28
244
Importanza delle aziende nella filiera zootecnica bovina
“piccole”
“medie”
“grandi”
Totale
4
2
1
128
17
5
3
78
78
25
16
161
83
71
17
199
182
103
37
566
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
Distribuzione percentuale del numero di capi bovini nelle aziende
con impianti di refrigerazione del latte per importanza dell’attività zootecnica
bovina per l’azienda e per livello di importanza delle aziende nella filiera
Importanza dei bovini
per l’azienda
Marginale (RLS bovini <10% tot)
Bassa (RLS bovini 10-33%)
Intermedia (RLS bovini 33-66%)
Alta (RLS bovini 66-100%)
Totale complessivo
“micro”
4,2%
4,6%
2,0%
1,2%
12,1%
Importanza delle aziende nella filiera zootecnica bovina
“piccole”
“medie”
“grandi”
Totale
1,1%
1,6%
0,7%
7,5%
2,8%
1,8%
2,5%
11,8%
8,6%
6,7%
18,1%
35,4%
9,5%
17,0%
17,5%
45,2%
22,0%
27,1%
38,8%
100,0%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
Numero di capi bovini medi per azienda nelle aziende con impianti
di refrigerazione del latte per importanza dell’attività zootecnica bovina
per l’azienda e per livello di importanza delle aziende nella filiera
Importanza dei bovini
per l’azienda
Marginale (RLS bovini <10% tot)
Bassa (RLS bovini 10-33%)
Intermedia (RLS bovini 33-66%)
Alta (RLS bovini 66-100%)
Totale complessivo
“micro”
8,4
21,3
11,5
10,6
12,0
Importanza delle aziende nella filiera zootecnica bovina
“piccole”
“medie”
“grandi”
Totale
65,3
192,5
167,0
14,3
40,2
88,2
204,7
36,7
26,6
65,1
274,8
53,3
27,8
57,9
249,2
55,1
29,3
63,7
254,4
42,8
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
ni sulla base dei dati del Censimento, e dei limiti interpretativi presenta la formulazione dei quesiti della scheda di rilevazione censuaria presenta.
Per quanto concerne gli allevamenti bovini da latte ci
siamo riferiti a quel nucleo di aziende che hanno dichiarato di disporre di impianti per la refrigerazione del latte.
Secondo le istruzioni del Censimento, si tratta degli “im-
pianti per il raffreddamento e la conservazione del latte a
freddo dopo la mungitura per impedire la moltiplicazione dei batteri”. La presenza di vacche da latte in azienda
infatti di per sé non sarebbe stata sufficiente a caratterizzare l’allevamento come “da latte”, in quanto molte
aziende zootecniche bovine orientate alla produzione di
carne dispongono di vacche da latte utilizzate sia per la
84
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di vacche da latte nelle aziende con impianti di refrigerazione del latte
per importanza dell’attività zootecnica bovina per l’azienda
e per livello di importanza delle aziende nella filiera
Importanza dei bovini
per l’azienda
Marginale (RLS bovini <10% tot)
Bassa (RLS bovini 10-33%)
Intermedia (RLS bovini 33-66%)
Alta (RLS bovini 66-100%)
Totale complessivo
“micro”
18
63
184
134
399
Importanza delle aziende nella filiera zootecnica bovina
“piccole”
“medie”
“grandi”
Totale
13
0
60
91
148
141
297
649
1.071
891
2.243
4.389
1.309
2.434
2.054
5.931
2.541
3.466
4.654
11.060
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
Aziende con impianti di trasformazione
del latte - parametri strutturali
cializzazione aziendale sull’attività di allevamento bovino.
Il numero delle vacche da latte presente in queste strutture aziendali incide per il 72,1% sul totale delle vacche da latte presenti sul territorio regionale alla data del Censimento.
Nessuna azienda con impianti di refrigerazione ha dichiarato di avere impianti per il trattamento del latte in
azienda o impianti per la trasformazione.
Per quanto riguarda le modalità di commercializzazione del latte prodotto in azienda, l’81,6% delle aziende dichiara di vendere con vincoli contrattuali ad imprese industriali, un quarto circa vende (conferisce) ad organismi
associativi, e solo il 15,9% dichiara di vendere senza vincoli contrattuali.
Guardando alla differenziazione per importanza dell’azienda nella filiera, ad eccezione delle micro aziende
con bassa specializzazione sull’attività zootecnica bovina, quasi tutte le aziende con impianti di refrigerazione
del latte dichiarano di vendere con vincoli contrattuali ad
imprese industriali.
Per quanto riguarda la vendita ad organismi associativi si nota invece come l’incidenza sul totale di classe salga al crescere della importanza dell’azienda nella filiera.
Un’ultima nota merita di essere effettuata per la zoo-
Numero di aziende
566
- con impianti per il trattamento del latte
0
- con impianti per il trattamento del latte
0
- con sale di mungitura completamente automatizzata
175
- con sale di mungitura non completamente automatizzata
45
- con impianti per il confezionamento del latte
7
Numero di capi bovini
24.237
Numero di vacche da latte
11.060
RLS da attività zootecnica
17.852.748
RLS totale
44.864.358
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
produzione di vitelli da carne tramite incroci, sia per fornire alimentazione ai vitelli in azienda.
Gli allevamenti zootecnici bovini orientati alla produzione di latte per l’alimentazione umana sono complessivamente 566 aziende (11,4% sul totale delle
aziende con bovini), che detengono quasi un quarto del
numero dei capi in Toscana (24.237 unità), e che coprono la maggior parte delle aziende zootecniche bovine “medie” e “grandi” (72,5%), mentre incidono molto poco sulle categorie dimensionali minori, a segnalare la diversa scala minima necessaria per condurre un
allevamento orientato alla produzione di latte alimentare.
Le aziende con impianto di refrigerazione del latte
assommano 11.060 vacche da latte, che per il Censimento Istat 2000 sono definite come “vacche (bovine
che hanno già partorito almeno una volta), che, per
razza o attitudine, sono adibite esclusivamente o prevalentemente alla produzione di latte destinato al consumo umano o alla trasformazione in prodotti lattierocaseari. Sono comprese le vacche da latte riformate o
al termine della loro carriera economica e le vacche da
latte e carne”. Il 93,3% delle vacche da latte è ubicato
in aziende ad intermedia (39,7%) ed alta (53,6%) spe-
Aziende con impianti
di trasformazione del latte commercializzazione del latte di vacca
Numero di aziende con impianto
di trasformazione del latte
- Vendita diretta al consumatore
- Vendita con vincoli contrattuali
ad imprese industriali
- Vendita con vincoli contrattuali
ad imprese commerciali
- Vendita senza vincoli contrattuali
- Vendita ad organismi associativi
N. aziende
% su totale
566
35
100,0%
6,2%
462
81,6%
44
90
140
7,8%
15,9%
24,7%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
85
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Aziende con impianto di refrigerazione del latte che praticano le diverse forme
di vendita distinte per importanza dell’azienda nella filiera: incidenza percentuale
sul totale delle aziende che dichiarano la modalità di commercializzazione
Importanza dei bovini
per l’azienda
Micro
Piccole
Medie
Grandi
Totale complessivo
Vendita diretta
3,7%
8,8%
7,8%
5,4%
6,2%
Organismi associativi
11,9%
30,8%
35,9%
48,6%
24,7%
Senza vincoli
10,2%
20,9%
19,4%
18,9%
15,9%
imprese comm.li
3,7%
10,4%
10,7%
13,5%
7,8%
imprese ind.li
65,2%
91,8%
97,1%
97,3%
81,6%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
Aziende con impianti di refrigerazione del latte per importanza dell’attività zootecnica
bovina per l’azienda e per livello di importanza delle aziende nella filiera
Importanza dei bovini
per l’azienda
Importanza delle aziende nella filiera zootecnica bovina
“micro”
“piccole”
“medie”
“grandi”
Totale
Numero di aziende che utilizzano disciplinari di produzione
Marginale (RLS bovini <10% tot)
3
1
4
Bassa (RLS bovini 10-33%)
4
1
1
6
Intermedia (RLS bovini 33-66%)
2
4
5
11
Alta (RLS bovini 66-100%)
7
4
3
14
Totale complessivo
9
13
9
4
35
Numero di capi delle aziende che utilizzano disciplinari di produzione
Marginale (RLS bovini <10% tot)
53
89
142
Bassa (RLS bovini 10-33%)
85
58
70
213
Intermedia (RLS bovini 33-66%)
19
81
266
366
Alta (RLS bovini 66-100%)
198
160
594
952
Totale complessivo
157
426
426
664
1.673
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
tecnia biologica. Non sono molte le aziende zootecniche
con impianti di refrigerazione del latte che hanno dichiarato di praticare la zootecnia biologica (16 aziende per
un totale di 985 capi), e ciò può essere spiegato anche alla luce della normativa comunitaria relativa alla zootecnia biologica solo recentemente introdotta (anno 1999).
La dimensione media di questo tipo di allevamento è di
circa 62 capi. Poco più diffuso è l’utilizzo di disciplinari
di produzione che, per il questionario di rilevazione censuaria, comprende “un tipo di produzione basata sull’adesione (volontaria) di un imprenditore ad un’associazione di produttori (…), che gestisce un marchio e un insieme di standard minimi di qualità (il disciplinare) al fine di valorizzare la propria produzione”.
quantità di latte commercializzato totale di 75,7 tonnellate (-10,5% rispetto alla campagna precedente). La distribuzione degli allevamenti per classe di dimensione
espressa in tonnellate di latte commercializzato mostra
una concentrazione degli allevamenti nelle classi che
vanno da 20 a 500 tonnellate/anno, mentre le quantità di
latte commercializzato si concentrano nelle classi da 100
a 2000 tonnellate/anno.
A livello territoriale gli allevamenti risultano molto
concentrati nella provincia di Grosseto che mantiene il
44,9% degli allevamenti e il 45,7% delle quantità commercializzate, seguita da Firenze con il 14,8% degli allevamenti e il 20,8% delle quantità. Un profilo diverso presenta la provincia di Siena che possiede allevamenti di dimensioni relativamente maggiori detenendo una quota
sulle aziende solo del 6,1% in corrispondenza di ben il
13,7% della quantità di latte. Al contrario Lucca possiede
il 16,3% degli allevamenti e solo il 3,9% delle quantità.
Guardando all’evoluzione recente degli allevamenti di
2.3.5 La produzione di latte e la gestione delle quote
Il numero di allevamenti con titolarità di quote in
Toscana risultano per la campagna 2004/2005 pari a 410
(-13,1% rispetto alla campagna precedente) con una
86
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
lattifere si nota una diminuzione continuativa del numero
degli allevamenti che investe tutte le province maggiormente vocate, mentre meno rilevante appare la riduzione
delle quantità, probabilmente determinata da una concentrazione e da un aumento dimensionale delle imprese.
Considerando la ripartizione per tipologia di commercializzazione si nota come le vendite dirette siano scarsamente significative rispetto al totale, sia delle imprese che
della produzione commercializzata. Interessante è la forte differenziazione nella produzione media commercializzata per impresa, che va dalle 38,3 t di Prato e 42,5 t di
Pistoia, fino alle 400 t di Siena. Grosseto ha una produzione media commercializzata di sole 182 t per impresa
mentre Firenze arriva a 251 t.
Un’ultima nota merita di essere effettuata sul mercato
delle quote: nel 2003/04 sono stati effettuati in Toscana
37 contratti di vendita di quote, cedute per la maggior
parte in Lombardia (47,8%), seguita dalla Toscana
(36,5%) e dall’Emilia Romagna (11,0%).
Distribuzione del numero di allevamenti
di lattifere per classe di dimensione
Quote di produzione
cedute dalla Toscana in Italia
Tonnellate/anno di latte commercializzato nella campagna
2003/2004
Dim.
Aziendale
N. allevamenti
Da 0,1 a 10
Da 10,1 a 20
Da 20,1 a 50
Da 50,1 a 100
Da 100,1 a 200
Da 200,1 a 500
Da 500,1 a 1000
Da 1000,1 a 2000
Oltre 2000
Totale
43
44
99
101
84
65
20
13
3
472
% su
Quantità
totale commercializzate
(t/anno)
9,1
0,2
9,3
0,6
21,0
3,3
21,4
7,2
17,8
12,4
13,8
19,9
4,2
14,2
2,8
18,8
0,6
7,9
100,0
84,5
% su
totale
campagna 2004/2005
Regione
Quota consegne
destinataria
movimentata
Piemonte
447.000
Lombardia
5.374.275
Prov. Autonoma di Trento
81.476
Emilia Romagna
1.235.820
Toscana
4.106.582
Lazio
6.151
Totale Toscana
11.251.304
Totale Nazionale
519.984.604
% Toscana su tot. nazionale
2,2%
0,2
0,7
3,9
8,5
14,7
23,6
16,8
22,2
9,3
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Agea
Incidenza %
4,0
47,8
0,7
11,0
36,5
0,1
100,0
Fonte: Elaborazioni su dati Agea
Distribuzione del numero di allevamenti di lattifere
e delle quantità commercializzate per provincia
Valori percentuali campagne 2003/2004
50,0
45,0
40,0
35,0
30,0
25,0
20,0
15,0
10,0
5,0
0,0
Massa C.
Lucca
Pistoia
Firenze
Livorno
Allevamenti
Fonte: Elaborazioni su dati Aima
87
Pisa
Quantità
Arezzo
Siena
Grosseto
Prato
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Evoluzione degli allevamenti di lattifere
e della loro produzione commercializzata di latte vaccino
Dal 2001-2002 al 2003-2004
Numero di imprese in produzione*
Quantità
2001-2002 2002-2003
2003-04
Var. 20032001-2002
2002-2003
2003-04
Var. 200304/2002-03
04/2002-03
Massa C.
31
28
24
-14,3
2,1
2,3
2,3
0,0
Lucca
95
88
77
-12,5
3,4
3,5
3,3
-5,7
Pistoia
11
7
8
14,3
0,5
0,4
0,6
50,0
Firenze
77
71
70
-1,4
18,7
17,9
17,6
-1,7
Livorno
16
13
12
-7,7
2,4
1,9
1,9
0,0
Pisa
17
16
17
6,3
4,7
5,1
4,7
-7,8
Arezzo
20
18
19
5,6
3,7
4,1
3,7
-9,8
Siena
34
31
29
-6,5
12,2
11,7
11,6
-0,9
Grosseto
243
226
212
-6,2
38,6
39,8
38,7
-2,8
Prato
4
4
4
0,0
0,2
0,2
0,2
0,0
Toscana
548
502
472
-6,0
86,5
86,9
84,6
-2,6
*In molti casi la somma del numero di imprese con "consegne" con quello delle imprese con "vendite dirette" è superiore a quello delle imprese che commercializzano latte, dato che alcune imprese commercializzano il latte prodotto in parte con "consegne" e in parte come "vendite dirette".
Fonte: Elaborazioni su dati Aima
Provincia
Distribuzione degli allevamenti di lattifere
e della loro produzione commercializzata di latte vaccino
2003/2004
Numero di imprese*
Quantità
con vendite
in produzione Cons. totali
Vend. Dir.
Produz.
Prod. Comm. Media
dirette
(.000 t)
Tot. (.000 t)
Comm.
per impresa (t)
a
b
c
d
e
f=d+e
g = (f/c) x 1000
Massa C.
20
6
24
1,9
0,3
2,3
95,0
Lucca
77
1
77
3,3
0,0
3,3
42,5
Pistoia
7
2
8
0,2
0,4
0,6
75,8
Firenze
67
3
70
17,3
0,2
17,6
251,1
Livorno
12
12
1,9
1,9
161,4
Pisa
16
1
17
4,6
0,0
4,7
273,9
Arezzo
18
1
19
3,6
0,0
3,7
192,6
Siena
29
1
29
11,5
0,2
11,6
400,2
Grosseto
210
4
212
38,6
0,1
38,7
182,8
Prato
4
4
0,2
0,2
38,3
Toscana
460
19
472
83,1
1,2
84,6
179,2
*In molti casi la somma del numero di imprese con "consegne" con quello delle imprese con "vendite dirette" è superiore a quello delle imprese che commercializzano latte, dato che alcune imprese commercializzano il latte prodotto in parte con "consegne" e in parte come "vendite dirette".
Fonte: Elaborazione su dati Aima
Provincia
con consegne
2.3.6 L’industria di trasformazione
La produzione toscana di latte bovino è destinata quasi interamente alla produzione di latte fresco, in particolare di latte fresco pastorizzato, mentre per la produzione di latte Uht viene utilizzato prevalentemente latte proveniente da altre regioni o dall’estero.
Le imprese di confezionamento del latte alimentare so-
no tre: due società cooperative, Latte Maremma e Caplac, e una centrale pubblica, la Centrale del Latte di Firenze Pistoia e Livorno.
Le produzioni realizzate sono latte pastorizzato fresco,
tra cui anche latte di alta qualità, e latte a lunga conservazione (Uht) anche se quasi tutte le aziende mostrano
una tendenza alla diversificazione con l’introduzione
88
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
nella gamma di prodotti caseari, tradizionali (yogurt,
mozzarella, panna, burro) o innovativi (creme, latte e
yogurt biologici).
Il latte lavorato in Toscana è per la maggior parte di
origine regionale. Per quanto riguarda la Centrale del
Latte di Firenze Pistoia e Livorno, essa lavora circa 75
milioni di litri di latte all’anno di cui oltre 37 milioni di
litri di latte raccolti in circa 140 stalle toscane: la metà di
queste si trovano nell’area del Mugello, le restanti nel resto della regione (solo il 5% del latte lavorato dalla Centrale proviene dall’estero). Latte Maremma lavora esclusivamente latte conferito dai soci, 19 milioni di litri, di
cui 14,5 milioni sono lavorati direttamente per la produzione di latte fresco, e la restante quota consegnata ad altre aziende in conto trasformazione. La Caplac lavora
principalmente latte proveniente da fuori regione a causa
di un’insufficiente quantità di latte prodotta nel territorio
di riferimento.
In base all’indagine diretta effettuata, tra le problematiche più sentite dai confezionatori vi è quella della compressione dei margini conseguente alla diminuzione dei
prezzi al dettaglio imposta dalla grande distribuzione organizzata, oggi principale canale di sbocco, e dai crescenti costi di produzione legati in parte al costo della
materia prima, ma soprattutto ai costi della logistica derivanti da una raccolta caratterizzata da una forte dispersione sul territorio.
Importanti investimenti strutturali sono stati effettuati
recentemente dalle aziende di trasformazione toscane:
sono già operativi sia il nuovo stabilimento della Centrale del Latte di Firenze Pistoia, Livorno reputato tecnologicamente tra i più avanzati a livello non solo italiano,
sia il rinnovato impianto di lavorazione della Latte Maremma.
sottoscritto da diversi anni con le cooperative Cooperlatte, Coagrisen e Coagrifir, un accordo integrativo che stabilisce una remunerazione aggiuntiva di 0,031 al lt +
Iva per il latte proveniente da produttori in possesso di
autorizzazione per l’alta qualità e le cui stalle siano situate nel Mugello. L’incremento delle stalle autorizzate e
l’assenza di una condizione di verifica dei requisiti sul
latte consegnato ha creato tensioni tra la Centrale e i produttori per l’incremento delle remunerazioni, cosicché
nel 2003 è stato stabilito che il premio fosse corrisposto
solo per due terzi del latte conferito. Ancora dibattuta è
invece la firma dell’accordo 2005-2006, sia per l’approvazione del Decreto 103/2005 che potrebbe consentire
l’avvio di diverse procedure di concertazione, sia per la
richiesta di profonde trasformazioni nelle condizioni di
remunerazione dei produttori da parte della Centrale del
Latte di Pistoia, Firenze e Livorno, stretta dalla morsa
della concorrenza sui prezzi. In particolare i punti di revisione sono:
- l’inasprimento delle penali per i produttori che non
rispettano i requisiti qualitativi minimi di legge in
particolare con riferimento alla carica batterica e alle
cellule somatiche;
- la remunerazione della “mugellanità” non più esclusivamente sulla base della presenza dell’autorizzazione della stalla alla produzione per l’alta qualità,
con la verifica della presenza dei requisiti per consegna;
- riorganizzazione della raccolta del latte in modo da
razionalizzare la logistica e i costi.
2.3.8 La distribuzione
In base a un’indagine Ismea-AcNielsen effettuata a livello nazionale il settore globale del latte e derivati freschi si concentra in termini di vendita nei supermercati
e negli ipermercati, che nel 2004 hanno coperto i 3/4 del
volume di mercato totale ed il 79% del totale in valore:
tali quote sono frutto di un trend positivo che rispetto al
2000 ha determinato un incremento dell’incidenza rispettivamente del 10% e del 6%. Contemporaneamente
dallo stesso anno è scesa la quota in valore e in volume
distribuita negli alimentari tradizionali dal 13% al 10%;
una minore importanza riveste invece il canale dei discount e dei liberi servizi, che non raggiungono il 10% in
volume o in valore.
Nello specifico, un trend simile è seguito dal latte fresco, che nel 2000 tramite supermercati e ipermercati copriva il 50% del volume totale venduto, raggiungendo
quota 66% nel 2004, mentre il secondo canale in termini
di importanza per questo prodotto, gli alimentari tradizionali, ha venduto volumi sempre minori, partendo dal
25% del totale nel 2000 per giungere all’attuale 19%. Il
canale dei liberi servizi mantiene uno stabile 10% dei volumi venduti, mentre, trattandosi di prodotti freschi, una
minore importanza è rivestita dai discount, dove tradi-
2.3.7 I rapporti industria-agricoltura
Nonostante l’accordo sul prezzo del latte bovino alla
stalla per l’annualità 2004-2005 sia stato firmato soltanto a ratifica nel marzo 2005, i prezzi corrisposti alle
aziende zootecniche nel 2004 sono stati sostanzialmente
in linea con quelli praticati nel corso della campagna precedente.
In particolare l’accordo prevede la remunerazione del
latte a un prezzo base di 0,3512 + Iva entro 60 giorni
dalla consegna. Inoltre viene stabilito un meccanismo di
premi e penali per la qualità basati sul contenuto di grasso, proteine, cellule somatiche e carica batterica totale. In
riferimento alla produzione di “latte fresco pastorizzato di
alta qualità” viene fissato rispetto al prezzo base, un
plafond aggiuntivo di 0,0145. Questo plafond viene pagato al produttore che sia in possesso dell’autorizzazione
alla produzione del latte di altra qualità di cui al Dm n.
185/91 e rispetta i parametri previsti per il contenuto in
grasso, proteine, cellule somatiche, carica batterica.
La Centrale del latte di Firenze, Pistoia e Livorno ha
89
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
zionalmente i consumatori orientano i propri acquisti su
grandi quantità di prodotto con alta conservabilità nel
tempo.
Anche il latte fresco di alta qualità segue lo stesso
trend, concentrando i propri volumi e valori di vendita
sempre in misura maggiore nei supermercati e negli
ipermercati, anche se questi lasciano una quota più alta
agli alimentari tradizionali, che nel 2004 hanno venduto
circa il 22% del totale in volume e in valore. Il prodotto
che si concentra maggiormente nel canale distributivo
“iper - super” permane il latte a lunga conservazione
(Uht), con l’80% (al 2004) del totale venduto in volume
e in valore, anche se la quota rimanente anziché privilegiare gli alimentari tradizionali, è distribuita nei discount.
Una “nuovo” canale distributivo si è aperto recentemente in Italia attraverso la vendita diretta di latte crudo, senza cioè alcun trattamento di pastorizzazione o lavorazione industriale, da parte degli allevatori. Il latte
deve soddisfare i requisiti del Dpr 54/97 e le aziende
devono essere autorizzate dalla Asl. In caso non posseggano una quota latte vendite dirette devono presentare alla provincia una domanda di trasferimento temporaneo della quota consegne alla quota vendite dirette
per l’anno in corso. Il latte è venduto nelle aziende attraverso distributori self-service. La filiera corta riesce
a comprimere i margini della distribuzione a vantaggio
sia del produttore che del consumatore che acquista il
prodotto a un prezzo (circa 1 euro al litro) inferiore a
quello praticato dalla distribuzione sul mercato. L’attività ha preso avvio in molte regioni italiane da nord a
sud dalla Lombardia, al Friuli Venezia Giulia, alla Puglia.
Italia. Quote di mercato
nella distribuzione del latte
Dati in volume nel 2004
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0
r+
pe
u
S
er
Ip
r
be
Li
zi
vi
er
s
i
Latte fresco
ri
i*
al
ta li
an
en na
c
im io
tri
Al diz
Al
tra
Latte alta qualità
Latte UHT
t
un
co
is
D
*Comprende il Cash & Carry, ambulanti e produzione propria.
Fonte: Ismea - AcNielsen
Italia. Quote di mercato
nella distribuzione del latte
2.3.9 L’andamento dei consumi
I consumi di latte risentono della situazione macroeconomica generale caratterizzata da una stagnazione dei
consumi alimentari. In base a un’indagine ISMEA-Ac
Nielsen nel 2004 i consumi si sono contratti dell’1,28%
rispetto all’anno precedente e questo calo ha investito in
particolare il segmento Uht (-1,79%) rispetto al 2003
spostando le preferenze sul latte fresco e in particolare
sull’alta qualità (+4,15%).
In realtà lo spostamento verso l’alta qualità va reinterpretato alla luce delle politiche di marketing adottate
da molti confezionatori, che hanno trasformato in Alta
Qualità tutto il latte fresco “standard” venduto mantenendo il prezzo originario, per contrastare le politiche
della moderna distribuzione che ha avviato la commercializzazione di latte a marchio proprio a prezzi molto
contenuti.
La diminuzione degli acquisti domestici per la categoria del latte e derivati freschi nel 2004 rispetto all’anno precedente comprende tuttavia una crescita dello yogurt (pari al 2,6%), in contrapposizione alla diminuzione dei consumi di dessert di latte, rispecchiando le
preferenze dei consumatori per alimenti “light” in costante aumento.
Dati in valore nel 2004
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0
r+
pe
u
S
er
Ip
r
be
Li
zi
vi
er
s
i
Latte fresco
t
un
co
s
i
D
ri
i*
al
ta li
an
en na
c
im io
tri
Al diz
Al
tra
Latte alta qualità
Latte UHT
*Comprende il Cash & Carry, ambulanti e produzione propria.
Fonte: Ismea - AcNielsen
90
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Italia. Variazione consumi di latte
nel 2004 rispetto all’anno precedente
Italia. Distribuzione della spesa e dei
volumi acquistati di latte e derivati freschi
Anno 2004
100%
5%
90%
Alta qualità
4%
80%
3%
70%
2%
60%
1%
50%
0%
40%
Dessert di latte
Latte UHT
Latte fresco
30%
-1%
-2%
UHT
20%
Totale
10%
-3%
-4%
Yoghurt
0%
Fresco
Spesa
Volumi
Fonte: Ismea - AcNielsen
Fonte: Ismea - AcNielsen
Italia. Acquisti domestici di latte
Italia. Acquisti domestici
di latte e derivati
Dati in tonnellate anni 2002-2004
Latte
Fresco
Fresco AQ
Uht
Migliaia di euro. Anni 2000-2004
Anno
2000
2001
2002
2003
2004
Tvma*
Latte e deriv.
freschi
3.197.915
3.293.128
3.336.481
3.364.574
3.333.107
1,0%
Latte
2.262.234
2.310.810
2.348.603
2.326.246
2.278.232
0,2%
Latte
Fresco
1.156.511
1.151.507
1.170.758
1.139.797
1.134.559
-0,5%
Fresco
A. Q.
409.956
448.891
462.035
463.430
485.282
4,3%
2002
2.453.426
980.048
374.791
1.473.379
2003
2.382.739
922.372
366.318
1.460.367
2004
2.352.327
918.054
381.538
1.434.273
Tvma*
-2,60%
-3,60%
1,40%
-2,00%
*Tasso di variazione medio annuo.
Fonte: Ismea - AcNielsen
Italia. Andamento degli acquisti
domestici di latte
*Tasso di variazione medio annuo.
Fonte: Ismea - AcNielsen
dati in tonnellate anni 2000-2004
Anno
2000
2001
2002
2003
2004
Tvma*
In termini generali, se nel 2000 si notava che il 70% totale della spesa per il latte e i derivati freschi era suddivisa in modo eguale tra latte fresco e latte Uht, al 2004 il
rapporto fresco/Uht è rimasto pressoché invariato, con
una diminuzione generale di 2 punti percentuali e mezzo
nel totale della spesa dedicato al latte (69%). Per quanto
concerne i volumi di vendita, anch’essi hanno visto simili variazioni nel quadriennio 2000-2004, portando i consumi di latte fresco dal 37% al 35% e quelli del latte a lunga conservazione dal 53% al 54% del totale venduto.
Latte
2.615.930
2.522.739
2.453.426
2.382.739
2.352.327
-2,60%
Fresco
1.063.700
997.067
980.048
922.372
918.054
-3,60%
Fresco A. Q.
Uht
361.031
1.552.235
374.557
1.525.674
374.791
1.473.379
366.318
1.460.367
381.538
1.434.273
1,40%
-2,00%
*Tasso di variazione medio annuo.
Fonte: Ismea - AcNielsen
censuario, e ha interessato tutte le aree del territorio toscano, colpendo a livello dimensionale in particolare le
aziende più piccole e a livello territoriale tutte le province maggiormente vocate. Anche sotto il profilo produttivo continua a diminuire la quantità di latte commercializzato con una evidente tendenza alla cessione
di quote ad altre regioni del territorio nazionale: un
quadro reso ancora più incerto dalla prossima imple-
2.3.10 Alcune considerazioni finali
La zootecnia bovina da latte sta attraversando in Toscana una fase di profonda ristrutturazione e ridimensionamento, dovuta tanto a fattori esterni che a fattori
interni.
Il calo tendenziale del numero di aziende e dei capi si
è particolarmente accentuato nell’ultimo periodo inter-
91
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
mentazione del disaccoppiamento totale anche al settore latte.
Per fronteggiare la situazione di crisi, mentre gli allevamenti di pianura sembrano essersi attivati per aumentare
il proprio grado di competitività, gli allevamenti di montagna sembrano cercare uno sbocco nell’integrazione in filiere di qualità (si pensi al latte Mugello o al latte biologico), o nelle opportunità offerte dall’agricoltura multifunzionale. Certamente gli allevamenti di montagna detengono un ruolo di tutela ambientale e sociale importanti grazie al presidio del territorio che essi esercitano e di cui l’operatore pubblico non può trascurare le implicazioni.
Nell’affrontare questa situazione di crisi è fondamentale il coordinamento tra la base produttiva e le imprese
di confezionamento toscane, tenendo conto anche del
fatto che sui mercati a valle si registrano situazioni di difficoltà legate, da un lato, all’aspra concorrenza esercitata dalle grandi aziende di confezionamento e, dall’altro,
alle pressioni al ribasso dei prezzi e alla concorrenza con
prodotti a marchio proprio esercitate dalla distribuzione
organizzata.
L’aumento delle quote di mercato e del potere contrattuale soprattutto nei confronti delle fasi a valle potrebbe
essere perseguito anche attraverso un maggior coordinamento tra le aziende di confezionamento che lavorano il
latte regionale.
Alcune opportunità potrebbero essere offerte dal Dl
102/2005 con la sottoscrizione di contratti quadro a livello regionale volti a concertare azioni coordinate per la
raccolta del latte alla stalla, per l’immissione del prodotto sul mercato e per la valorizzazione del legame prodotto/ territorio.
risorse umane (invecchiamento, competenze, accesso alle informazioni), finanziarie e materiali.
Il quadro che ne emerge per la zootecnia bovina da
carne nazionale, e in modo particolare toscana, è dunque
un quadro di forte sofferenza e vera e propria crisi, in un
più generale clima di incertezza legato alle conseguenze
della cosiddetta Riforma di Medio Termine del 2003 (o
riforma Fischler) ancora di difficile interpretazione ma
che, come si vedrà, ha cambiato radicalmente il modo di
erogare aiuti alla filiera, ponendo anche numerosi interrogativi sulla sostenibilità stessa, a medio e lungo termine, della politica agricola comune per i prezzi e i mercati agricoli.
2.4.2 Caratteristiche degli allevamenti
e tendenze strutturali in Toscana
La struttura degli allevamenti zootecnici bovini orientati alla produzione di carne in Toscana è caratterizzata
tradizionalmente dalla predominanza di strutture di medio-piccola dimensione, a conduzione familiare, ubicate
soprattutto nelle zone interne del territorio regionale. Poche sono le strutture specializzate esclusivamente nella
fase di ingrasso, mentre predominano le aziende che realizzano la linea vacca-vitello.
Anche a causa delle caratteristiche della struttura delle
altre componenti della filiera (imprese di macellazione e
di commercializzazione della carne), le forme di commercializzazione praticate sono perlopiù di tipo tradizionale, con la vendita dei vitelli per l’ingrasso ad allevamenti locali, o dei capi alla moderna distribuzione o al
dettaglio tradizionale in ambito territorialmente circoscritto, basato su relazioni consuetudinarie senza ricorso
a formalizzazione dei rapporti commerciali.
Rispetto alla zootecnia da carne, le aziende toscane
orientate alla produzione di latte bovino mostrano invece dimensioni medie più elevate, si presentano più specializzate e impiegano modalità di commercializzazione
più “moderne”.
La situazione di crisi che sta interessando la zootecnia
nazionale non ha risparmiato la Toscana, che per certi versi anzi mostra andamenti strutturali negativi più marcati.
Sul fronte degli allevamenti, si registra un forte calo
del numero delle aziende con bovini, in particolare delle
piccole e medie aziende e/o ubicate in zone svantaggiate
e montane, mentre tengono maggiormente le medie
aziende e si registra una crescita relativa delle aziende di
grande dimensione. Questa tendenza alla contrazione numerica e alla concentrazione dimensionale caratterizza
del resto la generalità dell’agricoltura, non solo toscana.
Abbandono del settore, dunque, che solo in parte si è
tradotto in un cambiamento degli ordinamenti produttivi
in direzione di coltivazioni e allevamenti meno impegnativi in termini di lavoro e maggiormente remunerativi in termini di mercato. Non giova a questo tentativo di
riorientamento produttivo l’elevata età media dei con-
2.4 La filiera carne bovina
2.4.1 Gli scenari
La filiera della carne bovina è interessata ormai da anni, ancor più di altre filiere, da profonde dinamiche che
ne trasformano costantemente le strutture e gli assetti organizzativi interni.
Numerosi sono i macro-fenomeni che agiscono come
pressioni sulla filiera, tra cui la crescente apertura e liberalizzazione dei mercati, l’ingresso di dieci nuovi Paesi
membri nell’Unione Europea, la diffusione di normative
sempre più specifiche concernenti gli aspetti igienico-sanitari e la qualità e origine degli alimenti (complici anche
i numerosi scandali alimentari che hanno interessato
questa filiera), gli andamenti monetari e dei tassi di cambio che alterano i rapporti di convenienza nei flussi di
import-export di capi e di materie prime, di semilavorati
e di prodotti finiti. Tutto questo nel più generale quadro
di ristrutturazione delle campagne e dell’agricoltura, ancora più accentuati per la filiera zootecnica bovina, con
un rapido declino del numero di allevamenti, soprattutto
nelle zone più marginali e svantaggiate per dotazione di
92
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Italia. Aziende con bovini
e relativo numero di capi per tipologia
Aziende con bovini in Toscana
principali parametri aggregati
Anni 1990 -2000
Categorie
Aziende
Capi
2000/1990 %
Bovini
< 1 anno
1-2 anni
> 2 anni
Vacche latte
.000 Aziende Capi
171.994 6049
-45,9 -21,2
127.947 1.784
-41,8 -26,2
106.877 1504
-39,0 -11,8
135.990 2761
-49,0 -22,2
79.893 1.772
-61,0 -31,6
N. medio capi
per azienda
2000 1990
35
24
14
11
14
10
20
13
22
13
1990
Aziende
9.206
SAU
199.780
Superficie totale
360.934
Num. capi bovini
149.132
Num. capi bovini per azienda
16,2
RLS zootecnia bovina (.000)
70.625
RLS totale agr. toscana (.000) 246.221
% RLS bovini / RLS totale
22,3%
Giornate familiari (.000)
3.694
Giornate altra manodopera (.000) 701
Giornate totali (.000)
4.395
Fonte: Istat
duttori e lo scarso ricambio generazionale negli allevamenti a conduzione familiare, dovuto anche alla scarsa
attrattività economica ma anche sociale dell’attività di
allevamento in genere.
Dalle elaborazioni effettuate sui dati del V Censimento Istat dell’agricoltura si evidenzia come l’unica
forma di conduzione che è riuscita più delle altre a sostenere la crescente competizione dell’ambiente esterno
è quella delle aziende condotte professionalmente e a
tempo pieno, e che alla data del censimento incideva
per circa un terzo sul totale delle aziende con bovini in
Toscana, ma per la metà sul totale dei capi bovini presenti sul territorio. Le aziende condotte a tempo parziale e/o non professionali sono invece quelle che hanno
fatto registrare, come è prevedibile, le maggiori contrazioni.
Come è noto, nell’ultimo decennio intercensuario (19902000) il calo del numero di aziende con bovini in Toscana
è stato particolarmente accentuato (-46,1%), superiore alla
riduzione della SAU delle aziende con bovini (-32,5%), e
anche della contrazione dei capi bovini presenti sul territorio (-30,9%). Si evidenzia ancora più marcato per la zootecnia quella tendenza di fondo che sta interessando l’agricoltura italiana, e che vede una crescente professionalizzazione del settore e aumento della dimensione media delle
aziende, in gran parte frutto di cessazioni di micro realtà
aziendali, ma anche derivante da processi di crescita dimensionale delle aziende rimaste nel settore.
Con la contrazione del numero di aziende si riduce anche il reddito generato dall’attività zootecnica bovina,
nonché l’incidenza del reddito generato dalla zootecnia
sul totale dell’agricoltura regionale, anche questo in calo. Si contrae anche l’incidenza del reddito derivante dall’attività zootecnica bovina nelle aziende con bovini, che
passa dal 22,3% al 20,1%.
Anche le giornate complessive di lavoro si riducono
col numero delle aziende, e in particolare quelle prestate
dal conduttore e dai suoi familiari, coerentemente con la
crescita della dimensione media delle attività zootecniche e con una maggior professionalità delle attività.
2000
4.964
134.754
231.875
103.008
20,8
39.774
157.763
20,1%
2.004
415
2.419
Var. %
-46,1
-32,5
-35,8
-30,9
+28,1
-43,7
-35,9
-9,9
-45,7
-40,8
-45,0
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
La zootecnia bovina assume connotati diversificati a livello territoriale: le province di Lucca, Massa e Pistoia si
caratterizzano per la forte presenza in termini numerici di
aziende di piccole dimensioni, mentre la provincia di Grosseto presenta le dimensioni medie più elevate, anche per la
maggior incidenza di allevamenti con vacche da latte.
La tendenza alla riduzione della consistenza della zootecnia bovina toscana è infine confermata anche dall’indagine campionaria Istat condotta nel corso del 2003. Secondo tale indagine, infatti, gli allevamenti con bovini
sarebbero scesi a 3.922, con una perdita dunque di oltre
mille aziende in soli tre anni.
Aziende con bovini in Toscana
per classi di capi
Incidenze percentuali su totali provinciali, anno 2000
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
AR FI GR LI
1-5
6-10
LU MS PI PT PO SI Tot
11-30
30-50
50-100
oltre 100
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, V Censimento dell'agricoltura
93
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Aziende con bovini e relativo numero di capi per classe di SAU in Toscana
Anno 2003
Numero di capi
SAU
da 1 a 2 da 3 a 5 da 6 a 9 da 10 a 19 da 20 a 49 da 50 a 99 da 100 a 499 da 500 a 999 da 1000 a 1999 2000 e oltre Totale
< 1 ha
215
215
da 1 a 2
173
156
329
da 2 a 3
166
59
225
da 3 a 5
140
62
80
282
da 5 a 10
139
260
33
138
172
3
745
da 10 a 20
8
82
30
266
247
51
684
da 20 a 30
312
118
119
28
577
da 30 a 50
16
9
8
57
83
49
14
236
da 50 a 100
12
13
33
32
122
162
45
419
100 ed oltre
4
7
9
16
33
54
76
6
5
210
Totale
873
901
252
627
776
347
135
6
5
3.922
Fonte. Indagine campionaria Istat 2003
Numero di capi bovini (escluso vacche da latte) per classe di SAU in Toscana
Anno 2003
SAU
da 1 a 2
< 1 ha
430
da 1 a 2
294
da 2 a 3
201
da 3 a 5
88
da 5 a 10
124
da 10 a 20
0
da 20 a 30
0
da 30 a 50
23
da 50 a 100
5
100 ed oltre
8
Totale
963
Numero di capi
da 3 a 5 da 6 a 9 da 10 a 19 da 20 a 49 da 50 a 99 da 100 a 499 da 500 a 999 da 1000 a 1999 2000 e oltre Totale
0
0
0
0
0
0
0
0
0
430
599
0
0
0
0
0
0
0
0
893
0
354
0
0
0
0
0
0
0
477
0
479
0
0
0
0
0
0
0
521
1.011
0
1.722
5.074
174
0
0
0
0
7.948
337
34
3.247
3.989
2.917
0
0
0
0
10.509
1.257
0
1.126
1.964
1.575
0
0
0
0
5.631
47
57
419
1.352
2.157
1.913
0
0
0
5.968
52
178
436
3.144
9.719
5.098
0
0
0
18.632
22
75
205
1.052
3.561
14.043
4.581
7.526
0
31.073
3.201
924
7.155
16.575
20.103
21.054
4.581
7.526
0
82.082
Fonte. Indagine campionaria Istat 2003
2.4.3 Macellazione e commercializzazione
Il settore della macellazione delle carni è stato oggetto
negli ultimi anni a processi di ristrutturazione e ammodernamento che ne hanno alterato la struttura e le dinamiche operative.
I dati Istat sull’industria di macellazione della carne bovina segnalano una forte riduzione del numero degli impianti presenti sul territorio nazionale, che nel decennio
intercensuario 1990-2000 sono passati da 5.000 a 2.200,
la maggior parte dei quali a capacità limitata: solo 300 infatti figurano in possesso del bollo CEE, ma contribuiscono per oltre la metà dell’offerta complessiva di carne.
Gli impianti a bollo CEE sono ubicati prevalentemente
nelle grandi regioni zootecniche del Nord Italia (Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna). Sono in particolare le strutture di più modesta dimensione a soffrire
le conseguenze della crisi della zootecnia, soprattutto gli
impianti ubicati in zone più marginali e dove la crisi del
comparto ha manifestato i segni più evidenti.
Nel tempo dunque il settore ha visto ridurre il numero
di imprese attive, anche se permane una certa situazione
di frammentazione. In Toscana infatti, secondo i dati del
Ministero della Salute, alla data del 24 maggio 2005 figurano 26 stabilimenti di macellazione riconosciuti ai
sensi della direttiva 64/433/CEE (Bollo CEE) per la produzione ed immissione sul mercato di carni rosse fresche.
Secondo i dati della Regione, sulla base dei dati dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo, che detiene l’elenco di tutti i macelli operanti in Italia, i macelli a bollo CEE attivi sul territorio regionale per bovini risultano soltanto 13, mentre gli altri sono utilizzati per altre specie. I rimanenti impianti, non tutti attivi, sono di
piccola dimensione (a capacità limitata), e assicurano
spesso la permanenza dell’attività zootecnica in alcune
94
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Stabilimenti riconosciuti in Toscana ai sensi
della direttiva 64/433/CEE per la produzione
ed immissione sul mercato di carni fresche
nali. Tuttavia, rispetto ad altri settori, la distribuzione
della carne bovina vede ancora una forte presenza del
dettaglio tradizionale, dovuta in particolare alle abitudini
di acquisto dei consumatori e in particolare al legame di
fiducia che si instaura tra consumatore e dettagliante, soprattutto per un tipo di prodotto così soggetto a carenze
informative sulla qualità e provenienza delle produzioni.
Dati per provincia al 24 maggio 2005
M
MS
MSF
Tot. M
F
S
SF
Totale
AR
3
3
6
2
4
1
13
FI GR
2
2
2
2
4
1
14
3
1
18
7
LI LU MS PI PO PT
- 2
- 1
1
1 2
1 1
2
- 1 4
1 2
3
1 1
1
1 7
2 10
2
8
2 1
1 1
2
4 12
5 13
3 14
SI Toscana
9
2
16
1
1
3
26
1
7
10
61
9
14
103
Italia. Quote di mercato
nella distribuzione delle carne bovina
Quote sui valori
2004
2003
Legenda: M - macello; S - laboratorio di sezionamento;
F - deposito frigorifero;
Fonte: Ministero della Salute
2002
Stabilimenti di macellazione operanti
in Toscana risultanti iscritti all’Anagrafe
di Teramo, e numero di capi macellati
(bovini, suini, ovini, equini)
2001
2000
0%
10%
Anno 2005
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa
Pisa
Pistoia
Siena
Toscana
Numero
Macelli
12
5
6
5
16
5
2
6
11
68
Di cui con
Bollo CEE
3
1
1
1
2
1
1
1
2
13
20% 30%
40%
Altri canali
Discount
Super + Iper
Capi macellati
2003
2004
6.759
6.302
4.214
4.635
16.808
14.954
1.898
3.136
9.609
8.719
13.450
12.891
9.318
8.241
9.673
9.270
6.526
5.388
78.255
73.536
50%
60%
70%
80%
90% 100%
Alimentari tradizionali
Liberi servizi
Fonte: Ismea - AcNielsen
Sul fronte dei consumi di carne bovina, a livello nazionale si registra una calo nel quinquennio 2000-2004
(-1,7%), particolarmente marcato per le carni di vitello. Il
calo dei consumi di carne bovina è comunque un fenomeno che sta caratterizzando tutte le società avanzate, ed è legato non tanto agli scandali alimentari, che accentuano certo le tendenze alla contrazione in determinati periodi, quanto a fenomeni legati alla struttura demografica della popolazione e al cambiamento degli stili di vita e di consumo.
Il livello dei prezzi al consumo della carne bovina nel
quinquennio considerato ha registrato un aumento (1,6%
medio annuo) più contenuto delle altre categorie di carne.
Fonte: Elaborazioni su dati Regione Toscana - IZS Teramo
aree, nonché l’approvvigionamento del dettaglio tradizionale nelle aree rurali.
Il mercato dei bovini vede una situazione nel 2004 abbastanza positiva soprattutto per i baliotti e i capi da ristallo, oltre che per i vitelloni e i manzi, mentre è proseguita la discesa dei prezzi dei vitelli da macello. Gli andamenti di mercato sembrano dunque favorevoli in generale per gli allevamenti dediti all’attività di ingrasso, e per
quelli che operano secondo la linea vacca-vitello. Anche
per le vacche a fine carriera degli allevamenti da latte la
situazione di mercato si presenta nel 2004 positiva.
La fase di distribuzione finale della carne bovina vede
una costante e graduale crescita della quota di mercato
detenuta dalle imprese della moderna distribuzione, a
scapito soprattutto delle forme di dettaglio più tradizio-
Acquisti domestici di carne in Italia
Anni 2000-2004
Carne bovina
- Manzo + vitellone
- Vitello
Carne bovina
- Manzo + vitellone
- Vitello
Fonte: Ismea
95
2000
2001
2002
2003
2004
Quantità (ton.)
449.007 350.156 399.715 401.117 412.841
258.999 195.688 232.279 236.383 244.099
190.009 154.469 167.436 164.734 168.741
Valore (.000 euro)
3.540.933 2.873.671 3.346.979 3.403.575 3.524.089
1.931.868 1.509.506 1.848.645 1.887.026 1.959.090
1.609.064 1.363.165 1.498.331 1.516.549 1.565.003
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
2.4.4 La revisione di Medio Termine della Pac
La riforma di Medio Termine (riforma Fischler) del
2003 ha introdotto anche per la zootecnia bovina da carne il principio del disaccoppiamento totale degli aiuti. I
pagamenti diretti della precedente OCM, nelle loro diverse tipologie, vengono sostituiti con un pagamento
unico per azienda basato sulle allocazioni storiche, secondo le decisioni assunte dal nostro Ministero. L’importo del pagamento viene calcolato sulla base degli aiuti diretti percepiti dall’agricoltore nel periodo di riferimento 2000-2002, a partire dal 1° gennaio 2005. Fanno
eccezione gli aiuti per le sementi certificate, che si mantengono accoppiati, e i premi ai produttori di latte, per i
quali il disaccoppiamento partirà dal 2006.
A questa normativa di base si aggiungono i decreti ministeriali con i quali lo Stato italiano ha adottato le modalità di applicazione della riforma in Italia.
La decisione circa l’applicazione del disaccoppiamento totale non è stata priva di accese discussioni. Tra i contrari al disaccoppiamento totale si trovavano coloro che
temevano un forte abbandono dell’attività produttiva da
parte delle aziende meno competitive, soprattutto quelle
ubicate in territori marginali e montani, e un calo nelle
già basse percentuali di autoapprovvigionamento nazionale (come gli industriali della carne). All’opposto coloro che tramite il disaccoppiamento totale contavano di
semplificare maggiormente la disciplina degli aiuti, accompagnare la fuoriuscita del settore delle aziende meno
professionali e con difficoltà di ristrutturazione, e di
orientare maggiormente le produzioni alle richieste di
mercato.
Restano comunque ancora accoppiati alla produzione (o
meglio al numero di capi, nelle varie tipologie) soltanto gli
aiuti erogati in base all’art. 69 del reg. CE 1782/2003. Si
tratta per le carni bovine dell’8% degli aiuti, da destinarsi
ad un pagamento supplementare agli allevatori per varie
tipologie di situazioni elencate nel DM 24 settembre 2004.
L’importo massimo del pagamento supplementare non potrà comunque superare i 180 euro per capo.
La riforma della PAC ha riservato particolare attenzione al concetto di “condizionalità”: tutti gli agricoltori che
percepiscono gli aiuti dall’Unione Europea sono infatti
obbligatoriamente tenuti al rispetto di norme obbligatorie (18 norme europee obbligatorie in materia di ambiente, sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali) e di buone condizioni agronomiche ambientali
(BCAA) dei terreni. In caso di inosservanza di tali norme, agli agricoltori saranno applicate sanzioni sotto forma di riduzione dei pagamenti diretti.
Si prevede che gli effetti della riforma si tradurrano in
un ulteriore incentivo all’abbandono dell’attività di allevamento soprattutto delle tipologie aziendali che, per caratteristiche dimensionali, ambientali e imprenditoriali,
si mostrano già ora scarsamente competitive sul fronte
dei costi di produzione (zone svantaggiate, mancato riorientamento alle produzioni di qualità, limitata dimensione economica, età avanzata del conduttore e assenza di
ricambio generazionale).
Attuazione dell’art. 69 del reg. CE 1782/2003 per le carni bovine
Tipologia
Impegno
Vacche nutrici e giovenche ad attitudine carne iscritte ai libri genea- - mantenimento in azienda per almeno 6 mesi dalla domanda
logici e ai libri di razza (premio mantenimento)
Vacche a duplice attitudine (premio al mantenimento)
- razze elencate nell’allegato B del decreto
- carico di bestiame pari o inferiore ad 1,4 UBA/ha Sauf e 50% della
Sauf a pascolo permanente
- mantenimento in azienda per almeno 6 mesi
Vacche nutrici e giovenche da carne non iscritti agli albi e registri
(premio al mantenimento)
- possesso di numero di capi medio annuo maggiore di 5 UBA
- età inferiore ai 7 anni
- carico di bestiame pari o inferiore ad 1,4 UBA/ha Sauf e 50% della
Sauf a pascolo permanente
- mantenimento in azienda per almeno 6 mesi
Bovini maschi e femmine di età compresa tra gli 8 e i 20 mesi (premio al mantenimento)
- possesso di numero di capi medio annuo maggiore di 5 UBA
- carico di bestiame pari o inferiore ad 1,4 UBA/ha Sauf e 50% della
Sauf a pascolo permanente
- mantenimento in azienda per almeno 7 mesi
Bovini maschi e femmine di età compresa tra i 12 e i 26 mesi (premio alla macellazione)
- presenza in azienda per almeno 7 mesi prima della macellazione
- etichettatura delle carni ai sensi del reg.CE 1760/2000
- indicazione in etichetta dell’azienda di allevamento/ingrasso
Fonte: Dm 24 settembre 2004 “Attuazione degli articoli 8 e 9 del Dm 5 agosto 2004 recante disposizioni per l’attuazione della riforma della PAC”
96
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
2.4.5 Il Piano Zootecnico Regionale
Il Piano Zootecnico Regionale (PZR), approvato a
Bruxelles con notifica il 25/05/2004, sulla base della Lr
40/2003, «Interventi regionali a favore del settore zootecnico», individua, sulla base di un’analisi della situazione della filiera, le linee di azione per il periodo 20032007.
Gli obiettivi del PZR consistono nell’aumentare l’attività zootecnica soprattutto a monte della filiera e la qualità della vita degli allevatori, evitando per quanto possibile ulteriori contrazioni del patrimonio zootecnico regionale attraverso un effettivo miglioramento della qualità
dei prodotti (qualità sanitaria e organolettica); tale obiettivo deve essere perseguito anche attraverso il supporto
all’attivazione degli schemi di rintracciabilità di filiera
evidenziando in particolare l’origine della materia prima,
tutelando allo stesso tempo l’ambiente, il paesaggio e il
benessere animale. Obiettivi peraltro già in linea con la
riforma Fischler e con i criteri di condizionalità previsti.
Il programma di interventi è stato approvato a metà del
2004, e prevede varie misure:
1) Investimenti materiali e immateriali in azienda (miglioramento delle strutture di produzione e trasformazione aziendale del latte ovicaprino, interventi nelle strutture di allevamento di ovini e bovini da carne, investimenti per i pascoli), con una dotazione finanziaria di
2.300.000 /anno per 4 anni;
2) Contributi ad associazioni, consorzi o altre forme
associative, per la loro costituzione, per il primo avvio o
per il consolidamento dell’attività, con una dotazione finanziaria di 500.000 /anno per 4 anni;
3) Attività di promozione e assistenza tecnica;
4) Interventi a favore di misure agro-ambientali, con
una dotazione finanziaria di 3.000.000 /anno per 5 anni
per l’azione a) (avvicendamento con colture miglioratrici e con tecniche dell’agricoltura integrata a beneficio
della zootecnia integrata), e 1.000.000 /anno per 5 anni
per l’azione b) (sistemi di pascolo estensivi).
La misura 5 (Intervento specifico per lo sviluppo dell’ippicoltura) beneficerà invece delle apposite risorse che
annualmente dovranno essere assegnate alle Regioni dall’UNIRE.
Agli Enti Locali è stata concessa la possibilità di concorrere con risorse aggiuntive proprie, e di scegliere le condizioni di precedenza per la formazione delle graduatorie, in
modo da rispondere in maniera più appropriata alle peculiarità dei diversi territori e zootecnie. La provincia di Firenze ha apportato 37.640,00 , quella di Lucca 20.000,00
, la Comunità Montana del Mugello 29.587,55 , per un
totale di euro 87.227,55 di risorse aggiuntive.
Per il momento è stata attivata soltanto la misura n. 1, il
cui bando (dicembre 2004) prevede tre tipologie di azioni:
• miglioramento delle strutture di produzione e trasformazione aziendale del latte ovicaprino;
• interventi nelle strutture di allevamento di ovicaprini
(da latte e da carne) e bovini da carne (di qualsiasi
origine genetica);
• investimenti per i pascoli.
I dati provvisori relativi alle domande presentate evidenziano un importo complessivo di risorse richieste che
supera la dotazione, a dimostrazione del notevole interesse riscontrato sul territorio nei confronti del Piano
Zootecnico Regionale.
Domande presentate sulla Misura 1
del Piano Zootecnico Regionale
Graduatoria provvisoria
Ente Locale
Domande Domande Risorse totali Contributo
presentate amm. bili 1 stanziate richiesto
Prov. Arezzo
12
9
72.600
128.078
Prov. Firenze
24
16
98.457
255.690
Prov. Grosseto
130
83
368.276
1.321.940
Prov. Livorno
18
11
59.026
166.937
Prov. Lucca
3
0
42.778
Prov. Massa Carrara 4
0
0
12.813
Prov. Pisa
19
11
119.423
171.203
Prov. Pistoia
8
7
37.408
123.567
Prov. Prato 4
0
0
15.832
Prov. Siena
42
31
194.269
520.371
C.M. Alta Val di Cecina
29
19
66.985
259.589
C.M. Alta Versilia 4
0
0
11.505
C.M. Amiata Grossetano
84
73
115.833
1.270.594
C.M. Amiata Senese
24
21
94.043
474.300
C.M. Appennino Pistoiese 11
8
21.845
160.416
C.M. Area Lucchese 4
0
0
28.408
C.M. Casentino
9
8
59.716
86.937
C.M. Cetona
41
33
47.484
789.370
C.M. Colline del Fiora
109
101
221.054
1.905.368
C.M. Colline Metallifere
16
15
47.748
396.821
C.M. Elba e Capraia 4
0
0
11.199
C.M. Garfagnana
13
7
40.264
56.018
C.M. Lunigiana
66
61
64.317
557.594
C.M. Media Valle del Serchio 4 0
0
18.397
C.M. Montagna Fiorentina
9
9
32.320
141.192
C.M. Mugello
34
29
140.170
665.872
C.M. Pratomagno 4
0
0
12.207
C.M. Val di Bisenzio
4
4
16.460
18.094
C.M. Val di Merse
14
12
28.841
347.667
C.M. Valtiberina
28
20
87.551
340.946
Totali
747
588 2.187.229 10.158.563
Sulla base delle domande ammissibili viene formata la graduatoria
provvisoria, da cui l'Ente attinge per la richiesta del completamento
delle domande, tenuto conto delle proprie disponibilità finanziarie. Al
momento il dato sul nr. di domande finanziate non è disponibile.
2
Le risorse aggiuntive sono stanziate dall'Ente Locale, ai sensi della Delibera G.R. 636/04.
3
In questo caso, non avendo l'Ente Locale ricevuto domande per
questa misura, recupera le risorse aggiuntive che aveva in precedenza stanziato.
4
Enti Locali che non hanno ricevuto alcuna domanda iniziale.
1
97
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
2.4.6 Le produzioni di qualità: il Vitellone Bianco
dell’Appennino Centrale - Chianina IGP
Durante il 2004-2005 la zootecnia bovina da carne, già
sofferente di un periodo di crisi iniziato con il fenomeno
della “Mucca Pazza”, ha visto un aggravamento che ha
tuttavia toccato con intensità minore il comparto delle
carni garantite da una certificazione, in particolare quelle tipologie di marchi che legano il prodotto al territorio
di produzione.
Il marchio del “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP”, che tutela tre razze strettamente legate ai territori dell’Italia centrale - la Chianina, la Marchigiana e
la Romagnola - ha rappresentato un “riparo” particolarmente efficace per fronteggiare i momenti difficili in cui
il settore delle carni bovine ha ripetutamente versato fino ad oggi. Questa Indicazione Geografica protetta tutela le carni provenienti da capi in purezza - garantita dall’iscrizione dei vitelli al Libro Genealogico Nazionale tenuto dall’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani da Carne (A.N.A.B.I.C.) - appartenenti alle tre razze succitate, e nati ed allevati nel territorio di varie province italiane lungo la dorsale appenninica e per quanto
concerne la Toscana comprendente le province di Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Prato, Livorno e Pisa.
Per ottenere la certificazione IGP i vitelli devono essere allevati escludendo dalla loro alimentazione alcuni
prodotti, spesso utilizzati per l’ingrasso dei bovini, ed essere macellati e sezionati tra i 12 e i 24 mesi di età in
strutture autorizzate e ubicate all’interno dell’aerale geografica prevista dal disciplinare di produzione.
L’IGP del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale
ha rappresentato per molti allevamenti non soltanto una
risorsa per fronteggiare le emergenze sanitarie di mercato, che si sono tradotte soprattutto nelle richieste di informazioni sulla provenienza delle carni acquistate da parte
dei consumatori, ma anche un’occasione per differenziare l’offerta associando il proprio prodotto ad una elevata
qualità derivante dal legame con il territorio.
L’iniziativa che ha portato alla richiesta di protezione
della denominazione “Vitellone Bianco dell’Appennino
Centrale” è stata infatti stimolata dal crescente interesse
mostrato da alcune imprese della distribuzione verso la
commercializzazione di carni proveniente da bovini da
carne italiani: la richiesta di tutela comunitaria è stata
avviata e gestita dal Consorzio produttori Carne Bovina
pregiata delle razze Italiane (C.C.B.I.) che a tutt’oggi
rappresenta un considerevole numero di allevatori di razze bovine da carne italiane (oltre alle tre razze tutelate, il
Consorzio si occupa anche del bovino Maremmano e Podolico), sia in purezza che incroci.
Per poter gestire autonomamente la IGP secondo la
nuova normativa in materia di Consorzi di tutela, è stato
poi costituito e riconosciuto con Decreto Ministeriale del
29/3/2004 (pubblicato in G.U. n. 80 del 5/4/2004) il Consorzio di tutela del “Vitellone Bianco dell’Appennino
Centrale” IGP, a cui è stato attribuito ufficialmente l’incarico a svolgere le funzioni di cui all’art. 14, comma 15
della legge 21 dicembre 1999, n. 526.
Italia. Percentuale di capi certificati IGP
sul totale dei capi in purezza iscritti
al Libro Genealogico Nazionale
55%
50%
45%
40%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
2001
2002
Marchigiana
2003
Chianina
2004
Romagnola
Fonte: C.c.b.i. e Consorzio di tutela del Vitellone bianco
dell’Appennino centrale Igp
Dal momento della sua “nascita” nel 1996 ad oggi
questa IGP ha fatto registrare un costante aumento delle
adesioni, che ha portato a un crescente utilizzo del potenziale dei capi certificabili IGP (quelli iscritti al Libro
genealogico in quanto di razza pura), fino a veder certificare nel 2004 in Toscana il 23% dei capi di razza Marchigiana, il 40% per la Romagnola e il 48% per la Chianina, percentuali relativamente alte se si tiene conto che
il massimo della quota dei capi certificati su quelli iscritti al LGN raggiungibile si aggira sul 70%, poiché il restante 30% fa parte di quei capi che sono utilizzati a fini
riproduttivi.
Tuttavia, nonostante il fatto che la Toscana sia una regione legata tradizionalmente alla “cultura della bistecca”, il trend di adesioni degli allevatori toscani alla IGP
è negativo, opposto a quello di altre zone come l’Emilia
Romagna e l’Umbria, dove si registra da circa tre anni
un’adesione progressiva che aumenta il numero degli allevamenti iscritti al LGN per certificare i propri bovini
IGP di un 7-8% annuo; per la razza Romagnola ad esempio addirittura l’intera produzione in purezza è iscritta al
Libro Genealogico Nazionale e certificata quasi nella sua
totalità come IGP.
Il trend nazionale delle iscrizioni degli allevamenti al
Libro Genealogico Nazionale ha registrato negli ultimi 3
anni un discreto aumento soltanto per le aziende che allevano Chianina, mentre il calo è notevole soprattutto per
gli allevamenti di Marchigiane e, se pur meno marcato,
98
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Trend capi iscritti
al Libro Genealogico Nazionale
per quelli di Romagnole; il numero di capi iscritti è tuttavia in costante aumento per tutte e tre le razze tutelate
dalla IGP: ciò sta a significare che, almeno per quanto riguarda i bovini Romagnoli e Marchigiani le consistenze
medie degli allevamenti iscritti sono in aumento, anche
se gli allevamenti di queste tre razze sono in generale caratterizzati da una elevata dispersione sul territorio e da
consistenze medie aziendali molto basse (in molti casi
anche meno di 10 vacche allevate annualmente).
Dal 1988 al 2004
70.000
60.000
50.000
Trend degli allevamenti iscritti
al Libro Genealogico Nazionale
40.000
Anni 1988-2004
20.000
30.000
7.000
10.000
6.000
0
Marchigiana
5.000
Chianina
Romagnola
Fonte: A.n.a.b.i.c.
4.000
3.000
no poi inviate per il finissaggio (ultimi 4 mesi prima della macellazione) in allevamenti situati al di fuori della
zona a Indicazione Geografica o non iscritti al Libro Genealogico Nazionale (e pertanto non possono essere certificati con l’IGP). Questa mancata corrispondenza deriva principalmente dalla carenza (e in alcuni casi da una
vera e propria assenza) di allevamenti dotati di strutture
idonee all’ingrasso dei vitelli secondo le prescrizioni del
disciplinare di produzione all’interno della zona prevista:
molti allevatori toscani scelgono pertanto la linea vacca
- vitello e non il ciclo chiuso, sottostando spesso a perdite di capi potenzialmente certificabili; alcuni allevatori,
in particolare quelli delle zone montane e collinari, inviano i vitelli all’ingrasso addirittura nel bacino padano,
dove la presenza di strutture idonee è di gran lunga maggiore.
Il C.C.B.I., in quanto Consorzio principalmente dedicato alle attività promozionali e di supporto ai propri soci, sta cercando di contrastare questa tendenza a non
chiudere il ciclo produttivo nell’area della IGP promovendo investimenti strutturali e sviluppando un progetto
di filiera di concerto con il MiPAF con il preciso scopo
di chiudere la suddetta all’interno dell’area a IGP, con
particolare attenzione alla Toscana; peraltro l’obiettivo è
stato raggiunto quasi completamente in Umbria e in
Emilia Romagna.
La provincia toscana maggiormente vocata all’allevamento della Chianina è Arezzo, all’interno della quale à
situata la zona della Val di Chiana, terra “madre” di questa antichissima razza: in questa provincia si riscontra
anche una delle maggiori corrispondenze tra il numero di
capi iscritti al Libro Genealogico e quelli certificati IGP,
sebbene in questo “primeggi” il territorio pisano, con lo
2.000
1.000
0
Marchigiana
Chianina
Romagnola
Fonte: A.n.a.b.i.c.
Il numero di capi iscritti al Libro Genealogico ha fatto
registrare un’impennata in corrispondenza del 2001, anno tristemente noto come legato alla crisi BSE: l’improvvisa necessità di conoscere la provenienza delle carni bovine manifestata dai consumatori ha avuto un immediato riflesso nelle richieste di carne certificata soprattutto da parte delle imprese della moderna distribuzione e la possibilità di fornire una garanzia di origine ha
determinato, per gli allevamenti ubicati nell’area geografica dell’IGP, anche la sopravvivenza dell’attività stessa.
Il territorio toscano, insieme a quello umbro, è tradizionalmente legato alla Chianina, razza particolarmente
pregiata sia in termini genetici - essendo infatti utilizzata per migliorare gli incroci in altre razza da carne - sia
per il gusto, ormai legato usualmente alla “Bistecca alla
Fiorentina”.
Dei capi di razza Chianina certificati e avviati alla distribuzione, la Toscana assorbe circa i 2/3 di questa percentuale, anche se all’interno di una stessa provincia non
si registra una corrispondenza tra il numero dei capi nati
e quelli macellati: ad esempio in provincia di Siena vi è
un alto numero di nascite di Chianine in purezza, che
vengono iscritte al Libro Genealogico Nazionale, ma so-
99
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
sfruttamento di circa il 19% del volume potenzialmente
certificabile IGP.
Nel totale dei capi di pura razza Chianina iscritti al Libro Genealogico Nazionale sono conteggiati anche 17
capi presenti in provincia di Lucca e 19 a Pistoia, che tuttavia non sono certificabili IGP poiché entrambe le province non sono incluse nell’areale a Indicazione Geografica: sebbene il numero di questi capi sia irrisorio rispetto a quelli allevati nelle altre province toscane, anche
questo basso volume rappresenta una perdita nel potenziale certificabile totale, considerando anche la domanda
crescente di carne certificata da parte del mercato e in
particolare della moderna distribuzione.
promosse mantenendo uno stretto legame con il territorio di origine per mantenere intatto il potenziale remunerativo del prodotto: una soluzione di “smaltimento” possibile e in fase di sperimentazione è rappresentata dai salumi bovini, pubblicizzati come tipici e come “salubri”
in quanto più magri di quelli suini; mentre un altro canale attualmente utilizzato è rappresentato dalle mense scolastiche locali, che assorbono quasi tutti i tipi di tagli meno pregiati. Le mense scolastiche compensano anche le
richieste della ristorazione che vertono invece sui tagli
più pregiati, anche se permane un problema di sfasamento temporale delle richieste perché ad esempio i ristoranti richiedono la lombata soprattutto nei periodi estivi,
quando le mense scolastiche non sono in funzione.
Per quanto concerne la fase di macellazione, la carne
di Chianina IGP risente fortemente della scarsità di macelli dotati di Bollo CEE sul territorio a Indicazione Geografica, requisito indispensabile per ottenere la certificazione delle carcasse. La provincia in cui è stato macellato il maggior numero di capi (1.130 bovini) nel 2004 è
stata Arezzo, dove sono presenti 6 mattatoi con tali caratteristiche, mentre ve n’è uno in provincia di Grosseto,
in cui sono stati macellati 560 capi e due per provincia
nelle rimanenti zone dell’areale IGP. In termini generali
il trend delle macellazioni di Chianine IGP permane in
crescita, tranne che per la provincia di Pisa, che è passata da 355 capi macellati nel 2003 a 314 nel 2004.
Numero di capi di razza Chianina
iscritti al Libro Genealogico Nazionale
e certificati IGP
Dati al 2004
Provincia
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Pisa
Siena
Totale
N. capi
iscritti al LNG
6.654
1.626
5.172
1.917
1.720
5.491
22.616
N. capi
IGP
1.164
118
560
241
333
629
3.045
% certificato
su potenziale
17,5%
7,3%
10,8%
12,6%
19,4%
11,5%
13,5%
Numero di capi di Chianina IGP
macellati per provincia di macellazione
Fonte: C.C.B.I.
Dal punto di vista commerciale il C.C.B.I. ha istituito
alcuni circuiti per servire il canale della ristorazione e le
macellerie. La carne di bovino di razza Chianina è commercializzata infatti per il 60% moderna distribuzione,
mentre per il restante 40% si appoggia alla “piccola” distribuzione, che tuttavia è diversa da quello che in passato si intendeva per macelleria tradizionale, situata prevalentemente in zone vicine a quelle rurali e di provincia.
Adesso la macelleria è divenuta una vera e propria “boutique” della carne, inserita nei centri urbani, ben organizzata e molto esigente in termini di servizi richiesti - consegne rapide, ordinativi flessibili e soprattutto tagli anatomici prevalentemente posteriori. Quest’ultimo aspetto
richiede un’organizzazione ben strutturata da parte delle
fasi a monte della filiera per la necessità di smaltire i tagli meno richiesti, considerando che i clienti delle “boutique” alimentari urbane richiedono prevalentemente tagli pregiati e “monoporzione”; le macellerie aziendali
riescono a risolvere il problema dello “smaltimento dei
quarti anteriori” fornendo alla clientela, prevalentemente
costituita da persone affezionate all’azienda stessa, dei
“pacchi famiglia” contenenti tagli di diverse tipologie.
Dato l’elevato pregio delle carni di Chianina, tutte le
soluzioni di “smaltimento” devono comunque essere
Anni 2002-2004
1.200
1.100
1.000
900
800
700
600
500
400
300
200
100
0
2000
Arezzo
2001
Firenze
2002
Livorno
2003
Pisa
2004
Siena
Fonte: C.C.B.I.
Data l’alta richiesta di carne di Chianina rispetto a
un’offerta ancora insufficiente, esiste il timore che sul
100
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
mercato vengano commercializzate anche carni non
sempre di qualità eccellente.
Per cercare di arginare questa “deriva qualitativa” del
prodotto che spesso segue un forte aumento della domanda, il Consorzio del Vitellone Bianco dell’Appennino
Centrale IGP supporta la cura nell’ingrasso e l’utilizzo di
buon materiale genetico mediante una politica di valutazione e quotazione delle carcasse differenziata secondo
due parametri: il livello di conformazione, influenzato dalla cura nella scelta dei riproduttori, e quello dello stato di
ingrassamento, strettamente legato alla buona alimentazione dei bovini soprattutto in fase di finissaggio. Durante
la fase di macellazione dei bovini che devono ottenere la
certificazione IGP, ogni carcassa è valutata affinché si verifichi che essa rientri nei parametri di conformazione secondo la griglia SEUROP (non inferiore a R) e in quelli di
ingrassamento (escluso 1 e non superiore a 3) previsti dal
Disciplinare di produzione; tuttavia, poiché ognuna delle
tre razze che rientrano nella IGP presenta caratteristiche
diverse, il Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino centrale IGP effettua una valutazione delle
carcasse più approfondita sulla base di una “sottogriglia
personalizzata”, elaborata anche secondo le richieste differenziate di ogni operatore della distribuzione.
I parametri del livello di conformazione e dello stato di
ingrassamento devono naturalmente rientrare in quelli
del Disciplinare, ma ad esempio per una carcassa di
Chianina (razza caratterizzata da una conformazione media e uno stato di ingrassamento massimo generalemente inferiore a quelli delle altre due razze IGP) una conformazione valutata come “U” secondo la griglia comunitaria “SEUROP” o uno stato di ingrassamento (molto importante per la tenuta della carcassa alla frollatura) pari a
3 fa sì che la carcassa sia maggiormente quotata rispetto
a una Marchigiana con gli stessi parametri.
Il prezzo di mercato di una carcassa di Chianina di 2223 mesi (età media della macellazione) si aggira comunque sui 5,22 /Kg + Iva, quasi il 25% in più di una carcassa bovina proveniente da paesi al di fuori dell’Italia.
Questo prezzo rappresenta ancora una buona remunerazione per gli allevatori di questa razza, anche se inferiore rispetto al 2002, quando una carcassa di Chianina IGP
era valutata 5,68 /Kg + Iva. Questo calo può derivare
anche dalla forte concorrenza da parte dei nuovi Paesi
membri dell’Unione Europea (in particolare la Polonia),
che hanno immesso sul mercato vitelloni a prezzi estremamente bassi.
Per monitorare al meglio gli aspetti legati alla qualità
delle carni delle tre razze della IGP, il Consorzio di tutela sta attualmente vagliando la possibilità di inserire alcune modifiche importanti al Disciplinare di produzione:
oltre al recepimento del metodo di identificazione dei capi compatibile con quello dell’Anagrafe Bovina (doppia
marca auricolare per ogni bovino e registrazione), sono
previste maggiori specificazioni circa l’alimentazione
del bestiame, in particolare in merito all’utilizzo dei sottoprodotti dell’industria. Ad esempio, secondo l’attuale
disciplinare di produzione non potrebbe essere somministrata ai bovini da IGP la crusca di grano tenero, in quanto classificata come sottoprodotto, anche se si ritiene che
essa non influenzi in modo negativo la qualità delle carni; mentre alcuni allevamenti somministrano ai propri
capi della frutta fresca non idonea al consumo umano
proveniente da aziende ortofrutticole, che è invece ritenuta dannosa per la qualità della carne anche se non specificamente vietata dalle prescrizioni del disciplinare.
Il Consorzio di tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP prevede poi di inserire nel Disciplinare di produzione una codifica del sistema di frollatura delle carni, differenziando i tempi tra i quarti anteriori e quelli posteriori; questo rappresenterebbe un vincolo per le macellerie aderenti al circuito IGP, tuttavia la
maggioranza delle macellerie applica già questo sistema
più o meno in modo omogeneo.
È inoltre all’esame del Consorzio di tutela la proposta,
supportata dalla Regione Toscana, di comprendere nell’areale a Indicazione Geografica le province toscane di
Pistoia, Massa e Lucca.
2.4.7 La tutela delle razze zootecniche in via di estinzione
Le razze zootecniche in via di estinzione sono tutelate
attraverso la Lr 50/97, in base alla quale ogni anno viene
stabilito un programma di ripartizione dei fondi disponibili tra le varie razze in funzione delle diversificate esigenze di tutela che via via si manifestano.
Il programma per l’anno 2004 prevedeva la seguente
ripartizione: a) razze bovine (indistintamente): 39.000
euro; b) razze equine e asinine (Monterufolino e Amiatino): 6.000 euro; c) Cinta Senese: 20.000 euro; d) Apis
mellifera ligustica 10.000 euro. Si prevede anche per il
2005 una ripartizione dei fondi simile.
Al 31/12/2004 in Toscana la consistenza numerica delle razze zootecniche bovine oggetto di tutela era quella
riportata in tabella.
Consistenza di razze bovine a limitata
diffusione sul territorio toscano
Al 31/12/2004 (o altra data specificatamente indicata)
Allev.nti
Calvana *
Garfagnina
Pisana
Pontremolese
Toscana
22
30
20
2
74
Riprod.ri
maschi
20
5
11
2
38
Fattrici
151
141
183
22
497
Vitelli/e Totale
209
153
206
23
591
380
299
400
47
1.126
*Al 31/12/2003. Nel 2004 gli allevamenti sono passati a 23; per
quanto riguarda il numero di capi si stima un aumento medio di
circa il 7% rispetto al 2003.
Fonte: Regione Toscana
101
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Per le razze in via di estinzione gli allevatori beneficiano inoltre dei contributi per il mantenimento delle risorse genetiche autoctone anche attraverso la misura 6.3
del Piano di Sviluppo Rurale, oltre che più in generale
dei contributi per l’acquisto di capi riproduttori delle varie specie di animali di interesse zootecnico, tra cui anche quelle autoctone, in base alla Lr 1/98.
La già menzionata Lr 50/97 è stata recentemente sostituita dalla Lr 64/04 “Tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario,
zootecnico e forestale”, attraverso la quale la Regione
Toscana promuove o appoggia iniziative volte a preservare e ricostituire le risorse genetiche, a diffonderne la conoscenza, il rispetto, l’uso e a valorizzarne i
prodotti.
Le risorse genetiche sono iscritte in appositi repertori
regionali tenuti dall’Arsia, e confluiscono per la conservazione ex situ nella Banca Regionale del Germoplasma. È istituita inoltre la rete di conservazione e sicurezza delle risorse genetiche gestita e coordinata dall’Arsia. La rete svolge ogni attività diretta a mantenere
in vita le risorse genetiche a rischio di estinzione, attraverso la conservazione ex situ e in situ, e a incentivarne
la circolazione.
È inoltre istituito un contrassegno regionale da apporre sui prodotti costituiti, contenenti o derivati da
materiale iscritto nei repertori, riservato facoltativamente alle aziende agricole che producono e trasformano direttamente in azienda, secondo il metodo biologico o secondo il metodo della produzione integrata (Lr
25/99).
struzione delle carcasse; complessivamente per il biennio sono stati stanziati 810.000 euro.
Il primo bando che concede gli aiuti in base alla Lr
26/04 nel periodo 1° novembre 2002 - 31 dicembre 2003
ha interessato 460 domande, per un totale di 1.271 capi
bovini su cui è stato richiesto il contributo (46,5% del
numero complessivo di capi morti). Il costo complessivo
per lo smaltimento dei bovini è stato di 378.432,84
(297,74
a capo), in parte per il trasporto (296.364,95
, pari a 233,17 a capo) e in parte per la distruzione
(78.634,04 , pari a 61,87 a capo).
2.4.9 Alcune riflessioni conclusive
L’analisi dei dati relativi alla zootecnia bovina da carne regionale evidenzia un quadro ricco di segnali negativi, sia per la strutturale tendenza alla contrazione del settore e le numerose situazioni di sofferenza e di crisi di
molte realtà aziendali su tutto il territorio regionale, sia
per gli effetti della riforma Fischler del 2003, che presumibilmente determineranno una accelerazione delle tendenze strutturali riscontrate. Carenza di ricambio generazionale, scarsa appetibilità sociale del settore, bassa redditività media non lascerebbero prevedere un futuro roseo del settore.
Tuttavia può essere effettuata anche una lettura più “in
positivo” delle attuali tendenze, in riferimento a due fenomeni; da un lato infatti la chiusura di molte aziende
permette nel medio e lungo periodo la permanenza, anche a seguito di aumenti dimensionali, e introduzione di
innovazioni strutturali e delle attrezzature di stalla, delle
realtà aziendali più professionali e specializzate.
Dall’altro lato si assiste ad una riqualificazione del settore, che interessa sia l’allevamento di razze locali che
beneficiano di una discreta tenuta di mercato e di una
certa redditività, sia l’utilizzo di sistemi di qualificazione e certificazione dei prodotti aziendali (sistemi di tracciabilità ed etichettatura, IGP “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”).
Tutto questo nell’ambito di un parziale rinnovamento
e diversificazione dei canali commerciali, che trovano
nell’aumento della vendita diretta e dei canali tradizionali “rinnovati”, e in un consumatore più attento alla provenienza e alla qualità dei prodotti, un potenziale di sviluppo da sostenere. In direzione del potenziamento della
filiera corta, o di una maggior chiusura della filiera, si registra già un certo numero di allevatori che ha iniziato a
ingrassare in azienda gli animali invece che venderli a
centri di ingrasso soprattutto del Nord Italia.
Le condizioni pedoclimatiche della Toscana, peggiori
rispetto ai concorrenti del Nord Italia e degli altri paesi
UE come la Francia e la Polonia, costituiscono ancora un
fattore limitante dell’economicità dell’attività di allevamento locale, ma in questa direzione un aiuto potrebbe
giungere proprio dalla riforma Fischler, che ha imposto
una severa ristrutturazione degli ordinamenti aziendali,
2.4.8 Lo smaltimento delle carcasse
degli animali morti in azienda
Con i regolamenti comunitari 999/01 e 1774/02 le carcasse degli animali da allevamento vengono considerate
Materiali specifici a rischio (MSR), e quindi devono essere obbligatoriamente termodistrutti in apposite strutture autorizzate, attualmente assenti sul territorio toscano.
Al fine di attenuare i costi di smaltimento a carico degli
allevatori toscani, e per evitare il rischio sanitario derivante dal sotterramento degli animali in luoghi non autorizzati, la Regione Toscana ha previsto negli ultimi anni
un regime specifico di aiuti sulla base delle Lr 7/02, Lr
8/03 e Lr 26/04. In particolare quest’ultima (“Interventi
a favore degli allevatori in relazione alla rimozione e alla distruzione degli animali morti in azienda”) prevede
interventi a favore delle aziende agricole con allevamento zootecnico bovino, bufalino, ovino e caprino al fine di
ridurre i costi connessi con lo smaltimento definitivo degli animali deceduti in azienda fra il 1° novembre 2002 e
il 31 dicembre 2004, nonché per tutelare la salute umana
e l’ambiente. Gli aiuti arrivano a coprire il 100% dei costi di raccolta e trasporto e il 100% (fino al 31/12/2003)
o il 75% (dall’1/01/04 al 31/12/04) dei costi di termodi-
102
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
con una parziale reintroduzione di colture foraggiere, orzi ed erbai misti.
Queste indicazioni dovrebbero orientare anche l’azione delle politiche agrarie ai vari livelli verso un nucleo ridotto ma più attrezzato di aziende, e stimolare anche da
parte delle Organizzazioni dei produttori iniziative che
sappiano coniugare le esigenze di razionalizzazione dei
circuiti commerciali e di competitività di costo con le
emergenti richieste del consumatore in termini di qualità
e tipicità delle produzioni. In tale direzione anche l’Associazione Regionale degli Allevatori Toscani ha da
qualche anno intrapreso alcune iniziative di commercializzazione congiunta per favorire la vendita della carne
verso imprese della moderna distribuzione.
basti pensare che per quest’ultima il valore dell’aiuto alla produzione incide mediamente per il 75% sul valore
della produzione vendibile. Tale percentuale è molto più
elevata per le varietà di tabacco meno richieste dal mercato, e più ridotta (ma comunque molto significativa) per
le varietà più pregiate quali quelle coltivate in Toscana.
2.5.2 La tabacchicoltura toscana: produzioni e superfici
In Italia la situazione della tabacchicoltura appare molto differenziata. Si possono individuare tre situazioni
principali: aree dove si producono varietà di pregio molto richieste dal mercato e caratterizzate da elevati livelli
qualitativi grazie alla professionalità degli operatori nelle fasi di coltivazione e cura e ai caratteri pedoclimatici
(ad es. tabacco di varietà Bright nel veronese, Burley nel
casertano, Kentucky in Toscana); aree dove si producono varietà ormai non più richieste dal mercato europeo e
che trovano difficoltà di collocamento anche sui mercati
extraeuropei a causa della concorrenza dei paesi produttori a basso costo di manodopera (ad es. levantini in Puglia, Havanna in Campania); infine, aree dove si producono varietà potenzialmente richieste dai manifatturieri
(gli stessi tabacchi di varietà Bright e Kentucky di qualità media) ma che trovano comunque sempre più di frequente difficoltà di collocamento a prezzi remunerativi.
La situazione generale della tabacchicoltura toscana si
presenta relativamente migliore di quella media nazionale,
sia per il mantenimento delle quantità prodotte che per il
livello qualitativo raggiunto, in special modo della varietà
Kentucky. Ciò è evidenziato dalla minore flessione nel
medio periodo (1990-2003, vedi tabella) delle superfici a
tabacco in Toscana rispetto alle regioni meridionali grandi
produttrici (Campania e Puglia). A partire dagli inizi degli
anni ’90 anche in Toscana si ha una forte contrazione delle superfici a tabacco, dopo il trend di crescita registrato
per tutti gli anni ’80 grazie alla crescita dei grandi produttori soprattutto per la varietà Bright ma anche per le varietà del gruppo dei tabacchi Dark-air cured.
La flessione della Toscana è ragguardevole soprattutto
a confronto della sostanziale tenuta di Umbria e Veneto,
le due regioni produttrici di varietà di qualità e in particolare di Bright.
Sulla base degli ultimi dati disponibili (l’Istat dal 2004
ha interrotto le rilevazioni sistematiche delle statistiche
agricole relative alla coltura del tabacco), la Toscana
mantiene comunque una importanza non trascurabile nel
contesto produttivo nazionale, con una quota del 6,9%
delle superfici e del 5,3% del volume produttivo (quarta
regione in Italia).
La riduzione delle superfici investite è imputabile a
due ordini di fattori.
Da una parte la politica agricola comunitaria ha nel
tempo ridotto i premi per la produzione di tabacco, ma
soprattutto il meccanismo di concessione del premio
stesso ha favorito la traslazione del premio verso le im-
2.5 La filiera “tabacco”
2.5.1 Il quadro di riferimento
La filiera nazionale del tabacco è stata oggetto di un
profondo processo di ristrutturazione che ha interessato tutte
le sue fasi, dalla produzione agricola alla fase manifatturiera, e che ha avuto importanti ripercussioni anche in Toscana.
L’evoluzione della normativa comunitaria, con i numerosi cambiamenti apportati alla Organizzazione comune di mercato fin dai primi anni’90, è il fattore principale di cambiamento delle fasi a monte della filiera
(agricoltura e prima trasformazione).
L’evoluzione delle fasi a valle della filiera è invece
condizionata, oltre che dall’evoluzione negativa dei consumi finali nei paesi dell’Unione europea e in generale
nei paesi sviluppati, dalla privatizzazione dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato che, trasformata in ETI
spa, è stata ceduta a una multinazionale del settore. Questo processo ha determinato importanti ristrutturazioni
che hanno interessato anche la Toscana, tanto nella fase
manifatturiera che in quella della prima trasformazione.
In tale contesto l’Unione Europea, che si accinge a modificare profondamente le modalità di sostegno alla coltivazione del tabacco, rappresenta il quinto produttore mondiale di tabacco greggio con il 5,4% della produzione mondiale, preceduta da Cina (38%), Brasile (9%), India (8%) e Stati Uniti (7%). L’Italia è il principale produttore comunitario
dopo la Grecia: nella media delle campagne 2000-2002
hanno entrambi prodotto 130 mila tonnellate ciascuno, su
un totale della UE a 15 membri di 348 mila tonnellate.
L’UE è anche un importante importatore netto di tabacco greggio, a causa dell’esigenza di coprire i fabbisogni dell’industria manifatturiera in termini sia quantitativi che qualitativi.
Nelle pagine che seguono, dopo una sintetica presentazione della filiera del tabacco in Toscana, l’attenzione
si concentrerà sulla nuova riforma dell’Organizzazione
comune di mercato, che avrà un ruolo determinante per
il futuro della tabacchicoltura nazionale e comunitaria;
103
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
L’evoluzione della tabacchicoltura in Italia
Anni 1990-2003
Regioni
Campania
Toscana
Lazio
Umbria
Veneto
Puglia
Altre
Italia
1990
Superficie totale
(ettari)
23.454
3.310
1.822
8.734
7.314
4.894
1.519
51.047
1990
Sup. in %
45,9%
6,5%
3,6%
17,1%
14,3%
9,6%
3,0%
100,0%
2003
Superficie totale
(ettari)
13.781
2.533
1.419
8.618
7.317
1.756
1.153
36.577
2003
Sup. in %
37,7%
6,9%
3,9%
23,6%
20,0%
4,8%
3,2%
100,0%
Variaz. %
Superficie
2003/1990
-41,2%
-23,5%
-22,1%
-1,3%
0,0%
-64,1%
-24,1%
-28,3%
2003
Produzione
raccolta (quintali)
571.188
66.432
43.722
243.873
234.246
56.221
34.169
1.249.851
2003
Produzione
raccolta (in %)
45,7%
5,3%
3,5%
19,5%
18,7%
4,5%
2,7%
100%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat
L’evoluzione delle superfici destinate a
tabacchicoltura in Toscana per varietà
prese della prima trasformazione: il prezzo di mercato
pagato dal trasformatore per il tabacco secco tende a raggiungere - almeno per le qualità non di eccellenza - livelli molto contenuti, tali da non consentire in alcune situazioni una remunerazione adeguata.
D’altra parte il processo produttivo del tabacco presenta alcune peculiarità, e in particolare richiede una notevole quantità di manodopera (soprattutto per le operazioni di
raccolta) e specifiche capacità professionali al coltivatore.
Negli ultimi decenni la manodopera disponibile si è gradualmente ridotta, e le capacità e le conoscenze necessarie
sono “depositate” solo presso i coltivatori più anziani.
Il peso della Toscana è comunque superiore per alcune
delle varietà più richieste dal mercato, Bright (Gruppo I
- Flue Cured) e soprattutto di Kentucky (Gruppo IV - Fire Cured). Il Bright è un tabacco da sigaretta, mentre il
Kentucky è usato nelle sue qualità migliori come fascia
da sigaro (anche per il Toscano) e nelle qualità inferiori
come trinciato.
È su queste due varietà che si concentra ormai quasi
completamente la tabacchicoltura in Toscana, anche se
nel tempo il Kentucky (varietà tradizionale della nostra
regione) è stato progressivamente sostituito dal Bright in
quanto quest’ultimo è molto più facilmente meccanizzabile nelle fasi di raccolta e di cura e non richiede tutte le
competenze del Kentucky, la cui cura a fuoco diretto presenta aspetti molto delicati. Questo processo di sostituzione “interno” al settore del tabacco si è di fatto arrestato all’inizio degli anni ’90.
Nel corso degli anni ’90 infatti (vedi tabella) il Kentucky, in virtù dei migliori andamenti di mercato, ha tenuto più del Bright, che tra il 1993 e il 1999 ha perso oltre un terzo delle superfici. Gli ultimi dati per varietà disponibili sono relativi alla fine degli anni ’90, ed evidenziano una prevalenza del Bright (60% della superficie regionale) seguito dal Kentucky (34%); marginale è il peso delle altre varietà.
La coltivazione del tabacco è fortemente concentrata
da un punto di vista territoriale. La quasi totalità della
Anni 1993-1999. Superfici in ettari
1993
Bright
2.167
Burley
11
Maryland
46
Badischer B.
2
Kentucky
884
Badischer G.
66
Havanna
113
Totale
3.289
1994 1995 1996 1997 1998 1999
1.569 1.485 1.526 1.734 1.721 1.385
39
40
33
48
55
44
25
20
32
17
19
17
0
0
0
0
0
0
769
666
672
738
817
787
64
62
69
89
62
71
69
49
33
14
44
22
2.535 2.322 2.365 2.640 2.718 2.326
Fonte: Elaborazioni su dati Aima-Apti
La distribuzione della produzione
di tabacco tra le province toscane
Anni 2002 e 2003. Superficie in ettari e produzione in quintali
Arezzo
Firenze
Grosseto
Pisa
Siena
Toscana
2002
Sup. (ha)
1.950
7
8
24
504
2.493
2002
2003
Prod. (q) Sup. (ha)
48.750
1.988
147
5
200
6
576
11
11.813
523
61.486
2.533
2003
2003
Prod. (q) Sup. in %
51.372
78,5%
148
0,2%
226
0,2%
143
0,4%
14.543
20,6%
66.432
100,0%
Fonte: Dati Istat
produzione è infatti realizzata nelle province di Arezzo
(78% della superficie nel 2003) e Siena (oltre 20%), dove la coltivazione del tabacco assume un ruolo di rilievo
nell’economia agricola soprattutto in alcune aree particolarmente vocate, quali le aree pianeggianti della Valtiberina e della Valdichiana e le zone più collinari del Casentino e del Valdarno. Si tratta di aree che ben si prestano alla coltivazione del tabacco e dove si è consolidata
104
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
nel tempo una grande capacità professionale degli agricoltori; in alcune di esse si raggiungono elevati livelli
qualitativi per il Kentucky da fascia, adatto alla realizzazione del sigaro toscano.
Il secondo indicatore è la rilevanza dell’azienda nella
filiera, ovvero l’importanza che ciascuna azienda con tabacco assume rispetto alla formazione della produzione
regionale della filiera tabacco stessa, la cui determinazione è stato operata ordinando le aziende per entità del
RLS del tabacco. Sulla base di questo ordinamento sono
stati identificati i quartili in funzione del RLS aziendale,
rispetto ai quali sono state individuate le seguenti classi
di livello di rilevanza di ciascuna azienda censita nella filiera tabacco:
2.5.3 Le caratteristiche strutturali delle aziende
I dati ufficiali più recenti riguardo alla struttura produttiva sono quelli del Censimento del 2000, che risultano molto utili per qualificare alcune caratteristiche strutturali delle aziende tabacchicole estremamente importanti in funzione dell’analisi di impatto delle politiche. In
particolare ciascuna impresa censita è stata classificata
secondo due parametri:
- l’importanza economica del tabacco per l’azienda;
- l’importanza che ciascuna azienda assume rispetto
alla formazione della produzione regionale della filiera
regionale del tabacco.
L’importanza economica del prodotto per l’azienda
esprime il livello di specializzazione aziendale nella filiera, misurato in termini di contributo che la coltivazione del tabacco fornisce alla formazione del Reddito Lordo Standard in ciascuna azienda. Sulla base di questo parametro sono state individuate le seguenti classi di livello di specializzazione in ciascuna azienda censita:
Importanza dell’azienda
per la filiera tabacco regionale
Micro
Piccole
Medie
Grandi
L’impiego congiunto dei due indicatori consente di ottenere una classificazione “economica” delle aziende
che praticano la coltura del tabacco in sedici diverse tipologie aziendali.
I principali elementi che emergono dalle tabelle sotto
riportate sono i seguenti:
• la coltivazione del tabacco nel 2000 (Censimento
Istat dell’agricoltura) interessa 386 imprese agricole
e 2.440 ettari circa;
• la produzione regionale è molto concentrata: 14
aziende (il 4% del numero delle aziende con tabacco)
detengono un quarto della superficie regionale a ta-
Indice di specializzazione Is
(% RLS tabacco su RLS aziendale totale)
Alta
100% >
Is
Intermedia
66% >
Is
Bassa
33% >
Is
Marginale
10% >
Is
Criterio
Primo quartile per RLS aziendale
Secondo quartile per RLS aziendale
Terzo quartile per RLS aziendale
Quarto quartile per RLS aziendale
≥ 66%
≥ 33%
≥ 10%
≥ 0%
Distribuzione del numero di aziende toscane con tabacco
per grado di specializzazione e importanza nella filiera tabacco
Importanza tabacco
per l’azienda
“micro”
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
5
42
107
108
262
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
1
11
28
28
68
Importanza aziende nella filiera tabacco
“piccole”
“medie”
“grandi”
N. aziende
0
0
0
5
7
2
21
18
5
43
16
7
69
41
14
In %
1
2
1
5
5
1
11
4
2
18
11
4
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Istat, V Censimento Agricoltura
105
Totale
5
56
151
174
386
1
15
39
45
100
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
bacco. Al lato opposto, le 262 aziende con tabacco
più piccole (il 78% delle aziende totali) detengono il
28% della superficie totale coltivata regionale;
• numerose imprese agricole con tabacco presentano un
livello di specializzazione nella coltura medio o elevato: rispettivamente il 39% e il 45% delle aziende regionali, per un totale dell’84% di aziende tabacchicole che
possiamo ritenere “dipendenti” da questa coltura;
• il reddito lordo standard della aziende con tabacco
deriva in media per il 51% circa dalla coltivazione
del tabacco; nelle aziende micro tale incidenza è del
47%, ed essa sale al 56% per le aziende “piccole” e
per quelle “grandi”;
• esistono numerose imprese molto piccole in termini
di importanza nella filiera (contributo al volume pro-
duttivo totale), ma per le quali comunque il tabacco
è importante in termini di contributo al reddito lordo
standard aziendale: il 56% delle aziende con tabacco
sono “micro” ma in esse il tabacco ha comunque una
incidenza superiore al 33% (e nella metà dei casi citati addirittura superiore al 66%).
Altre interessanti indicazioni concernono la struttura
del lavoro delle aziende con tabacco (lavoro non riferibile alla singola coltura ma all’azienda nel suo complesso,
laddove l’azienda è molto specializzata è evidente che la
relazione tra tabacco e lavoro è molto più stretta). Le
considerazioni principali sono le seguenti:
- delle quasi 300 mila giornate di lavoro prestate nelle
aziende con tabacco, oltre i due terzi sono prestate in aziende ove il tabacco ha importanza intermedia o elevata;
Distribuzione della superficie investita a tabacco nelle aziende toscane
per grado di specializzazione e importanza nella filiera tabacco
Importanza tabacco
per l’azienda
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Importanza aziende nella filiera tabacco
“micro”
“piccole”
“medie”
“grandi”
Superficie investita (ha)
7
77
42
101
62
271
164
272
219
323
338
245
319
678
544
618
600
In %
0
0
0
0
3
2
4
3
11
7
11
9
13
14
10
13
28
22
25
25
Sup. media a tabacco per azienda (ha)
1,44
…
…
…
1,82
8,49
14,38
31,10
2,54
7,83
15,14
43,72
3,00
7,86
15,34
45,54
2,59
7,90
15,09
42,83
Totale
7
282
927
1.226
2.442
0
12
38
50
100
1,44
5,03
6,14
7,04
6,33
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, V Censimento Agricoltura
Incidenza percentuale del RLS del tabacco sul RLS totale aziendale
nelle aziende toscane
% RLS tabacco / RLS totale
Importanza tabacco
per l’azienda
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Importanza aziende nella filiera tabacco
“piccole”
“medie”
“grandi”
“micro”
4,6
21,7
50,1
82,8
47,1
19,1
48,9
81,7
56,1
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, V Censimento Agricoltura
106
21,6
52,6
81,4
48,1
29,6
50,0
76,4
56,4
Totale
4,6
22,5
50,6
80,5
51,3
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Utilizzo del lavoro nelle aziende toscane con tabacco per grado
di specializzazione e importanza nella filiera tabacco
Importanza tabacco
per l’azienda
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Marginale (RLS <10%)
Bassa (RLS 10-33%)
Intermedia (RLS 33-66%)
Alta (RLS 66-100%)
Totale
Importanza aziende nella filiera tabacco
“micro”
“piccole”
“medie”
“grandi”
Giornate lavoro imprenditore e familiari
1.650
…
…
…
17.474
3.630
3.868
1.120
43.645
8.607
8.839
2.300
34.829
19.301
7.519
4.182
97.598
31.538
20.226
7.602
Giornate lavoro altri
2.890
832
56.365
7.584
2.988
3.685
3.778
32.068
10.483
2.509
2.079
5.403
9.253
9.916
62.222
45.055
22.724
Giornate lavoro totali
4.540
18.306
59.995
11.452
4.108
47.330
12.385
40.907
12.783
37.338
21.380
12.922
13.435
107.514
93.760
65.281
30.326
Incidenza % del lavoro familiare sul lavoro totale
36
95
6
34
27
92
69
22
18
93
90
58
31
91
34
31
25
Totale
1.650
26.092
63.391
65.831
156.964
2.890
67.769
50.014
19.244
139.917
4.540
93.861
113.405
85.075
296.881
36
28
56
77
53
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, V Censimento Agricoltura
- concentrando l’attenzione su queste due tipologie
aziendali, nelle aziende micro la quasi totalità del lavoro
proviene da manodopera aziendale; man mano che si va
verso aziende grandi aumenta il contributo del lavoro extra-aziendale;
- le aziende micro assorbono comunque una buona
parte del lavoro complessivo delle aziende con tabacco,
il 36% del totale. Gran parte di questo lavoro è utilizzato dalle aziende micro e specializzate nel tabacco in misura intermedia ed alta.
sua volta a concludere contratti di coltivazione con imprese di trasformazione.
Con il Reg. 1636/98 le Associazioni hanno visto
rafforzato il proprio ruolo nell’orientamento qualitativo
delle produzioni, infatti la quota di premio comunitario
(aiuto alla produzione sotto forma di integrazione variabile di prezzo) che spetta al tabacchicoltore aderente a
una associazione riconosciuta si compone di due parti:
una fissa, uguale per tutti i quantitativi di tabacco di ciascun gruppo varietale purché al di sopra di una soglia
qualitativa minima, e una variabile, che viene concessa
in funzione del prezzo di vendita del tabacco stesso. La
gestione della parte variabile viene effettuata da ciascuna Associazione riconosciuta.
I tabacchicoltori toscani aderiscono a varie associazioni di produttori riconosciute, una sola delle quali ha sede
in Toscana, l’Aprotab. Aprotab associa 132 produttori toscani dediti sia alla coltura del Bright che del Kentucky,
e rappresenta quasi il 40% della quantità di tabacco secco e sciolto prodotta in Toscana.
Dalle informazioni relative all’attività di questa Associazione possono essere tratte interessanti indicazioni
2.5.4 Le Associazioni di Produttori
e l’andamento del mercato
L’attività di coordinamento tra la fase di produzione e
quella di prima trasformazione è garantita dalle associazioni di produttori, il cui compito è quello di creare una
maggiore concentrazione dell’offerta di tabacco e di attuare sistemi di assistenza tecnica e di orientamento qualitativo delle produzioni.
Il regolamento (CEE) n. 2075/92 ha infatti previsto un
aiuto specifico ai produttori che appartengono ad una associazione (di produttori) riconosciuta, che è chiamata a
107
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
circa i recenti andamenti del mercato. Concentrando l’attenzione sui tabacchi dei due gruppi varietali più importanti per la Toscana è da sottolineare la diversa incidenza del premio sul ricavo totale del produttore (dato dal
premio fisso, dal premio variabile e dal prezzo di mercato): per il Bright tale incidenza tende ad aumentare fino
ad oltre l’82% nel 2004, mentre per il Kentucky essa rimane molto elevata ma inferiroe al 60%. L’incidenza
della componente variabile sul premio totale risulta simile per le due varietà.
Si rileva infine una significativa flessione tra il 2002 e
il 2004 del prezzo di mercato per la varietà Bright (38%), derivante da un appesantimento della situazione di
mercato imputabile principalmente alla contrazione della domanda da parte delle imprese di prima trasformazione, dovuta anche alla cessazione di attività di alcune
imprese extraregionali tradizionali acquirenti del tabacco
toscano di questa varietà. Nel 2004 il prezzo di mercato
del Bright scende a 0,58 centesimi di euro al chilogrammo, contro 1,70 euro del Kentucky il cui andamento è invece sostanzialmente stabile.
- due agenzie pubbliche dell’Amministrazione Monopoli di Stato a Foiano della Chiana e a Sansepolcro,
- due imprese private: la SVET (Società Valdesana Essiccazione Tabacchi) con stabilimento a Monteroni in
provincia di Siena, specializzata esclusivamente per il
Kentucky, e la Union Tobacco facente parte del gruppo
multinazionale Heil & Cotton,
- una società cooperativa, la Toscana Tabacchi con sede
ad Ambra (nel comune di Bucine in provincia di Arezzo).
Oggi il quadro si presenta profondamente modificato,
infatti la crisi di numerose imprese toscane assieme alla
riforma dell’OCM, ha portato in pochi anni ad un riassetto strutturale ed organizzativo del settore.
La Toscana Tabacchi, dopo alcuni anni di gravi difficoltà finanziarie, nel 1998 è stata costretta a cessare la
propria attività. La Union Tabacco ha spostato l’attività
di trasformazione del tabacco toscano nei propri impianti in Campania, mentre è cessata l’attività dell’agenzia
dell’Amministrazione Monopoli di Stato di Sansepolcro
che ha spostato la sua attività nell’impianto di Foiano
della Chiana.
Al 2004 risultavano dunque attive due imprese: l’ex
agenzia dell’Amministrazione Monopoli di Stato di
Foiano della Chiana (oggi di proprietà BAT - British
American Tabacco) ed un magazzino della SVET a Monteroni, entrambi specializzati nella trasformazione del
solo tabacco Kentucky. Queste imprese trasformano tabacco secco in prevalenza toscano (nel complesso si stimano circa 18 mila quintali nel 2003) ma anche di altre
provenienze (principalmente Campania e provincia di
Verona).
Lo stabilimento della BAT Italia risulta fortemente integrato con gli impianti di seconda trasformazione del
gruppo BAT, proprietario anche delle Manifatture di
Lucca e di Cava dei Tirreni, verso le quali colloca il prodotto di migliore qualità che viene destinato alla fabbricazione del Sigaro Toscano e di altri sigari; la parte restante della produzione viene esportata soprattutto verso
paesi del Terzo Mondo e negli USA per la fabbricazione
di prodotti tipo mastico. Lo stabilimento della SVET risulta invece orientato principalmente all’esportazione.
La varietà di tabacco Bright e delle altre varietà minori
prodotte in Toscana vengono inviate, per la prima trasformazione, in imprese extraregionali ubicate in Veneto
e Umbria, ma anche nel Casertano e nel Beneventano.
Andamento dei prezzi
del tabacco secco e sciolto
per gruppo varietale in Toscana
Dati riferiti ai soci Aprotab
Gruppo
Varietale
Prezzo
Premio % premio Premio
commerciale % valore
fisso + prezzo
€/Kg
Totale
su tot.
€/Kg
tot. Premio
2002
I (Bright)
0,93
75,3%
62,5%
3,78
II (Burley)
0,49
81,8%
64,6%
2,71
III (Havanna-Badischer)
0,15
94,0%
57,1%
2,44
IV (Kentucky)
1,70
59,6%
65,8%
4,21
2003
I (Bright)
0,94
74,9%
63,8%
3,73
II (Burley)
0,41
84,4%
63,8%
2,65
III (Havanna-Badischer)
0,13
94,3%
59,5%
2,33
IV (Kentucky)
1,76
58,7%
66,0%
4,26
2004
I (Bright)
0,58
82,4%
65,2%
3,31
II (Burley)
0,24
89,0%
73,9%
2,18
III (Havanna-Badischer)
0,14
94,2%
57,5%
2,42
IV (Kentucky)
1,70
59,4%
66,2%
4,20
2.5.6 La seconda trasformazione
Da sempre il collegamento su base regionale tra produzione e prima trasformazione da una parte, e seconda
trasformazione (manifattura) dall’altra è risultato quasi
del tutto inesistente, salvo che per il tabacco Kentucky
destinato alla lavorazione di sigari e in particolare del
Toscano.
In Toscana risulta attiva una sola manifattura, quella di
Lucca, oggi di proprietà della BAT dopo la privatizza-
Fonte: Elaborazioni su dati Aprotab
2.5.5 La fase della prima trasformazione
Il settore della prima trasformazione del tabacco in Toscana ha avuto una ristrutturazione ancor più forte di
quella della tabacchicoltura. Fino alla meta degli anni
’90 esistevano in Toscana ben 5 imprese specializzate
nell’attività di prima trasformazione del tabacco:
108
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
zione; la manifattura di Firenze ha infatti cessato la propria attività nel quadro della complessiva ristrutturazione
dell’ETI (ex Monopolio di Stato).
Un’importante modifica apportata all’OCM tabacco è
stata l’approvazione del Reg. CE 1636/98 (e del Reg. CE
2848/98 di applicazione) che ha in particolare modificato il meccanismo di corresponsione del premio. Gran
parte del premio concesso dall’Unione Europea è infatti
ora calcolato sulla base della qualità del tabacco commercializzato (ovvero in proporzione al prezzo corrisposto dalle imprese di prima trasformazione per il tabacco
secco e sciolto), con la finalità di incentivare il miglioramento qualitativo delle produzioni in funzione delle esigenze del mercato. Come si è visto le Associazioni di
produttori riconosciute svolgono un ruolo fondamentale
in questo meccanismo.
L’OCM tabacco prevede inoltre alcune misure di riconversione della produzione attraverso un programma
di riscatto delle quote aziendali di produzione, di importo variabile in funzione dei diversi gruppi varietali, misure che in Toscana hanno riscontrato un interesse del
tutto marginale da parte dei tabacchicoltori.
Il Reg. CE 864/2004 ha riformato l’OCM del tabacco
(oltre che quella dell’olio d’oliva, del cotone e del luppolo), introducendo anche per questo settore il principio
del disaccoppiamento. La componente disaccoppiata
confluirà nel regime di pagamento unico.
Tuttavia, per evitare effetti distorsivi sulla produzione
e sulle economie locali e consentire l’adattamento del
prezzo di mercato alle nuove condizioni, gli Stati membri sono autorizzati, durante un periodo transitorio, a
mantenere accoppiato fino al 60 per cento dei pagamenti erogati a titolo di aiuto alla produzione nel settore del
tabacco ed erogare la parte rimanente come aiuto disaccoppiato. Questo significa che nelle quattro campagne
2006-2009 l’aiuto nel settore del tabacco potrà essere, a
seconda delle decisioni assunte dai Paesi membri:
- totalmente disaccoppiato (confluendo nel regime del
pagamento unico aziendale),
- accoppiato fino a un massimo del 60% e disaccoppiato per la parte restante. Tali aiuti accoppiati possono essere riservati ai produttori delle regioni dell’obiettivo 1 o ai
produttori che coltivano varietà di una determinata qualità.
Il periodo di riferimento per il calcolo dell’entità dell’aiuto disaccoppiato è il triennio 2000-2002.
Invece l’aiuto accoppiato (art. 110-duodecies del Reg.
864/2004) potrà essere concesso agli agricoltori che hanno già ottenuto il pagamento di un premio per il tabacco
ai sensi del regolamento CEE n. 2075/92 negli anni civili 2000, 2001 e 2002 e agli agricoltori che hanno acquisito quote di produzione di tabacco durante il periodo
1° gennaio 2002 - 31 dicembre 2005. Le altre condizioni
di ammissibilità all’aiuto accoppiato sono:
a) il tabacco deve provenire da una zona di produzione elencata nell’allegato II del regolamento (CE) n.
2848/98 della Commissione;
b) sono rispettati i requisiti di qualità definiti nel regolamento (CE) n. 2848/98;
2.5.7 L’occupazione nella filiera toscana del tabacco
Alcune interessanti informazioni riguardo all’impatto
occupazionale nella filiera del tabacco sono desumibili dallo studio “Gli aspetti occupazionali della filiera tabacco in
Italia” del progetto Equal IT - MDL, Novembre 2002.
Secondo questo studio nel 2002 risulterebbero occupati in imprese agricole che praticano la coltivazione del tabacco in Toscana circa 2.800 addetti, 1.150 dei quali imprenditori e collaboratori familiari e il resto operai in
grandissima parte stagionali (di cui 820 immigrati).
Nelle imprese di prima trasformazione, al momento
dell’indagine i lavoratori totali operanti nelle imprese
della prima trasformazione ubicate sul territorio regionale erano 230, di cui il 91% a tempo determinato.
Addetti delle imprese agricole
di produzione tabacco per condizione
professionale nelle regioni
a maggiore concentrazione produttiva
Abruzzo
Campania
Lazio
Puglia
Umbria
Veneto
Toscana
Totale
Agricoltura
Addetti
di cui:
totali
Imprenditore
e familiari
n.d.
n.d
78.127
42.189
3.828
1.976
20.813
10.716
5.730
1.823
4.983
1.960
2.808
1.169
115.488
59.832
Prima trasformazione
Lavoratori
Tempo
totali *
Indet.
115
1.250
345
n.d.
871
385
230
3.196
7
210
17
n.d.
68
22
18
342
* Lavoratori che transitano all’interno delle fasi di lavorazione
con qualsiasi tipo di contratto sindacale
Fonte: Elaborazioni progetto Equal IT di dati Inps
2.5.8 La riforma della OCM del 2004
Le caratteristiche della Organizzazione Comune di
Mercato (OCM) hanno da sempre notevolmente influito
sulle decisioni di impresa e sulle dinamiche della filiera
regionale e nazionale del tabacco.
L’OCM del tabacco è stata riformata una prima volta
in senso restrittivo nel 1992, quando era stato abolito
l’intervento e le restituzioni all’export, introdotte le quote di produzione e inaspriti i controlli. Il Reg. CEE
2075/92, modificato negli anni successivi, ha portato ad
un’attuale OCM basata su un regime di aiuti accoppiati
alle quantità di tabacco prodotte nell’ambito di quote
massime aziendali.
109
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
c) l’agricoltore consegna il tabacco in foglia all’impresa di prima trasformazione in base ad un contratto di coltivazione.
d) deve essere accordato in modo tale da garantire la
parità di trattamento tra gli agricoltori e/o secondo criteri oggettivi, ad esempio produttivi di tabacco situati nelle regioni dell’obiettivo I o produttori che coltivano varietà di una certa qualità.
Dopo il periodo transitorio di quattro anni, ossia a partire dal 2010, l’aiuto per il tabacco sarà completamente
scollegato dalla produzione: il 50% sarà trasferito al regime di pagamento unico e il rimanente 50% sarà utilizzato per finanziare programmi di riconversione nel quadro della politica dello sviluppo rurale.
Dunque, nel 2005 continuerà ad applicarsi l’attuale regime, inclusi gli aiuti fissati per il 2004. Nel 2006 la
riforma avrà inizio con la conversione, in parte o in toto
(a seconda delle decisioni assunte dai Governi nazionali), dell’attuale premio per il tabacco in diritti all’aiuto
nell’ambito del regime di pagamento unico.
Il documento di lavoro della Commissione UE relativamente ai regolamenti attuativi della riforma dell’OCM
tabacco prevede che la parte accoppiata (eventualmente)
dell’aiuto confluisca in un Fondo Nazionale da ripartirsi
in base alla effettiva produzione dei diversi gruppi varietali. Sarà poi facoltà dello Stato membro stabilire il livello dell’aiuto accoppiato, con l’unica limitazione che il
premio non potrà essere superiore a quello erogato per il
2005 per i diversi gruppi varietali. Ciò conferisce una
maggiore flessibilità nella gestione dell’aiuto accoppiato
su base nazionale, nonché ai tabacchicoltori nelle proprie
scelte produttive.
Gli orientamenti del Ministero emersi nel mese di luglio 2005 sono quelli di disaccoppiare totalmente l’aiuto per la regione Puglia (essenzialmente riguarda la
produzione di tabacco del gruppo V, che presentano
gravi difficoltà di mercato), e di fissare invece una percentuale di disaccoppiamento al livello minimo consentito dal Regolamento (40%) per tutti gli altri gruppi varietali e regioni, e quindi comprese tutte le produzioni
toscane.
Si tratta di capire a questo punto come verrà gestito il
Fondo che eroga la parte di aiuti accoppiati nelle prossime quattro campagne produttive. Le modalità di determinazione dei premi influenzeranno infatti il livello del
premio effettivamente percepito dai tabacchicoltori (fermo restando che non può superare il livello del 2005), e
potranno stimolare aumenti produttivi - considerando
che vengono eliminate le quote aziendali - in quei gruppi varietali con maggiori facilità e prospettive di mercato. A decorrere dal 2006 infatti, i titoli del regolamento
(CEE) n. 2075/92 facenti riferimento al regime di premio
e al regime di controllo della produzione di tabacco saranno abrogati e sostituiti dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 1782/2003. Si ricorda comunque che tale
effetto terminerà a partire dalla campagna 2010, quando
si passerà al disaccoppiamento totale (50% degli aiuti) e
al regime di riconversione (l’altro 50% degli aiuti).
2.5.9 I possibili effetti della riforma dell’OCM del 2004
sulla filiera regionale del tabacco
Considerate le caratteristiche della maglia produttiva
delle aziende tabacchicole toscane, e considerando che
comunque si tratta di un periodo transitorio destinato a
sfociare nel 2010 in un disaccoppiamento totale degli
aiuti, si può ragionevolmente ipotizzare che la scelta tra
disaccoppiamento parziale o totale non potrà avere notevoli effetti sulla filiera regionale del tabacco nel mediolungo periodo, dove comunque ci troveremo in una situazione di disaccoppiamento totale.
Del resto una parte significativa delle aziende tabacchicole toscane si era espressa in favore del disaccoppiamento totale da subito, cioè a partire dal 2006. In effetti l’entità dell’aiuto disaccoppiato per ettaro, come noto molto
elevato rispetto a tutte le altre colture oggetto di PAC,
avrebbe raggiunto valori molto elevati, e in base ad elaborazioni effettuate sui dati RICA condotte per il tabacco
Kentucky in Toscana, un importo non molto inferiore alla
remunerazione della manodopera familiare impiegata nel
processo produttivo del tabacco. Questo significa che in
caso di disaccoppiamento totale la manodopera aziendale
potrebbe ottenere un discreto livello di remunerazione
grazie all’aiuto diretto, a cui tra l’altro si potrà aggiungere
il reddito derivante dall’eventuale nuova attività (agricola
o meno) che il produttore deciderà di intraprendere.
Conto economico del processo
di produzione del tabacco secco e
sciolto di varietà Kentucky in Toscana
Valori in euro, anni 2000-2002
Zona altimetrica
collina
Tecnica
convenzionale
Numero rilievi
21
Q.li ad ettaro
29,5
Valore produzione ad ettaro
10.528,74
Integrazioni a Ha
6.863,63
Tot. Costi Variabili a Ha
2.827,97
Reddito da lavoro fam. +/- profitto/perdita
8.398,11
Integrazioni a Ha (disaccoppiamento 100%)
6.863,63
Integrazioni a Ha (disaccoppiamento 40%)
2.745,45
Nota: L'aiuto alla produzione medio al Q.le nel periodo 20002002 nelle aziende in cui sono stati effettuati i rilievi è stato pari a 238 euro.
Fonte: Arsia
Se questo vale per il tabacco Kentucky, vale a maggior
ragione per il tabacco Bright, considerando che per questa coltura si fa un maggior ricorso a manodopera ester-
110
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
na stagionale. Inoltre il premio ad ettaro per il Bright è
normalmente più elevato (grazie alle maggiori rese ettariali), e quindi è ragionevole ipotizzare una maggiore remunerazione della manodopera familiare.
Naturalmente in caso di disattivazione totale del processo produttivo aziendale occorre comunque considerare alcune componenti di costo che derivano dal dover rispettare i requisiti della condizionalità (buone condizioni agronomiche-ambientali) secondo le linee guida del
Ministero e della Regione Toscana.
La scelta del disaccoppiamento totale (ora o comunque
col 2010) costituisce un maggior incentivo alla cessazione della produzione del tabacco, ma questo dovrebbe verificarsi soprattutto per le seguenti tipologie di impresa e
di aziende:
- di più modeste dimensioni economiche;
- condotte da anziani;
- situate in aree territoriali meno adatte alla coltivazione;
- grandi aziende, specie orientate al Bright, che hanno
proseguito l’attività solo perché in presenza di premi ancora molto elevati.
Il disaccoppiamento totale presenta alcuni innegabili
vantaggi per le aziende, in quanto consente loro:
- di avere un entrata certa, non dipendente dagli andamenti di mercato o dai meccanismi di calcolo e ripartizione del premio;
- di flessibilizzare l’organizzazione aziendale, rendendo meno vincolante la scelta di produrre tabacco o passare a colture alternative o cessare del tutto la produzione, preparandosi dunque meglio alla scadenza del 2010;
-di far uscire dal mercato le aziende senza prospettiva,
aumentando la professionalità media del settore e stimolando un innalzamento dei livelli qualitativi medi delle
produzioni regionali, nell’ipotesi che le aziende che
escono dal settore siano quelle meno interessate ad elevati livelli qualitativi. Inoltre, senza più limiti alle produzioni aziendali, le imprese potranno anche espandere i
livelli produttivi rispondendo meglio alle richieste del
mercato.
Si potrebbero aprire nuove opportunità di accordi tra le
manifatture e i grandi acquirenti con i produttori toscani,
e di qualificazione delle produzioni toscane, in particolare il Kentucky. L’accordo di programma tra Philip Morris e MiPAF e l’ingresso di BAT potrebbero costituire in
questo senso nuove opportunità per la tabacchicoltura di
qualità, anche se non sufficienti a fornire una garanzia di
collocamento per le produzioni del settore.
Resta comunque concreto il rischio di consistenti abbandoni della produzione per la varietà Bright, dove
oggi il prezzo di mercato è molto ridotto e la domanda
verso la Toscana appare abbastanza debole comparativamente alle altre principali regioni produttrici (Veneto e Umbria). Gli abbandoni potrebbero interessare in
misure minore il Kentucky, almeno nelle zone più vocate.
Alcune preoccupazioni legate al disaccoppiamento sono legate agli impatti occupazionali. Abbiamo visto che
dal punto di vista della manodopera aziendale (familiare)
la cessazione della produzione non farebbe venire meno
le entrate per la remunerazione delle ore di lavoro prestate dalla manodopera familiare, né per il Kentucky né,
tanto meno, per il Bright. Diverso è però la situazione se
consideriamo la manodopera extra-aziendale e l’indotto
sulle altre componenti della filiera, in particolare sulle attività di prima trasformazione.
La cessazione di parte delle attività di produzione del
tabacco in Toscana potrebbe avere effetti negativi sulle
imprese di prima trasformazione ubicate sul territorio regionale; tuttavia, come osservato in precedenza, questi
impianti lavorano prevalentemente il Kentucky, essendo
il Bright lavorato in impianti al di fuori dei confini regionali. D’altra parte il tabacco Kentucky sembra essere
la coltura che presenta meno rischi di cessazione anche
in presenza di disaccoppiamento totale, in virtù delle
specificità della sua lavorazione e della qualità raggiunta
dal tabacco prodotto in Toscana, specie della zona di
Sansepolcro, che trova ancora un buon successo commerciale e riscontra l’interesse delle manifatture e buyers
nazionali e internazionali. Con tutta probabilità, quindi,
l’impatto occupazionale sulle imprese regionali di prima
trasformazione, pur restando da valutare, sembra non pesantissimo.
I rischi di effetti negativi sull’occupazione “di filiera”
sembrano maggiormente presenti in regioni come Puglia
e Campania, e in generale sono sottolineati dai sindacati
agricoli e agro-industriali per invocare il mantenimento
degli aiuti almeno in parte accoppiati, proprio per garantire un periodo-cuscinetto evitando troppo bruschi impatti negativi sull’occupazione. Questo vale sia per i lavoratori dell’industria (prima trasformazione), sia per
tutti i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e determinato (stagionali) impiegati soprattutto nelle medie e
grandi aziende. In Toscana questo potrebbe avere impatti occupazionali negativi per l’occupazione assorbita da
alcune aziende tabacchicole, in particolare quelle dedite
alla produzione di Bright e che ricorrono in percentuali
inferiori alla manodopera familiare.
Un ulteriore fattore di preoccupazione legato alla
scelta del disaccoppiamento totale è dato dalla possibilità, nel caso in cui il produttore cessi di produrre tabacco, di accedere al fondo per la riconversione delle produzioni nel 2010. A che titolo infatti chi cessa di produrre tabacco dovrebbe avere il diritto di accedere ad un
fondo di riconversione? Al momento non si dispone in
proposito di informazioni riguardo gli orientamenti comunitari.
2.5.10 Alcune riflessioni conclusive
L’accoppiamento parziale (nella misura del 60%, come deciso dal MiPAF) è stato finora giudicato positiva-
111
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
mente in tutti i casi in cui la prosecuzione dell’attività di
produzione del tabacco sia in grado di garantire determinati livelli di occupazione in agricoltura (ai non percettori di premio) e nelle attività di prima trasformazione.
Viene giudicato positivamente inoltre da quelle imprese,
spesso condotte da giovani e di più rilevante dimensione
economica e orientate al mercato, che intravedono la
possibilità di poter finalmente espandere i livelli produttivi e/o qualitativi delle produzioni, potendo quindi intercettare un monte-premi più elevato rispetto alla situazione attuale, e di beneficiare dei probabili aumenti di prezzo dovuti sia ai miglioramenti qualitativi che alla minor
offerta disponibile a livello nazionale.
Ricordando che comunque si tratta di un periodo di soli quattro anni, e quindi concepito per “accompagnare” la
riforma radicale che partirà dal 2010, resta da capire
quante aziende toscane effettivamente manifestino queste prospettive, e come reagirà il mercato in termini di
prezzi di fronte ad una riduzione della offerta complessiva nazionale.
In conclusione la prospettiva è comunque quella di un
forte ridimensionamento della coltivazione del tabacco
in Toscana visto che comunque nel 2010 l’aiuto alla produzione verrà comunque dimezzato, il che significherebbe ai prezzi attuali una riduzione del ricavo complessivo
dei produttori del 30-40% a seconda delle varietà. Le
prospettive dipendono dunque dalla capacità di qualificazione delle produzioni anche mediante l’attivazione di
nuovi canali di collocamento, in una situazione generale
del comparto comunque oggi non facile.
da che a livello sia interno sia estero sta soffrendo della crisi economica in atto. Ciò ha determinato una diminuzione dei consumi e una conseguente tendenziale
diminuzione dei prezzi soprattutto alla produzione, legata all’eccesso di offerta.
Si delinea un quadro di riferimento complesso in cui
cerchiamo di collocare l’evoluzione strutturale produttiva e il funzionamento della filiera floricola toscana.
Prima di procedere alla descrizione della filiera vogliamo precisare di aver adottato la definizione dell’Istat
di “fiori e piante ornamentali” che individua in tale aggregato tutte le coltivazioni sia in piena aria che protette, di piante da fiore, da foglia e da fronda da recidere, di
bulbi e tuberi da fiori, nonché di piante ornamentali non
legnose da interni o destinate alla formazione di aiuole,
bordure, tappeti erbosi.
2.6.2 La fase agricola: l’evoluzione strutturale
In base all’indagine Censuaria effettuata dalla Regione
Toscana nel corso del 2003, sono state rilevate in Toscana 1.086 aziende di fiori e fronde da recidere con una superficie di 937 ettari e 574 aziende con piante da fiore e
da foglia per una superficie totale di 235 ettari.
Per quanto concerne la distribuzione territoriale delle
aziende per la produzione di fiori si conferma la forte
concentrazione nella provincia di Pistoia, che detiene il
46% delle aziende a fiori e fronde ed il 43% delle superfici, seguita da Lucca con il 35% delle aziende e il 23%
delle superfici. Relativamente alle piante da fiore e da
foglia la distribuzione è meno concentrata: emerge Lucca con il 23% delle aziende e il 32% delle superfici, seguita da Arezzo con il 17% delle aziende e il 24% delle
superfici, da Firenze e da Pistoia.
Relativamente alle variazioni rispetto al Censimento
del 2000, si rileva una diminuzione delle aziende del
16,7% e delle superfici per il 35,2%. La contrazione delle aziende è da attribuirsi quasi totalmente a Pistoia
(-46,9%) e in parte a Livorno e -66,7% (-25,4%), mentre
risultano in aumento le aziende a Siena, a Grosseto, a Firenze, ad Arezzo. Le superfici, invece, fatta salva Grosseto (+27,2%) risultano in forte diminuzione in tutte le
province.
Il quadro è certamente emblematico di una situazione
di difficoltà in cui non solo diminuiscono le unità aziendali, ma ciò non aumenta neanche la maglia aziendale di
quelle restanti attraverso processi di aumento dimensionale, tanto che la superficie media aziendale fatta eccezione per Grosseto per le produzioni floricole e per Siena per le piante, è ancora sempre inferiore all’ettaro e più
di frequente inferiore ai 500 mq. Resta comunque il dubbio che qualche errore di valutazione possa derivare dagli errori compiuti nella precedente rilevazione censuaria, vista anche la motivazione che ha spinto la Regione
Toscana ad effettuare una nuova indagine censuaria a distanza di soli 3 anni.
2.6 La filiera fiori
2.6.1 Il quadro di riferimento
La filiera floricola toscana da anni soffre gli effetti di
una concorrenza che la stringe su diversi fronti. Sul
fronte produttivo la concorrenza viene esercitata dalle
regioni meridionali italiane, che hanno rapidamente potenziato e migliorato qualitativamente la propria produzione, effettuata a costi - soprattutto di riscaldamento e
di manodopera - più competitivi, dai nuovi Paesi produttori inizialmente le nazioni sudamericane (Colombia, Equador, ...) e africane (Kenya, Sudafrica, Marocco, ...), oggi in misura crescente asiatiche (Cina, Thailandia, ...); ultima ma non meno importante la concorrenza esercitata dall’Olanda, non solo con la propria
produzione. Qui si apre il secondo fronte, ovvero quello commerciale. L’Olanda attraverso una imponente
concentrazione della produzione, ma soprattutto attraverso una logistica penetrante e perfetta, potenziata da
una promozione capillare, è riuscita a spiazzare la produzione toscana anche dai mercati locali in tempi molto rapidi. Se questi sono i principali attori dal lato dell’offerta, non è da trascurare l’andamento della doman-
112
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di aziende e superfici a fiori e piante ornamentali in Toscana per provincia
Anno 2003
Province
Massa-Carrara
Lucca
Pistoia
Firenze
Livorno
Pisa
Arezzo
Siena
Grosseto
Prato
Totale Regione
N. aziende
24
134
70
94
33
38
100
27
46
8
574
Piante da fiore e da foglia
%
Superficie
%
4,2
6,77
2,9
23,3
75,94
32,3
12,2
37,62
16,0
16,4
30,33
12,9
5,7
7,83
3,3
6,6
7,86
3,3
17,4
24,33
10,4
4,7
32,33
13,8
8,0
11,44
4,9
1,4
0,51
0,2
100,0
234,95
100,0
Fiori e fronde da recidere
%
Superficie
%
0,9
2,3
0,2
46,0
406,18
43,3
35,5
217,46
23,2
3,1
19,67
2,1
1,6
12,43
1,3
1,8
21,75
2,3
2,9
6,25
0,7
0,9
2,83
0,3
7,2
248,52
26,5
.
100
937,4
100
N. Aziende
10
500
386
34
17
20
31
10
78
.
1.086
Fonte: Indagine Regione Toscana sulle aziende florovivaistiche, 2003
Superficie media delle aziende di fiori e piante ornamentali in Toscana
Anno 2003
3,50
3,00
2,50
Ettari
2,00
1,50
1,00
0,50
0,00
Massa
Carrara
Lucca
Pistoia
Firenze
Livorno
Pisa
Piante da fiore e da foglia
Arezzo
Siena
Grosseto
Prato
Totale
regione
Fiori e fronde da recidere
Fonte: Indagine Regione Toscana sulle aziende florovivaistiche, 2003
2.6.3 Le aziende a fiori e piante ornamentali
secondo una classificazione economica
In un precedente lavoro di cui riportiamo di seguito
alcuni principali risultati (Scaramuzzi, 2005) abbiamo
analizzato la struttura delle aziende a fiori e piante ornamentali attraverso un matrice che contempla da un la-
to il livello di specializzazione nella coltura di ciascuna
azienda, misurato in base all’incidenza del reddito lordo standard (RLS) dei fiori e piante ornamentali e dall’altra l’importanza economica della coltivazione dei
fiori e piante ornamentali aziendale nell’ambito della
filiera regionale, che è stata calcolata ordinando in
113
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di aziende e superfici a fiori e
piante ornamentali in Toscana per provincia
sivo 25% del RLS regionale, e così via. La classificazione delle aziende in quattro classi rispetto a ciascuna
delle due variabili dà luogo a sedici diverse tipologie
aziendali, rispetto alle quali è possibile distribuire anche la superficie investita.
Nell’analisi della distribuzione delle aziende tra le diverse tipologie aziendali la prima osservazione che
emerge è come alcune tipologie siano totalmente inesistenti: si tratta in particolare di tutte quelle combinazioni
tipologiche in cui la coltivazione ha un’importanza non
elevata nel reddito lordo standard aziendale. Ciò evidenzia la tipica specializzazione della coltura floricola, cui
fanno eccezione solo poche piccole aziende, nell’ambito
delle quali è possibile che vi siano anche altre coltivazioni, solitamente orticole o, più di recente vivaistiche.
Tale caratteristica risulta ancora più evidente se si esamina la distribuzione delle aziende nei quartili di Reddito lordo standard, da cui si può notare come l’82% delle
aziende derivi la quasi totalità del Reddito lordo aziendale dalla coltura floricola. Più della metà di tali aziende
sono di dimensioni “micro”, ovvero rientrano nel primo
quartile dimensionale.
Un altro elemento caratterizzante è la forte polarizzazione dell’offerta produttiva. Infatti il 68% delle aziende contribuiscono a formare solo il 25% del reddito lordo standard complessivo della filiera, mentre l’1,7%
delle aziende (che rappresentano il quartile delle grandi
aziende della filiera la cui dimensione media è di 74 ettari) realizzano da sole il 25% del Reddito lordo standard.
Anno 2000-2003
Aziende
2000 2003
Massa-Carrara
30
34
Lucca
618
634
Pistoia
858
456
Firenze
106
128
Livorno
67
50
Pisa
59
58
Arezzo
119
131
Siena
24
37
Grosseto
103
124
Prato
9
8
Toscana
1.993 1660
Superfici
Diff. %
2000 2003 Diff. %
13,3
14,4
9,1 -37,0
2,6
483,3 482,1
-0,2
-46,9
765,7 255,1 -66,7
20,8
89,1
50,0 -43,9
-25,4
36,0
20,3 -43,7
-1,7
41,1
29,6 -27,9
10,1
65,2
30,6 -53,1
54,2
85,1
35,2 -58,7
20,4
204,4 260,0
27,2
-11,1
23,7
0,5 -97,8
-16,7 1.807,9 1172,4 -35,2
Nota: I dati 2003 derivano da una prima elaborazione che potrebbe aver sovrastimato il numero delle aziende, non tenendo
conto delle aziende con produzioni miste sia di fiori e fronde che
di piante ornamentali.
Fonte: Istat, V Censimento dell’Agricoltura, 2000 e Indagine Regione Toscana sulle aziende florovivaistiche, 2003
chiave crescente le aziende per RLS dei fiori e delle
piante e raggruppandole per quartili. Pertanto il primo
quartile raccoglie le n aziende più piccole che contribuiscono alla formazione del primo 25% del Reddito
lordo regionale, il secondo quartile raccoglie le n’
aziende che contribuiscono alla formazione del succes-
Le tipologie delle aziende con fiori e piante ornamentali
secondo la classificazione “economica”
Importanza coltura
per l’azienda
1
Micro
Importanza aziende nella filiera fiori e p.te ornamentali regionale
QUARTILI
2
3
4
Piccole
Medie
Grandi
M
MARGINALE
0-10% RLS
Pochissimi fiori e piante,
non importante
per l’azienda
Pochi fiori e piante
ma non influisce
sul RLS aziendale
Coltivazione di fiori e piante
abbastanza importante
in assoluto, ma non
importante per l’azienda
Coltivazione di fiori
e piante importante
in assoluto
ma poco per l’azienda
B
BASSA
10-33% RLS
Pochissimi fiori e piante,
abbastanza importante
per l’azienda
Pochi fiori e piante
ma abbastanza importanti
per l’azienda
Coltivazione di fiori e piante
abbastanza importante
e abbastanza importante
per l’azienda
Coltivazione di fiori
e piante importante
ma non molto
per l’azienda
E
INTERMEDIA
33-66% RLS
Pochissimi fiori e piante,
molto importanti
per l’azienda
Pochi fiori e piante
ma molto importante
per l’azienda
Coltivazione di fiori e piante
abbastanza importante
e molto importante
per l’azienda
Coltivazione di fiori
e piante importante
e molto importante
per l’azienda
A
ALTA
>66%
Pochissimi fiori e piante,
ma determina
quasi l’intero RLS
Pochi fiori e piante,
ma determinano
quasi l’intero RLS
Coltivazione di fiori
e piante abbastanza
importante che determina
quasi l’intero RLS
Coltivazione di fiori
e piante importante
che determina
quasi l’intero RLS
114
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Numero di aziende con fiori e piante ornamentali in Toscana
per importanza della coltura per l’azienda e per livello di importanza delle aziende
nella filiera e relativa incidenza percentuale sul totale complessivo
Anno 2003
Importanza dei fiori e piante
per l’azienda
“micro”
Marginale (RLS fiori e p.te <10% tot)
Bassa (RLS fiori e p.te 10%-33%)
Intermedia (RLS fiori e p.te 33%-66%)
Alta (RLS fiori e p.te 66%-100%)
Totale complessivo
41
103
191
1.029
1.364
Marginale (RLS fiori e p.te <10% tot)
Bassa (RLS fiori e p.te 10%-33%)
Intermedia (RLS fiori e p.te 33%-66%)
Alta (RLS fiori e p.te 66%-100%)
Totale complessivo
2,1%
5,2%
9,6%
51,6%
68,4%
importanza delle aziende nella filiera floricola
“piccole”
“medie”
“grandi”
N. aziende
1
1
20
10
378
185
34
400
195
34
In %
0,1%
0,1%
1,0%
19,0%
9,3%
1,7%
20,1%
9,8%
1,7%
Totale
42
104
221
1.626
1.993
2,1%
5,2%
11,1%
81,6%
100,0%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
Distribuzione percentuale del Reddito Lordo Standard della coltura di fiori
e piante ornamentali in Toscana per importanza della coltura per l’azienda
e per livello di importanza delle aziende nella filiera
Importanza dei fiori e piante
per l’azienda
Marginale (RLS fiori e p.te <10% tot)
Bassa (RLS fiori e p.te 10%-33%)
Intermedia (RLS fiori e p.te 33%-66%)
Alta (RLS fiori e p.te 66%-100%)
Totale complessivo
importanza delle aziende nella filiera floricola
“piccole”
“medie”
“grandi”
0,08%
0,06%
1,18%
1,38%
24,35%
22,96%
24,96%
25,66%
24,34%
24,96%
“micro”
0,23%
0,75%
2,29%
21,77%
25,04%
Totale
0,31%
0,80%
4,85%
94,04%
100,00%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
Incidenza della superficie a fiori in produzione in Toscana per importanza
della coltura per l’azienda e per livello di importanza delle aziende nella filiera
Importanza dei fiori e piante
per l’azienda
Marginale (RLS fiori e p.te <10% tot)
Bassa (RLS fiori e p.te 10%-33%)
Intermedia (RLS fiori e p.te 33%-66%)
Alta (RLS fiori e p.te 66%-100%)
Totale complessivo
importanza delle aziende nella filiera floricola
“piccole”
“medie”
“grandi”
“micro”
0%
1%
3%
22%
26%
1%
23%
24%
1%
24%
26%
0%
24%
24%
Totale
0%
1%
5%
93%
100%
Fonte: Elaborazioni su dati Istat, Censimento 2000 dell’agricoltura
2.6.4 Gli andamenti della produzione
Il valore della produzione floricola toscana è stimato
dall’Istat in 75 milioni di euro per il 2004, con una diminuzione rispetto all’anno precedente dell’11,5%. Tale di-
minuzione è in linea con il trend che ha caratterizzato
l’andamento della produzione negli ultimi 10 anni. Questo fenomeno è da imputarsi al concorrere di numerosi
fattori in parte già citati e rappresentati dalla fuoriuscita
115
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Evoluzione della produzione
florovivaistica toscana
dal settore di molte aziende per l’incremento dei costi di
produzione (manodopera e riscaldamento soprattutto),
per l’assenza di un ricambio generazionale, per l’obsolescenza delle strutture e la scarsa propensione all’investimento. Si deve altresì sul fronte dell’offerta alla concorrenza delle regioni meridionali e della produzione proveniente dai paesi in via di sviluppo e veicolata sui nostri
mercati in particolare dal sistema distributivo olandese,
alla contrazione dei consumi per un bene che per la sua
voluttuarietà e scarsa durata temporale mal si concilia
con le condizioni di protratta crisi economica che caratterizzano gli andamenti dei mercati.
La Toscana dunque perde sempre più la sua posizione
di regione di riferimento per la floricoltura italiana continuando a perdere posizioni nella graduatoria delle regioni più vocate.
Per quanto riguarda le principali specie coltivate in base alle stime sulle superfici della Regione Toscana per il
2004 si nota una prevalenza delle fronde verdi (peraltro
prevalentemente coltivate in piena aria) seguite di crisantemi multiflori, dai gigli e dai crisantemi uniflori,
senza una differenza rilevante nella distribuzione rispetto al 2002.
Dal 1980 al 2004 (valori a prezzi costanti 1995)
200.000
150.000
100.000
Fiori e piante da vaso
Fonte: Istat
Incidenza delle principali specie floricole
sulle superfici totali investite a fiori e piante ornamentali
Anni 2002 e 2004
30,0
26,0
Valori percentuali
25,0
20,0
15,0
11,6
10,0
6,9
5,7
5,0
5,5
5,4
5,1
4,5
4,4
3,9
3,8
3,7
2,8
2,7
2,4
1,8
1,0
2002
Fonte: Elaborazioni su stime Regione Toscana
116
2004
Anemoni
Gipsophila
Rose multiflori
Calle
Fresie
Iris
Gerbere
Garofani multiflori
Altri garofani
Garofani standard
Altri fiori
Rose uniflori
Gladioli
Crisantemi uniflori
Gigli
Crisantemi multiflori
Fronde verdi
0
2004
2001
1998
1995
1992
1983
1980
0
1989
50.000
1986
Migliaia di eurolire, 1995
250.000
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Valore della produzione
commercializzata al Comicent
2.6.5 La commercializzazione: i mercati all’ingrosso
In Toscana sono presenti due mercati all’ingrosso
floricoli d’importanza nazionale, il Comicent, con
sede a Pescia (PT), e il Mercato dei Fiori di Viareggio.
Nel 2004 sono stati commercializzati al Comicent prodotti floricoli per un valore di 100,1 milioni di euro, di
cui l’81% rappresentato da fiori recisi, il 7% da verde ornamentale e il 12% da piante da interno e da terrazzo. Il
trend di medio-lungo periodo mostra una diminuzione
del totale della produzione commercializzata, mentre risulta in crescita l’incidenza della quota detenuta dalle
piante in vaso.
La contrazione della produzione commercializzata è
da imputare totalmente al settore floricolo, in quanto
si mantiene stabile il settore delle piante ornamentali
da interno e da terrazzo, il cui valore di produzione
commercializzata è stato nel 2004 pari a 12 milioni di
euro.
Disaggregando il valore della produzione per specie
si nota come più del 25% della produzione commercializzata è rappresentato dalle rose, seguite dai lilium
con il 19% e a grande distanza dalle orchidee con il
6,7%. Peraltro le orchidee (+10,2%) assieme alla gypsophila (+7,9%), all’aster (+10,2%) e al Dianthus bar-
Anni 1995-2004
160
Milioni di euro
140
120
100
80
60
40
20
Piante in vaso
Verde
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
1995
0
Fiori
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Comicent
batus (+31,5%) sono fra le poche specie ad avere avuto variazioni positive nel 2004 rispetto all’anno precedente.
Valore della produzione commercializzata al Comicent negli anni 2000-2004,
incidenza e variazioni rispetto all’anno precedente
2000
Garofani Mediterranei
Garofani Miniature
Garofani Mini-Mini
Dianthus Barbatus
Crisantemi Multiflori
Lilium
Gladioli
Rose
Gerbere
Gypsophila
Iris
Aster
Orchidee
Limonium
Statice Sinuata
Verde Ornamentale
Altre Specie
Totale comparto floricolo
Totale piante ornamentali
da interno e da terrazzo
Totale Generale
2001
2002
2003
5.333
3.197
92
323
12.687
24.580
4.209
23.819
4.341
784
3.451
769
8.194
1.093
976
8.684
19.479
122.010
4.330
2.624
72
322
10.544
22.947
3.956
23.821
4.074
763
2.697
785
8.160
958
1.017
8.315
17.562
112.948
3.751
1.953
59
186
9.139
23.087
3.503
24.205
3.426
673
2.232
719
6.880
919
814
8.289
15.468
105.303
2.901
1.738
47
190
8.180
19.446
3.204
22.649
3.142
724
2.105
636
5.375
909
962
7.359
14.325
93.894
12.284
134.294
11.799
124.746
11.287
116.591
11.862
105.756
Fonte: Elaborazioni su dati Comicent
117
2004
valore
2.091
1.261
30
250
7.259
16.914
3.233
22.211
2.783
779
1.742
698
5.925
762
386
6.808
15.003
88.134
12.345
100.152
% sul totale
2,4
1,4
0,0
0,3
8,2
19,2
3,7
25,2
3,2
0,9
2,0
0,8
6,7
0,9
0,4
7,7
17,0
100,0
Var. in %
anni 03/04
27,9
27,4
36,1
31,5
11,3
13,0
0,9
1,9
11,4
7,6
17,3
9,7
10,2
16,2
59,9
7,5
4,7
6,1
-
4,1
5,3
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Per quanto concerne le quantità di fiori commercializzati al Comicent, nell’anno 2004, sono stati oggetto di
transazione 241 mila steli (-5,10% rispetto al 2003) e 494
tonnellate (+1,68% rispetto al 2003). La variazione negativa delle quantità di steli venduti è dovuta in particolare alla diminuzione delle produzioni locali nel periodo
gennaio/marzo e novembre/dicembre, a causa dei costo
di produzione per l’elevato prezzo del combustibile per
il riscaldamento delle serre, mentre il leggero aumento
delle quantità vendute in peso è da riferirsi alle mazzerie
estive, e alle produzioni locali a pieno campo. Stazionaria la presenza del prodotto proveniente da extra-regione
e dall’estero. L’andamento del fogliame è stazionario anche rispetto alle quantità vendute: 32 milioni di steli
(+3,7%), 1.500 tonnellate (-1,8%) e 1,7 milioni di Foglie
(+1,2%).
Per quanto concerne il passaggio del mercato dal Ministero per le Politiche Agricole e Forestali alla Regione
il gruppo tecnico di lavoro istituito dalla Regione Toscana al fine di supportare le scelte del governo regionale ha
concluso i lavori che prevedevano una ricognizione giuridico-amministrativa, strutturale e funzionale del mercato. Il dossier è stato consegnato alla Regione Toscana
ma ad oggi non si conoscono gli esiti.
È da segnalare anche il procedere dei lavori di costruzione del nuovo mercato di Viareggio rispetto alla cui gestione e funzioni vi sono diversi progetti ma non è stata
ancora definita una linea prioritaria.
prezzo medio di vendita ai soci dopo una settimana dalla vendita.
Per quanto concerne i canali distributivi, la gran
parte della produzione viene venduta a grossisti, circa
il 10% alla Grande Distribuzione e il 5% ai dettaglianti. Importante è menzionare il “nuovo” sistema
distributivo del cash and carry che mira ad accorciare
i canali per concentrare maggior valor aggiunto nelle
fasi a monte. Acquirenti target sono fioristi e ambulanti e in minor parte i grossisti dell’area. La Flor-export già da molti anni praticava questa forma di commercializzazione, che tuttavia sta perdendo d’importanza per la localizzazione, relativamente distante, degli acquirenti che considerata la contrazione dei consumi, dovrebbero sostenere eccessivi costi di trasporto rispetto alle partite acquistate e quindi preferiscono
la consegna diretta dei grossisti su ordinazione o con
tentata vendita.
Viceversa la Flora Toscana ha aperto presso il Comicent un punto vendita cash and carry che registra
2 milioni di euro di fatturato annuo, in crescita del
20% nel 2005 rispetto allo stesso periodo del 2004.
La merce è esposta in ambiente a temperatura controllata dove il cliente può accedere liberamente e
dove, a domanda è assistito dal personale specializzato.
Le esigenze di assortimento continuativo della produzione fanno sì che il punto vendita commercializzi prevalentemente merce olandese. Il mercato estero è servi-
2.6.6 Il ruolo della cooperazione
I mercati all’ingrosso toscani non costituiscono il polo
di concentrazione dell’offerta locale, che per più della
metà viene commercializzata al di fuori di queste strutture. Ciò si deve a una molteplicità di motivazioni riconducibili sostanzialmente a una modesta proposta di servizi ai produttori da parte del Mercato, al ruolo rilevante
delle cooperative, a consolidati rapporti di scambio extra-mercato.
Il mondo cooperativo floricolo toscano è oggi prevalentemente rappresentato da due imprese: Flora-Toscana con
sede a Pescia che raccoglie prevalentemente produzione di
soci localizzati in Valdinievole e piana di Lucca e la Florexport che raccoglie prevalentemente soci localizzati nell’area versiliese. Complessivamente le due imprese cooperative riuniscono circa 325 aziende del territorio.
Flora Toscana e Flor-export hanno avuto nel 2004 un
fatturato complessivo di circa 14,5 milioni di euro di cui
il 76% spetta alla prima e il 24% alla seconda.
Diversificate sono le scelte relative alla programmazione e al controllo della produzione, sia alla remunerazione dei conferimenti. Flora Toscana sta cercando di
sensibilizzare i soci rispetto ai costi di imballaggio e di
trasporto facendo variare il prelievo di gestione in base
all’efficienza di utilizzo delle vasche e degli imballaggi.
Le nuove regole inoltre impongono di comunicare il
Le principali specie commercializzate
dal settore cooperativo in Toscana
Anno 2004. Valori in euro
4.500.000
4.000.000
3.500.000
3.000.000
2.500.000
2.000.000
1.500.000
1.000.000
Lilium
Crisantemo
Dianthus
Zantedeschia
Gerbera
Eucalyptus
Ruscus
Limonium
Rosa
Fresia
Gipsophila
Leucospermum
Tulipano
Gladiolo
Ilex
Iris
500.000
Fonte: Elaborazioni su dati Floratoscana e Florexport
118
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
to da Flora Toscana con vari canali: attraverso la vendita su aste olandesi, prevalentemente attraverso Floraholland, vendita diretta a clienti e vendita tramite Toscoflora Holland, società costituita nel 2002 da Toscoflora. La
società ha un fatturato annuo di circa 1,5 milioni di euro e commercializza essenzialmente fronde e fogliame
sia proveniente dalle produzioni dei soci Flora Toscana,
sia olandese. Dalla fine del 2004 a causa della fuoriuscita dei due soci privati olandesi da cui era partecipata,
Toscoflora Holland è divenuta al 100% proprietà Flora
Toscana.
Anche la Flor-export ha costituito una società commerciale nel 2000, denominata Flor-Versilia. La società
affianca settore vendite della Flor-export commercializzando prodotti che i soci non hanno in produzione al fine di servire al meglio la propria clientela aumentando la
gamma di fiori offerti e garantendone il costante approvvigionamento.
Relativamente alle principali specie commercializzate
dalle cooperative toscane prevale decisamente il Lilium
cui spetta circa il 27% del fatturato, seguito da Crisantemo (9%), Dianthus (9%), Zantedeschia (8%) e Gerbera
(6%). Successivamente troviamo il fogliame e in particolare Ecucalyptus e Ruscus.
Italia. Valori annui pro capite in euro
dei consumi di fiori, fogliame
e piante verdi o fiorite in vaso
2.6.7 La domanda
I consumi di fiori in Italia stanno registrando una dinamica decisamente negativa che investe sia il segmento del reciso, sia quello delle piante in vaso. Nel 2004 i
consumi annui pro-capite erano pari a 43,20 euro (6,7% rispetto al 2003), di cui 31,06 euro dedicati ai fiori e fogliame e 12,14 euro alle piante in vaso. I dati fanno riflettere maggiormente se si osserva che rispetto a
Prezzi correnti
Fiori/
fogliame
50,61
49,07
48,29
46,84
42,71
40,39
38,58
38,16
37,44
36,78
34,89
33,63
31,06
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004*
Piante
in vaso
14,98
15,49
14,98
14,98
14,1
13,53
13,43
13,74
13,53
13,22
13,09
12,65
12,14
Totale
65,59
64,56
63,27
61,82
56,81
53,92
52,01
51,90
50,97
50,00
47,98
46,28
43,20
*Stima aggiornata.
Fonte: dati Istat
La bilancia commerciale florovivaistica
italiana nel 2004 e variazioni rispetto al 2003
Valori in 000 di euro
Prodotto
Import
000 euro
Semi di Fiori
Rododendri ed azalee
Rosai
Piante vivaci
Piante da interno
Piante da Interno
e terrazzi Totale
Alberi, arbusti da esterno
Crisantemi
Garofani
Gladioli
Rose
Orchidee
Fiori recisi Altri
Fiori freschi recisi
Florovivaismo Totale
Export
4.627
6.988
3.610
19.863
101.334
Var. %
su 2003
-17,42
-11,31
-2,33
8,44
-2,04
131.261
20.648
11.266
542
58
56.149
21.839
61.684
151.538
392.650
-0,89
11,43
-26,1
-48,58
-55,39
-1,39
-4,09
-3,83
-5,45
-2,33
000 euro
Fonte: Elaborazioni Ismea su dati Istat
119
Saldo
000 euro
1.434
1.030
790
124.896
66.613
Var. %
su 2003
-24,61
5,20
-12,13
4,56
0,58
-3.193
-5.958
-2.820
105.033
-34.721
194.329
120.520
571
6.986
159
3.536
179
54.358
65.790
523.878
3,52
9,72
-9,51
-11,86
-57,72
-18,30
16,23
-2,04
-4,52
2,22
63.068
99.872
-10.695
6.444
101
-52.613
-21.660
-7.326
-85.748
131.228
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
dieci anni fa i consumi a valori correnti sono diminuiti
più del 30%. Se per il reciso la tendenza era già chiara
e legata molto alla difficoltà di passare da una domanda di ricorrenza (legata cioè alle festività) a una di impulso, le speranze riposte nelle piante in vaso sono state vanificate dalle condizioni di protratta crisi economica del nostro paese che pongono un bene voluttuario
come quello florovivaistico in fondo alla lista delle esigenze di acquisto. Né per quanto riguarda il fogliame si
è ancora riusciti a sollecitare una domanda autonoma
ovvero slegata dalle composizioni per cui è abitualmente utilizzato.
Purtroppo il mercato estero non sembra offrire maggiori opportunità se si considera che il saldo della bilancia fiori freschi e recisi è negativo per 86 milioni di
euro e che le esportazioni sono diminuite del 2% nel
2004 e mostrano una sensibile riduzione anche nel primo trimestre del 2005. Inoltre anche se si guarda la
variazione delle esportazioni per specie si nota come
tutte le produzioni primarie toscane (crisantemi, gladioli, rose) registrino una variazione negativa consistente.
Anche l’importazione di semi ha un saldo negativo
del 17% che piuttosto che una copertura del fabbisogno
interno lascerebbe intuire una diminuzione della produzione.
Il cofinanziamento dell’intervento effettuato dalla
Amministrazione Provinciale di Pistoia ha portato alla
restrizione dell’area di interesse alla sola provincia di
Pistoia.
A chiusura del bando i primi dati elaborati mostrano
una scarsità di domande, solo 63, per un importo globale di investimenti previsti pari 1,2 milioni di euro. Il contributo cui i richiedenti avrebbero avuto diritto in assenza del massimale sarebbe stato di circa 486.000 euro, che
avrebbero quasi perfettamente esaurito lo stanziamento.
In realtà i massimali stabiliti permetteranno di finanziare
gli investimenti esclusivamente per 241.000 euro. In base alle interviste effettuate sono stati proprio i massimali
che probabilmente avevano lo scopo di distribuire i finanziamenti su una base più ampia che hanno disincentivato le domande e che oggi, a bando chiuso, impediranno di esaurirne i fondi stanziati. Se, come asserito da
alcuni, il bando costituiva un intervento pilota si dovranno apportare alcune modifiche per permetterne un’efficacia migliore.
Bando florovivaismo:
alcuni dati significativi
Stanziamento
Percentuale di contributo
Numero di domande
Investimenti previsti
Contributo calcolato
Contributo ammissibile
Investimento medio per azienda
Contributo medio per azienda
2.6.8 Il “fermento istituzionale”
A fronte della percezione chiara della crisi in atto che
investe tutte le fasi della filiera, dalla produzione, alla
commercializzazione, al consumo vi è un “fermento istituzionale” volto a cercare di individuare delle strategie e
delle vie di uscita che hanno avuto come linee prioritarie
gli investimenti strutturali, la qualità, la logistica, la valorizzazione.
Per quanto riguarda gli investimenti è stato finanziato dalla Regione Toscana un bando pubblico (Decreto
n. 132 del 25/01/2005) finalizzato alla concessione di
contributi finanziari a favore di aziende agricole del
settore florovivaistico. L’intervento finanzia l’adeguamento e la sostituzione di impianti di irrigazione obsoleti con sistemi irrigui localizzati allo scopo di favorire
il risparmio e un uso razionale della risorsa idrica. Il regime di aiuto prevede un contributo in conto capitale
sull’investimento riconosciuto ammissibile con una
modulazione che va dal 55% riconosciuto ai giovani
imprenditori per investimenti realizzati in zone svantaggiate al 17,5% riconosciuta alla categoria degli “altri imprenditori”. È stato previsto altresì un contributo
massimo (si veda tabella), pari a 1.500 euro a ettaro con
un massimale di 10.000 euro per le coltivazioni in pieno campo e per le coltivazioni protette di 3.000 euro per
investimenti su superfici inferiori a 5.000 mq, fino a un
massimale di 10.000 euro per superfici maggiori di
5.000 mq.
€ 500.000
Dal 17,5% al 55%
63
€ 1.214.398
€ 486.116
€ 240.793
€ 19.276
€ 3.822
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Amministrazione provinciale
di Pistoia
Bando florovivaismo:
massimali di contributo
Classi di superficie interessate dall’intervento
Coltivazioni pieno campo
< 1 ettaro
1.500 euro
> 1 ettaro
1.500 euro a ettaro con un massimo di 10.000 euro
Coltivazioni protette
< 5.000 mq
3.000 euro
> 5.000 mq
600 euro per ogni 1.000 mq fino ad un massimo di
10.000 euro
Tra le opportunità di finanziamento vogliamo segnalare il contratto di filiera, ovvero il contratto tra i
120
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
soggetti della filiera agroalimentare e il Ministero
delle politiche agricole e forestali, finalizzato alla
realizzazione di un programma di investimenti integrato a carattere interprofessionale ed avente rilevanza nazionale che, partendo dalla produzione agricola,
si sviluppi nei diversi segmenti della filiera agroalimentare in un ambito territoriale multiregionale. Il
contratto di filiera ha permesso alla Florconsorzi - cui
partecipano otto imprese Floramiata, Flomar, Nuova
Aidiru, Boracifera, Florpast, Moc Mediflor, Amiata
Vivai e Alpha Ambiente - di ottenere un cospicuo
contributo per un progetto sul rafforzamento della filiera florovivaistica a livello nazionale che intende
intervenire dalla fase produttiva a quella della distribuzione al dettaglio. Il progetto prevede un investimento di 13,6 milioni di euro, di cui sono stati dichiarati ammissibili 7,7 milioni di euro. Si parte dunque dagli investimenti sugli impianti di produzione
(ristrutturazione e ampliamento delle serre, telecontrollo climatico) e si procede lungo la filiera con adeguamento dei magazzini, informatizzazione delle
spedizioni e piattaforme logistiche. Attraverso una
nuova collaborazione tra produttori e dettaglianti si
intende favorire la migliore programmazione della
produzione e distribuzione per le piante a elevato
consumo. La cooperazione tra il gruppo Florconsorzi
e i garden center sarà realizzata su accordi flessibili,
seguendo il modello del franchising.
Sul fronte della qualità la Regione Toscana, attraverso l’Arsia, già da tempo si era attivata per l’unificazione delle norme di qualità e confezionamento del
reciso; le attività si sono ora ampliate a livello nazionale e presso il Mipaf è stato costituito un apposito
gruppo di lavoro. Il gruppo ha elaborato un primo documento condiviso contenente i principi generali per
la definizione della qualità, che accoglie sostanzialmente i contenuti del regolamento CE 316/68; obiettivo del gruppo è di giungere ad approvare le norme
specifiche per fiori recisi, fronde recise e foglie recise, oltre a una scheda-tipo di prodotto entro ottobre
2005.
L’Arsia sta lavorando anche per l’applicazione alla
floricoltura della legge regionale sul marchio di produzione integrata (Lr 25/99), rispetto alla quale intende revisionare i disciplinari, sia con riferimento
agli impieghi di fertilizzanti alla luce di quanto emerso a seguito di specifici approfondimenti effettuati,
sia per quanto riguarda l’integrazione dei principi generali per il postraccolta che sono stati notificati alla
UE.
Sempre sul fronte della qualità si segnala che
l’Arpat ha effettuato una proposta di intervento nell’area di Montevarchi, nell’ambito di un progetto nel
settore ortoflorovivaistico -per il quale è stato ipotizzato un cofinanziamento Arsia - volto a sollecita-
re la prevenzione nel lavoro e la individuazione e
diffusione di pratiche e tecnologie a basso impatto
da applicare alle produzioni tipiche della zona valdarnese. Il progetto dovrebbe essere attivato nel corso del 2006 con un forte coinvolgimento delle aziende della zona.
Per quanto riguarda la logistica è stato costituito un
tavolo interministeriale con il Ministero dei Trasporti,
in cui è stata espressa la volontà di firmare un Patto per
la logistica da attivare con i fondi strutturali a partire
dal 2007. Nell’ambito di questo vi sarà ampio spazio
per il settore agroindustriale al quale sono destinate numerose linee di indirizzo su cui redigere piani di intervento. Al fine di definire i punti strategici per la nuova
programmazione, in settembre-ottobre dovrebbero tenersi dei seminari tematici per far emergere situazione
ed esigenze.
Per quanto concerne la promozione il Ministero ha rinnovato l’impegno a costituire presso il Ministero un Ufficio Italiano dei Fiori, coinvolgendo le strutture dell’Ismea e dell’Ice.
A livello istituzionale locale non vogliamo dimenticare come vi sia una certa mobilizzazione attorno all’operatività dei distretti rurali, con riferimento ai quali vi è la volontà di costituzione di ben due distretti incentrati su produzioni florovivaistiche. Dopo la presentazione della domanda di riconoscimento per il distretto vivaistico-ornamentale pistoiese, ci preme evidenziare il progetto di costituzione del distretto floricolo interprovinciale Lucca-Pistoia. Per il distretto floricolo è stato costituito il Comitato promotore, definito come il luogo di concertazione delle decisioni strategiche, del monitoraggio delle iniziative intraprese e
garante rispetto alle finalità del protocollo. E’ stato anche nominato un Comitato Tecnico il cui compito è
quello di redigere il progetto economico territoriale del
Distretto.
Soggetti promotori firmatari del protocollo d’intesa
sulla costituzione del distretto sono stati le Province di
Lucca e di Pistoia, le Comunità Montane, le Camere di
Commercio di Lucca e Pistoia, i Comuni di Pescia e di
Viareggio, Le Organizzazioni Professionali (CIA, Coldiretti, Unione Agricoltori), Rappresentanze della Cooperazione, Rappresentanze dell’Associazionismo del
settore agricolo, Organizzazioni dell’Artigianato, del
commercio al minuto, della grande distribuzione organizzata.
Nuove opportunità di finanziamento potrebbero
derivare ai distretti dall’approvazione del decreto
legge sulla competitività (Dl 35 del 14 marzo 2005,
convertito in legge 14/05/2005 n. 80) che ha inserito
accanto ai contratti di filiera la voce “contratti di distretto”, la cui regolamentazione (criteri e modalità
di attivazione) è demandata a successivo decreto del
Mipaf.
121
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
2.6.9 Alcune considerazioni finali
L’analisi effettuata fa emergere una situazione critica
per la floricoltura toscana che investe tutti gli stadi della
filiera.
Nella fase produttiva si riscontra una significativa diminuzione delle aziende e delle superfici, che investe soprattutto le aree tradizionalmente vocate ma è diffusa su
tutto il territorio regionale.
Nella fase commerciale i mercati all’ingrosso continuano a esercitare la sola funzione di concentrazione di
una parte minoritaria della produzione regionale e assurgono sostanzialmente a solo luogo di contrattazione senza offrire quei servizi aggiuntivi che ne potrebbero, forse, avviare il rilancio.
La cooperazione lotta per mantenere i propri spazi di
mercato con strategie relativamente aggressive, ma
preoccupa la perdita di una parte della base sociale che
spesso si riconverte ad altre produzioni o anche cessa per
assenza di ricambio generazionale.
Né è incoraggiante il fronte della domanda che palesa
una contrazione continua e rilevante in parte determinata dalla situazione di protratta crisi economica, in parte
dalla minore appetibilità del fiore se non per un consumo
di ricorrenza, visti i tempi richiesti per la cura e la breve
durata, fattori in contraddizione con il profilo del moderno consumatore sempre alla ricerca di processi di consumo time saving.
A fronte di tutti questi elementi di preoccupazione
emerge tuttavia una forte consapevolezza, sia tra gli
operatori della filiera sia a livello istituzionale, della
necessità di attivarsi su fronti diversificati; dalla qualità, alla logistica, alla promozione per affrontare la situazione in essere. In questa condivisione di obiettivi
gli operatori più vivaci dovranno trovare la forza per individuare gli interventi più efficaci. Saranno i distretti il
luogo economico, istituzionale, politico dove si individueranno le strategie? È prematuro esprimere una opinione, sicuramente rappresentano un’opportunità.
122
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
3. Le politiche agricole e di sviluppo rurale
3.1 La spesa pubblica in agricoltura
tre dal lato delle agevolazioni i produttori agricoli beneficiano soprattutto dei regimi preferenziali in materia
previdenziale e contributiva (16%) e degli sgravi Irpef
(5,6%). La diminuzione che si rileva per la spesa Agea è
da attribuire all’avvio delle attività degli organismi pagatori regionali, tra i quali anche l’Agenzia Toscana, nell’ambito di funzioni in precedenza gestite direttamente a
livello nazionale.
Utili indicazioni sul sostegno consolidato al settore
agricolo possono essere ricavate dall’analisi della destinazione dei flussi di aiuto per tipologia di intervento. Su
un totale di 16,6 miliardi di euro di sostegno al settore,
stimato per il 2003, il 46% degli interventi è a beneficio
delle imprese, che ricevono soprattutto aiuti alla produzione e in misura più limitata aiuti alla gestione nel breve termine e agli investimenti aziendali. Il 29% è, invece, rappresentato da trasferimenti senza specifico vincolo di destinazione, ma diretti principalmente a migliorare la situazione reddituale del beneficiario; il 17% è destinato alle infrastrutture, cioè a investimenti esterni alle
aziende ma di cui esse beneficiano. Ad altre tipologie di
intervento, quali ricerca e sperimentazione, servizi allo
sviluppo, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli viene destinata complessivamente una quota di circa il 5%. Una ulteriore classificazione e aggregazione delle tipologie di spesa in base alla finalità degli interventi finanziati evidenzia come il 70% delle risorse sia
orientato a interventi di tipo conservativo e di supporto
immediato, cioè di mantenimento dei redditi agricoli
(aiuti alla produzione, alla gestione, al reddito), e il restante 30% ad azioni di tipo strutturale, volte al miglioramento delle condizioni di produzione (aiuti agli investimenti, ricerca, servizi allo sviluppo, trasformazione e
commercializzazione).
I dati per circoscrizioni regionali mettono in luce il diverso peso che il sostegno assume e le caratteristiche
proprie di ciascun territorio, confermando la differente
distribuzione dell’intervento tra le varie componenti, anche se con alcune variazioni rispetto ai precedenti periodi. Nelle regioni del Centro prevalgono i trasferimenti,
soprattutto per la forte incidenza dei pagamenti di fonte
Agea o di Organismi Pagatori Regionali (con il 19% del
totale nazionale); quelle del Nord si caratterizzano per
una più elevata incidenza rispetto al dato medio nazionale delle agevolazioni su carburanti e fiscali (Irpef, Ici ed
Irap); nel Sud la spesa regionale e le agevolazioni previdenziali e contributive presentano una incidenza maggiore rispetto alle altre circoscrizioni.
L’analisi della stima del consolidato del sostegno pubblico e dei bilanci regionali consente di rilevare che gli
aiuti e i benefici che riceve l’agricoltura toscana sono solo in parte programmati e gestiti direttamente dall’Ente
Regione, agendo soprattutto politiche di settore di altra
fonte, assieme ad azioni di natura agevolativa di cui a vario titolo beneficia il settore, ed essendo una quota della
spesa gestita mediante trasferimenti ad enti sub-regionali, che concorrono a delineare il quadro dell’intervento
regionale. I finanziamenti e le agevolazioni, sia a livello
nazionale che regionale, hanno prevalentemente la finalità di mantenere stabile e garantire con un supporto immediato il reddito degli agricoltori, anche se negli ultimi
anni è aumentata la quota di spesa destinata ad accrescere la produttività del sistema tramite interventi di tipo
strutturale.
3.1.1 Il consolidato della spesa pubblica
Si presentano qui i risultati del consolidamento della
spesa pubblica in agricoltura, con l’obiettivo di determinare le componenti dell’intervento e quantificare il sostegno, senza duplicazioni in relazione alle diverse fonti.
Le motivazioni di tale analisi possono essere molteplici
e riconducibili alla frammentazione delle istituzioni che
intervengono, alla necessità di fornire informazioni al
decisore pubblico, alla esigenza di disporre di strumenti
adatti ai fini programmatori e valutativi, nonché in relazione alla quantificazione dei costi di gestione e alle ricadute delle azioni di governo sul territorio. Il consolidamento, quindi, considera sia i trasferimenti diretti, propri
della politica di settore, sia le varie tipologie di agevolazioni, fiscali e contributive, concesse agli operatori a
fronte di politiche poste in essere con differenti modalità
e finalità.
Nel periodo 1999-2003, la stima del sostegno annuo a
livello nazionale ammonta mediamente a 16 miliardi di
euro, di cui il 70% provenienti dalle politiche di settore e
il restante 30% dall’insieme delle agevolazioni.
Il peso dell’intervento assume ancora più significato se
rapportato con i risultati produttivi del settore: sul valore
della produzione agricola a prezzi di base l’intervento
pubblico incide mediamente per il 36%, mentre in termini di valore aggiunto la quota raggiunge il 55%.
I principali canali tramite i quali si attua l’intervento
pubblico e si realizzano le politiche di settore sono costituiti dai trasferimenti dell’Agea (35,6%) e dai flussi di
spesa che transitano dai bilanci regionali (24,7%), men-
123
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Consolidamento del sostegno al settore agricolo in Italia 1999-2003
Milioni di euro correnti
Agea/Orp
Saisa - Ente nazionale risi
Organismi regionali pagatori
Mipaf
Ministero attività produttive
Fondo per la meccanizzazione
Sviluppo Italia
Regioni
Totale trasferimenti
Credito di imposta per investimenti
Iva
Agevolazioni carburanti
Agevolazioni su Irpef
Agevolazioni su Ici
Agevolazioni Irap
Agevol. previdenziali e contributive
Totale agevolazioni
Totale complessivo
1999
mln €
%
4.793 32,4
474 3,2
0
545 3,7
0 0,0
40 0,3
33 0,2
3.846 26,0
9.730 65,9
0
249 1,7
731 4,9
1.307 8,8
143 1,0
247 1,7
2.368 16,0
5.045 34,1
14.775 100,0
2000
mln €
%
6.333 38,9
396
2,4
0
634
3,9
0
0,0
19
0,1
22
0,1
4.054 24,9
11.459 70,4
0
197
1,2
769
4,7
843
5,2
146
0,9
231
1,4
2.642 16,2
4.828 29,6
16.286 100,0
2001
mln €
%
6.661 39,3
402
2,4
0
818
4,8
11
0,1
30
0,2
34
0,2
4.394 25,9
12.351 72,8
0
235
1,4
594
3,5
868
5,1
147
0,9
240
1,4
2.533 14,9
4.617 27,2
16.968 100,0
2002
mln €
%
5.839 37,1
345
2,2
319
2,0
635
4,0
172
1,1
28
0,2
61
0,4
3.580 22,7
10.980 69,7
85
0,5
198
1,3
694
4,4
752
4,8
155
1,0
232
1,5
2.662 16,9
4.778 30,3
15.758 100,0
2003
Media 1999-03
mln €
%
mln €
%
5.000 30,1
5.725 35,6
376
2,3
399
2,5
1.246
7,5
313
1,9
773
4,7
681
4,2
180
1,1
72
0,5
0
0,0
24
0,1
27
0,2
35
0,2
3.968 23,9
3.968 24,7
11.570 69,6 11.218 69,8
175
1,1
52
0,3
199
1,2
216
1,3
850
5,1
728
4,5
765
4,6
907
5,6
160
1,0
150
0,9
232
1,4
236
1,5
2.665 16,0
2.574 16,0
5.046 30,4
4.863 30,2
16.616 100,0 16.081 100,0
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Inea
Consolidamento del sostegno al settore agricolo in Toscana 1999-2002
Milioni di euro correnti
Agea/Orp
Altri organismi di intervento
Mipaf
Ministero attività produttive
Fondo per la meccanizzazione
Regione
Totale trasferimenti
Iva
Agevolazioni carburanti
Agevolazioni su Irpef
Agevolazioni su Ici
Agevolazioni Irap
Agevol. previdenziali e contributive
Totale agevolazioni
Totale complessivo
1999
mln €
%
298
43,1
29
4,3
38
5,5
0
0,0
1
0,2
176
25,5
544
78,5
9
1,3
42
6,0
34
4,9
7
1,0
7
1,0
50
7,2
148
21,4
692 100,0
2000
mln €
%
354
44,6
22
2,8
55
6,9
0
0,0
2
0,3
181
22,8
614
77,4
5
0,7
50
6,3
27
3,4
7
0,9
6
0,8
84
10,5
180
22,6
794 100,0
2001
mln €
%
343
43,5
21
2,6
72
9,1
0
0,0
2
0,3
159
20,2
597
75,7
6
0,8
57
7,2
26
3,4
7
0,9
7
0,8
88
11,2
192
24,3
789 100,0
2002
mln €
346
18
69
9
3
143
588
7
39
36
7
11
84
184
772
%
44,8
2,3
9,0
1,2
0,3
18,5
76,2
0,9
5,1
4,7
0,9
1,4
10,9
23,8
100,0
Media 1999-02
mln €
%
335
44,0
23
3,0
58
7,7
2
0,3
2
0,3
165
21,7
586
76,9
7
0,9
47
6,2
31
4,1
7
0,9
8
1,0
76
10,0
176
23,1
762
100,0
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Inea
Considerando il sostegno complessivo per l’agricoltura, che interessa il territorio toscano nel quadriennio
1999-2002, si può rilevare che esso ammonta mediamente a 762 milioni di euro per anno, valore che rappresenta il 4,8% del totale stimato a livello nazionale per lo
stesso periodo.
I principali soggetti coinvolti sono soprattutto l’Agea
e l’Organismo Pagatore Regionale (44%), la Regione
(che ha gestito direttamente il 22% del totale del sostegno stimato) e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Mipaf) (8%). I trasferimenti di politica agraria
costituiscono il 77% del totale e il restante 23% è rappresentato dalle politiche agevolative. A fronte di un dato nazionale del 17% e di una media delle regioni centrali
124
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
pari al 13%, risulta contenuta in Toscana la quota delle
agevolazioni previdenziali e contributive (10%), mentre
appare particolarmente elevato il contributo proveniente
dalle erogazioni in agricoltura di fonte Agea e Artea
(44% in Toscana e 37% a livello nazionale).
In termini di incidenza sulla realtà produttiva regionale si può osservare che una quota consistente della produzione (40%) e del valore aggiunto (57%) del settore
primario, espressi ai prezzi di base, è da attribuire al sostegno che a vario titolo interessa il settore.
131,6 milioni di euro ed i pagamenti totali a 145 milioni di euro.
Le altre informazioni qui presentate sono state elaborate in base alla spesa mediamente erogata dalle Regioni
italiane e dalla Toscana negli esercizi relativi ai due quadrienni 1995-98 e 1999-02, con riferimento sia ai pagamenti in conto competenza che in conto residui degli anni precedenti. La scelta dei pagamenti totali per l’analisi
della spesa pubblica regionale trova motivazione nella
possibilità di avere a disposizione un indicatore sintetico,
che consente di verificare l’attuazione delle politiche per
il sostegno dell’agricoltura e del settore primario nel
complesso. I pagamenti medi annuali effettuati dal 1999
al 2002 sono ammontati nell’insieme di tutte le regioni a
circa 4 miliardi di euro, con un incremento nominale del
18% rispetto al dato del quadriennio precedente.
La composizione percentuale della spesa effettiva mostra che sul totale nazionale le Regioni del Sud e isole incidono per oltre il 53% e che le regioni a statuto speciale assorbono mediamente una quota del 36%. Tra le Regioni del
Centro-Nord emergono, in termini di pagamenti effettuati,
il Trentino, la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, l’Emilia
Romagna e la Toscana, che concentrano complessivamente il 31% circa del totale nazionale, mentre le altre regioni
fuori Obiettivo 1 rappresentano una quota pari al 19%.
La lettura della spesa regionale della Toscana, secondo
i principali aggregati di destinazione economico-funzionale, consente di rilevare che gli indirizzi privilegiati sono gli aiuti alle imprese agricole per spese di gestione e
di investimento, seguiti dalle attività forestali.
Tra i principali destinatari della spesa regionale si trovano le imprese agricole, mentre una componente cospicua parte risulta rivolta ad enti od istituzioni sub-regionali. Si deve, comunque, osservare che una parte dei fi-
3.1.2 La spesa agricola nei bilanci regionali
Un utile strumento di conoscenza della spesa per l’agricoltura in Toscana, negli ultimi anni, può essere fornito dall’analisi dei bilanci regionali, appositamente riclassificati in base a una specifica metodologia predisposta dall’Inea. Oltre alla tradizionale unità di misura
dei bilanci pubblici, rappresentata dal capitolo, e la codifica del Sistema Informativo Regionale (Sir), tale metodologia individua codici addizionali, che appartengono alle seguenti differenti tipologie di codifica: economico-funzionale, tipologia delle spese di sostegno ai
settori produttivi, beneficiari finali, gestione diretta o indiretta, funzione delegata dalla regione ad altro ente
pubblico, mezzi finanziari, settori produttivi, tutela dell’ambiente, calamità naturali. Per fornire un quadro
complessivo, sono stati selezionati non solo i capitoli di
bilancio che afferiscono direttamente al settore primario, ma si sono incluse anche le voci di spesa che sono
competenza di altri dipartimenti o che si possono individuare all’interno di unità previsionali di base non dedicate esplicitamente a tale settore. In considerazione di
tale aggregazione, nel 2002, gli stanziamenti di competenza ammontano a 198,5 milioni di euro, gli impegni a
Spesa pubblica in agricoltura da Bilancio
Regione Toscana per Unità Previsionale di Base
2002. Migliaia di euro
Stanziamenti di competenza
Servizi di prevenzione
4.144
Energia - spese correnti e di investimento
1.095
Difesa del suolo
3.715
Interventi intersettoriali - spese correnti e di investimento
3.195
Sviluppo locale - spese correnti e di investimento
6.507
Sviluppo rurale e sviluppo delle imprese agricole - spese correnti e di investimento
113.730
Attività forestali - spese correnti e di investimento
41.984
Politiche agroalimentari
500
Interventi per la caccia e la tutela fauna selvatica - spese correnti
8.780
Pesca, tutela ittico faunistica e itticoltura - spese correnti e di investimento
9.597
Funzionamento enti ed agenzie regionali - gestione corrente
4.827
Altro
492
Totale
198.565
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Inea
125
Impegni
339
990
3.715
2.988
6.507
63.820
34.252
0
8.778
5.241
4.827
138
131.595
Pagamenti
225
343
8.249
2.546
7.919
67.192
36.632
0
11.578
5.342
4.828
266
145.117
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Pagamenti totali da bilanci regionali
nanziamenti all’agricoltura è destinata a ripianare i danni arrecati da calamità naturali e, quindi, non intervengono in modo strutturale nel settore.
La classificazione di natura economica, desumibile dalle informazioni del codice Sir, consente di rilevare che una
quota considerevole dei pagamenti totali che transitano nel
bilancio regionale a favore del settore primario vengono
effettuati mediante trasferimenti, per spese correnti e di investimento, a beneficio degli enti locali territoriali e degli
enti funzionali, con il 55% circa dei pagamenti totali, nel
periodo 2000-02. Inoltre, distinguendo nell’ambito della
categoria la classificazione per voci, si evidenzia che
Media annuale
Toscana
Regioni Obiettivo 1
Regioni fuori Obiettivo 1
Regioni a SO
Regioni a SS
Totale nazionale
1995-98
Mln euro
%
163
4,8
1.883
55,3
1.525
44,7
1.976
58,0
1.432
42,0
3.408
100,0
1999-02
Mln euro
%
165
4,1
2.014
50,1
2.005
49,9
2.553
63,5
1.466
36,5
4.019
100,0
Fonte: Elaborazioni Banca dati Inea
Pagamenti da bilancio Regione Toscana secondo la classificazione economica
Valori assoluti in migliaia di euro e valori percentuali
2000
Val. ass.
%
Acquisto di beni e servizi
4.152
2,3
Trasferimenti correnti allo Stato e ad altri Enti pubblici
48.392 26,7
Trasferimenti correnti ad altri settori
37.595 20,7
Interessi
0
0,0
Totale spese correnti
90.139 49,7
Beni ed opere immobiliari a carico diretto della Regione
620
0,3
Beni mobili a carico diretto della Regione
88
0,0
Trasferimenti in conto capitale allo Stato e ad altri Enti Pubblici
57.784 31,9
Trasferimenti in conto capitale ad altri settori
32.587 18,0
Partecipazioni azionarie e conferimenti
0
0,0
Totale spese d'investimento
91.079 50,3
Totale complessivo
181.218 100,0
2001
Val. ass.
%
3.242
2,0
19.568 12,3
34.252 21,6
8
0,0
57.070 36,0
697
0,4
15
0,0
68.069 42,9
31.470 19,8
1.291
0,8
101.543 64,0
158.612 100,0
2002
Val. ass.
%
7.187
5,0
22.530 15,5
33.758 23,3
99
0,1
63.573 43,8
3.783
2,6
2.271
1,6
49.400 34,0
26.090 18,0
0
0,0
81.544 56,2
145.117 100,0
Media 1999-02
Val. ass.
%
4.860
3,0
30.163
18,7
35.201
21,8
36
0,0
70.260
43,5
1.700
1,1
791
0,5
58.418
36,1
30.049
18,6
430
0,3
91.389
56,5
161.649 100,0
Fonte: Elaborazioni su Banca dati Inea
Erogazioni Artea nel periodo 2002-2004
Euro
Misura
LEADER Plus
Foraggi essiccati e disidratati
Ristrutturazione e riconversione vigneti
OCM Seminativi
PSR - Asse 1 e 2079/92
PSR - Asse 2 e 2078/92 e 2080/92
PSR - Asse 3
PSR - Altre azioni
PSR - Valutazione
SFOP - Sottoprogramma regione toscana
Controllo e certificazione agricoltura biologica (Lr 49/97)
Servizi di sviluppo agricolo (Lr 34/01)
Rimozioni animali morti in azienda (Lr 7/02 e 26/04)
Blue tongue (Lr 25/03)
Totale
2002
Importo Domande
5.581.945
35.652.952
4.119.446
506
17.053
324
563.573
15
162.406
367
46.080.323
18.265
Fonte: Artea
126
2003
Importo
Domande
4.015.287
405
950.879
16
99.804.193
28.155.379
57.807.891
14.503.491
22.764
2.539
19.862
1.182
144.773
1.297.348
142.652
1.873.069
147.971
200.256
209.043.189
48
678
116
311
329
48.250
2004
Importo
Domande
4.350.200
540
2.126.499
31
9.266.782
631
96.058.214
29.718
32.088.416
3.029
61.361.919
15.575
24.026.090
1.834
48.336
6
173.728
2.161.739
66
73.183
365
4.366.429
726
204.093
236.305.628
351
52.872
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
una parte consistente dei trasferimenti è a favore degli enti territoriali, Province e Comunità Montane.
Considerando che Artea è operativa per le misure di sviluppo rurale ed espleta funzioni di organismo pagatore anche per alcune organizzazioni di mercato, per completare e
dettagliare il quadro del sostegno, si ritiene opportuno rappresentare i principali settori in cui l’organismo interviene.
L’Artea, istituita per svolgere le funzioni di organismo
pagatore previste dal regolamento Ce 1663/95 della
Commissione e dal regolamento Ce 1258/95 del Consiglio, è divenuta operativa a partire dal 2002. Infatti, il decreto legislativo 165/99, che sopprime l’Agenzia per gli
Interventi nei Mercati Agricoli (Aima) ed istituisce l’Agea, recepisce nell’ordinamento italiano tali disposizioni
comunitarie, dando facoltà alle Regioni di dotarsi di un
proprio organismo pagatore. La Toscana, con la Lr n.
60/1999, ha attribuito ad Artea le competenze relative all’erogazione di aiuti, contributi e premi previsti da disposizioni comunitarie, nazionali e regionali.
posizione nel panorama italiano ed europeo. Dal punto di
vista della qualità della spesa, un’importante novità è stata rappresentata nel 2004 dalla evoluzione della ripartizione tra la spesa derivante dalla precedente fase di programmazione (Regolamenti n. 2078, 2079 e 2080 del
1992), e quella derivante dalla programmazione attuale:
si nota una notevole riduzione di quest’ultima tipologia
di pagamenti, sopravanzati per la prima volta anche in
valore assoluto dai pagamenti della attuale fase.
Analisi della spesa per asse prioritario
Nell’ambito della suddivisione dei pagamenti nei tre
Assi prioritari in cui sono state raggruppate le Misure, nel
2004 si è registrato un buon recupero dell’Asse 3 “Sostegno allo sviluppo integrato del territorio rurale” (Misure
di cui all’art. 33 del Regolamento 1257/99) e un lieve arretramento dell’Asse 2 “Sostegno al miglioramento dell’ambiente rurale”, che però, per effetto soprattutto dei
pagamenti della passata programmazione, registra ancora
livelli complessivamente molto elevati e superiori rispetto alle previsioni iniziali (63% contro il 55% previsto).
3.2 Il Piano
di Sviluppo Rurale 2000-2006
Ripartizione della spesa tra misure a premio/investimento
Anche per quanto riguarda la ripartizione tra misure “a
premio” e misure di contributo agli investimenti, l’annualità 2004 ha confermato il trend ascendente di queste
ultime, che per la prima volta hanno superato i premi
(57,3% contro 42,6%). È da considerare che le misure di
sostegno agli investimenti muovono una massa finanziaria maggiore, dato che è sempre necessaria una significativa quota di cofinanziamento da parte dei soggetti
pubblici o privati beneficiari dei contributi.
3.2.1 Analisi e ripartizione della spesa
Il 2004 è stato un importante anno di consolidamento
del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana, sia
dal punto di vista dell’attuazione finanziaria, che da
quello dell’attuazione fisica e della qualità degli interventi. Il livello dei pagamenti consolida l’andamento positivo della precedente annualità, mentre l’ammontare
dei fondi assegnati per le prossime due annualità renderà
con molta probabilità possibile il raggiungimento pieno
dell’obiettivo di spesa per l’intero periodo di programmazione. L’indice finanziario di avanzamento complessivo, in termini di spesa pubblica, si è portato nel 2004 al
70% della dotazione complessiva 2000-06 e al 99% rispetto alla “tabella di marcia” 2000-04 (101% rispetto al
contributo comunitario disponibile). Dopo aver risentito
delle difficoltà del 2001-02, per effetto del “passaggio di
consegne” della gestione dei pagamenti e del sistema dei
controlli dal livello nazionale a quello regionale, negli
anni successivi c’è stato un evidente recupero, che ha
permesso alla Regione Toscana di confermare una buona
Misure a gestione regionale/gestione decentrata
Relativamente alla ripartizione della spesa tra misure di
competenza regionale e misure di competenza degli Enti delegati (Province e Comunità Montane), si osserva che la maggior parte delle risorse è affidata alla gestione decentrata.
Milioni di euro
27,6
475,9
503,5
Misure Regione
Misure Enti
Totale
%
5,5
94,5
100,0
Spesa pubblica e differenze rispetto alla spesa programmata
Valori assoluti in milioni di euro e valori percentuali
Anno/Spesa
Programmata*
Effettiva
Diff. +/% Attuazione
2000
87,68
120,12
32,44
137%
2001
102,45
91,38
-11,07
89%
2002
104,28
60,13
-44,15
58%
* Deliberazione di Giunta Regionale 3/10/2000 n. 1033
127
2003
105,81
113,07
7,26
107%
2004
107,62
118,80
11,18
110%
Tot. 2000-04
507,83
503,50
-4,33
99%
Tot. 2000-06
721,65
503,50
218,15
70%
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Ripartizione territoriale delle spese
e programmazione locale
La ripartizione nelle diverse Province e Comunità
Montane denota livelli diversi di pagamento. Come
emerge dal grafico, gli Enti delegati, aggregati per Pro-
vincia, hanno complessivamente rispettato la programmazione. Le zone con livelli maggiori di spesa si confermano quelle di Grosseto e Siena, quest’ultima con livelli di spesa leggermente superiori rispetto a quanto
previsto.
Quota FEOGA e differenze rispetto alla spesa programmata
Valori assoluti in milioni di euro e valori percentuali
Anno/Spesa
Programmata*
Effettiva
Diff. +/% Attuazione
2000
43,84
60,06
16,22
137%
2001
44,93
44,68
-0,25
99%
2002
45,93
28,21
-17,72
61%
2003
46,96
49,60
2,64
106%
2004
48,01
50,42
2,41
105%
Tot. 2000-04
229,67
232,98
3,31
101%
Tot. 2000-06
328,93
232,98
95,95
71%
* Deliberazione di Giunta Regionale 3/10/2000 n. 1033
Programmazione precedente e attuale periodo 2000-2004
Valori assoluti in milioni di euro e valori percentuali
Programmazione precedente
Misure PSR
Totale pagamenti
2000
80,24
39,88
120,12
%
66,8
33,2
100,0
2001
%
64,76 70,9
26,63 29,1
91,39 100,0
2002
%
2003
44,76 74,5 33,99
15,37 25,5 79,08
60,13 100,0 113,07
%
30,1
69,9
100,0
2004
%
10,79
9,1
108,01 90,9
118,80 100,0
Totale
%
234,53 46,6
268,97 53,4
503,50 100,0
Composizione della spesa 2000-2004
Milioni di euro
120
100
80
60
40
20
0
2000
2001
2002
2003
Programmazione precedente
2004
Misure Psr
Ripartizione della spesa per Asse
Milioni di euro
Asse 1 - Sostegno al sistema produttivo e agroindustriale
Asse 2 - Sostegno al miglioramento dell’ambiente rurale
Asse 3 - Sostegno allo sviluppo integrato del territorio
Altro
Totale
2000
40,473
79,650
0
0
120,123
128
2001
22,472
67,088
1,389
0,432
91,381
2002
9,324
46,419
4,290
0,093
60,126
2003
32,931
64,837
15,228
0,074
113,070
2004
33,530
61,169
23,912
0,189
118,800
Totale
138,730
319,163
44,819
0,788
503,500
%
27.6
63,4
8,9
0,2
100,0
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Ripartizione della spesa tra misure a premio/investimento
Milioni di euro
Misure a Premio/Indennità
Misure di Investimento
Altro/recuperi
Totale
2000
112,901
7,222
0,000
120,123
%
94,0
6,0
0,0
100,0
2001
%
73,198 80,1
18,026 19,7
0,157
0,2
91,381 100,0
2002
%
2003
%
2004
%
Totale
%
36,951 61,5 60,704 53,7 50,595 42,6 334,349 66,4
23,091 38,4 52,271 46,2 68,030 57,3 168,640 33,5
0,084
0,1
0,095
0,1
0,175
0,1
0,511
0,1
60,126 100,0 113,070 100,0 118,800 100,0 503,500 100,0
Confronto tra programmato e spesa per provincia - 2004
Milioni di euro
25
20
15
10
5
0
Arezzo
Firenze
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa C.
Programmato
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Spesa
Stato di attuazione a livello di misura - 2000/2004
Milioni di euro
Misure
2000
Misura 1 - A: Investimenti nelle aziende agricole
Misura 2 - B: Insediamento giovani agricoltori
39,884
Misura 3 - C: Formazione
Misura 4 - D: Prepensionamento
Misura 6 - F: Misure agroambientali
Misura 7 - G: Trasformazione e commercializzazione dei prodotti
Misura 8.1 - H: Imboschimento dei terreni agricoli
Misura 8.2 - I: Altre misure forestali
Misura 9.3 - M: Commercializzazione dei prodotti di qualità
Misura 9.4 - N: Servizi essenziali per l’economia e le popolazioni rurali
Misura 9.5 - P: Diversificazione delle attività del settore agricolo
Misura 9.6 - Q: Gestione delle risorse idriche
Misura 9.7 - R: Sviluppo e Miglioramento delle infrastrutture rurali
Misura 9.8 - S: Turismo e Artigianato
Misura 9.10 - U: Ricostituzione del potenziale agricolo
danneggiato da disastri naturali
Prepensionamento - vecchio regime
0,589
Misure agroambientali - vecchio regime
64,400
Imboschimento di superfici agricole - vecchio regime
14,812
Altre azioni (Valutazione, Misure transitorie)
0,438
Totale
120,123
129
Spesa pubblica
2001
2002
4,322
4,782
17,836
-0,095
0,156
0,119
1,795
1,143
4,518
0,720
0,607
0,254
1,290
1,349
2,493
0,506
0,006
0,187
47,858
16,465
0,432
91,381
0,006
32,687
11,975
0,093
60,126
2003
22,635
4,082
0,012
0,334
23,946
5,511
0,725
6,611
0,482
1,028
10,610
0,727
2,342
2004
27,777
0,174
0,017
0,638
35,015
4,924
1,634
13,849
0,263
3,397
14,359
0,053
2,526
3,314
0,039
0,357
0,097
26,020
6,647
7,535
3,925
0,075
0,188
113,070 118,800
Totale spesa
pubblica
59,516
61,881
0,029
1,248
61,900
14,954
2,359
21,787
0,999
5,716
28,811
0,053
3,252
6,162
0,046
1,237
177,612
54,711
1,226
503,500
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Stato di attuazione a livello di Misura - Annualità 2004
Milioni di euro
Stato
Misura 1 - A: Investimenti nelle aziende agricole
Misura 2 - B: Insediamento giovani agricoltori
Misura 3 - C: Formazione
Misura 4 - D: Prepensionamento
Misura 6 - F: Misure agroambientali
Misura 7 - G: Trasformazione e commercializzazione dei prodotti
Misura 8.1 - H: Imboschimento dei terreni agricoli
Misura 8.2 - I: Altre misure forestali
Misura 9.3 - M: Commercializzazione dei prodotti di qualità
Misura 9.4 - N: Servizi essenziali per l’economia e le popolazioni rurali
Misura 9.5 - P: Diversificazione delle attività del settore agricolo
Misura 9.6 - Q: Gestione delle risorse idriche
Misura 9.7 - R: Sviluppo e Miglioramento delle infrastrutture rurali
Misura 9.8 - S: Turismo e Artigianato
Misura 9.10 - U: Ricostituzione del potenziale agricolo danneggiato da disastri naturali
Prepensionamento - vecchio regime
Misure agroambientali - vecchio regime
Imboschimento di superfici agricole - vecchio regime
Altre azioni (Valutazione, Misure transitorie)
Totale
3.2.2 I pagamenti effettuati da Artea
Il numero dei pagamenti in ogni annualità Feoga rappresenta un dato interessante per valutare l’andamento
della spesa e la sua composizione, con riferimento alle
azioni all’interno delle misure. Ad esempio, all’interno
della misura 1 “Investimenti nelle aziende agricole”, prevale l’azione 1 “Investimenti aziendali per il miglioramento delle strutture agricole”, con un totale di 1.047
erogazioni nei tre anni di riferimento, di cui 674 nel
2004; per quanto riguarda la misura 6 “Misure Agroambientali”, sono prevalenti i pagamenti per gli aderenti alle azioni 1 e 2, relative rispettivamente all’agricoltura
biologica e integrata, mentre per quanto riguarda la Misura 9.8 “Turismo e Artigianato”, anche nel 2004 i pagamenti sono stati effettuati quasi esclusivamente per la
parte Turismo, anche se, con le domande relative al secondo bando, si dovrebbe realizzare un più equilibrato
proporzionamento.
Per leggere correttamente questi dati occorre comunque tenere presente che la dinamica di pagamento non è
omogenea tra le diverse misure e distinguere tra misure
a premio e a investimento: le prime (misura 4, 6, parte
della 8.2, misure della vecchia programmazione) sono
interessate da pagamenti annuali per periodi variabili
dai 5 ai 20 anni, mentre per le misure a investimento
ogni beneficiario può essere oggetto di 1 o 2 pagamenti, a seconda che richieda o meno l’anticipo. In questo
13,222
0,061
0,006
0,223
17,508
2,154
0,817
5,657
0,092
1,189
6,282
0,019
1,105
1,450
0,049
3,324
1,962
0,066
55,186
Regione Nazionale Feoga Totale spesa
pubblica
5,667
18,889
8,889
27,777
0,026
0,087
0,087
0,174
0,003
0,009
0,009
0,017
0,096
0,319
0,319
0,638
0,000
17,508 17,508
35,015
0,923
3,078
1,847
4,924
0,000
0,817
0,817
1,634
2,424
8,081
5,768
13,849
0,039
0,131
0,131
0,263
0,510
1,699
1,699
3,397
2,692
8,975
5,385
14,359
0,008
0,027
0,027
0,053
0,474
1,579
1,263
2,526
0,621
2,071
1,243
3,314
0,000
0,049
0,049
0,097
0,000
3,324
3,324
6,647
0,000
1,962
1,962
3,925
0,028
0,094
0,094
0,188
13,510
68,697 50,419
118,800
senso, il numero dei beneficiari delle misure a premio è
consistentemente inferiore al numero totale dei pagamenti, mentre il numero dei beneficiari delle misure a
investimento, sebbene senz’altro inferiore al numero totale delle erogazioni, si avvicina di più al numero dei pagamenti. Allo stato attuale delle dotazioni finanziarie e
della programmazione regionale e locale, si può prevedere per le annualità finanziarie 2005 e 2006 un andamento dei pagamenti suddiviso per misura come mostrato in tabella.
Secondo quanto prevede il modello decentrato adottato dalla Regione Toscana, le Province e le Comunità
Montane possono influire sul processo di programmazione nell’ambito del PSR, in particolare con riferimento alle dotazioni delle singole misure di loro competenza. Su tali basi, entro luglio 2005, gli Enti provvedono a predisporre la riallocazione delle dotazioni
finanziarie assegnate alle varie misure, secondo le diverse necessità riscontrate dopo il ricevimento dell’ultima tornata di domande, per cui possono verificarsi
scostamenti negli importi programmati, nei livelli di
spesa, sia tra le diverse misure, sia nell’ammontare
complessivo dei pagamenti. Le misure, infatti, presentano diverse percentuali di cofinanziamento comunitario, il che incide di conseguenza sul dato complessivo
della spesa pubblica.
Come precedentemente evidenziato, nelle prime an-
130
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
nualità le misure “a premio”, e in particolare le misure
agroambientali, sia con riferimento alla precedente che
all’attuale programmazione, hanno fatto registrare una
notevole prevalenza rispetto alle altre misure, determinando un livello di spesa pubblica inferiore a parità di livelli di cofinanziamento comunitario impiegato.
Nei prossimi anni, invece, la tendenza dovrebbe invertirsi per effetto della conclusione, del relativo collaudo e quindi del pagamento dei saldi relativi agli interventi approvati e “messi in cantiere” in questi anni,
alcuni dei quali non potevano certo concludersi in poche settimane o pochi mesi. Proprio per tenere conto
della dinamica degli investimenti, a cui i meccanismi
del Fondo Feoga - sezione Garanzia - non si adattano
molto bene, la Giunta Regionale ha approvato all’inizio del 2004 una deliberazione in virtù della quale sono state anticipate le scadenze dei tempi della presentazione delle domande di due mesi, dal 30 novembre al
30 settembre 2004. Di conseguenza, gli Enti avranno la
possibilità di anticipare l’emissione delle graduatorie e
le comunicazioni dei termini per il completamento dei
lavori, che in ogni caso dovranno essere conclusi nella
prima parte del 2006, per poter procedere ordinatamente e compiutamente a tutti gli adempimenti successivi (collaudi, emissione degli elenchi di liquidazione, controlli e pagamenti), entro il 15 ottobre 2006, termine ultimo per l’effettuazione dei pagamenti ai beneficiari.
Per raggiungere gli obiettivi di spesa sopra riportati, e
per poter utilizzare al meglio anche le ulteriori risorse
che saranno assegnate alla Toscana per effetto del meccanismo della modulazione, introdotto dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria, nell’ultima parte del
2004, dopo la chiusura dell’annualità finanziaria, la Regione ha riformulato una proposta di revisione delle dotazioni di spesa per le annualità 2005 e 2006, sia per
quanto riguarda le misure a gestione regionale, che per
quanto riguarda le Province e le Comunità Montane. In
base a questa proposta, la dotazione finanziaria degli Enti, individuata alla fine del 2002, dovrebbe essere riallineata con i nuovi obiettivi di spesa per le ultime due annualità.
Numero di pagamenti effettuati da Artea 2002-2004
Numero
domande
Azione 1.1 - Investimenti aziendali per il miglioramento delle strutture agricole
1.068
Azione 1.2 - Investimenti aziendali per la tutela ed il miglioramento ambientale
41
Azione 1.3 - Investimenti aziendali per la valorizzazione qualità produzioni agricole
23
Azione 3 - Formazione
8
Azione 4 - Prepensionamento
127
Azione 6.1 - Introduzione o mantenimento dei metodi dell'agricoltura biologica
2.643
Azione 6.2 - Introduzione o mantenimento dei metodi dell'agricoltura integrata
5.393
Azione 6.3 - Allevamento di razze locali a rischio di estinzione
1.307
Azione 6.4 - Coltivazione di varietà vegetali a rischio di estinzione
103
Azione 6.5 - Gestione terreni agricoli con finalità ambientali, paesaggistiche e faunistiche
62
Azione 7.1 - Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione
18
Azione 8.1 - Imboschimento di superfici agricole
112
Azione 8.2.1 - Altri imboschimenti
23
Azione 8.2.2 - Miglioramento delle foreste
381
Azione 8.2.3 - Miglioramento e sviluppo della filiera bosco-prodotti della selvicoltura
271
Azione 8.2.4 - Stabilità ecologica delle foreste e fasce tagliafuoco
3
Azione 9.3 - Commercializzazione di prodotti agricoli di qualità
10
Azione 9.4 - Servizi essenziali per l'economia e le popolazioni rurali
32
Azione 9.5 - Diversificazione delle attività del settore agricolo
343
Azione 9.7 - Sviluppo e miglioramento delle infrastrutture rurali
14
Azione 9.8.1 - Incentivazione attività artigianali
8
Azione 9.8.2 - Incentivazione di attività turistiche
61
Azione 9.10 - Ricostituzione del potenziale agricolo danneggiato da disastri naturali
1
Prepensionamento - vecchio regime
35
Misure agroambientali - vecchio regime
11.466
Imboschimento di superfici agricole – vecchio regime
4.534
Totale
28.087
131
Esercizio Feoga di pagamento saldo
2002
2003
2004
29
344
674
1
14
25
11
11
2
6
14
42
71
90
980
1.421
2.217
2.957
92
632
540
47
55
1
59
1
17
15
97
5
17
114
256
85
179
1
2
6
4
13
13
9
101
218
10
6
24
37
1
16
19
6.628
4.110
701
902
1.859
1.604
7.765
10.641
8.999
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Previsioni spesa pubblica 2005-2006 per misura - Elaborazione sulla base
della disponibilità di spesa e della programmazione locale
Milioni di euro
Investimenti nelle aziende agricole
Insediamento dei giovani agricoltori (saldi domande 2000-2002)
Formazione
Prepensionamento - nuovo regime
Prepensionamento - vecchio regime
Misure agroambientali - nuovo regime
Misure agroambientali - vecchio regime
Miglioramento della trasformazione e commercializzazione prodotti agricoli
Imboschimento delle superfici agricole - nuovo regime, art. 31
Imboschimento - vecchio regime
Silvicoltura - nuovo regime, altre misure
Commercializzazione di prodotti agricoli di qualità
Servizi essenziali per l'economia e la popolazione rurale
Diversificazione delle attività del settore agricolo e affini
Gestione delle risorse idriche in agricoltura
Sviluppo e miglioramento infrastrutture rurali connesse allo sviluppo agricolo
Incentivazione di attività turistiche e artigianali
Valutazione, misure transitorie
Totale
3.2.3 L’aggiornamento 2004 del Psr
Per quanto riguarda l’aggiornamento del Psr in base
alle nuove esigenze emergenti, anche nel corso del 2004
sono state richieste alla Commissione Europea alcune
modifiche riguardanti:
- la Misura 1, con l’introduzione di un nuovo Aiuto di
Stato e l’ aumento dei massimali per azienda, al fine di
poter dare attuazione ai “contratti di programma” e ai
“contratti di filiera”;
- la Misura 6, con riferimento all’inserimento di nuove
specie vegetali in via di estinzione per cui può essere dato uno specifico premio;
- la Misura 8.2, relativamente all’aumento dei massimali di contribuzione per beneficiari pubblici.
Le richieste sono state accolte, mentre è ancora in corso il negoziato relativo alla proposta, formalizzata nel
corso del 2003, di introduzione all’interno della Misura
9.3 “Commercializzazione dei prodotti di qualità” della
“certificazione etica”, secondo gli standard internazionali stabiliti dalle norme SA8000, per cui la Toscana è Regione leader a livello europeo per quanto riguarda le
aziende industriali e commerciali.
Altri provvedimenti in materia, emanati dalla Regione
Toscana nel corso del 2004, sono stati:
- la Deliberazione di Giunta Regionale n. 345 del 19
aprile, poi modificata dalla Deliberazione n. 603 del
28 giugno, relativamente all’approvazione delle linee
guida sull’ammissibilità e sulla definizione delle spe-
2005
23,385
0,57
0,163
0,7
0,1
38,064
4
2,046
2,687
3
11,75
0,45
3,129
15,402
0,936
3,903
3,6
0,036
113,921
2006
13,83
0,57
0,134
0,732
0,1
39,95
1
4,941
2,47
2,8
13,645
0,45
5,876
8,743
1,966
2,812
3,817
0,391
104,227
Totale
37,215
1,139
0,297
1,432
0,2
78,014
5
6,987
5,157
5,8
25,395
0,9
9,005
24,145
2,902
6,715
7,417
0,427
218,147
se nelle misure a investimento del piano di sviluppo
rurale;
- la Deliberazione di Giunta Regionale n. 740 del 2
agosto, riguardante l’approvazione delle direttive per
l’utilizzo della banca dati regionale “De Minimis” ai fini
delle misure 8.2, 9.5 e 9.8 del PSR e della Misura 1 del
Docup Leader Plus.
Con questi atti si è provveduto a coprire importanti
esigenze previste dalla normativa europea, divenute improcrastinabili in considerazione del livello di avanzamento del programma.
Anche per quanto riguarda gli atti relativi alla parte
ambientale e collegati in qualche modo al Psr (la Commissione Europea ne richiede ogni anno l’aggiornamento all’interno della relazione sullo stato di attuazione del
Programma), il 2004 si è rivelato un anno importante per
quanto riguarda l’applicazione della Direttiva Cee n. 676
del 1991, relativa alla Protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole. Questa direttiva ha previsto l’individuazione da
parte degli Stati membri delle zone vulnerabili da Nitrati di origine agricola e successivamente la definizione di
un relativo Programma di Azione al fine di ridurne l’uso
e l’impatto sulle acque. In Italia questa direttiva ha avuto una prima attuazione soltanto con il Decreto Legislativo n. 152 del 1999. Dal momento dell’approvazione di
questo decreto, la Regione Toscana ha iniziato a lavorare per l’individuazione delle aree vulnerabili all’interno
132
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
del suo territorio, un lavoro che ha avuto un primo importante risultato nel 2003 con l’approvazione da parte
delle Delibere del Consiglio Regionale n. 170 e 172
dell’8 ottobre 2003. A questo atto è seguita la definizione di un conseguente “Piano di tutela delle acque”, e
quindi del vero e proprio “Programma di Azione”, che
con buona probabilità saranno approvati nel corso del
2005. Il 2004 è stato, quindi, un anno di intenso lavoro
per la definizione di questi strumenti, in modo da cercare di colmare almeno in parte il ritardo complessivamente accumulato.
semplificano le operazioni di verifica e selezione su una
documentazione peraltro già ridotta all’indispensabile.
Inoltre, è stato sottolineato che “l’articolazione delle responsabilità e competenze che caratterizza il sistema gestionale del Piano, anche se apparentemente complessa,
assicura una maggiore prossimità tra Pubblica Amministrazione e beneficiari”. È stato sottolineato, inoltre, come
buona parte delle risorse previste dal PSR ricada nelle zone di montagna (27% nel 2004) e più in generale nelle zone definite svantaggiate (48%), e nei Sistemi Economici
Locali classificati come “Agricolo rurali” o “Rurali Marginali” (rispettivamente per il 16% e 21% del totale dei finanziamenti nel periodo considerato), con percentuali
nettamente superiori rispetto alla presenza di aziende
agricole e di popolazione. Ciò rappresenta senz’altro un
buono spunto per la prossima programmazione, dato che,
come emerge anche dal Quaderno della Programmazione
n. 12 “Ambiente e sviluppo locale - Il quadro delle pressioni ambientali nei Sistemi Economici Locali della Toscana”, elaborato nel corso del 2004, esistono nella nostra
regione situazioni estremamente diversificate sia dal punto di vista territoriale e ambientale, che dal punto di vista
della presenza e dell’attività umane, per cui il tentativo di
applicare gli strumenti previsti in modo differenziato, nell’ottica di una politica di sviluppo nella sua accezione più
ampia del termine, rappresenterà sempre più un banco di
prova per l’efficacia degli strumenti e la caratterizzazione
della Regione Toscana, nel contesto della competizione
economica globale, ma anche della sfida per la qualità
della vita, del benessere dei cittadini, della tutela ambientale e della valorizzazione e del rispetto del patrimonio
culturale e della storia stessa della Regione.
3.2.4 La valutazione intermedia del PSR
Alla fine del 2003, il Valutatore indipendente ha consegnato alla Regione Toscana un primo rapporto di valutazione, relativo alla struttura del PSR e alla sua applicazione nelle prime annualità (Rapporto di Valutazione intermedia). Il rapporto è stato presentato ed illustrato a
tutti i soggetti interessati (Enti Delegati, Artea, Organizzazioni degli Agricoltori, Associazioni ambientaliste), attraverso diversi appuntamenti, in cui sono state approfondite le diverse tematiche emerse, sia a livello procedurale, che per quanto riguarda l’efficacia delle diverse misure. L’aggiornamento del rapporto sarà consegnato alla fine del 2005, mentre per il rapporto finale (ex post) occorrerà attendere il 2009.
Importanti elementi che sono emersi nella valutazione
intermedia hanno riguardato in primo luogo il modello
adottato, che si è fondato “sull’integrazione tra qualità intrinseca dei prodotti e qualità ambientale, culturale e paesaggistica dei territori e il ruolo svolto dalle identità locali nel processo di rafforzamento della coesione economica e sociale”; questo metodo “ha portato alla definizione
di nuove modalità attuative di azioni già previste nel precedente periodo o anche alla programmazione di azioni
innovative” come per esempio “i processi di collaborazione tra soggetti pubblici e privati per la creazione di servizi essenziali alla popolazione rurale e le azioni rivolte
alla qualificazione e diversificazione dell’offerta turistica”. Per quanto attiene gli strumenti per la gestione del
Psr è stato sottolineato il processo di decentramento amministrativo, la concertazione e condivisione degli obiettivi, l’informazione e la semplificazione procedurale per
l’attuazione degli interventi, l’efficacia e l’efficienza della spesa, che si concretizzano anche nei Piani Locali di
Sviluppo Rurale (Plsr), presentati singolarmente o in forma associata dagli Enti delegati alla programmazione
(Province e Comunità Montane); i PLSR “sviluppano specifiche decisioni in ordine all’attivazione delle misure sul
territorio di competenza, alla destinazione delle risorse finanziarie assegnate, alle priorità per la selezione delle domande”. Relativamente alle specificità del sistema procedurale del PSR Toscana, quali la raccolta aperta e permanente delle domande e lo sdoppiamento in due moduli
(domanda iniziale e completamento di domanda), esse
3.2.5 La proposta del Regolamento Europeo
per la nuova fase di programmazione
dello sviluppo rurale
Il 14 Luglio 2004 è stata diffusa dalla Commissione
Europea la prima proposta del Regolamento del Consiglio relativo al sostegno allo sviluppo rurale da parte del
nuovo Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
(Feasr), che la Regione Toscana ha analizzato, al fine di
formulare proposte di modifica e fare si che siano accolte e discusse nell’ambito del negoziato a livello europeo
dai rappresentanti italiani. L’emissione definitiva del Regolamento è prevista entro la metà o al massimo la fine
del 2005: da quel momento inizierà un lavoro più intenso, per fornire un contributo alla definizione del Piano
Strategico Nazionale e per formulare il nuovo Piano Regionale di Sviluppo Rurale 2007-2013, che dovrà essere
approvato entro il 2006 in modo da entrare compiutamente in attuazione nel 2007.
Le novità rispetto alla fase attuale non sono molte. Le
principali sono: l’introduzione di un nuovo livello di programmazione nazionale; una nuova dinamica del Fondo,
i cui pagamenti non saranno più regolati “per cassa”,
133
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
cioè anno per anno, ma adottando la dinamica caratteristica dei Fondi strutturali, con la regola del disimpegno
automatico dei fondi non spesi 2 anni dopo l’impegno
comunitario; il menù di misure applicabili viene ulteriormente aumentato fino a 35; è previsto, inoltre, che venga
stabilita a livello comunitario una dotazione minima dei
tre assi di programmazione previsti. La delimitazione
delle zone “svantaggiate” potrebbe essere rivista rispetto
all’attuale, portando a notevoli cambiamenti non tanto
per i livelli di finanziamento, quanto per la distribuzione
delle zone a livello nazionale e regionale. Il programma
Leader dovrebbe, infine, rientrare nel Psr e il relativo
metodo di programmazione “dal basso” dovrebbe essere
previsto in forma distinta all’interno delle diverse misure attivate. Per quanto riguarda le risorse finanziarie, non
sono ancora note le quantità, dato che gli Stati membri
sembrano essere divisi sull’opportunità di mantenere gli
attuali livelli di finanziamento dell’Ue, oppure ridurli,
concentrando l’impegno dell’Unione per raggiungere in
più breve tempo l’obiettivo della convergenza tra gli Stati, in particolare per i 10 nuovi Stati membri (a cui se ne
aggiungeranno altri 2 nel 2007). Questo importante elemento sarà definito nel corso del 2005, anche se al momento sembra prevalere l’ipotesi della riduzione del budget. Altro importante elemento da tenere in considerazio-
ne, nella prossima fase di programmazione, sarà il raccordo e l’integrazione con il Fondo Fesr, che dovrebbe
operare su tutto il territorio regionale e non più su alcune parti di esso.
3.3 L’esperienza dei Piani Locali
di Sviluppo Rurale in Toscana
Si presenta qui una sintesi del rapporto, svolto da IRe INEA su incarico del Settore Programmi Comunitari in materia di Sviluppo Rurale della Regione Toscana,
relativamente a un’indagine diretta sul tema dei Piani
Locali di Sviluppo Rurale in Toscana. L’indagine ha una
duplice finalità:
- divulgare all’esterno l’esperienza della Toscana in relazione alla adozione della pianificazione decentrata nell’ambito delle politiche per lo sviluppo rurale,
- analizzare il modello al proprio interno in maniera da
coglierne i punti di forza e di debolezza e gli eventuali
aggiustamenti in vista della prossima fase di programmazione.
A tale scopo, l’indagine si è mossa su due binari diversi. Inizialmente sono stati intervistati alcuni testimoni
privilegiati (5), che hanno fornito una visione d’insieme
PET
Gli enti territoriali e la programmazione locale per lo sviluppo rurale in Toscana
Legenda
Comunità montane che hanno presentato Plsr
A
C
D
E1
E2
F
G
H
I1
I2
L
- Lunigiana
- Garfagnana
- Media valle del Serchio
- Mugello
- Montagna fiorentina
- Alta val di Cecina
- Casentino
- Valtiberina
- Amiata Grossetano
- Amiata senese
- Elba e Capraia
Comunità montane con possibilità di presentare
Plsr a seguito della Lr 82/2000
M
N
O
P
Q
R
S
T
U
- Alta Versilia
- Area lucchese
- Appennino pistoiese
- Val di Bisenzio
- Prato Magno
- Colline metallifere
- Colline del Fiora
- Cetona
- Val di Merse
Province
Elaborazione cartografica Inea
134
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
sulle dinamiche che hanno coinvolto gli attori istituzionali e sociali nella pianificazione locale. Sono stati coinvolti i rappresentanti delle sedi regionali delle organizzazioni professionali (Coldiretti, CIA, Unione Agricoltori) e
i responsabili del Settore Programmi Comunitari in materia di Sviluppo Rurale della Regione Toscana.
Una volta raccolte informazioni sulle opinioni degli
intervistati riguardo soprattutto i punti di forza e i punti
critici delle dinamiche di definizione della programmazione locale, è stato possibile stabilire alcune priorità
nell’approfondimento avviato nel prosieguo dell’indagine diretta.
Una prima differenziazione fra i Plsr può essere effettuata in base alle modalità con cui gli Enti (Province e
Comunità Montane) appartenenti ad uno stesso territorio
ne hanno curato la definizione. Questa realtà ha naturalmente influenzato la scelta, condivisa con il Settore Programmi Comunitari in materia di Sviluppo Rurale della
Regione Toscana, dei soggetti da intervistare. E’ stato anche deciso di utilizzare un ulteriore strumento di indagine: il focus group (gruppi di discussione e di approfondimento a tema) a cui hanno partecipato sia i responsabili
dei procedimenti che i rappresentanti delle organizzazioni del territorio coinvolte nelle procedure di definizione
del testo di pianificazione.
Al fine di sintetizzare i risultati dell’analisi, si propongono in seguito i punti emersi come più rilevanti, soprattutto in vista della futura programmazione regionale dello sviluppo rurale.
In generale, il passaggio ad un tipo di programmazione che, per la prima volta, riconduceva ad un unico strumento i diversi filoni di intervento precedentemente dispersi in vari programmi previsti da regolamenti comunitari, gestiti poi separatamente a livello regionale e locale, non è stato indolore già a partire dalle sue basi gestionali e di distribuzione delle risorse.
Un punto critico da affrontare, citato da quasi tutti gli
intervistati, è quello delle priorità basate su criteri soggettivi: se è naturalmente necessario stabilire delle limitazioni all’accesso ai finanziamenti da parte di chi non è
imprenditore agricolo a titolo principale, ciò non dovrebbe comportare l’assoluta esclusione ma forme di compartecipazione maggiore da parte dei privati o azioni
specifiche di intervento in determinati territori (in particolare ad esempio quelli in cui ci sia un’accentuata frammentazione fondiaria) da stabilire a cura di ogni Ente delegato.
In relazione alle priorità attribuite alla minore età dell’imprenditore agricolo, la soluzione condivisa dagli intervistati è quella di mantenere tale priorità per le misure di investimento, ma di trovare altri criteri di selezione
per le misure a premio e in particolare quelle agroambientali, oltre ad individuare strumenti di valutazione
delle domande che prevedano la possibilità di valorizzare il proprio progetto di investimento complessivo in re-
lazione al territorio, alle sue necessità e alle effettive prospettive di sviluppo anche in termini di presenza sul mercato.
È stato anche segnalato che il ruolo di Artea, come
Ente pagatore regionale, e le procedure di controllo attivate permettono oggi alla Regione di poter attingere a un
quadro completo e aggiornato non solo sui progetti presentati e sugli interventi avviati nei diversi territori ma
anche sulle caratteristiche dei soggetti candidati e di
quelli finanziati. L’analisi di questi dati permetterebbe di
modificare, se necessario, nel tempo i criteri di priorità
stabiliti a livello regionale in modo da evitare la lamentata attribuzione di reiterate premialità.
L’idea dei Patti d’area è sembrata valida e da molti è
stata valutata come un’occasione sprecata; una possibile
alternativa, è stato detto, sarebbe stata quella, nel momento in cui è stata sbloccata la suddivisione delle risorse fra gli Assi, di invitare gli Enti locali a definire Patti
d’area in cui investire almeno una parte dei fondi rimasti
su alcune misure. In caso di effettiva e reale condivisione delle motivazioni del problema alla base del Patto e
della necessità di risoluzione a vantaggio dell’intero territorio coinvolto, tale iniziativa sarebbe forse riuscita a
superare le naturali resistenze dovute allo scarto, tuttora
diffuso e permanente, fra le domande presentate e quelle
finanziate sulle misure 1 e 6.
Far rientrare l’incentivo previsto dai Piani agroambientali di area nel monte complessivo di fondi disponibili sulla misura è stato un forte ostacolo all’avvio anche
solo di tentativi di arrivare a questo genere di accordi. Il
fatto poi che questa misura a premio continui a essere
percepita dagli agricoltori (e spesso anche dai rappresentanti degli Enti locali) come un’integrazione del reddito
più che come un incentivo per un’azione positiva ha portato a una mancanza di convenienza politica nel concentrare risorse su certi territori piuttosto che su altri. A ciò
va aggiunta l’oggettiva difficoltà, dovuta alla frammentarietà della proprietà fondiaria in alcune aree, a mettere
insieme un numero di produttori con le caratteristiche richieste, sufficiente a superare il limite minimo di estensione dell’intervento previsto dalla normativa, nonché la
considerazione che non sarebbe poi comunque stato possibile garantire che una volta presentato il Piano il finanziamento sarebbe arrivato a tutti coloro che ne facevano
parte. Secondo gli intervistati sarebbe forse stato più
semplice destinare preventivamente una quota di risorse
specifica a progetti di investimento che coinvolgessero le
aziende su un problema comune.
In alcune realtà (la Provincia di Massa Carrara, la Lunigiana e la Provincia di Lucca), c’è stato anche un tentativo di utilizzare questa possibilità per risolvere problemi anche molto sentiti dagli imprenditori delle diverse zone e perfettamente integrati con gli obiettivi di programmazione dei rispettivi Enti, come la qualità e la sicurezza degli alimenti, e la costruzione di un acquedotto
135
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
3.4 L’Iniziativa Comunitaria
Leader Plus
agro-industriale che recuperasse le acque del depuratore
di Viareggio e le distribuisse alle aziende agricole e alle
industrie per cercare di intervenire sul problema del cuneo salino. Sono state fatte riunioni su questi argomenti
anche molto partecipate, ma quando è stato chiarito che
le risorse avrebbero dovuto essere ricavate dal monte disponibile per ogni misura coinvolta, la possibilità di realizzazione effettiva è sfumata.
Un altro punto da curare con particolare cautela è la
questione degli spazi di movimento concessi agli Enti
nel quadro della delega. Se per la maggior parte dei territori esiste una tradizione di pianificazione condivisa
con le Province che fa sì che i Piani Locali si integrino
con le scelte di programmazione definite a livello provinciale, ci sono altre aree in cui tutto ciò non avviene
con ricadute negative sull’organicità dell’intervento per
lo sviluppo rurale.
Se, infatti, gli Enti delegati, anche di più piccola dimensione, hanno sicuramente una percezione più precisa
delle effettive necessità dei territori di propria competenza non è detto che le loro scelte non possano essere condivise e anzi sostenute dai soggetti istituzionali contermini: i territori più marginali possono trovare nell’interazione e integrazione con le politiche di sviluppo rurale
delle aree più forti prospettive di effettivo ampliamento
dei margini di efficacia delle loro scelte e degli interventi sostenuti. L’eccessiva atomizzazione della pianificazione dello sviluppo rurale potrebbe portare a un maggiore isolamento di aree già in difficoltà. È, quindi, condivisibile l’opinione di molti intervistati sia a livello regionale che locale sull’importanza del ruolo della Regione Toscana nel dotare il nuovo Psr di strumenti adatti a
costruire relazioni fra gli Enti delegati, evitando di lasciare spazi eccessivi all’espressione dei particolarismi.
La terza edizione dell’iniziativa comunitaria Leader è
giunta ormai nel pieno dell’attuazione e si comincia già
a discutere di nuova programmazione per il settennio
2007-2013.
Il 2004 si è chiuso con l’ormai consueta spada di Damocle del disimpegno automatico dei fondi non spesi e
molte regioni italiane ne sono state colpite. Puglia, Sicilia, Calabria e in minima parte Molise rischiano di perdere definitivamente una quota dei fondi assegnati se
non saranno accolte le richieste motivate di deroga della
norma, inoltrate da tali Regioni alla Commissione Europea.
La Regione Toscana ha, invece, superato l’obiettivo
minimo di spesa, peraltro conseguendo uno scostamento
positivo che in termini assoluti è il più alto registrato in
Italia.
Sebbene nel confronto con le altre Regioni la Toscana
si collochi al terzo posto per capacità di spesa pubblica dimostrata, qualche perplessità rimane sulla rapidità di
avanzamento dell’attuazione, che, a oltre metà periodo di
programmazione, dimostra un livello di spesa del 29,9%
sul programmato, scontando un ritardo sull’impostazione
e avvio dei programmi. Si ricorda che solo nel dicembre
2001 (a due anni pieni, quindi, dall’inizio della programmazione) veniva approvato con decisione comunitaria il
Documento unico di programmazione per la Toscana; i
programmi di azione locale (Pal) e i Gal responsabili della loro attuazione erano ancora da selezionare. La piena operatività si è raggiunta con il 2003, quando i Gal
hanno cominciato a emanare i primi bandi e selezionare i
destinatari ultimi: prioritariamente è stata attivata la mi-
Il progetto Aembac
Obiettivo del progetto triennale Aembac, Agri Environmental Measures for Biodiversity Assessment and Conservation, realizzato nell’ambito del V Programma Quadro di Ricerca dell’Unione Europea, è quello di individuare una metodologia per sviluppare a livello locale misure agro-ambientali, scientificamente ed economicamente
idonee a internalizzare le esternalità ambientali e a massimizzare l’offerta di beni e servizi ambientali. Il nucleo della metodologia risiede nell’identificazione e nell’analisi di due gruppi di indicatori e delle loro relazioni, che insieme descrivono: lo stato degli agroecosistemi e la loro capacità di “performare” funzioni ambientali, definite come
la capacità dei processi e componenti naturali di fornire beni e servizi che soddisfino direttamente o indirettamente i bisogni umani; le pressioni esercitate dal sistema agricolo locale sull’ambiente; le relazioni causali esistenti fra
lo stato dell’ambiente e le pressioni agricole che risultano in impatti sulla performance delle funzioni ambientali.
In una prima fase vengono identificate le pressioni agricole che hanno un impatto sull’ambiente e le loro conseguenze ambientali, mentre successivamente queste informazioni vengono utilizzate per produrre un set di misure
agroambientali definite in modo preciso e per prevedere le conseguenze ambientali relative all’eventuale implementazione di queste misure.
Il progetto, che ha visto il coinvolgimento di diversi partner europei, in Italia è stato coordinato dal Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Firenze e ha interessato due specifiche aree della Toscana individuate
nell’ambito del Chianti fiorentino e della Maremma grossetana.
136
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
sura 2 rivolta agli enti pubblici, per la quale era possibile
recuperare anche spese retroattive, per evitare l’applicazione del disimpegno automatico dei fondi.
Nelle due tabelle che seguono viene riassunto il livello di avanzamento delle misure di investimento al 31
maggio di quest’anno: la prima tabella riepiloga a livello di azione gli importi complessivamente programmati
dai Gal nei loro piani di azione locale (distinti tra costo
totale dell’investimento e relativo contributo pubblico
totale), gli importi messi a bando e, infine, la spesa rendicontata e controllata, effettuata dai beneficiari selezionati dai Gal; la seconda tabella evidenzia invece, sempre
a livello di azione, il numero di bandi emessi da tutti i
Gal e quello dei progetti selezionati e finanziati.
La prima cosa che appare evidente è il ritardo registrato nella gestione delle azioni 1.3 e 1.2, la prima relativa al tema strategico C “attivazione e consolidamento di metodi innovativi di valorizzazione e commercializzazione dei prodotti locali, compresa la promozione”,
inserito nella programmazione di tutti i Gal (per il Gal
Programmato e speso Leader Plus
Milioni di euro
Regione/P.A.
Val d’Aosta
Piemonte
Liguria
Lombardia
P.A Bolzano
P.A. Trento
Veneto
Friuli V. G.
Emilia Romagna
Marche
Umbria
Toscana
Lazio
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Rete
Totale
Importo da
spendere
entro il
31/12/04
(a)
Fondi spesi
entro il
31/12/04
(b)
Differenza
(b-a)
0.49
2.58
1.20
1.64
1.77
0.84
3.14
1.28
2.23
1.78
1.72
3.05
1.97
4.03
1.88
5.39
5.88
3.89
4.84
6.69
6.14
1.24
63.7
0.67
2.99
1.52
1.92
1.99
0.84
3.93
1.30
2.39
2.53
1.95
3.99
2.81
4.35
1.87
5.41
0.54
4.14
4.61
5.88
6.15
1.31
63.11
0.180
0.420
0.310
0.280
0.220
0.003
0.800
0.018
0.150
0.750
0.230
0.950
0.840
0.320
- 0.009
0.016
- 5.340
0.250
- 0.230
- 0.810
0.009
0.067
- 0.59*
Bandi emessi dai Gal
e numero di progetti
Asse/misura/azione
Asse 1
misura 1
misura 2
azione 1
azione 2
azione 3
azione 1
azione 2
azione 3
azione 4
azione 5
azione 6
Totale
Fonte: Agrisole
Nr. Bandi
emessi
19
15
0
10
12
6
11
10
4
87
Nr. Progetti
finanziati
141
16
0
57
33
14
115
51
32
459
Fonte: Elaborazioni Banca dati Inea
Importi programmati dai Gal nei Piani di azione locale, messi a bando e accertati
Migliaia di euro
Asse/misura/azione
Asse 1
misura 1
misura 2
azione 5
azione 6
Totale
Azione 1
Azione 2
Azione 3
Azione 1
azione 2
azione 3
azione 4
4.561
2.168
Programmato
Costo totale
Spesa
(a)
pubblica (b)
13.706
4.422
4.517
1.426
11.613
3.945
4.389
2.225
3.283
1.966
3.671
1.784
7.282
3.754
2.361
2.203
1.155
1.099
55.190
23.038
137
Messo a bando
Spesa
In %
pubblica (c)
(c/b)
3.166
72%
1.296
91%
0%
2.225
100%
1.966
100%
1.411
79%
3.544
94%
93%
2.552
95%
1.310
16.910
73%
Accertato
Costo totale Spesa
(d)
pubblica (e)
2.064
690
127
47
3.438
1.395
1.634
756
2.135
900
6.470
3.205
1.219
52%
504
44%
19.730
8.716
In %
(e/b)
16%
3%
0%
63%
38%
50%
85%
38%
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Far Maremma è addirittura il tematismo principale),
l’altra relativa al tema A “utilizzazione di nuove conoscenze e nuove tecnologie per aumentare la competitività dei prodotti e servizi”, anch’esso inserito in tutti
i Pal.
La 1.3 è l’azione che si rivolge alle imprese del territorio, sia singole che associate, per la valorizzazione dei
prodotti locali anche attraverso il sostegno alla commercializzazione e promozione degli stessi.
Le difficoltà nell’attuazione sono nate perché, tra i
prodotti locali da valorizzare, un ruolo di primo piano è
senz’altro rivestito dai prodotti agricoli che rientrano
nell’elenco di cui all’Allegato I del Trattato Cee ma, in
base all’art. 37 Regolamento Ce 1257/99, era tassativamente vietato finanziare con Feoga azioni di pubblicità
aventi ad oggetto proprio questi prodotti. Di fatto rimanevano ammissibili le sole operazioni di promozione in
senso lato (come organizzazione di fiere ed esposizioni,
divulgazione di conoscenze).
Sulla scorta delle istanze raccolte con l’attività di animazione sul territorio, i Gal hanno mostrato un forte interesse verso la possibilità di pubblicizzare i prodotti
agricoli e la Regione si è fatta interprete di queste esigenze quando uno spiraglio è sembrato aprirsi con il Regolamento Ce 1783/03. Tale regolamento è, infatti, intervenuto modificando, tra gli altri, l’art. 37, par. 3, II trattino del Reg. Ce 1257/99, cioè eliminando il divieto di finanziare con il contributo Feoga la promozione dei prodotti agricoli; è stata così proposta alla Ce una revisione
del Docup che formalizzasse la possibilità di dare un sostegno anche a queste tipologie di intervento, sempre in
conformità alle prescrizioni normative comunitarie (v.
nuovo art. 24 quinquies del Reg. 1257/99). La proposta
di modifica è stata inaspettatamente respinta nell’ottobre
2004, con il risultato di rallentare l’attività dei Gal che
contavano su un esito positivo e che oggi si ritrovano a
predisporre dei bandi giostrando a fatica con l’interpretazione della Commissione in tema di promozione di
prodotti agricoli.
Per quanto riguarda l’azione 1.2, sempre destinata alle
imprese per interventi volti alla riduzione dell’impatto
ambientale mediante processi innovativi, il notevole ritardo nell’avanzamento della spesa è in parte temperato
da una buona percentuale di risorse già messe a bando e
da convenzioni stipulate con i beneficiari per quasi il
50% delle risorse programmate. Resta il fatto che a fronte di 15 bandi pubblicati, i progetti finanziati ad oggi sono solo 16 su 90 domande presentate. Forse il punto debole sta nella tempistica: in una fase non certo espansiva
dell’economia e di prospettive incerte per il futuro, le imprese hanno difficoltà a spendere per interventi “non
produttivi” ossia rivolti solo a ridurre l’impatto ambientale dei propri processi, per di più a fronte di un tasso di
contribuzione pubblica contenuto (il 30% nel caso di imprese che operano al di fuori della produzione, trasfor-
mazione e commercializzazione di prodotti agricoli dell’Allegato I).
Un’ottima performance si registra, invece, da parte
dell’azione 2.4 e anche dalla 2.1, entrambe rivolte al settore pubblico. Tanto la prima, destinata a interventi di
rinnovamento e miglioramento dei centri abitati, quanto
la seconda, finalizzata al miglioramento qualitativo dei
servizi forniti alla popolazione attraverso l’innovazione
dei processi, hanno riscosso un notevole successo tra gli
enti locali. Il vincolo al rispetto del patto di stabilità costringe anche i Comuni più virtuosi a rivedere continuamente al ribasso il budget per investimenti anche “ordinari” di riqualificazione dell’arredo urbano e a contenere al massimo i progetti di nuovi servizi per i cittadini; in
questa ottica un finanziamento, anche fino all’80% dell’intervento (è questo il tetto massimo per il settore pubblico), rappresenta indubbiamente un’ottima occasione
per l’ente locale.
In prospettiva, un buon risultato sembra possa aspettarsi anche per l’azione 1.1, che prevede aiuti alle imprese per l’innovazione di processo e di prodotto finalizzata al miglioramento qualitativo dei prodotti e servizi forniti: il contributo messo a bando a oggi è oltre
l’80% del programmato e a fronte di 18 bandi emessi si
registrano 141 progetti finanziati. La scarsa risposta
avuta dal territorio in fase iniziale è stata colmata grazie
ad un attento lavoro di animazione dei Gal e di accompagnamento dei potenziali beneficiari nella presentazione delle domande e dei progetti; probabilmente già alla
fine di quest’anno si concretizzeranno i primi risultati di
questo buon lavoro.
Le tabelle si riferiscono al solo Asse 1, mentre per
quanto riguarda l’Asse 2, cioè la cooperazione interterritoriale (fra Gal di diverse Regioni d’Italia) e transnazionale, non compare alcuna specifica perché l’attività di ricerca dei partner di progetto e la definizione dei progetti
stessi non ha ancora portato né impegni né tanto meno
pagamenti.
Allo stato attuale si può parlare di soli 3 progetti a uno
stadio avanzato di definizione: Sviluppo della filiera foresta-legno-energia (per lo sfruttamento dell’energia da
biomasse), I cammini d’Europa (per la promozione della
Via Francigena e del Cammino di Santiago di Compostela) e Castanea (per la valorizzazione della castagna),
due dei quali sono stati presentati formalmente dai Gal
all’autorità di gestione.
Il ritardo accumulato dai Gal toscani è notevole, ma
non tanto più grave di quello di altre regioni o stati
membri. Le cause principali di tale situazione sembrano
essere la complessità di impostazione di progetti di questa natura, in cui ci si deve confrontare con soggetti che
parlano un’altra lingua, risiedono anche a grande distanza, hanno uno stile e regole operative talvolta molto diverse, ma anche l’assenza dell’Osservatorio europeo
Leader, che ebbe nella passata programmazione un ruo-
138
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
lo molto importante di coordinamento e raccordo e che
è in realtà operativo da poco e con compiti più limitati.
Adesso la Regione e i Gal cercano di stringere i tempi,
ma le procedure di attuazione definite sono molto restrittive a paragone di quelle di altri paesi, i tempi per
l’attuazione ristretti (Regione Toscana ha posto come
termine ultimo per la realizzazione dei progetti il
31/12/2006) e ciò rende ancora più difficile il compito di
costruire progetti.
Nell’ottobre del 2004 Regione Toscana e ARSIA, con la
collaborazione della Rete Leader, hanno organizzato a
Volterra un work-shop sulla cooperazione invitando anche potenziali partner di altri paesi europei, nell’intento
di offrire un supporto tecnico utile alla definizione i progetti e/o partenariati. È in quella sede che, ad esempio, il
progetto “Sviluppo della filiera foresta-legno-energia” si
è consolidato e altre idee sono state elaborate (come il
progetto per la valorizzazione dei prodotti tipici e la riqualificazione dell’offerta turistica, con due potenziali
partner francesi intervenuti), ma evidentemente i tempi
non erano ancora maturi perché si raccogliessero maggiori frutti.
Tra i fatti di rilievo del 2004 è da rimarcare che Regione Toscana si è vista aumentare la dotazione di risorse Leader per effetto della indicizzazione delle annualità
2004-2006, effettuata ai sensi del Regolamento Ce
1260/99. Tale indicizzazione ha previsto l’assegnazione
all’Italia di 5.016.992,00 euro di quota FEOGA (cui si accompagna la corrispondente quota di cofinanziamento
statale e regionale), che sono stati poi ripartiti tra le regioni italiane che hanno manifestato la propria disponibilità a partecipare a tale riparto, sulla base di una concreta valutazione sull’effettiva capacità di spendere risorse supplementari.
I criteri individuati per tale riparto dal Ministero per le
Politiche Agricole e Forestali sono stati due: per il 40%,
in base al peso della dotazione originaria di risorse di ciascuna regione, e per il restante 60%, in base al parametro di “efficienza” commisurato alla performance finanziaria di ciascuna Regione/PA. Tra le dodici Regioni/PA
assegnatarie dei fondi aggiuntivi, la Regione Toscana ha
conseguito la fetta maggiore (pari a 697.826 euro di quota comunitaria).
Tali risorse, unitamente alla quota di cofinanziamento
nazionale, sono state inserite nel piano finanziario del
Docup (formalmente approvato dalla Ce nel novembre
2004) e poi interamente assegnate ai Gal con delibera n.
150 del 7/2/2005. Dei complessivi 1.622.851 euro di
maggiori fondi, una parte minima è andata ad aumentare
il contributo pubblico sulle spese di funzionamento dei
Gal, che per le annualità 2005 e 2006 è passato dall’80%
al 90%, per tenere conto delle difficoltà manifestate dai
gruppi di azione locale nel reperire tra i soci i fondi necessari a cofinanziare le spese. Tutto il rimanente (tranne
una piccola quota per la gestione dei Gal) è stato destinato agli investimenti sul territorio, lasciando ai Gal la
scelta di come destinare tali risorse aggiuntive compatibilmente con i temi strategici prescelti nella fase di programmazione.
I criteri individuati dalla Giunta regionale per il riparto
delle risorse tra i Gal sono stati sostanzialmente identici
a quelli adottati a livello nazionale: 40% delle risorse in
base al peso della programmazione finanziaria fatta da
ciascun Gal e 60% delle risorse in base all’efficienza di
gestione dimostrata, misurata sempre in termini finanziari. Quest’ultimo criterio ha a sua volta portato all’individuazione di due parametri finanziari di pari peso: il livello di spesa rendicontabile raggiunto a fine 2003 e quello
di fine 2004; per ciascuna delle due “scadenze”, i Gal che
hanno raggiunto l’obiettivo minimo per scongiurare il disimpegno (rideterminato sul piano finanziario di ciascuno) hanno partecipato al riparto delle somme.
Le risorse sono state conseguentemente così ripartite:
- GAL Consorzio Appennino Aretino . . . . . . . . . . . . .8%
- GAL Eurochianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .23%
- GAL Etruria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6%
- GAL FAR Maremma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .7%
- GAL Leader Siena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .17%
- GAL Sviluppo Lunigiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .8%
- GAL Garfagnana Ambiente e Sviluppo . . . . . . . . . .26%
- GAL Start . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5%
Piano finanziario DOCUp post-indicizzazione
Assi
Costo Totale
Spesa pubblica
Totale
1
2
3
Strategie pilota
Cooperazione
Gestione, sorveglianza, valutazione
Totale
1=2+9
28.785.812
3.302.602
529.437
32.617.851
Feoga
2=3+6
3
28.785.812 12.377.906
3.302.602
1.420.119
529.437
239.801
32.617.851 14.037.826
139
%
Totale
4 = 3/2
5=6+7
43
16.407.906
43
1.882.483
45
289.636
43
18.580.025
Quota Nazionale
Centrale Regione altro
6
7
8
8.694.108 7.713.798 0
997.717
884.766 0
134.357
155.279 0
9.826.182 8.753.843 0
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
3.5 La gestione delle
risorse idriche in agricoltura
In ultimo un breve cenno alle risorse per l’assistenza
tecnica (asse 3 del Docup), che la Regione ha impiegato
per 3 sole attività: la valutazione, la predisposizione di
un programma di gestione e monitoraggio dei progetti e
l’attività di comunicazione e informazione.
La prima, la valutazione, richiesta dalle disposizioni
comunitarie, ha già prodotto un rapporto di valutazione
intermedia, alla cui revisione (anch’essa obbligatoria) sta
lavorando il valutatore indipendente incaricato.
Il programma di monitoraggio “Np2”, destinato a essere impiegato da tutti i soggetti interessati dalla gestione di Leader con accessi selettivi e protetti, è ormai completamente operativo e consente di dialogare con il
software di monitoraggio nazionale MONITWEB del Ministero dell’Economia, per fornire i dati trimestralmente richiesti dalle autorità nazionali e comunitarie.
Infine, l’attività di comunicazione, svolta dall’autorità
di gestione con il supporto degli uffici regionali competenti per materia, che dopo la fase di informativa iniziale svolta su quotidiani, attraverso newsletter e format radiofonici, nel 2004 è stata finalizzata alla realizzazione
di un portale Leader della Toscana (www.leader.toscana.it), in cui raccogliere tutte le informazioni, la documentazione, i bandi, i progetti di eccellenza nonché riferimenti e recapiti utili sia per gli operatori che per i potenziali destinatari ultimi.
3.5.1 Il contesto istituzionale
Il governo del settore idrico, nell’ambito del quale sono comprese le risorse idriche utilizzate in agricoltura, è
assicurato da diverse norme nazionali di disciplina (L.
183/89, L. 36/94 - cosiddetta Legge Galli -, Dlgs
152/99), che in modo specifico influiscono sul processo
di attuazione della strategia ambientale comunitaria. La
Regione Toscana, traducendo a scala regionale i principi
comunitari in conformità e in attuazione della disciplina
nazionale, è intervenuta negli ultimi dieci anni regolamentando così il settore:
- Legge Regionale n. 34 del 5 maggio 1994 “Norme in
materia di bonifica”;
- Legge Regionale n. 81 del 21 luglio 1995 “Norme di
attuazione della Legge 5 gennaio1994, n. 36”;
- Legge Regionale n. 26 del 4 aprile 1997 “Norme di
indirizzo per l’organizzazione del servizio idrico integrato in attuazione degli artt. 11 e 12 della Legge 5 gennaio
1994, n. 36”;
- Legge Regionale n. 91 dell’11 dicembre 1998 “Norme per la difesa del suolo”;
- Deliberazione della Giunta Regionale n. 225 del 10
marzo 2003, con la quale sono stati individuati i corpi
Il quadro delle competenze in materia di risorse idriche
Autorità di bacino
Mipaf
Nazionali: Arno, Po e Tevere (L.183/1989).
Interregionali: Conca-Marecchia, Fiora,
Lamone, Magra e Reno (L. 183/1989).
Regionali: Ombrone, Serchio, Toscana costa
e Toscana nord (L. 91/1998)
Ente irriguo
umbro-toscano
Piano di bacino
Piano stralcio
Programmi triennali
Piano generale irriguo
(L. 411/1991)
Regione Toscana
(Lr 91/1998)
Piano sviluppo rurale (PSR)
Controllo
Enti funzionali
Province
Ato
(Lr 91/1998, Lr 34/1994)
Piano territoriale di coord. Prov. (PTCP)
Piano locale di sviluppo rurale (PLSR)
Controllo
(Lr 36/1994, Lr 81/1985)
Servizio idrico integrato (SII)
Comunità montane
Aato
(Lr 82/2000, Lr 91/1998
e Lr 34/1994)
Programma degli interventi
Controllo
(Lr 36/1994, Lr 81/1985)
Consorzi di bonifica
Soggetto gestore del SII
Piano di sviluppo socio-economico
(Lr 91/1998, Lr 34/1994)
140
Piano di bonifica
Piani di classifica
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
idrici significativi ed è stato definito il programma di
monitoraggio dei corpi idrici significativi e delle acque a
specifica destinazione.
Dall’attuale impianto normativo di disciplina del settore idrico, è possibile derivare l’assetto delle competenze, individuando non solo i soggetti coinvolti a vario livello nella pianificazione, programmazione e gestione
della risorsa idrica in Toscana, ma anche le relazioni che
tra di essi intercorrono.
Le Autorità di Bacino nazionali, interregionali e regionali, sulla base del Piano di Bacino o di Piani Stralcio
(come nel caso specifico del Piano di Tutela delle acque
adottato dalla Regione Toscana nel gennaio 2005), esplicano il loro mandato attraverso le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione degli interventi. Il
Piano di Bacino (o quello stralcio), che ha valenza di piano territoriale di settore, è stato lo strumento conoscitivo,
normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono
state pianificate e programmate le azioni finalizzate alla
conservazione, alla difesa e valorizzazione del suolo e alla corretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio toscano.
Esso viene attuato attraverso i programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e
delle finalità del piano medesimo nonché delle norme di
programmazione regionali.
Nell’ambito dell’attuazione della riforma della gestione del Servizio Idrico Integrato (Sii), la legge Galli individua un percorso di adempimenti necessari, definendo importanti compiti a carico di Regioni, Province e Comuni. In particolare le Regioni devono procedere a suddividere il proprio territorio in Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) e a individuare le forme di collaborazione fra i Comuni e le Province ricadenti in ciascun Ato. La Regione Toscana lo ha fatto con la Legge
Regionale 81/85: i confini dei 6 Ato sono stati definiti
in funzione del rispetto dell’unità del bacino idrografico e del raggiungimento di adeguate dimensioni gestionali.
L’Autorità d’ambito (Aato), anch’essa nel rispetto dei
piani di bacino, svolge la funzione di programmazione
(approvazione del programma pluriennale e, in particolare, del programma degli interventi e del piano finanziario) e quella di controllo delle attività e degli interventi
necessari per l’organizzazione e la gestione del SII.
La materia di bonifica e irrigazione rientra pienamente in un articolato sistema di programmazione complessiva degli interventi per la difesa del suolo e per la gestione delle risorse idriche. Gli ambiti territoriali ottimali della bonifica, definiti comprensori, sono stati delimitati dalla Regione Toscana su base idrografica, tenuto
conto dei confini dei bacini idrografici. Nella Legge Regionale n. 34/94 sulla bonifica, viene disciplinata, nell’ambito di tutto il territorio regionale, l’istituzione e il
funzionamento dei Consorzi di Bonifica. Le funzioni
amministrative di competenza regionale in tale materia,
ivi comprese le funzioni di vigilanza e controllo sui Consorzi di bonifica, sono esercitate dalle Province. Le Comunità Montane partecipano, unitamente ai Comuni, alle procedure di pianificazione e programmazione ed
esercitano altresì, le funzioni dei Consorzi di bonifica
qualora questi ultimi non siano costituiti.
Merita, inoltre, ricordare che in Toscana è presente
l’Ente Irriguo Umbro-Toscano, un ente interregionale
posto sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali che svolge funzioni nella progettazione e
realizzazione di opere di accumulo, adduzione e distribuzione di acque, a scopo prevalentemente irriguo su
concessione dello Stato.
Con la legge 138/2002 il MIPAF è stato incaricato di
assicurare la raccolta di informazioni e dati sulle strutture e infrastrutture idriche esistenti, in corso di realizzazione o programmate per la realizzazione, avvalendosi del Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN),
degli enti vigilati, nonché della SOGESID. Per tale motivo, presso il Mipaf è stato istituito il Gruppo Tecnico Risorse Idriche avente lo scopo di supportare gli interventi e l’azione di tutti gli organismi interessati in materia
di approvvigionamento idrico in agricoltura, secondo gli
obiettivi previsti dalla legge. Obiettivo prioritario è l’elaborazione di una strategia di pianificazione integrata
tra i diversi usi della risorsa idrica e lo stretto coordinamento tra i soggetti istituzionali coinvolti nella programmazione e nella realizzazione degli investimenti
nel settore idrico.
Per raggiungere l’obiettivo previsto dalla legge bisogna partire dallo stato delle conoscenze in campo irriguo
a livello nazionale.
Per quanto riguarda le regioni dell’Italia Centrale,
nell’ultimo decennio si verificano problemi di approvvigionamento in diversi comprensori, con punte di vera
e propria crisi idrica in alcuni periodi, come ad esempio
in Umbria, che nel 2002 ha dichiarato lo stato di emergenza idrica. Infine, nelle regioni settentrionali, dove la
disponibilità idrologica ha quasi sempre corrisposto alle necessità fisiologiche delle coltivazioni, si è assistito
ad una grave crisi siccitosa nel corso della primaveraestate 2003, il che conferma la necessità di realizzare
un sistema di monitoraggio sulle risorse idriche a fini
irrigui.
3.5.2 Il programma interregionale
per il monitoraggio dei sistemi irrigui
Con riferimento all’area centro-settentrionale, nel
corso della ricognizione preliminare sullo stato dell’irrigazione nel Centro-Nord, effettuata dall’Inea, sono
emerse situazioni estremamente eterogenee. In gran
parte delle regioni centrali, ad esempio, manca un quadro delle informazioni disponibili, che va ricostruito.
Rispetto alle informazioni sul tipo di agricoltura prati-
141
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
cata, gli uffici competenti dei Consorzi di Bonifica e gli
Uffici Regionali spesso hanno a disposizione le informazioni agronomiche e i dati sulle superfici irrigue talvolta già informatizzate e, in alcuni casi, su base catastale, ma in tutte le realtà analizzate manca una cartografia di uso del suolo utile ai fini dell’analisi dell’irrigazione. Lacunose risultano anche le informazioni riguardo le disponibilità e i consumi di risorsa. Un altro
problema costantemente riscontrato è la presenza di diversi enti gestori della risorsa e la diffusione dell’irrigazione privata.
Occorre ricostruire, attraverso un Sistema Informativo
Territoriale, un quadro conoscitivo completo e aggiornato sulle caratteristiche dell’irrigazione a livello nazionale, valorizzando tutte le fonti informative già esistenti e
colmando le eventuali carenze conoscitive.
Il Sistema Informativo per la Gestione delle Risorse
Idriche in Agricoltura (Sigria), messo a punto dall’INEA
per le regioni centro settentrionali e finanziato nell’ambito dei Programmi Interregionali, prevede che ogni Regione realizzi il database geografico e il database alfanumerico per le proprie aree e che l’INEA curi il coordinamento e detti le linee guida per la realizzazione di tali attività.
Il “Questionario informativo sui sistemi irrigui” raccoglie tutte le informazioni di natura gestionale, infrastrutturale e agronomica utili a descrivere l’irrigazione
delle aree oggetto di studio, soprattutto quella gestita a
livello consortile. I dati raccolti permettono di avere
informazioni puntuali sulle strutture dell’irrigazione,
quali: organizzazione degli enti irrigui, superfici irrigue,
caratteristiche agronomiche, fonti di approvvigionamento e reti irrigue. Questi dati consentiranno di produrre una “fotografia”, aggiornata e completa, dello stato dell’irrigazione; inoltre, la loro organizzazione in
banche dati opportunamente collegate tra loro è stata
concepita come uno strumento di lavoro che può essere
aggiornato in funzione dell’evoluzione del contesto che
caratterizza il settore (modifiche nella scelta delle coltivazioni, cambiamenti nell’approvvigionamento, nelle
aree attrezzate, ecc.).
Le informazioni reperite saranno collegate al data base geografico del Sigria e verrà predisposto un rapporto
regionale di analisi sullo stato dell’irrigazione.
Il territorio regionale interessato dall’irrigazione ricopre
una superficie assai modesta. Sulla base delle elaborazioni ISTAT del V Censimento dell’Agricoltura del 2000,
risulta che in Toscana la superficie irrigata, corrispondente a 47.290 ettari, è pari al 6% della Superficie Agraria Utilizzata. L’incidenza della superficie irrigata è inferiore non soltanto alla media nazionale, ma anche alla
media dell’Italia centrale, che a sua volta risulta la più
bassa rispetto al Nord, al Sud e alle isole. I dati relativi
alle superfici irrigue non evidenziano però la rilevanza
delle colture irrigue nel complesso del panorama agricolo toscano.
Una significativa quota della Produzione Lorda Vendibile regionale proveniente dalla coltivazione di specie
vegetali, esclusa quindi l’attività di allevamento, deriva
da colture irrigate: tra le più importanti occorre ricordare le coltivazioni floro-vivaistiche e gli ortaggi. Meno
del 50% delle superfici irrigate in Toscana è destinata alla produzione di colture cerealicolo-industriali (mais,
barbabietola, girasole) e foraggere, oltre il 20% corrisponde a colture ortofrutticole, mentre un 30% è rappresentato da colture di pregio, tra le quali vivai, oliveti e
vigneti.
A seguito degli sviluppi di politica comunitaria, l’irrigazione non rappresenta certo più un elemento per indurre un incremento delle produzioni, ma è un fattore indispensabile per conseguire la qualità delle produzioni,
in taluni casi ad alto reddito, non altrimenti realizzabili,
alle quali corrisponde un elevato livello di professionalità dell’imprenditoria agricola.
Inoltre, la disponibilità di risorsa idrica è un fattore
produttivo fondamentale per garantire agli operatori la
necessaria flessibilità degli ordinamenti produttivi in risposta ai cambiamenti che si verificano sui mercati agricoli e negli orientamenti di politica comunitaria.
A differenza delle regioni settentrionali e di alcune di
quelle meridionali, l’approvvigionamento irriguo delle
aziende toscane avviene nella maggioranza dei casi in
forma autonoma; la gestione collettiva da parte dei Consorzi di Bonifica e di Irrigazione coinvolge meno del
10% delle aziende irrigue totali.
Oltre il 55% delle aziende irrigue toscane utilizza acque sotterranee: in talune zone litoranee l’approvvigionamento dalle falde caratterizza l’85% delle realtà irrigue.
Per quanto riguarda la dislocazione delle principali
aree irrigue, fatta eccezione per le pianure alluvionali
dell’Arno (Val di Chiana) e del Tevere (Val Tiberina), le
aree irrigue più rilevanti da un punto di vista produttivo
sono di limitate dimensioni e si trovano localizzate soprattutto nella fascia costiera (Maremma, Val di Cornia,
Costa livornese, Versilia).
Relativamente al livello di disponibilità della risorsa
idrica, soltanto nelle pianure interne alluvionali l’irrigazione ha potuto contare nel passato su una consistente
3.5.3 Le problematiche
collegate all’utilizzo della risorsa idrica
La conformazione del territorio della regione, prevalentemente collinare (oltre il 65% della superficie totale),
con un modesto sviluppo delle aree pianeggianti (8,4%),
unitamente ad una problematicità del regime idrologico
(discontinuità degli afflussi meteorici, brevità del reticolo idrografico, impermeabilità della maggior parte dei litotipi, scarsità di significativi corpi idrici) hanno fortemente contenuto lo sviluppo dell’irrigazione in Toscana.
142
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Le superfici irrigate nelle principali aree irrigue della Toscana
Val di Nievole
Ha1.371,83
Ombrone Pistoiese
Ha 2.641,81
Versilia
Ha1.947,65
Costa Livornese
Ha 2.508,11
Val di Cornia
Ha 3.171,03
Val di Chiana
Ha 8.557,74
Pianura di Follonica e
Colline Maremmane
Ha 2.141,33
Bassa Maremma
Ha 4.457,67
Bassa Ombrone
Ha 3.508,23
dotazione di risorsa, derivante in prevalenza da acque superficiali e in un secondo tempo dalle falde. È pro-prio in
queste aree interne che si è potuto affermare nei decenni
passati la coltivazione irrigua di specie industriali e di
colture foraggere da destinare al settore zootecnico: ma
la crisi della zootecnia prima e la flessione del mercato
internazionale delle colture industriali (oleaginose e
mais), e più recentemente di barbabietola e tabacco, hanno determinato una crisi in questi settori e hanno sollevato la necessità di una riconversione colturale da supportare con una buona dotazione di risorse idriche, che
purtroppo al contrario si è andata assottigliando.
Negli ultimi anni si è assistito a un considerevole aumento dei consumi idrici in determinati settori produttivi, che ha reso insufficiente la disponibilità di acque superficiali per il soddisfacimento dei bisogni globali. Inoltre, la variazione della situazione climatica degli ultimi
anni, con una diminuzione delle precipitazioni piovose e
la loro concentrazione in pochi episodi intensi, ha provocato una diminuzione delle portate dei corsi d’acqua, ha
reso precario il mantenimento nel periodo estivo del minimo deflusso vitale dei fiumi e ha accentuato il fenomeno dell’inquinamento delle acque. Parallelamente si è verificata una specializzazione dell’agricoltura irrigua, sia
in alcune fasce costiere (Versilia, Val di Cornia e Pianure
grossetane) che in alcune pianure interne (Ombrone pistoiese e Val di Nievole), verso colture di pregio (in particolare florovivaismo e orticoltura). Nelle aree litoranee,
lo sviluppo irriguo dell’attività agricola si è andato ad inserire su un territorio caratterizzato dalla presenza di attività industriali molto idroesigenti (industria chimica e siderurgica) e da un processo di forte urbanizzazione, sia
per l’aumento della popolazione residente, che per la crescita delle presenze turistiche nel periodo estivo.
La mancanza di significative risorse superficiali ha indirizzato in queste zone i prelievi quasi unicamente sulle
risorse sotterranee; il sovrasfruttamento al quale queste
sono andate soggette ha determinato sensibili abbassamenti dei livelli delle falde litoranee, associati in taluni
casi a fenomeni di subsidenza, e la progressiva intrusione di acqua salata nelle falde. Le aziende irrigue di queste zone si sono venute a trovare, quindi, in una situazione di forte precarietà, dovuta alla diminuzione delle dotazioni idriche e alla progressiva salinizzazione delle acque per l’irrigazione.
Complessivamente la Toscana si trova in una situazione di criticità per la scarsa disponibilità di risorse idriche,
nell’ambito della quale localmente il settore agricolo si
143
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
trova a competere con gli usi del settore idropotabile e di
quello industriale.
In realtà in Toscana i prelievi agricoli incidono sul bilancio idrico globale per circa il 45%, misura nettamente inferiore rispetto alla media nazionale, valutata in circa 2/3 dei consumi idrici globali. Una preliminare valutazione, eseguita dall’Arsia sulla base delle superfici irrigate rilevate nell’ultimo Censimento dell’Agricoltura,
indica che il fabbisogno irriguo medio annuo risulterebbe notevolmente inferiore ai consumi idropotabili. Si deve, però, rilevare come la domanda di acqua da parte del
settore agricolo, pur complessivamente contenuta rispetto al fabbisogno degli altri settori, contribuisca localmente alla creazione di situazioni di forte crisi nel periodo estivo: in particolare dove si verifica la concentrazione su aree ristrette di colture fortemente idroesigenti (ad
esempio, ornamentali in provincia di Pistoia o floricole
in provincia di Lucca).
Inoltre, la conflittualità con le altre utenze si accentua
sensibilmente nelle aree costiere, in concomitanza con
l’incremento delle richieste da parte del settore idropotabile, per effetto della crescita delle presenze turistiche.
tezione dell’ambiente e senza aumento della superficie
irrigua”: ma a causa della spinta alla riduzione dell’impiego dell’irrigazione attuata a livello europeo, tale misura non ha trovato un adeguato sostegno finanziario.
Solo nel 2004, è stata proposta una modifica al PSR per
favorire il risparmio e l’uso razionale della risorsa idrica,
che ha consentito nel 2005 di attivare un Bando pubblico “Aiuto di stato finalizzato all’attivazione di un qualificato sistema di infrastrutture aziendali a sostegno del
settore florovivaistico”, per la concessione di contributi
finanziari a favore di aziende agricole florovivaistiche: la
prima annualità verrà finanziata sul territorio della Provincia di Pistoia, nell’ambito della quale ricade il maggior numero di aziende del settore.
Sempre attraverso il PSR, con la Misura 9.6 “Gestione
delle risorse idriche in agricoltura”, nelle province maggiormente interessate dalla crisi idrica è stato possibile a
partire dal 2003 intervenire sul miglioramento delle
strutture irrigue a livello consortile, adattando gli impianti preesistenti o realizzando nuovi acquedotti per razionalizzare la distribuzione delle acque per l’irrigazione
eventualmente anche reflue, in previsione dell’applicazione delle norme che nel 2003 sono state emanate per la
regolamentazione dell’utilizzo di reflui depurati per l’irrigazione.
Il particolare andamento climatico dell’estate 2003 ha
messo in luce però come i problemi di approvvigionamento idrico della regione non siano circoscritti unicamente a quelle zone, per lo più ubicate sulla costa, solitamente gravate da una intensa conflittualità tra i diversi
settori che utilizzano acqua (agricolo, idropotabile ed industriale), ma che tutto il territorio regionale necessita di
una revisione delle modalità di approvvigionamento e di
una programmazione di interventi che garantiscano un
adeguato supporto di risorsa a tutti i settori che utilizzano acqua, compresa l’agricoltura.
Va inoltre considerato che, a detta degli studiosi, crisi
idriche come quelle degli ultimi anni, in particolare quella del 2003, capaci di determinare situazioni ambientali
estreme, siano connesse al cambiamento climatico in atto a livello mondiale. Accanto al ripetersi di alluvioni disastrose e fenomeni erosivi sempre più intensi assisteremo sempre più frequentemente ad episodi di emergenza
per la scarsa disponibilità di risorse idriche che interesserà direttamente anche il settore agricolo.
Tali considerazioni dimostrano come non sia più sufficiente nella situazione attuale limitarsi soltanto a interventi per il risparmio idrico, seppure indispensabili, ma
occorre valorizzare maggiormente le risorse superficiali.
Dovranno quindi essere adottate misure per una maggiore valorizzazione delle acque superficiali e l’attuazione
di strategie di riutilizzo, oltre che di incentivi per il risparmio nell’utilizzo delle risorse idriche.
Inoltre l’opportunità di accumulare nel corso dei periodi piovosi i deflussi superficiali, per poi utilizzarli nei pe-
3.5.4 Gli indirizzi e gli interventi regionali
Sulla materia dell’irrigazione la Regione ha svolto negli anni ’90 un ruolo prevalentemente programmatorio e
di indirizzo nei confronti degli Enti competenti.
Sul piano realizzativo infatti si è assistito ad un rallentamento degli investimenti legato alle indicazioni di politica agricola europea che vedeva nello sviluppo di intensi programmi irrigui un elemento negativo nei confronti del contenimento delle eccedenze delle produzioni
agro-industriali.
Per quanto riguarda gli interventi di carattere regionale in atto, a partire dal 2002, con il Programma Regionale di Sviluppo 2002-2005, è stato dato nuovo impulso alla realizzazione della rete secondaria dello schema irriguo di Montedoglio, la principale opera a scopi irrigui
realizzata in Toscana, nell’ambito del Programma degli
investimenti Strategici della Regione. Sono infatti stati
stanziati complessivamente oltre 10 milioni di euro per
la realizzazione di ulteriori lotti in Val Tiberina e in Val
di Chiana con il duplice obiettivo di migliorare la situazione ambientale di degrado delle falde idriche e di fornire risorse idriche alle zone in cui è necessario migliore
rifornimento di risorsa irrigua.
La programmazione degli interventi contenuta nel Piano di Sviluppo Rurale (2000-2006) prevede alcune misure per la razionalizzazione delle risorse idriche in agricoltura. All’Azione 1.2 - “Investimenti aziendali per la
tutela e il miglioramento ambientale” erano stati ammessi “investimenti per interventi per impianti irrigui mediante la realizzazione, l’adeguamento e la sostituzione
delle opere di derivazione, accumulo e distribuzione irrigua con finalità esclusive di risparmio idrico e di pro-
144
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
riodi di maggior consumo, potrebbe in molte situazioni
territoriali coniugare il reperimento di risorse idriche integrative per il soddisfacimento dei fabbisogni irrigui con la
necessità di attuare interventi che si rendono necessari per
la difesa del suolo, alla luce delle variazioni climatiche in
atto, che stanno provocando un accorciamento dei periodi piovosi e un aumento dell’intensità di pioggia. Appare
quindi evidente che per far fronte a questa situazione si
pone la necessità di un approccio multifunzionale degli
interventi in modo da aumentare la disponibilità della risorsa idrica da un lato e creare un contributo per la difesa
dai fenomeni di erosione e alluvionali dall’altro.
La regione si sta attivando per varare un Programma
triennale di interventi per il recupero e il miglioramento
dei piccoli invasi collinari esistenti, nonché per la costruzione di nuovi piccoli invasi ad uso plurimo, in territori che presentano situazioni di particolare criticità ambientale da un punto di vista della reperibilità delle risorse idriche. L’obiettivo è quello di aumentare localmente,
anche nelle aree collinari, la capacità di trattenimento
delle acque piovane, anche in un’ottica di regimazione,
da utilizzare nelle situazioni di particolare necessità, attenuando la pressione esercitata sulle falde.
Nell’ultimo decennio la materia dell’irrigazione, e più
in generale la gestione delle risorse idriche nel settore
agricolo, ha risentito delle preoccupazioni di carattere
ambientale maturate a livello comunitario e soprattutto
dei timori sulle conseguenze secondarie dell’intensificazione della produzione agricola consentita dall’irrigazione. In futuro si prevede che, nel quadro delle misure di
sviluppo rurale, la politica agricola comune possa incentivare investimenti volti a migliorare lo stato delle infrastrutture di irrigazione e a consentire agli agricoltori di
passare a tecniche di irrigazione più efficienti che richiedono il prelievo di minori quantità d’acqua. Inoltre, le
misure agroambientali comprenderanno l’impegno a ridurre i volumi di irrigazione e ad adottare modalità di gestione di irrigazione più efficaci.
L’irrigazione quindi è destinata a perdere il ruolo
esclusivo di fattore aziendale per diventare un attivo elemento per la regolazione degli equilibri ambientali, primo fra i quali quello idrico. Riconosciuto questa nuova
funzione dell’irrigazione sia sul piano produttivo che territoriale, andranno opportunamente tarate le strategie da
perseguire per il sostegno dell’agricoltura irrigua.
Appare ragionevole pensare che nell’imminente futuro
l’irrigazione toscana, come pure quella delle altre regioni, continuerà a perseguire sempre più un’ottica di qualità e non certo di quantità: in tal senso in Toscana si prevede che le superfici irrigate si potranno accrescere in
misura molto contenuta rispetto alle dimensioni attuali e
solo in talune aree, a supporto di particolari produzioni di
pregio. Ciò malgrado, proprio in relazione alla specificità delle produzioni irrigue toscane, il settore agricolo
ha la necessità di poter contare su una maggiore disponi-
bilità di risorse idriche, per garantire standard qualitativi
elevati e costanti nel tempo. È importante quindi che il
reperimento delle risorse irrigue non sia subordinato né
alla competizione dell’uso della risorsa con altri settori,
primo tra i quali quello idropotabile, né al verificarsi di
eventi climatici sfavorevoli quali quello registrato nel
2003. Occorre che per il settore agricolo sia realizzata
una politica di moderato ampliamento delle disponibilità
idriche superficiali con la quale poter sviluppare strategie diversificate nei diversi comprensori irrigui.
Allo stesso tempo la Regione Toscana ritiene opportuno
sostenere la strategia del risparmio idrico e, laddove possibile ed economicamente perseguibile, la via del riuso; ed
è in questo ambito che si inseriscono le iniziative condotte e in fase di svolgimento da parte dall’Arsia sul territorio regionale. La Regione ha affidato all’Arsia già dal
1993 il ruolo di collaudo e di trasferimento di innovazioni
nel settore dell’irrigazione, individuando quale priorità il
contenimento dei consumi irrigui, da realizzare attraverso
l’attivazione di progetti finalizzati rivolti ai tecnici che
forniscono assistenza tecnica al mondo produttivo, rappresentato da una utenza estremamente ampia e diversificata, solo sporadicamente aggregata in realtà consortili.
3.5.5 Le attività dell’Arsia nel settore dell’irrigazione
In materia di razionalizzazione degli impieghi irrigui
l’Arsia ha attivato negli ultimi anni, con la collaborazione delle Università di Pisa e di Firenze, una serie di iniziative di collaudo e di divulgazione presso tre Centri dimostrativi per l’irrigazione (situati in provincia di Grosseto, Livorno e Arezzo), per la diffusione di tecnologie
innovative finalizzate al risparmio idrico e all’utilizzo di
risorse alternative (acque reflue).
Le attività sperimentali condotte dall’Agenzia per la rilevazione in campo dei fabbisogni idrici delle principali
colture irrigue toscane e l’attivazione di servizi innovativi di consulenza aziendali, anche per via telematica, hanno già fornito al mondo agricolo toscano utili parametri
tecnici per l’ottimizzazione della gestione dell’irrigazione; allo stesso tempo le iniziative realizzate nel settore
dell’impiantistica, in collaborazione con il Laboratorio
Nazionale dell’Irrigazione (che ha sede proprio in Toscana, a Pisa), hanno prodotto alcuni strumenti di supporto
tecnico per il miglioramento dell’efficienza irrigua (due
testi divulgativi sul corretto funzionamento degli impianti di irrigazione a goccia e un software “Ve.Pro.L.G.”, che
consente di rilevare direttamente in azienda le anomalie
di funzionamento e le opportune modifiche da eseguire
sugli impianti di irrigazione a goccia, per realizzare un risparmio di acqua e di energia).
Parallelamente l’Arsia ha condotto già dal 1998 fino al
2002 una sperimentazione in campo sull’ utilizzo irriguo
delle acque reflue in uscita dagli impianti civili di depurazione, attraverso la quale è stata verificata la compatibilità agronomica, ambientale e igienico-sanitaria di que-
145
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
sti reflui per l’irrigazione. Il riuso infatti potrà consentire in futuro di diminuire localmente i prelievi della risorsa primaria e attenuare le conflittualità nei momenti di
punta.
Sempre in materia di riuso dei reflui in agricoltura, nel
2002 su incarico della Direzione Generale “Politiche
Territoriali ed Ambientali - Area tutela delle acque interne e costiere” della Regione Toscana, l’Arsia ha eseguito uno studio preliminare su tutto il territorio regionale,
per valutare le potenzialità di riutilizzo irriguo dei reflui
depurati. Lo studio ha individuato i depuratori per i quali esistono idonee condizioni per una proficua utilizzazione irrigua delle acque civili depurate ai fini dell’attuazione di opportuni interventi di adeguamento potranno rendere operativa l’opzione del riutilizzo anche sul
versante agricolo.
La selezione di 21 depuratori civili i cui reflui in uscita potrebbero essere destinati ad uso irriguo è stata eseguita sulla base dell’ubicazione degli impianti rispetto
alle principali aree irrigate e sulla base delle criticità localmente rilevate, per quanto riguarda gli approvvigionamenti idrici
Inoltre nel 2004 l’Arsia ha concluso un progetto biennale di ricerca e trasferimento dal titolo “Razionalizzazione dell’impiego delle risorse idriche e dei fertilizzanti nel florovivaismo”, con il quale si è cercato di fare il
punto della situazione sugli usi irrigui nella produzione
di ornamentali e individuare le tecniche e tecnologie applicabili per un uso più efficiente e ragionato della risorsa idrica. Il progetto ha realizzato la pubblicazione di uno
specifico volume dedicato all’uso razionale delle risorsa
nel florovivaismo.
Parallelamente per quanto riguarda la valorizzazione
delle risorse idriche superficiali, l’Arsia è stata coinvolta
nell’iniziativa promossa dalla Direzione dello sviluppo
economico della Regione Toscana per la ricognizione
dello stato di manutenzione e di funzionalità dei laghetti
collinari sparsi sul territorio regionale, allo scopo di verificare la possibilità di potenziare le dotazioni idriche
disponibili per fronteggiare eventuali situazioni di emergenza. Nel 2004 l’Agenzia ha portato a termine la realizzazione di un archivio informatizzato relativo alle caratteristiche degli Invasi idrici a prevalente uso agricolo,
con il quale sono stati organizzati i dati rilevati a seguito
di un’indagine svolta sul territorio regionale.
La gravità della situazione degli approvvigionamenti
idrici è però così critica da richiedere ulteriori interventi
sul piano tecnico, per indirizzare l’utenza agricola verso
un maggiore utilizzo di tecnologie che consentano un’effettiva razionalizzazione dei prelievi, soprattutto nelle
aree dove la concomitante presenza di più attività produttive idroesigenti determina una reale difficoltà negli
approvvigionamenti.
In tal senso la rilevanza della problematica ha sollecitato la necessità di attivare un nuovo progetto di ricerca
per ottimizzare gli impieghi e contenere gli sprechi nel
settore agricolo, sulla base di una accurata valutazione
dei prelievi per uso irriguo; il progetto, dal titolo “Razionalizzazione degli impieghi irrigui per la gestione sostenibile delle risorse idriche regionali “ è stato avviato nel
corso del 2004. Obiettivo del progetto (di durata triennale) è quello di individuare e diffondere presso le aziende
irrigue toscane ulteriori strumenti per il risparmio idrico,
mirati al miglioramento dell’irrigazione. Partendo dall’acquisizione in alcune importanti aree irrigue toscane
(Pianura Grossetana, Val di Cornia, Val di Chiana e Val
di Cecina) di un quadro conoscitivo sui prelievi idrici effettuati a livello aziendale per i diversi sistemi colturali,
il progetto vuole mettere a fuoco i principali fattori di
inefficienza che caratterizzano la distribuzione irrigua e
collaudare strategie gestionali che inducano una razionalizzazione dell’uso dell’acqua.
Allo stesso tempo, in relazione all’interesse suscitato
presso tecnici e agricoltori dal software “Ve.Pro.L.G.”, il
supporto informatico sopra ricordato per il miglioramento del funzionamento degli impianti di irrigazione a goccia, l’Arsia sta continuando con la collaborazione del Laboratorio Nazionale dell’irrigazione la valutazione funzionale di nuovi sistemi di irrigazione a goccia, per la
realizzazione di ulteriori supporti decisionali alla gestione impiantisitica dell’irrigazione aziendale, da applicare
in diversi indirizzi produttivi.
Per quanto riguarda l’elaborazione di supporti per la
consulenza aziendale relativa ai volumi e ai tempi di intervento, settore di attività nell’ambito del quale l’Arsia
lavora da oltre 10 anni, l’Agenzia nel 2004 ha deciso di
avviare un aggiornamento del Servizio all’irrigazione,
integrandolo nel portale AgroAmbiente.info, allo scopo
di migliorare la gestione del sistema, consentire la possibilità di memorizzazione dei dati storici e mettere a punto i dati agronomici.
Infine è opportuno segnalare che, nell’ambito del Progetto Interregionale “Monitoraggio dei Sistemi Irrigui”,
promosso dal Ministero delle Politiche Agricole sopra ricordato, l’Agenzia sta svolgendo il ruolo di coordinamento tecnico dell’iniziativa, in stretto rapporto con la
Direzione dello Sviluppo Economico della Regione Toscana.
3.6 Le politiche nel settore
pesca e acquacoltura
Oltre alla legislazione internazionale in materia, la gestione del comparto pesca e acquacoltura risulta articolata e coordinata a livello comunitario, nazionale e regionale, cui si aggiungerà nel prossimo futuro un maggior
coinvolgimento delle specifiche realtà territoriali, a seguito della previsione, nella proposta del nuovo Fondo,
di azioni a sostegno dello sviluppo sostenibile delle zone
146
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
di pesca costiere attuate in una determinata zona da un
gruppo di partner locali (Gruppi di Azione Costiera –
GAC).
È necessario sottolineare la duplice appartenenza dell’Italia a differenti realtà geopolitiche: da un lato il paese, in qualità di membro dell’Unione Europea, è parte
dell’insieme di regole stabilite a livello comunitario, dall’altro appartiene ad un complesso sistema di rapporti internazionali che coinvolgono gli stati rivieraschi del Bacino del Mediterraneo. Se la politica comunitaria nel settore della pesca ha posto al centro delle proprie preoccupazioni soprattutto i problemi di sostenibilità collegati
alle attività che si svolgono nel Mar Baltico e nel Mar del
Nord, risulta trascurata la definizione di regole specifiche da applicare nel Mediterraneo, data anche la parziale incompletezza dei dati scientifici disponibili, sebbene
ne siano contestualmente riconosciute le caratteristiche
proprie e le peculiarità, quali le dimensioni limitate della piattaforma continentale, la presenza di stock condivisi, la caratteristica artigianale della struttura produttiva e
la concorrenza della pesca con altre attività
La Politica Comune della Pesca (Pcp), che si interessa
della dimensione biologica, economica e sociale del
comparto, consta di quattro componenti principali: la politica di conservazione degli stock ittici e di controllo, la
politica strutturale (navi, attrezzature portuarie e impianti di trasformazione del pescato), la politica commerciale tramite le organizzazioni comuni di mercato e la politica esterna. La Pcp, iniziata fin dagli anni ‘70, è stata
strutturata, secondo le attuali linee guida a partire dal
1983, con l’Accordo del Consiglio del gennaio 1983, che
comprende l’istituzione di un regime comunitario di conservazione e di gestione delle risorse ittiche, con l’introduzione di un sistema di contingenti massimi (Total Allowable Catches - Tac) e una dichiarazione di intenti per
la predisposizione di una politica delle strutture nel settore della pesca.
I fondi stanziati dalla Comunità a favore dei vari rami
del settore alieutico sono stati riuniti nello Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (Sfop), cui sono
state affiancate le misure socioeconomiche e l’Iniziativa
Comunitaria Pesca, destinata alle regioni dipendenti dalla pesca e che ha consentito di usufruire anche degli altri fondi strutturali. L’originalità dell’IC Pesca, operativa
dal 1994 al 1999, risiede nella promozione di progetti
molto mirati, per aiutare il settore a portare a termine il
processo di mutazione in atto e per diversificare il tessuto socioeconomico delle zone litoranee. Ulteriori misure
provenienti dai programmi obiettivo 1, 2 e 5b hanno sostenuto, direttamente o indirettamente, il settore e le zone cosiddette dipendenti dalla pesca. Nel nuovo obiettivo 2 per il periodo 2000-2006 ricadono anche le zone dipendenti dalla pesca che si trovano in una situazione di
crisi
Lo SFOP finanzia misure strutturali nel comparto della
pesca, della trasformazione e della commercializzazione
dei prodotti ittici e dell’acquacoltura, la creazione di zone marine protette lungo le coste e le attrezzature dei porti di pesca, nonché misure connesse alla promozione e alla ricerca di nuovi mercati. Mediante la previsione di
Programmi di Orientamento Pluriennali (Pop) si pianifica l’evoluzione della flotta peschereccia di ciascuno Stato membro, stabilendone le condizioni. Per fissare gli
obiettivi di ciascun POP vengono commissionati studi
scientifici in modo da valutare l’evoluzione dei principali stock e stabilire in che misura lo sforzo di pesca debba
essere ridotto.
A seguito della presentazione da parte della Commissione Europea, nel marzo 2001, del Libro verde sul futuro della Pcp è entrata in vigore nel gennaio 2003 una
nuova politica della pesca, in relazione alle misure di
conservazione e alle misure strutturali. I principali cambiamenti intervenuti riguardano: la fissazione di obiettivi a lungo termine per ridurre l’eccessivo sfruttamento
degli stock ittici mediante la previsione di piani pluriennali di ricostituzione e gestione degli stock, la riduzione
del sostegno pubblico a favore dell’ammodernamento
della flotta, il miglioramento della omogeneità tra gli stati membri del sistema dei controlli, il maggior coinvolgimento degli operatori del settore, ai fini del rispetto delle misure di conservazione adottate, mediante la previsione di Consigli Consultivi Regionali (Regional Advisory Councils - Racs). Nell’ambito dei piani di azione,
strategie e comunicazioni elaborate nel quadro del processo di riforma, si ricorda il Piano di azione comunitario per la pesca nel Mediterraneo e la proposta del nuovo regolamento comunitario relativo alle misure di gestione delle risorse nel Mediterraneo (taglie minime, pesche speciali, caratteristiche tecniche degli attrezzi), che
però non hanno avuto seguito a causa di un generalizzato dissenso sia a livello di organismi comunitari che di
stati membri. Attualmente è in fase di negoziazione un
nuovo documento informale, che esplora opzioni alternative e possibili integrazioni alla precedente proposta di
regolamento, sul quale è stato raggiunto un accordo fra
Commissione europea e Parlamento UE. I punti di accordo che sono stati individuati riguardano temi centrali,
quali la dimensione delle maglie, le reti a traino, la taglia
minima di alcune specie, le regole per l’attività svolta in
prossimità delle aree protette, mentre la pesca del pesce
spada viene rinviata ad un accordo multilaterale in sede
di International Commission for the Conservation of
Atlantic Tunas (Iccat).
In sostituzione dell’attuale Sfop, nel corso del 2004, è
stato proposto un nuovo Fondo Europeo per la Pesca
(Fep), quale strumento di programmazione nell’ambito
delle prospettive finanziarie dell’Ue per il periodo 20072013, con una dotazione complessiva di quasi 5 miliardi
di euro, di cui circa tre quarti saranno assegnati alle regioni più svantaggiate e dei nuovi Stati membri, vale a
147
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
dire le regioni che rientrano nel nuovo obiettivo “convergenza”.
Nell’ambito del quadro normativo nazionale assume
particolare rilievo la legge n. 41/1982, con la quale si delinea un vero e proprio piano per la razionalizzazione e
lo sviluppo del settore, con riferimento all’intero comparto, incluse, quindi, tutte le attività di filiera (la legge è
stata successivamente e ripetutamente modificata, fino
ad essere abrogata a seguito della emanazione del decreto legislativo n. 154/2004). Diretta emanazione della legge è il Piano Triennale, da cui il settore trae le disponibilità per la programmazione e la gestione delle misure di
sviluppo e di razionalizzazione.
In attuazione della legge delega n. 38/2003, il quadro
nazionale risulta ampiamente modificato, con il varo, nel
maggio 2004, dei due decreti legislativi che hanno abrogato parte della normativa in materia. In dettaglio, il decreto legislativo n. 153/2004 è finalizzato a razionalizzare la disciplina e rendere più efficace il sistema dei controlli sulla pesca marittima. Ben più articolato risulta, invece, il decreto legislativo n. 154/2004 che interviene su
una ampia gamma di questioni, tra le quali: i contenuti e
le modalità di approvazione del programma nazionale per
il settore; l’istituzione del tavolo azzurro, sede di confronto tra Ministero, associazioni e regioni; la revisione
dei comitati ministeriali; la definizione di imprenditore ittico e delle attività connesse; la semplificazione dei presupposti e delle finalità del fondo di solidarietà nazionale
della pesca e dell’acquacoltura; le misure di conservazione e gestione delle risorse; la comunicazione istituzionale, la promozione della cooperazione, dell’associazionismo e delle attività a favore dei lavoratori dipendenti.
Risulta in fase di definizione il I Programma Triennale, articolato in base alle disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 154/2004 e contenente la relazione
sullo stato del settore, gli obiettivi relativi al periodo di
programmazione e la ripartizione degli stanziamenti di
bilancio. Il provvedimento stralcio per l’annualità 2005
si avvale di uno stanziamento di 49 milioni di euro, finalizzati soprattutto al finanziamento di azioni e strumenti
innovativi, quali le misure di tutela e valorizzazione, lo
sviluppo di opportunità occupazionali, la formazione e la
riqualificazione.
Nell’ambito della politica strutturale, gli interventi
previsti dallo Strumento Finanziario di Orientamento
della Pesca (Sfop) sono stati attuati nel territorio della
regione toscana, come per tutte le regioni fuori obiettivo
1, mediante la previsione di un sotto-programma regionale nell’ambito di un Documento Unico di programmazione redatto a livello nazionale (Docup). Il sottoprogramma regionale prevede interventi in favore dell’acquacoltura, della trasformazione e commercializzazione, dei porti di pesca, di barriere sottomarine e della
pesca professionale in acque interne. Sono, inoltre, finanziate azioni promozionali, innovative e realizzate
dagli operatori del settore. Vengono, infine, concessi
premi per progetti collettivi realizzati dalle imprese che
praticano la piccola pesca costiera. Rientrano nella competenza nazionale e, pertanto, sono gestiti dal Mipaf gli
interventi relativi alla flotta, le misure socio-economiche, le misure biologiche di conservazione delle risorse
(arresto temporaneo).
Per dare attuazione allo Sfop e in particolare alle misure di competenza regionale è stato approvato il sotto-
Monitoraggio finanziario Docup 2000/2006 Regione Toscana al 31 marzo 2005
Migliaia euro
Misura
3.1 - Protezione e sviluppo
risorse acquatiche
3.2 - Acquacoltura
3.3 - Attrezzature porti di pesca
3.4 - Trasformazione
e commercializzazione
3.5 - Pesca acque interne
4.1 - Piccola pesca costiera
4.3 - Promozione
4.4 - Azioni realizzate
dagli operatori
4.6 - Misure innovanti
5.1 - Assistenza tecnica
Totale
Costo totale
Impegni
Pagamenti
Totale Quota Fondo di Quota Quota Totale Quota Fondo di Quota Quota
UE Rotazione Regione privati
UE Rotazione Regione privati
200
7.280
1.270
5.350
1.380
810
540
940
400
400
170
3.200 2.700
280 1.330
400
520
470
380
200
160
1.620
270
8.500
220
900
720
5.440
100
510
320
820
220
160
950
30
160
90
410
10
70
70
3.260 2.800
60
40
60
300
220
420
150
110
490
10
110
60
210
50
50
1.680
20
-
1.690
250
180
21.210
760
150
100
14.110
230
70
50
2.900
190
50
30
2.840
80
20
10
1.250
250 1.810
970
110
60
90
40
7.110 9.390 2.680
680
40
30
2.270
160
20
10
860
3.580
Fonte: Regione Toscana
148
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Domande presentate e finanziate
Domande presentate
Domande finanziate
Domande in corso di esecuzione
Domande collaudate
Domande finanziate/Domande presentate (%)
3.1
3
0
0
0
0,0
3.2
32
15
13
4
46,9
3.3
5
3
1
2
60,0
3.4
28
8
5
2
28,6
3.5
7
4
4
0
57,1
4.1
47
6
7
1
12,8
4.3
5
3
4
1
60,0
4.4
42
9
8
3
21,4
4.6
16
6
2
4
37,5
Totale
185
54
44
17
29,2
Fonte: Regione Toscana
programma regionale e il modello di bando (con la modalità del bando unico per l’intero periodo di programmazione), cui ha fatto seguito il Complemento di programmazione regionale, che specifica le azioni e individua gli organismi responsabili della gestione (Settore
produzioni agricole zootecniche della Regione Toscana)
e dei pagamenti (Artea).
Il programma regionale prevedeva 9,8 milioni di euro
di finanziamento pubblico a fronte di investimenti pari a
19,7 milioni di euro; a seguito dell’assegnazione della
quota di premialità della Ue, conseguita grazie al raggiungimento di standard finanziari, il contributo pubblico si è assestato su 10,6 milioni di euro per un totale di
investimenti di 21,2 milioni di euro.
di acquacoltura, la concertazione con le province e le
associazioni di categoria e la consultazione delle istituzioni della ricerca scientifica e delle proprie agenzie, il
supporto all’autonoma iniziativa delle associazioni di
categoria per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà. La legge
stanzia, per il primo triennio di programmazione, risorse pari a circa 4,4 milioni di euro, che saranno finalizzate a dare attuazione ai piani di intervento nel settore
predisposti dalle Province, nei limiti delle risorse loro
destinate a livello regionale e redatti in armonia con gli
indirizzi impartiti dal programma regionale per la pesca
e l’acquacoltura. Il programma degli interventi a sostegno della pesca e dell’acquacoltura è riconducibile alle
seguenti linee:
- monitoraggio e identificazione dei fabbisogni di innovazione e di sviluppo del settore,
- ricerca, sperimentazione, sviluppo tecnologico e divulgazione,
- diversificazione delle produzioni e qualificazione dei
consumi alimentari ittici,
- miglioramento delle condizioni di lavoro, igiene e sicurezza ,
- miglioramento qualità dei prodotti,
- ristrutturazione, ammodernamento e rinnovo della
flotta, abbandono definitivo e riconversione delle attività
di pesca e interventi di ristrutturazione, ammodernamento e rinnovo degli impianti di acquicoltura,
- ammodernamento, razionalizzazione e nuova realizzazione di strutture ed infrastrutture di servizio, con particolare riguardo alla trasformazione e commercializzazione delle produzioni locali,
- sviluppo piccola pesca costiera,
- incentivazione attività di pesca-turismo e ittiturismo,
- assistenza e consulenza rivolte alle imprese di pesca
e agli operatori del settore,
- formazione professionale,
- contributi a parziale a copertura dei danni a seguito
di calamità naturali o di avversità meteomarine ovvero
ecologiche di carattere eccezionale,
- sostegno alla stipula di Convenzioni tra soggetti pubblici e le associazioni di categoria o le strutture che ne
siano unitaria espressione o consorzi rappresentativi delle locali imprese di pesca,
Imbarcazioni demolite
e ammodernamenti
Dati al 31.12.2004
TSL
KW
GT
Misura 1.1 - Demolizione
Toscana
1.176
8.141 1.242
Regioni fuori Obiettivo 1
7.138 45.583 7.702
Misura 2.2 - Ammodernamenti
Toscana
169
1.167
212
Regioni fuori Obiettivo 1
2.405 17.914 3.116
LFT
706
4.730
94
1.482
Fonte: Mipaf
A seguito della riforma del titolo V della costituzione
che attribuisce alle Regioni competenze in materia di
pesca marittima professionale, il Consiglio Regionale
della Toscana ha approvato una propria legge, attualmente in fase di notifica alla Commissione Europea per
la verifica della compatibilità delle norme in materia di
aiuti di Stato e che verrà promulgata a seguito della
conclusione dell’iter legislativo. La nuova legge disciplina le attività di pesca marittima e gli interventi a sostegno della pesca marittima e dell’acquacoltura ed è finalizzata a realizzare le politiche che si ispirano ai principi di sostenibilità e responsabilità nei confronti dell’ambiente e dei consumatori, mediante il sostegno
prioritario alle produzioni sicure e di qualità, l’incentivazione della multifunzionalità delle imprese di pesca e
149
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Piano regionale legge n. 164/1998
e interventi VI Piano triennale
a gestione regionale
- studi e ricerche (risorse biologiche, sostenibilità del
prelievo, gestione risorse, salubrità prodotti, trasformazione e commercializzazione, sicurezza a bordo innovazione aziendale).
È stata inoltre emanata la legge regionale n. 7 del 3
gennaio 2005 per la gestione delle risorse ittiche e la regolamentazione della pesca nelle acque interne. Nel rispetto dei principi di tutela e salvaguardia degli ecosistemi acquatici, la legge disciplina i prelievi di fauna ittica
mediante l’attività di pesca, con l’obiettivo di conservazione, incremento e riequilibrio delle popolazioni ittiche,
per assicurarne la corretta fruibilità
In base alla legge n. 33/2000, che disciplina gli interventi per lo sviluppo dell’acquacoltura e per i relativi impianti, nel periodo ottobre 2000-dicembre 2004 sono stati promossi dall’Arsia 29 interventi, che possono essere
ricondotti alle seguenti quattro diverse tipologie:
- salvaguardia ambientale per l’adeguamento tecnologico delle aziende ittiche finalizzato alla riduzione dell’impatto ambientale,
- innovazione tecnologica e diversificazione delle produzioni per l’individuazione di nuove tecnologie necessarie alla riduzione dei costi del processo produttive e
per l’inserimento di nuove specie ittiche idonee all’acquacoltura toscana,
- qualità delle produzioni per rafforzare le potenzialità
competitive dei prodotti ittici della Regione Toscana,
- attività trasversali di supporto e consulenza specialistica alle iniziative di ricerca e sperimentazione in acquacoltura e per la promozione delle produzioni ittiche
regionali attraverso anche azioni di assistenza tecnica
specialistica.
000 euro
Acquacoltura di acqua dolce
- Contributi impianti di avannotteria ripopolamento
- Contributi valorizzazione prodotti ittici acque dolci
- Cofinanziamento indagine farmaci innovativi
Polizze assicurative
Accordi di programma/Convenzioni
- Servizi di formazione e divulgazione
- Servizi di assistenza e consulenza alle imprese
- Tracciabilità del prodotto ittici
- Approdi di pesca
- Intese con il Parco dell’Arcipelago Toscano
- Pescaturismo
3.7 Agricoltura e ambiente:
le politiche
3.7.1 La conservazione della biodiversità
La biodiversità vegetale e animale deve essere mantenuta e difesa dai rischi che derivano da un uso poco corretto delle risorse naturali, dall’inquinamento degli ecosistemi e dall’affermarsi di un modello di agricoltura
estremamente intensivizzato. Per questo motivo la tutela
della biodiversità costituisce un’area d’azione prioritaria
all’interno delle politiche ambientali intraprese dalla Regione Toscana, che occupa una posizione di rilievo in
campo nazionale.
Per quanto riguarda la conservazione della natura le
azioni intraprese sono sempre più orientate alla difesa
degli habitat, attraverso un processo continuo di aggiornamento e implementazione del programma regionale di
istituzione e gestione di parchi e aree protette, che allo
stato attuale costituiscono un sistema che interessa il
10% del territorio regionale. Inoltre maggiori risorse finanziarie pubbliche sono state destinate agli interventi
nelle aree protette, considerate un importante strumento
di riequilibrio economico e sociale soprattutto nelle aree
marginali e in quelle economicamente critiche. Ad oggi
sono presenti 156 siti di importanza regionale, ovvero
aree da proteggere per la difesa delle specie e degli habitat a rischio di estinzione, individuati sulla base delle
normative comunitarie e riconosciuti in parte come Siti
di importanza comunitaria e in parte come Zone di protezione speciale.
Per quanto riguarda, invece, la conservazione del germoplasma regionale, la legge regionale n. 64 del 16 novembre 2004 sulla “Tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario zootecni-
Impiego risorse finanziarie Lr n. 33/2000
2000-2004
Salvaguardia ambientale
Innovazione tecnologica
Qualità delle produzioni
Attività trasversali
Totale
Progetti
n.
7
17
3
2
29
361
127
204
30
112
1.346
187
275
166
166
166
386
Somme impegnate
000 euro
389
850
122
630
1.991
Infine, la Delibera di Giunta n. 168/2004 detta modalità attuative degli interventi previsti:
- dalla legge n. 164/1998, recante misure in materia di
pesca e acquacoltura, che destina risorse a favore dell’acquacoltura di acqua dolce, per un totale di risorse
pubbliche disponibili di 361.200 euro
- dal VI Piano nazionale della pesca e dell’acquacoltura 2000-2002,
- dal I Piano regionale della pesca e dell’acquacoltura.
150
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
co e forestale” definisce le modalità di conservazione del
germoplasma in situ ed ex situ attraverso due principali
strumenti, entrambi gestiti e coordinati da ARSIA, che sono la Banca Regionale del Germoplasma e l’elenco dei
Coltivatori Custodi. Sulla base della legge tutte le risorse genetiche iscritte nei repertori regionali confluiscono
nella Banca regionale del germoplasma, che attualmente
conserva una collezione di 452 accessioni di specie erbacee, costituita da varietà, ecotipi, e popolazioni autoctone di specie cerealicole, foraggere e in prevalenza ortive. Inoltre per la conservazione e sicurezza delle risorse
genetiche è istituita una rete di cui fanno parte i Coltivatori Custodi, che provvedono alla conservazione in situ
delle risorse genetiche a rischio di estinzione iscritte nei
registri. Nella scelta dei coltivatori custodi sono favoriti
i membri delle comunità locali tradizionalmente impegnate nella conservazione delle risorse genetiche toscane
o chi abbia provveduto alla loro riscoperta. Inoltre, a scopo di garantire una più ampia conoscenza e informazione dei cittadini riguardo a prodotti ottenuti da varietà locali o a rischio di estinzione, è stato istituito un contrassegno regionale, che identifica i prodotti costituiti, contenenti o derivati da materiali iscritti nel repertorio, concesso da ARSIA ad aziende agricole che producono e trasformano direttamente in azienda secondo il metodo biologico.
Per concludere è necessario sottolineare che l’esistenza degli agricoltori custodi è uno strumento fondamentale per recuperare vecchie varietà e razze locali, che rischiano di scomparire a causa dell’abbandono progressivo a vantaggio di varietà più competitive in termini di resa e gestione dei parassiti e delle infestanti. Inoltre, il recupero di queste varietà può contribuire alla valorizzazione dell’agricoltura locale, sia per le caratteristiche
qualitative superiori, sia per l’enfasi sul legame con il
territorio.
da rispettare, raggruppati in quattro campi di condizionalità, cioè settori omogenei:
1. Ambiente;
2. Sanità pubblica;
3. Igiene e benessere degli animali;
4. Buone condizioni agronomiche e ambientali.
Per quanto riguarda l’entrata in vigore dei criteri di gestione obbligatori e delle buone condizioni agronomiche
e ambientali sono state fissate delle scadenze temporali a
partire dal 1° gennaio 2005. Inoltre, per l’anno 2005 l’elenco completo degli atti e delle norme è stato inserito
nel decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 13 dicembre 2004, in attuazione dell’articolo 5 del
decreto 5 agosto 2004, recante disposizioni per l’attuazione della riforma della PAC e integrato dal decreto del
15 marzo 2005. Sulla base delle disposizioni approvate
con lo stesso decreto 13 dicembre 2004 le Regioni e le
Province Autonome possono, con i propri provvedimenti, dettagliare ulteriormente l’elenco degli impegni di
condizionalità per adattarli alle caratteristiche del proprio terreno, altrimenti, in assenza di tali adattamenti,
applicano le disposizioni regionali.
All’interno dell’elenco degli atti obbligatori dal 1°
gennaio 2005 è presente, come atto A4, la direttiva
91/676/Cee, relativa alla “Protezione delle acque dall’inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti
agricole”. Gli impegni di tale atto si applicano agli agricoltori i cui terreni ricadono nelle aree definite “vulnerabili ai nitrati”. Qualora l’agricoltore non sia informato se
i terreni aziendali ricadano o meno in un’area vulnerabile, può consultare l’organismo pagatore competente, avvalendosi dei centri di competenza agricola presenti sul
territorio o la Regione o Provincia Autonoma di competenza e il relativo sito internet. Gli impegni di gestione
aziendale che l’agricoltore deve rispettare vengono stabiliti a livello regionale, in maniera specifica per ciascuna area vulnerabile in funzione dei piani d’azione adottati. Ad oggi la Toscana non fa parte delle Regioni che
hanno disciplinato la norma per la condizionalità relativa
ai nitrati. In ogni caso l’agricoltore deve rispettare, anche
in assenza di provvedimenti definiti a livello regionale,
le norme del codice di buona pratica agricola nazionale
sui nitrati e le norme per il mantenimento dei terreni in
buone condizioni agronomiche ed ambientali, che concorrono al contenimento dei fenomeni di trasporto dei
nutrienti attraverso l’acqua. Sono, inoltre, previsti impegni aggiuntivi per gli agricoltori di aziende con allevamenti di animali.
Nonostante manchino provvedimenti per l’applicazione della direttiva nitrati, con l’adozione del Piano di Tutela delle Acque, la Toscana ha formalmente attivato il
processo per l’identificazione delle zone vulnerabili da
nitrati da fonti agricole, secondo i termini dettati dalla direttiva e attuati dal Dlgs n. 152/99 e successive modificazioni ed integrazioni. Le zone definite come vulnera-
3.7.2 L’eco-condizionalità e le zone vulnerabili
ai nitrati di origine agricola
La riforma della Pac del 2003 ha introdotto il principio
dell’eco-condizionalità, che coinvolge tutti gli agricoltori che dal 1° gennaio 2005 intendano beneficiare dei finanziamenti messi a disposizione dall’Ue. L’accesso a
tali finanziamenti è infatti subordinato al rispetto di una
serie di obblighi suddivisi in due categorie:
- i criteri di gestione obbligatori (Cgo), ossia disposizioni di legge o “atti” già in vigore, derivanti dall’applicazione nazionale di corrispondenti disposizioni comunitarie;
- le buone condizioni agronomiche e ambientali
(Bcaa), norme stabilite a livello nazionale per raggiungere gli obiettivi prioritari fissati dall’Ue.
In questo modo un agricoltore che intenda accedere ai
finanziamenti europei deve scrivere una dichiarazione di
intenti in fase di domanda, in cui sottoscrive gli impegni
151
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
bili da nitrati dalla Regione Toscana con deliberazione
del 25 gennaio 2005 n. 6 sono le seguenti:
- Val di Chiana (Bacino dell’Arno) per l’intero acquifero significativo, nel bacino del fiume Arno, individuata con Dcrt n. 28 del 5 aprile 2004. Infatti, il quadro ambientale che è emerso dalle analisi dell’Arpat degli ultimi 2 anni (2003-2004) è caratterizzato da ampie porzioni dell’acquifero della Val di Chiana contaminate da concentrazioni maggiori di 50 mg/L ed altre porzioni con valori critici maggiori di 25 mg/L. Le acque superficiali del
Canale Maestro della Chiana, Esse e Foenna presentano,
invece, condizioni critiche con qualità appena sufficiente e sono, quindi, lontane dall’obiettivo previsto dalla
normativa comunitaria previsto per il 2016. Infine le acque dei laghi di Chiusi e Montepulciano sono in condizioni pessime tali che il loro bacino drenante deve essere considerato zona vulnerabile, indipendentemente dalle condizioni delle acque sotterranee. In conclusione il
corpo idrico significativo della Val di Chiana è da considerarsi già vulnerato per quanto riguarda le acque sotterranee, sia la falda superficiale che quella profonda, con
alti valori di nitrati che sono stati riscontrati già a partire
dagli anni ’90.
- Lago di Massaciuccoli (Bacino del Serchio), individuato come zona vulnerabile da nitrati con Dcrt dell’8
ottobre 2003, n. 172. I maggiori fattori responsabili dell’inquinamento del lago sono l’impatto dell’agricoltura,
estesa per oltre 3.000 ha coltivati principalmente a mais
e causa di carico diffuso di nutrienti ed altre sostanze, e
lo scarico di acque reflue urbane dal comune di Massarosa.
- Zona costiera fra Rosignano Marittimo e Castagneto
Carducci (Bacino Toscana Costa), individuato come zona vulnerabile da nitrati con Dcrt dell’8 ottobre 2003, n.
170. In questo caso la falda freatica è caratterizzata da
elevata vulnerabilità a causa dei terreni di copertura dell’acquifero che sono praticamente inesistenti, che è motivo di una diffusa e preoccupante contaminazione delle
acque sotterranee da nitrati, sia per le attività agricole e
zootecniche, sia per i reflui domestici. Esistono zone in
cui la concentrazione di nitrati supera la soglia dei 50
mg/L, precisamente Vada, San Pietro in Palazzi e l’area
nei pressi di Donoratico, con rischio di aumento a causa
della diminuzione di acqua nelle falde in conseguenza
della riduzione delle piogge e dell’aumento di consumi
idrici. Inoltre, nell’area di interesse fra Cecina e Rosignano esiste una condizione di sfruttamento totale della
risorsa acqua tale che la capacità di ricarica della falda
freatica in rapporto alle condizioni climatiche e ai continui prelievi risulta assai scarsa.
Tra gli agricoltori esiste una certa preoccupazione riguardo all’imposizione di misure restrittive per l’applicazione della condizionalità ambientale, tuttavia l’inserimento dell’azienda all’interno di un’area definita “vulnerabile” potrebbe rappresentare un’occasione per migliorare le tecniche produttive dal punto di vista dell’impatto ambientale ed ottenere una maggiore valorizzazione dei prodotti.
3.7.3 Il Piano Regionale di Azione Ambientale 20042006, le criticità dell’agricoltura ed il premio
“Toscana ecoefficiente”
Il Piano Regionale di Azione Ambientale (Praa) è stato approvato dal consiglio regionale con delibera n. 29
del 2 marzo 2004. Il Piano recepisce gli indirizzi dei piani approvati a livello nazionale, europeo ed internazionale ed ha come obiettivo l’orientamento dei comportamenti delle imprese verso l’ecoefficienza, intesa come
integrazione delle politiche ambientali nelle politiche
economiche e territoriali. Per l’attuazione del piano assume importanza centrale la governance, cioè una forte
integrazione fra strumenti di programmazione e di pianificazione, aree di intervento e soggetti pubblici e privati,
con coinvolgimento dei singoli cittadini, delle imprese e
delle pubbliche istituzioni. L’importanza della governance come strumento è giustificata dal fatto che gli interventi in materia ambientale, per prevenire e ridurre per
quanto possibile l’inquinamento, necessitano di agire all’origine dei fenomeni di consumo e di degrado ambientale e di promuovere la gestione accurata delle risorse
naturali. Un approccio del genere chiama, quindi, in causa abitudini e stili di vita che coinvolgono modalità di
trasporto e consumi delle famiglie, nonché modalità di
produzione e tecnologie adottate dalle imprese.
Oltre ad i macrobiettivi relativi a quattro aree di azione (cambiamenti climatici, natura e biodiversità, ambiente, salute e qualità della vita, uso delle risorse naturali e gestione dei rifiuti) e agli obiettivi settoriali, vengono definiti gli obiettivi prioritari di ripristino ambientale, da conseguire a livello locale, per le zone di criti-
Monitoraggio dei pozzi in provincia di Arezzo
1990-1995
Area
Cortona
Val di Chiana (esclusa Cortona)
N° pozzi indagati
121
118
Pozzi con valori non critici
0-25 mg/L
51,40%
52,40%
Fonte: Arpat
152
Pozzi con valori critici
25-50 mg/L 50-100mg/L >100 mg/L
19,80%
23,10%
5,70%
27,90%
19,50%
5%
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
cità ambientale, ossia quegli ambiti territoriali in cui
uno o più fattori di crisi ambientale richiedono interventi fortemente contestualizzati e capaci di integrare le diverse politiche ambientali e di settore. Allo stato attuale
sono state definite 24 zone di criticità ambientale, suddivise in quattro tipologie, da cui resta esclusa l’area fiorentina, costituente una tipologia a sé stante per la sua
specificità di area urbana ad alto tasso di inquinamento
atmosferico.
Le altre 23 aree sono classificate in base a quattro tipologie:
- Impatti di processi produttivi;
- Lavori di grande infrastrutturazione;
- Siti da bonificare;
- Tutela dei valori naturalistici.
Le zone di criticità ambientale in cui l’agricoltura riveste un ruolo primario nella produzione di impatti sono
le seguenti:
- Distretto del vivaismo e floricoltura di Pistoia;
- Val di Cornia;
- Padule di Fucecchio;
- Bacino del lago di Massaciuccoli.
Nel caso del distretto di Pistoia, le attività di vivaismo
e floricoltura impongono l’uso di macchinari, infrastrutture, risorse e tecniche colturali che incidono sul territorio agrario tradizionale, esercitando un pressione soprattutto sulle risorse suolo e acqua. Tali pressioni hanno come conseguenze la crisi idrica, estese trasformazioni del
territorio rurale e l’inquinamento da fitofarmaci delle acque superficiali e sotterranee. Per questo gli obiettivi di
tutela riguardanti la qualità e quantità dell’acqua, la limitazione al consumo e la difesa della fertilità del suolo,
prevedono una serie di azioni miranti all’implementazione di alternative all’uso di fitofarmaci e alla reintegrazione del suolo asportato nelle coltivazioni in pieno campo.
La Val di Cornia rappresenta, invece, una delle aree toscane più critiche dal punto di vista ambientale a causa
principalmente dell’aumento di attività dell’industria siderurgica, dell’agricoltura intensiva e del turismo costie-
ro, in un contesto ambientale caratterizzato da un delicato equilibrio fluviale-lacustre-marino. In questo caso le
problematiche da risolvere sono il sovrasfruttamento della falda accompagnato dall’avanzamento del cuneo salino, il deficit del bilancio idrico, l’impatto delle attività
estrattive, l’inquinamento atmosferico ed il rischio industriale.
Per quanto riguarda il Padule di Fucecchio, l’impatto
ambientale è legato alla forte attività vivaistica, floricola
e agricola ad elevato carico inquinante, mentre nel Bacino del lago di Massaciuccoli l’attività agricola è causa di
carico diffuso di nutrienti e altre sostanze insieme allo
scarico di acque reflue urbane dal comune di Massarosa.
La soluzione di questa serie di problematiche attraverso il Piano di Azione Ambientale dovrebbe essere apportata integrando in maniera organica le diverse politiche
in materia ambientale e cercando soluzioni adatte alla
realtà operativa degli agricoltori, senza creare situazioni
troppo onerose dal punto di vista dell’adeguamento strutturale.
Per concludere questa breve panoramica sulle iniziative della Regione Toscana in tema di ambiente, è opportuno far riferimento al premio “Toscana ecoefficiente”, istituito nel 2005 per promuovere comportamenti ecocompatibili e la diffusione della conoscenza
di buone pratiche ambientali e della ricerca per l’innovazione ambientale. Il premio è rivolto alle imprese
produttrici di beni e servizi, liberi professionisti, singoli cittadini, scuole, pubbliche amministrazioni ed
istituzioni scientifiche e tecniche pubbliche e private,
che abbiano già realizzato nei vari settori (acqua, energia, rifiuti, case e infrastrutture) innovazioni significative da riconoscere e premiare. A tutti i soggetti selezionati a cui saranno riconosciute buone pratiche ambientali la Regione assegnerà il logo regionale “Toscana ecoefficiente” mentre per i vincitori del premio di
eccellenza è prevista la realizzazione da parte della Regione di una campagna di comunicazione e promozione delle esperienze premiate.
Elenco delle zone di criticità ambientale
Impatti di processi produttivi
Distretto conciario
Distretto tessile
Distretto cartario
Vivaismo e floricoltura
Alpi Apuane
Livorno
Piombino
Alta e Bassa val di Cecina
Val di Cornia
Lavori di grande infrastrutturazione
Alta velocità (tratta)
Alta velocità ferroviaria (nodo di Firenze)
Variante di Valico
Ferrovia pontremolese (Lunigiana)
Fonte: Segnali Ambientali 2005
153
Siti da bonificare
Massa Carrara
Colline Metallifere
Amiata
Piana di Scarlino
Tutela dei valori naturalistici
Lago di Massaciuccoli
Padule di Fucecchio
Arcipelago Toscano
Laguna di Burano-Piana dell'Albegna
Laguna di Orbetello
Parco fluviale del fiume Arno
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
• Lo sviluppo dell’agricoltura e della zootecnia
arginare il fenomeno di abbandono dei sistemi di allevamento tradizionali sia con il finanziamento di specifiche
campagne promozionali di prodotti agricoli e zootecnici,
sia attraverso l’attivazione di vari finanziamenti ed incentivi specifici. Inoltre, svolge un ruolo importante anche per garantire il riconoscimento del plusvalore dei
prodotti di qualità ottenuti secondo metodi tradizionali e
sulla base di disciplinari riconosciuti ed approvati a livello nazionale ed europeo, che rispondono alle esigenze
del consumatore in termini di qualità. È questo il caso dei
marchi che garantiscono l’origine, la specificità e la tradizionalità di un prodotto, certificando il processo di produzione e trasformazione, come ad esempio l’indicazione geografica protetta (Igp) “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”, che in pochi anni ha conquistato
un’importante segmento di mercato, consentendo la permanenza degli allevatori sul territorio, con ricadute positive per la conservazione del patrimonio genetico ed il
presidio sul territorio.
biologica nelle aree di interesse naturalistico
La conservazione della natura è parte integrante del
programma di sviluppo rurale in Toscana. È stato, infatti,
approvato dalla Giunta Regionale, con la Dgr n. 1117 del
14 ottobre 2002, il “Progetto di sviluppo dell’agricoltura
biologica nelle aree protette e nei siti della rete ecologica
in Toscana 2002-2004”, come proseguimento di un progetto triennale già attuato nei tre parchi regionali, il cui
coordinamento tecnico generale è stato affidato all’ARSIA. Il progetto ha come obiettivo la salvaguardia, il mantenimento e lo sviluppo delle diversità ambientale, biologica e colturale nelle aree protette e nei siti della rete ecologica della regione e vede la zootecnia biologica come
elemento da valorizzare per la centralità che assume all’interno del ciclo della stessa produzione biologica. A tal
fine sono previste prove dimostrative presso aziende pubbliche con coinvolgimento di strutture universitarie per la
consulenza scientifica, in particolare per la fase di elaborazione dei dati raccolti e verifiche della compatibilità di
tecniche tradizionali di allevamento all’interno di un’area
protetta nei due parchi regionali Migliarino San Rossore
Massaciuccoli e della Maremma. Il progetto prevede,
inoltre, l’implementazione di azioni specifiche per la tutela e il miglioramento della diversità biologica, tra cui ad
esempio l’incentivazione dell’utilizzo delle aree di pascolo recuperate, per la zootecnia biologica e di qualità, in
tutto il territorio regionale.
L’importanza dell’implementazione di misure di salvaguardia e valorizzazione della zootecnia biologica, caratterizzata da tecniche di allevamento tradizionali e produzioni di qualità, deve essere vista alla luce del dualismo che caratterizza la zootecnia italiana allo stato attuale e che vede contrapporsi un’intensificazione produttiva sempre più spinta con produzioni animali realizzate
con sistemi industriali attraverso il concentramento delle
aziende e degli animali nelle aree di fondovalle di più facile comunicazione e sistemi estensivi tradizionali, basati su un ridotto carico di animali, modesto ricorso ai mezzi tecnici e industriali e prevalente utilizzazione delle risorse pascolive naturali, che si sono mantenuti soprattutto negli ambienti marginali e meno fertili. In tali aree
l’allevamento richiede notevoli sforzi a fronte di redditi
modesti. La Regione Toscana, muovendosi nell’ambito
degli orientamenti comunitari in materia di aiuti, cerca di
3.7.4 La Sperimentazione su Ogm
Il centro di sperimentazione previsto dalla Regione
Toscana è il Centro di Saggio Arsia di Cesa. Tuttavia la
normativa nazionale che consente l’emissione deliberata
nell’ambiente di OGM a scopo sperimentale, pur essendo
stata modificata con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 8 Luglio 2004 n. 224, in attuazione della direttiva
2001/18/Ce, ad oggi non è ancora applicabile, in quanto
non è stata nominata la commissione ministeriale per la
valutazione dei progetti e non sono stati approvati i disciplinari relativi ai protocolli per l’emissione in ambiente isolato di Ogm a scopo sperimentale. Pertanto la
vera e propria attività di sperimentazione Ogm del Centro di Saggio di Cesa non è ancora iniziata. Tuttavia nel
2004 è proseguita la sperimentazione avviata nel 2003 in
collaborazione con Cibiaci per la realizzazione di prove
su colture di mais in pieno campo, a scopo di simulare il
comportamento di colture transgeniche, eseguite con
materiali di propagazione controllati in laboratorio e rigorosamente non Ogm. Le prove sono state condotte
presso il Centro di Saggio e rientrano in un programma
nazionale di ricerca finanziato da Coop-Italia con l’obiettivo specifico di verificare la percentuale di inquinamento delle produzioni partendo da percentuali di semi
di piante spia, predefinite al momento della semina.
La Rete delle Regioni Europee Ogm-free
Nel febbraio 2005 è stato approvato a Firenze un documento che sancisce il diritto alla responsabilità locale sul
territorio in tema di Ogm, la Carta delle Regioni e delle Autorità locali d’Europa sulla coesistenza tra Ogm e colture convenzionali e biologiche. Alle prime 20 regioni firmatarie se ne sono aggiunte altre, per un totale attualmente
di 28 regioni europee, così costituite:
- Austria: Burgenland, Käernten, Oberösterreich, Salzburg, Steiermark;
154
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
- Francia: Aquitaine, Bretagne, Centre, Ile de France, Limousin, Midi-Pyrennes, Poitou-Charentes, Bourgogne;
- Germania: Schleswig-Holstein;
- Grecia: Drama-Kavala-Xanthi, Enae (Union of Prefecture Authorities of Greece);
- Italia: Bolzano, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria;
- Regno Unito: Highlands of Scotland, Wales;
- Spagna: Euskadi, Principado de Asturias;
alle quali dovrebbe aggiungersi, a breve, la regione francese Picardie.
I governi regionali si impegnano a definire strumenti di politica agricola regionale che prevedano una analisi ad
ampio spettro degli impatti degli Ogm; la redazione di piani di tutela delle colture convenzionali e biologiche con
la possibilità di dichiarare Ogm-free l’intero territorio regionale; il rilancio di una governance regionale del territorio in piena responsabilità.
Con la prospettiva di dover redigere i piani regionali di coesistenza tra agricoltura transgenica, convenzionale e
biologica, a seguito della elaborazione delle linee guida nazionali da parte del Comitato consultivo del Ministero
delle politiche agricole e forestali, le amministrazioni regionali diventano importante soggetto attuativo delle politiche relative alla coltivazione di Ogm. La Regione Toscana, considerato il continuo aumento delle Amministrazioni
locali che dichiarano il loro territorio Ogm-free, ha avviato una ricognizione dei Comuni/Comunità Montane/Province, che hanno avuto o che hanno la volontà di dichiararsi liberi da Ogm, in maniera da favorire la nascita di un
coordinamento fra gli Enti locali Ogm-free.
3.7.5 Il Protocollo di Kyoto: le implicazioni
per le imprese agricole
Il Protocollo di Kyoto è un patto tra governi raggiunto
nel 1997 durante la conferenza delle Nazioni Unite di
Kyoto, in Giappone. Secondo questo accordo internazionale i paesi industrializzati si impegnano a ridurre, per il
periodo 2008-2012, il totale delle emissioni di gas ad effetto serra almeno del 6,5% rispetto ai livelli del 1990. Il
Protocollo di Kyoto è stato aperto alla firma il 16 marzo
1998 con la clausola che sarebbe entrato in vigore dal novantesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55
Parti della Convenzione (tra le quali i paesi sviluppati le
cui emissioni totali di biossido di carbonio rappresentano almeno il 55% della quantità totale emessa nel 1990
da questo gruppo di paesi) lo abbiano ratificato.
Per raggiungere questi obiettivi, il Protocollo propone
una serie di provvedimenti:
- rafforzare o istituire politiche nazionali di riduzione
delle emissioni (miglioramento dell’efficienza energetica, promozione di forme di agricoltura sostenibili, sviluppo di fonti di energia rinnovabili, ecc.);
- cooperare con le altre parti contraenti (scambi di
esperienze o di informazioni, coordinamento delle politiche nazionali a scopo di efficienza attraverso meccanismi di cooperazione, quali i diritti di emissione, l’attuazione congiunta e il meccanismo di sviluppo pulito).
Questi impegni, giuridicamente vincolanti, hanno lo scopo di produrre una reversione storica della tendenza ascendente delle emissioni che si verifica da circa 150 anni.
L’Italia ha ratificato il testo con la Legge n. 120 del
2002 ma, insieme a Repubblica Ceca, Polonia e Grecia,
non ha ancora presentato il piano nazionale per lo scambio di emissioni, nell’ambito degli obblighi previsti dal
Protocollo.
Il Protocollo di Kyoto entra ufficialmente in vigore il
16 febbraio 2005, nel momento in cui anche la Russia dà
la sua adesione; infatti, dopo la ratifica del Giappone,
dell’Unione Europea, del Canada e di altre decine di Paesi più “leggeri” dal punto di vista delle emissioni, è sufficiente la ex repubblica sovietica per far raggiungere il
55% della quantità totale di emissioni di anidride carbonica registrate nel 1990.
L’Unione Europea è la prima organizzazione internazionale ad anticipare l’applicazione di questo meccanismo flessibile del Protocollo di Kyoto, dotandosi di una
Direttiva (Direttiva 2003/87/Ce) volta a ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra, introducendo un sistema di
scambi di autorizzazioni per le emissioni di tali gas tra le
imprese della Ue.
Il quadro normativo, rilevante ai fini dello sviluppo
di un’agricoltura sostenibile e multifunzionale, oltre ad
essere altamente influenzato dalle politiche agricole,
subisce un forte condizionamento con l’introduzione
nella Ue di questo nuovo sistema per lo scambio transfrontaliero di quote di emissioni di gas a effetto serra,
a partire dal gennaio 2005 (in anticipo sul sistema mondiale che, secondo il Protocollo di Kyoto, sarà introdotto solo nel 2008). Secondo questo nuovo sistema, circa
10.000 imprese europee potranno acquistare e vendere
permessi per l’emissione di anidride carbonica. Le imprese che saranno in grado di produrre livelli inferiori
rispetto a quanto previsto dalle autorità nazionali avranno la facoltà di vendere le quote inutilizzate. In altri termini, se un’impresa supera i limiti imposti, potrà acquistare “diritti di inquinamento” da altre imprese in
Europa che hanno ridotto le loro emissioni. Nel giro di
pochi mesi si creerà un vero e proprio mercato di venditori e acquirenti di quote di inquinamento con lo sco-
155
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
po di incoraggiare le imprese a sviluppare e utilizzare
tecnologie pulite.
In questo panorama, tra le imprese che esprimono al
meglio il ruolo della multifunzionalità dell’agricoltura si
configura una nuova tipologia di impresa: l’impresa agrienergetica, vale a dire un’azienda agricola organizzata
per coltivare, produrre e vendere energia. Il settore agricolo e forestale negli ultimi anni sta progressivamente acquisendo un ruolo sempre maggiore grazie al graduale affermarsi di nuove tecnologie che, attraverso l’utilizzo di
produzioni agricole e forestali dedicate, consente di generare energia pulita e rinnovabile. Nell’ambito delle iniziative volte all’applicazione del Protocollo di Kyoto, questo
aspetto appare di notevole rilevanza data l’importanza di
utilizzare forme di energia che non vadano ad incrementare i livelli di emissione di gas serra. In questo senso, l’agricoltura potrebbe assolvere la funzione di produttrice di
energia “pulita”, oltre che rinnovabile, dato che si registra
un risparmio di anidride carbonica dovuto all’assorbimento da parte delle piante coltivate, per cui l’utilizzo di
tale energia permette di ridurre le emissioni di gas serra,
a parità di potere calorico fornito.
La gamma di combustibili di origine agricola e forestale destinati alla produzione di energia rinnovabile è articolata in:
- combustibili solidi: biomasse agricole e forestali
(cippato di legno, pellet, legna da ardere, briquettes, colture agricole dedicate);
- combustibili liquidi o biocarburanti: bioetanolo, biodiesel, olio vegetale puro;
- combustibili gassosi: biogas da fermentazione di reflui zootecnici e biomasse vegetali.
Sotto il profilo più strettamente imprenditoriale i modelli di imprese agri-energetiche che si vanno delineando
sono assai articolati, ma possono essere sostanzialmente
suddivisi in tre gruppi.
Il primo gruppo è formato dalle aziende agricole che
coltivano le “materie prime” destinate a generare energia.
Si tratta, ad esempio, di colture conferite alle industrie per
la produzione di Biodiesel, quindi oleaginose (colza, girasole, soia) oppure colture da sottoporre ai processi di
fermentazione per la produzione di Bioetanolo (prodotti
agricoli ricchi di carboidrati e zuccheri, quali cereali, colture zuccherine, amidacei). Nel caso della produzione di
olio vegetale puro, la filiera è molto più corta, infatti il
biocarburante può essere prodotto direttamente dall’impresa agricola senza la necessità di ulteriori processi industriali di trasformazione. Possiamo considerare come
facenti parte di questo gruppo anche le imprese che coltivano colture erbacee annuali o poliennali, arboree e arbustive destinate a fornire biomassa da distribuire agli impianti industriali per la produzione di energia termica e/o
elettrica. Infine, si possono annoverare in questa categoria anche le imprese agricole boschive che, attraverso la
gestione di superfici boscate, ricavano legname a scopo
energetico sotto varie forme (legna da ardere a pezzi, legno cippato, ecc.) destinato ad impianti a Legno Energia
per la produzione di energia termica e/o elettrica. Questa
tipologia di imprese si limita alla produzione e conferimento della materia prima che dovrà essere sottoposta ad
un processo industriale o avviata alla produzione di energia attraverso impianti gestiti da terzi.
Nel secondo gruppo possono essere considerate quelle
imprese che oltre a coltivare le colture energetiche, producono direttamente energia in azienda e che, per questo
scopo, dispongono o si dotano delle tecnologie necessarie. Un esempio calzante potrebbe essere quello dell’azienda agrituristica che produce l’energia termica ed elettrica necessaria al proprio complesso ricettivo attraverso
l’utilizzo di legno (cippato, pellets, ecc.) derivante dalla
gestione del proprio patrimonio arboreo o dell’olio vegetale puro prodotto dalle proprie coltivazioni di girasole.
Un terzo gruppo comprende le imprese che non si limitano alla produzione dei combustibili ed al loro utilizzo aziendale, ma che attraverso una forma organizzata,
anche associativa, vendono energia a terzi. Un esempio
in tal senso, potrebbero essere le cooperative agri-energetiche che producono carburante dalle colture coltivate
dai soci, e attraverso propri impianti producono e vendono energia elettrica immessa nella rete o vendono alla comunità locale l’energia termica distribuita da una rete di
teleriscaldamento. Un caso analogo è quello dell’azienda
zootecnica che attraverso il digestore dei liquami produce il biogas utilizzato per alimentare il motore per la produzione di energia elettrica che viene ceduta alla rete. In
questo caso, l’impresa agri-energetica completa il ciclo
della filiera per massimizzare il valore aggiunto, organizzando il processo, “coltivando” i combustibili, investendo sulle tecnologie e sugli impianti, gestendo gli
stessi e vendendo l’energia prodotta.
In questi termini, si preannuncia uno scenario nel quale
le misure previste ai fini del raggiungimento degli obiettivi preposti dal Protocollo di Kyoto avranno una notevole
ricaduta sulle imprese agricole, che attraverso la nuova
concezione della UE relativa al modello di agricoltura
multifunzionale, si sposano appieno con il nuovo ruolo
che si va sempre più delineando in maniera netta dell’impresa agricola, capace di affiancare alla produzione di beni ad utilizzo alimentare, il conferimento di servizi, quali
l’erogazione di energia, la valorizzazione del paesaggio,
comprese le sue funzioni sociali ed ambientali.
3.8 Le politiche alimentari
Nella precedente edizione del rapporto era stata evidenziata la necessità di una politica alimentare perseguita a livello regionale: in particolare erano stati elencati
una serie di strumenti e azioni che, a partire dalla verifica di solidi principi scientifici, potessero essere indiriz-
156
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
zati sia direttamente ai consumatori sia più generalmente alla collettività in modo da creare un contesto promotore di scelte alimentari consapevoli.
In accordo con la Food Nutritional Policy dichiarata
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Regione
Toscana dovrebbe conseguire queste finalità:
- garantire la qualità degli alimenti,
- assicurare la disponibilità per tutti i gruppi di popolazione di cibi garantiti ed etichettati,
- favorire l’utilizzo corretto, sotto il profilo sanitario,
degli alimenti disponibili.
Soprattutto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione la Regione, attraverso la predisposizione di politiche alimentari adeguate, ha dovuto confrontarsi direttamente da una parte con la crescente domanda del consumatore per prodotti agro-alimentari di qualità e dall’altra,
con le frequenti crisi alimentari (mucca pazza, pollo alla
diossina, etc.). L’importanza delle decisioni prese a livello regionale viene rinvigorita dalla revisione della Costituzione: mentre il vecchio art. 117 della Costituzione
attribuiva alla competenza concorrente, soltanto l’assistenza sanitaria ed ospedaliera, con formulazione indubbiamente più inclusiva l’art. 117 comma 3 attualmente
vigente parla di competenza legislativa regionale concorrente in materia di “tutela della salute” aggiungendo
anche la nuova materia dell’ “alimentazione”. Per questo
motivo, nel Piano Sanitario Regionale (PSR) recentemente approvato (2005-2007) sono evidenziati tra i dodici progetti speciali di interesse regionale quello riguardante “Alimentazione e Salute” e quello sulla “Sicurezza Alimentare”.
Si propone dunque una rassegna, all’interno del Piano
Sanitario Regionale 2005-2007, degli strumenti adottati
dalla Regione per perseguire una politica alimentare efficiente in termini economici ed adeguata alle reali esigenze della popolazione.
il primo ambito di intervento nel contesto dei lavori consiliari e che, insieme agli interventi su agricoltura e foreste, caratterizza il maggior numero di leggi regionali
pubblicate.
Leggi proposte
Materie
Tutela della Salute
Personale ed amministrazione
Agricoltura e Foreste
Ambiente e rifiuti
Trasporti
Beni e attività culturali
Bilancio
Caccia, pesca e itticoltura
Lavoro
Enti locali e decentramento
Commercio, fiere e mercati
Alimentazione
Altro
Totale
Giunta
7
5
4
2
2
2
6
1
1
2
3
…
48
Consiglio
5
2
3
4
4
4
4
4
2
1
…
53
Totale
12
7
7
6
6
6
6
5
5
4
4
…
101
Giunta
9
9
5
4
3
2
2
2
2
2
-
Consiglio
2
4
1
-
Totale
11
9
5
4
4
3
3
2
2
2
2
-
45
10
55
Fonte: Rapporto sulla Legislazione 2003
(Consiglio Regionale della Toscana)
Leggi pubblicate
Materie
Agricoltura e Foreste
Tutela della Salute
Bilancio
Organi della Regione
Personale ed amministrazione
Commercio, fiere e mercati
Formazione professionale
Territorio e urbanistica
Ambiente e rifiuti
Trasporti
Beni e attività culturali
Alimentazione
Altro
Totale
3.8.1 Il contesto di riferimento
In seguito alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.
3, alle regioni viene attribuita potestà legislativa concorrente in materia di alimentazione. Questo provvedimento a detta di molti introduce un meccanismo complesso e
non privo di contraddizioni: considerando l’agroambiente nel complesso, risulta che, mentre la competenza alimentare è in mano sia allo stato che alle regioni, in tema
di ambiente questa è esclusivamente prerogativa statale.
Risultano evidenti, quindi, la responsabilità e il nuovo
sforzo tecnico-organizzativo a cui è chiamata la Regione
Toscana, confermati dal fatto che ancora nell’anno 2003
non erano state né pubblicate né presentate leggi in materia di alimentazione, come si può vedere dalle seguenti tabelle.
È vero, inoltre, che la potestà legislativa in materia alimentare non va considerata totalmente distinta da quella
riguardante la tutela della salute che, invece, rappresenta
Fonte: Rapporto sulla Legislazione 2003
(Consiglio Regionale della Toscana)
I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità rivelano che, nel 2000, le malattie a componente nutrizionale sono state responsabili per il 60% della mortalità generale nel mondo. L’alimentazione quindi riveste
un ruolo sia come fattore di rischio che come fattore difensivo e conservativo della salute umana. In particola-
157
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
re, i paesi occidentali ad economia evoluta sono caratterizzati da una piaga paradossale: l’obesità ormai influisce direttamente o indirettamente sulla mortalità in
misura identica alla mancanza di cibo e alla sottonutrizione. Per quanto riguarda la Toscana, uno studio condotto a livello nazionale nel 2002 dal titolo “Sorveglianza nutrizionale basata su dati locali per la prevenzione delle malattie cronico-degenerative” (Ministero
della Sanità, Dipartimento Programmazione “Programmi Speciali”) ha evidenziato valori confortanti rispetto
ai dati relativi alle altre regioni anche se significativi
del livello di gravità del problema. Infatti, la rilevazione dell’indice di massa corporea di bambini frequentanti la terza elementare ha evidenziato una percentuale del 67,7% in condizioni di normopeso, il 22,5% sovrappeso e l’8,8% con evidenti problemi di obesità.
Considerando le medie nazionali (64%, 24% e 12%) si
evince una migliore condizione dei bambini toscani ma
si ha una conferma della necessità di interventi di prevenzione in età pediatrica.
Inoltre, la popolazione adulta (sopra i 15 anni) maschile e femminile obesa è l’8,9% in media in Italia, mentre il
livello in Toscana è ampiamente al di sotto (7,1%), soprattutto confrontando i dati relativi al Sud Italia.
Questo valore, anche se contenuto in rapporto alla
media nazionale, rappresenta un prezzo notevole in
termini di costi sociali, diretti e indiretti. I costi diretti
sono quelli connessi alla cura delle malattie come le
visite mediche, le medicine, l’ospedalizzazione, le analisi di laboratorio, l’utilizzo di strumenti tecnologici
per la cura; quelli indiretti sono di più difficile determinazione e includono il costo opportunità del mancato lavoro e del mancato guadagno insieme alla problematica valutazione del dolore arrecato ai soggetti interessati e ai familiari. In ogni caso e in qualsiasi modo
vengano calcolati, questi costi rappresentano una significativa perdita percentuale sul PIL nazionale e regionale.
Solo per avere un esempio della portata economica
delle malattie ricollegabili agli alimenti che hanno dato luogo a ricoveri ospedalieri, si può osservare l’andamento di questi ultimi negli anni che vanno dal
1997 al 2002. I dati, estrapolati dall’analisi delle
Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) delle Ausl,
sono relativi alla diagnosi di accettazione e/o dimissione che riconosca come causa gli alimenti. Purtroppo non si è a conoscenza del numero di giorni attribuibili a ogni paziente ma utilizzando una stima a cura dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali in cui
si quantifica per la Regione Toscana un costo medio di
ricovero in strutture ospedaliere di 4.477 euro possiamo stimare un costo totale diretto dei disturbi alimentari di circa 13 milioni di euro per l’anno 2002 a carico della Regione solo per le voci di spesa riguardanti
l’ospedalizzazione. A questa cifra andrebbero aggiun-
ti i costi indiretti che, come abbiamo detto sono di difficile determinazione ma che potrebbero essere l’oggetto di studi futuri.
Ricoveri in aziende sanitarie toscane
legati a problemi alimentari
Asl/Az. Osped.
1997 1998 1999 2000 2001 2002
1-Asl MS
272 294 331 236 233 285
2-Asl LU
284 269 256 196 142 191
3-Asl PT
271 310 263 285 211 162
4-Asl PO
318 284 301 307 161 131
5-Asl PI
177 264 178 158 124 101
6-Asl LI
481 452 345 408 308 300
7-Asl SI
171 126 149 126 108
92
8-Asl AR
371 455 350 455 197 170
9-Asl GR
302 278 279 206 183 192
10-Asl FI
457 365 401 352 223 176
11-Asl Empoli
186 198 159 196 223 114
12-Asl Viareggio
274 294 228 302 295 268
A.O. Asl PI
259 242 188 167 126 120
A.O. Asl Careggi 151 142 184 181 122 108
A.O. Asl Meyer
297 339 317 372 444 374
A.O. Asl Siena
229 234 205 222 200 201
Totale Toscana 4.500 4.546 4.134 4.169 3.300 2.985
Totale
1.651
1.338
1.502
1.502
1.002
2.294
772
1.998
1.440
1.974
1.076
1.661
1.102
888
2.143
1.291
23.634
Fonte: Psr Regione Toscana
Costo medio per ricovero ospedaliero
Anno 2002
5.000
Sardegna
Sicilia
Calabria
Basilicata
Puglia
Campania
Lazio
Marche
Umbria
Toscana
Emilia Romagna
Liguria
0
Veneto
1.000
Piemonte
2.000
Lombardia
3.000
Friuli Ven. Giulia
4.000
Fonte: Agenzia per i servizi sanitari regionali (2005)
riferito all'anno 2002
3.8.2 Le disposizioni del Piano Sanitario Regionale
in materia di alimentazione
La Regione ha predisposto alcune azioni programmate
per perseguire gli obiettivi di politica alimentare. Come
evidenzia il Psr, esse si inseriscono in un quadro complesso che, in virtù di alcuni fattori come il nuovo contesto costituzionale, l’emanazione del regolamento n.
158
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
178/2002 che stabilisce i principi della legislazione alimentare e la crescente sensibilità dei cittadini per stili di
vita salutistici, “richiede un salto di qualità di portata storica”.
Le azioni vengono suddivise per tipologia di intervento in governo tecnico/operativo del sistema e governo
formativo/informativo. Fanno riferimento alla prima tipologia:
- l’organizzazione e la programmazione del sistema di
vigilanza regionale,
- la rete dei laboratori e i tempi di attesa,
- la rete del sistema di allerta,
- il sistema informativo regionale.
Il governo formativo/informativo, invece, è caratterizzato dalle azioni seguenti:
- l’informazione e la comunicazione ai consumatori,
- la formazione.
Entrando nel merito della strategia che contraddistingue la formazione e l’informazione si può evincere dal
PSR che, mentre il target audience delle azioni di formazione sarà composto da tutti gli operatori della filiera e le
figure professionali (medici, esperti di controllo di qualità), le azioni di informazione saranno indirizzate direttamente ai consumatori. In questo senso sono previste
due tipologie di campagne di comunicazione: una da realizzarsi insieme al comitato regionale consumatori e
utenti (CRCU) per orientare i consumatori all’acquisto
ponderato di prodotti alimentari, con particolare attenzione alla valutazione sanitaria, qualitativa e merceologica tramite una corretta lettura delle etichette; la seconda
campagna, di durata triennale e indirizzata alle scuole su
tutto il territorio regionale, è rivolta agli studenti come
target primario ma coinvolge indirettamente anche le famiglie.
Tra i progetti speciali previsti all’interno del PSR, quello su Alimentazione e Salute riveste un’importanza par-
ticolare sia per gli obiettivi perseguiti che per le risorse
impiegate e il numero e la competenza dei soggetti coinvolti.
Gli obiettivi primari specifici sono tre: la prevenzione
e la cura dell’obesità, la prevenzione e la cura dei disturbi del comportamento alimentare (come la bulimia e l’anoressia) e lo sviluppo della ricerca. Questi obiettivi sono inseriti all’interno di una strategia complessiva volta
a monitorare il comportamento alimentare e a promuovere stili di vita sani.
Particolare attenzione viene rivolta ai piani di comunicazione che devono essere mirati a target specifici della
popolazione attraverso strumenti appropriati di divulgazione e ben definiti nei contenuti.
Per ogni approfondimento si rimanda al PSR, essendo
sufficiente in questa sede notare l’organicità delle azioni e degli interventi previsti dal documento e qui riportati.
3.8.3 Il marketing sociale e l’adozione di corretti
strumenti di pianificazione e comunicazione
Le frequenti crisi alimentari verificatesi negli ultimi anni hanno avvalorato la convinzione di un intervento statale attraverso adeguate politiche nutrizionali, per risolvere quello che deve essere considerato un
problema sociale. Le campagne di comunicazione sono il tentativo di modellare il comportamento dei cittadini nella direzione di effetti sociali desiderabili per
la collettività. Per questo motivo la disciplina del
Marketing Sociale ha velocemente incrementato la
sua importanza nella programmazione di piani di intervento governativi. L’idea di fondo è quella di utilizzare le tradizionali tecniche di marketing per analizzare, pianificare, eseguire e valutare programmi
orientati a incentivare comportamenti volontari di un
certo segmento di cittadini allo scopo di migliorare il
Azioni e obiettivi specifici presenti nel Piano Sanitario Regionale 2005-2007
Azioni
A1 - Sorveglianza
Epidemiologica
A2 - Prevenzione
ed educazione alla salute
A3 - Percorsi diagnostico
terapeutici
C - Ricerca
A/B/C - Formazione
2005
Predisposizione indagine HSC
Anziani
Progettazione PIS.
Linee Guida ASL su ristorazione
comunitaria
Realizzazione pagine web
Costituzione gruppo di lavoro per
monitoraggio situazione attuale
Costituzione di gruppo interdisciplinare per predisposizione e presentazione progetti alla CE
2006
Conduzione indagine su bambini
adolescenti
Realizzazione PIS
Predisposizione linee guida e loro
attuazione
Esecuzione e monitoraggio progetti
Inserimento dei progetti nel modulo di comunicazione
Progettazione e realizzazione corsi Progettazione e realizzazione corper target individuati alimentari
si per target individuati
159
2007
Report e diffusione risultati
Monitoraggio e risultati conclusivi
PIS
Monitoraggio risultati
Monitoraggio risultati e pubblicazione report
Progettazione e realizzazione corsi per target individuati
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
loro benessere e quello della società a cui appartengono.
Le fasi chiave per il successo delle campagne di informazione sono riassumibili nelle seguenti tre:
- il coordinamento dei preesistenti interventi di educazione nutrizionale con le nuove attività di intervento,
- il coinvolgimento dei membri di un segmento che si
vuole raggiungere nello sviluppo del messaggio al centro
della campagna,
- il coinvolgimento e l’integrazione dell’industria privata, della società civile, delle organizzazioni no-profit e
dei policy-makers chiamati a implementare la campagna.
Alcune considerazioni che si possono ricavare in generale per l’Italia riguardano il non sempre puntuale rispetto di questi criteri di organizzazione. Nell’ambito di
un progetto europeo di ricerca sulla fiducia del consumatore nella filiera agroalimentare, coordinato dal Dipartimento di Economia Agraria e delle Risorse Territoriali dell’Università di Firenze, è stato analizzato il
processo di pianificazione delle campagne informative
organizzate dai governi europei (Trust deliverable n. 15
disponibile on-line sul sito http://www.trust.unifi.it). Il
caso italiano da una parte ha evidenziato la mancata
concertazione tra Ministero della Sanità, Ministero dell’Agricoltura e Istituto Nazionale della Nutrizione (Inran), con la conseguente incapacità di integrare efficientemente le varie iniziative in atto; dall’altra la pressoché nulla partecipazione dei cittadini al processo decisionale: raramente vengono utilizzati focus groups o
altre tecniche qualitative di indagine per individuare il
corretto messaggio da inviare al pubblico. Inoltre, il livello di monitoraggio (molto spesso attraverso un numero verde o un call-center a disposizione dei cittadini)
non riesce a rivelare l’efficacia, in termini di cambiamento atteso presso il consumatore finale, della campagna di comunicazione. Purtroppo il problema evidenziato a livello nazionale è riscontrabile anche a livello
regionale.
Infatti, la prevenzione primaria dell’obesità non è un
obiettivo nuovo per la Regione Toscana e nel corso del
2003 una “campagna regionale per una corretta alimentazione fra i bambini” è stata promossa nel tentativo di
diffondere abitudini alimentari e stili di vita corretti. Lo
scopo della campagna era quello di far riflettere i bambini sulle conseguenze di un’alimentazione sbagliata ed
in particolar modo sulla possibilità di compromettere la
salute futura. I due slogan “chi cresce grasso (chi mangia troppo) mette in gioco la salute” erano associati a
delle illustrazioni che rimandavano ad alcune favole conosciute dai bambini. La campagna è stata così organizzata. Nel corso di un mese sono stati pubblicati 61 annunci su 11 quotidiani e 2 settimanali, sono stati distribuiti 4.500 manifesti, 1.500 stendardi e 300 poster. Affissioni sono state realizzate all’interno di 11 stazioni
ferroviarie e sugli spazi pubblicitari degli autobus. Inol-
tre, 10 emittenti private a livello locale hanno passato
circa 1.000 comunicati radiofonici. A questo sforzo mediatico non indifferente è stata accompagnata una iniziativa a firma del Presidente della Regione, che ha inviato ai bambini toscani in età scolare 193.000 lettere
personalizzate corredate di un pieghevole da appendere
in camera.
Il costo complessivo di questa campagna di comunicazione alimentare è stato di circa 1 milione di euro e le voci di spesa sono state quelle evidenziate nel
grafico a torta. La tipologia di campagna pubblica e
principalmente basata sulla pubblicità visiva esterna,
ha impiegato il 50% del budget a disposizione per le
affissioni. Il costo della radio è stato marginale rispetto al totale (0,76%) mentre la voce “altro” ha incluso le varie consulenze e la realizzazione della
campagna.
Voci di spesa - Campagna
regionale per una corretta
alimentazione fra i bambini
Anno 2003
Affissione 57%
Altro 14%
Stampa 21%
Mailing 6%
Radio 1%
Call Center 1%
Quella intrapresa due anni fa dalla Regione Toscana è
sicuramente una strada da seguire ma, nella pianificazione di una campagna di questo tipo dovrebbe essere
posta attenzione a due elementi fondamentali (che ritroviamo nel nuovo PSR), per evitare di spendere risorse
pubbliche con risultati difficilmente valutabili. Da un lato, seguendo l’approccio citato di social marketing, si
dovrebbe richiedere la partecipazione di numerosi soggetti, dai cittadini che sono l’audience della campagna,
alla rete di esperti regionali coordinati attraverso le varie divisioni coinvolte (anche potenzialmente) nella strategia di comunicazione; in questo senso l’utilizzo di una
serie di tecniche di indagine qualitativa come i focus
groups è raccomandabile. Successivamente è necessario
il monitoraggio e la verifica che questo tipo di sforzo
porti non solo a un ricordo del messaggio ma anche a un
successivo cambiamento di atteggiamento da parte del
target di riferimento (in questo caso i bambini): a questo
160
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
scopo l’esistenza del call center è sicuramente un primo
passo ma non può essere l’unico perché utilizzato da
una parte scarsamente rappresentativa della popolazione.
Il nuovo orientamento espresso nel complesso ed articolato Piano Sanitario Regionale rappresenta una svolta,
laddove, illustrando lo strumento strategico rappresentato dai Piani Integrati di Salute, si afferma che il vero valore aggiunto di questi “sia quello di incidere sui determinanti non sanitari della salute con particolare riferimento agli stili di vita (fumo, alimentazione ed attività
fisica in particolare) ed alla pressione ambientale (inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo) sullo stato
di salute”. A questo scopo si riconosce l’importanza di
“consolidare una capacità di comunicazione con l’utenza e la popolazione in modo da rendere comprensibili ed
applicabili i messaggi di prevenzione, anche attraverso
la diffusione di flussi informativi periodici”. In questa
direzione va, quindi, il tentativo di incentivare campagne di comunicazione finalizzate su grandi temi di interesse per la tutela della salute (tra cui appunto una corretta alimentazione).
ternazionalmente per il suo impegno nella costruzione
di un modello alternativo alla “globalizzazione” (S.
Rossore, la Fondazione per la biodiversità, la Commissione sul futuro del cibo). Al tempo stesso ha operato con il medesimo impegno per consolidare le specificità locali (prodotti ed attività) verificando costantemente gli effetti delle iniziative regionali sui processi globali.
Oggi i principi ispiratori di quest’approccio globale
sono molto radicati nei processi orientati alla creazione
di valore da parte del sistema produttivo e sono in grado
di esaltare l’innovazione tecnico-organizzativa, la specificità territoriale delle produzioni, i sistemi di garanzia
sui metodi e sulla provenienza nonché le caratteristiche
etiche ed organolettiche del prodotto.
Di fronte alle novità che si presentano nel nuovo scenario europeo, caratterizzato dalla riforma di medio
termine e dall’adesione all’Unione Europea di dieci
nuovi Paesi, la strategia basata sulla creazione di valore adottata dalla Toscana risulta oggi l’unica percorribile. La crescente competizione di prezzo sulle “commodities” e la maggiore libertà di movimento derivante dal disaccoppiamento fanno pensare all’opportunità
di perseguire con maggiore decisione questa strategia,
integrandola con azioni in grado di favorire la diversificazione produttiva, la riduzione dei costi monetari e
la valorizzazione del lavoro familiare nelle aziende
agricole.
Per contribuire alla realizzazione di quella che inevitabilmente si configura come una transizione ad una
nuova fase dello sviluppo agricolo e rurale in Europa,
si rende necessario instaurare fra la società in generale
e gli agricoltori, un mutuo riconoscimento, basato da
una parte sulla corresponsabilizzazione nei costi di
mantenimento delle aree rurali e dall’altra sulla capacità da parte dei produttori di agire e produrre in modo
trasparente. Alla base di tutto questo è una comunicazione in grado di evitare rappresentazioni distorte e
parziali.
Lo sviluppo di funzioni alternative alla produzione
consente oggi alle imprese agricole di proporsi come
fornitrici di beni pubblici generalmente legati alla protezione ed alla valorizzazione delle risorse naturali, al
mantenimento del paesaggio rurale, all’erogazione di
servizi a carattere sociale. In questo caso risulta fondamentale l’azione volta ad integrare i rapporti fra gli agricoltori e gli utenti (reali e potenziali) con il fine di ricercare strategie comuni capaci di esaltare le possibili
sinergie e caratterizzare le particolarità del territorio interessato. Dal rafforzamento della capacità degli agricoltori nel proporre un proprio contributo per la manutenzione e il miglioramento del territorio, può emergere
un approccio innovativo alle strategie per la gestione sostenibile dell’ambiente, in grado di proporre una visione
alternativa a quella puramente vincolistica che nel pas-
3.8.4 Conclusioni
Il ruolo di soggetto promotore di corretti stili di vita
che la Regione Toscana riveste tradizionalmente, è stato ulteriormente spinto dalla revisione del Titolo V della Costituzione, che stabilisce una competenza legislativa concorrente in tema di alimentazione per le regioni. Tuttavia, l’impegno iniziato nel corso degli ultimi
anni per sensibilizzare la popolazione su questo tema è
da rintracciare sia nel peso per il budget regionale dei
costi sociali a carico dell’amministrazione e conseguentemente della collettività, sia nell’importanza strategica, per una regione che punta sulla qualità alimentare e su un’immagine legata al benessere, di avere una
popolazione sana.
A questo fine la realizzazione di campagne di comunicazione ad hoc è un nodo centrale del recente Piano Sanitario Regionale 2005-2007. Purtroppo in passato non
sempre queste campagne sono state il frutto di una concertazione tra le varie divisioni regionali. È auspicabile
pertanto un nuovo sforzo organizzativo comprendente
una strategia di monitoraggio dei risultati ottenuti per
impiegare adeguatamente le risorse pubbliche ed evitarne lo spreco.
3.9 L’attività dell’Arsia
3.9.1 Il campo di azione dell’Agenzia
L’impostazione strategica ed operativa per l’anno
2005 prende come riferimento i contenuti del programma biennale 2004-2005.
Negli ultimi anni la Toscana si è caratterizzata in-
161
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Fonti di finanziamento dell’Arsia
sato ha caratterizzato i rapporti tra le istituzioni locali
con gli altri utilizzatori del territorio.
La strategia basata sulla creazione di valore ha uno dei
suoi capisaldi nel consolidamento del rapporto di fiducia
fra produttori e consumatori. Questo rapporto passa in
primo luogo da una gestione efficace della prevenzione e
dei rischi, in grado di dare ai consumatori garanzie sulla
sicurezza degli alimenti, attraverso adeguati interventi
organizzativi ed appropriate strategie di comunicazione.
Di fronte alle crescenti necessità di controllo devono essere fornite soluzioni coordinate, evitando quelle opprimenti ed invasive ma al contrario basate su valori di comune interesse e rassicuranti, sia per i consumatori, che
per i produttori.
Nella realizzazione di questa strategia, nell’ambito
del Programma 2004-2005 sono state definite quattro
aree tematiche prioritarie per l’attività di tutta l’Agenzia:
- competizione internazionale e strategie di regionalizzazione,
- innovazione tecnologica e organizzativa per l’azienda multifunzionale e distrettuale,
- cambiamenti ecologici globali e settore primario,
- strumenti per l’innovazione istituzionale.
Alla luce di quanto accennato in precedenza, questa
strategia mantiene tutta la sua validità, e viene pertanto
confermata.
L’Arsia oggi è il terminale di innumerevoli stimoli e
processi dinamici e ciò le ha consentito di maturare nel
tempo un’ampia visione degli scenari del comparto e ha
determinato una sua notevole flessibilità operativa, tale da
metterla in grado di interpretare correttamente il presente
ed impostare i capisaldi delle azioni future tali da garantire una notevole efficacia nella sua azione di orientamento.
Gli ambiti d’intervento dell’Agenzia per l’anno 2005
sono individuati sulla base degli indirizzi dettati dalla
Giunta Regionale e riguardano sia tematiche di carattere
regionale che sub regionale. Come ormai prassi dell’Agenzia, ogni azione viene attivata solo dopo una concertazione con Enti, istituzioni e Organizzazioni interessate,
ricercando sempre specifici accordi di collaborazione e
di parternariato.
Coerentemente con l’impostazione del programma
pluriennale, le linee di attività per il 2005 vengono illustrate con riferimento a sette aree funzionali:
- L’attività di studio e di ricerca di scenario
- L’attività di promozione dei sistemi della conoscenza
- I servizi agro-ambientali
- La comunicazione
- La valorizzazione delle risorse locali e il supporto all’innovazione istituzionale
- L’attività di controllo e gestione del rischio
- Il supporto alla Giunta e agli Enti Locali
cui si aggiunge un’area funzionale “orizzontale” che riguarda attività a servizio di tutta la struttura.
Anno 2005
Autofinanziamento
4,8%
Progetti
interregionali
19,4%
Lr 34/2001
14,4%
Lr 37/1993
20,1%
Altre fonti
35,3%
Lr 39/2000
0,9%
Lr 33/2000
5,1%
Fonte: Arsia
3.9.2 L’attività di studio e di ricerca di scenari
Nel 2005 sarà posta particolare attenzione alle analisi da approntare sull’impatto delle norme regionali sui
distretti rurali e sul monitoraggio economico delle attività forestali attraverso l’avvio delle attività del costituendo Osservatorio. Sarà data continuità alla redazione ed alla pubblicazione del rapporto annuale sull’andamento economico dell’agricoltura toscana prevedendo l’introduzione di approfondimenti sugli aspetti e le
dinamiche evolutive legate all’affitto dei terreni agricoli ivi comprese le proprietà di enti pubblici. Continuerà l’attività intrapresa nella divulgazione dei risultati ottenuti con le indagini condotte sui sistemi di monitoraggio e controllo gestionale nei sistemi cooperativi. Con l’intento di mantenere costante la rilevazione
dei dati economici sui processi produttivi, sulla gestione delle aziende, sugli apporti ambientali nelle pratiche agricole e nell’analisi dell’andamento delle cooperative agricole toscane, saranno confermate le corrispondenti indagini, e le relative rilevazioni ed elaborazioni.
3.9.3 L’attività di promozione dei sistemi della conoscenza
Produzione e trasferimento dell’innovazione sono
sempre più integrate, e in presenza di una grande disponibilità di informazioni sulle attività di ricerca in
altri campi e in altri paesi, il problema dell’adattamento delle conoscenze già disponibili alle specificità territoriali ed aziendali diventa l’aspetto centrale della
promozione dell’innovazione. Tra gli organismi impegnati nello sviluppo si fa oggi strada il concetto di
“triangolo della conoscenza”, che postula la stretta integrazione tra ricerca, formazione e assistenza tecnica.
L’aspetto dell’integrazione è al momento attuale un
grave punto di debolezza per il sistema, anche se non
certamente solo in Toscana. Avendo un ruolo centrale
162
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
in ciascuno degli elementi del triangolo, sarà compito
dell’Agenzia dare il proprio contributo per la messa in
pratica di questo concetto, sia attraverso un più stretto
coordinamento operativo delle attività interne all’Agenzia, sia attraverso un’azione di ricerca e divulgazione, sia mediante specifiche azioni di supporto alla
progettazione locale, previste nel programma dei servizi di sviluppo.
formative operanti nel campo dell’agricoltura. Tra le tematiche di interesse prioritario, saranno curati particolarmente: a) la realizzazione di un progetto per l’aggiornamento dei tecnici facenti parte del sistema dei
Servizi di Sviluppo agricolo e rurale LR 34/01, b) gli
aspetti relativi alla gestione dei piani di sviluppo rurale
e dei programmi Leader, c) gli interventi formativi nella filiera della barbabietola da zucchero, d) la partecipazione a progetti transnazionali, e) la formazione dei
tecnici nell’ambito agricolo, forestale e dell’acquacoltura, con particolare riferimento alle innovazioni prodotte dalle ricerche promosse dall’Agenzia e al quadro
normativo vigente, f) la sperimentazione di sistemi di
Formazione a distanza (Fad).
Trasferimento dell’innovazione
A partire dal 2001, l’Agenzia ha proceduto alla sperimentazione di due modelli di servizio specialistico,
Agrinnova trasferimento e Agroambiente.info, basati
sulla “messa in rete” dei soggetti preposti all’innovazione e al trasferimento, attivato da protocolli di intesa ad
hoc e centrati sul coordinamento di strumenti diversi come l’editoria, la formazione, la comunicazione web, la
consulenza e l’assistenza specialistica vera e propria.
L’Arsia sarà impegnata anche nel 2005 a svolgere il ruolo di segreteria della Rete Interregionale per la ricerca
agraria, forestale, acquacoltura e pesca per conto della
Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province
Autonome.
Supporto alla ricerca
L’Agenzia continuerà ad impegnarsi nella promozione
del VI Programma Quadro europeo e nella divulgazione
dei suoi contenuti, e ciò avverrà anche per quanto riguarda il Piano Nazionale della Ricerca e la misura 1.8
del Docupob.2 azione “Aiuti alla ricerca industriale e
precompetitiva”.
Da segnalare che il servizio Agrinnova vedrà nel 2005
la rete dei consorzi rafforzata dal recente ingresso di PIN
Scrl.
Ripartizione del bilancio dell’Arsia
per tipo di attività
Promozione della ricerca
L’Agenzia ha ormai messo a regime, per l’attività di
promozione e finanziamento della ricerca, una procedura che si basa sull’organizzazione di “tavoli di filiera e di progetto” per la definizione delle priorità, sull’emanazione di “bandi pubblici” per l’assegnazione
delle ricerche, sulla valutazione “oggettiva” dei progetti e dei risultati da parte di qualificati valutatori
anonimi.
Come criterio generale, per l’anno 2005 sarà data
priorità alla prosecuzione delle ricerche già avviate nel
corso degli anni precedenti nonché quelle promosse
nel 2004 nei settori olivo-oleicolo, viticolo e della canapa.
Nella programmazione del finanziamento della ricerca, l’Agenzia tiene conto della necessità di garantire
equilibrio e integrazione tra la ricerca destinata alle imprese ed alle filiere con quella con finalità più spiccatamente pubbliche.
Anno 2005
Supporto
giunta regionale
Controllo
9,0%
e gestione rischio
2,0%
Studi di scenario
3,3%
Valorizzazione
risorse locali
12,5%
Supporto ricerca
e trasferimento
23,0%
Comunicazione
4,3%
Servizi
agroambientali
13,3%
Fonte: Arsia
Formazione
8,7%
Promozione
e ricerca
23,9%
Innovazione nei settori produttivi
L’Arsia continua ad essere impegnata nei settori di interesse regionale.
Formazione e aggiornamento
L’Agenzia formativa accreditata ha ottenuto agli inizi del 2005, la certificazione Iso 9001/2000 per la progettazione ed erogazione di corsi di formazione continua e superiore dei tecnici in agricoltura. Nel campo
della formazione l’Agenzia proseguirà la sua attività
privilegiando occasioni di coordinamento tra le agenzie
3.9.4 I servizi agro-ambientali
L’evoluzione degli scenari rilevanti per l’agricoltura
rende sempre più evidente la necessità di caratterizzare i
servizi specialistici dell’Agenzia come servizi agro-ambientali, anche in relazione ai cambiamenti ecologici glo-
163
7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
Progetto TecOn Line
La verifica di fattibilità di una comunità di apprendimento virtuale in agricoltura
Il progetto TecOnLine, “Formazione e aggiornamento dei tecnici e divulgatori agricoli”, nasce da una collaborazione tra le Regioni Campania, Emilia-Romagna e Toscana per conto del MIPAF. È un progetto di sperimentazione di attività per la formazione e aggiornamento dei tecnici operanti nel settore agricolo, che si prefigge di elaborare una nuova metodologia di azione e intervento incentrata sulla preparazione non solo dei singoli operatori, ma
anche delle più vaste “comunità di pratica”, costituite dagli operatori stessi.
Il progetto TecOnLine si pone l’obbiettivo di elaborare una metodologia in grado di vincere l’isolamento in cui
lavorano spesso i tecnici e gli operatori agricoli, dal momento che permette un tipo di aggiornamento costante, tempestivo ed economico e rende possibile il contatto tra persone anche geograficamente molto lontane, ampliando così il flusso delle informazioni e delle conoscenze.
È questo il momento in cui la comunità di pratica, inizialmente seguita da esperti sia del settore agricolo che della comunicazione, giunta a un punto di notevole autonomia, diventa autoconsistente e capace di generare continuamente informazioni e notizie utili a tutti i partecipanti.
L’apporto di ogni singolo partecipante è fondamentale per la riuscita della comunità.
La comunità ha a disposizione un portale con materiali ordinati per argomento e un forum per la gestione delle
discussioni sulle singole problematiche.
È possibile accedere al forum dalla piattaforma, cliccando sul link “comunità attive” nella pagina principale.
Si accede quindi a una pagina di login che prevede l’inserimento dello username e della password forniti tramite posta elettronica. All’interno del forum si può notare un campo di testo con la scritta “default”, con la quale si
specificano gli ambienti di lavoro, attualmente due: default, per i tecnici pubblici e privati impegnati nel sistema
dei servizi di sviluppo agricolo e rurale in Toscana; - GAL, per i dirigenti dei GAL.
L’uso del forum, probabilmente, comporterà una fase di “rodaggio” da parte degli utenti. È normale che l’acquisizione di una certa dimestichezza con lo strumento di lavoro richieda un po’ di prove e un po’ di tempo. Per questo in un primo momento la presenza del moderatore sarà marcata, in particolare per fornire supporto tecnico, successivamente sarà concentrata su interventi di ottimizzazione delle discussioni.
Ogni discussione porterà alla stesura di relazioni sintetiche e alla raccolta di documentazione pertinente che verrà
inserita come esito della discussione nella piattaforma, in apposite aree create di volta in volta.
Per saperne di più visita il sito http://www.teconline.it/ al link Comunità di pratiche.
La multifunzionalità del bosco e la valorizzazione energetica delle biomasse agro-forestali
La Toscana è la regione italiana con la maggiore copertura forestale e i boschi assumono una grande importanza, svolgendo contemporaneamente molteplici funzioni: produttiva, protettiva, paesaggistica e turistico-ricreativa,
ed ecologica. Il bosco rappresenta pertanto un bene di grande valore e di interesse generale che va tutelato e valorizzato nel rispetto delle normative del settore ed in particolare della Lr 39/2000 “Legge Forestale Regionale” e del
relativo regolamento forestale di attuazione.
I presupposti da cui emerge forte l’esigenza di valorizzare il patrimonio forestale e l’ambiente, sono l’estensione
dei boschi toscani, la loro variabilità specifica e assortimentale, l’esigenza di una migliore valorizzazione commerciale del legname ricavato dalle utilizzazioni boschive, la necessità di contenere e prevenire fenomeni di dissesto
idrogeologico, gli aspetti socioeconomici del territori collinari e montani interessati da superfici boscate, l’estrema
vivacità e potenzialità degli operatori del settore e la capacità del mondo scientifico toscano di concretizzare la ricerca e la sperimentazione in innovazioni tecnologiche di processo e di prodotto.
L’ARSIA, fin dalla sua istituzione (Lr 37/93), ha dato particolare rilievo al settore forestale operando secondo
una logica di filiera. Di seguito sono illustrate le iniziative progettuali più significative, promosse e realizzate dall’ARSIA, finalizzate ad una gestione sostenibile dei boschi toscani e alla valorizzazione energetica delle biomasse
agro-forestali:
Il progetto di ricerca “Selvicoltura sostenibile su alcune modalità di gestione dei boschi cedui in Toscana” è stato affidato, tramite bando di ricerca, al Cra - Istituto Sperimentale per la Selvicoltura di Arezzo, coordinatore di numerosi soggetti pubblici e privati che collaborano alla sua attuazione. Il progetto di durata pluriennale (2000 -2005)
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
è finalizzato alla valorizzazione delle potenzialità dei boschi cedui secondo criteri di una selvicoltura sostenibile e
mira ad acquisire dati sperimentali traducibili in indicazioni tecniche di gestione dei boschi cedui.
Su richiesta della G.R. - Direzione Generale Sviluppo Economico, l’Arsia, oltre alla pubblicazione di due manuali inerenti la progettazione e la gestione di impianti di arboricoltura da legno, sta coordinando dei manuali operativi sulle “buone pratiche selvicolturali”, rivolti agli operatori del settore. Nel corso del 2005 è stato pubblicato il
primo lavoro riguardante “La selvicoltura delle pinete della Toscana” con il coinvolgimento dell’Università di Firenze - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali.
L’Arsia ha attuato numerosi progetti volti alla valorizzazione del legno di provenienza regionale per la realizzazione di fabbricati e annessi agricoli, di barriere fonoassorbenti e fonoisolanti, di strutture per l’emergenze abitative (calamità naturali), ecc.
Sempre tramite bando di ricerca, l’Arsia ha affidato alla D.R.E.AM. Italia Scrl un progetto che si prefigge di approfondire le relazioni tra gestione selvicolturale dei boschi e stabilità dei versanti. In particolare, il progetto mira
alla definizione e alla verifica di una metodologia per l’individuazione delle aree del territorio regionale più sensibili dal punto di vista del dissesto idrogeologico, soprattutto con riferimento alle aree con copertura forestale, nonché a formulare linee guida di intervento a livello di tecniche selvicolturali in grado di prevenire o contenere i fenomeni di dissesto idrogeologico.
Nell’ambito del programma nazionale biocombustibili (Probio) del Mipaf, l’Arsia ha coordinato e concluso nel
dicembre 2004 il progetto Bioenergy Farm, volto alla valorizzazione energetica delle biomasse agro-forestali, attraverso la realizzazione di azioni dimostrative e divulgative a vario livello nella filiera. Sempre sul programma Probio del Mipaf, l’Agenzia si è aggiudicata, nel corso del 2005, il progetto Woodland Energy, che vede la Toscana,
attraverso l’Arsia, capofila di altre 8 regioni italiane e finalizzato a promuovere impianti pilota di legno energia e
le relative filiere di approvvigionamento.
Settori inerenti l’innovazione
I servizi agroambientali dell’Arsia
Vitivinicolo
Olivicolo
Agronomia e Colture erbacee
Colture alternative (no-food), progetto canapa
Verde urbano e perturbano
Floricoltura e vivaismo
Agricoltura biologica
Produzioni animali
Faunistico-venatorio
Settore forestale e ambientale
Tartuficoltura
Acquacoltura e pesca
Agrometeo: monitoraggio meteoclimatico, previsioni meteo
Diagnostica fitopatologica colture agrarie e boschi
Monitoraggio difesa delle colture
Consulenza specialistica: filiere, agricoltura biologica, contabilità
agraria e ambientale; LR 73/94; LR 50/95; LR 50/97
Collaudo mezzi tecnici: Prove a pagamento: centri di saggio e
collaudo mezzi tecnici, OGM
Faunistico-venatorio: contenimento dei danni da selvaggina.
Consulenza alla progettazione di interventi di sviluppo e animazione rurale
Fonte: Arsia
Fonte: Arsia
servizi, rendendo disponibili bandi, caratteristiche dei
servizi e relativi tariffari, iniziative intraprese, risultati
delle ricerche tramite le varie forme e i diversificati strumenti di cui si è dotata. A tale scopo è necessario proseguire il processo di integrazione tra tutte le strutture interne per condividere e rendere disponibili le informazioni. Per il 2005 si ritiene opportuno proseguire in questa direzione. Particolare attenzione sarà rivolta alla comunicazione nei confronti delle varie tipologie di utenti
prevedendo la realizzazione di una iniziativa pubblica
per mettere a confronto le diversificate esperienze maturate nel settore della comunicazione in ambiti rurali. Una
particolare attenzione sarà dedicata alla ridefinizione
dell’infostruttura del sito dell’Arsia. Per la quale si pre-
bali, con particolare riferimento ai problemi della gestione dell’acqua.
Nel corso del 2005 l’attività dei servizi agro-ambientali dell’Arsia interesseranno con particolare attenzione i
seguenti settori:
3.9.5 La comunicazione
Da alcuni anni l’Agenzia ha operato nel tentativo di
rafforzare una propria specifica strategia di comunicazione, impostata attraverso la presenza su programmi radiotelevisivi e sulla stampa. In tal senso l’Agenzia ha
consolidato i processi di comunicazione rispetto i propri
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
vede l’utilizzazione di strumenti informatici capaci di
consentire un più agevole e diretto aggiornamento delle
informazioni. Uno dei primi servizi che sarà rivisitato in
tal senso sarà quello che consente il parallelo avvio delle attività dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico attraverso il quale potrebbero essere attivati i servizi informativi
rivolti a rafforzare la circolazione di informazioni tra
consumatori, tecnici, università, istituti di ricerca e organizzazioni professionali.
In continuità con quanto previsto nei programmi precedenti una delle attività prioritarie sarà finalizzata all’obiettivo di contribuire alla regionalizzazione dei consumi
alimentari, condizione necessaria per una più efficace
azione delle imprese familiari sui mercati e una più stretta integrazione tra circuiti locali e circuiti globali.
La valorizzazione del marchio “Agriqualità” (Lr
25/99) costituisce un altro obiettivo che l’Agenzia dovrà
perseguire attivando iniziative che, in via sperimentale,
possano consentire la verifica della sua applicabilità in
alcuni dei principali settori produttivi.
Proseguirà inoltre l’attività di tutela e valorizzazione
del patrimonio di razze e varietà locali con la valutazione delle possibilità di introduzione del germoplasma
autoctono nei canali produttivi-distributivi, le prospettive di mercato di nuovi prodotti ottenuti dalla valorizzazione della tradizione artigianale nella trasformazione dei prodotti, gli aspetti tecnici, economici ed organizzativi dei sistemi di controllo e di certificazione, la
messa a punto di circuiti distributivi appropriati. Dovrà
curare in particolare l’aggiornamento della mappatura
dei prodotti tradizionali toscani del repertorio di antiche
ricette.
Seguendo le specifiche indicazioni fornite dalla
Giunta Regionale saranno studiati e supportati gli
aspetti connessi alle attività svolte nelle aziende agricole toscane che fanno specifico riferimento alle attività
didattiche. Proseguirà l’attività di studio e supporto metodologico alle aziende agricole toscane impegnate in
servizi di prossimità e servizi in campo sociale nei territori rurali.
3.9.6 La valorizzazione delle risorse locali
e il supporto all’innovazione istituzionale
L’impostazione strategica adottata dall’Arsia nelle iniziative legate allo sviluppo rurale è in gran parte basata
sulla capacità del territorio di individuare, conservare e valorizzare, anche a fini economici, la diversità biologica e
culturale. Un ruolo di primo piano a questo proposito non
spetta direttamente all’Agenzia ma è affidato ai soggetti
locali pubblici, privati e del privato sociale e deve essere
ricondotto alla loro capacità di produrre innovazione attraverso il coordinamento, l’integrazione, lo sviluppo di capacità progettuali specifiche e di utilizzo integrato di fonti finanziarie diverse. Sotto questo profilo, l’Arsia ha seguito con particolare impegno le iniziative locali, in particolare quelle sviluppate in attuazione dei piani di sviluppo
rurale e del programma Leader+, divulgando le opportunità e valorizzando le iniziative di successo.
Per il 2005 fra le varie attività programmate, una sarà
finalizzata all’obiettivo di contribuire alla valorizzazione
del ruolo delle donne e dei giovani in agricoltura e nelle
attività di sviluppo rurale.
Agricoltura Sociale in Toscana: multifunzionalità, servizi e ruralità
“Agricoltura sociale” è un’espressione che da qualche tempo comincia ad essere conosciuta ed usata nelle campagne toscane come un insieme di esperienze, tecniche e progetti, dove l’attività agricola ospita e coinvolge “soggetti svantaggiati”, fasce “deboli” della popolazione; dove la coltivazione, l’allevamento e la trasformazione di prodotti si legano a “servizi” di utilità sociale (formazione, inserimenti, affidi, accoglienza, riabilitazione e integrazione lavorativa ad esempio). La conoscenza dei processi del lavoro agricolo, l’ambiente, i tempi ed i ritmi della campagna, appaiono cioè un’occasione facilitante e “terapeutica” per tante forme di disagio.
“Agricoltura sociale” è, quindi, un tentativo di definizione di molteplici storie ed esperienze, dove l’attività agricola coniuga la sua specifica funzione produttiva con lo svolgimento di una funzione sociale. Ovvero, l’azienda e
il mondo rurale dimostrano la capacità di offrire servizi di carattere sociale per la comunità locale e per le stesse
aree urbane. È questo un aspetto della multifunzionalità in agricoltura, che va a collegare i processi produttivi con
le risorse umane, la domanda di ruralità con la responsabilità sociale d’impresa.
L’Arsia ha avviato (a partire dal 2003) un progetto di conoscenza, approfondimento e animazione di queste attività, all’interno del più generale supporto ai percorsi innovativi della multifunzionalità e dello sviluppo rurale. Il
lavoro è partito dalla comprensione del fenomeno e dall’identificazione delle esperienze, per poi dare avvio ad una
rete regionale (riunioni, visite guidate, news) per favorire l’incontro e la comunicazione tra aziende, operatori e amministratori del settore agricolo e di quello sociale.
Il lavoro ha permesso di contattare e conoscere oltre 50 realtà, tra loro diverse ma nell’insieme rappresentative
del vivere e del lavorare nella campagna toscana. In queste realtà sono condotte attività di forte rilevanza sociale:
formazione professionale, inserimento e accoglienza, integrazione lavorativa, recupero e riabilitazione, ospitalità
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
per turismo sociale (a beneficio delle più diverse forme di disagio e di soggetti a bassa contrattualità: handicap fisico e psichico, carcere, tossicodipendenze, problemi psichiatrici, minori in abbandono).
Una sensibilità che ha prodotto negli anni importanti risposte d’integrazione e di inserimento per centinaia e centinaia di persone, con storie di disagio, contribuendo così al benessere collettivo.
Muovendo dal patrimonio di esperienze e di risorse umane e sociali espresse dalle aree rurali della Toscana, il
progetto Arsia per il 2005 sarà condotto in collaborazione con le Organizzazioni professionali, privilegiando azioni centrate sulla trasferibilità, l’allargamento della partnership, la formazione degli operatori. Si vuole sostenere un
processo in divenire, complesso e che richiede integrazione tra vari soggetti (ricordiamo il lavoro della Regione e
delle Organizzazioni professionali su PSR e sociale, la misura 9.4, i lavori di ricerca dell’Università di Pisa e della
Tuscia).
3.9.7 L’attività di controllo e gestione del rischio
Nel 2005 l’Agenzia proseguirà l’adeguamento del sistema organizzativo e strumentale deputato all’attività
di vigilanza e controllo nella logica di un allargamento
di tale competenza secondo il disegno di legge nazionale sull’attività di controllo e vigilanza sull’agricoltura di qualità. In prosecuzione a quanto già avviato nel
corso del 2004, manterrà una particolare attenzione allo sviluppo di un approccio in grado di collocare l’attività di controllo e vigilanza all’interno di un più generale approccio integrato alla gestione del rischio, perseguendo la collaborazione di tutti i soggetti interessati
attraverso appositi processi di comunicazione e la messa a punto di metodiche di controllo in grado di generare fiducia nel sistema e di far leva sul coinvolgimento
dei controllati.
In particolare, proseguirà l’attività di vigilanza sull’agricoltura biologica, ai sensi della Lr 49/97 e alla Lr
25/99, in materia di agricoltura integrata e marchio regionale Agriqualità.
Secondo quanto previsto dal Regolamento di applicazione della Lr 53/00, proseguirà il programma di controllo sugli Ogm, consolidando la collaborazione con
l’Arpat e le Asl per integrare i controlli sul prodotto
agricolo con i controlli sugli alimenti onde garantire
tutta la filiera produttiva. Nel corso del 2005, dovrà
concludersi l’attività sperimentale di controllo sui mangimi effettuata dall’Istituto Sperimentale Zooprofilattico per il Lazio e la Toscana. I risultati di tale attività
verranno riportati nel report annuale di controllo di
Ogm.
Nel corso del 2005, a seguito di specifiche disposizioni da parte della Giunta Regionale, conseguenti all’approvazione di uno specifico decreto legislativo sull’istituzione dell’Autorità Nazionale e Territoriale di
Vigilanza, si avvieranno le procedure per i controlli relativi ai concessionari dei marchi comunitari Dop e
Igp.
co, l’Agenzia rappresenta un importante strumento di
supporto nella elaborazione e gestione delle politiche
regionali. Concentrando internamente e attraverso la
sua rete di relazioni con il mondo scientifico e tecnico
un notevole insieme di competenze specialistiche, l’Agenzia collabora attivamente alla definizione degli
aspetti tecnici della legislazione regionale e della loro
attuazione. Tra gli esempi più significativi di questa
collaborazione negli anni passati, la redazione dei codici di buona pratica e delle schede tecniche di produzione integrata, dei giustificativi per i premi per le misure
agro-ambientali nell’ambito del Piano Regionale di
Sviluppo Rurale, il monitoraggio del Piano regionale
per i servizi di sviluppo, la tenuta dei registri dei vigneti
sperimentali, le competenze relative alla Lr 50/97 sul
germoplasma e alla Lr 50/95 sulla tartuficoltura. Nel
corso del 2005 l’Agenzia garantirà il supporto anche in
altri settori come nel campo faunistico venatorio, nel
supporto alla Lr 25/1999 sul marchio agriqualità, alla
legge forestale (Lr 39/2001), la legge sugli antichi mestieri (Lr 15/2000).
Servizi di sviluppo
La Lr 34/2001 attribuisce precise competenze all’Agenzia in merito alla gestione di alcuni servizi di sviluppo agricolo. L’evoluzione di tali servizi impone all’Arsia una particolare attenzione nella progettazione,
nella fornitura e nella valutazione degli effetti delle iniziative che fanno riferimento a questo “sistema”. Con il
progetto di monitoraggio dei servizi, realizzato in via
sperimentale dall’Arsia e con il coinvolgimento dei
principali attori interessati alla loro gestione, sono state
gettate le basi per il consolidamento di una “rete dei
servizi” attraverso cui far circolare le informazioni, attivare percorsi innovativi, garantire il supporto alla progettazione da parte delle province. Queste azioni di
supporto continueranno anche con il programma 2005,
al fine di garantire informazioni per la predisposizione
del programma pluriennale sui Servizi di sviluppo agricolo e rurale 2006-2010, tenendo anche conto del cambiamento della PAC a medio termine, che introduce
azioni di consulenza aziendale e di adeguamento dei
3.9.8 Il supporto alla Giunta e agli Enti Locali
Per le competenze interne e quelle attivate attraverso
la sua rete di relazioni con il mondo scientifico e tecni-
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
servizi volti alla condizionalità ecologica, sostenuto anche dall’audit aziendale.
In particolar modo verrà avviata un’azione, in stretta sinergia con le Organizzazioni Professionali Agricole, di informazione ed aggiornamento sui cambiamenti della PAC a medio termine al fine di preparare
gli operatori del settore agro-forestale al cambiamento
L’attività di monitoraggio si concentrerà in particolare sugli aspetti relativi alla sperimentazione di supporti informatici per la rilevazione di dati e per la comunicazione tra i soggetti del sistema attivando, attraverso la gestione di uno specifico programma interregionale, azioni volte allo sviluppo ed al consolidamento del sistema dei Servizi di Sviluppo Agricolo e
rurale.
Particolare impegno sarà rivolto all’attuazione di azioni di qualificazione ed aggiornamento tecnico del personale operante nel sistema dei servizi di sviluppo agricolo e rurale e dell’integrazione di iniziative con altre Regioni al fine di sviluppare nuove metodologie organizzative dei servizi in attuazione delle linee dettate dal documento dei Presidenti delle Regioni e Province autonome
del 1° agosto 2002.
le cosiddette attività orizzontali, in cui le strutture responsabili svolgono soprattutto funzione di coordinamento e supporto dei contributi delle altre unità organizzative.
Programmazione
La realizzazione del Programma comporta una serie di
attività legate alla gestione ordinaria di molti servizi di
base (logistici, informatici, ecc.). Ciò si manifesta con
maggiore evidenza quando si tratta della realizzazione di
progetti particolari legati a specifici settori (vedi acquacoltura, pesca, zootecnia, formazione, ecc.)
Ormai a regime nelle procedure, l’attività di programmazione sarà rafforzata soprattutto per quello che riguarda l’uso degli strumenti informatici per il monitoraggio e
il controllo di gestione onde rendere più fluido e tempestivo il flusso di informazioni.
Documentazione
L’Agenzia dispone di un considerevole patrimonio di
monografie, periodici e videoregistrazioni specializzate
che interessano l’agricoltura, la forestazione, l’ambiente
ed il settore agroalimentare. A ciò si deve aggiungere una
ulteriore disponibilità di di banche dati legislative, bibliografiche e tecniche per il settore.
Normazione della produzione integrata
L’Arsia continuerà a svolgere i compiti ad essa assegnati a seguito dell’affidamento della titolarità nell’ambito della normazione della produzione integrata di cui
alla Lr 25/1999 e delle Misure agroambientali del Piano
Regionale di Sviluppo Rurale, qualificando tale attività
con il monitoraggio degli effetti della loro applicazione e
il costante aggiornamento degli standard e delle relative
schede tecniche in base agli avanzamenti delle conoscenze.
Editoria
Negli ultimi anni l’attività editoriale dell’Agenzia è risultata fortemente potenziata anche grazie alla collaborazione con importanti gruppi editoriali.
In linea con gli orientamenti adottati anche dai maggiori centri di informazione e divulgazione si provvederà
al potenziamento delle versioni elettroniche delle pubblicazioni e dei documenti prodotti. Tale scelta consente di
raggiungere il giusto equilibrio fra le varie forme di diffusione ed al tempo stesso si cercherà di dare risposte alle esigenze di tempestività e di economicità. Particolare
attenzione sarà rivolta alle iniziative editoriali legate ai
temi della trasparenza dell’informazione nei confronti
dei consumatori.
Piano di sviluppo rurale e Leader Plus
Anche per il 2005 è prevista la prosecuzione dell’attività di supporto alla programmazione e alla gestione del
Piano di Sviluppo Rurale e dell’iniziativa comunitaria
Leader Plus, anche attraverso specifici studi a carattere
giuridico ed amministrativo; seminari, attività formative
e azioni di animazione rurale a supporto degli otto GAL
toscani impegnati in progetti trasnazionali e interregionali; l’avvio di studi di analisi degli effetti del piano di
sviluppo rurale e del Leader Plus.
Sistema informativo
Un obiettivo di fondamentale importanza per l’Agenzia sarà quello di prevedere per il 2005 il consolidamento della sicurezza e dell’affidabilità degli indispensabili
sistemi di comunicazione telematici. In tale ottica interventi prioritari dovranno riguardare il recupero della centralità della conduzione del sito internet, l’adozione di sistemi di documentazione e di supporto per la gestione
dei sistemi ed in particolare dei server nonché la verifica
della possibilità di svincolarsi dalla gestione di alcune
funzioni accessorie che però comportano impegni gravosi per il personale. Con particolare cura sarà consolidato
il nuovo sistema di gestione della corrispondenza che risponde alle nuove normative in materia.
3.9.9 Le attività orizzontali
Relazioni con l’esterno
Nel corso degli ultimi anni l’Agenzia ha particolarmente curato l’impostazione delle proprie iniziative con
l’intento di far emergere le sinergie tra campi diversi di
attività e stimolare l’integrazione tra competenze. Tale
sforzo, i cui risultati sono evidenti in tutte le attività dell’Agenzia, ha trovato momenti di particolare rilievo nel-
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
L’attività editoriale dell’Arsia
L’Arsia considera strategica la comunicazione e l’informazione per adempiere al suo ruolo istituzionale di agenzia al
servizio del mondo agricolo e delle comunità rurali e a supporto della Regione e del mondo istituzionale della Toscana.
In quest’ottica ha avviato fin dal 1997 un’intensa attività editoriale che si articola in collane di carattere generale (Monografie) e collane di carattere specialistico-settoriale (Quaderni), provvedendo direttamente alla loro diffusione. L’Agenzia stampa inoltre gli atti di convegni e seminari organizzati nell’ambito delle attività di programma.
L’impegno nel settore editoriale è stato quello di portare un contributo significativo e concreto alla divulgazione
dell’informazione nei vari settori dell’agricoltura diffondendo l’innovazione e i risultati di studi, progetti di ricerca
e sperimentazioni realizzati dai propri tecnici o commissionati all’esterno sui temi più vari, tra gli altri la fitopatologia, l’agricoltura biologica, la zootecnia e lo sviluppo rurale.
Il catalogo dell’Arsia include oggi una cinquantina di titoli che forniscono strumenti utili alla formazione e all’aggiornamento professionale di studenti, tecnici, liberi professionisti e di altri operatori impegnati negli svariati
settori in campo agricolo e forestale.
L’Agenzia utilizza anche altre forme editoriali indirette. L’obiettivo anche in questo caso è quello di fornire attraverso la stampa (o utilizzando gli strumenti telematici) il materiale tecnico per la divulgazione e l’aggiornamento. Per questo l’Arsia si avvale anche della collaborazione di mezzi di comunicazione di massa realizzando supplementi e inserzioni sui principali media settoriali.
Sono state attivate forme di comunicazione che utilizzano i più recenti strumenti telematici. In tale ottica l’uso
del sito Internet è considerato da tempo un veicolo privilegiato per rendere sempre più interattivo e diretto il rapporto con gli utenti dei servizi offerti dall’Arsia.
www.Arsia.toscana.it è il sito ufficiale dell’Agenzia che si pone ormai come un vero e proprio portale istituzionale per il trasferimento dell’innovazione e dei servizi in agricoltura. L’aggiornamento costante e il monitoraggio del
grado di soddisfazione degli utenti consentono il continuo miglioramento e l’implementazione dei servizi offerti.
Tramite il sito, l’utente può conoscere le attività dell’Agenzia e individuare le strutture di riferimento.
Il portale inoltre rende immediatamente disponibili le notizie ed il materiale relativo a convegni, seminari, pubblicazioni, bandi e programmi di ricerca consentendo di scaricare in tempo reale i testi in formato elettronico.
Banche dati
La produzione di basi dati di carattere tecnico ed economico ha subito negli ultimi anni un notevole incremento. A fronte di ciò si è verificato un crescente interesse degli utenti nell’utilizzo di tali strumenti. Con il
2005 sarà aggiornata la disponibilità in rete i dati relativi ai processi produttivi delle aziende facenti parte della
rete di rilevazione gestita dall’Arsia e delle aziende coo-
perative agricole operanti in Toscana. La banca dati a
supporto di Agro-ambiente info sarà integrata dai dati di
contabilità ambientale
Nel corso del 2005 sarà avviata un’azione di miglioramento della gestione dell’Elenco delle aziende biologiche ed integrate in collaborazione con l’Artea, ai fini di
uniformare il sistema informativo tra le Agenzie addette
ad attività di controllo.
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7° Rapporto sull’Economia e Politiche Rurali in Toscana
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