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Un semplice dispositivo per la visualizzazione tridimensionale del
GIORNALE DI FISICA
DOI 10.1393/gdf/i2006-10014-6
VOL. XLVII, N. 4
Ottobre - Dicembre 2006
Un semplice dispositivo per la visualizzazione tridimensionale
del comportamento della luce
F. Logiurato, L. M. Gratton e S. Oss
Dipartimento di Fisica, Università di Trento
Via Sommarive 14, 38050 Povo (Trento) Italy
Riassunto. Si utilizza un semplice ed economico generatore di nebbia ad ultrasuoni per produrre la diffusione della luce in un piccolo ambiente. Vengono esposti
una serie di esperimenti di ottica, sia nel limite geometrico che in quello ondulatorio, nei quali viene visualizzato il percorso della luce. Alcuni esperimenti possono
essere l’occasione per introdurre concetti di fisica moderna, quali il principio di
incertezza di Heisenberg e il dualismo onda-corpuscolo.
Abstract. We use a simple ultrasonic mist maker to produce light diffusion in a
small environment. A series of experiments is suggested to address fundamental
aspects of geometrics and of wave optics. In such experiments the whole wave
path is made visible. It is also possible to introduce some basic ideas of modern
physics, such as the Heisenberg uncertainty principle and wave-matter dualism.
1.
Introduzione
La nebulizzazione è la trasformazione di una certa quantità di liquido in una sospensione di piccole gocce. L’uso della nebulizzazione in campo scientifico ha una
storia molto antica [1]. La medicina indiana Ayurvedica, la cui origine risale a più di
4000 anni addietro, faceva largo impiego di fumi di erbe medicinali. Il medico greco
Dioscoride, considerato il fondatore della farmacologia, raccomandava la respirazione
dei vapori sulfurei, cosı̀ come Galeno, che considerava salutari le esalazioni sulfuree
del Vesuvio. Fino a tutto l’800 si usava inalare medicinali disciolti nell’acqua bollente
per la cura dell’asma e delle affezioni respiratorie, pratica casalinga tutt’ora vigente.
Il farmaco veniva veicolato all’interno delle vie respiratorie trasportato nelle minute
gocce d’acqua prodotte durante l’evaporazione. Nel ’900 con l’invenzione dei nebulizzatori meccanici, capaci di produrre goccioline di opportuna dimensione e in gran
quantità, questo sistema di cura è divenuto ancora più efficiente. Gli apparecchi per
aerosol ideati nel XX secolo producono la nebulizzazione dell’acqua che contiene il
medicinale, o del farmaco stesso in forma liquida, utilizzando l’effetto Venturi oppure
le vibrazioni ultrasonore di un cristallo di quarzo. La costruzione di questi ultimi
è datata attorno al 1960. I nebulizzatori moderni vengono anche adoperati come
umidificatori dell’aria [2].
Nonostante l’indubbia utilità dei dispositivi per aerosol in campo medico, il loro
utilizzo da parte nostra è volto a fini diversi dalla salute del corpo (o per lo meno non
direttamente ad essa!): in questo lavoro descriviamo l’impiego di un piccolo nebulizzatore a ultrasuoni per visualizzare il cammino della luce nello spazio. Attraverso
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sistemi ottici di complessità variabile e in diverse configurazioni, con esso è possibile
studiare dalle semplici leggi dell’ottica geometrica agli intricati disegni dell’ottica fisica. Ciò può sembrare un modo piuttosto convenzionale di introdurre la fisica della
luce, tuttavia pensiamo che un tale apparato abbia le qualità per divenire un valido
strumento nel campo dell’illustrazione didattica dei fenomeni ottici, soprattutto per
quel che concerne le proprietà ondulatorie della luce [3].
L’idea principale consiste nel seguire il comportamento tridimensionale della luce
tramite la sua diffusione luminosa provocata dalle goccioline di nebbia. L’apparato
rende dunque possibile eseguire misure e osservare la diffrazione e l’interferenza nello
spazio a tre dimensioni. Questo è un punto di vista piuttosto differente dalle analisi
tradizionali realizzate sugli schermi. Infatti il nostro approccio vuole enfatizzare la
natura “delocalizzata” della luce: l’onda si propaga nello spazio; essa può interferire
anche lungo il suo cammino e non solo al termine del viaggio.
In passato sono stati adottati diversi semplici espedienti per visualizzare il percorso
della luce, ad esempio, tramite liquidi fluorescenti, fumo, o polvere di gesso [4]. Il
nebulizzatore ha diversi vantaggi rispetto all’impiego di queste tecniche. Produce
nebbia in modo continuo e le immagini sono persistenti e più luminose rispetto a quelle
ottenute con la polvere di gesso, le quali tendono rapidamente a scomparire. Inoltre
esso è economico e più semplice da usare in una classe rispetto ad una macchina “spara
fumo” (ad esempio, trattandosi di acqua, non si corrono rischi di provocare attacchi
di allergia né di far scattare allarmi antincendio). L’uso dei liquidi fluorescenti ha
anch’esso diverse controindicazioni, quali la necessità di immergervi completamente
in certi esperimenti i dispositivi ottici, l’impiego di quantità ingenti di liquido e non
ultimo, la forte dipendenza della diffusione fluorescente dalla lunghezza d’onda della
luce.
Il nebulizzatore è immerso in un piccolo recipiente contenente acqua. Nel dispositivo un trasduttore piezoelettrico di materiale ceramico produce nel liquido vibrazioni
ad alte frequenze (circa 1 MHz). Le onde ultrasonore che si propagano all’interno del
contenitore generano sulla superficie dell’acqua un piccolo getto che si frammenta per
cavitazione nelle minuscole gocce che compongono l’aerosol (dal diametro di alcuni
micron) [5].
Per minimizzare la turbolenza e assicurare alta omogeneità alla nebbia, tutto il
sistema è collocato in una scatola dalle pareti trasparenti (ad esempio, un acquario
può essere efficacemente adattato allo scopo). Per evitare fastidiose riflessioni, della
stoffa nera adesiva ricopre le pareti interne del recipiente non interessate dalla visione
diretta (fig. 1).
2.
Interferenza della luce
Anche se è stato piuttosto facile (ed emozionante!) osservare la luce diffusa dalla
nebbia, abbiamo trovato molto più complicato ottenere lo stesso effetto visivo e la
stessa nitidezza nelle fotografie. Cosı̀, speriamo che il lettore possa provare e giudicare
l’efficacia di questa tecnica direttamente, tramite l’esperienza personale e non solo
attraverso le nostre immagini.
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Fig. 1. – Immagine dell’apparato sperimentale. A sinistra, all’interno del contenitore in vetro, è
visibile il nebulizzatore.
Tutte le fotografie sono state scattate con una camera digitale reflex D70. La
sensibilità equivalente era di 200 ISO. Il range dei tempi di esposizione andava da
1/30 a 1/2 s, con diversi f/valori. Alle figure di interferenza non è stata applicata
alcuna elaborazione digitale.
Nel 1802 Young dimostrò con un semplice esperimento l’esistenza dell’interferenza
della luce giungendo alla definitiva dimostrazione delle sue proprietà ondulatorie.
Secondo Young, lo schema d’interferenza di due onde di luce doveva rassomigliare a
quello provocato dalle onde su una superficie d’acqua. Con questo apparato possiamo
effettivamente visualizzare l’analogia immaginata dallo scienziato inglese: la diffusione
della luce da parte della nebbia rende visibile l’interferenza dentro tutto l’acquario.
Certamente una rappresentazione più efficace delle tradizionali immagini delle frange
su uno schermo piatto.
Nella fig. 2 è mostrata la diffrazione da un reticolo lineare (300 righe/mm) di un
fascio di luce prodotto da un laser verde a diodo di 5 mW (λ = 0,532 μm). Immagini
di diffrazione da reticoli nello spazio sono già stati raffigurate in altri lavori nei quali
veniva impiegata la luce diffusa da polvere di gesso o da fumo (vedi, per esempio [1]).
Il presente apparato permette di mostrare il cammino completo della luce anche con
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Fig. 2. – Diffrazione di un puntatore laser verde attraverso un reticolo lineare.
la diffrazione e l’interferenza da fenditure. Pertanto le foto da noi riprodotte nelle
figure successive rappresentano una novità.
Per ottenere buone foto, negli esperimenti di interferenza e diffrazione con fenditure abbiamo utilizzato un laser di luce rossa da 10 mW (un HeNe con λ = 0,6828 μm).
Tuttavia nella visione diretta un laser a diodo molto meno potente e meno costoso
è altrettanto efficiente nel produrre immagini brillanti e può inoltre limitare possibili rischi. Per le fenditure abbiamo adoperato parte della dotazione del kit di ottica
OS-9165 della Pasco.
In fig. 3 sono mostrati gli schemi di diffrazione e interferenza prodotti da un fascio
laser che si propaga rispettivamente attraverso una singola fenditura (larghezza =
40 μm) e una doppia fenditura (larghezza = 40 μm, distanza = 125 μm). Le caratteristiche generali delle zone luminose sono quelle corrispondenti al comportamento
ondulatorio della luce. Esso è manifestato in entrambe le configurazioni, sia che la luce
passi attraverso una singola fenditura, sia che passi attraverso due o più fenditure.
È possibile confrontare l’esperimento di Young delle due fenditure con la diffrazione da singola. In quest’ultima, l’apertura ha la medesima dimensione di ciascuna
delle fenditure dell’esperimento di Young. Si noti come nel passaggio attraverso le
due fenditure si generano frange di interferenza che non compaiono nella configurazione a singola apertura. Come è ben conosciuto, la diffrazione accade quando la
lunghezza d’onda delle luce e della fessura sono di dimensioni comparabili. La diffrazione (della luce o di qualsiasi altro tipo d’onde) è un effetto di interferenza che
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Fig. 3. – Frange di interferenza prodotte nella nebbia nelle configurazioni rispettivamente di singola
e doppia fenditura. La larghezza di ogni fenditura è d = 40 μm, la separazione dalle fenditure è
D = 125 μm.
Fig. 4. – Le curve gialle rappresentano le intensità delle frange ad una fissata distanza dagli schermi.
può essere facilmente discusso e spiegato in termini del principio di Huygens. Lo
schema d’interferenza dovuto alla doppia fenditura può essere giustificato in termini
della sovrapposizione coerente di due onde emergenti dalle due fenditure.
Per ottenere una più precisa comparazione fisica delle frange, abbiamo rappresentato nella fig. 4 le corrispondenti curve dell’intensità luminosa. Queste possono essere
ottenute adottando un computer package dedicato all’analisi delle immagini digitali
(noi abbiamo utilizzato tracker, un prodotto freeware disponibile su internet [6]). Le
foto elaborate sono state scattate dall’alto e ad una distanza dagli schermi uguale per
entrambe le disposizioni sperimentali.
Nella risultante serie di massimi e minimi possiamo distinguere due schemi: lo
schema inviluppante dovuto alla diffrazione della luce attraversante ogni singola fenditura e, dentro l’inviluppo, le frange di interferenza della luce passante attraverso le
due fenditure.
Naturalmente esistono ben definiti trattamenti formali di questi fenomeni, dai
quali si ottiene la formula per l’intensità dell’interferenza-diffrazione [7]:
I(θ) = Idiffr (θ) × Iinterf (θ),
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Fig. 5. – Schemi degli apparati sperimentali con singole e doppie fenditure. In basso sono
rappresentate le rispettive curve teoriche della distribuzione dell’intensità in funzione dell’angolo θ.
dove (ponendo per semplicità pari ad uno l’intensità del massimo centrale)
Idiffr (θ) =
sin2 (dπ sin θ/λ)
(dπ sin θ/λ)2
dà l’intensità della diffrazione da singola apertura che modula l’intensità
dell’interferenza da due fenditure
Iinterf (θ) = cos2 (Dπ sin θ/λ).
Seguendo l’usuale convenzione, d è la larghezza delle fenditure, D la distanza tra le
aperture e θ è l’angolo formato da una direzione con la normale allo schermo a partire
dal centro di questo (vedi la fig. 5).
Queste formule valgono nell’approssimazione di Fraunhofer, dove la distanza tra
le fenditure e la larghezza delle singole aperture sono considerate molto più piccole
della distanza x tra le fenditure e gli schermi di rivelazione del setup tradizionale:
d, D x.
Le intensità teoriche graficate nella fig. 5 ottenute col modello ondulatorio della
luce sono in buon accordo con le curve sperimentali della fig. 4. Inoltre nel medesimo
esperimento è anche possibile verificare direttamente la distribuzione teorica della luce
in funzione dell’angolo θ: da un’analisi delle immagini nelle foto si può mostrare come
l’intensità della luce segue le due relazioni nλ = d sin θ e nλ = D sin θ che individuano
rispettivamente i minimi ed i massimi per la singola e doppia fenditura.
Come si può notare, lo schema di interferenza nella configurazione a due fenditure
non è semplicemente la somma delle frange di diffrazione che si ottengono da due
esperimenti successivi con singole aperture. Questo fenomeno è certamente inspiegabile se adottiamo un modello corpuscolare classico della luce. Infatti, le immagini
della fig. 3 certamente ben accompagnano la controparte ondulatoria dell’esperimento
di Feynman delle due fenditure, col quale l’autore del famoso The Feynman Lectures
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Fig. 6. – Diffrazione attraverso singole fenditure di larghezza decrescente (da sinistra a destra d =
160, 80, 40, 20 μm). La larghezza del fascio prima di attraversare le aperture è di circa 2 mm, mentre
la lunghezza d’onda della luce è λ = 0,6828 μm.
on Physics introduce il dualismo onda-corpuscolo e il principio di complementarità
di Bohr [8].
Nella fig. 6 sono poste a confronto altre interessanti fotografie; in ognuna di esse la
luce del laser HeNe incide su singole fenditure di differente larghezza. La dipendenza
dell’apertura del fascio diffratto dalla larghezza della fenditura è evidente: più è
stretta la fenditura, più è largo l’intenso fascio centrale di ordine zero.
Anche queste foto possono essere una bella illustrazione sperimentale della deduzione di Heisenberg delle relazioni di incertezza dall’esperimento della singola fenditura: se consideriamo la luce come un flusso di corpuscoli (i fotoni), ne segue che
più è stretta l’apertura, più è alta la localizzazione spaziale del fascio nella fenditura, e maggiore è la dispersione e l’incertezza del momento acquistata dai fotoni nella
direzione parallela allo schermo [9, 10].
È anche evidente dalla fig. 6 come l’apparato, visualizzando il percorso completo
della luce, si presta a considerazioni sui limiti di applicabilità dell’ottica geometrica
dei raggi, valida per dimensioni degli ostacoli e delle aperture molto maggiori della
lunghezza d’onda della luce.
3.
Applicazioni all’ottica geometrica
Con questo apparato è naturalmente possibile illustrare anche le leggi dell’ottica geometrica. Anche se, come accennato, per quel che riguarda la fisica dei raggi
di luce si sono già applicati vari metodi di visualizzazione, nella “camera a nebbia”
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Fig. 7. – A sinistra: riflessioni multiple di fasci di diffrazione uscenti da un reticolo da parte di uno
specchio circolare e dalle pareti dell’acquario. A destra: un fascio di luce bianca si dirige nel fuoco
di una lente convergente (in alto è visibile il nebulizzatore).
Fig. 8. – Due fasci laser rispettivamente rosso e verde incidono sovrapposti sulla faccia di un prisma.
A causa del diverso indice di rifrazione della luce (maggiore per lunghezze d’onda minori) i due fasci
emergono separati dal prisma. Rispetto alla direzione iniziale di incidenza, il raggio verde risulta
maggiormente deviato del raggio rosso.
le proprietà fondamentali della luce sono rese più efficacemente e descritte in modo
ancor più spettacolare e coinvolgente. Specchi, lenti e prismi ci permettono di mostrare il comportamento tridimensionale dei raggi nella formazione delle immagini. In
modo strettamente somigliante ai disegni tracciati nei manuali, si deducono le leggi
della rifrazione e della riflessione, il funzionamento dei sistemi di lenti convergenti e
divergenti negli strumenti ottici e l’esistenza delle aberrazioni.
Per esempio, nella fig. 7 possiamo osservare le leggi della riflessione in azione: un
fascio laser è diretto contro un reticolo unidimensionale e i diversi fasci diffratti sono
riflessi da uno specchio e parzialmente riflessi dalle pareti dell’acquario. È possibile
anche esaminare la forma che un fascio di luce bianca emesso da un proiettore per
diapositive assume passando attraverso una lente convergente (fig. 7). Come ultima
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configurazione tra le infinite costruibili, la fig. 8 illustra i raggi rifratti in un prisma
di vetro e la dipendenza dell’indice di rifrazione dalla frequenza della luce.
In definitiva un po’ tutta la storia dell’ottica classica può essere ripercorsa all’interno del nostro semplice dispositivo, riproponendo dai classici esperimenti descritti
da Newton nel suo trattato “Opticks”, fino alle esperienze di Young, Fresnel e tanti
altri sull’ottica ondulatoria.
Bibliografia
[1] http://edoc.bib.ucl.ac.be:81/ETD-db/collection/available/BelnUcetd04122006-201455/unrestricted/Chap1.pdf
[2] La parola nebulizzatore viene dal latino “nebula”, in italiano nebbia. È possibile trovare ulteriori
[3]
[4]
[5]
[6]
[7]
[8]
[9]
[10]
notizie sui nebulizzatori, per esempio, nei seguenti siti:
http://www.physlink.com/estore/cart/UltrasonicMistMaker.cfm
http://scientificsonline.com/product.asp Q pn E 3082301
http://www.mainlandmart.com/foggers.html
http://www.physlink.com/estore/cart/UltrasonicMistMaker.cfm
Logiurato F., Gratton L. M. and Oss S., “Travelling light and three-dimensional wave
behaviour”, Phys. Teach. (2006) in corso di stampa.
Walker D., “Visible diffracted rays”, Phys. Teach., 11 (1973) 435.
La cavitazione è un fenomeno simile all’ebollizione, dove però la formazione delle bolle non è
dovuta all’aumento di temperatura ma all’abbassamento della pressione nel liquido. Le bolle
implodono non appena escono dalla regione di bassa pressione idrostatica.
Il software tracker è scaricabile dal sito
http://www.cabrillo.edu/∼dbrown/ tracker/webstart/
Jenkins F. and White H., Fundamental of optics (McGraw-Hill Book Company) 1957, pp. 290312.
Feynman R. P., Leighton R. B. and Sands M. L., The Feynman Lectures on Physics, Vol. 3
(Addison-Wesley, New York) 1966.
Logiurato F., Gratton L. M. and Oss S., “A visual approach to complementarity and
uncertainty principle”, inviato per la pubblicazione a Phys. Educ. (2006)
Heisenberg W., The physical principles of the quantum theory (University of Chicago Press)
1930, p. 10.