Stratificazione del rischio di TEV

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Stratificazione del rischio di TEV
IV Mediterraneo - VII Sessione
NOVITÀ IN TEMA DI TROMBOEMBOLISMO VENOSO
(Prof. Prisco, Prof. Davì, Prof. Ageno)
Stratificazione del rischio di TEV
Il tromboembolismo venoso (TEV) ha un’incidenza di 1-2 per 1000 pazienti/anno, è una patologia
legata strettamente all’età avanzata (>70 anni), si distingue una forma idiopatica e una seconda
secondaria a fattori circostanziali, in cui la profilassi può rivestire un ruolo rilevante. E’ una malattia
multifattoriale in cui ci sono fattori genetici, acquisiti, transitori e misti.
Bisogna distinguere tra stratificazione del rischio individuale per la prevenzione primaria (e
secondaria) in situazioni di rischio e la stratificazione del rischio di recidiva dopo un primo episodio
di TEV.
Occorre valutare anche il rischio trombotico e ricordare che il rischio aumenta in relazione
all’associazione di più fattori di rischio.
1) Stratificazione del rischio per la prevenzione primaria (e secondaria):
• l’ospedalizzazione per patologia medica acuta determina un incremento del rischio
trombotico di circa 8 volte ed è responsabile di circa il 25% di tutte le TEV
• la stratificazione del rischio trombotico dei pazienti medici risulta spesso complessa a
causa della polipatologia e della complessità della casistica
I pazienti ricoverati in Medina Interna presentano, in funzione delle loro comorbidità, un nuovo
aspetto clinico, funzionale, assistenziale, organizzativo, che impone nuove riflessioni anche per gli
aspetti formativi e di ricerca.
Il problema è stratificare il rischio e identificare i pazienti ad alto rischio, tenendo conto che i
pazienti internistici ad alto rischio sono circa il 40% e secondo questo dato sono stati sviluppati
score dedicati.
La profilassi nei pazienti a rischio è sottoutilizzata, quindi occorre avere strumenti di valutazione
del rischio, come il Padoa Prediction Score che costituisce il miglior modello per valutare il rischio
trombotico nei pazienti medici ricoverati nonostante i suoi limiti, o il Khorana risk assessment o
quello della Regione Toscana o quello dello studio IMPROVE. E’ stato osservato a Padova che il
rischio di TEV è maggiore nei pazienti ad alto rischio che ricevono profilassi rispetto a coloro che
sono a basso rischio. Tuttavia, nel mondo reale risulta difficile applicare schemi basati sugli score
di predittività proposti a causa della complessità di ogni singolo paziente. Infatti, in una casistica
italiana solo il 15% dei pazienti a rischio e con multimorbidità, sono stati profilassati.
1
Predictors of thromboprophylaxis prescription
(multivariate logistic regression)
Marcucci M, Intern Emerg Med 2013
Anche l’esperienza di Violi et al. (2013) indica che durante la degenza ospedaliera il tasso di TEV
sintomatico è lievemente inferiore (0,5%) rispetto a al tasso osservato nei trial.
2) Stratificazione del rischio di recidiva dopo un primo episodio di TEV. E’ noto che la TEV è una
malattia cronica e che tende a recidivare, ma è la forma idiopatica ad avere il rischio più alto di
recidiva, e si distinguono 4 categorie principali di rischio:
1. non provocato
2. provocato da fattore di rischio permanente (es.: cancro)
3. provocato da fattore di rischio transitorio, chirurgico
4. provocato da fattore di rischio transitorio, non chirurgico
• immobilizzazione >4 giorni
• malattia acuta
• gravidanza/puerperio
• terapia ormonale
Una prima buona stratificazione può essere basata sui tassi di ricorrenza annualizzati dopo il
primo episodio di TEV:
Fattore di rischio transitorio: 3,3% per paziente-anno
• 0,7% con fattore di rischio chirurgico
• 4,2% con fattore di rischio non chirurgico
TEV non provocato: 7,4% per paziente-anno
Inoltre, per i pazienti con forma idiopatica le strategie di stratificazione possono essere:
- trombofilia (che fornisce un aumento di rischio non rilevante)
- valore prognostico del test del D-dimero (aumento dopo sospensione della terapia orale)
- persistenza di trombosi venosa residua
Anche lo studio italiano DULCIS (in corso di pubblicazione) confermerà la necessità delle varie
strategie d’integrazione (in base alle quali sono stati formulati algoritmi dedicati), con la necessità
di adattamento alla situazione di ogni singolo paziente
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La rivoluzione terapeutica dei nuovi anticoagulanti orali
Lo studio internazionale ENDORSE ha evidenziato che meno del 50% dei pazienti che richiedono
prevenzione della TEV e dell’embolia polmonare (PE) sono in terapia presentiva, e questa ridotta
percentuale si riscontra nei reparti di Medicina Interna più che nei reparti di chirurgia. La PE uccide
tre volte di più i pazienti medici rispetto ai pazienti chirurgici (Sandler et al., 1989).
I nuovi anticoagulanti orali agiscono in diversi punti della cascata coagulativa, in particolare, gli
inibitori del Xa e del IIa, alcuni dei quali disponibili in commercio.
Eriksson BI, et al.
Annu Rev Med. 2011;62:41-57
I nuovi anticoagulanti orali si differenziano per le diverse caratteristiche fisico-chimiche,
farmacocinetiche e di biodisponibilità orale, numero di somministrazioni giornaliere
(monosomministrazione) e tutti sono caratterizzati dal consentire un superamento dei cumarolici,
hanno una miglior clearance renale, e sono stati approvati in diverse situazioni cliniche.
Il primo anticoagulante orale utilizzato per il TEV è stato il dabigratan che ha mostrato un’efficacia
comparabile a warfarin nella prevenzione del TEV nel lungo termine ma con un rischio di
sanguinamento clinicamente rilevante (studi RE-MEDY e RE-SONATE, NEJM. 2013). Il profilo di
efficacia di dabigratan è simile a quelli anche degli altri nuovi anticoagulanti orali.
Il secondo anticoagulante orale è stato rivaroxaban, caratterizzato da un’elevata biodisponibilità
orale, e da una rapida insorgenza dell’effetto per il TEV sintomatico. In base allo studio EINSTEIN
(NEJM 2010), è emerso che rivaroxaban in monosomministrazione offre un approccio semplice nel
breve termine e un trattamento continuo della TEV può migliorare il profilo rischio-beneficio.
Il trattamento con rivaroxaban per via orale dell’embolismo polmonare sintomatico, con un regime
a dose fissa e in monoterapia era non inferiore a terapia standard per il trattamento iniziale e di
lungo termine, e ha migliorato potenzialmente il profilo rischio-beneficio (EINSTEIN-PE, NEJM
2012).
Lo studio AMPLIFY ha evidenziato che il trattamento con apixaban per il TEV acuto, a dosi fisse e
in monosomministrazione, era non inferiore a terapia convenzionale per il trattamento del TEV ed
era associato a un sanguinamento significativamente inferiore (studio AMPLIFY, NEJM 2013).
Edoxaban nel TEV sintomatico, rispetto a warfarin, ha dimostrato una riduzione del numero di
sanguinamenti clinicamente rilevanti. Somministrato una volta al giorno dopo trattamento iniziale
con eparina edoxaban era non inferiore rispetto a terapia standard e ha causato un
sanguinamento significativamente inferiore in un ampio spettro di pazienti con TEV, compresi
quelli con embolismo polmonare (studio Hokusai-VTE, NEJM 2013).
In base ad alcune review sistematiche si può concludere che i nuovi anticoagulanti orali (NOAC)
costituiscono un trattamento efficace e sicuro per il TEV acuto. Rispetto agli agonisti della Vitamina
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K i NOAC hanno un rischio di ricorrenza del TEV acuto e per tutte le cause di mortalità simile,
sebbene rivaroxaban sia associato a un ridotto rischio di sanguinamento (BMJ 2012;345:e7498).
Una recente metanalisi ha evidenziato che i NOAC sembrano avere un’efficacia comparabile ai
dicumarolici nei pazienti con TEV acuto, sono associati a un minor rischio di sanguinamenti minori,
sebbene il rischio assoluto è risultato in qualche modo limitato, con un NNT relativamente alto (in
media, di 149) per prevenire il sanguinamento maggiore (J Thromb Haemost. 2014).
Anticoagulanti a confronto: i risultati dei trial clinici
Oggi le linee startegiche di trattamento della trombosi venosa profonda e della tromboembolia
polmonare si articolano, a partire dalla prima settimana (la più critica), con l’attuale terapia
parenterale standard a cui si aggiungono i quattro nuovi anticoagulanti orali, in base agli studi
clinici di fase III.
Venous thromboembolism:
drugs and strategies
LMWH or
Fonda s.c.*
Current standard of care
VKA
Day 1
RE-COVER + RE-COVER II
Day
5Š11
DABIGATRAN (publ . 2009/2013)
HOKUSAI-VTE
EDOXABAN (publ. 2013)
LMWH s.c.
Day 1
At least 3 months
dabi bid / edo OD
At least 3 months
Day
5Š11
riva 15 mg BID 3 wk,
then 20 mg OD
api 10 BID 1 wk, then 5 mg BID
Day 1
At least 3 months
*Or unfractionated heparin or fondaparinux
BID = twice daily; LMWH = low molecular weight heparin; OD = once daily; s.c. = subcutaneous; VKA = vitamin K
antagonist
La terapia standard iniziale (eparina e antagonisti della Vitamina K) dura almeno per i primi 3 giorni
(spesso 10 giorni nella pratica clinica); successivamente, il periodo di trattamento è di solito di 3
mesi, a parte i pazienti ad alto rischio in cui la terapia va proseguita per un periodo molto più
prolungato o a tempo indeterminato.
Tra i quattro anticoagulanti orali, nel confronto con la terapia standard, dabigratan ed edoxaban
sono stati confrontati solo con l’antagonista della vitamina K, mantenendo l’eparina nella prima
settimana, mentre per rivaroxaban e apixaban si è scelto di sfruttare una delle caratteristiche di
questi farmaci, cioè la rapiditità d’insorgenza (picco d’azione) dell’effetto, con una dose d’attacco
ed eliminando l’eparina. Obiettivo primario degli studi era dimostrare la non inferiorità e un
guadagno in praticità e tale obiettivo è stato raggiunto, così come un beneficio con la riduzione di
un terzo di sanguinamenti maggiori, anche nei pazienti anziani.
Anche per quanto riguarda l’embolia polmonare i nuovi farmaci hanno dimostrato un’efficacia non
inferiore e un profilo di sicurezza vantaggioso, in assenza di eparina.
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EINSTEIN PE P rincipal safety outcome:
Cumulative event rate (%)
major or non-major clinically relevant bleeding
Enoxaparin/VKA
N=2405
15
14
13
12
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
11.4% (Major 2.2% *)
Rivaroxaban
N=2412
10.3% (Major 1.1% *)
0
30
60
90
120
150
180
210
240
270
300
330
360
Time to event (days)
Number of patients at risk
Rivaroxaban
2412 2183
2133
2024
1953
1913
1211
696
671
632
600
588
313
Enoxaparin/VKA 2405 2184
2115
1990
1923
1887
1092
687
660
620
589
574
251
Safety population
* 0.49 (0.31-0.79)
The EINSTEIN Investigators. N Engl J Med 2012
Il marcatore di stress polmonare BMP ha confermato la maggior efficacia dei nuovi farmaci
anticoagulanti orali. Negli studi di estensione oltre 3 mesi, in pazienti in cui era incerta l’opportunità
di proseguire, il confronto è stato verso placebo. Nello studio AMPLIFY di estensione, con dose
ridotta di amixaban, il numero di emorragie maggiori era sovrapponibile al placebo.
Ad oggi questi nuovi farmaci non sono stati studiati in tipologue di pazienti come, per esempio:
pazienti con insufficienza renale o epatica severa, in presenza di terapia con farmaci antiretrovirali,
pazienti con neoplasia attiva, con concomitante embolia polmonare e instabilità emodinamica.
Tuttavia, gli studi di fase III hanno arruolato oltre 27.000 pazienti con TEV ed EP dimostrando
un’efficacia comparabile con la terapia standard e una sicurezza complessivamente superiore, con
vantaggi pratici indiscutibili, e con la possibilità di somministrazione anche in pazienti fragili.
Per il loro impiego ottimale è fondamentale la selezione dei pazienti idonei al trattamento, ed è
fondamentale un adeguato follow up. Rimangono ancora alcune aree incerte come la EP con
disfunzione ventricolare destra, neoplasia attiva e sedi inusuali.
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