Riassunto Manuale dinamica

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Riassunto Manuale dinamica
Parte prima – Il sistema freudiano
I Capitolo. Il pensiero freudiano: costruzioni e ricostruzioni
Fin dagli inizi l'interesse principale di Freud è stato rivolto allo studio del funzionamento della
mente. Egli ha posto in primo piano l'importanza del conflitto intrapsichico: la lotta tra forze o
strutture incompatibili all'interno della personalità.
Freud sapeva solo talune cose ma le sapeva molto bene da questo punto di vista sia il modello
evolutivo proposto (cioè il modello per fasi dello sviluppo psicosessuale), sia l'ipotesi di
un'energia psichica che pervade inizialmente singole sfere dell'individuo e successivamente
l'intera persona, sia l'orientamento dinamico alla psicopatologia, rappresentano aspetti di un
approccio innovativo dello studio della natura umana.
1. La tappa iniziale: l'isteria
Freud ha collaborato con Breuer e ha scritto "Studi sull'isteria" (1895): l’ipotesi è che c'è
sempre un motivo per ammalarsi e l'origine di questo motivo è individuata nel passato del
soggetto isterico che può essere opportunamente riattualizzato prima con il metodo ipnotico di
Charcot e con la cosiddetta abreazione e successivamente con le libere associazioni,
l'interpretazione dei sogni e l'analisi del transfer.
Freud era convinto che vi è continuità nella vita mentale (psiche): le primissime fasi della
crescita si legano strettamente a quelle successive. E' centrale la malattia e non il malato.
Si intravede l’ipotesi che vi siano connessioni tra il fatto originario (trama) e il sintomo, ma
si fatica a distanziarsi dallo scarto del modello medico tra normale e patologico, a calarsi nella
relazione, si mantiene la separazione tra il soggetto (terapeuta) e l’oggetto (paziente).
Il ricordo rappresenta una cosa (res) non un evento che illumina e si esprime nella
relazione resistenza del paziente come opposizione cercata o voluta. E’ sempre centrale la
malattia e non il malato (il metodo psicanalitico non è stato ancora messo a punto). Freud
oscilla tra:
•
•
la convinzione che il trauma si produca una volta sola (un fatto originario)
la sensazione che molti episodi infantili rappresentano la base della patologia
Freud intuisce l'esistenza di relazioni simboliche tra sintomo e simbolo che non sono
immediatamente afferrabili: richiedono elaborazione, vale a dire un lavoro mentale specie là
dove il conflitto attiva risposte organiche. In effetti il problema è dato dal fatto che non il
singolo trauma bensì più traumi parziali, più fatti, in apparenza non rilevanti, addirittura banali,
stanno la base dei vari disturbi sia isterici che di altro tipo. Il caso di Anna O. indirizza Freud
sulla strada della psicanalisi e nasce la Talking Cure, la cura della parola. Il paziente non va
tanto guidato quanto invece ascoltato in ciò che ha da dire del suo presente, del suo passato,
dei suoi conflitti, dei suoi sensi di colpa, delle sue aspirazioni, dei suoi slanci, del suo dolore e
delle sue gioie. In ogni caso è l'isteria, nelle sue diverse forme, la via di accesso alla psicanalisi
intesa come relazione e non come estorsione di un ricordo che non si vorrebbe comunicare a
motivo della sua spiacevolezza.
2. La seconda parte: il desiderio sessuale.
2.1 Sogno e nevrosi.
Secondo Freud gli eventi traumatici, in precedenza considerati reali, possono invece essere il
risultato di fantasie del paziente: la fantasia dunque non è meno pregnante di ciò che siamo
soliti chiamare realtà. In quest'ottica il sogno viene visto come l'appagamento mascherato
di un desiderio inaccettabile, censurato cioè represso, rimosso come un prodotto del
sistema inconscio la cui meta è appunto la soddisfazione del desiderio. Il desiderio, in
particolare quello sessuale, inizia ad essere inteso in modo più convinto come la forza motrice
di ogni sintomo: alla base di ogni sintomo isterico vi è la rimozione di desideri inconsci
insoddisfatti.
Nei "Tre saggi sulla teoria sessuale" (1905) i desideri inconsci sono considerati di natura
sessuale. Il caso di Dora nel saggio "Frammento di un'analisi di isteria" mostra un
profondo cambiamento nello stile relazionale di Freud: troviamo un terapeuta più pronto e
capace di riconoscere le emozioni suscitate da questa eroina della psicanalisi: è ancora una
volta la donna a condurre il gioco come ha fatto Anna O: Dora rifiuta le interpretazioni assai
acute di Freud: da un lato offre e mostra nel transfert i fantasmi (che però Freud ancora non
capisce) e dall'altro si sottrae ad essi. Vi sono sicuramente legami tra lo sviluppo della prima
infanzia e i conflitti attuali della ragazza: il sogno è una delle vie indirette per aggirare la
rimozione. I sintomi mostrati dalla ragazza non sono tanto manifestazioni di traumi quanto
segnale di conflitti attuali e pregressi che sono espressione di connessioni interiori. Perché il
sintomo si manifesti deve esserci anche una compiacenza somatica offerta da un processo
normale o patologico in un organo del corpo. Si fa strada l'idea di una interconnessione tra
psichico e somatico che presenta modalità espressive differenziate a seconda della forma di
sofferenza manifestata dal paziente. La mente poggia sul corpo ed è questo corpo che orienta
la mente.
Il caso di Dora coincide anche con la scoperta del transfert: è lo spostamento di schemi di
sentimenti, pensieri, comportamenti sperimentati originariamente in relazione a figure
significative dell'infanzia su una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale.
Inizialmente può apparire come un ostacolo o una resistenza ma di fatto è il miglior alleato
dello psicoterapeuta e del paziente nel loro tentativo di risolvere la nevrosi. Questa nuova
visione della terapia farà nascere concetti come alleanza terapeutica e controtransfert che
designa il complesso delle reazioni prevalentemente inconsce di un analista verso il paziente e
più specificatamente verso il suo transfert.
La molla del transfert è data dalla proiezione: l'attribuzione all'altro dei sentimenti di desideri
che il soggetto rifiuta in sé cioè quel meccanismo che è assieme all'introiezione (processo
inconscio tramite il quale un oggetto esterno viene simbolicamente assunto dentro di sé e
assimilato come parte di se stessi) sta alla base dello sviluppo.
2.2. Lo sviluppo libidico.
Secondo Freud la sessualità non è esclusivamente un fenomeno adulto: ad una attenta
osservazione i bambini palesano le irregolarità della pulsione sessuale che consiste in una
spinta (carica energetica), la cui fonte è uno stato di eccitamento del corpo, che si specifica
diversamente a seconda della meta (l'azione verso la quale la pulsione preme) e dell'oggetto
(la persona che provoca attrazione sessuale). È un processo che avviene tra continue
oscillazioni in avanti e indietro con momenti di arresto o fissazione, in cui la libido rimane
legata zone erogene, persone, oggetti o immagini e momenti di regressione in cui si ha una
ricaduta in fasi evolutive precedenti.
La continuità della vita sessuale è appunto la pulsione, uno dei concetti che stanno al
limite tra lo psichico e il corporeo: in un primo momento la pulsione sessuale è autoerotica e
successivamente si dirige all'esterno. Freud distingue tra organizzazioni sessuali pregenitali
(parziali) e un'organizzazione genitale vera e propria.
•
Una prima organizzazione pregenitale è quella orale in cui l'attività sessuale non è ancora
separata dall'assunzione di cibo
• La seconda organizzazione pregenitale è quella sadico-anale in cui la mucosa erogena
intestinale si fa valere come organo, come meta sessuale passiva.
• La terza organizzazione pregenitale è quella fallica: si fanno strada le prime avvisaglie del
piacere legate all'organo virile. Le pratiche di autostimolazione e masturbazione sono un
modo per conoscersi e per rappresentarsi il corpo, le sue caratteristiche, i suoi confini.
L'importanza e il significato genitale maschile in questo periodo sono al centro dei pensieri e
delle considerazioni infantili sulle figure dei genitori.
L'ingresso nel periodo di latenza che interrompe e congela le spinte sessuali infantili per
lasciare spazio ad attività cognitiva, sollecitata anche dall'apprendimento scolastico, posticipa
la conclusione dello sviluppo psicosessuale. E' dopo la maturazione biologica nell'adolescenza
che risulta infatti possibile l'instaurarsi di un'organizzazione genitale ovvero il consolidarsi
dell'identità di genere.
La distinzione tra pulsioni parziali e pulsioni genitali dimostra che la sessualità è una
sessualità allargata ossia capace di prendere in considerazione gli aspetti di piacere legati al
funzionamento corporeo che esulano, per così dire, dalla genitalità. Il bambino è un perverso
polimorfo che sperimenta piaceri sensoriali muscolari di varia natura.
Il mondo di fantasia permette al bambino ma anche all'adulto di rielaborare i ricordi del
passato sulla base delle impressioni del presente. Freud riconosce al bambino una vita mentale
estremamente ricca e attiva, incentrata attorno alle vicissitudini delle pulsioni sessuali: è anche
per questa via che l'attività fantastica del bambino appare rivolta a produrre teorie sessuali
sulla generazione e sulla riproduzione, utilizzando le conoscenze che gli provengono dall'aver
raggiunto una determinata fase dello sviluppo nel tentativo di venire a capo dell'enigma della
propria nascita della propria identità di genere.
Hans: nel caso del piccolo Hans Freud riconosce nell'animale temuto una raffigurazione
deformata del padre percepito dal bambino come minaccioso, ma indica anche una ragione
dinamica della fobia: l'equivalenza fantastica tra padre e cavallo poggia di fatto sulla profonda
preoccupazione del piccolo per il proprio genitale. In questo modo la fobia appare l'esito di una
serie di fantasie in cui confluiscono elementi pulsionali parziali legati all'organizzazione
pregenitale e sentimenti contemporaneamente teneri e ostili diretti verso il padre: è
l'ambivalenza come connotato naturale dell'essere umano.
Il conflitto tra gli aspetti della propria vita mentale impone ad Hans di rinunciare alle fantasie e
al piacere connesso al proprio organo genitale e scatena in lui l'angoscia o meglio l'isteria
d'angoscia. Al fondo della sofferenza psichica opera quello stesso insieme di rappresentazioni e
ricordi che il soggetto isterico mostra di aver dimenticato: il lavoro terapeutico consiste allora
nel condurre il paziente a ritrovare e a comprendere il significato originale delle proprie
fantasie recuperando quei pensieri e quei desideri che, ancorché rimossi, condizionano la vita
affettiva e relazionale.
Nel 1909 scrive "Osservazioni su un caso di nevrosi ossessiva" in cui indaga ed esplora
l'orrore di un proprio piacere, ignoto al paziente stesso, il quale sembra non rendersi conto del
significato che i ricordi hanno in relazione ai propri desideri profondi. Sono i falsi nessi tra le
associazioni, frutto di un fraintendimento di fantasie rimosse e quella parte della personalità
che a quell'epoca si è separata e non ha seguito l'evoluzione del tutto ed è stata perciò
rimossa. E’ il conflitto interno tra desiderio e timore del desiderio e non il trauma a spiegare il
perché determinati pensieri risultano intollerabili e vengono rimossi.
Nel nevrotico l’espressione cosciente della propria vita interiore risulta falsata e deformata: ciò
spiega l’onnipotenza del desiderio e la “sensibilità complessuale” del paziente che tentando
di fronteggiare i pensieri illogici che lo affliggono (dubbi, paure) non sa che questi hanno
origine in aspetti concreti del suo mondo interno. Si tratta di fantasie che inaccettabili alla
coscienza adulta, sono state messe in disparte nell’illusione di potere perdere di significato, ma
continuano ad agire e costituiscono il significato di gesti e comportamenti che sembrano
illogici.
Pensieri e sentimenti di morte vengono interpretati da Freud tramite lo spostamento
(processo con cui sentimenti inaccettabili sono investiti in un oggetto sostitutivo) di fantasie
sessuali e aggressive infantili che il paziente cerca di dominare nei modi che gli sono possibili.
2.3. Il narcisismo e l'ideale dell'io.
In Freud c'è la consapevolezza che non è possibile intendere la psiche umana, sia nelle
manifestazioni normali, sia in quelle patologiche, se non si comprende come ogni sintomo e
ogni fenomeno, anche irrazionali, abbiano un preciso significato nella complessa realtà del
mondo interiore, resa attuale nella relazione con l'altro.
E' il conflitto tra l'io e la pulsione sessuale ciò che permette di avvicinarsi alle dinamiche
del pensiero psicotico. Questa intuizione di un doppio registro della vita interiore sposta
finalmente l'analisi freudiana dall'elemento sessuale verso una considerazione più ampia della
vita psichica, intesa come il frutto di una complessa organizzazione di personalità. L'organismo
umano, in balia dei processi di accumulo e di scarica della libido, ossia della sensazione di
dispiacere e di piacere, appariva orientato semplicemente all'evitamento del dispiacere alla
ricerca del piacere. In "Precisazioni su due principi dell'accadere psichico" Freud riteneva
che la vita psichica fosse retta da un
• principio di piacere, mirante a ridurre al minimo dispendio di energia, temperato però da
un
• principio di realtà per permettere all'individuo l'adattamento dell'apparato psichico alle
richieste ambientali (rinuncia a un desiderio onnipotente e incontrollabile).
Questo adattamento lascia serbata un'area del fantasticare in cui si svolge la parte più
significativa della vita mentale, per sviluppare un più realistico amore oggettuale tramite
l'educazione della pulsione sessuale. Nell'introduzione al narcisismo Freud teorizza una
motivazione che non coincide con la sola gratificazione pulsionale ma si connette anche ai
processi di identificazione cioè quei processi psicologici con cui un soggetto assimila un
aspetto, una proprietà, un attributo di una persona e si trasforma secondo il modello della
persona cui con cui è avvenuta l'identificazione. Freud tenta di integrare l'articolata teoria della
pulsione sessuale con una visione più ampia della psiche individuale, comprensiva di quella
ricerca dell'oggetto che tanto spazio occuperà nelle teorizzazioni degli indipendenti.
Vengono descritte due modalità di amore non più solo di desiderio:
• l'amore di tipo narcisistico
• l'amore anaclitico o per appoggio, cioè l'amore che può essere rivolto a qualcuno che
rappresenta la nutrice o l'uomo protettivo.
Freud intuisce che non si possono più identificare le motivazioni ultime del comportamento
esclusivamente nei desideri, nelle fantasie sessuali che promuovono alla ricerca di piacere ma
è necessario anche rintracciare il motivo per cui l'individuo evolve nella direzione di una
personalità adulta e complessa. Introduce pertanto il concetto di sentimento di sé considerato
frutto dell'investimento libidico dell'io, ossia dell'interesse che ognuno ha per la propria
persona.
Nevrosi (isteria, fobia e ossessione) spiegata con la teoria della libido oggettuale
Psicosi (schizofrenia, paranoia) spiegata con la libido rivolta all’Io (narcisismo).
Esiste un io ideale al quale l'individuo si può rapportare ogni qualvolta ne sente il bisogno
oppure cerca di governare, quando ne avverte la necessità, la propria interiorità. Questo io
ideale va distinto dall'ideale dell'io pur essendovi tra questi concetti intuibili legami.
Mentre l'io ideale è legato al ricordo dell'età dell'oro, nel tempo in cui il bambino era
incoraggiato e si godeva la megalomania, il narcisismo e l'onnipotenza che sono il diritto di
ogni bambino piccolo, l'ideale dell'io può rappresentare un fattore incoraggiante non già una
regressione ma piuttosto una speranza. È in questo senso che l'ideale dell'io può promuovere
la crescita e la salute mentale. Esso sicuramente sollecita quel particolare processo della
sublimazione ossia la rinuncia alla meta sessuale a favore di oggetti ritenuti di alto valore
sociale, un processo di difficile e faticosa attuazione.
L'amore di traslazione è una formazione mentale che è allo stesso tempo la principale
resistenza del paziente a integrare memorie e fantasie infantili e lo strumento che permette
gradatamente di conciliare il sapere cosciente con un non sapere.
3. La terza tappa: la metapsicologia.
Per metapsicologia Freud intende in particolare un sistema di osservazione in base al quale
ogni processo psichico possa essere esaminato secondo coordinate dinamiche, economiche e
topologiche. La mente (psiche) è sempre in movimento, c'è qualcosa di vivo e come tale
conflittuale. Ne segue che una vera scienza psicologica deve dare ragione di questa
conflittualità sia essa prevalentemente intrapsichica o interpersonale.
• Il punto di vista dinamico: i fenomeni psichici possono essere analizzati come risultato di
una combinazione di forze tra loro antagoniste per esempio libido e interessi dell'io in un
primo momento eros e istinto di morte in un secondo.
• Il punto di vista economico introduce la dimensione quantitativa di queste stesse forze.
• Il punto di vista topico utilizza per la comprensione del conflitto la disposizione spaziale di
sistemi dell'apparato che assicurano funzioni differenti:
• prima topica (modello topografico): inconscio, preconscio e conscio
• seconda topica (modello strutturale): ES, io e il super io.
I punti di vista sono ritenuti tra loro strettamente correlati e tali da rendere ragione del
funzionamento mentale.
La psiche umana poggia sull'organismo. La pulsione, il primum movens della mente è in realtà
un costrutto teorico, corrispondente al rappresentante psichico degli stimoli che traggono
origine dall'interno del corpo e pervengono alla psiche. Freud sottolinea l'intenzionalità
biologica dell'apparato psichico.
Il compito fondamentale dell'organismo è l'adattamento alla realtà e Freud pone al centro
della sua concezione di psiche l'opposizione tra l'io, ossia l'istanza organizzativa della
personalità e il mondo esterno ossia l'ambiente inteso come somma di fattori biologici e
culturali. La vita interiore rappresenta il fattore decisivo per lo sviluppo individuale. La
necessità di pensare un inconscio che abita dentro l'uomo viene spiegata con il fatto che tutti
gli atti, tutte le manifestazioni che osservo in me e che non so come collegare col resto della
mia vita psichica devono essere giudicati come se appartenessero a qualcun altro e trovare la
loro spiegazione in una vita psichica attribuita a quest'altra persona. L'inconscio, benché
sconosciuto all'individuo, è di natura squisitamente psicologica, abita quell'area della mente
che opera autonomamente spesso in conflitto con la realtà dei fatti.
Nelle situazioni patologiche la libido oggettuale può trasformarsi in libido narcisistica: ad
esempio Freud studiando la melanconia riesce a dimostrare la possibilità che l'io diviene
esclusivo oggetto d'amore tramite l'identificazione dell' io stesso con l'oggetto perduto. Mentre
nel lutto attivato dalla perdita della persona o di un oggetto amati l'io può, attraverso un
faticoso spesso doloroso lavoro, prendere atto della realtà e ritirare la libido che le aveva
concentrato per spostarla su altri oggetti, nei disturbi melanconici il soggetto ha introiettato
l'oggetto d'amore e si è identificato con esso.
Dopo l'introduzione del narcisismo Freud arriva riconoscere che le pulsioni possono avere
anche un oggetto interno, l'io. Lo studio del conflitto tra pulsioni sessuali e pulsioni del io
conduce a un ampliamento del campo di osservazione.
Nell'introduzione alla psicanalisi Freud dà un saggio di maturità scientifica presentando al
pubblico le conquiste principali del suo lavoro e sottolineando con forza che la psicanalisi si
impara innanzitutto su se stessi mediante lo studio della propria personalità: la psicanalisi è
uno studio della mente umana nella sua globalità sulla base tanto di fenomeni normali
quanto di processi anormali ossia non esiste una separazione qualitativa tra normalità e
patologia. I fenomeni dell'angoscia, del narcisismo e della traslazione mettono in luce come la
più parte dello sviluppo normale o patologico avvenga all'interno dell'individuo con poca o
scarsa attinenza alle influenze ambientali.
4. L'ultima tappa: la teoria strutturale.
Nel 1920 Freud descrisse "Al di là del principio di piacere" in cui scopre che alla base del
funzionamento mentale sta il fatto che l'io realizzo il suo sviluppo verso forme di
organizzazione più complesse. Esiste un'istanza, la coscienza, che svolge una funzione
fondamentale nel sentimento di sé. La nostra coscienza ci comunica dall'interno non solo le
sensazioni di piacere e di dispiacere ma anche le sensazioni che rinviano a una peculiare
tensione che a sua volta può essere piacevole o spiacevole. La psiche risulta per Freud segnata
dalla lotta incessante tra due istinti fondamentali:
• Thanatos, la tendenza all'inorganico, all'inattività e alla morte
• Eros che, traendo forza dalla sessualità, mira connettere tra loro le sostanze organiche in
unità sempre più vaste.
L'idea di una pulsione di morte operante accanto quella di vita proviene dal considerare la
coazione a ripetere come una tendenza della vita istintiva. La condizione di partenza è
costituita dal mondo inorganico. La vita tende naturalmente alla morte e l'unico evento che si
sottrae a questo destino è l'evento della riproduzione, ancora una volta legato all'istinto
sessuale che permette il perpetuarsi della vita. La vita psichica è sempre in bilico tra
distruzione e costruzione.
Nel 1921 scrisse "La psicologia delle masse e l'analisi dell'io": nell'identificazione io e
oggetto risultano intercambiabili tanto che in una psiche normale l'innamoramento, l'oggetto
investito narcisisticamente, viene trattato alla stregua del proprio io e il soggetto appare dedito
all'oggetto che ha preso il posto del io. Nel 1922 scrisse "L'io e l'Es” in cui fornisce una visione
globale di questi processi, una teoria strutturale che in parte sopravanza la precedente teoria
topografica.
Nel corso dello sviluppo l'Io si autoimpone all'Es come oggetto d'amore, cercando di moderare
le irrealistiche richieste pulsionali e di risolvere i conflitti legati all’Edipo. A questo punto la vita
mentale appare a Freud basata sul contrasto tra reale e psichico, tra mondo esterno e mondo
interiore, in cui l'io si destreggia tra tre tiranni (Es, super-io e realtà esterna) la cui supremazia
si manifesta nella salute oppure nella patologia. La pulsione di morte trova una plausibile
collocazione nel super io. L'io infatti, nel tentativo di contenere le pulsioni, può trovarsi a
rivolgere contro se stesso la distruttività interna. I sintomi vengono creati al fine di evitare la
situazione di pericolo segnalata dallo sviluppo dell'angoscia.
Freud delimita con chiarezza i rapporti tra un Es dominato dal principio di piacere, un io che
gestisce l'angoscia della temporalità, e un super io deputato all'autosservazione, alla coscienza
morale e alla funzione di ideale. Il rischio maggiore per l'io, occupato tenere a bada i suoi tre
tiranni, è la psicosi, ossia il distacco dalla realtà che avviene o perché il rimosso inconscio
diviene troppo forte così da sopraffare il conscio che è legato alla realtà o perché la realtà è
diventata così insopportabilmente tormentosa che l'io minacciato, ribellandosi disperatamente,
si getta nelle braccia delle forze pulsioni inconsce.
La terapia psicanalitica ha il compito di rafforzare l'io alle prese con le richieste conflittuali
della realtà e dell'interiorità, che provocano sì il trauma ma nel senso di uno stato di tesa
eccitazione che viene avvertito come dispiacere che non può essere dominato tramite
discarico. Anche il trauma alla fine viene riposizionato all'interno della psiche.
Negli ultimi scritti Freud indica come la psicanalisi è cresciuta da teoria clinica delle nevrosi a
psicologia generale dell'individuo. Nel “Compendio di psicanalisi” del 1938 ribadisce i nodi
essenziali della psicanalisi: l'apparato psichico nasce da una lotta tra eros e pulsione di morte e
si sviluppa partire dalla corporeità che definisce la natura sessuale della condotta
differenziando le qualità psichiche del pensiero (inconscio, preconscio e conscio).
II Capitolo. Il modello freudiano: concetti di base
La teoria psicanalitica di Freud è un corpus di ipotesi relative al funzionamento mentale sia
normale che patologico dell’individuo. I principali aspetti nella teoria psicanalitica sono:
• il concetto di determinismo psichico
• il concetto di inconscio
• il concetto di pulsione
• la teorizzazione relativa al conflitto (ipotesi dinamica)
• il punto di vista strutturale
• il punto di vista genetico
• lo sviluppo della sessualità
• le ipotesi sulla nevrosi
1. Il principio del determinismo psichico e il concetto di inconscio
Il principio di determinismo psichico è che non tutti i processi psichici avvengono a livello
consapevole, molti si svolgono a livello inconscio e in condizioni normali non possono essere
richiamati alla coscienza. Nella mente nulla avviene per caso e nessun accadimento psichico
può verificarsi in modo del tutto staccato dagli altri: ogni evento psichico è determinato e
connesso causalmente agli eventi che lo hanno preceduto. C’è una continuità nella vita
mentale e ogni discontinuità della vita psichica è da attribuirsi all’esistenza di processi e
fenomeni inconsci.
Per spiegare l’esistenza dell’inconscio Freud sostiene che ci sono fenomeni di 2 tipi:
• normali: atti mancati, lapsus, paraprassie (sviste), motti di spirito, ma anche gli stessi
sogni
• patologici: nevrosi
Per studiare i processi mentali inconsci Freud elabora un metodo che chiamerà psicanalisi.
La tecnica psicanalitica attraverso lo studio delle nevrosi, consente di iniziare ad accorgersi
dell’influenza ed esistenza dell’ inconscio ma consente anche di formulare e ampliare ipotesi
esplicative del funzionamento mentale e di quello nevrotico. Permette anche di giungere
alla soluzione del sintomo nevrotico.
La psicanalisi comprende il metodo delle libere associazioni con il quale Freud può dedurre cosa
passa inconsciamente nella mente del paziente.
Nel corso dello studio di fenomeni mentali inconsci (pensieri, ricordi, desideri, ecc.) Freud si
accorge che possono essere divisi in 2 categorie:
• fenomeni preconsci che possono essere richiamati alla memoria mediante uno sforzo
dell’attenzione, hanno un pronto accesso alla coscienza
• fenomeni inconsci in senso stretto che non possono essere resi consci a meno di
trovare un modo per superare la barriera che impedisce loro di accedere alla coscienza:
I fenomeni inconsci non possono essere osservati direttamente, ma se ne possono osservare
gli effetti, i derivati e a partire da essi si può inferire l’esistenza dell’inconscio.
2. La psicopatologia della vita quotidiana
Nella “Psicopatologia della vita quotidiana” Freud affronta un aspetto della vita psichica
fino ad ora poco considerato, cioè le sviste (paraprassie) e gli errori o omissioni di memoria
(atti mancati) che hanno un significato e non si verificano per caso.
Alla base di questi fenomeni Freud ipotizza un desiderio inconscio non accettabile che può
provocare angoscia, per cui viene allontanato dalla coscienza e rimosso nell’inconscio. Questo
meccanismo messo in atto in modo inconsapevole, viene definito rimozione, il cui fallimento
porta agli atti mancati. La motivazione è quella di prevenire la possibilità di provare ansia
rispetto a un desiderio inconscio, ma il tentativo non riesce completamente lasciando un
“segno” consapevole di qualcosa di inconsapevole.
Tuttavia è possibile ricostruire e giungere alla causa prima tramite il metodo delle libere
associazioni relativamente a ciò che si è dimenticato o al lapsus che è stato commesso.
3. Il sogno
Lo studio dei processi che portano alla formazione del sogno prende avvio da quello degli atti
mancati.
L’elemento onirico è qualcosa di improprio un sostituto di qualcos’altro sconosciuto al
sognatore un elemento di cui chi sogna è cosciente ma a cui contemporaneamente non ha
accesso, cioè “inaccessibile alla coscienza del sognatore” come l’atto mancato.
Il sogno è il sostituto deformato di qualcos’altro, di qualcosa di inconscio e il compito
dell’interpretazione è scoprire questo materiale. Nell’interpretazione onirica ci sono 3 regole o
funzioni del sogno:
Prima funzione del sogno: ciò a cui si deve guardare non è solo ciò che il sognatore
racconta, spesso in modo confuso e non chiaro, ma ricercare ciò che in realtà sta dietro.
Il sogno è composto da 2 elementi:
• il contenuto onirico manifesto: ciò che il sogno racconta, l’esperienza soggettiva che
appare alla coscienza durante il sonno e che il soggetto può ricordare al risveglio
• il contenuto onirico latente: è ciò che è nascosto, l’insieme dei desideri e dei pensieri
che cercano di svegliare il soggetto che dorme e che può essere raggiunto attraverso la
tecnica delle associazioni.
Esistono operazioni psichiche inconsce (lavoro onirico) che trasformano in manifesto il
contenuto onirico latente.
Seconda funzione del sogno: protezione del soggetto dagli stimoli che possono essere:
• stimoli di natura esterna: impressioni sensoriali che sollecitano gli organi di chi dorme
che possono entrare a far parte del contenuto manifesto del sogno
• stimoli di natura interna: pensieri e idee connessi a preoccupazioni della vita che
rimangono attivi in modo inconscio nella mente (residuo diurno). Come reazione allo
stimolo psichico il sogno ha valore di risoluzione di questo stimolo in modo che venga
eliminato ed il sonno possa continuare.
Il sogno è il custode del sonno.
La parte più importante del contenuto latente è quella che proviene dal rimosso, sono gli
impulsi dell’Es – esclusi, nella loro forma infantile, dalla coscienza dalle difese dell’Io – a
fornire la maggiore quantità di energia psichica necessaria per sognare e su cui avviene tutto il
lavoro onirico di trasformazione e di deformazione che conduce alla formazione del
contenuto manifesto.
I desideri sono i suscitatori del sogno ed il contenuto del sogno è l’appagamento dei desideri.
Terza funzione del sogno: lo scopo del sogno è la gratificazione fantastica di un desiderio
cioè la scarica di una quantità di energia psichica associata al contenuto latente al fine di
proteggere il sonno di chi dorme.
Il mezzo con cui i contenuti latenti sono trasformati in contenuti manifesti è il lavoro onirico: il
risultato di questo processo è che il contenuto manifesto di un sogno non risulta comprensibile.
I meccanismi del lavoro onirico sono 4:
1. La condensazione: è il meccanismo attraverso il quale si combinano insieme un certo
numero di pensieri latenti in un unico elemento riassuntivo manifesto
2. Lo spostamento: il sognatore sposta l’intensità psichica da un pensiero ad un altro. Nel
sogno l’importanza di un contenuto non corrisponde a quella dello stato di veglia: un
contenuto manifesto apparentemente banale può rappresentarne in realtà uno latente ed
emotivamente intenso. Il meccanismo dello spostamento è facilitato dalla censura onirica
che gestisce i pensieri che premono per la loro scarica. Attraverso lo spostamento è
possibile esprimere nel contenuto manifesto l’intimo legame tra 2 eventi o persone sia
attraverso la loro giusta contrapposizione sia attraverso la loro unione oppure una
contraddizione può essere espressa in maniera opposta, ecc.
3. La rappresentazione plastica: il sogno manifesto è composto principalmente da
immagini e da impressioni visive che hanno la caratteristica della veridicità. Il soggetto che
sogna le ritiene vere e, pur nella loro normalità, sono paragonabili alle allucinazioni
patologiche tipiche di certe malattie mentali. Talvolta le impressioni si propongono in altre
modalità sensoriali oltre che quella visiva oppure capita che certi sogni mancano
completamente delle qualità sensoriali e si presentano solo come pensieri o stati d’animo.
4. Elaborazione secondaria: il sogno assume una certa logicità e coerenza cioè una forma
che abbia un senso. L’organizzazione narrativa e la storia che viene descritta dal
sognatore quando riferisce il sogno sono il risultato dell’attività di questo meccanismo
responsabile del fatto che il soggetto cerca di adattare il sogno alla sua realtà, elaborandolo
ulteriormente.
L’interpretazione del sogno consiste nel disfare il prodotto del lavoro onirico, nell’invertire il
processo di mascheramento per rivelare l’originale desiderio sottostante. In questo lavoro si
incontrano delle resistenze che rendono difficile il passaggio dall’elemento onirico al materiale
inconscio nascosto dietro di esso e tali resistenze possono essere variabili.
4. Il punto di vista economico
Freud presuppone che ogni processo psichico debba essere considerato da tre punti di vista di
uguale importanza:
• economico
• dinamico
• topico
Il punto di vista economico riguarda il concetto di energia e di scarica energetica.
4.1Il concetto di energia e di pulsione
Il punto di vista economico postula l’esistenza nella mente di una forza di tipo psicologico che
possiede tre caratteristiche:
• può essere orientata verso un oggetto (meta) per giungere a una sua scarica
• ha una origine specifica (fonte)
• ha una grandezza o intensità (dimensione quantitativa)
Prima Freud parla di una sola forma di energia la libido o pulsione sessuale, poi dopo aver
scritto “Al di là del principio di piacere” parla di due opposte classi di energia (teoria duale
delle pulsioni):
• libido
• aggressività
Prima della teoria duale Freud segue la legge della scarica, ossia il principio del piacere: a ogni
scarica di energia corrisponde l’esperienza del piacere e viceversa a ogni accumulo di
energia non scaricata corrisponde uno stato di tensione interna e quindi di dispiacere
(principio del Nirvana).
L’investimento energetico è definito catexi (carica psichica), cioè la quantità di energia
psichica diretta verso una rappresentazione mentale di un oggetto. La perdita dell’investimento
è definita decatexi.
Catexi e decatexi sono fenomeni puramente mentali.
Le 2 energie (libidica e aggressiva) non si sviluppano ma sono innate e biologiche : sono una
stimolazione della mente proveniente dal corpo e sono presenti nell’organizzazione
psicobiologia dell’individuo a partire dalla nascita.
Secondo Freud gli esseri umani non funzionano solamente in risposta alle domande e
condizioni poste dall’ambiente esterno, ma anche in risposta alle richieste e pressioni
provenienti dall’interno dalla matrice corpo-mente.
Si tratta di impulsi psicologici ed emotivi, tensioni o forze, che caratterizzano la vita
psicologica, il tono psichico associato alla maturazione e al cambiamento evolutivo (pulsioni
istintuali). Queste energie psichiche forniscono impeto e spinte alla mente verso l’attività.
• La libido è un’energia costruttiva orientata alla vita
• L’aggressività possiede una qualità distruttiva.
Le due forme di energia possono essere fuse o amalgamate. In realtà, in tutte le
manifestazioni istintuali, sia normali che patologiche, le due forme di energia operano insieme,
cioè sono fuse, anche se in misura diversa.
Per la maggior parte della sua vita Freud ritiene che il mondo interno sia dominato dalla lotta
contro i propri istinti, le proprie pulsioni.
Ma Freud ha utilizzato i termini Trieb e Instinkt che sono stati confusi nelle traduzioni ma in
realtà corrispondono rispettivamente a pulsione e istinto. In effetti:
• Istinto fa riferimento a risposte comportamentali innate
• Pulsione fa riferimento a un concetto di spinta, pressione verso una meta
generale
Freud all’inizio fa riferimento a pulsioni sessuali e pulsioni di autoconservazione (più importanti
le prime), poi anche a quelle aggressive (teoria duale) ovvero pulsioni di morte.
Per Freud l’individuo è alla mercè delle pulsioni o desideri istintuali e i sintomi derivano dalle
difese psichiche mobilitate per gestire le loro richieste.
I desideri istintuali hanno:
• una fonte che è nel corpo (zona erogena)
• una meta che è la soddisfazione delle pulsioni
• un oggetto è il mezzo di cui si serve la pulsione per raggiungere la soddisfazione
Il conflitto tra pulsione sessuale e soddisfazione viene visto in questa fase l’origine sia dei
sintomi che della vita psichica.
Secondo Freud le pulsioni possono essere ulteriormente caratterizzate tramite le loro
vicissitudini:
• si può verificare una trasformazione nell’opposto: l’esperienza passiva viene
trasformata in attiva, ovvero la gratificazione può derivare da esperienze sia passive che
attive
• il soggetto e l’oggetto possono essere interscambiabili (reversibilità dell’impulso)
• la pulsione può essere rivolta verso il Sé a scopi difensivi per prevenire la scarica
sull’oggetto d’amore (meccanismo di base per la formazione del Super-io)
• i derivati della pulsione possono essere rimossi e possono richiedere sforzi difensivi
addizionali per fornire aiuto ed elaborare la rimozione
• nella sublimazione le energie pulsionali sono trasformate e scaricate in attività mentali
L’oggetto è il più variabile degli aspetti su cui la pulsione può rivolgersi. La non soddisfazione
immediata della pulsione crea il pensiero e la relazione stessa della pulsione nei rapporti con la
realtà determina l’originarsi della struttura psichica.
Nel 1905 Freud riteneva che l’aggressività fosse una componente della pulsione sessuale e che
avesse una funzione specifica nella motivazione della conoscenza. Nel 1909 pensava che
esistesse un istinto di crudeltà indipendente dalla pulsione sessuale. Infine nel 1920 con “Al di
là del principio di piacere” definì due istinti contrapposti:
• Istinto di vita: lo scopo è di stabilire unità, armonia tra le cose
• Istinto di morte (una componente è la pulsione aggressiva): alla nascita è rivolto verso
sé poi viene deviato verso l’esterno tramite l’influenza della libido e dell’Io. Lo scopo è di
creare disarmonia, di distruggere le connessioni, i legami tra le cose.
4.2 Il narcisismo
Per Freud il narcisismo primario è un’energia psichica indifferenziata che viene
inizialmente investita sull’Io e che implica l’illusione narcisistica di essere perfetti e
onnipotenti. Successivamente parte di quest’energia viene diretta sull’oggetto (libido
oggettuale).
Il primo oggetto è la madre: le prime soddisfazioni sessuali autoerotiche vengono
sperimentate in connessione con le funzioni vitali che servono a scopo di sopravvivenza.
La quantità di energia rivolta all’Io è una scelta di investimento di tipo narcisistico, quella
rivolta all’oggetto è un investimento di tipo oggettuale.
Secondo Freud l’amore dei genitori non è niente di più del narcisismo dei genitori rinato, che,
trasformato in oggetto d’amore, rivela senza possibilità di errore la sua natura.
Il passo successivo al narcisismo è una scelta oggettuale in cui parte dell’investimento
libidico del sé è trasferito su oggetti esterni di natura eterosessuale passando da un’iniziale
area omosessuale (oggetti scelti in quanto simili al sé).
Con la maturazione il bambino non può mantenere l’illusione narcisistica di essere perfetto e
onnipotente e si rivolge ad una nuova idea di Io, ideale, che faccia da sostituto alla perdita
dell’Io infantile: questo ideale dell’Io lo aiuta a confrontarsi con il suo Io attuale e a reprimere
le idee che non corrispondono alle sue esigenze. L’ideale dell’Io ingloba valori etici e culturali
e comporta un aspetto sociale.
Il narcisismo secondario si ha quando la libido oggettuale viene ritirata dall’oggetto e viene
nuovamente rivolta sull’Io: è un movimento inverso, una regressione a un punto di fissazione
narcisistico preesistente.
L’autostima dipende strettamente dalla libido narcisistica: parte dell’autostima si fonda sul
narcisismo primario, parte deriva dal soddisfare l’ideale dell’Io, e parte dalla soddisfazione
della libido oggettuale.
Da un punto di vista pulsionale si può dire che nel narcisismo primario l’appagamento è ancora
autoerotico, ma le pulsioni parziali sessuali hanno un centro comune che può essere
rappresentato dai genitali del soggetto.
Il narcisismo può acquisire un suo posto nel corso regolare dello sviluppo sessuale ma quando
arriva ad assorbire l’intera vita sessuale del soggetto diventa perversione.
Di fronte a una perdita dell’oggetto sessuale l’investimento dell’oggetto viene rispostato,
tramite un processo di identificazione, all’interno dell’Io ritrasformandosi e regredendo in libido
narcisistica (“Lutto e malinconia” del 1915).
5. Il punto di vista dinamico
Nel 1925 Freud scrive “Psicanalisi” in cui considera la vita psichica da tre punti di vista:
• economico
• dinamico
• topico
Nel punto di vista dinamico riconduce tutti i processi psichici, se si esclude la ricezione di
stimoli esterni, al gioco di forze che si promuovono o si inibiscono vicenda, che si associano
le une con le altre, che entrano in compromesso ecc. Tutte queste forze hanno la stessa natura
delle pulsioni quindi sono di provenienza organica, sono caratterizzate da una grandissima
potenzialità somatica - la coazione a ripetere - e vengono psichicamente rappresentate sotto
forma di immagini o idee affettivamente investite.
Queste forze possono anche entrare in conflitto tra loro: per Freud i conflitti sono sempre
presenti ma divengono però patogeni solo quando vi è uno scompenso tra le forze in gioco che
determina una rottura dell'equilibrio psichico.
I punti di vista dinamico ed economico sono strettamente connessi: nel punto di vista dinamico
le forze dinamiche interagiscono o sono in conflitto, mentre dal punto di vista economico le
forze dinamiche sono caratterizzate da due qualità principali: la grandezza che è una grandiosa
riserva energetica e la direzione che indica che le forze sono orientate verso un fine, ossia la
tendenza a ricercare il piacere ed evitare il dolore.
La nevrosi è un conflitto interno tra pulsioni diverse. In un primo tempo Freud considera il
conflitto come il risultato della contrapposizione tra due forze di origine pulsionale che rimane a
livello inconscio; in seguito, quando passò da conscio, preconscio e inconscio ad Io, Es e
Super-io, definisce il conflitto come una conseguenza della contrapposizione delle pulsioni e
delle forze dell'Io o meglio desideri inaccettabili a livello conscio che si scontrano con le
forze dell'Io e permettono l’adattamento del soggetto alla realtà: in questo caso interviene la
rimozione di tali idee inaccettabili ma se tale rimozione fallisce l'io ricorre ad un secondo
tentativo, ma se l’Io non è sufficientemente forte per portare a termine questo compito si ha il
sintomo nevrotico che costituisce una sorta di compromesso tra le forze in conflitto.
Freud distingue tra:
• conflitti interni: conflitti inconsci determinati da situazioni interne
• conflitti esterni: quando l'individuo si trova a scegliere tra due diverse possibilità o
alternative reali
6. I modelli dell'apparato psichico
Secondo la teoria psicanalitica classica la mente possiede la caratteristica della dinamicità.
Secondo Freud esistono diverse concettualizzazioni dell'apparato psichico ossia diversi modelli
della mente: un primo modello a cui fa seguito il modello topografico (prima topica o punto
di vista topico) e quindi il modello strutturale (seconda topica).
•
Primo modello: compare nell'ultimo capitolo dell'”Interpretazione dei sogni” del 1899.
La mente è strutturata in una serie di componenti psichiche funzionalmente collegate le
une alle altre: ad un'estremità c’è l'apparato che reagisce agli stimoli di natura sensoriale e
all'altra estremità c'è invece la coscienza. Con tale modello Freud offre un'ipotesi sulla
formazione del sogno immaginandolo come derivante da un'inversione dell'apparato
psichico.
•
•
Secondo modello o modello topografico (fino al 1923) che prevede che l'apparato psichico
è costituito da tre sistemi in relazione alla loro accessibilità alla coscienza e alla loro
utilizzazione dell'energia pulsionale legata o libera:
• il sistema UCS o inconscio costituito da contenuti primitivi e organizzato secondo le
leggi di un pensiero non logico; in esso l'energia non legata si scarica il livello di
processo primario. Il materiale contenuto in questo sistema non può entrare nel
sistema conscio se non attraverso il lavoro analitico.
• il sistema PCS o preconscio i cui contenuti possono essere portati alla coscienza con
un semplice sforzo dell'attenzione
• il sistema CS o conscio: è l'organo della consapevolezza, i cui contenuti a differenza
degli altri due sistemi sono costituiti da memorie e sono fugaci in quanto possono
derivare anche dall'investimento energetico dei contenuti del PCS.
Il sistema tre conscio e preconscio hanno una vicinanza funzionale e sono raggruppati in
opposizione al sistema inconscio che, contenitore di ciò che attivamente escluso dalla
coscienza, non partecipa a quest'unione funzionale.
Terzo modello o modello strutturale: nel 1922 Freud definisce un modello in cui la
mente è concepita come composta da tre strutture ciascuna delle quali è a sua volta
costituita da un gruppo di contenuti e di processi funzionalmente collegati l'uno all'altro. Le
tre strutture sono:
• ES: l'istanza psichica completamente inconscia, tesa allo scarico della tensione. Non
ha nessuna forma di organizzazione ed è unicamente rivolta al raggiungimento del
soddisfacimento della scarica. Le leggi che governano l'ES sono quelle del sistema UCS,
ossia il principio di piacere. E’ possibile conoscere l'ES unicamente attraverso
l'influenza che esercita sugli altri due sistemi io e super io.
• IO è l'agente esecutivo della mente, deputato a mediare tra le pressioni e le richieste
provenienti dall'ES, dalla realtà esterna e dal Super io. Il IO è sede della
consapevolezza, l'organo della percezione, del pensiero e della memoria e controlla le
azioni della motricità. La legge che lo governa è il principio di realtà. L’IO è separato
dall'ES in parte dalla barriera della rimozione e in parte da altri tipi di difese.
• SUPER-IO è l’agente o istanza morale dell'apparato psichico che contiene le norme
morali che regolano la condotta e gli ideali. E’ responsabile del senso di colpa e della
vergogna. Fenomenologicamente è in parte conscio e in parte inconscio, anche se in
quanto più soggetto alle spinte dell'ES è immerso nell'inconscio più di quanto non lo sia
io. Il SUPER-IO è costituito da tre differenti ma interrelate porzioni (modello tripartito
del super io):
• La prima a che fare con lo stabilirsi delle norme e degli ideali ed è legata alle
precoci identificazioni genitoriali antecedenti all’Edipo e alle fluttuazioni
nell'autostima
• La seconda è associata al senso di colpa e all'umiliazione
• La terza è il super-io vero e proprio, direttamente collegato alla proibizione e quindi
associato alla risoluzione del complesso di Edipo.
L’ES è presente fin dalla nascita: solo successivamente con la crescita io e super-i si
differenziano dall'Es, dopodiché ciascun apparato prosegue nel suo sviluppo e nella sua
differenziazione.
Secondo la teoria strutturale le pulsioni operano largamente al livello inconscio e se
operassero da sole sarebbero regolate solo dal principio del piacere; ma contribuiscono anche
a dare impeto, motivazione e contenuto ideazionale all'io: vengono infatti soggette al principe
di realtà e sottomesse ai meccanismi di difesa dell’ io. Vengono anche sottoposte anche alle
restrizioni del super io: infatti con l'introduzione dell'aggressività, come pulsione innata
indipendente, Freud dimostra l'importanza dei sensi di colpa inconsci.
7. L’angoscia
Freud intuì l’importanza del’angoscia nella causa e nella fenomenologia della nevrosi, ma anche
per il funzionamento normale dell’individuo.
Nella prima elaborazione della concezione dell’angoscia è connessa ad una scarica
incompleta o bloccata o inibita della sessualità, o a una difesa verso la sessualità che provoca
un senso di ansia che porta a sintomi fisici e psicologici.
Nella seconda elaborazione è legata alla comprensione della psiconevrosi, sempre legata alla
pulsione e all’impossibilità di soddisfarla.
Nell’ultima elaborazione (con la teoria duale delle pulsioni e la teoria strutturale) è
considerata una funzione dell’Io, di segnale: quando l’Io presume che un certo tipo di scarica
pulsionale libidica o aggressiva comporti un pericolo (perdita dell’amore dell’oggetto o paura
del super-io) l’angoscia lo segnala (angoscia segnale) e cerca di impedire la scarica,
utilizzando i meccanismi di difesa, tra cui primo è la rimozione.
Nel lavoro del 1926 Freud distingue tra angoscia segnale e angoscia automatica che viene
messa in atto automaticamente come reazione quando il soggetto sperimenta uno stato di
pericolo.
8. Il punto di vista genetico
Il punto di vista genetico implica l'assunzione che il passato dell'individuo influenzi il suo
presente: ne deriva un interesse ad individuare le modalità in cui tale influenza si verifica.
Questo punto di vista fornisce una dimensione temporale ai fenomeni psicologici e
attribuisce significato alle origini dell'evoluzione ma nello stesso tempo dà importanza alla
progressione. Freud presume che fenomeni psicologici abbiano un punto di origine e che la
percezione, la memoria e l'organizzazione di eventi passati influenza il presente.
Questo punto di vista interviene quando Freud ha iniziato a investigare il conflitto psichico: già
all'inizio del suo pensiero Freud pensava che alla base della nevrosi adulta ci fossero
esperienze infantili e che il sintomo poteva essere eliminato solo risalendo alla sua genesi e al
suo svilupparsi nell'età infantile; pertanto individuò una tecnica, la psicanalisi, che consisteva
nel ritornare indietro da una struttura psichica l'altra che l'ha preceduta e dalla quale si è
sviluppata. Poi ben presto si accorse che le esperienze infantili all'origine della nevrosi adulta
erano psicologiche e non fatti reali.
È da notare come il punto di vista genetico derivi dallo studio dal trattamento dei pazienti
nevrotici adulti e non dalla diretta osservazione del bambino.
9. Lo sviluppo psicosessuale.
Freud propone un modello evolutivo maturazionale e di sviluppo stadiale rappresentato dalla
teoria dello sviluppo psicosessuale che completa e amplia il punto di vista genetico.
Nei “Tre saggi sulla teoria della sessualità” del 1905 ne viene esposta la completa
teorizzazione. Secondo Freud lo sviluppo della sessualità procede lungo un'ha successione
temporale dall'infanzia all'età adulta: gli stadi evolutivi seguono il principio secondo cui la
crescita sia biologica sia psicologica avanza secondo una progressione che si verifica con
regolarità.
Lo sviluppo psicosessuale procede dunque attraverso determinate fasi in cui acquisiscono
ascendenza e dominanza le zone erogene ossia centri di sensazioni piacevoli sensuali che
prevalgono durante i diversi periodi dello sviluppo psicosessuale.
La transizione da uno stadio all'altro dipende da un'interazione di fattori biologici, maturazionali
e ambientali quindi l'età a cui avviene è variabile.
Fase orale: dalla nascita fino ai 18 mesi: la gratificazione sensuale in senso ampio, erotico o
libidico, è associata alla soddisfazione del bisogno di nutrizione attraverso il succhiare;
progressivamente il succhiare, in quanto attività piacevole ripetuta ritmicamente, diviene
eroticamente gratificante anche in assenza dell'assunzione di cibo; la stimolazione della bocca
e dell'area circum-orale soddisfa i bisogni sensuali e riduce la tensione. Via via che procede la
fase orale agli elementi orali erotici si aggiungono quelle orali aggressivi.
Fase anale: risulta dall'investimento pulsionale della zona erogena uretrale-anale ed è
collegata anche esso ad una funzione fisiologica vitale, ossia l'eliminazione delle feci. La
gratificazione pulsionale deriva dal trattenere ed espellere le feci ma anche dal guardare,
toccare e odorare. Si forma secondo Freud un'equazione feci-pene-bambino in quanto la
colonna fecale stimola la membrana erogena dell'intestino ed è il precursore del pene nel
periodo anale.
Fase fallica-edipica: il punto focale dell'autostimolazione è rappresentato dai genitali (viene
anche definita genitale-infantile). L'interesse per i genitali e per la loro attività acquisisce un
significato dominante che è poco distante da quello raggiunto dalla maturità. L'esibizionismo
raggiunge il suo massimo: il bambino giunge a idealizzare il padre ed il pene del padre e
desidera averne uno uguale per sé, un desiderio che comporta l'angoscia di castrazione basata
sul timore della ritorsione. I bambini cominciano ad avere fantasie sessuali consce e inconsce e
a provare interessi sessuali nei riguardi del genitore di sesso opposto: ciò provoca sentimenti e
atteggiamenti conflittuali di amore-odio nei riguardi di entrambi i genitori. I desideri di rivalità
edipica comportano un conflitto a causa di amore/odio, invidia e competizione ostile,
amplificati dall'identificazione con i genitori e dal desiderio di ricevere amore: di conseguenza il
bambino è spinto a trovare una soluzione o ad abbandonare i suoi penosi conflittuali desideri e
bisogni. Nei due ai tre anni successivi c'è l'elaborazione, il controllo e l'abbandono del
complesso edipico.
Fase di latenza sessuale: è il periodo di manifestazioni sessuali latenti che va dall'età di sei
anni fino alla pubertà. Gli impulsi sessuali sono sottoposti a repressione e a formazioni reattive
della moralità, a vergogna e disgusto, a ideali estetici. La latenza deriva da una combinazione
di processi biologici ed influenze culturali ed educative. Durante la pubertà viene rotto il
relativo equilibrio del periodo di latenza e gli impulsi sessuali genitali si intensificano e le
esperienze erotiche divengono ulteriormente subordinate alla predominanza di genitali: ciò
porterà alla scelta dell'oggetto eterosessuale nell'età adulta.
Nei “Tre saggi sulla teoria sessuale” Freud parla di pulsioni componenti o parziali che
derivano dalle zone erogene e quindi includono il piacere pulsionale derivato dall'oralità,
dall’analità, dalla uretralità e genitalità. Nell'adulto invece la sessualità viene organizzata sotto
la dominanza della genitalità mentre nell'infanzia le pulsioni componenti hanno percorsi propri
e sono indipendenti l'una dall'altra. Freud definisce il bambino perverso polimorfo.
La teoria di Freud sulla sessualità si amplia con l'introduzione del modello sessuale strutturale,
specialmente per l'elaborazione del complesso edipico: il conflitto viene considerato come
interno all'io e provoca il segnale d'angoscia e l'attivazione dei meccanismi di difesa tra cui
l'identificazione. La risoluzione del complesso edipico comporta la formazione del super io.
Freud inoltre volgerà la sua attenzione anche agli oggetti: la madre costituirà l'oggetto d'amore
primario per entrambi i sessi nelle fasi pre-edipiche, poi con l'investimento della zona genitale i
bambini si accorgono delle differenze sessuali. La bambina si sente deprivata del pene con una
disillusione nei riguardi della madre e si rivolge al padre come oggetto d'amore: la risoluzione
del complesso edipico risulterà molto più complicata perché non vi è implicata l'angoscia di
castrazione.
La teoria del fasi dello sviluppo sessuale amplia il punto di vista genetico il sintomo nevrotico
deriva da una mancanza di soluzione del complesso edipico a livello pulsionale con una
regressione della pulsione fasi di fissazioni precedenti.
10. Modelli evolutivi nel pensiero freudiano
Il termine sviluppo o fa riferimento l'evoluzione processo di crescita come una serie di
successive progressive e ordinate trasformazioni tendenti a un determinato fine. Ma in questo
contesto sono interessanti due altri termini:
• Epigenesi: teoria biologica secondo cui le differenziazioni e i caratteri dell'organismo si
costituiscono per gradi
• Genetico: qualcosa che riguarda le origini.
La teoria dello sviluppo psicosessuale si caratterizza come una teoria stadiale, l'individuo
progredisce dall'infanzia all'età adulta con una strutturazione successiva della personalità e del
funzionamento mentale.
11. Le psiconevrosi e le nevrosi attuali
Il concetto di nevrosi è legato intimamente alla teoria del conflitto.
Quando Freud si concentra sull'isteria concepì i sintomi isterici come il risultato di traumi
psichici accidentali accaduti nell'infanzia e nello stesso tempo riteneva che questa patologia
fosse la conseguenza di condotte sessuali non igieniche come la masturbazione o il coitus
interruptus, che producono uno stato psichico di tipo ansioso.
I sintomi dei disordini nervosi quali l'ansia e l'astenia erano attribuiti allo stress dovuto a
disturbi attuali nel funzionamento sessuale adulto ed erano caratterizzati da sintomi di natura
psicologica ma su base somatica. Li distingueva da quelle definite psiconevrosi quali l'isteria o
le ossessioni in cui il conflitto mentale inconscio e fondato sulle esperienze precoci dell'infanzia
precede lo sviluppo dei sintomi nevrotici successivamente. Nella sua ricerca dell'evento
patogeno delle psiconevrosi Freud si rese conto di due importanti fatti:
• in un primo luogo tale evento era da collocare nell'infanzia dell'individuo
• in secondo luogo l'evento riguardava invariabilmente la vita sessuale.
In una prima interpretazione del sintomo isterico Freud pensava che nelle sue pazienti fosse
causato dal ricordo di un episodio realmente accaduto di seduzione sessuale subita
nell'infanzia; successivamente capì che il fatto non era accaduto ma era solo una fantasia.
Rimase importante l'idea che nel corso dello sviluppo alcune componenti della sessualità
infantile vengono rimosse ovvero allontanate dalla coscienza mentre altri vanno integrarsi la
sessualità adulta.
Freud ritiene che alla base delle nevrosi visti alla rimozione, o meglio al suo fallimento, di
un'esperienza, di un'idea o di un sentimento che suscita nella vita psichica un caso di
conflittualità di natura sessuale: si viene a creare un conflitto tra le rappresentazioni mentali
inaccettabili e l’io. Le parti rimosse tuttavia non rimangono inattive ma premono
continuamente per potersi esprimere, contribuendo alla formazione di un conflitto
intrapsichico fondamentale di natura inconscia, osservabile attraverso differenti tipi di
fenomeni tra i quali propri sintomi nevrotici. Con ciò si stabilisce l'idea di una continuità tra lo
sviluppo normale lo sviluppo patologico psiconevrotico, entrambi intimamente connesse le
vicende infantili della sessualità.
Nella visione freudiana classica il sintomo nevrotico (la nevrosi) è una formazione di
compromesso derivante da un conflitto intrapsichico tra gli impulsi e desideri provenienti dal
rimosso e le difese del l’Io. Ciò vale per tutti tipi di nevrosi dalla nevrosi isterica alla nevrosi
ossessiva alla nevrosi fobica, ciò che cambia è il tipo di meccanismo di difesa che viene
utilizzato per fronteggiare l'angoscia.
• alla base dell'isteria c'è la conversione: l'isteria quindi è risultato di una propensione a
convertire la quota di affetto di eccitamento - separato ormai dall'idea - in una
manifestazione somatica
• alla base della nevrosi ossessiva c'è l'isolamento quando l'affetto si sposta e si lega da altri
contenuti di attivi non compatibili si vengono a formare ossessioni o fobie
• alla
base
della
fobia
c’è
lo
spostamento.
Parte seconda – Gli orientamenti
III Capitolo. I primi dibattiti: K. Abraham, S. Ferenczi, W. Reich, O. Rank
Vengono analizzati alcuni interrogativi già presenti in Freud e ripresi da questi autori.
1. Karl Abraham
Karl Abraham (Brema 1877 – Berlino 1925), medico, si occupò di istologia, afasia e aprassia.
Dal 1907 collaborò con Freud. Si interessò di psicosi, ma anche di sogni e psicobiografie.
Vedremo nei prossimi 2 paragrafi tre tra gli scritti più importanti.
1.1
L’avvicinamento al mondo interno dello psicotico
Nel primo libro Le differenze psicosessuali tra isteria e dementia praecox (1908)
Abraham scrisse che, se si vogliono capire le differenze tra disturbi mentali diversi occorre
guardare al gioco delle pulsioni parziali, alla loro armonia e ai loro conflitti, in particolare alla
libido.
Il mezzo con cui la libido investe gli oggetti è la traslazione, ma non spiega a partire da cosa.
Mentre nell’isteria, per un eccessivo investimento oggettuale, domina l’ambivalenza ed è
mantenuta la relazione con l’oggetto, nella dementia praecox vi è l’eliminazione dell’amore
oggettuale e della sublimazione, con regresso all’autoerotismo (sintomi: isolamento dal mondo
esterno, indifferenza emozionale, disturbi dell’attenzione, mancanza di umorismo, assenza di
un rapporto intimo con gli oggetti, ecc.).
Nel secondo libro Ricerche sul primissimo stadio evolutivo pre-genitale della libido
(1916) Abraham rivolge la sua attenzione alla complessità della fase orale. E’ possibile
apprezzare le notevoli differenze tra un bambino e l’altro ed il diverso modo di relazionarsi con
il seno. L’importanza della bocca e delle labbra e della relazione di queste con l’oggetto e con
l’ambiente cresce nei soggetti con schizofrenia simplex in cui la zona orale prende il
sopravvento sulle altre zone erogene e la funzione sessuale e nutritiva vengono confuse, con
desiderio di incorporare e annientare l’oggetto.
Abraham non parla né di senso di colpa inconscio, né di ruolo del super-io nella genesi delle
autoaccuse e della depressione.
1.2
Il nuovo modello di sviluppo
Nel terzo libro Tentativo di una storia evolutiva della libido sulla base della psicoanalisi
dei disturbi psichici (1924) Abraham definisce una maggiore articolazione delle fasi di
sviluppo e attribuisce agli oggetti sia interni che esterni, il loro significato che varia a seconda
della relazione che il soggetto ha con essi: è la natura di questa relazione che dà vita
all’immagine che ci costruiamo di noi e degli altri.
Abraham cerca di capire le cause dell’alternarsi, talora violento, dell’umore nei disturbi
circolari (psicosi maniaco-depressiva) e ritorna sulle differenze tra stati melanconici e stati
ossessivi.
Amplia il modello freudiano dello sviluppo introducendo l’oggetto che diventa importante
quando si parla di sentimenti di perdita, separazione, esclusione, abbandono, angoscia di
fronte al sé e all’identità.
Ha un atteggiamento analitico che non separa ciò che è normale da ciò che è patologico, ciò
che è comune (la paura) da ciò che è meno comune (l’angoscia nevrotica). E’ uno psicanalista,
uno studioso che sa mettersi in discussione, che non ha paura di venire in contatto con le
fantasie dei pazienti.
Commentò il libro di Freud “Lutto e malinconia” del 1917 dicendo che non condivideva
l’”introiezione dell’oggetto amato” e parlò del lutto di suo padre e del processo di
identificazione con lui.
Indirizzò il suo studio all’analisi delle differenze, dei confini, dello spazio che separa e
unisce un disturbo all’altro: questa ricerca lo conduce a proporre un modello di sviluppo più
articolato di quello di Freud, basato sull’esperienza e i vissuti.
La persona incline a manifestazioni depressive e a esaltazioni periodiche non è veramente sana
nel periodo di intervallo “libero”.
Pur essendovi punti che accomunano nevrosi ossessiva e psicosi maniaco-depressiva,
questi disturbi di differenziano per il tipo di relazione con l’oggetto: meno labile e ambivalente
nella nevrosi e labile e preambivalente nella psicosi.
Importanza del modo in cui sono vissuti i vari stadi dello sviluppo distinguendo, all’interno di
ognuno di essi, uno stadio più primitivo da uno più tardo.
Tra i vari stadi vi è sempre una possibilità di un’evoluzione, di una regressione o di una
fissazione, in funzione del contesto in cui l’individuo si trova a crescere che genera ampia
varietà.
Nel primo stadio (orale) la libido del bambino è legata all’atto del succhiare, un atto di
incorporazione, senza soppressione della persona che nutre: il bambino non è ancora in grado
di distinguere tra il suo Io e un oggetto al di fuori di sé. Lo stato psichico del bambino è libero
da fenomeni di ambivalenza.
Il secondo stadio si differenzia dal primo per il passaggio dal succhiare al mordere, l’oggetto
incorporato è annientato.
Nel terzo stadio sadico-anale l’annientamento e il dominio dell’oggetto raramente si
susseguono, ma si alternano con modalità diverse da soggetto a soggetto.
Il quarto stadio sadico anale più tardo modifica la relazione dell’individuo con il mondo
oggettuale con la tendenza alla conservazione dell’oggetto.
Organizzazione ed evoluzione della libido e dell’amore oggettuali
Stadi di organizzazione della libido
Stadio orale primissimo (suzione)
Stadio orale più tardo (cannibalesco)
Stadio sadico-anale primissimo
Stadio sadico-anale più tardo
Stadio genitale precoce (fallico)
Stadio genitale definitivo
Stadi evolutivi dell’amore oggettuale
Autoerotismo preambivalente (privo di oggetto)
Narcisismo. Incorporazione totale dell’ oggetto
Amore parziale con incorporazione
Amore parziale ambivalente
Amore oggettuale con esclusione del genitale
Amore oggettuale (postambivalente)
Il modello esplicito è sempre quello della libido ma analizzato attraverso i legami tra le
fantasie relative all’oggetto e le relazioni corporee (es. timore di perdere la fidanzata
contrazione sfintere anale). Il corpo e la sua rappresentazione diventano un parametro, un
punto di riferimento, un mezzo per la comprensione dei legami tra fantasia e realtà, tra mondo
interno e mondo esterno.
Esposizione di un caso (pag. 78-79-80). Considerazioni:
• importanza alle primissime relazioni oggettuali,
• ripetute esperienze negative che hanno minato l’Io in formazione,
• la madre-ambiente e il contesto non furono abbastanza “responsivi” rispetto ai suoi bisogni
di una crescita integrata
• l’insieme degli eventi hanno contribuito ad attivare precoci vissuti di scissione e penose
ferite nella sfera narcisistica
• importanza dei processi introiettivi
• pericoli rappresentati da formazioni reattive precoci.
2. Sàndor Ferenczi
Ferenczi (Miskolcz 1873 – Budapest 1933) è instancabile ricercatore della verità. Ha avuto
sempre uno strenuo interesse per l'inconscio, ha studiato medicina a Vienna ed ha avuto una
fitta corrispondenza con Freud, diventando un fedele collaboratore. Ferenczi approfondisce le
dinamiche transferali e il concetto di introiezione e apporta interessanti variazioni alle
indicazioni freudiane terrorizzando praticando un rapporto empatico con il paziente e facendo
ricorso a interventi diretti (verbali e non).
Nel 1924 scrisse "Thalassa", sottotitolo "Saggio sulla teoria della genitalità", un
complesso tentativo di bioanalisi in cui traccia una storia evolutiva della libido cercando di
individuare l'origine biologica della psicosessualità. Scrisse "Lo sviluppo della psicanalisi", in
collaborazione con Rank, dove affronta la questione della tecnica analitica con l'attenzione al
coinvolgimento emozionale del terapeuta controtransfert.
Nel 1933 scrisse "La confusione delle lingue" dove parla della comprensione degli effetti del
trauma e della seduzione infantile, sottolineando il duplice scacco cui un bimbo può andare
incontro quando non solo è fatto oggetto di violenza ma se ne fa carico attraverso una sorta di
identificazione con l'aggressore.
2.1 Lo sviluppo emozionale.
Al centro del pensiero di Ferenczi c'è l'idea della psicanalisi come attività di cura: lo muove il
desiderio di guarire e fa una costante riflessione sui vissuti dell'analista (controtransfert) e
del paziente (transfert). Questa ricerca lo porterà alla formulazione della cosiddetta tecnica
attiva: il presupposto è la fiducia, una modalità relazionale che affonda le sue radici nelle
prime esperienze del bambino con l'adulto.
Nei primi scritti Ferenczi approfondisce il tema del transfer e cerca di definire i confini tra
suggestione, ipnosi e traslazione. Distingue tra una forma paterna di ipnosi (suggestione)
basata sulla minaccia ed una forma materna basata sulla dolcezza. Approfondisce anche il
transfert che si basa sulle medesime modalità relazionali ed è caratterizzato da una tendenza
allo spostamento, proprio dei nevrotici, sempre alla ricerca di oggetti che fungono da
identificatori sui quali poter trasferire propri sentimenti. Scrive: "Gli oggetti amati vengono
introiettati e assimilati dall'Io; il bambino ama i genitori, il che vuol dire che nella sua
immaginazione s'identifica col loro".
La psiche infantile funziona secondo due modalità ben specifiche:
• introiezione: assimilazione dell'oggetto, estensione dell'interesse, originariamente
autoerotico, ad un mondo esterno mediante l'inclusione dei suoi oggetti nell'Io
• proiezione: espulsione degli elementi spiacevoli con il conseguente restringimento dell'io.
Introiezione e proiezione sono pertanto processi intercorrelati, espressioni del
funzionamento naturale della mente e allo stesso tempo forme primitive di difesa.
Ferenczi ha interesse sia per il mondo interno che per il rapporto tra mondo esterno e mondo
interno, tra ciò che accade dentro di noi e ciò ha luogo fuori di noi. Nel 1913 scrive "Fede,
incredulità e convinzione dal punto di vista della psicologia medica" dove parla di una
proiezione primaria, ossia di una suddivisione dei contenuti psichici tra me e non me come
stadio dello sviluppo normale.
Nel 1913 scrive anche "Fasi evolutive del senso di realtà" in cui descrive i momenti salienti
della relazione io-ambiente al di là dell'aspetto esclusivamente psicosessuale: c'è un'attenzione
ai vissuti emozionali della primissima infanzia ed ha lo scopo di descrivere la transizione dalla
condizione di onnipotenza del neonato all'acquisizione al senso della realtà ossia al
riconoscimento del mondo esterno come esso è e come necessariamente ci limita. Ciò avviene
attraverso il superamento del principio di piacere a favore del principio di realtà, ma il processo
viene considerato alla luce dei meccanismi introiettivi e proiettivi.
Ferenczi delinea le seguenti i fasi:
• Periodo di onnipotenza incondizionata: pensieri, sentimenti e desideri sono assoluti ed
è caratterizzato dalla completa dipendenza della madre ma è destinato presto a cambiare
sotto le richieste dell'ambiente. Per Ferenczi il trauma più acuto è quello relativo ai
primissimi rapporti madre bambino.
• Periodo magico-allucinatorio: caratterizzato dai tentativi del neonato di ottenere
appagamento unicamente mediante l'atto di desiderare intensamente (immaginare)
trascurando la realtà spiacevole e rappresentandosi al contrario come presente
l'appagamento desiderato ma non conseguito. C'è il desiderio nel neonato di ripristinare la
situazione intrauterina protetta per quanto è possibile da stimoli esterni.
• Periodo di onnipotenza con l'aiuto dei gesti magici: gradualmente le aspettative del
bimbo diventano più aderenti alla realtà e compare il gesto come mezzo per ottenere una
risposta e l'appagamento. Prende forma un linguaggio corporeo espressivo che si unirà in
seguito alla parola. L'individuo inizia distinguere dal proprio io, come non facenti parti di
esso, certi gesti ostili che non obbediscono alla sua volontà: deve distinguere cioè contenuti
psichici soggettivi (emozioni) da quelli oggettivi (sensazioni). Questa è la fase in cui
avviene la transizione dal pensiero magico quello animistico.
• Periodo del pensiero simbolico: il bimbo cerca di ritrovare nell'oggetto i propri organi e
le loro funzioni e attribuisce all'oggetto stesso qualità che sono proprie del suo io. Da una
parte tende a vedere solo riproduzioni della propria corporalità, dall'altra impara a
rappresentare la molteplicità del mondo esterno con i mezzi del proprio corpo. Qui Ferenczi
scopre l'origine del simbolismo.
•
Periodo dei pensieri magici e delle parole magiche: più avanti nello sviluppo del
bambino stabilisce relazioni tra suoni e oggetti. L'onnipotenza non viene del tutto
abbandonata e la parola può essere caricata come traspare dal pensiero ossessivo di un
valore magico. Solo il riconoscimento che i nostri desideri e nostri pensieri sono
condizionati permette la conquista di un senso di realtà adeguato che però non viene
raggiunto una volta per tutte ma rimane in conflitto con gli aspetti autoerotici narcisistici
della libido. E poiché il narcisismo come tale non cessa mai ma si preserva sempre intatto
accanto all'erotismo oggettuale, si può conservare l'illusione di onnipotenza nelle questioni
d'amore per tutta la vita, nella misura in cui ci si limita ad amare solo se stessi.
Nel libro "Il problema dell'affermazione del dispiacere" del 1926 scrive che il
conseguimento di un senso di realtà adulto è basato sul fatto che il riconoscimento del
mondo esterno, cioè l'affermazione del dispiacere, è possibile solo a patto di rinunciare alla
difesa contro gli oggetti che procurano dispiacere e alla loro negazione, a patto di incorporare
nell'Io i loro stimoli e di trasformarli in impulsi interiori.
Nel libro "Problema del termine dell'analisi" del 1927 dice: "Grazie alla più netta divisione
tra mondo delle fantasie e realtà, conseguita con l'analisi, la persona conquista una libertà
interiore quasi illimitata e nello stesso tempo un dominio molto più fermo sulle proprie azioni e
decisioni.
Il simbolismo si radica nel corpo, prende origine dalla spinta di veder soddisfatti per mezzo
del proprio corpo i desideri infantili. Finché le necessità della vita non li costringono
all'adattamento e quindi al riconoscimento della realtà, i bambini si procurano solitamente di
soddisfare i loro istinti, si occupano cioè soltanto di quella parte del corpo nelle quali ha luogo
questo appagamento, degli oggetti idonei a provocarlo, degli atti che permettono di
raggiungerlo. Quindi il bambino di continuo opera e instaura comparazione tra le parti proprio
corpo e gli oggetti del mondo.
2.2 La questione della tecnica attiva.
Per Ferenczi c'è un progressivo distanziamento da Freud in quanto si mostra sempre più critico
nei confronti di un certo tipo di tecnica e propone soluzioni diverse quelle condivise
nell'entourage.
Tra il 1919 e il 1926, grazie alla collaborazione con Rank, cerca di mettere a punto la tecnica
attiva che sostiene l'utilità di un intervento volto a convincere il paziente a seguire determinati
compiti e a rinunciare ad atti piacevoli ma pericolosi per la sua economia psichica, ciò in
funzione ancora di un'operazione di ridistribuzione dell'energia del paziente mirante a sciogliere
alcune inibizioni o contrastare situazioni nemiche. Ma precisa l'eccezionalità di simile
procedura.
Nello scritto su questa tecnica "Prospettive di sviluppo della psicanalisi" del 1924 mette
sotto accusa il narcisismo dell'analista quando induce l'analizzato da un lato a mettere in
evidenza cose che lusingano l'analisi, dall'altro a reprimere critiche sul suo conto. La tecnica
attiva è in grado di sopperire a queste difficoltà poiché non tanto dà risalto alla quantità,
quanto alla qualità della relazione analista-paziente. Di qui l'ipotesi di poter indurre
fantasie in quei pazienti con povertà di produzione fantasmatica con lo scopo di esplicitare gli
aspetti positivi o negativi del transfer, le tipologie di ricordi infantili o infine gli aspetti
onanistici dell'erotismo.
La tecnica attiva comporta inoltre l'imposizione al paziente della privazione e della frustrazione.
L'intento è di attivare e responsabilizzare il paziente, per esempio quando sostiene che è
necessario prescrivere l'astinenza sessuale per il rafforzamento dell'io: ciò dovrebbe portare a
una maggiore capacità di tollerare dispiacere in generale e quindi ad una migliore capacità di
esame della realtà.
Mentre su un piano la tecnica attiva ha il merito di porre il problema dell'elasticità dell'analisi e
dell'analista - nei movimenti che questi opera tra transfert e controtransfert, nel suo stare
dentro e fuori dal campo su un altro piano - su un altro piano essa va incontro al rischio di
venire ridotto a un insieme di regole pedagogiche. Basti pensare al concetto di equazione
personale da lui intesa come capacità di essere buono, come fiducia nella propria lealtà e
correttezza, come qualità a cui nessuno analista può impunemente rinunciare. Attivo deve
essere sempre il paziente e non il medico: noi dobbiamo contentarci di interpretare le
tendenze nascoste del paziente ed agire e appoggiare i suoi timidi tentativi per superare le
inibizioni nevrotiche ancora attive.
Nel libro "Il principio di distensione e neocatarsi" Ferenczi dice che il compito dell'analista
è quello di condurre il paziente alla liberazione delle energie bloccate congelate dalla patologia.
Nel "Diario clinico" del 1932, poco prima della morte, troviamo l'ipotesi traumatico-isterica
della nevrosi, sviluppata proprio in questi anni; la reciprocità nel rapporto con i pazienti; la
denuncia del presunto disinteresse terapeutico di Freud. L'analisi del contro transfer si traduce
qui nella manifestazione di amore e di tenerezza per il paziente e nella valorizzazione dello
strumento empatico in grado di riparare la frattura psichica fra sentimento e intelligenza ed
anche la capacità di penetrare profondamente le sensazioni degli altri.
2.3 La teoria del trauma.
Nel "Saggio sulla teoria della vitalità" del 1924 c'è un tentativo di connettere biologia e
psicologia: l'autore afferma che qualsiasi fenomeno fisico e fisiologico richiede anche una
spiegazione metafisica psicologica e che ogni fenomeno psicologico richiede una spiegazione
fisica.
Scopo dello studio è individuare il parallelismo fra ontogenesi e filogenesi della sessualità: le
differenze sessuali e le fasi dello sviluppo libidico sono la riproduzione di eventi catastrofici
avvenuti nel corso dell'evoluzione (per esempio prosciugamento delle scene corrisponde alla
nascita del bambino, la glaciazione al periodo di latenza e così via). Ferenczi evidenzia come
differenti erotismi possono rappresentare dal punto di vista psicologico modalità peculiari della
relazione bimbo-madre, esprimendo il tentativo fantasmatico di ritornare all'unità precedente
interrotta dalla nascita.
Ferenczi prospetta lo sviluppo infantile come passaggio da una forma autoplastica di
adattamento ad una forma alloplastica con una determinazione progressiva del senso di
realtà. Sottolinea l'importanza del fattore perigenetico (intrauterino e neonatale) come
momento critico dello sviluppo psichico. Mostra l'importanza delle primissime fasi di vita per
l'organizzazione psicologica dell'individuo. Quest'interesse lo porta ad individuare nel trauma il
fattore patogeno essenziale: ogni individuo si trova esposto nel corso dell'infanzia ad un
ambiente adulto che produce, anche se in misura diversa, traumi emozionali perché viene
disattesa l'urgenza di distinguere tra bisogni e desideri del bambino e dell'adulto e la necessità
di diversificare i loro diritti e i loro doveri.
L'autore individua una discrasia tra il bambino all'adulto: la plasticità della psiche infantile
di fronte all'ambiente familiare, la disposizione all'identificazione coi genitori, il bisogno di
essere amato, fanno sì che il bambino tende ad adeguarsi alle richieste degli adulti e non viene
riconosciuta la sua differenza. C'è attenzione al figlio costretto compiacere al genitore. Un
bambino può perciò subire offese e minacce tuttavia ritenerle giuste anche quando non lo sono
e dunque colpevolizzare sé e costringersi a sacrificare parti di sé non accolte, pur di
mantenersi unito a chi sente tanto necessario. L'adulto è un aggressore che invade e travalica i
confini della personalità infantile provocando una seduzione incestuosa fonte di dolore.
La fiducia è quel certo non so se che grazie a cui si delinea il contrasto tra il presente e
l'intollerabile passato traumatogeno. Mettendo l'accento sull'origine relazionale dei disturbi
mentali, e sostenendo il ruolo del trauma come agente patogeno, Ferenczi finisce per
distanziarsi alquanto dall'ultima lezione freudiana che attribuiva al trauma un significato
prettamente fantasmatico.
3. Wilhelm Reich
Wilhelm Reich (Dubrozcynica 1897 – Lewinsburg 1957), medico, fu membro della società
viennese di psicanalisi. La sua opera più importante è “Analisi del carattere” del 1933.
3.1
La teoria della genitalità
Reich sostiene la natura biologica dell’energia sessuale.
La salute, cioè la capacità dell’uomo di provare “una spontanea gioia nel lavoro ed una
capacità di amare” coincide con la genitalità, come disponibilità al’incontro tra i sessi, che
diventa sintomo di potenza orgastica, cioè capacità di arrivare al pieno soddisfacimento
sessuale.
La nevrosi invece è un conflitto tra l’Io pulsionale e l’Io morale che provoca una stasi
sessuale.
L’orgasmo è il processo ritmico di accumulo-scarica dell’energia sessuale che permette
all’uomo di dinamizzare e di rivitalizzare le proprie energie psichiche.
Nel libro “La funzione dell’orgasmo” del 1927 c’è una vera e propria mistica materialistica
del piacere. La repressione sessuale è il fattore patogeno per eccellenza, la causa delle nevrosi,
quindi sia il funzionamento sociale che psichico possono essere ricondotti ad un’unica struttura
dinamica, il carattere.
Nel libro “Il carattere pulsionale” del 1925 Reich delinea un primo schema personologico e
stabilisce una relazione tra sviluppo psicosessuale e patologia. Il carattere è l’erede
dell’adattamento del bambino al mondo familiare ed è la forma in cui in un individuo si
manifesta il suo atteggiamento psichico nei confronti dell’ambiente. Sono quindi le forze
pulsionali primarie che prendono parte alla formazione di uno specifico carattere, è una sorta
di marchio di personalità.
Reich vuole superare una terapie centrata sul sintomo per elaborare una terapia centrata sul
carattere, inteso come una forma della resistenza.
Definisce il carattere pulsionale una forma intermedia tra nevrosi sintomatica e psicosi in cui
ricadono personalità asociali, psicopatiche, e marginali: si tratta di caratteropatie, ossia
disturbi della personalità complessiva.
Nel carattere pulsionale il super-io è rimosso dinamicamente e senza successo, la rimozione
sistematica è carente. Il super-io appare dunque isolato in quanto inadeguato a tollerare
l’ambivalenza affettiva.
3.2
Analisi del carattere
Il carattere è considerato innanzitutto una reazione dell’organismo nell’ambito del conflitto
tra pulsione e mondo esterno, conflitto che è l’essenza della vita che si oppone alla nonvita.
Reich accentua la funzione del corpo, dell’espressione, della postura, e ripensa alla
relazione mente-corpo in una prospettiva di unità e non di sola interazione.
In analisi non contano tanto i ricordi o le esperienze vissute, ma l’uso difensivo che di questi
è stato e viene tuttora fatto dal paziente. Reich insiste sulla funzione di barriera del carattere.
Nella terapia è solo il contatto diretto con il corpo che può spezzare l’armatura caratteriale
entro cui è imprigionata la vita psichica individuale. Non è sufficiente rivelare il contenuto
inconscio del sintomo perché esso si risolva, è l’atteggiamento di accondiscendenza e di
accettazione superficiale da parte del paziente a costituire la resistenza maggiore al lavoro
analitico.
Il carattere serve come legame dell’angoscia liberamente fluttuante che altrimenti
permeerebbe la mente del paziente e si può fare un’analisi del carattere come elaborazione dei
conflitti assimilati dall’Io.
Si tratta di distinguere tra la componente attuale dell’atteggiamento e del comportamento del
paziente e la componente infantile legata alle vicissitudini pulsionali dello sviluppo.
Questo lavoro permette di comprendere il carattere come un’alterazione cronica dell’Io che si
definisce indurimento, corazza, meccanismo di protezione narcisistico di fronte alla frustrazione
pulsionale e all’angoscia.
Il carattere si consolida come struttura rigida che avvolge e blocca i processi dinamici tra le
varie istanze ed assume di conseguenza una determinata coloritura pulsionale che permette a
Reich di distinguere alcune forme caratteriali:
Carattere isterico: è il più semplice tipo di armatura, ha un atteggiamento sessuale
invadente; per lui l’atto sessuale è fonte di angoscia, ha un atteggiamento incostante e
suggestionabile. Domina l’ambivalenza ed ha propensione alle fantasticherie. Sessualizza tutto
e rischia di confondere le zone del corpo.
Carattere coatto: irresolutezza, dubbio, contegno formale e autocontrollo, ostinazione e
pignoleria. Questi tratti si fondano sull’erotismo anale e su componenti fallico-sadiche. Si
possono verificare vissuti di estraneità e di scissione, per esempio tra corpo e mente.
Carattere fallico-narcisistico: presunzione e arroganza, tendenza ad immaginare attacchi
che, proiettivamente, si sforzano di anticipare attaccando. Possono realizzarsi socialmente.
Carattere masochista: il masochismo è un’aggressione contro l’altro, è una difesa che si
serve della sofferenza come mezzo per reagire alla paura di essere ignorati e non considerati.
E’ legato ad un’angoscia molto precoce di essere abbandonato. E’ un tentativo di liberarsi
dall’angoscia e dal dispiacere: di fronte al timore di venire ignorato cerca attivamente una
forma di dolore pensabile e contenibile, sensazione cronica di sofferenza, tendenza a
lamentarsi e a tormentare gli altri.
Peste emozionale: è una scelta contro la vita, ha paura del piacere, tende al sadismo e alla
pornografia, odia il lavoro nei suoi compiti emancipativi. E’ un’esasperazione della difesa
caratteriale ed è intrattabile dal punto di vista clinico.
Carattere genitale: è un tipo ideale, contrapposto al tipo nevrotico che ha raggiunto la fase
genitale post-ambivalente, ha sostituito la genialità al desiderio di incesto e di eliminare il
padre.
Individuando nel carattere un’area di intervento distinta dal campo del sintomo, Reich ha
sviluppato un approccio psicodinamico alla dimensione globale della personalità: è sempre in
gioco l’intero individuo nei suoi aspetti corporei e mentali, arcaici e attuali che concorrono a
rendere possibile la vita.
4. Otto Rank
Pensava che fosse inutile tornare al passato, la nevrosi è un accesso virulento e bisogna
affrontarla con forza nel presente.
Scrisse “Il trauma della nascita” nel 1924 in cui sostiene che è il trauma attivato dalla
nascita è la base dei conflitti e delle nevrosi. Le diverse forme di nevrosi dipendono in toto dai
punti su cui si è maggiormente concentrata la violenza del trauma e della reazione
dell’individuo al trauma.
Considera importante la separazione dalla madre e dalla vita intrauterina per la produzione
dell’angoscia e per la formazione dei simboli e dei sogni. Il lavoro analitico dà la possibilità di
ripetere quella escissione dalla madre a suo tempo non completamente riuscita.
Lo psichico si attiva sulla spinta di un continuo conflitto tra desiderio e paura del desiderio, per
esempio tra desiderio di “separarsi da” e desiderio di “riunirsi a”, tra bisogni (fantasie) fusionali
e bisogni (fantasie) di autonomia.
IV Capitolo. Gli psicologi dell’Io: A. Freud, H. Hartmann, R.A. Spitz, M.S. Mahler
1. Anna Freud
Vicinanza con le teorie del padre: ogni cornice teorica psicanalitica deve mantenere i punti di
vista dinamico, genetico, economico e topografico strutturale.
I contributi riguardano: importanza dell’Io e dei meccanismi di difesa, studio del soggetto in
età evolutiva. Osservazione infantile, modello di comprensione della normalità e della patologia
del bambino, attenzione al punto di vista evolutivo anche nell’adulto, interesse per la
prevenzione, tecnica di psicanalisi infantile. Ampliamento della teoria freudiana.
1.1
L’Io e i meccanismi di difesa
Secondo Anna (Vienna 1895 – Londra 1982) lo psicanalista può vedere solo i derivati
dell’inconscio mediati dall’Io e dal soggetto. La psicanalisi ha come fine acquisire una
conoscenza quanto più completa di tutte e tre le istanze psichiche ed i contenuti dell’Es non
possono essere mai conosciuti direttamente.
Se Es ed Io sono in armonia l’Io percepisce l’impulso proveniente dall’Es, la tensione e la
liberazione da essa e l’intero processo può essere osservato.
Quando invece il passaggio degli impulsi dà luogo a conflitti l’Es viene considerato come un
intruso e l’Io sente come aliene le istanze dell’Es e per proteggere i confini mette in atto
misure difensive, ossia i meccanismi di difesa, le manovre che l’Io può usare per proteggere
se stesso da un pericolo interno o esterno. Il loro uso eccessivo può distorcere la realtà e
impoverire l’Io:
• Regressione e modificazione reattiva dell’Io (formazione reattiva), isolamento e
annullamento retroattivo (nella nevrosi ossessiva)
• Introiezione, identificazione e proiezione definite nel lavoro “Gelosia, paranoia e
omosessualità” del 1921
• Rivolgimento contro se stessi e trasformazione nel contrario illustrati nel lavoro sulla
teoria degli istinti.
• Sublimazione o spostamento dello scopo istintuale
• Identificazione con l’aggressore e una forma di altruismo: l’identificazione è una delle
più potenti armi dell’Io nel gestire gli oggetti esterni che generano angoscia.
Ne individua anche altri quali l’ascetismo e l’intellettualizzazione oltre alla negazione in
fantasia, negazione mediante parole ed atti, limitazione dell’Io.
Anna evidenzia le categorie di motivazioni e pericoli dai quali l’Io si difende:
• paura della forza degli istinti
• angoscia proveniente da pericoli o minacce che provengono da oggetti della realtà
• angoscia del super-io
• altri pericoli che derivano da esigenze e bisogni di sintesi dell’Io
1.2
La prevenzione della psicopatologia
Le vicende infantili vissute e successivamente le loro rappresentazioni, possono dare origine a
nevrosi: perciò è importante vedere se è possibile prevenire nello sviluppo del bambino
l’insorgere delle nevrosi.
Ha osservato molti bambini, in particolare quelli sopravvissuti ai campi di concentramento.
Anna con il tempo diviene molto meno ottimista rispetto alla possibilità che un’educazione
psicanalitica possa prevenire la psicopatologia.
“Secondo la psicanalisi non può esserci una piena prevenzione della psicopatologia”.
Comunque Anna continua ad attribuire importanza all’influenza della realtà genitoriale e della
potenziale influenza dell’ambiente e della necessità di indagare l’equilibrio tra forze interne ed
esterne nella psiche del bambino.
1.3
L’osservazione diretta del bambino
Il lavoro di Anna si è rivolto a studi sulla separazione e sui caregivers sostitutivi, sullo sviluppo
libidico, sull’impatto del mondo interno ed esterno sul bambino, sullo sviluppo infantile e
sull’uso sistematico delle osservazioni sui bambini.
Anna ha sempre sostenuto la complementarietà, per la conoscenza dello sviluppo infantile, di
osservazioni su basi psicanalitiche e conoscenze derivate dal setting psicanalitico.
1.4
Normalità e patologia del bambino
La coniugazione dell’interesse per lo sviluppo del bambino e della condivisione delle teorie
paterne dà origine al modello di approccio evolutivo alla normalità e alla patologia del bambino
e dell’adolescente, ma anche dell’adulto.
Anna elabora il concetto fondamentale di armonia e disarmonia interna fondandosi
sull’analisi di bambini e adulti e su osservazione di bambini.
Il processo evolutivo si basa su tre componenti:
• dotazione naturale o patrimonio congenito
• ambiente
• grado di strutturazione e maturazione raggiunto all’interno della personalità
Durante lo sviluppo i sintomi, le inibizioni, le ansie non hanno necessariamente lo stesso
significato che assumeranno più tardi. I fenomeni possono essere legati allo sviluppo (stress
evolutivo) e scomparire o perdurare anche dopo.
Il criterio di adattamento ai compiti vitali: per l’adulto la normalità è la capacità di gestire i
compiti vitali, per il bambino il successo o il fallimento non ha l stesso significato che per
l’adulto.
Secondo Anna si deve considerare la capacità del bambino di progredire lungo le sequenze
evolutive o il danno relativo a tale capacità. Bisogna accertare dove un bambino si colloca nella
scala evolutiva, se la posizione è adeguata all’età e in che modo e misura le circostanze
esterne e interne e i sintomi interferiscono con la crescita valutazione dello stato
mentale.
Per fare ciò Anna individua due tipi di strumenti:
• le linee evolutive
• il profilo meta psicologico
1.4.1 Le linee evolutive
Anna diviene consapevole dell’inadeguatezza delle fasi dello sviluppo libidico per considerare
tutti gli aspetti dello sviluppo e della patologia infantile, per comprendere la complessità dello
sviluppo dell’Io e del super-Io.
Emergeva la presenza di disturbi diversi da quelli nevrotici e non spiegabili i termini di
regressione e fissazione rispetto alle fasi dello sviluppo psicosessuale.
Le linee evolutive vogliono individuare le interazioni fondamentali tra Es, Io e Super-Io e i
vari livelli di evoluzione: sono basate sull’idea centrale che osservazioni dettagliate del
comportamento del bambino devono permettere a un professionista di trarre inferenze sul
funzionamento della vita interna del bambino.
Anna descrive una sequenza dalla dipendenza del neonato dalle cure materne fino al
conseguimento dell’autonomia adulta. Le principali linee riguardano:
• Passaggio dall’egocentrismo alla socievolezza
• Capacità di stringere rapporti con i coetanei
• Sviluppo del gioco autoerotico sul proprio corpo
• Oggetto transazionale
• Capacità di giocare con gli oggetti
• Passaggio dall’attività di gioco all’impegno del lavoro
Altre linee riguardano l’indipendenza fisica e il passaggio dall’allattamento all’alimentazione
razionale, l’acquisizione del controllo sfinteriale, la conquista della responsabilità verso la
salute del corpo.
1.4.2 Il profilo metapsicologico
Il profilo si prefigge una diagnosi psicanalitica del bambino che consiste nel comprenderlo
all’interno del quadro psicanalitico di riferimento. Si tratta di illustrare gli aspetti del
funzionamento mentale e le reciproche interconnessioni, i modi di adattamento interno alla
realtà esterna, le difficoltà o i fallimenti di tale adattamento, come procede lo sviluppo
psicologico rispetto all’età, quanto è strutturato e quanto è in funzione degli apporti esterni.
Al termine della prima consultazione si propone un profilo iniziale per formulare un’ipotesi
sulla sua organizzazione mentale e sull’intervento più appropriato da adottare.
Il profilo, ideato per i quadri nevrotici, è stato esteso ai disturbi non nevrotici, ai borderline e
agli psicotici ed anche ai bambini con malattie fisiche o con deficit sensoriali. Infine il profilo è
stato esteso a diverse età.
Compilare il profilo significa mettersi nella disposizione mentale di leggere il materiale
diagnostico nell’ottica psicanalitica.
Una sezione è riservata all’accertamento dinamico dei conflitti esterni, interiorizzati ed interni.
Sono presi in considerazione i punti di fissazione, regressione, con distinzione tra regressione
temporanea a permanente.
Sono presenti i punti di vista:
• economico: attività delle pulsioni in rapporto alla forza dell’Io
• adattivo: valutazione delle caratteristiche dello sviluppo (tolleranza, frustrazione, ecc.)
• topico: valutazione del livello conscio o latente delle tendenze istintuali, distinzione tra le
difese vere e proprie e le identificazioni dell’Io.
Il profilo si può dividere in due parti:
• una costituita da elementi esterni
• una costituita da elementi interni con un’ulteriore suddivisione tra descrizione strutturale
(Es, Io e Super-Io) e organizzazione patologica.
Viene valutato lo sviluppo della libido, la distribuzione economica della libido, la valutazione
dello sviluppo della libido oggettuale e lo stadio di sviluppo raggiunto dall’aggressività, lo
sviluppo dell’Io, del super-Io, la valutazione genetica, la valutazione dinamica (conflitti tra le
istanze), la valutazione della forza delle tendenze progressive rispetto a quelle regressive.
La diagnosi che fornisce il profilo è di tipo psicodinamico e comprende dalla normalità ai vari
disturbi (nevrosi, borderline, psicosi, ecc.).
1.5
L’attenzione alla normalità
Il lavoro di Anna è caratterizzata da attenzione alla normalità, ha dato un contributo sulla
“regressione come sviluppo normale” dove vengono distinte:
• regressione temporale
• regressione dell’Io e super-Io
• regressione temporanee
• regressione dovuta all’Io sotto stress
1.6
La psicopatologia e la scelta del trattamento
Lo scopo del profilo è decidere se il soggetto ha bisogno di intervento e di che tipo.
L’intervento classico è la psicanalisi.
Anna distingue tra nevrosi infantile e disturbi evolutivi.
Nel primo caso la nevrosi può scomparire con lo sviluppo.
Nel caso di disarmonie o arresti evolutivi invece si tratta di soggetti che presentano una
carente strutturazione dell’Io, rappresentazioni mentali poveramente definite e difficoltà nel
distinguere tra realtà e fantasia.
Molti bambini tendono a non avere relazioni oggettuali adeguate all’età, le loro relazioni con i
coetanei sono spesso disturbate ed è carente la loro consapevolezza egli altri e dei loro bisogni.
Possono presentare problemi nello sviluppo cognitivo, nella comprensione verbale, nello
sperimentare emozioni, nel comunicarle e nell’essere consapevoli delle stesse negli altri.
2. Heinz Hartmann
Il pensiero centrale di Hartmann (Vienna 1894 – New York 1970) è la nozione di “funzioni
psichiche” in qualità di attribuzioni dei sistemi psichici. Sottolinea la necessità per la
psicanalisi di ritornare allo studio della normalità. Gli ambiti del suo lavoro sono:
• lavori di natura clinica tra il 1922 e il 1935 e le sue riflessioni sulla schizofrenia
• le sue considerazioni sulle problematiche teoriche e metodologiche della psicanalisi
• la psicologia dell’Io ed i problemi di adattamento
Per Hartmann l’Io risulta principalmente connesso al rapporto con la realtà, è l’organo
specifico dell’adattamento. Ha dato molta importanza all’osservazione combinando
l’osservazione longitudinale diretta della prima infanzia con i dati delle ricostruzioni forniti
dall’analisi. La psicanalisi quindi deve avvalersi del metodo osservativo più quello
ricostruttivo.
Per Hartmann il punto fondante della teoria psicanalitica dello sviluppo è costituito
dall’interazione tra evoluzione delle funzioni dell’Io, sviluppo delle relazioni
oggettuali e fase specifica evolutiva.
La genesi dell’apparato psichico si determina da uno stadio indifferenziato in cui Io ed Es
appaiono indistinguibili così come le loro funzioni. L’Io si costituisce poi come organo
specializzato di adattamento.
Nella prima fase della vita l’uomo dipende totalmente dall’ambiente essendo vincolato per la
sua sopravvivenza alle cure fornitegli dagli adulti, poi la sua capacità di adattarsi alla realtà
evolverà conseguentemente alla maturazione dell’Io (e del super-Io).
Lo sviluppo dell’Io appare orientarsi in modo divergente rispetto a quello dell’Es. L’Io evolve
secondo 3 determinanti principali:
• l’ereditarietà
• l’influenza pulsionale
• l’influenza della realtà
La struttura psichica Io ha propensione verso la realtà indipendentemente dalle richieste
pulsionali di soddisfacimento di un bisogno, quindi propensione autonoma, quindi parziale
indipendenza dalle esigenze dell’Es. Quindi il rapporto con l’ambiente è una fonte indipendente
di gratificazione dell’individuo. Hartmann quindi dà un ruolo fondamentale alla realtà e
all’ambiente anche se non si distacca del tutto dal modello strutturale.
L’Io di Hartmann è da un lato il prodotto della maturazione biologica individuale, determinata
dall’evoluzione secondo il corredo genetico, dall’altro è il risultato dello sviluppo dell’evoluzione
individuale secondo l’interazione tra disposizione genetica e fattori ambientali.
L’Io di Hartmann è l’organo dell’adattamento, dell’organizzazione per scopi di sopravvivenza.
“Le relazioni umane devono essere subordinate alle condizioni di sopravvivenza che
rappresentano”.
Per Hartmann l’Io è più robusto nell’opposizione alle pulsioni dell’Es avendo un vasto
assortimento di motivazioni (le tendenze adattive, gli interessi autonomi dell’IO tra cui
desiderio di ricchezza, di successo, ecc., gli imperativi morali), indipendente dalle altre
strutture psichiche.
Hartmann ridefinisce almeno parzialmente il ruolo dell’aggressività distaccandosi dalla
concezione di pulsione di morte: l’energia proveniente dalla pulsione aggressiva, come la
libidica, può essere messa a disposizione dell’Io per scopi di rapporto con la realtà o con il
proprio sé, attraverso il meccanismo della deistintualizzazione o neutralizzazione.
L’aggressività si può manifestare positivamente nel controllo del corpo, della realtà e nella
formazione della struttura psichica. Essa infatti, sotto forma di aggressività neutralizzata,
fornisce all’Io una forza motrice utile al suo funzionamento, mentre l’aggressività
internalizzata contribuisce alla formazione del super-Io.
Hartmann quindi aumenta il potere dell’Io nell’equilibrio tra i sistemi e formula rielaborazioni
della teoria psicanalitica e del modello strutturale.
Le caratteristiche di un adeguato adattamento secondo Hartmann sono:
• abilità produttiva
• capacità di godere la vita
• sano equilibrio mentale
Per Hartmann l’individuo nasce con una capacità innata di adattamento a un ambiente di
prevedibilità media: la possibilità di influire dell’ambiente sullo sviluppo adattivo individuale è
minima mentre appare possibile in contrario, la modificazione della capacità adattiva
dell’individuo può esplicarsi attraverso 3 diverse modalità:
• autoplastica: cambiamento individuale per adattarsi alle esigenze ambientali
• allo plastica: cambiare l’ambiente per renderlo più affine alle proprie esigenze
• ricercare un nuovo ambiente più favorevole
3. Edith Jacobson
Edith Jacobson (Hanau 1897 – 1978) si dedicò allo studio dell’identità e delle influenze
reciproche tra lo sviluppo dell’identità, le vicissitudini delle relazioni d’oggetto e delle
identificazioni e l’instaurarsi del super-Io.
3.1
Il Sé
Jacobson distingue tra:
•
•
l’Io che rappresenta una struttura
il Sé che costituisce l’intera persona di un individuo (corpo e organizzazione psichica),
distinto dal mondo circostante di oggetti
• le rappresentazioni del Sé consce, preconsce e inconsce del sé corporeo e mentale nel
sistema Io.
Parte da una visione classica strutturale e pulsionale e condivide con Hartmann che l’Io e l’Es
abbiano origine da una matrice indifferenziata “Sé primario psicofisiologico”: nei primi mesi
di vita le pulsioni libidica e aggressiva sono indifferenziate e vengono scaricate attraverso
canali fisiologici, all’interno.
Via via le zone erogene pregenitali e l’intero sistema sensoriale e motorio, il “nucleo
autonomo primario” del futuro Io, divengono iperinvestiti e cominciano i processi di scarica
all’esterno: attività pregenitali, reazioni affettive motorie, reazioni motorie istintive riflesse e
differenziazione delle pulsioni.
Le pulsioni aggressiva e libidica vanno incontro a un processo di fusione e di parziale
neutralizzazione e verranno investite nella costruzione dell’Io e del Super-Io.
Jacobson amplia la teorizzazione della fase orale, arricchendola e descrivendo l’impatto delle
cure materne. L’equilibrio psicofisiologico dipende dalla madre intera non semplicemente dal
seno, si crea una sintonizzazione tra la modalità di scarica delle pulsioni della madre e quella
del bambino.
Le immagini del Sé e dell’oggetto cominciano a costruirsi tramite le esperienze stimolanti
libidiche e quelle deprivanti: per tutta la vita rimarranno tracce della tendenza a immergersi
con l’oggetto alla ricerca di esperienze gratificanti che emanano da esso, che forma la base per
le future relazioni oggettuali e per le identificazioni.
In questo periodo ci sono costanti spostamenti dell’investimento libidico e aggressivo tra il Sé e
l’oggetto: la madre induce affetto nel bambino e il bambino fa movimenti imitativi per
mantenere la fusione tra sé e l’oggetto madre (stato empatico); pensa che imitare la madre
significa divenire la madre (fantasie magiche e illusorie).
Nelle prime settimane dopo la nascita si verificano i primi gradini verso la strutturazione: gli
impulsi si separano e la neutralizzazione è iniziata e l’Io comincia ad assumere le sue
funzioni. Il bambino costruisce rappresentazioni di sé e del mondo oggettuale e le
distingue.
Il bambino acquisisce immagini di sé che si associano alla qualità piacevole/spiacevole della
sua esperienza: oggetto buono che gratifica e oggetto cattivo che frustra che possono
essere la stessa persona in momenti differenti.
Ma è solo verso i 6 mesi che diviene consapevole che l’oggetto buono e quello cattivo sono
la stessa persona (quando si fondono le 2 rappresentazioni si verifica la fusione delle pulsioni:
nello sviluppo normale predomina la pulsione libidica) e comincia a distinguere le persone
familiari dalle altre (è più veloce la distinzione degli oggetti che di sé dall’oggetto e quindi la
differenziazione dalla madre è più difficile).
Nel secondo anno di vita le rappresentazioni bune e cattive del sé si integrano in un
concetto di sé consolidato e in una rappresentazione buona e cattiva della madre, del padre
e dei fratelli che diventano relazioni reali e idealizzate, parte della struttura dell’Io. Si passa dal
desiderio di rimanere parte dei suoi oggetti d’amore al desiderio di essere come loro:
compromesso tra desideri di dipendenza, di immersione e di riunione e un funzionamento
dell’Io aggressivo e indipendente.
Il sentimento di essere lo stesso all’interno di cambiamenti continui è essenziale per lo
stabilirsi dell’identità e si mantiene distinguendo immagini di sé desiderate da
rappresentazioni di sé realistiche.
L’amore genitoriale con gradi tollerabili di frustrazione consentono lo stabilirsi di uno stabile
e durevole investimento libidico del sé e dell’oggetto e aiutano il costituirsi dell’Io e del
super-Io e l’avviarsi verso l’indipendenza. La frustrazione insegna al bambino ad
abbandonare le magiche attese infantili e fa sorgere ambivalenza e fa accumulare aggressività
verso gli agenti frustranti e libido nei confronti del sé stimola forme di identificazione
con i genitori e promuove autonomia.
Gratificazione eccessiva o frustrazione severa portano a fantasie regressive e riunione del sé e
dell’oggetto ritardo nello sviluppo.
Alla fine del primo anno il bambino attraverso frustrazione, ambizione, possessività, invidia,
rivalità, ecc. impara a distinguerei propri sentimenti da quelli degli altri. Assumono importanza
maggiore gli altri familiari e poi compagni e amichetti (frustranti perciò spingono
all’identificazione: il bambino proietta impulsi ostili sui suoi rivali).
L’individuazione viene promossa più dalle differenze verso i pari e dall’ambivalenza verso i
rivali che dall’intimità con la madre. Man mano che acquisisce identità le sue relazioni
oggettuali aumentano: innalzamento della stima di sé e formazioni di un sé unificato.
L’identità sessuale costituisce una componente significativa dell’identità personale: il
maschietto l’acquisisce più velocemente. La scoperta e l’accettazione delle differenze spinge
alla rinuncia dei desideri primitivi di riunione e fusione con la madre per le spinte edipiche che
inducono a identificarsi con il rivale.
Le spinte edipiche sessuali stimolano lo sviluppo delle relazioni oggettuali e delle identificazioni
e ne influenzano la direzione.
3.2
Connessione tra identità e sviluppo del super-Io
Il super-Io si forma con la risoluzione del complesso edipico ed è un indicatore e
regolatore dell’intero stato dell’Io e permette di gioire della sessualità adulta. Nell’età
adolescenziale e adulta la voce del super-io è: “perdi i tuoi attaccamenti infantili e accetta le
norme etiche e le responsabilità adulte”.
La formazione del super-Io implica l’internalizzazione come processo nel quale le regolazioni
avvenute nell’interazione con il mondo esterno vengono sostituite dalle regolazioni interne. Il
super-Io è un unità funzionale che regola il comportamento in accordo con principi etici
internalizzati.
Il super-io si evolve allo stesso modo dell’identità a partire da successivi strati di relazioni
oggettuali internalizzate.
Il bambino molto piccolo le identificazioni dell’Io e del super-io derivano dall’identificazione con
la madre; quando diventa consapevole che i genitori non sono onnipotenti sorge la delusione
che nello sviluppo normale viene sostituita dalla idealizzazione (ma non deve avvenire troppo
precocemente altrimenti identificazioni narcisistiche) e conduce alla formazione del super-Io.
La funzione dell’Io rende il bambino in grado di distinguere tra genitori reali e immagini
idealizzate che si trasformano nell’ideale dell’Io. La neutralizzazione procede.
Importanza della fase anale: la formazione del super-io inizia con l’incorporazione del primo
valore imposto dall’esterno, la pulizia che rende il bambino più consapevole di sé.
A partire dai 2 anni circa fino al momento in cui si stabilisce il super-io i percorsi evolutivi di
maschietto e femminuccia divergono, a causa delle differenze sessuali.
E’ l’amore e non la paura a supportare in entrambi i sessi lo sviluppo del super-io.
Bambino: il super-io si costruisce prima con l’identificazione con la madre poi con
identificazioni derivate dalla forza e potere del padre, durante la fase anale. E non è solo la
minaccia di castrazione: la rinuncia ai desideri incestuosi deriva dall’idealizzazione che si
sviluppa nell’ideale dell’Io.
Bambina: il super-io si costruisce prima con l’identificazione con la madre poi con
identificazioni derivate dalla forza e potere del padre, durante la fase anale, ma il
riconoscimento delle differenze sessuali le provocano uno shock maggiore che nel maschietto
che ha l’amore edipico. Svaluta se stessa e l’oggetto materno e stabilisce un ideale dell’io come
ragazzina pulita, asessuale e non aggressiva (obiettivo femminile narcisistico della attrattività
fisica). Si rivolge verso il padre come oggetto d’amore.
In entrambi i sessi la soluzione del conflitto edipico implica quindi l’affetto piuttosto che la
paura.
3.3
La psicopatologia
Viene definita come deviazione dallo sviluppo normale.
Nelle psicosi le rappresentazioni di sé e dell’oggetto, differenziate nell’infanzia, riemergono
regressivamente per formare un sé-oggetto indifferenziato e manca l’identità (re-fusione
difensiva delle rappresentazioni del sé e dell’oggetto).
Un fattore predisponente alla psicosi è un’insufficiente neutralizzazione delle pulsioni: l’io
prepsicotico è incapace di impiegare difese nevrotiche per gestire il conflitto.
Si può verificare la dissociazione di rappresentazioni se-oggetto fuse o indifferenziate,
coesistenza di rappresentazioni se-oggetto completamente buone accanto alle cattive.
Depressione studiata nel volume “La depressione: studi comparativi degli stati normali,
nevrotici e psicotici” del 1971 alla luce delle ipotesi sul sé e sull’identità. Nella depressione
psicotica semplice si riscontra un conflitto intrasistemico tra un’immagine di sé desiderata e
un’immagine di sé fallimentare. Dal fallimento della risposta materna nella sottofase di
riavvicinamento risulta una riduzione dell’autostima.
La depressione è la conseguenza affettiva dell’incapacità dell’io primitivo, in caso di perdita
precoce dell’oggetto, di gestire il lutto e risolvere i conflitti narcisistici e di
ambivalenza. L’abbandono molto precoce, quando non sono stabiliti i limiti tra sé e l’oggetto,
porta depressione e patologia nelle relazioni oggettuali e narcisismo, gli oggetti vengono
sopravvalutati e idealizzati.
4. Renè A. Spitz
Spitz (Vienna 1887 – Denver 1974) si è occupato del rapporto mente-corpo e alle funzioni
dell’Io che consentono al bambino di acquisire consapevolezza del partner materno e per aver
individuato l’importanza delle cure materne e le loro conseguenze fisiche e mentali.
4.1
La deprivazione della figura materna
Ha dimostrato con lo studio di bambini ospedalizzati quanto sia deleteria l’assenza di un
adulto che faccia funzioni di madre. I bambini osservati negli orfanotrofi avevano un ritardo in
tutte le sfere: è essenziale che l’equipaggiamento innato del neonato sia “ravvivato”
dall’interazione e relazione con la madre. Definì il fenomeno “depressione anaclitica”, versi i
9 mesi, con sintomi di apprensione, tristezza, piagnucolio, ritiro e rifiuto a nutrirsi, anche per
una separazione di 3 mesi (limite).
4.2
Le funzioni dell’Io, le relazioni oggettuali e gli organizzatori della psiche
Scrisse “Il primo anno di vita” e “Il Si e il No” in cui studiò le relazioni diadiche. Le funzioni
dell’Io si strutturano in quelli che chiamò “organizzatori della psiche” che consentono il
raggiungimento di nuovi livelli di integrazione nello sviluppo evolutivo.
Spitz ipotizza tre stadi dell’organizzazione psichica:
• lo stabilirsi della percezione e dell’inizio dell’Io
• integrazione delle relazioni oggettuali con le pulsioni e stabilirsi dell’Io come struttura
psichica
• modalità di comunicazione semantica che dà luogo all’inizio delle relazioni sociali a un
livello umano
I periodi critici, nei quali compaiono gli organizzatori, rappresentano momenti di sviluppo in
cui compaiono delle asincronie tra la progressione rigida della maturazione e il costante
mutamento dovuto allo sviluppo che richiedono un nuovo sviluppo adattivo della struttura
psichica. Spitz parte dall’ipotesi di una iniziale indifferenziazione tra Io ed Es, psiche e
soma, interno ed esterno, pulsione ed oggetto, Io e non-Io.
Primo organizzatore: la percezione e lo sviluppo delle relazioni oggettuali vengono
influenzate dagli affetti e in particolare dall’ansia. Distingue tra sensazione cenestetica,
viscerale, in cui i segnali vengono filtrati, del neonato e percezione diacritica successiva.
Alla nascita la culla è rappresentata dalla cavità boccale: qui la percezione di contatto si
combina con la percezione a distanza. Solo tramite un continuo dialogo e interscambio tra
madre e bambino si può passare a modalità discriminative (diacritiche). Il passaggio avviene
con la comparsa del primo organizzatore della psiche a partire dal secondo mese di vita, che si
manifesta con il sorriso non specifico o indifferenziato (il bambino risponde ad una qualsiasi
configurazione di faccia materna). Questa risposta segnala il passaggio dalla ricezione dello
stimolo interno a alla percezione dell’esterno. La psiche è diventata sufficientemente
organizzata da essere capace di collegare l’affetto all’intenzionalità. Si inizia la costruzione di
una divisione topica tra conscio e inconscio. Con l’apparire del primo organizzatore il bambino
si trova a dover affrontare i compiti evolutivi.
Secondo organizzatore: tra il terzo e l’ottavo mese di vita c’è lo stabilirsi dell’oggetto libidico
vero e proprio come fusione delle 2 pulsioni sotto la dominanza della libido, nel momento in cui
il bambino realizza che l’oggetto buono gratificante e l’oggetto cattivo frustrante sono in realtà
una stessa persona.
Con la crescente complessità dello sviluppo con il miglioramento della percezione visiva il
bambino diviene consapevole della propria madre e all’avvicinarsi dell’estraneo si ritira e
piange. Si osserva una attenuazione delle pulsioni , si stabilisce un vero e proprio oggetto
libidico, l’angoscia si focalizza attorno alla perdita dell’oggetto. Per gestire l’angoscia di
separazione inizia il lungo processo di internalizzazione. Con l’aumento della locomozione
l’esperienza tattile si riduce.
Terzo organizzatore: ogni no proveniente dalla madre costituisce una frustrazione
sperimentata che forza il bambino al ritorno alla passività. Il dispiacere causa conflitto e forza il
confronto con il fatto che è l’oggetto libidico la fonte del dispiacere. Allora il bambino si
identifica con l’aggressore e dice no come la madre. Ciò da avvio ad una nuova forma di
interscambio con gli oggetti: l’azione viene rimpiazzata dal messaggio incrementando la
distinzione tra le rappresentazioni di se e dell’oggetto: la comunicazione assume una forma
semantica.
Nel corso dello sviluppo la madre quindi assume un partner vitale.
4.3
La psicopatologia
Spitz evidenzia l’importanza fondamentale del partner materno e delle relazioni oggettuali che
possono essere disturbate e portare a psicopatologia, per la mancanza di sintonia tra la madre
e il bambino.
5. Margareth S. Mahler
La Mahler (Sopron 1897 – New York 1986) amplia le ipotesi psicanalitiche sulla base delle
osservazioni dirette e sistematiche del bambino molto piccolo. I primi lavori sono rivolti alla
psicosi infantile.
Teorizza un cammino evolutivo nel passare da uno stadio iniziale di non responsività del
mondo esterno a uno stadio di non differenziazione dalla madre fino alla realizzazione finale di
un Sé separato e autonomo.
Il processo viene chiamato di separazione-individuazione.
La nascita biologica e psicologica del bambino non coincidono nel tempo: la prima è un evento
osservabile, la seconda è un processo intrapsichico di separazione individuazione dall’oggetto
d’amore primario.
Il processo si riflette lungo tutto il ciclo di vita e rimane sempre attivo.
Separazione e individuazione sono due sviluppi complementari, ma possono procedere in
maniera discontinua tra di loro: la separazione è nell’emergere del bambino da una fusione
simbiotica con la madre, l’individuazione è l’assunzione di proprie caratteristiche individuali e
possono procedere in modo discontinuo tra loro.
C’è una stretta connessione tra un processo intrapsichico e la maturazione degli apparati
cognitivi e funzionali.
I concetti base della Mahler sono 2:
Adattamento: acquisisce importanza nelle prime fasi di vita: all’inizio si sviluppa nell’unità
duale madre-figlio; le capacità di adattamento del bambino sono maggiori di quelle della
madre, ma il bambino prende forma in armonia e in stretta relazione con i modi e lo stile della
madre.
Relazione oggettuale: come si sviluppa la relazione oggettuale a partire dal narcisismo
primario e in parallelo allo sviluppo dell’Io. La consapevolezza di essere separato è il
presupposto di una vera reazione con la madre e per giungere a ciò bisogna considerare lo
sviluppo cognitivo e delle funzioni più complesse dell’Io. La relazione oggettuale si sviluppa dal
narcisismo infantile simbiotico primario fino a raggiungere la separazione-individuazione e il
funzionamento dell’Io e il narcisismo secondario si sviluppano nella matrice con la madre.
5.1 Il processo di separazione-individuazione
Il processo viene suddiviso in fasi, di cui nelle prime due c’è ancora fusione e simbiosi con la
madre.
5.1.1 I precursori del processo di separazione-individuazione
Fase autistica normale: primo mese, c’è una relativa assenza d’investimento di stimoli
esterni (barriera agli stimoli), prevalgono i processi fisiologici, situazione simile a quella
prenatale. Grazie alle cure materne è gradualmente condotto fuori della tendenza alla
regressione vegetativa fino al raggiungimento di un equilibrio omeostatico con l’ambiente
esterno.
Fase simbiotica normale: dal secondo mese in poi, il bambino comincia ad avere una
consapevolezza vaga di un oggetto che soddisfa i suoi bisogni, agisce come se egli e la madre
fossero un sistema onnipotente, un’unità duale e comincia a incrinarsi la barriera agli stimoli.
E’ uno stato di indifferenziazione, di fusione con la madre, l’Io non è ancora differenziato dal
Non-Io. Il culmine è verso i 4-5 mesi con la comparsa del sorriso aspecifico di risposta alla
madre e comportamenti di demarcazione tra sé e l’altro. Si comincia a formare un legame
affettivo tra madre e bambino.
5.1.2 Le sottofasi del processo di separazione-individuazione
Sottofase di differenziazione: verso i 5 mesi, al culmine della simbiosi, inizia la prima
sottofase del processo di separazione-individuazione, cioè la differenziazione caratterizzata
dallo sviluppo della percezione sensoriale esterna e una memorizzazione della comparsa e
scomparsa della madre e un’aspettativa della soddisfazione dei bisogni. A 6 mesi il bambino
comincia a sperimentare la differenziazione, a distinguere tra il suo corpo e quello della madre
(le tira i capelli, il naso e le orecchie). Il bambino sviluppa la propria immagine del corpo.
Tre sono le modalità con cui si esplica la fase:
• processo di “schiusura”: il bambino osserva gli oggetti e l’ambiente esterni e poi torna a
rivolgersi alla madre
• ispezione doganale: il bambino esamina sia a livello tattile che visivo la faccia della
madre o di altre persone
• rivolgersi indietro a guardare la madre: il bambino comincia a confrontare la madre e
l’altro, il familiare e il non-familiare. Angoscia dell’estraneo che si può verificare che se è
moderata interferisce solo moderatamente con il comportamento esplorativo gratificante.
Sottofase di sperimentazione: caratterizzata dall’euforia nell’esercizio delle funzioni
autonome. Ci sono tre aspetti:
• improvvisa differenziazione corporea dalla madre
• instaurarsi di un legame specifico con lei
• sviluppo e funzionamento degli apparati autonomi dell’Io in prossimità con la madre
L’interesse del bambino si sposta dalla madre al mondo esterno. Si distingue in due periodi:
sperimentazione precoce: la madre resta al centro dell’interesse del bambino, continua ad
essere necessaria (rifornimento affettivo) attraverso il contatto fisico ma c’è entusiasmo per gli
oggetti esterni.
sperimentazione effettiva: acquisizione della locomozione in posizione eretta che permette
un nuovo livello visivo e provoca uno stato di euforia ma un abbassamento dell’umore quando
la madre si allontana.
Sottofase di riavvicinamento: si distingue in due periodi:
riavvicinamento precoce: sembra che provi piacere dall’allontanamento della madre ma
cambia direzione e si volge nuovamente alla madre con atteggiamento gioioso. Verso la metà
del secondo anno il bambino diventa sempre più consapevole della separazione fisica dalla
madre e c’è un aumento del bisogno che ha di lei.
Ci sono due modalità possibili che indicano il desiderio del bambino di riunione con l’oggetto
d’amore:
• seguire la madre come un’ombra
• allontanarsi all’improvviso per essere rincorso e ripreso in braccio
la madre può rispondere con disponibilità emotiva oppure no.
riavvicinamento vero e proprio: si ha una vera e propria crisi di riavvicinamento,
caratterizzata dall’alternarsi tra il desideri di evitare la madre e quello di starle molto vicino.
Diventa evidente la paura di perdere l’oggetto d’amore e si attuano meccanismi di contatto e di
controllo differenti da quelli fisici. Sono importanti le altre figure. La madre si accorge che il
bambino comincia ad avere le sue predilezioni, i suoi desideri, una propria personalità.
Sottofase del consolidamento dell’individualità e inizio della costanza dell’oggetto
emotivo: la fase ha due principali compiti:
• la conquista di un’individualità definita e permanente
• i conseguimento di un grado relativo di costanza oggettuale
Si evidenzia una più organizzata strutturazione dell’Io e chiari segni di interiorizzazione delle
richieste parentali che indicano la formazione dei precursori del super-Io. Le determinanti
sono:
•
•
il senso di fiducia e di sicurezza
l’acquisizione cognitiva della rappresentazione simbolica
5.2
La simbiosi e il processo di ricerca
Il concetto di simbiosi nasce da osservazioni condotte in ambito clinico. In conseguenza di
separazione si ha panico e frammentazione e una simbiosi psicotica. Capire come i bambino
normali raggiungono quello che gli psicotici non riescono, il passaggio dall’illusione di un’unità
alla coscienza della separazione.
La Mahler ipotizzo che il processo di separazione avvenisse durante il secondo anno di vita e
fece osservazioni in tal senso. Ha quindi combinato l’osservazione longitudinale di un periodo
che va dai 6 mesi ai 3 anni di un soggetto con l’osservazione dell’intero gruppo di bambini. Ciò
ha portato alla concettualizzazione delle sottofasi del processo di separazione-individuazione.
5.3
Psicopatologia
Si ha patologia nel processo di separazione-individuazione quando il bambino è incapace di
rispondere o adattarsi a stimoli che provengono dalla figura materna oppure quando reagisce
con panico di fronte alla separazione, cioè quando il bambino non riesce ad organizzarsi
intorno al rapporto con la madre vista come oggetto esterno d’amore.
Patologie: bambini autistici e bambini che hanno un’organizzazione simbiotica.
5.4
Lo sviluppo del pensiero di Mahler
Le idee della Mahler trovarono molti sostenitori e 4 autori hanno continuato il lavoro di
concettualizzazione, Pine, Bergman, McDevitt e Kramer.
Le critiche sono che il bambino è molto più sofisticato e avanzato nello sviluppo percettivo e
cognitivo.
Ampia controversia tra Mahler e Stern: Stern ritiene che i bambini non iniziano la vita in una
fase autistica normale ma fin dalla nascita sono capaci di differenziare le risposte all’ambiente
e sono consci della differenziazione tra sé e gli altri almeno a un livello primitivo. Stern dà
molta importanza alle fantasie della madre. La Mahler riesaminò il suo pensiero e ridusse il
periodo della fase autistica alle prime 4 settimane.
La Mahler ha descritto la fase simbiotica basandosi su concezione teorica e non
sull’osservazione.
Il neonato deve raggiungere un buon livello di sincronia con la voce e i gesti del suo caregiver:
ogni bambino stimola la propria madre nelle finzioni di cura e sostentamento e a sua volta la
madre risponde empaticamente.
La Mahler può esser considerata come uno dei precursori dell’infant research perché cerca di
connettere conoscenze derivate dalla psicologia cognitiva dello sviluppo (Piaget) e
concettualizzazioni psicanalitiche sullo sviluppo.
6. Conclusioni
La psicologia dell’Io è stata considerata quale “teoria ponte” tra la costruzione teorica
psicanalitica e il nascente pragmatismo statunitense di derivazione comportamentista.
V Capitolo. Il mondo interno: Melanie Klein
Melanie Klein (Vienna 1882 – Londra 1960) allieva di Ferenczi studia lo sviluppo infantile. E’
dominante l’immagine di mente quale mondo interno, un “contenitore di oggetti”, entità
sentite come dinamicamente concrete, “quasi-persone” attive nella nostra mente, in quanto
amano, odiano, distruggono, ecc. Totali o parziali, buoni o cattivi, gli oggetti interni o
interiorizzati animano la vita psichica dando luogo a fenomeni quali l’angoscia, la scissione, la
frammentazione, la proiezione, l’idealizzazione, la depressione, la colpa, con il loro corteo di
correlazioni fantasmatiche.
L’Io da una parte opera con e su tali oggetti, quale attore dei meccanismi di introiezione e
proiezione, dall’altra subisce la loro azione.
Presenti fin dall’inizio della vita, gli oggetti danno ragione delle formazioni psichiche precoci
che delineano la personalità. Dalle prime relazioni oggettuali la Klein inferisce la presenza di un
super-Io già entro il primo anno di vita.
La mente appare un contenitore di oggetti dal quale si attinge per rapportarsi al mondo
esterno o nel quale si introducono entità.
Le pulsioni appaiono indissolubilmente legate all’oggetto che è buono o cattivo in funzione della
modalità libidica o aggressiva con cui è sentito l’oggetto. La motivazione che attiva la vita
psichica è nel dinamismo suscitato dalla relazione con l’oggetto.
2. La tecnica del gioco e l’interpretazione
Utilizzò il gioco del bambino come il discorso degli adulti, come manifestazione di
un’organizzazione di oggetti interni e come diretta ed immediata espressione dei processi
inconsci, la via elettiva per arrivare ad essi, da interpretare come il sogno.
Nella prima fase del pensiero (1919-1932) perfeziona la sua tecnica del gioco proponendo una
serie di giocattoli accuratamente scelti e culmina con il libro “La psicanalisi dei bambini”.
Nella seconda fase elabora a teoria delle posizioni a partire dal libro “Contributo alla
psicogenesi degli stati maniaco-depressivi” (1935).
La Klein polemizzò con A. Freud su 2 punti:
• il bambino mostra una relazione di transfert: già prima dei 3 anni ha interiorizzato le
figure dei genitori e da queste figure scisse, idealizzate come buone o cattive, si realizza il
transfert in seduta
• non sono necessari interventi preparatori all’analisi: il bambino percepisce presto i
benefici del rapporto analitico
Per la Klein è corretto fornire interpretazioni profonde come per l’adulto.
Nella prima fase del suo pensiero definì l’equazione simbolica il meccanismo per cui le figure
dei genitori o fratelli o parti del corpo proprio o dei genitori oppure funzioni corporee vengono
identificati con altri oggetti o funzioni del mondo esterno. Ogni nuovo oggetto su cui pone il
suo interesse è considerato alla stregua di quegli oggetti primariamente investiti che
diverranno poi oggetti interni: l’equiparazione è resa possibile per il fatto che entrambi sono
investiti con la medesima modalità affettiva (libidica o angosciosa) e soprattutto per
l’analogia di forma o funzione. Si ha:
• Equazione simbolica quando l’oggetto interno è confuso con quello esterno
• Simbolo quando la differenza è salvaguardata e concorre allo sviluppo delle capacità
relazionali
Nozione di posizione depressiva: importanza di elaborare correttamente la separazione dagli
oggetti d’amore primari. L’oggetto simbolo sta in luogo dell’oggetto perduto e va fatto il
lavoro di lutto con cui l’Io da una parte rinuncia all’oggetto, dall’altra lo ricrea in una forma
nuova e la capacità di formare simboli investendo nuovi oggetti, stimolata dal dolore della
perdita, è alla base della creatività umana.
Per la Klein esistono corrispondenze dirette, crude tra ogni elemento riferito in una
seduta e un significato inconscio, consistente in qualcuno di quegli oggetti interni.
Nel caso di Richard il ladro che entrava dalla finestra rompendo i vetri era la paura che il papà
con il suo genitale ferisse la mamma.
Ogni pensiero astratto è ricondotto ad un oggetto concreto: il desiderio di Richard di
essere grande e forte con il grosso pene del papà.
Nel modello kleniano risulta uno schiacciamento della nozione di rappresentazione sull’oggettocosa concreta.
3. Dinamiche del mondo interno
Secondo la Klein nel lattante sono presenti articolate relazioni oggettuali, sia pure in forme
fantasiose. “Il bambino ha fin dall’inizio della vita postnatale una relazione con la madre
(sebbene incentrata sul seno) impregnata di tutte le componenti di una relazione oggettuale:
amore, odio, fantasie, angosce e difese”.
Il narcisismo è una relazione con oggetti, in particolare con parti interne del Sé. Nella
klein è assente il punto di vista economico della meta psicologia freudiana: per la klein,
correlativamente ad ogni stimolo, a ogni emozione, si anima, sia pure in fantasia, un oggetto.
“Non esiste spinta pulsionale, situazione d’angoscia o processo psichico che non coinvolga
oggetti esterni o interni: le relazioni oggettuali sono al centro della vita psichica”.
La spinta pulsionale mira sempre a qualcosa e se l’oggetto non è presente nella realtà, allora
viene costituito nella mente: l’oggetto si dà come il correlato della pulsione. La pulsione si
manifesta nella mente sempre tramite una fantasia.
Le fantasie affondano le loro radici nei bisogni primari del bambino nell’ambito della
relazione con la madre. Il primo oggetto è il seno e se questo è assente si attiva la presenza di
un oggetto cattivo e il lattante lo attacca o si rivolge ad altri oggetti (svezzamento).
“Il mondo interiore consiste di innumerevoli oggetti, assunti nell’Io, che corrispondono in parte
alla massa di aspetti diversi, buoni e cattivi, sotto i quali i genitori sono apparsi alla psiche
inconscia del bambino nelle fasi del suo sviluppo”.
4. La motivazione: dalla pulsione all’oggetto
Per la Klein sia l'aggressività che l'angoscia hanno uno straordinario peso motivazionale,
compare nei suoi lavori l'idea di una pulsione aggressiva attiva già in tenera età.
L'aggressività del bambino è concepita come una proiezione all'esterno dell'innata pulsione di
morte che è considerata equivalente a quella aggressiva e prevede una stretta connessione
con l'oggetto: infatti al suo apparire essa viene subito fissata ad un oggetto o piuttosto
vissuta come paura di un oggetto super potente e incontrollabile.
Nell' evolversi del suo pensiero si ravvisa una severa forma di aggressività nell'identificazione
proiettiva secondo cui il sé o parti del se vengono introdotte fantasmaticamente nell'oggetto
esterno per controllarlo dal suo interno: e l'oggetto diventa cattivo perché il bambino vi ha
proiettato le proprie parti cattive.
L'invidia è un fattore innato attivo già nel neonato ed è definita come un sentimento di rabbia
perché un'altra persona possiede qualcosa che desideriamo e ne gode: l'impulso invidioso mira
portarla via e a danneggiarla.
Nella Klein per ogni tipo di pulsione è indissolubile il nesso con l'oggetto: in lei si assiste
alla complessa transizione dal modello pulsionale quell'oggettuale relazionale nel senso che
l'oggetto finisce con l'assumere una funzione motivazionale riservata da Freud alla pulsione.
Il seno è sentito buono o cattivo in funzione del comportamento dell'oggetto verso il
bambino (una madre più o meno gratificante) e suscita rispettivamente moti di gratitudine o di
amore e moti sadici o di odio. Ma l'oggetto è sentito buono o cattivo anche in funzione del
modo con cui il bambino lo ha dapprima investito, se libidico o aggressivo. Le qualità
affettive di buono/cattivo di cui l'oggetto è sempre connotato sono in corrispondenza
biunivoca rispettivamente con la pulsione libidica e quella aggressiva: buono equivale a
gratificante, amabile e viceversa e cattivo equivale a frustrante e aggressivo e viceversa.
Risulta che a promuovere il comportamento è la qualità dell'oggetto, determinata da come
esso è intenzionato dal soggetto ovvero da come è sentito rapportarsi a lui.
Secondo la Klein non è la ricerca del piacere a promuovere il comportamento bensì la ricerca
dell'oggetto: l'oggetto è motivazione nella misura in cui è pregno di valenze affettive.
Mentre per Freud l'angoscia era l'effetto di una rimozione ma riuscita, per la Klein l'angoscia si
ritrova in ogni individuo quale inevitabile contropartita dei moti sadici presenti, chi più chi
meno, in ognuno. Deriva cioè dalla proiezione della propria aggressività sugli oggetti interni ed
esterni. Consiste nel timore che l'oggetto aggredito si ritorca sull'Io ubbidendo a un'innata
legge del taglione: è l'angoscia persecutoria rilevata dalla Klein già nei primi scritti.
L'angoscia dunque è sempre di qualcosa, cioè c'è sempre un oggetto che minaccia e per
qualcosa cioè si teme in definitiva di essere annientati nonché anche solo abbandonati. Per la
Klein si tratta di una situazione di angoscia persecutoria in cui inconsciamente si anima
un'entità malevola: in tutti i casi, per via del suo contenuto minaccioso, essa stimola l'Io
produrre, al fine di tenerla a bada, quell'ampia serie di difese psicotiche nevrotiche che si
esprimono nel ricco vissuto di fantasie proprie del mondo interno.
5. Concezione dello sviluppo
Nel libro “Psicanalisi dei bambini” (1932) la Klein espone le fasi dello sviluppo infantile. Già
Abraham, suo analista, aveva focalizzato gli oggetti parziali (seno e feci) con cui si rapporta il
bambino ed aveva individuato uno stadio cannibalico nella fase orale ed espulsivo nella fase
anale, caratterizzati dal prevalere di moti aggressivi.
“Il bambino desidera ardentemente distruggere l’oggetto libidico, divorandolo, facendolo a
pezzi, ma al destarsi delle tendenze edipiche consegue l’introiezione dell’oggetto che diventa
colui dal quale ci si aspetta una punizione e sorge l’angoscia. Il bambino teme una punizione
che corrisponde al proprio modo di fare il male e il super-Io diventa qualcosa che morde, che
fa a pezzi”.
Poi il super-Io sarà ritenuto attivo anche indipendentemente e prima del complesso edipico
come un oggetto interno persecutorio, in connessione con l’innata pulsione di morte e con la
conseguente angoscia persecutoria primaria. Il super-io è divorante nella fase orale e espulsivo
in quella anale.
La formazione anticipata del super-io ha come conseguenza che promuove lo sviluppo del
complesso edipico.
Già sotto il primo anno di vita sia il maschio che la femmina proverebbero delle sensazioni
genitali: lo sviluppo dell’Edipo è segnato dalla commistione di componenti orali e anali con
tendenze genitali e dalla fluttuazione nella scelta del genitore desiderato e dall’oscillazione tra
spinte sadiche e riparative.
Gli elementi di base del complesso di Edipo sono già presenti in fase orale e riguardano per lo
più oggetti parziali.
Nella seconda parte della sua opera (teoria delle posizioni) la Klein insiste sul carattere precoce
del super-Io e sul carattere parziale dei primi oggetti: tendenza a datare sempre più indietro
(sotto il primo semestre di vita) i processi psichici decisivi nella costituzione della personalità.
Comunque un buon rapporto con il seno agli inizi della vita è condizione indispensabile per il
benessere psichico futuro.
Lo sviluppo è governato soprattutto dai processi psichici di introiezione e proiezione.
Nelle prime fasi di vita prevale la proiezione: l’Io deve difendersi dall’angoscia ed estroflette le
tendenze distruttive originarie. D’altra parte l’introiezione fungendo quale meccanismo di
difesa, comporta l’interiorizzazione dell’oggetto cattivo per salvaguardare quello esterno
buono.
In un secondo tempo prevalgono i processi di integrazione e interiorizzazione di un buon seno
e della figura totale della madre.
Un tipico meccanismo di difesa dall’angoscia, la proiezione, diventa un importante mezzo di
crescita: da un lato tiene a bada l’angoscia di frammentazione dalla quale l’Io si sente
minacciato, dall’altra salva l’oggetto buono a cui l’Io deve appoggiarsi.
Il meccanismo della scissione si attiva presto proprio per tenere separate le parti buone da
quelle cattive.
Man mano che lo sviluppo procede gli oggetti diventano simili all’oggetto esterno consentendo
un progressivo adattamento ed un’integrazione delle parti scisse e l’accettazione della
compresenza di aspetti buoni e cattivi nello stesso oggetto e nel proprio Io.
Solo la presenza di genitori realmente amorevoli permette di bonificare nel bambino i terribili
fantasmi persecutori presenti a seguito dell’innato suo sadismo.
6. La teoria delle posizioni
Nella teoria delle posizioni vengono ordinati e chiarificati i processi dello sviluppo, ossia nel
lavoro “Contributo alla psicogenesi degli stati maniaco-depressivi” del 1935 in cui ci
sono anche i rudimenti di una teoria della personalità.
Le posizioni consistono ciascuna in un articolato e coerente assetto di oggetti interni con le
relative angosce e difese.
La posizione schizo-paranoide prevede la compresenza delle due pulsioni (libidica e
aggressiva che porta alla scissione dell’oggetto che diventa due oggetti separati uno buono
(che da gratificazione) e uno cattivo (che dà frustrazione). L’introiezione dell’oggetto buono
gratifica il bambino di quello cattivo disintegra l’Io. L’io subisce gli effetti del suo operare
assumendo i caratteri della relativa posizione (scissione).
La personalità si struttura in rapporto al tipo di relazione oggettuale intrattenuta. L’Io si sente
vittima di attacchi provenienti da oggetti esterni o interni e se ne difende in vari modi:
• idealizzazione dell’oggetto buono
• negazione dell’esistenza dell’oggetto cattivo
• elaborazione di fantasie di controllo dell’oggetto
• identificazione proiettiva con cui sono intromesse nell’oggetto esterno le parti cattive del sé
al fine di dominarlo dall’interno.
La posizione depressiva avviene quando il bambino giunge ad una maturazione tale da
cogliere la madre come persona totale ed integra i due oggetti, vi è al più ambivalenza e
avviene l’integrazione tra le parti prima scisse dell’Io. Si rende responsabile della perdita
dell’oggetto buono e ne deriva il senso di colpa per gli impulsi aggressivi che hanno procurato il
male all’oggetto d’amore. La depressione è l’esito della perdita dell’oggetto, anche immaginaria
ed è collegata allo stato del lutto. Le due difese tipiche di questa posizione sono:
La maniacalità con cui cerca di trionfare sull’oggetto disprezzandolo per non dipendere da esso
e non soffrire per la sua perdita
La riparazione dà l’avvio ad un superamento della posizione depressiva e consiste nel ripristino
dell’oggetto passando per una positiva utilizzazione del senso di colpa: favorisce l’installazione
nel bambino di un oggetto totale e buono, simile a quello reale ed un Io forte e dotato di
maggior coesione.
Il passaggio tra le 2 posizioni è graduale e mai definitivo, perdurano delle oscillazioni tra le
due: perciò posizioni e non fasi, prototipi rispetto al riproporsi nel corso della vita di momenti
di scissione, di perdita (lutto della persona amata) anche in tutte le situazioni di conflitto, di
competizione, ecc.
Le posizioni essendo due forme di strutturazione degli oggetti interni, due forme tipiche di
organizzazione dell’esperienza, tornano utili come schemi per affrontare i fenomeni normali e
patologici dello sviluppo, sono strumenti euristici.
7. La psicopatologia
Nella prima fase prevalgono le descrizioni secondo le classificazioni freudiane: bambini
nevrotici ossessivi, fobici, isterici, al più autistici: la Klein ipotizza la presenza di nevrosi già
nelle fasi pregenitali e dice che il sintomo nevrotico appare una difesa dall’angoscia (segnale di
pericolo da cui il soggetto si difende producendo sintomi).
Nella seconda fase i meccanismi di difesa più arcaici, scissione e identificazione proiettiva,
prendono il posto della rimozione. I fallimenti nell’elaborazione delle posizioni nel primo ano di
vita sono punti di fissazione su cui si innesta il disturbo psicotico nell’adulto.
La Klein connette in un unico quadro la schizofrenia e la paranoia: il delirio persecutorio
paranoico è la conseguenza della scissione e della proiezione dell’oggetto cattivo.
Lo schizofrenico non riesce ad integrare l’oggetto e sé nella direzione depressiva e resta preda
di violente scissioni e proiezioni.
Il depresso non riesce a conseguire la riparazione dell’oggetto e di se stesso e resta diviso tra
un Io cattivo e un oggetto buono.
Lo psicotico insomma non riesce a scorrere tra le varie posizioni ma resta fissato a qualcuna.
Nella Klein c’è un richiamo al moralismo: odio e amore vengono in primo piano.
La Klein insiste nel rapporto con la madre come decisivo nella strutturazione della personalità e
attribuisce la psicosi interamente a disturbi nel corso di quel rapporto sottovalutando la figura
paterna e la triangolazione edipica.
La presenza di relazioni oggettuali e di angosce arcaiche nello psicotico fa sì che sia possibile la
cura e si instauri con l’analista un transfert intenso.
VI Capitolo. Gli indipendenti: W.R.D. Fairbairn, D.W. Winnicott, M. Balint
Negli anni ’40 nella Società Psicanalitica Britannica si formarono 2 gruppi:
• il gruppo A formato da analisti vicini alle idee di Anna Freud
• il gruppo B formato da analisti vicini alle idee di Melanie Klein
A questi poi si aggiunse un terzo gruppo, i cosiddetti Indipendenti che elaborarono proprie
idee (gruppo C). Li accomuna la centralità del contesto sociale ed affettivo in cui l’individuo
si trova a crescere.
Gli indipendenti anche se in modo diverso prendono le distanze dal concetto freudiano di
pulsione e insistono sulla concretezza, ossia sulla reale capacità dell’ambiente di attivare
comportamenti diversi indipendentemente dal patrimonio genetico innato del singolo e dal suo
modo personale di elaborare l’esperienza. Consideravano le relazioni d’oggetto in modo diverso
dalla Klein.
1. La prospettiva di W.R.D. Fairbairn
Fairbairn (Edimburgo 1889-1964) era psichiatra ed aveva una posizione di isolamento rispetto
agli altri analisti.
1.1
La motivazione
Si contrapponeva a Freud per il fatto che parte dall’Io,che considera il nucleo della personalità
e ne descrive i movimenti diretti a trovare un oggetto su cui appoggiarsi: se la ricerca riesce, si
ha un buon sviluppo mentale.
Ridimensiona il concetto di pulsione ed enfatizza l’importanza dell’oggetto e risalta l’importanza
delle relazioni, dei legami che si attivano fin dai primi momenti. L’originalità sta nella
reinterpretazione di concetti e processi già descritti da Freud.
Bisogna guardare sì alla libido, ma per rapporto all’oggetto a cui ognuno di noi anelerebbe sin
da principio, come speranza, come sostegno, come condizione stessa per esistere. “I tempi
sono maturi per una psicologia delle relazioni oggettuali”.
Per Fairbairn il bimbo è costantemente alla ricerca di relazioni d’oggetto soddisfacenti e il suo
comportamento è sempre orientato alla realtà esterna guidato dal principio di realtà.
Per Fairbairn le zone erogene non sono fonti originarie di piacere ma canali attraverso i quali la
libido è diretta all’oggetto, per instaurare la relazione con l’oggetto (il bambino è orale perché il
seno è l’oggetto naturale del bambino).
Nel modello di Fairbairn il bambino fin dalla nascita è predisposto biologicamente per una
sopravvivenza per una vita che richiede innate capacità relazionali.
Fairbairn sostiene una inseparabilità di energia e struttura sulla base del legame stesso di
pulsione e oggetto e quindi Es e Io non sono istanze separate. L’Io e non l’Es è la struttura
originaria unificata fin dalla nascita.
1.2
La concezione dello sviluppo
Fairbairn descrive lo sviluppo come un movimento, un passaggio da una condizione di
dipendenza infantile ad una di dipendenza adulta o matura passando per una fase
transizionale.
Separa uno stadio dall’altro:
• l’oggetto biologico appropriato allo specifico momento dello sviluppo
• il processo che il legame con l’oggetto attiva nel singolo individuo
Lo stadio della dipendenza infantile ha come oggetto il seno e il processo che accompagna
la relazione è quello di identificazione primaria
Lo stadio transizionale ha come oggetto la rappresentazione del seno e il processo che
accompagna la relazione è quello di interiorizzazione
Lo stadio della dipendenza adulta ha come oggetto l’organo genitale del partner e il
processo che accompagna la relazione è la relativa capacità di accettare la dipendenza.
Lo stadio di dipendenza infantile si divide in:
• stadio orale precoce: caratterizzato dall’identificazione primaria(totale) con l’oggetto
appropriato ma può decidere se succhiare o no, si pone un primo conflitto di base, ossia
come amare senza distruggere l’oggetto d’amore
•
stadio orale tardo: può decidere se succhiare o mordere, dubbio se il proprio odio possa
distruggere l’oggetto.
Come risultato di queste prime scissioni l’Io si scinde in:
• Io libidico associato ad un oggetto interiorizzato eccitante: ha una funzione di protezione
dai genitori che stimolano ma non hanno risposte adeguate alle loro domande d’amore
• Io antilibidico associato ad un oggetto rifiutante: similmente al super-Io tende a
svalutare l’Io libidico e ad annullare la spontaneità e la capacità di relazionarsi agli oggetti
in modo creativo
• Io centrale associato ad un oggetto tollerato: ha la funzione di proteggere ciò che resta
dell’oggetto originario dopo le scissioni
Le fissazioni allo stadio di dipendenza infantile possono condurre a disturbi di tipo schizoide.
Lo stadio transizionale, con l’attivarsi dei processi di interiorizzazione e di scissione, è
caratterizzato da un graduale allentamento dell’identificazione totale con la madre e dalle
difese volte a superare le difficoltà e i conflitti che ogni transizione comporta (anche “stadio
delle tecniche difensive”). Compito è l’instaurarsi di nuove relazioni con gli oggetti esterni e
imparare a gestire le relazioni con gli oggetti interiorizzati. Il bambino dee riuscire a rinunciare
ai rapporti del primo stadio basati sull’identificazione primaria a favore di relazioni con oggetti
differenziati.
In questo stadio avviene l’operazione, svolta dall’Io centrale, di allontanarsi dagli oggetti
interni incorporati.
Le tecniche difensive per gestire i conflitti sono diverse a seconda del tipo di relazione
instaurata nello stadio precedente:
Nella condizione paranoide il conflitto è caratterizzato dalla proiezione dell’oggetto. Si cerca
di liberarsi dalla sofferenza connessa all’oggetto cattivo alienandolo da sé; il risultato può
essere che l’oggetto diventi persecutorio.
Nella condizione ossessiva il conflitto è la lotta tra ritenzione ed espulsione e la
conseguenza è il vissuto del tipo “scoppiare” o “sentirsi prosciugati”.
Nella condizione isterica il conflitto è nell’accettazione dell’oggetto esterno e rifiuto di quello
interno.
Nella condizione fobica il conflitto è nell’oscillazione tra fuga dall’oggetto per l’angoscia di
identificarsi con esso e ritorno all’oggetto per il timore di esserne abbandonati.
Le fissazioni allo stadio transizionale possono condurre a disturbi psicopatologici.
Lo stadio di dipendenza adulta è caratterizzato da un oggetto rappresentato dagli organi
genitali eterosessuali; implica la capacità di collaborare e di relazionarsi all’altro su un piano di
parità, cioè essere in grado di dare e ricevere. L’energia libidica è più disponibile nei confronti
del mondo esterno.
1.3
La psicopatologia
Negli anni ’40 Fairbairn si concentra sulle fasi della dipendenza infantile, negli anni ’50 invece
sulle dinamiche schizoidi.
1.3.1 La psicopatologia nei contributi degli anni ‘40
Fairbairn distingue una patologia (schizoide) legata allo stadio orale precoce ed una
(depressiva) legata allo stadio orale più tardo.
La patologia schizoide deriva dalla convinzione di non essere in grado di amare, anzi che il
proprio amore è cattivo e distruttivo anche della madre stessa, per cui l’individuo ha la
sensazione di non essere amato per quello che è. C’è la rinuncia a dirigere la propria libido
verso l’oggetto con vissuti di isolamento, di perdita, di abbandono.
Da qui la tendenza a preoccuparsi esageratamente della realtà interna con sentimenti di futilità
e non esistenza. L’individuo schizoide teme la perdita dell’Io.
Il neonato è convinto che il suo amore abbia distrutto l’oggetto amato.
La patologia depressiva deriva dalla convinzione che la sua aggressività sia cattiva e debba
essere contenuta. E’ dominante il timore che il proprio amore non sia accettato, di non essere
amati per ciò che si è. Il problema è come amare l’oggetto senza distruggerlo. L’individuo
riesce ad instaurare relazioni con oggetti esterni ma non riesce a mantenerle per la sua
ambivalenza. Non riesce ad orientare l’aggressività nei confronti dell’oggetto e rimane in una
situazione di incertezza, ambivalenza verso l’oggetto.
Il neonato è convinto che il suo odio abbia causato la perdita dell’oggetto amato.
1.3.2 La psicopatologia negli scritti degli anni ‘50
Fairbairn si concentra sulle patologie schizoidi i cui tratti sono presenti anche in persone afflitte
da comuni disturbi nevrotici (isterici, ossessivi, ansiosi) ed in seguito anche a fenomeni di
spersonalizzazione ed altri.
Per Fairbairn la situazione schizoide si stabilisce nel bambino in età molto precoce. Il processo
di introiezione è collegato all’intensità dei bisogni di relazione del bambino (cerca il piacere
come mezzo per sviluppare legami) e alle problematiche relative ai genitori (può cercare il
dolore come occasione di relazione, di contatto). Ciò che conta è la sicurezza che gli può
derivare dalla perpetuazione dei legami sperimentati precocemente.
Un’esperienza dolorosa è comunque preferita ad un’altra, più fortunata ma sconosciuta.
2. Il contributo di D.W.Winnicott
Donald Woods Winnicott (Playmouth 1896 – Londra 1971) era pediatra, psichiatra infantile e
psicanalista integrando le professioni. Aveva un modo di pensare vivace e creativo.
2.1
La concezione dello sviluppo
La coesione e l’unità della persona non sono scontate, ma sono una difficile conquista.
Il suo approccio è volto ad individuare i fattori evolutivi.
Nell’individuo si realizza un gioco dinamico, una relazione dialettica tra:
• il vero sé pensato come la parte più autentica di ciascuno di noi che va protetta
• il falso sé pensato come la parte meno autentica ma necessaria per l’equilibrio interno ed
esterno.
C’è uno spostamento di attenzione dal concetto di pulsione a quello di bisogno (da biologico a
psicologico). Per Winnicott il bambino è spontaneo, produce gesti ed esprime bisogni che
richiedono conferme da parte di chi si prende cura di lui.
La madre-ambivalente deve essere presente ma capace di rendersi invisibile a vantaggio
della libertà del figlio, buona ma non esageratamente, deve saper illudere ma anche
disilludere, in grado di sviluppare la preoccupazione materna primaria: non interferire nello
sviluppo spontaneo del bambino rispettando i suoi bisogni e quelli della madre.
Lo sviluppo dei primi 6 mesi, sviluppo emozionale primario, è un processo guidato da tre
concetti:
Il concetto di dipendenza: va dalla dipendenza assoluta, a quella relativa fino
all’indipendenza.
• La dipendenza assoluta è quella in cui il neonato non sa di dipendere, ignora che c’è
qualcuno, c’è unità bimbo-madre.
• La dipendenza relativa dai sei mesi ai due anni è caratterizzata da una maggiore
consapevolezza del bambino dei propri bisogni e della propria dipendenza. Se la madre si
allontana per più tempo compaiono ansia e timore.
• L’indipendenza, nella pubertà e adolescenza, è caratterizzata dall’avvenuta introiezione
dell’ambiente che dà sostegno all’Io.
Il concetto di organizzazione: passaggio da uno stato di non organizzazione ad uno di
organizzazione, ognuno di noi presenta livelli di organizzazione interna della personalità
diverso a seconda dell’età e delle esperienze.
Il bambino all’inizio è in una condizione di vulnerabilità, incapace di distinguere gli stimoli
esterni da quelli interni, non ha di sé alcuna idea. E’ necessario che ci sia un ambiente in grado
di proteggerlo dai vissuti di vuoto, annichilimento: questo ruolo è svolto dalla madre con la
condizione psicologica di preoccupazione materna primaria: è uno stato transitorio di
benevola chiusura su se stessa, diventa ricettiva dei bisogni del neonato e avviene una
reciproca identificazione: la madre accetta di avvicinarsi ad una condizione di disorganizzazione
e di perdita transitoria dell’immagina adulta di sé (dipendenza in tutti e due i sensi).
Il concetto di integrazione: passaggio da uno stato di non integrazione a uno di
integrazione. Agli inizi il bambino non possiede unità corporea, se ha fame lui è la fame, ha
vissuti di dispersione e frammentazione. Le risposte materne ai gesti e alle espressioni del
bambino gli consentono progressivamente di attribuire un senso al proprio gesto, diventano
uno strumento di organizzazione mentale e corporea. Il bambino può sperimentare il passaggio
dal “non Io” al “Io sono”.
Nel percorso assume particolare importanza la possibilità di tornare di tanto in tanto a stati di
non integrazione. Le funzioni materne possono essere:
L’holding che facilità il processo di integrazione nella direzione dell’Io sono
L’handling, che, come risposta ai bisogni corporei del bambino, favorisce la personalizzazione,
permette un insediamento della psiche nel soma perché l’unità psicosomatica è indispensabile
per la salute mentale (nelle malattie psicosomatiche si ha una perdita del rapporto intimo tra la
psiche e il corpo con le sue funzioni, depersonalizzazione).
L’object presenting in cui gli oggetti devono essere presentati in modo continuo, graduale, e
in modo da favorire l’illusione di essere lui a crearli.
In conclusione è importante che la madre sappia anticipare empaticamente i bisogni del
bambino in modo da far apparire l’oggetto nel momento in cui il bimbo lo allucina e ciò gli
consente di sperimentarsi onnipotente.
Winnicott parla di oggetto soggettivo per indicare lo stato della relazione in cui, grazie
all’illusione il “non me” viene percepito come parte di sé. Quando l’onnipotenza allucinatoria è
acquisita, la madre deve operare una progressiva disillusione per far capire che il mondo
esterno non è sempre sotto il suo controllo e i suoi poteri hanno dei limiti. E’ necessario che la
madre proceda su due livelli:
• continua ad andare incontro ai bisogni del bambino
• cerca di facilitare il rapporto con l’oggetto esterno
Ciò segna l’inizio del processo di separazione e individuazione.
La madre risponde ai bisogni del bambino ponendo un intervallo temporale: la delusione può
scatenare reazioni aggressive e se la madre si dimostra capace di non farsi distruggere da
questa aggressività il bambino gradualmente abbandona l’onnipotenza primaria e acquisisce la
costanza dell’oggetto.
Dall’oggetto soggettivo si passa all’oggetto oggettivo: il bambino sviluppa la consapevolezza
che “quello è proprio non me”, un “oggetto oggettivamente percepito” e l’accettazione della
sofferenza psichica attivata dalla sua perdita.
2.2
L’oggetto transizionale
Rappresenta il passaggio dall’oggetto soggettivo a quello oggettivo e mostra
l’importanza dei cambiamenti dalla dipendenza assoluta all’indipendenza.
Winnicott partendo dalla contrapposizione dell’area della soggettività (realtà interna) e di
quella della percezione obiettiva (realtà esterna) teorizza l’esistenza di una terza area, l’area
intermedia di esperienza alla quale realtà interna ed esistenza esterna contribuiscono
contemporaneamente. In quest’area si colloca l’oggetto transizionale, un ponte tra soggetto
(mondo interno, realtà psichica) e oggetto (mondo esterno, realtà esterna).
Lentamente l’oggetto comincia ad assumere un importanza vitale per il bambino specie quando
è solo o deve andare a letto, è una difesa contro l’angoscia depressiva e i genitori devono
evitare qualsiasi rottura con esso.
Nell’ottica del bambino non viene né dall’esterno né dall’interno, è un “possesso di ciò che è
non-me”.
Il processo è di investimento dell’oggetto sia di libido narcisistica (l’aspetto me) che di
libido oggettuale (l’aspetto non-me). Il rapporto con l’oggetto è tale che non è più
totalmente sotto controllo onnipotente (oggetto soggettivo) ma non è ancora al di là del suo
controllo (oggetto oggettivo). E’ segno della capacità di elaborare l’onnipotenza e la
separazione, è l’oggetto ponte tra l’esperienza di assoluta dipendenza e l’esperienza di un sé
nascente.
Può rimanere nell’adulto come consapevolezza di possedere un luogo di riposo ove lasciare
liberamente fluttuare la mente e giocare con le proprie idee. A differenza dell’oggetto
feticcio o tossico che mantiene il soggetto in condizione di dipendenza.
2.3
La psicopatologia
Approccio psichiatrico: si basa sull’attuale, cioè su una diagnosi diretta a circoscrivere il
disturbo.
Approccio psicanalitico: prende in considerazione l’intera vita dell’individuo e la sua
elaborazione della dipendenza assoluta e relativa.
Winnicott distingue tra analisi e lavoro analitico:
Analisi: va condotta solo con pazienti che presentano un sé sufficientemente integrato e
stabile, capace di reggere la relazione: il terapeuta deve attendere evitando di interpretare i
meccanismi di difesa.
Lavoro psicanalitico: è indicato quando:
• c’è paura della pazzia
• l’individuo ha sviluppato un falso sé
• tendenze antisociali
• confusione tra realtà interna ed esterna
Si possono incontrare pazienti con tendenze regressive alla fase di dipendenza assoluta: il
terapeuta deve sostenere il paziente come la madre non ha saputo fare.
L’analista può parlare del vero sé solo al falso sé del paziente. Data la funzione di protezione
del falso sé, il vero sé rimane nascosto fino a che il paziente non si fida abbastanza
dell’analista da comunicare attraverso il suo vero sé senza il timore che questo venga distrutto.
E’ soltanto nell’atto creativo che è possibile raggiungere il vero sé, così come è l’appercezione
creativa che fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta.
Winnicott utilizza il disegno come luogo di incontro tra il terapeuta e il paziente (tracciare a
turno un segno).
Nosografia: le psicopatologie che derivano da carenza ambientali si differenziano a seconda
che intervengono prima o dopo il raggiungimento dell’integrazione e dell’unità dell’Io. In
funzione delle cure materne si distingue:
• una madre-oggetto che fa fronte ai bisogni fisici urgenti del bambino
• una madre-ambiente che ha capacità di allontanare l’imprevedibile e ricevere affetto
Non si può tirare una linea netta tra patologia e normalità.
Psicosi: se il bambino nello stadio della dipendenza assoluta va incontro a un mancato
adattamento dell’ambiente ai suoi bisogni può vivere un’angoscia primaria catastrofica
(autismo, schizofrenia, depersonalizzazione) o difese di tipo psicotico (dissociazione o
scissione).
Disturbi dell’equilibrio del Sé: la responsività della madre può istituire un sé continuo
dotato di un’esistenza psicosomatica. Secondo Winnicott esiste un sé potenziale o nucleare
espressione di una potenzialità di sentire la continuità dell’esistenza e acquisire una realtà
psichica e uno schema corporeo personali. Lo stretto legame che unisce mente e corpo fa sì
che il sé compaia.
Winnicott distingue tra un vero e un falso sé:
Il vero sé coincide con il gesto spontaneo, l’idea personale, il sentirsi reali e potenzialmente
creativi.
Il falso sé raccoglie insieme gli elementi dell’esperienza del vivere, è finalizzato alla
costruzione di una protezione da un ambiente incapace di anticipare empaticamente i bisogni
del bambino (realtà frustrante). La madre non è capace di capire i bisogni del figlio e gli chiede
condiscendenza che è lo stadio più precoce del falso sé. Il bambino può continuare a vivere ma
in modo “falso” (irrequietezza o disturbi dell’alimentazione). Il falso sé è quindi una difesa del
bambino di fronte a un ambiente primario che non si adatta bene ai suoi bisogni. L’esistenza
del vero sé è nascosta.
Ci sono 5 possibili stati nelle relazioni tra vero e falso sé:
Stato patologico: il falso sé pretende di costituirsi come reale, come se fosse il vero sé,
invade l’intera persona
Stato confine: il falso sé schiaccia il vero sé in funzione difensiva e al vero sé è permessa una
vita segreta; il disagio o la malattia hanno un fine positivo, attraverso essi si può riconoscere il
vero sè.
Stato della sofferenza: il falso sé crea le condizioni per fare emergere il vero sé, ma se le
condizioni non si trovano allora serve la riorganizzazione di una nuova difesa contro lo
sfruttamento del vero sé.
Stato di fragilità: il falso sé si forma sulla base di identificazioni che hanno carattere imitativo
o sono poco unite da un Io sufficientemente sano e forte. E’ un continuo cercare di stare dietro
alla vita senza possibilità di sentirsi bene con se stessi.
Stato di salute: il falso sé è rappresentato da tutta l’organizzazione, è l’atteggiamento
sociale, flessibile nelle circostanze.
Le tendenze antisociali: sono una risposta ad un vissuto interiore di deprivazione, carenze
ambientali vissute dopo che ha cominciato a percepirsi come persona, quindi dopo la
dipendenza assoluta. Cerca di comunicare il disagio derivante da una situazione vissuta come
drammatica: l’ambiente dovrebbe rendersi responsivo rispetto a questi segnali nel più breve
tempo possibile.
Sono possibili 2 situazioni traumatiche:
• perdita dell’accomodamento: perdita della capacità della madre di andare incontro ai
bisogni dell’Io durante la dipendenza relativa
• perdita di un ambiente indistruttibile: morte del padre o separazione dei genitori
Se il bambino non viene capito e viene punito può subentrare uno stato di confusione interna,
di angoscia e di perdita dell’oggetto che stava per essere mentalizzato (primitiva angoscia
mortale). In un momento successivo il bambino mette in atto nuove difese.
3. L’orientamento di Balint
Michael Balint (Budapest 1896 – Londra 1970) divenne psicanalista sotto la guida di Ferenczi.
Fu portavoce di un gruppo che poneva l’attenzione sugli effetti dell’ambiente sullo sviluppo
individuale. Lavorò per sensibilizzare i medici e la relazione con i pazienti.
3.1
L’idea di motivazione
Cerca di integrare il modello pulsionale e pone l’attenzione sul modello dell’organizzazione
pregenitale e sul narcisismo primario. Sostiene che le manifestazioni sessuali dei bambini non
provengono da fattori biologici ma sono espressioni della storia del bambino. Ad esempio
l’aggressività è una reazione ad una carenza dell’ambiente di farsi carico dei bisogni primari del
bambino.
Il bambino fin dalla nascita, viene a trovarsi in una condizione di profonda relazionalità con il
suo ambiente e il desiderio di essere amato è una forma primaria di rapporto. Il narcisismo è
sempre secondario a questo bisogno d’amore e di relazione e consiste nel darsi da sé ciò che è
mancato nel rapporto con l’oggetto primario.
Il lavoro di Balint è rivolto alla ricostruzione dei primi giorni e mesi di vita.
3.2
Il concetto di sviluppo e di psicopatologia
La dipendenza del feto dall’ambiente in cui cresce è molto forte. Con la nascita si rompe la
relazionalità arcaica e si dà inizio alla separazione di individuo e ambiente. L’ambiente esterni
comincia a caratterizzarsi come insieme di oggetti dei quali il bimbo può accettare l’esistenza:
da questo momento sé e oggetti iniziano a differenziarsi e anche a contrapporsi.
Il bambino sente che vi è un oggetto primario (la madre) che ha desideri simili o identici ai
suoi, che ama soddisfarlo così come lui ama essere soddisfatto e si crea quel senso di sicurezza
che rende possibile una relazione, anche se di natura preambivalente, in cui l’oggetto è dati
per scontato.
L’amore primario o arcaico è l’origine dello sviluppo libidico umano. La meta originale e
permanente di tutte le relazioni d’oggetto è il desiderio primitivo: essere amati
incondizionatamente.
Una reazione a relazioni oggettuali insoddisfacenti è l’amore oggettuale attivo: il bambino
cerca di piacere all’oggetto in modo da esserne in cambio soddisfatto. La frustrazione può
essere definita come un venire meno (difetto di base) del totale adattamento dell’ambiente ai
bisogni del bambino, e da ciò vengono reazioni aggressive, una forma di difesa messa in atto
contro il dolore della perdita di onnipotenza.
Se l’aggressività non può essere più di tanto agita subentrano rassegnazione, passività,
depressione (non ancora odio).
Il risultato di questo fallimento dell’adattamento totale della madre ai bisogni del bambino
rappresenta il fattore principale dal quale si origina il difetto di base nella struttura biologica
dell’individuo, che è all’origine dei disturbi quali il senso di vuoto, di perdita, di morte, e vi è
una frattura causata dal fatto che qualcuno ha respinto il bambino o è stato inadempiente.
In ognuno permane per tutta la vita (a differenza di Winnicott) una quota di difetto
fondamentale e par alcuni è destinata a diventare un tratto invalidante il funzionamento della
personalità.
L’origine del difetto è nella “divergenza che può esister tra i bisogni dell’individuo nel corso dei
suoi due primi anni di vita e le cure ricevute a quell’epoca, che crea uno stato di deficienza le
cui conseguenze sono solo parzialmente reversibili. Le tracce delle sue esperienze precoci
sussistono e intervengono in ciò che chiamiamo la sua costituzione, la sua individualità, la
formazione del suo carattere, sia in senso psicologico che biologico.”
La divergenza può esser causata da un fattore biologico (il bambino ha bisogni eccessivi) o
ambientale (cure insufficienti). Balint usa il termine difetto fondamentale nel campo della
psicologia duale e i pazienti stessi lo sentono come derivante da carenze antiche. E’ una
situazione intrisa di ansia, angoscia, di richieste continue di non essere abbandonati.
I tratti centrali dell’area del difetto fondamentale sono:
• tutto ciò che avviene è sempre tra due persone e mai tre
• il rapporto duale è diverso da quello edipico
• le forza che agiscono non sono conflittuali
• per descrivere ciò che avviene il linguaggio adulto non è adeguato
Come reazione al difetto fondamentale e alla scoperta dell’esistenza di oggetti separati si
possono presentare due comportamenti:
• ocnofilia: tende ad instaurare legami con l’oggetto improntati alla totale dipendenza,
l’oggetto è visto come sostegno vitale permanente, è sentito onnipotente. E’ una forma di
negazione dell’indipendenza degli oggetti. Aggrappandosi ad essi crede di essere a loro
unito inseparabilmente. Il soggetto ocnofilo iperinveste i rapporti oggettuali. Il suo
carattere mostra indecisione, pessimismo, mancanza di simpatia per l’avventura,
predilezione per il pensiero rispetto all’azione.
• filobatismo:riesce a provare piacere solo nelle “situazioni-brivido”, cerca di evitare
accuratamente ogni contatto con gli oggetti sentiti come inaffidabili. Il mondo del filobate è
costituito da spazi-amici popolati da oggetti pericolosi, evita ogni relazione. Totale
indipendenza degli oggetti. Il soggetto filobate iperinveste le proprie funzioni egoiche,
tende a contare solo su se stesso. Il suo carattere mostra ottimismo, amore per l’azione e
per le imprese rischiose.
Di solito le persone mostrano un melange di entrambi i tipi e sono patologie solo nelle forme
estreme.
Balint individua 4 tipi di investimenti libidici della primissima infanzia:
• residui dell’investimento ambientale originario
• altre tracce dell’investimento ambientale originario spostato sull’Io come rassicurazione di
fronte alle frustrazioni
• reinvestimenti che provengono dal narcisismo secondario dell’Io
• strutture ocnofila e filobate
La teoria dello sviluppo di Balint prevede altre 2 aree mentali che si dipartono dal difetto di
base e dall’amore primario:
L’area edipica si sviluppa per differenziazione dell’area del difetto fondamentale ed è di tipo
duale: ogni sviluppo umano deve attraversarla e lp’individuo rimane per sempre segnato dal
tipo di soluzione che riuscirà a trovare ai conflitti ad essa connessi.
L’area creativa si sviluppa per semplificazione di quella edipica ed è caratterizzata dal
numero uno, dalla fantasia che non vi siano oggetti esterni in grado di limitare il pensiero e
l’emozione (creazione artistica, matematica, filosofia). In quest’area il soggetto è sempre solo.
Balint utilizza il concetto di pre-oggetto che sono talmente primari che non si possono
considerare né strutturali né interi: il processo creativo che trasforma il pre-oggetto in un
oggetto vero e proprio è imprevedibile.
Per Balint l’obiettivo fondamentale della vita adulta è rappresentato dal tentativo di
riconquistare uno stato analogo all’armoniosa e compenetrante mescolanza dello stato fetale.
Ma ci sono poche possibilità per raggiungere questa condizione, forse l’estasi religiosa o i
momenti sublimi della creazione artistica. Individua però, nella capacità di instaurare un
rapporto di collaborazione e di raggiungere l’orgasmo il mezzo più comune per ristabilire
l’armonia primaria: la difficoltà sta nel trasformare un oggetto indifferente o ostile in partner
cooperante. Balint distingue l’amore genitale che implica il coinvolgimento in una relazione
d’oggetto dal soddisfacimento genitale volto a completare l’atto.
Nell’amore genitale il soggetto deve essere altruista, tenere conto dei bisogni dell’altro fino
all’orgasmo quando può essere riprodotta l’illusione dell’assenza di differenziazione tra sé e
oggetto.
Uno dei momenti fondamentali del processo terapeutico è costituito dalla regressine vista come
l’emergere nella relazione analitica di qualcosa che è allo stesso tempo primitivo e semplice.
Si possono distinguere 3 livelli di regressione:
• la regressione che coinvolge l’area creativa: il paziente può manifestare momenti di
silenzio (attivarsi di un processo creativo) e l’analista sta in osservazione e si relaziona con
lui successivamente
• la regressione che coinvolge l’area edipica: il paziente riconosce con gratitudine i
tentativi dell’analista di ampliare il campo duale al triangolare e collaborare con lui
• la regressione che coinvolge l’area del difetto fondamanentale: il paziente si aspetta
il soddisfacimento dei suoi bisogni ma se avviene in modo indiscriminato viene perso il
valore della regressione. Si distingue quindi tra:
o regressione maligna: è una regressione per la gratificazione, caratterizzata da
vissuti di precarietà nel rapporto con l’analista. Il paziente tende ad aggrapparsi
all’analista, l’Io è soggiogato dalla regressione.
o regressione benigna: è una regressione per il riconoscimento, il paziente non
presenta gravi difficoltà ad instaurare una relazione di fiducia, analoga alla relazione
primaria. L’ambiente deve essere disposto a sorreggere il paziente e ad accettare di
essere usato.
La regressione quindi non va a priori contrastata, non è un segnale di per sé negativo.
Scopo della psicoterapia è quello di consentire al paziente di sperimentare con il terapeuta un
rapporto nuovo rispetto a quello che ha condizionato il difetto fondamentale.
4. Conclusioni
Punti che accomunano gli autori:
Particolare attenzione allo sviluppo in generale e del sé (e non dell’Io) in particolare. E’
necessario che l’ambiente sia capace di rendersi responsivo ai bisogni, innati, di ricerca e
legame con l’oggetto. L’oggetto svolge una funzione essenziale nel processo che conduce alla
separazione e all’individuazione, investiti che sia di libido o di affetti, esterno o interno
Distinzione tra aspetto reale e fantastico dell’oggetto: “l’oggetto, per quanto sia sempre
oggetto della fantasia, esiste per diritto proprio”.
L’aggressività è intesa come una difesa a un pericolo percepito, a un’angoscia non contenibile
dell’Io e non una componente innata.
Modifica della concezione del processo analitico: importanza alla capacità dell’analista di
mantenere un contatto con lo stato evolutivo hic et nunc del paziente (empatia) e alle
interpretazioni del transfert. E’ sottolineata l’idea di mutualità e non alleanza, reciprocità e non
interpretazione, contesto e ambiente e non intrapsichico e interpersonale.
Il processo analitico è un dialogo affettivo, a volte inconscio, tra due persone.
VII Capitolo. La psicologia del sé: Heinz Kohut
La psicologia del sé è nata dal trattamento e dagli studi su pazienti con disturbi narcisistici per
i quali, secondo Kohut, era inadeguato il modello strutturale della psicologia dell’Io
I temi trattati da Kohut sono:
• l’analisi e i suoi scopi
• la riabilitazione
• le pulsioni sessuali e aggressive come reazioni a frustrazioni e fallimenti empatici
dell’oggetto-sé
• le resistenze come forme di comunicazione paziente-analista e reazioni di protezioni del sé
• il complesso edipico
1. Il bisogno di empatia e l’empatia come metodo
Secondo Kohut i bisogni dei pazienti durante la terapia devono essere capiti e parzialmente
soddisfatti nell’idea che l’essere umano abbia bisogno di risposte empatiche, convalidanti la
stima di sé, per tutta la vita, per poter mantenere la propria autostima.
Durante lo sviluppo se la madre non riesce a modulare l’ansia e vi reagisce con panico indurrà
in lui la formazione di un’organizzazione psichica impoverita: è necessario che il caregiver
assecondi e risponda in modo appropriato al bisogno del bambino di relazionarsi con gli altri.
Lo strumento principe dell’osservazione psicanalitica non è l’esame anatomico del
comportamento, né l’analisi delle libere associazioni o ricordi o narrazioni, ma è l’introspezione
del paziente e l’empatia dell’analista, gli altri sono strumenti ausiliari.
La comprensione empatica ci dice che la dipendenza madre-bambino è una interdipendenza
felice.
La dipendenza dell’adulto, invece, così come emerge in analisi nella relazione con il terapeuta,
non potrà essere “ascritta la ritorno a una normale fase orale”, ma alla patologia infantile:
un’osservazione empatica è in grado di riconoscere che la dipendenza psicologica del paziente
dal terapeuta può avere un retroterra pulsionale ampio e variegato che va al di là dell’oralità.
Analogamente la “qualità sessuale di un esperienza” non può essere definita riferendosi alle
zone erogene ma può essere soltanto esperita direttamente o per introspezione. In altri termini
per Kohut la sessualità non è un concetto biologico ma psicologico. Lo stesso concetto di
pulsione deriva dall’investigazione introspettiva di un’esperienza interna. Per Kohut le pulsioni
sono prodotti di disintegrazione che compaiono soltanto come conseguenza della frustrazione
di sani bisogni narcisistici.
Kohut ritiene che l’introspezione è in grado di provare l’irriducibilità dell’esperienza umana di
libertà a “comportamenti di coazione e narcisismo” e che l’esperienza di “un Io attivo” e capace
di desiderio e di azione sia irriducibile e fondamentale.
L’empatia consente di operare un vaglio fra i concetti psicanalitici permettendo di discriminare
quelli plausibili e con base empirica da quelli no, anche se l’empatia ha i suoi limiti di
applicabilità e attendibilità che diminuisce quanto più è diverso l’osservatore dall’osservato.
Psicologo scientifico e psicanalista devono essere capaci di comprensione empatica, ma in
alcuni casi devono essere capaci anche di abbandonare l’atteggiamento empatico quando
devono stabilire ipotesi e teorie, l’empatia ha bisogno di un complemento teorico che la
indirizzi.
L’empatia è la capacità quotidiana di provare ciò che un’altra persona prova anche se in
maniera attenuata.
2. La teoria dello sviluppo
Kohut si concentra sugli impedimenti che ne ostacolano lo sviluppo e sulle condizioni
terapeutiche che possono riattivarlo. Punta sulla ricostruzione empatica delle esperienze
infantili corrispondenti agli strati di esperienza riattivati nella situazione analitica.
La fonte essenziale dei dati di base per la costruzione di concetti e teorie in psicanalisi deve
essere costituita dalla situazione psicanalitica e non dall’osservazione diretta del bambino o
dalla coppia madre-bambino.
Kohut postula la presenza parallela di due linee di sviluppo: l’amore oggettuale e il narcisismo.
L’impostazione classica postula una linea evolutiva che va dal narcisismo primari all’amore
oggettuale per rifluire eventualmente sul narcisismo secondario a causa del rifiuto da parte
degli oggetti.
Kohut presuppone che i bisogni narcisistici permangono durante il corso della vita seguendo
uno sviluppo parallelo a quello dell’amore oggettuale.
Quando i nuclei frammentati del sé acquistano coesione nel narcisismo primario possono
muoversi verso:
• una perfezione attribuita al sé grandioso
• una perfezione attribuita all’imago parentale idealizzata
Kohut contrappone l’amore di sé con l’amore per l’altro considerando il primo come negativo.
Le due linee evolutive (doppio binario) sono separate e indipendenti:
• una porta dall’autoerotismo, attraverso il narcisismo, all’amore oggettuale
• una porta dall’autoerotismo, attraverso il narcisismo, a forme più alte e modificate di
narcisismo
Il procedere dello sviluppo è legato alla capacità della madre di disilludere gradualmente il
bambino, ossia la frustrazione ottimale, generatrice di una struttura psicologica e della
capacità fondamentale di tollerare la tensione.
Il processo di formazione delle strutture è lento e passa attraverso due stati contemporanei:
• l’imago parentale idealizzata
• il sé grandioso
2.1
L’imago parentale idealizzata
E’ lo stato in cui, dopo essere stata esposta al disturbo dell’equilibrio psicologico del narcisismo
primario, la psiche salva una parte della perduta esperienza di perfezione narcisistica totale
attribuendola ad un Oggetto-Sé arcaico e rudimentale.
La felicità ed il potere sono nell’oggetto idealizzato: si sente vuoto ed impotente quando è
separato da esso, per cui cerca di mantenere un’unione costante con esso.
Il processo di sviluppo è mantenuto dalla frustrazione ottimale, dalle risposte
empatiche degli oggetti genitoriali al bisogno di idealizzazione che porta alla sua
trasformazione in un processo che Kohut chiama “interiorizzazione trasmutante” in
strutture endopsichiche.
Le idealizzazioni del bambino piccolo sono di un contesto narcisistico ma lasciano la loro
impronta duratura nella struttura della personalità mediante i processi di interiorizzazione della
fase.
C’è una linea evolutiva che, partendo dal narcisismo primario, conduce alla formazione del
super-Io attraverso l’idealizzazione dell’oggetto.
La libido narcisistica idealizzante non scompare con lo sviluppo ma continua a svolgere un
ruolo significativo nei rapporti oggettuali maturi ed esercitando una forte influenza sulla
costruzione delle due strutture centrali permanenti della personalità:
• la struttura della psiche
• il super-Io idealizzato
La riuscita di questo sviluppo dipende dall’esperienza reale con gli oggetti sé genitoriali: il
riconoscimento da parte del bambino delle qualità reali dei genitori e la graduale rilevazione
empatica da parte dei genitori dei loro difetti mette in grado il bambino di ritirare dalle imago
parentali una parte della libido idealizzante e di impiegarla nella costruzione di strutture che
controllino le pulsioni.
La delusione edipica nei confronti del genitore dello stesso sesso conduce all’idealizzazione
del super-Io che protegge la personalità dal pericolo di una regressione narcisistica.
Laddove il super-Io non si consolida sufficientemente la persona resta alla continua ricerca di
conferme e fonti di appoggio esterne.
Gli oggetti edipici e pre-edipici esercitano un’influenza decisiva sulla formazione della
personalità adulta.
Quando le strutture psicologiche nucleari si sono stabilite alla fine del periodo edipico, la
perdita dell’oggetto non lascerà la personalità incompleta, mentre prima o durante il periodo
edipico interferiscono gravemente sulla strutturazione fondamentale dell’apparato psichico.
Kohut sostiene che lo sviluppo continua oltre l’infanzia e l’adolescenza ed esiste una
vulnerabilità delle acquisizioni intrapsichiche e delle strutture psicologiche e il loro dipendere in
ogni fase della vita, dalle funzioni di sostegno dell’ambiente di oggetto-sé (partner, amici, figli,
ecc.).
Il compito essenziale dell’oggetto-sé genitoriale è di restare, momentaneamente, al
bambino, una struttura di cui il suo sé non dispone ancora e di riprendersela gradualmente per
favorire lo sviluppo ed il consolidamento del sé: se ciò non accade, si determina un danno
permanente della personalità, una fissazione che può essere superata suolo attraverso il
trattamento psicanalitico.
Il ritiro massiccio, ma appropriato alla fase, di investimenti narcisistici dall’oggetto edipico
conduce all’interiorizzazione di queste cariche e alla loro attribuzione alle funzioni di
approvazione e di proibizione del super-Io e dei suoi valori e ideali.
2.2
Il Sé grandioso
E’ il complemento dello stadio dell’imago parentale idealizzata: viene riattivato
terapeuticamente nella condizione di tipo traslativo indicata con il termine di transazione
speculare.
Lo sviluppo del sé grandioso può seguire due strade:
• in condizioni ottimali vengono attenuati l’esibizionismo e la grandiosità e la struttura viene
integrata nella personalità adulta
• se invece il bambino subisce gravi traumi narcisistici il sé grandioso non è assorbito nell’Io
ma si conserva nella sua forma inalterata: se il rapporto con la madre è disturbato si
produce un iperinvestimento degli stadi primitivi del sé corporeo (autoerotico) e degli stadi
arcaici del sé grandioso, con fissazione.
Le circostanze che possono favorire, secondo Kohut, l’integrazione del sé grandioso sono le
reazioni parentali appropriatamente selettive delle sue richieste di eco e di partecipazione
alle manifestazioni grandioso-esibizionistiche delle sue fantasie grandiose.
Se la risposta del genitore è sufficientemente sensibile e sintonizzata, il bambino impara ad
accettare i propri limiti realistici, rinuncia alle fantasie grandiose e sostituisce le esigenze
esibizionistiche con mete e scopi sintonici all’Io.
La trasformazione del sé grandioso, che è il requisito essenziale per la salute mentale, risente
di certe caratteristiche delle personalità che circondano il bambino, portano l’impronta degli
atteggiamenti delle persone in cui si era riflesso il sé grandioso del bambino. Più che uno
stadio evolutivo è uno stato, una posizione che si sviluppa o resta fissata a un livello arcaico.
Avremo:
• un sé grandioso fallico (edipico)
• un sé grandioso pre-fallico
Se escludiamo le doti genetiche di base, le molle che muovono lo sviluppo sono due:
• l’empatia genitoriale indispensabile per la coesione del sé e la frustrazione ottimale,
delusioni tollerabili dell’equilibrio narcisistico primario che portano all’instaurarsi delle
strutture interne che permettono di calmarsi da sé e di tollerare la tensione narcisistica. In
assenza della frustrazione ottimale il bambino non sviluppa la capacità di distinguere tra
fantasia e realtà.
• gli inevitabili fallimenti empatici delle figure genitoriali che consentono il consolidamento
delle strutture di personalità.
3. La revisione del complesso edipico
Le esperienze del bambino diventano comprensibili solo se le si considera nella matrice delle
risposte empatiche, non empatiche o parzialmente empatiche degli oggetti sé.
Se il bambino sente che il padre lo considera con orgoglio un figlio degno di sé la sua fase
edipica costituirà un passo decisivo nel consolidamento del sé e nel rafforzamento del modello
del sé
Se invece il riscontro è assente i conflitti edipici assumeranno un carattere infausto
Le manifestazioni edipiche non sono il risultato inevitabile di un periodo evolutivo normale, ma
prodotti di degenerazione, a causa di risposte fallimentari dell’adulto ai bisogni e richieste
psicologiche normali di ammirazione, di affetto e riconoscimento.
4. Il Sé
Il Sé è il centro esplicito dell’attenzione di Kohut: “non possiamo, attraverso l’empatia e
l’introspezione, penetrare nel sé in quanto tale, possiamo solo percepire empaticamente o
introspettivamente le sue manifestazioni psicologiche”.
Ci sono 2 accezioni di fondo del Sé:
• il sé come componente dell’apparato mentale
• il sé come centro dell’universo psicologico dell’individuo
Il sé si forma in quanto “l’ambiente umano reagisce al bambino”, sono importanti le risposte
empatiche dell’ambiente per la sopravvivenza psicologica del sé nascente.
La migliore definizione del sé in Kohut è quando egli parla del sé nucleare che si stabilisce nel
corso del primo sviluppo psichico per via di inclusioni, interiorizzazioni ed esclusioni.
Il desiderio del bambino per il cibo, la cosiddetta oralità, non costituisce “la configurazione
psicologica primaria”, con esso il bambino afferma il suo bisogno di un oggetto-sé che gli
fornisca il cibo, di essere nutrito empaticamente.
Parimenti la fase anale classica è una fase precoce del processo di consolidamento del sé che
può avere esiti diversi.
Il concetto di bipolarità del sé (tripolarità): Kohut parla del sé come di un arco di tensione
nucleare che tende, una volta costituito, a realizzare le sue potenzialità intrinseche e delle
ambizioni e degli ideali fondamentali della persona come poli del sé.
Ciò di cui il bambino ha bisogno non sono né risposte empatiche continue e perfette da parte
dell’oggetto-sé né un’ammirazione irrealistica, ma della capacità dell’oggetto-sé di rispondere
con un riscontro speculare adeguato almeno una parte del tempo.
Esiste una differenza fondamentale tra:
a) l’oggetto-sé arcaico esperito narcisisticamente
b) le strutture psicologiche che continuano a svolgere le funzioni di regolazioni delle pulsioni,
di integrazione e di adattamento svolte precedentemente dall’oggetto esterno
c) gli oggetti veri e propri che sono investiti con cariche pulsionali oggettuali, cioè oggetti
amati e odiati da una psiche separata dagli oggetti arcaici
5. La psicopatologia
La radice fondamentale della psicopatologia per Kohut è l’indisponibilità degli oggetti reali
a fungere da oggetto-sé per il bambino.
Il contributo più innovativo di Kohut riguarda i disturbi di personalità narcisistici.
E’ importante il contesto interpersonale primario: il trauma genetico fondamentale è
radicato nella psicopatologia dei genitori e specialmente nelle loro fissazioni narcisistiche. I
sentimenti e le reazioni del paziente trovano spiegazione nelle esperienze relazionali della
prima parte della sua vita.
L’inattendibilità o la carenza delle risposte materne giocano nello sviluppo patologico del
sé del bambino un ruolo fondamentale impedendo o limitando il processo di costruzione di
strutture psicologiche. A volte è la depressione della madre a impedirle di rispondere
adeguatamente al suo bambino.
Altra tesi di Kohut: i disturbi del sé di rilevanza patologica derivano sempre da un duplice
fallimento, grave e continuativo, materno e paterno, nell’oggetto-sé speculare e in quello
idealizzato.
L’angoscia centrale in questi disturbi non è la paura dell’evirazione, ma è:
• la paura di un’intrusione nell’Io delle strutture narcisistiche (depersonalizzazione)
• la paura della perdita del “sé realtà” per la fusione con l’imago parentale idealizzata
• la paura della perdita di contatto con la realtà e dell’isolamento per effetto
dell’esperienza di una grandiosità irrealistica
• esperienza spaventose di vergogna e dolore provocate dall’intrusione di libido
esibizionistica
• preoccupazioni ipocondriache dovute all’iperinvestimento di aspetti scissi del corpo e
della psiche
L’Io teme la vulnerabilità del sé maturo, la frammentazione temporanea del sé o le intrusioni
nel suo ambito di forme arcaiche di grandiosità.
I pazienti hanno bisogno, per mantenere un sufficiente bisogno di coesione del sé, della
presenza continua degli oggetti, della loro approvazione e conferma, e di altri tipi di
sostegno narcisistico.
La sintomatologia è vaga, Kohut parla di umore depresso, mancanza di entusiasmo e di
iniziativa nel campo del lavoro disagio per il proprio stato fisico e mentale, tendenze perverse.
La sintomatologia tende a colpire molti livelli:
• la sfera sessuale (fantasie perverse o non interesse per il sesso)
• la sfera sociale (incapacità di stabilire rapporti significativi)
• i tratti di personalità manifesti (mancanza di empatia, di umorismo, di senso delle
proporzioni, ecc.)
• la sfera psicosomatica (preoccupazioni ipocondriache)
Il trattamento vuole portare il settore centrale della personalità a riconoscere la presenza di
mete narcisistiche e perverse consce e preconsce.
Kohut differenzia due gruppi di disturbi di personalità:
• le persone in cui il sé grandioso arcaico è presente prevalentemente in condizioni di
rimozione e/o negazione: ciò produce una carenza narcisistica (diminuzione della fiducia
in sé, vaghe depressioni, mancanza di entusiasmo per il lavoro, ecc.)
• le persone in cui il sé grandioso arcaico è escluso dal dominio del settore realistico della
psiche da una scissione verticale, il sé grandioso è cosciente e influenza le attività
producendo atteggiamenti orgogliosi, vanagloriosi, imperativi e categorici.
6. La teoria kohutiana della terapia
Il processo psicanalitico è diverso nella psicanalisi classica e nella psicologia del sé:
• la psicanalisi tradizionale, che spiega l’uomo nei termini di un apparato psichico che
elabora le pulsioni, durante la terapia, concentra la sua attenzione sui difetti nella soluzione
del conflitto di macrostrutture psichiche
• la psicologia psicanalitica del Sé, che spiega l’uomo nei termini di un sé sostenuto da un
ambiente di oggetto-sé, durante la terapia concentra la sua attenzione sui difetti e sulle
deformazioni delle microstrutture del sé: compito dell’analisi è l’esplorazione nelle loro
dimensioni dinamiche e genetiche dei difetti della struttura del sé mediante l’indagine dei
transfert di oggetto-sé.
Il Sé, anche quello più sano, è sempre costituito, almeno in parte, da strutture compensative.
Il trattamento sul paziente deve essere “su misura”: il processo di guarigione consiste nel
raggiungimento della capacità di rasserenarsi da solo, nell’acquisizione di un senso di
continuità del sé nel tempo, grazie alla disponibilità di un oggetto-sé adeguato (il terapeuta).
Anche la persona dalle risorse interne più ampie (autostima, ambizioni, ideali, ecc.) continua
ad avere bisogno del sostegno degli oggetti-sé.
L’esperienza emotiva correttiva non è semplicemente un comportamento deliberato
dell’analista diretto ad abbreviare l’analisi evitando l’elaborazione del transfert.
La risonanza empatica non lega permanentemente il paziente all’analista, ma ne attiva e
rafforza le potenzialità maturative bloccate, con la maggiore capacità, rispetto alla psicanalisi
classica, di accogliere le richieste narcisistiche del paziente.
Il processo analitico non può costituire ex-novo un sé nucleare, ma può colmare le lacune, le
debolezze e le disarmonie fornendo il tessuto connettivo a un’architettura deficitaria:
l’analista comprende ciò che il paziente prova attraverso l’empatia o l’introspezione.
La guarigione psicanalitica quindi si basa su un accrescimento della struttura psichica
ottenuto tramite al frustrazione ottimale dei bisogni e dei desideri del paziente in forma di
interpretazioni corrette.
7. Conclusioni
Per Kohut l’uomo tragico cerca di esprimere un modello del suo sé nucleare: i suoi sforzi vanno
al di là del principio di piacere.
Una parte della sofferenza psichica va vista come assenza o inadeguata costituzione di
strutture mentali connesse a primarie carenze ambientali, ossia gravi difficoltà nel rapporto
empatico con la madre.
Kohut sottolinea anche la freddezza emotiva congenita del bambino insensibile oltre alla
freddezza emotiva della madre: compresenza di fattori legati alla madre e al bambino.
VIII Capitolo. I modelli della psicopatologia
C’è un pluralismo di modelli ed anche una evoluzione dei termini delle patologie nel corso del
tempo.
La psicologia dinamica non separa nettamente la psicodinamica della normalità da quella della
psicopatologia (come diceva Freud non si può tracciare un netto confine tra normalità e
nevrosi), la psicanalisi parla più di processi psicologici che di disturbi.
C’è un continuum tra salute e malattia.
C’è stato nel corso del tempo, un cammino della psicanalisi, cioè un continuo riassetto della
teoria.
1. Le controversie: fantasia o fallimento ambientale ?
Sono da risolvere due quesiti:
• se il sé è da vedersi come:
o una costruzione individuale intesa fondamentalmente in senso intrapsichico
(Freud)
o come un’unità intersoggettiva nel senso di una costruzione interpersonale
(Winnicott o Kohut)
• qual’é la costituzione di base della natura umana:
o in conflitto con l’ambiente (Freud) per cui i fenomeni mentali sono la risultante di
un conflitto
o consonante con il mondo esterno (Fairbairn o Winnicott, Stern o Bowlby) per cui il
disagio mentale da vedersi come l’espressione di un fallimento ambientale o
genitoriale
La causa della psicopatologia poggia le sue radici nel trauma oppure è la risultante di
fraintendimenti delle prime esperienze infantili dovuti all’impatto deformante delle fantasie
infantili.
La malattia mentale è l’espressione di un conflitto inconscio irrisolto o di un arresto dello
sviluppo.
Conflitto: modello classico di psicopatologia che considera la mente come un’entità presa in
affitto da conflitti interni, il paziente soffre di inibizioni relative ad impulsi sessuali, a sensi di
colpa e ansia.
Arresto dello sviluppo: modello alternativo di psicopatologia che considera che il primo
sviluppo vien contrastato in modo cruciale dall’assenza della comprensione affettiva dei
genitori.
L’insufficienza ambientale può essere vista in vari modi:
• lo psicologo dell’Io enfatizza la deficienza dell’identificazione paterna
• lo psicologo delle relazioni oggettuali sottolinea la mancanza dell’esperienza di libertà
nell’essere
• lo psicologo del sé evidenzia la mancanza di relazioni di sostegno nello sviluppo
2. Pluralismo dei modelli
E’ impossibile unificare i modelli. La storia è:
50 anni fa la malattia era dovuta ad inibizioni sessuali, poi all’epoca di Melanie Klein era l’esito
di un conflitto morale inconscio, con Bion il paziente è affetto da travisamenti e deliri inconsci.
Gabbard propone una differenziazione individuando 3 modelli di lettura della psicopatologia:
• il modello della psicologia dell’Io per cui sono primarie le pulsioni quali l’aggressività e la
sessualità (relazioni oggettuali secondarie): il super-Io e l’Es combattono tra loro.
• il modello delle relazioni oggettuali per cui le pulsioni emergono all’interno della relazione e
il conflitto è una lotta tra impulso e difesa
• il modello della psicologia del sé secondo cui le relazioni esterne aiutano la persona a
mantenere la stima di sé e la coesione del sé.
Bateman e Holmes individuano 3 modelli di salute psichica (tre strategie di cura):
•
il modello conflittuale classico in cui il soggetto ha rimosso le esperienze problematiche per
mantenere lo stato di coerenza e il trattamento ha lo scopo di aumentare l’insight e il
dominio dell’Io
• il modello conflittuale kleiniano e delle relazioni oggettuali in cui impera il conflitto tra
amore e odio, tra bisogno di dipendenza e paura della perdita
• il modello deficitario delle relazioni interpersonali e d’oggetto in cui il deficit è di natura
ambientale, una carenza ambientale
Fonagy propone una diversa differenziazione:
• il modello strutturale che poggia sul modello freudiano con le successive modificazioni
• il modello kleiniano-bioniano
• il modello del gruppo indipendente
• i modelli nordamericani delle relazioni oggettuali in cui vengono ricercate varie soluzioni al
problema del rapporto tra relazioni interne ed esterne.
3. Il modello strutturale
La tesi di fondo è il modello conflittuale classico in cui il fallimento dell’apparato mentale si
svolge secondo la sequenza del modello della patogenesi:
conflitto rimozione riattivazione del conflitto compromesso nevrotico
Il meccanismo di formazione del sintomo è che il conflitto causa angoscia per cui l’Io è un
pericolo interno, ciò porta all’instaurarsi di una difesa e quindi a un compromesso: le
rappresentazioni rimosse per essere ammesse alla coscienza, si esprimono nei sintomi, nei
sogni o in un prodotto dell’inconscio in modo da essere irriconoscibili e mascherate.
Il mondo intrapsichico è in conflitto tra le tre istanze Io, Es e Super-Io. I successori di
Freud accentueranno il tema degli aspetti adattivi dell’Io aprendo interesse per la formazione
del carattere e del rapporto tra individuo e ambiente.
L’obiettivo del trattamento (la teoria del cambiamento) è rovesciare i normali rapporti tra i
singoli territori della psiche, ossia operare una ristrutturazione della personalità.
4. Il modello kleiniano-bioniano
Il conflitto è tra amore e odio, tra bisogno di dipendenza e paura della perdita (Klein).
L’origine della psicopatologia è l’intensa ansia determinata dalle fantasie sadiche infantili. La
nevrosi ossessiva è una difesa contro l’originaria ansia psicotica.
Nell’identificazione proiettiva una parte dell’Io è frammentata e proiettata nella
rappresentazione dell’oggetto.
Bion parla delle deficienze nella capacità di contenimento della madre (reverie).
L’ansia più comune è il senso di colpa e della perdita dell’oggetto amato.
L’obiettivo del cambiamento è il superamento delle angosce depressive e la rielaborazione del
lutto primitivo .
5. Il modello delle relazioni oggettuale inglese
L’idea di fondo è che le pulsioni emergono nel contesto di una relazione (es. tra bambino e
caregiver): la struttura psichica deriva dai bisogni centrali di una relazione. Le relazioni
interpersonali sono state interiorizzate e si sono trasformate in rappresentazioni interne. Il
conflitto è uno scontro tra coppie contrapposte di unità interne di relazioni oggettuali.
L’origine della psicopatologia è nelle vicende dei primi 3 anni di vita con attenzione
all’ambiente. Secondo Fairbairn le difficoltà nei pazienti schizoidi emergono dall’esperienza
infantile che l’amore sia distruttivo per la madre.
Nel trattamento è necessario riconoscere e accettare le parti del sé che sono state “negate”.
Accanto alla teoria del conflitto quindi c’è quella di un deficit o carenza ambientale che causa
il disagio psichico.
6. Il modello della psicologia del sé
Kohut ha allargato l’interesse ai pazienti con disturbi narcisistici, ossia relativi alla
regolazione dell’autostima, alla mancanza di capacità di mantenere le relazioni, alla sessualità
perversa, o alla mancanza di empatia e di umorismo.
E’ importante la necessità che i bisogni dei pazienti durante la terapia siano soddisfatti
nell’idea che l’essere umano abbia bisogno di risposte empatiche, convalidanti la stima di sé.
La psicopatologia è data da un arresto dello sviluppo per un’indisponibilità dei genitori nei
riguardi del bambino. Quando i genitori falliscono nel sostentamento dei bisogni narcisistici dei
figli il sé grandioso arcaico e l’immagine parentale idealizzata si irrigidiscono e fallisce il
processo di integrazione delle varie strutture del sé.
Il trattamento consste nel portare il settore centrale della personalità a riconoscere la presenza
di mete narcisistiche e perverse consce e preconsce.
7. Il modello dell’”infant research” dinamica
Il disturbo può essere collocato soltanto nella relazione madre-bambino, come evoluzione
della tesi di Winnicott, con il tema della funzione di specchio della madre (mirroring). Lo
sviluppo si realizza per processi interpersonali e le tematiche affettive e i comoiti evolutivi
vanno risolti all’interno della relazione madre-bambino.
I disturbi sono l’espressione sintomatica di modelli relazionali disturbati che sono stati
interiorizzati e la patologia è relazionale ed esprime non solo una deficienza nella relazione di
accadimento ma anche un fallimento dell’incontro tra 2 menti o un fallimento della capacità di
allineamento e sintonizzazione reciproca tra bambino e caregiver.
L’attaccamento (attachment) del piccolo al genitore può essere considerato la controparte del
legame del genitore verso il figlio (parental bonding). Si verificano problemi psicopatologici
quando alcuni genitori disturbati inadeguati a sostenere le ansie della crescita sperimentano
nel processo di accudimento l’attivazione di un sottosistema di affiliazione inadeguato sul piano
dello sviluppo evolutivo con conseguenze di misunderstanding, limiti nelle capacità di
simbolizzazione e mentalizzazione.
Parte terza – Ulteriori sviluppi
IX Capitolo. La nascita del pensiero: Wilfred R. Bion
1. Il modello bioniano di mente
Bion ha un’immagine psicobiologica di mente, per cui c’è una stretta connessione tra i
processi somatici e quelli psichici. Il corpo è intriso di virtualità psicologiche ed invoca la
psichicità come messa in forma di vissuti emotivi e il pensiero è il modo di legare questi
vissuti, cioè dar loro un significato. In ciascuno di noi è presente un livello proto mentale.
L’immagine psicobiologia di mente è il quadro in cui si inserisce la teoria bioniana dello
sviluppo come crescita, a partire dai bisogni corporei, del pensiero e delle funzioni
mentali e la psicosi è il deficit o il crollo di queste funzioni.
Condivide con Freud l’idea di una psichicità in principio anoggettuale ma secondo Bion è
organizzata in un pensiero, in un significato: l’oggetto mentale è il risultato stesso di questa
messa in forma o trasformazione delle afferenze corporee, sensoriali ed emozionali. Bion parla
non di pulsioni, ma di funzioni, operazioni atte a dar forma e creare pensiero.
L’oggetto che secondo Bion è oggetto di pensiero più che oggetto-cosa concreta, è il risultato
di una funzione di sintesi e di trasformazione e non qualcosa che, innato o proiettato che sia, si
offre d’embleè (klein).
E’ prioritaria per Bion la formazione del contenitore più che dei contenuti, le funzioni più che gli
oggetti, i legami più che gli oggetti legati.
La psicosi non è tanto spiegata tramite la dinamica di oggetti interni, quanto come crollo
dell’apparato e delle funzioni mentali.
La griglia di Bion è una schema grafico, a forma di matrice, utile a inquadrare, dopo la
seduta, il materiale clinico in funzione di 2 parametri: il tipo di uso che l’analizzando fa di una
data affermazione e il tipo di materiale presentato (secondo una scala di forme di pensiero
dalle più grezze alle più raffinate).
Una medesima frase o parola può avere più significati e diventano prioritari il contesto del dire
(sintassi) e l’intenzione del locutore (pragmatica) per cogliere il senso. Per Bion il simbolo
rappresenta una congiunzione riconosciuta come costante dal gruppo o dal singolo.
2. La gruppalità originaria della persona
A Bion fu affidato il compito di curare, come psichiatra, la riabilitazione di soldati affetti da
nevrosi di guerra nel secondo conflitto mondiale: tentò terapie collettive e attività di gruppo
autogestite.
Il gruppo è considerato come un soggetto unico e vide l’affiorare di una serie di stati emotivi,
di atmosfere collettive che chiamò “mentalità di gruppo” o “cultura di gruppo”.
Inventò espressioni linguistiche nuove, per evitare preconcetti, e chiamò “assunti di base”
(AdB, Basic assumptions) 3 configurazioni tipiche e ricorrenti della mentalità di gruppo.
AdB lotta e fuga quando il gruppo si sente minacciato
AdB dipendenza quando il gruppo attende dal un leader interno la soluzione ai problemi
Adb accoppiamento quando spera che la soluzione venga dall’unione di alcuni membri del
gruppo
Il capo del gruppo emerge dall’AdB attivo in quel momento. Esempio: un soggetto paranoide è
il leader naturale del gruppo in AdB lotta e fuga.
Bio elabora la nozione di sistema protomentale in cui esistono dei prototipi dei tre assunti di
base ognuno dei quali esiste in funzione dell’appartenenza dell’individuo al gruppo. E’ un’area a
cavallo tra mente e corpo, sede di emozioni caotiche che spiega il carattere collettivo delle
emozioni e delle reazioni del gruppo.
Il protomentale si configura anche come una sorta di gruppalità interna all’individuo per il
fatto che in ciascuno c’è una disposizione costitutiva e non accidentale che Bion chiama
valenza, ad essere uno col gruppo.
Gli AdB, dando luogo a fasi dominate dall’emozione, sono il più delle volte di ostacolo al gruppo
di lavoro e deve essere superato nella direzione della differenziazione individuale, ma la
spinta del protomentale può essere un incentivo per l’evoluzione degli AdB verso il “gruppo di
lavoro specializzato”, cioè forme di gruppo funzionali.
3. Formazione del pensiero come cardine dello sviluppo
Bion abbraccia un’accezione larga di pensiero e ne propone un ventaglio di tipi, in funzione del
grado di elaborazione: gli “elementi alfa”, i pensieri onirici e i miti, le preconcenzioni, le
concenzioni, i concetti, il sistema scientifico deduttivo, e infine il calcolo algebrico. Il pensiero
scientifico è la forma psicologicamente più evoluta.
Il pensiero è visto in stretto intreccio con la sfera emotiva: la sua accezione di esperienza, da
cui occorre apprendere per la crescita, non è empiristica ma è intesa come esperienza emotiva
in cui l’individuo è preso.
Alla costituzione del pensiero concorrono le afferenze emozionali, le sensazioni di piacere, di
angoscia, di terrore.
Bion chiama “elementi beta” le afferenze sensoriali ed emotive grezze.
La capacità di “metabolizzare” sensazioni ed emozioni grezze è detta “funzione alfa” e le
prime forme di pensiero sono appunto elementi alfa in cui comprendiamo le immagini visive,
gli schemi uditivi e gli olfattivi. Tutto il materiale utilizzabile dai pensieri onirici, dal pensiero
inconscio di veglia, dalla barriera di contatto, dalla memoria.
Già nelle prime fasi di sviluppo, grazie alla funzione alfa, si attua il passaggio dalla
preconcezione alla concezione: la prima è una forma di pensiero consistente in un’aspettativa,
ma l’oggetto è veramente pensato solo all’incontro dalla preconcezione “con impressioni
sensoriali a essa adeguate”: da qui finalmente il pensiero, nella forma di concezione
dell’oggetto soddisfacitorio.
Bion ha una chiara distinzione tra oggetto e pensiero di esso. Il pensiero si forma anche i
assenza dell’oggetto soddisfacitorio e consiste giusto nella rappresentazione dell’oggetto
assente o pensiero in assenza dell’oggetto.
In caso positivo nel bambino si forma, bonificando gli elementi beta, l’immagine dell’oggetto
assente e gratificante sentito come assente e non come allucinato: si apre così lo spazio di un
pensiero desiderante.
Nel caso invece di incapacità a differire la soddisfazione, in carenza cioè di funzione alfa, si
genera, anziché il pensiero di oggetto assente, la falsa presenza di un oggetto irreale, cattivo,
la non-cosa, che risulta dall’aggregazione di elementi beta che devono essere eliminati.
Alla formazione della funzione alfa, e in genere alla capacità del bambino di modificare i
dirompenti elementi beta, concorre la madre con la sua maggiore o minore capacità di dare
un senso, una risposta corretta alle emozioni del bambino. La madre favorisce non soltanto
l’introiezione dell’oggetto buono, ma anche la formazione delle strutture e funzioni mentali.
Grazie all’accudimento il bambino apprende dalla madre le capacità di contenimento e
introietta il contenitore stesso e con ciò la funzione alfa. La funzione materna di metabolizzare
gli elementi beta del bambino è resa possibile da ciò che Bion chiama la reverie, cioè la dote
di immedesimarsi con un pensiero preconcettuale, empatico, nei vissuti del piccolo
restituendogli elaborati.
La reverie materna suppone evidentemente un’area proto mentale, trans individuale e alla
frontiera tra soma e psiche.
Un certo rilievo nello sviluppo del pensiero lo hanno anche i miti che Bion pone tra gli elementi
alfa e le preconfezioni. Il mito fa parte della parato primitivo degli strumenti di apprendimento
di cui dispone l’individuo e consente di mettere ordine nella conoscenza del mondo,
organizzando in particolare le trame di rapporti tipici tra gli individui. Si può parlare del mito
come di un a-priori biologico culturale della conoscenza e del comportamento sociale umano.
4. Aspetti topici e motivazionali
Per quanto riguarda il rapporto tra conscio e inconscio Bion introduce la nozione di barriera
di contatto, una zona di passaggio, costituita sul modello delle sinapsi neuronali, dove i
processi mentali possono transitare senza soluzione di continuità tra un’area e l’altra.
La funzione alfa forma tanto i pensieri consci che inconsci e il passaggio è nei due sensi: vi è
un pensiero vigile nel sogno e un pensiero sognante nelle attività coscienti. Conscio e inconscio
sono due punti di vista reversibili e ogni processo psichico ha una visione binoculare.
L’oggetto mentale integra emozioni ed elementi percettivi: nella costituzione di un pensiero
convergono gli aspetti psicodinamici e le percezioni o immagini degli oggetti. Il momento
motivazionale è sia nella stessa funzione alfa come creatrice di pensiero che nella spinta alla
crescita insita nella necessità di modificare gli elementi beta.
Odio (H) e amore (L) sono intesi come fattori intrinseci al legame subordinati ad un terzo
fattore, la conoscenza (K), sono qualità del legame.
Opposto all’amore non è l’odio ma la rottura del legame, la mancata rappresentazione
dell’altro. Opposto di K non è l’ignoranza ma la disgregazione della funzione del pensiero.
L’evoluzione dello sviluppo è lineare e avviene attraverso due tipi di operazioni (meccanismi):
• l’interazione di contenitore e contenuto ha il suo prototipo nella funzione materna di
ricettacolo capace di elaborare gli elementi beta proiettati dal bambino nella madre:
contenitore e contenuto sono parte dell’apparato della funzione alfa della madre e trova i
presupposti nei vissuti soggettivi di funzioni fisiologiche (nutrizione e respirazione).
• l’oscillazione ottenuta generalizzando le due posizioni kleniane schizoparanoide
(PS) e depressiva (D) sullo stesso piano, sinonimo dei processi di frammentazione e
integrazione, alternanza tra analisi e sintesi, tra scomposizione in elementi e loro
ricomposizione, tra rottura e nuova forma.
5. Sviluppo come trasformazione
Il problema della crescita conseguita con l’apprendimento attraverso l’esperienza emotiva, si
radicalizza: da una parte le ristrutturazioni necessarie in ogni cambiamento (con il dolore) e la
necessità di recuperare l’origine, entrando in contatto con ciò che Bion chiama O. Non essendo
sufficienti le trasformazioni in K occorre rinunciare a K e ripassare per O.
Le trasformazioni in O sono prioritarie e riguardano la realtà anteriore alla conoscenza. O è
sede di una psichicità indifferenziata (tra mente e corpo e tra soggetto e oggetto ed è
definito la verità assoluta.
L’esperienza emozionale, la cosa in cui consistono gli elementi beta, è un vissuto anteriore
alla parola e quindi O è un vissuto inesprimibile. O si ritrova anche in ricorrenti esperienze
emozionali forti quali l’angoscia, il terrore, o il godimento, l’orgasmo ecc. Se la si vuole
esprimere con le parole ci se ne separa, l’essere è diverso dal dire.
Per Bion è essenziale alla crescita il momento della catastrofe, lo sviluppo non
necessariamente è lineare, né assicurato. O è un momento di ritorno a un’area priva di
strutturazione.
O è l’area a cui attinge non solo il mistico, ma anche il grande artista, lo scienziato
geniale, ogni personalità innovativa perché ha elaborato un’idea nuova ripartendo dalle radici.
Un analogo processo di passaggio in O deve farlo il soggetto in analisi e l’analista, partecipando
con il paziente ai momenti di terrificante destrutturazione dell’esperienza di O. In questo tipo di
trasformazioni il tempo perde di senso: “l’evoluzione mentale o crescita è catastrofica e priva
di tempo”.
6. La psicopatologia
Bion a partire dagli anni ’50 si dedica alla cura analitica di soggetti psicotici e nel suo libro
“Attacchi al legame” parla di transfert negativo nella psicosi: il paziente stravolge ciò che fa in
rapporto con lui più che attaccarlo. Distorce la comunicazione linguistica, così anche con i
genitori e le persone familiari. E’ in gioco non tanto una dinamica di oggetti cattivi, ma una
disgregazione della funzione di contenere.
Lo psicotico è un soggetto sopraffatto da una serie di elementi beta, collegati ad un
senso di catastrofe, da attribuire al fallimento o alla carenza a suo tempo della funzione di
reverie: il bambino, incompreso nei suoi bisogni primari e privo della capacità di contenere le
emozioni, introietta il terrore di morire.
Gli elementi beta, in mancanza di quelli alfa, danno luogo ad un’agglomerazione perversa
di vissuti non elaborati: è lo schermo beta che si pone al posto della barriera di contatto tra
conscio e inconscio.
Ne risulta un pseudoapparato mentale che porta alla produzione di formazioni
deliranti (oggetti bizzarri). Nella psicosi si assiste al crollo dell’apparato per pensare, un
conflitto tra K e non K, mentre nella nevrosi il conflitto è tra conscio e inconscio, il
soggetto giunge a formulare un pensiero, una verità che però respinge.
L’analista dovrebbe lasciarsi andare ad un pieno coinvolgimento di tutta la sua persona nella
trasformazione in O, solo in un secondo momento può emergere un pensiero che contenga ed
interpreti (trasformazione in K) il vissuto comune creatosi nella relazione.
Analista ed analizzando hanno da apprendere dalla comune esperienza emotiva, un’area
comune, transindividuale, proto mentale mediante una capacità di immedesimarsi nell’altro.
Il modello bioniano lavora attraverso la trasformazione: dal magmatico, confusivo,
gruppale e virtuale al formato, distinto, pensato, individuato e individuale.
X Capitolo. Il concetto di campo: i Baranger e le elaborazioni italiane
Il concetto di campo dinamico nasce nella psicologia della Gestalt ed è stato ripensato da
Merleau-Ponty secondo cui il fenomeno psichico non può che essere descritto nella
contestualità mutante per l’oggetto ed il soggetto. L’antesignano della crisi del modello uni
personale è Freud in “Costruzione nell’analisi” e poi Ferenczi che pone al centro l’interazione e
quindi la Klein con la vivezza della coppia al lavoro nel qui e ora.
Per Bion infine la psicanalisi deve immergersi nell’ascolto del paziente e di se stessi.
Il concetto di campo bipersonale è esposto dai coniugi Baranger nel libro “La situazione
psicanalitica come campo bipersonale” (1961): un campo di interazione e di osservazione in
cui il paziente non è solo perché accompagna l’analista come osservatore partecipante.
Ferro e Manfredi hanno introdotto il pensiero dei Baranger in Italia.
1. Il concetto di campo bipersonale nella prospettiva elaborata dai Baranger
I Baranger appartenevano all’Associazione psicanalitica argentina. Per loro la situazione
analitica è un incontro di due persone inestricabilmente legate e complementari per la durata
della situazione.
Il campo è l’oggetto immediato della percezione dell’analista che ha il compito di osservare
l’analizzando nello stesso ambiente, è una struttura spaziale e temporale. In analisi due
persone si configurano l’una rispetto all’altra secondo posizioni stabili.
La cadenza ed il tempo degli incontri sono fissi, ma il campo spaziale e temporale
della relazione si modifica attraverso i vissuti transferali e controtransferali e i cambiamenti
della coppia: è un campo vivo, o meglio vivificato dai vissuti. Ciò è chiamata dai Baranger
“relazione psicoterapeutica bipersonale”.
1.1
Il corpo in psicanalisi
I Baranger sostengono che ogni analizzando costruisce un proprio linguaggio corporeo che va
compreso, così anche l’analista partecipa con il proprio corpo alla comunicazione inconscia
dell’analizzando (centralità del corpo).
Bisogna considerare 4 punti:
1) Le sensazioni, i processi e gli eventi corporei dominano l’esperienza precoce del bambino
2) Il sesso è un potente organizzatore dell’esperienza
3) I potenti influssi biologici nell’eccitazione sessuale, la sensazione di essere spinti da
qualcosa forniscono un vocabolario naturale per l’espressione delle dinamiche di conflitto,
angoscia, ecc.
4) Il senso di esclusione dall’esperienza sessuale dei propri genitori assume un significato di
divisione degli ambiti interpersonali, l’accessibile contro l’inaccessibile, il visibile contro
l’oscuro, ecc.
I Baranger introducono il concetto di controidentificazione proiettiva somatica per indicare
come l’analista manifesti reazioni somatiche in risposta alle identificazioni proiettive di cui è
oggetto da parte del paziente.
Le configurazioni del campo possono essere storiche, attuali o transferali. Compito
dell’analista è cogliere e interpretare il punto di urgenza o la fantasia per ottenere una
trasformazione della situazione che si forma nella relazione di coppia e non è la somma delle
fantasie dei due, ma è qualcosa che si crea all’interno dell’unità che essi costituiscono nella
seduta e differisce dalle singole fantasie.
La fantasia inconscia del campo bipersonale è costituita dal gioco reciproco di identificazioni
proiettive e introiettive e dalle relative controindicazioni.
L’analista deve sapere mantenersi sospeso tra una partecipazione che lo assorbe nel campo e
lo paralizza e un distacco che lo limita.
Tra i due è presente una scacchiera, un campo: l’analizzando con le sue comunicazioni e
resistenze e l’analista con le sue interpretazioni.
Si ha la paralisi del campo in prossimità dei cosiddetti bastioni come il rifugio inconscio di
imponenti fantasie di onnipotenza del paziente.
Il bastione dell’analizzando può essere rinforzato da una collusione inconscia dell’analista: una
situazione del genere può durare sine die a meno che non intervenga qualcosa di inatteso che
ristruttura il campo.
Nel caso di un analizzando che comunicava un senso di inautenticità, di incapacità ad avere
sentimenti, lo stallo durò finché non emersero sentimenti di disperazione e persecuzione gravi
fino ad allora tenute nel bastione. In questo processo l’interpretazione ha il compito di produrre
lo sgretolamento e la reintegrazione dei bastioni scissi.
Secondo Corrao il metodo interpretativo consiste nell’attribuire un senso a tutti i segni ed
enunciati ripartiti tra il testo e il contesto di una situazione.
Corrao opera una distinzione tra “testo-contenuto” e “contesto-contenitore”.
La funzione del contesto-contenitore è di fornire il campo ermeneutico che consente la
formulazione del significato. La distinzione tra testo e contesto implica il riconoscimento
dell’aspetto contestualizzante che permette all’analizzando di vivere la trama narrativa come
contenitore primario delle proprie fantasie.
Nel campo bipersonale confluiscono le configurazioni inconsce dell’analizzando e sotto
forma di aspetti dell’Io e del super-Io, di oggetti e di impulsi rimossi.
L’analista partecipa alla configurazione complessiva del campo con i propri processi di
identificazione proiettiva e i propri irrisolti infantili (micronevrosi di controtransfert).ù
L’insieme di nevrosi di transfert e micronevrosi di controtransfert può paralizzare il
campo, ma l’analista dovrebbe saper conservare l’Io libero dall’invasione e far nascere
un’interpretazione che permette il riattivarsi dei processi introiettivi e proiettivi, essendo
chiamato ad un’osservazione, un secondo sguardo.
Per i Baranger la fantasia inconscia del campo bipersonale è una gestalt. Per loro la parola ha
una funzione interpretativa e terapeutica ed ha tre funzioni essenziali:
• veicola relazioni d’oggetto ed emozioni molto primitive
• rimette insieme le strutturazioni scisse e isolate del campo
• discrimina tra loro le parti e gli aspetti del campo così riuniti
L’interpretazione riallaccia il rapporto tra simbolo e simbolizzato, riconsegnando alla
parola la funzione comunicativa globale originaria, aprendo la strada all’insight.
Il secondo sguardo, al campo, è un’area intermedia in cui prendono vita gli accoppiamenti
delle fantasie dei due protagonisti.
Il punto di urgenza è il momento della seduta in cui sta per emergere qualcosa dall’inconscio
dell’analizzando.
2. Il concetto di campo in Italia
Il concetto di campo fu sviluppato da autori italiani con l’orientamento a pensare la
situazione analitica a partire dai suoi limiti intrinseci: materia di indagine è la crisi della
pensabilità nella coppia analitica che produce il collasso del campo.
L’accettazione dei sentimenti di impotenza, inutilità, inadeguatezza prodotti dall’atmosfera di
impasse, ripetitività e fallimento del lavoro di coppia, può dare l’avvio a un pensiero nuovo e
alla visualizzazione delle emozioni in gioco.
Nelle situazioni di blocco è importante per l’analista il ricorso alle metafore che rendono
dinamico il campo con la potenzialità della reverie.
Gaburri esplora una dimensione nella coppia analitica determinata da energie emotive che
circolano nella seduta e imprimono ai legami affettivi curvature inedite.
Per Corrao il campo non è un luogo ma una funzione il cui valore dipende dalla sua posizione
nello spazio.
Riolo solleva il problema della legittimità e della consistenza del modello di campo e fa appello
al modello fisico di campo descritto come una distribuzione di intensità che si organizzano e
modificano secondo leggi proprie. In quest’ottica il concetto di campo consente:
• un maggior grado di generalizzazione delle teorie psicanalitiche
• il superamento della dicotomia soggetto-oggetto
• il passaggio di una teoria della cura centrata sul singolo a una avente per oggetto le
trasformazioni sia del paziente che dell’analista
Per Riolo il concetto di campo non si risolve in quello di relazione, anzi è tutto ciò che non
appartiene alla relazione, ciò che è invisibile alla relazione.
Di Chiara propone una visione di campo interna all’analizzando, riconducendo la riflessione
psicanalitica al focus della cura e dell’efficacia dell’analista che deve disporre di ricchezza
interiore e capacità di accoglimento del paziente: il campo è un’esperienza condivisa.
Mostra una grande attenzione per la sofferenza del paziente, una capacità di riconoscere i
propri limiti ed errori e un atteggiamento di disponibilità a mettersi in gioco nell’avventura
analitica.
Borgogno propone una definizione minima di campo, l’ambito delle condizioni necessarie
perché possano essere fornite interpretazioni significative.
Ferro invece considera il campo in modo molto ampio in cui prendono vita come su di un
palcoscenico, i personaggi che hanno 3 valenze:
• personaggio reale esterno
• personaggio del mondo interno
• personaggio di nodo narrativo sincretico che contestualizza ciò che accade nel campo
I personaggi sono intesi come aggregati funzionali:
aggregati in quanto le figure del discorso sono costituite dalla sintesi di elementi verbali
emotivi e corporei provenienti da analizzando e analista
funzionali perché le forme sono correlate al funzionamento mentale della coppia e alle
necessità del momento.
Il campo analitico è percorso da emozioni profonde che, attraverso le identificazioni proiettive,
stabiliscono lo statuto emotivo narrato dai personaggi e condiviso attraverso una storia. Per
Ferro un certo grado di impasse è considerato fisiologico: il bastione si costituisce
periodicamente e c’è una continua oscillazione tra gli sviluppi del cammino della coppia, il
bastione, il secondo sguardo, nuovi sviluppi e così di seguito.
3. Conclusioni
Il concetto di campo sottolinea l’esigenza di una sensibilità nuova nel modo di intendere il
lavoro nella stanza di analisi.
Il passaggio ad una dimensione relazionale ha evidenziato anche il suo momento di crisi.
La rinuncia all’extraterritorialità dell’analista nella stanza d’analisi apre all’esplorazione di un
territorio costituito dallo spazio terzo esistente tra il soggetto e l’oggetto.
XI Capitolo. Il mondo rappresentazionale: Joseph Sandler
Sandler fa un lavoro di sistematizzazione e verifica della congruenza di teorie e modelli con i
dati osservativi. Tenta di far coesistere la classica teoria pulsionale con gli approcci
contemporanei.
1. Teoria pulsionale e teoria delle relazioni oggettuali a confronto
Per la teoria delle pulsioni di Freud la pulsione è una forza motrice dell’apparato psichico che
genera una condizione di instabilità spiacevole e la scarica pulsionale, ristabilendo l’omeostasi,
produce tensione e piacere. E’ quindi una rappresentazione psichica. L’oggetto della pulsione è
un oggetto esterno o anche una parte del corpo del soggetto ed è solo il veicolo della
scarica pulsionale, il tramite alla soddisfazione del bisogno (la madre è vista come l’oggetto
alla gratificazione del desiderio o del bisogno di essere nutriti).
Per la teoria delle relazioni oggettuali (Klein o Fairbairn) l’oggetto è l’altro come esso esiste
nella mente del soggetto ed è la forza motivante di per sé: il fattore motivazionale è il
desiderio di entrare in rapporto con l’oggetto.
2. Il mondo rappresentazionale
Il campo semantico della rappresentazione è un continuum che va dal piano
esperienziale fino al concetto vero e proprio.
Per Freud la rappresentazione parte dalla percezione che è una registrazione passiva, alla
traccia mnestica che è una registrazione mentale e la somma delle tracce mnestiche è la
rappresentazione. Le rappresentazioni possono essere consce e inconsce: in quanto
forniscono alle pulsioni un contenuto ideativo, sono necessarie ai fini della ricerca dell’oggetto
gratificante e quindi della via di scarica.
Per i teorici delle relazioni oggettuali la rappresentazione come simulazione ha portato ai
concetti del Sé e dell’Altro come porzioni interiorizzate di modelli di relazioni.
Per Sandler gli oggetti esistono per il bambino all’inizio solo nel mondo esterno e
successivamente diventano interni con un’esistenza autonoma nella mente del bambino.
Il bambino quindi organizza nel suo mondo rappresentazionale immagini sia dell’ambiente
interno che esterno. Poi le rappresentazioni che il bambino crea dei propri oggetti diventano
stabili.
Sandler propone una distinzione tra rappresentazione e immagine: le immagini sono i
mattoni con cui sono fabbricate le rappresentazioni.
Il mondo rappresentazionale è come il palcoscenico:
• personaggi oggetti
• protagonista bambino
• teatro l’Io
• macchinari di scena funzioni dell’Io.
Vengono ridefinite sia l’identificazione che l’introiezione:
identificazione: modificazione del sé sulla base di un’altra rappresentazione
introiezione: conferimento a rappresentazioni oggettuale di uno status speciale che le fa
sentire come dotate di tutta l’autorità e di tutto il potere dei genitori reali.
Sandler distingue:
• ambito esperienziale: l’esperienza del contenuto fenomenico di desideri, impulsi, ricordi,
fantasie, sensazioni, percezioni, sentimenti, ecc. Il contenuto dell’esperienza può essere sia
conscio che inconscio
• ambito non esperienziale: è il regno delle forze e delle energie, dei meccanismi e degli
apparati, delle strutture organizzate sia biologiche che psicologiche, degli organi di senso e
dei mezzi di scarica.
Solo i contenuti mentali possono essere coscienti, ma non i meccanismi.
L’esistenza del mondo rappresentazionale è condizione essenziale per ogni successiva
esperienza. Le primissime esperienze del bambino, quelle indifferenziate, consistono in
sensazioni piacevoli o spiacevoli e reagisce ad esse con gioia o angoscia. Il bambino comincia a
fare l’esperienza di un dialogo con questi oggetti primari.
Quando altre esperienze cominciano ad aggiungersi alle prime allora cominciano a formarsi le
rappresentazioni oggettuali.
Al fine di mantenere un sentimento di benessere e sicurezza il bambino ha bisogno di fare
esperienze del rapporto con l’oggetto introiettato o reale, il bambino desidera entrare in
rapporto con l’oggetto.
In termini psicologici ogni desiderio comprende una rappresentazione del sé, dell’oggetto e
dell’interazione tra essi. Sandler sostiene che l’idea di meta pulsionale va integrata con l’idea di
desiderio dell’interazione.
Il concetto di rappresentazione si articola strettamente con quello di desiderio.
La rappresentazione può essere alternativamente uno schema o un insieme di regole che
organizza le percezioni dall’esterno e dall’interno.
3. Il desiderio e la relazione di ruolo
Vi è uno sviluppo per quanto riguarda la natura e le caratteristiche dei desideri. Il desiderio di
un lattante è succhiare al seno, mentre più in là il desiderio diventa il desiderio di una
interazione (la madre che nutre). Si tratta di desideri più che pulsionali sono di ottenere o
mantenere un sentimento di benessere e di sicurezza.
La fantasia di desiderio è un passo verso la realizzazione del desiderio: quando proviamo un
desiderio attiviamo in noi la fantasia di un’interazione che in passato è stata gratificante
(identità di percezione). L’individuo ricerca lo stesso tipo di interazioni sperimentate come
gratificanti.
Per raggiungere l’identità di percezione l’individuo agisce in modo da far sì che le cose
vadano come nella fantasia gratificante e adotta un comportamento atto a provocare la
risposta desiderata da parte delle persone con cui interagisce.
Comportamento di attualizzazione: lo sforzo di fare in modo che la percezione della realtà
corrisponda a ciò che si desidera che essa sia (es. chi ha avuto un genitore sadico e ne è stato
sottomesso è portato ad agire in modo da riassumere questo ruolo e da far assumere all’altro il
ruolo del genitore).
Nella fantasia di desiderio è presente contemporaneamente un ruolo per il Sé e un ruolo per
l’oggetto.
4. Il conflitto psichico
Freud nella prima fase pensava che il conflitto fosse tra il ricordo o l’idea incompatibile e i
sentimenti a questa connessi, e l’Io cosciente; nella seconda fase il conflitto era tra parti della
personalità, tra impulsi istintuali infantili che premono per la gratificazione da una parte, e il
senso di realtà e le istanze morali dall’altra; nella terza fase il conflitto era intersistemico (Es,
Io e Super-Io).
Sandler invece concepisce il conflitto come scontro tra impulsi e tendenze perentorie
infantili e tendenze che vanno nella direzione del rinvio, tentando di impedire gli impulsi,
ossia tra diversi modi di funzionamento dell’apparato mentale.
5. L’inconscio
Freud nella prima fase lo definisce come ciò che non è cosciente, in cui ogni atto psichico si
realizza secondo il processo primario, seguendo la logica che non tiene conto della negazione,
del dubbio, del riconoscimento della realtà, il preconscio invece è un’anticamera in cui gli
impulsi psichici giostrano come singole entità: ai confini tra inconscio e preconscio e preconscio
e conscio ci sono i sistemi di censura; nella seconda fase Inconscio, preconscio e conscio sono
diventati qualità, non esattamente corrispondenti a quelli della prima fase: per Freud certi
contenuti mentali diventano inconsci soprattutto in seguito a l meccanismo della rimozione che
tiene fuori dalla coscienza idee spiacevoli o non volute (inconscio rimosso).
Per Sandler:
l’inconscio passato è un costrutto che comprende tutti i desideri perentori, gli impulsi e le
modalità di risposta che si sono formate nei primi anni di vita e che possono avere un’origine
pulsionale; rappresenta il bambino nell’adulto, che vive in relazione con l’oggetto. Le modalità
di reazione e risposte contenute nell’inconscio passato sono inaccettabili per l’adulto e possono
trovare espressione solo in forme modificate o distorte. I suoi contenuti sono recuperabili solo
attraverso ricostruzioni.
l’inconscio presente agisce allo scopo di mantenere l’equilibrio nel presente e le sue fantasie
sono collegate a rappresentazioni della realtà attuale: considera l’inconscio passato come
qualcosa da cui difendersi. I suoi contenuti sono più facilmente accessibili.
Vi possono essere tuttavia resistenze a esporre le fantasie di questo sistema, resistenze
attribuibili alla seconda censura (tra preconscio e conscio), allo scopo di evitare sentimenti di
vergogna, imbarazzo e umiliazione.
6. Alcune riflessioni sul concetto di mondo rappresentazionale e la pratica clinica
Sandler sostiene che bisogna fare un uso più elastico delle teorie. Secondo Sandler pattern
delle relazioni infantili o dell0’infanzia possono essere attualizzati o agiti nelle relazioni adulte e
tutte le relazioni sono guidate dai bisogni individuali di esplorare la responsività di ruolo
dell’altro.
XII Capitolo. La personalità borderline: Otto Kernberg
1. La posizione teorica
Otto Kernberg si inserisce nel filone della “Psicologia dell’Io-relazioni oggettuali” : parte
dall’ipotesi che le pulsioni originano da una matrice indifferenziata, mantiene la visione
freudiana del modello tripartito e considera il sé come all’interno dell’Io.
Integra quindi la psicologia dell’Io con quella delle relazioni oggettuali.
Gli affetti giocano un ruolo fondamentale nello strutturarsi della vita psichica: sono
“strutture psicofisiologiche che svolgono la funzione innata di esprimere i bisogni
fondamentali”.
Il sistema motivazionale di base è costituito dagli affetti che spingono il bambino verso
l’oggetto. All’inizio della vita non c’è distinzione tra sé e oggetto, tra bambino e madre,
esistono solo due stati affettivi diversi, stati di soddisfazione e stati spiacevoli.
Per Kernberg le relazioni oggettuali sono fondamentali: l’Io e il Sé non esistono al di fuori
di una relazione con un oggetto. E’ nella relazione diadica madre-bambino che si strutturano
man mano le rappresentazioni del sé e dell’oggetto e le relazioni tra tali rappresentazioni.
Inizialmente è di rilievo la separazione tra immagine del sé e immagine dell’Altro: all’interno
della relazione madre-bambino il bambino deve giungere a un senso di sé separato da
quello dell’oggetto: se il processo fallisce si rischia in età adulta stati psicotici.
Le rappresentazioni delle relazioni del sé e dell’oggetto in interazione vengono internalizzate
con modalità differenti nel corso dello sviluppo:
• la prima forma di internalizzazione si chiama introiezione e consiste nella
internalizzazione di immagini di sé e dell’oggetto ancora scarsamente organizzate e
differenziate con una coloritura affettiva indifferenziata e non modulata
• poi vengono internalizzate immagini di sé e dell’oggetto maggiormente definite con una
coloritura affettiva più contenuta ma sempre scisse
• infine vengono internalizzati in modo integrato anche gli aspetti “buoni” e “cattivi” della
relazione con l’oggetto
Le esperienze affettive quindi catalizzano le due motivazioni di base, le pulsioni aggressive e
libidiche (per K. principi organizzatori della vita psichica): le esperienze piacevoli catalizzano i
movimenti pulsionali libidici, mentre quelle spiacevoli i movimenti pulsionali aggressivi.
Per K. anche l’aggressività risulta un aspetto fondamentale nello strutturarsi ed organizzarsi
della vita psichica.
2. Il concetto di organizzazione di personalità borderline
Kernberg ha coniato il termine organizzazione di personalità borderline per indicare quelle
persone che si collocano in un’area limite tra psicosi e nevrosi e che manifestano
un’organizzazione patologica specifica e stabile della personalità e che si caratterizzano per
alcuni aspetti specifici:
• tipiche costellazioni sintomatiche
• tipica costellazione di meccanismi di difesa dell’Io
• tipica patologia di relazioni oggettuali interiorizzate
• particolari tratti genetico-dinamici
2.1
La sindrome borderline: analisi descrittiva
I pazienti borderline presentano sintomi che potrebbero sembrare di tipo nevrotico, ma nessun
sintomo di quelli da lui rilevati è patognomico, la presenza di alcuni di essi associati tra loro
possono indurre ad una personalità borderline.
• Angoscia cronica, diffusa e vincolante
• Nevrosi polisintomatica:
o fobie multiple restrittive (inibizioni sociali e tendenze paranoidi)
o sintomi ossessivo-coatti
o sintomi di conversione multipli
o reazioni dissociative (fughe ed amnesie)
o ipocondrie
•
•
•
Tendenze sessuali perverse polimorfe: carente la capacità di instaurare relazioni
oggettuali costanti
Le strutture classiche della personalità psicotica:
o personalità paranoide
o personalità schizoide
o personalità ipomaniacale e ciclotimica
Nevrosi impulsiva e tossicomania.
2.2
La sindrome borderline: analisi strutturale
L’Io è una struttura complessiva che integra sottostrutture e funzioni.
L’organizzazione di personalità borderline si struttura in questo modo:
• manifestazioni non specifiche di debolezza dell’Io: non riescono a modulare gli affetti
per la debolezza dell’Io
• spostamento verso il pensiero primario: tendono a utilizzare un pensiero privo di
struttura
• meccanismi di difesa specifici: l’Io maturo fa una sintesi dei derivati libidici pulsionali e
aggressivi, ma se c’è mancanza di integrazione essa viene utilizzata in modo difensivo con
una scissione che consiste nel considerare tutti buoni o tutti cattivi oppure
nell’identificazione proiettiva
• patologia delle relazioni oggettuali interiorizzate: effetto della scissione è che
all’interno dell’Io permangono introiezioni completamente separate impedendo ai derivati
pulsionali libidici e aggressivi di compenetrarsi
Il paziente borderline non è in grado di valutare realisticamente l’altro e il suo
atteggiamento oscilla tra ipervalutazione o ipersvalutazione. Ha scarsa capacità empatica e
scarso interesse verso gli altri, con relazioni superficiali o dipendenti.
2.3
La sindrome borderline: comprensione psicodinamica
Secondo Kernberg i pazienti borderline superano la fase simbiotica ma si fissano alla fase di
separazione-individuazione: sono capaci di distinguere il sé dall’oggetto ma non sopportano
periodi di solitudine e temono di essere abbandonati dalle figure significative.
2.4
La sindrome borderline: critiche al modello psicodinamico
La prima critica è che kernberg definisce il disturbo come un disturbo evolutivo nella sottofase
di riavvicinamento
La seconda è che viene attribuita una costituzione di base troppo rabbiosa.
3. Il paziente narcisista
C’è stata una querelle tra Kernberg e Kohut sulla comprensione del disturbo narcisistico di
personalità.
Ma Kohut aveva un campione costituito da pazienti ambulatoriali mentre Kernberg aveva
pazienti più aggressivi e primitivi.
3.1
Il disturbo narcisistico di personalità secondo Kohut e Kernberg
Per Kohut le persone con disturbo narcisistico si sono arrestate a una fase in cui, per
mantenere il sé unito, hanno bisogno di costanti risposte dall’ambiente esterno e
avviene quando i genitori non hanno risuonato alle manifestazioni di esibizionismo del
bambino.
Parte quarta – La ricerca recente sul bambino
XIII Capitolo. La teoria dell’attaccamento: John Bowlby
Bowlby ha portato contributi con le sue ipotesi sull’attaccamento come primitivo sistema
motivazionale allo sviluppo.
1. Le premesse
Il lavoro di Bowlby si basa sulle osservazioni dirette sui bambini, prima e dopo la separazione
dalla madre: “nel bambino piccolo la fame dell’amore della presenza materna non è meno
grande della fame di cibo”.
2. L’attaccamento
Comportamento di attaccamento è quello che mostra una persona nel mantenere la prossimità
e vicinanza ad un’altra ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo più adeguato, che si
manifesta in quelle situazioni in cui la persona è spaventata e che si attenua invece quando si
ricevono delle cure. Ha una funzione biologica di protezione.
Sentire l’attaccamento significa sentirsi sicuri e protetti, mentre l’attaccamento insicuro ha
emozioni diverse nei confronti delle figure di attaccamento: amore, dipendenza, paura del
rifiuto, irritabilità, vigilanza.
Il comportamento di attaccamento è ogni forma di comportamento che appare in una persona
che riesce ad ottenere o a mantenere la vicinanza a un individuo preferito: è innescato dalla
separazione o dalla minaccia di separazione e viene mitigato dalla vicinanza.
Quando un bambino è angosciato cercherà la vicinanza della madre e se non c’è via via altre
persone vicine (gerarchie di preferenze).
Sistema dei comportamenti di attaccamento: esiste un’organizzazione psicologica interna con
caratteristiche specifiche che comprendono schemi di sé e della/e figure di attaccamento.
Per Bowlby il legame del bambino con la madre è il prodotto dell’attività di diversi sistemi
comportamentali.
La Ainsworth descrive 3 modelli di attaccamento mediante una procedura strutturata in cui si
osservano i comportamenti corrispondenti a 2 momenti di separazione e di successiva riunione
di un bambino di 12 mesi dalla madre in presenza di un estraneo in un ambiente estraneo
Strange situation
• Sicuro: il bambino mostra fiducia nella disponibilità del genitore
• Resistente: il bambino non è certo della disponibilità del genitore e mostra angoscia di
separazione e ha difficoltà di separarsi
• Evitamento: il bambino si aspetta di essere rifiutato seccamente e minimizza i suoi bisogni
per prevenire il rifiuto.
Modello operativo interno (IWM): il bambino in fase di sviluppo costruisce una serie di modelli
di se stesso e degli altri basati sui modelli ripetuti di esperienze interattive.
3. La psicopatologia
Bowlby ha cercato la connessione tra eventi cruciali della vita (es. perdita dei genitori) e
sintomi psichiatrici in bambini e adulti.
Secondo lui carenze qualitative dei genitori dovute a depressioni, mancanza di sensibilità, ecc.
possono causare disgregazioni che poi si traducono in disturbi psichiatrici secondo 3 modalità:
• rottura o disgregazione del legame di attaccamento è causa di disturbo
• internalizzazione di modelli di attaccamento precoce disturbati possono influenzare le
relazioni successive in modo da rendere la persona più esposta e vulnerabile
• percezione attuale di una persona delle proprie relazioni e l’uso che essa fa di queste può
renderla più o meno vulnerabile a crolli psicologici
4. La teorizzazione di Bowlby e la teoria psicanalitica classica
Il concetto di monotropia che attribuisce importanza primaria ad un unico legame deriva in
toto dalla teoria psicanalitica classica.
Ci sono due elementi di distinzione dalla teoria freudiana:
• la motivazione primaria non è rappresentata dalle pulsioni ma dall’attaccamento
• importanza data alla realtà, all’attualità della situazione più che alla fantasia
Il bambino non viene più considerato in un rapporto di dipendenza dalla madre ma in una
relazione di attaccamento ed acquista un ruolo attivo nell’instaurarsi della relazione.
Secondo Bowlby è un modello di costruzione continua che enfatizza la coerenza del senso del
sé, della propria storia personale e dei propri schemi di relazione: il bambino si costruisce delle
rappresentazioni interne che comprendono il sé e le figure di attaccamento che scaturiscono
dai pattern relazionali tra il bambino e le figure di attaccamentose il modello è positivo il
bambino sviluppa un modello del sé buono e meritevole di amore e di attenzioni.
Secondo Bowlby gli IWM si formano durante i primi 5 anni del bambino e funzionano
continuamente e in maniera automatica.
5. I contributi più recenti sulla teoria di attaccamento
Si delineano 3 principali fasi nello sviluppo dello studio dell’attaccamento:
1) La teorizzazione di Bowlby
2) Ricerca delle differenze nelle risposte di attaccamento dei bambini valutate con la strange
situation
3) Ricerca delle differenze individuali nell’organizzazione dell’attaccamento ed è definita
“passaggio al livello della rappresentazione”
La Ainsworth distingue un attaccamento sicuro da uno ansioso di tipo evitante e
resistente/ambivalente, in seguito la Main aggiunge un pattern definito disorganizzato, con
assenza di un modello definito.
Bowlby poi passa dal dato rappresentato dall’interazione direttamente osservabile al mondo
“interno”.
L’Adult Attachment Interview è lo strumento ideato per la valutazione dei modelli operativi
interni: intervista semistrutturata, somministrabile a partire dall’adolescenza, con domande
dirette sulle relazioni da bambino con le figure di attaccamento e l’influenza sui periodi
successivi.
Sono stati individuati 4 pattern di attaccamento adulto
• Gli individui autonomi sicuri (F come free) con un racconto coerente e fluido delle
esperienze di attaccamento
• Gli individui preoccupati o coinvolti (E come entangled) che riferiscono in maniera non
organizzata e coerente e arrabbiata, quadro non chiaro e sono ancora coinvolti
• Gli individui distanziati (D come dismissing): ricordo povero, descrizioni idealizzate dei
genitori
• Gli individui con lutti o traumi non risolti (U come unresolved).
Corrispondenza tra i modelli operativi interni e il tipo di attaccamento, corrispondenza
prevedibile anche prima della nascita del bambino, somministrando l’intervista alla madre in
gravidanza Idea della trasmissione e della continuità intergenerazionale dei modelli di
relazione di attaccamento.
La possibilità da parte del genitore di rispondere adeguatamente al bambino dipende dal tipo di
organizzazione interna del suo pattern di attaccamento.
L’assenza della capacità meta cognitiva, ossia l’incapacità da parte del genitore di pensare ai
pensieri del bambino lo rende vulnerabile alla variabilità del comportamento dell’adulto.
Si è tentato di cerare scale per valutare le differenze individuali nelle capacità meta cognitive
dell’adulto. La funzione riflessiva del sé (SRF) che è connessa al concetto di mentalizzazione e
si riferisce alla capacità di pensare ai propri stati mentali e a quelli degli altri sembra
rappresentare la chiave di interpretazione della trasmissione intergenerazionale dei pattern di
attaccamento.
XIV Capitolo. Il punto di vista evolutivo: Stanley Greenspan
Greenspan ha cercato di integrare le teorie psicanalitiche con le conoscenze provenienti dalle
psicologia evolutiva e generale e si serve di dati derivati da ricerche svolte sia con bambini
normali che appartenenti a famiglie multi rischio.
1. La cornice teorica di riferimento
Ha cercato di unificare la teoria psicanalitica di Freud con la teoria dello sviluppo cognitivo di
Piaget per la costruzione di un sistema psicanalitico che le comprenda entrambe.
Individua tre criteri quali condizioni necessarie per un’integrazione:
• compatibilità degli assunti di base delle due teorie
• possibilità di un rimaneggiamento teorico che conduca ad un sistema integrato
• devono essere tenute in considerazione tutte le variabili
Greenspan attinge da autori che guardano alle relazioni dell’Io con l’ambiente in termini di
capacità di sintesi e di integrazione e sono interessati alla costruzione di un modello cognitivo
psicanalitico.
Scopo di Greenspan è applicare il modello piagetiano non solo allo sviluppo della struttura Io in
rapporto all’ambiente fisico, non umano, ma anche alla relazione tra Es, Io e super-Io.
La mente umana all’inizio non è una tabula rasa, l’apprendimento avviene attraverso
l’esperienza e risente di 3 ordini di fattori:
• un potenziale innato
• una sequenza maturazionale dello sviluppo
• un modello interazionale della relazione tra Io sviluppo dell’Io e l’ambiente nel processo di
costruzione della struttura
2. Il modello strutturale
Il modello di Greenspan nasce dall’osservazione che nella diagnosi e nel trattamento dei
disturbi nell’infanzia si tiene in considerazione i vari aspetti dello sviluppo lungo un continuum
che va dalla nascita all’infanzia all’età adulta.
Esistono variabili di ordine costituzionale e maturazionale e variabili di ordine ambientale in
senso lato che interagiscono tra loro nel determinare lo sviluppo del bambino.
Il concetto di livelli di organizzazione della personalità poggia su tre assunti:
la capacità di organizzare l’esperienza è presenta fin dalla nascita e con l’esperienza e lo
sviluppo aumenta la complessità di tale organizzazione
per ciascuna fase di sviluppo esistono certi tipi caratteristici di esperienza che agiscono sulla
struttura rappresentata dal livello organizzativo stesso
i bambini mostrano fin dalla nascita differenze individuali legate al successivo sviluppo di certe
capacità di coping.
Greenspan ipotizza 6 livelli di sviluppo ciascuno dei quali viene considerato sulla base di 3
parametri:
• organizzazione sensoriale
• organizzazione tematico-affettiva
• il “tipo di sé”
Lo sviluppo avviene lungo i 6 stadi evolutivo ognuno avente un suo obiettivo per la costruzione
di un’architettura della mente: ogni livello propone al bambino differenti compiti e obiettivi. Le
variabili non hanno lo stesso effetto in qualunque momento dello sviluppo esse intervengono
ma il loro effetto dipende dal livello di sviluppo.
3. La descrizione dei 6 stadi
Per ogni livello di sviluppo Greenspan si sofferma sui 3 aspetti:
livello organizzativo stesso
il modo in cui l’ambiente facilita
il tipo di sé
3.1
Primo livello: organizzazione delle sensazioni (0-3 mesi)
L’Io: capacità di regolare le sensazioni che provengono da diversi canali sensoriali e dai 5 sensi
ed anche dal canale motorio. Il bambino nasce con un sistema nervoso già capace di
funzionare ma ancora immaturo. In questa prima fase i maggiori obiettivi sono
l’autoregolazione e l’interesse al mondo.
L’esperienza sensoriale, modulata dall’autoregolazione, varia da soggetto a soggetto.
Esistono 3 tipi:
• tipo ipersensibile
• tipo iposensibile
• tipo né ipersensibile né iposensibile
Poi esistono soggetti che hanno gravi difficoltà di regolazione, problemi di comunicazione e
difficoltà di elaborazione.
Il sé: è caratterizzato da una globale vitalità che gli permette di rispondere all’ambiente in
maniera completa e globale piuttosto che differenziata.
3.2
Secondo livello: attaccamento, capacità di coinvolgersi e di relazionarsi (2-4
mesi)
Capacità di intraprendere, stabilire e mantenere relazioni intime.
L’Io: l’organizzazione dell’Io è caratterizzata da una relativa mancanza di differenziazione tra il
sé e l’oggetto. Le funzioni dell’Io sono la ricerca dell’oggetto, l’elaborazione dei derivativi
origine pulsionale, il ritiro dall’oggetto, il suo rifiuto o l’evitamento.
In condizioni ottimali il bambino funziona per raggiungere un’iterazione piacevole con chi si
prende cura di lui. Egli inizia a coinvolgersi e a relazionarsi agli altri.
Il sé: è un sé relazionale che inizia a definirsi sempre più attraverso e per mezzo del senso di
relaziona con un’altra persona.
3.3
Terzo livello: differenziazione somatopsichica - comunicazione intenzionale (48 mesi)
L’Io: il raggiungimento della capacità di coinvolgersi e relazionarsi con l’altro: in questo stadio
l’organizzazione, la differenziazione, l’integrazione dell’Io sono caratterizzate dalla
differenziazione di parti di sé e dell’oggetto in termini di comportamento e di schemi affettivi.
L’Io è l’Io che fa piuttosto che un’io astratto: compare l’intenzionalità, cioè lo scambio
volontario dei segnali. Il bambino agisce in maniera intenzionale e deliberata alla risposta del
genitore: cerchio comunicativo caratterizzato da un’apertura (la richiesta del bambino) e da
una chiusura (la risposta del genitore)dialogo.
Il sé: è un sé intenzionale e c’è un importante cambiamento nel sistema nervoso (nuove vie
cerebrali). Il bambino inizia a percepirsi come entità distinta e il sé inizia a precisare i suoi
confini e i suoi limiti.
3.4
Quarto livello: stadio dell’organizzazione comportamentale, dell’iniziativa e
dell’interazione (9-18 mesi)
L’Io: l’Io si arricchisce della comunicazione presimbolica: esistenza di una relazione sé-oggetto
integrata e differenziata a livello concettuale. Mobilità nello spazio, astrazioni delle proprietà
del sé-oggetto e integrazione delle polarità pulsionali affettive.
Il bambino pone in sequenza diverse unità del tipo causa-effetto per formare una catena
organizzata, es. si allunga a prendere la mano della mamma, indica il cino desiderato, ecc., le
gestualità e motricità sono divenute più complesse.
Il sé:il sé fatto di isolotti distinti inizia ad unirsi, contribuendo alla costituzione di un’esperienza
unica e non più fatta di sensazioni frammentate: coerenza ed unitarietà del senso di s. Il senso
di sé è costituito adesso di parti unificate sempre più grandi anche se con una certa distanza
ancora tra di loro.
In questo periodo il bambino imita le persone a cui vuole bene e ciò permette l’apprendimento.
Questa fase risulta fondamentale per la costruzione del carattere: i dettagli e egli elementi
vanno ad arricchire la mappa del sé. La coscienza raggiunge una maggiore consapevolezza dei
sentimenti, dei comportamenti e delle azioni sia personali che dell’altro.
3.5
Quinto livello: immagini, idee e simboli, elaborazione delle rappresentazioni,
capacità rappresentazionale (1 anno e ½ - 3 anni)
Il bambino inizia ad utilizzare non solo il comportamento ma anche le idee.
L’Io: esistenza di una relazione se-oggetto caratterizzata dalla rappresentazionalità. Inizia ad
astrarre il significato funzionale degli oggetti e poi alla costruzione di rappresentazioni mentali
di oggetti umani e non umani.
La rappresentazione mentale dell’oggetto ha la qualità della multisensorialità e comprende la
costruzione di un oggetto intero e globale.
L’organizzazione dell’Io è caratterizzata dalla capacità di elevare l’esperienza al livello della
rappresentazione.
Anche a livello affettivo il bambino si organizza al livello di significati, esprime il sentimento
attraverso la parola, o agendo attraverso il gioco di finzione. Il gioco diventa via via più
complesso.
Greenspan suddivide lo stadio in tre sottolivelli:
1) Uso descrittivo della modalità rappresnetazionale degli oggetti
2) Uso interattivo della modalità simbolica
3) Elaborazione rappresentazionale delle interazioni tematico-affettive
Il sé: il bambino va verso la consapevolezza alla cui base si situa il sé simbolico che opera in
un universo di pensiero e di significati.
3.6
Sesto livello: differenziazione rappresentazionale (2-4 anni)
Il bambino inizia a costruire ponti tra un’idea e l’altra, organizzando ed arricchendo il suo
mondo interno.
L’Io: il bambino inizia a costruire un suo sempre più complesso mondo interiore, un processo
che continua tutta la vita. Si sviluppano sia l’elaborazione che la differenziazione delle
rappresentazioni e ciò contribuisce alla formazione di funzioni di base dell’Io quali esame della
realtà, controllo degli impulsi e concentrazione, ecc. Funzioni necessarie per un adeguato
funzionamento cognitivo e per la salute mentale.
Il sé: il sé pensante o riflessivo di questo livello di sviluppo è articolato e definito: gli isolotti
prima scollegati formano adesso una rete sempre più fitta e più ricca.
3.7
Livelli e processi
I sei livelli possono essere raggruppati e sintetizzati in quattro processi essenziali:
1) Coinvolgimento e attenzione condivisa: il bambino impara a guardare, ascoltare, a
provare piacere e conforto (2-4 mesi)
2) Comunicazione a due vie: il bambino passa ad uno stadio di interazione causa-effetto,
dialogo di tipo comportamentale e interazione di natura emozionale con il genitore (4-8
mesi)
3) Condivisione di significati: il bambino utilizza la rappresentazione (simboli e idee) per
comprendere il mondo (18-24 mesi)
4) Pensiero emozionale: il bambino apprende a categorizzare le unità di pensiero o le idee
in diverse configurazioni utilizzando la dimensione temporale o spaziale (2 anni e mezzo-4
anni).
I sei livelli spiegano il modo in cui l’Io cresce e sviluppa la sua capacità di organizzare
l’esperienza. Dopo il sesto livello le nuove esperienze vengono organizzate e ed elaborate sulla
base di modalità rappresentazionali.
4. La psicopatologia
Il modello evolutivo strutturale deriva non solo dal lavoro clinico e di ricerca su soggetti
normali ma anche dall’attività su soggetti patologici.
Secondo il modello per comprendere le origini di un disturbo è necessario analizzare in che
modo i fattori costituzionali ed esperienziali interagiscono nel determinare la formazione di
strutture di tipo patologico e difensivo (già Freud aveva cercato di integrare biologia ed
esperienza). Come rilevato da numerose osservazioni esiste dalla nascita un’ampia gamma di
differenze individuali circa il modo di far fronte all’esperienza: ad una medesima forma di
stimolazione alcuni hanno piacere altri no.
Greenspan fa l’ipotesi che i disturbi del pensiero e della regolazione degli affetti scaturiscano
da difficoltà di elaborazione di tipi differenti di stimolazioni sensoriali: input di tipo prossimali i
primi (tutti gli stimoli del canale uditivo), di tipo distale i secondi (del canale visivo) combinati
ad un ambiente che opera secondo modalità confuse.
Il modello di Greenspan consente di comprendere le interconnessioni tra fattori costituzionali
ed ambientali che contribuiscono alla crescita e alla strutturazione dell’Io. Ipotizza la possibilità
dell’evolversi di alcuni quadri psicopatologici come la schizofrenia e la psicosi maniacodepressiva di cui fornisce un modello di comprensione e interpretazione.
L’influenza reciproca tra l’esperienza adeguata all’età e la maturazione del sistema nervoso
centrale influenza le capacità organizzazionali in ciascuna fase dello sviluppo.
Ciascun livello spiega lo sviluppo dell’organizzazione psicologica dell’individuo sia dal punto di
vista normale che per le eventuali distorsioni che possono verificarsi in ogni momento e quindi
ad ogni livello di organizzazione della personalità.
5. Conclusioni
Greenspan propone un modello integrato che raccoglie diverse linee di sviluppo e differenze
individuali focalizzandosi sul concetto di esperienza emotiva.
Evidenzia il modo in cui le caratteristiche fisiche e biologiche, le basi interattive o i primi
schemi relazionali si organizzano lungo sei livelli progressivi di sviluppo dell’Io
nell’organizzazione, nella percezione, elaborazione, differenziazione, integrazione e
trasformazione
dell’esperienza.
XV Capitolo. Il modello di sviluppo in psicanalisi: Daniel Stern
Gli studi di Sander hanno aperto la strada all’idea che il comportamento umano possa essere
spiegato con il concetto di stato affettivo che comprende l’idea di coerenza
dell’organizzazione ed è un concetto ponte tra interno ed esterno. Il fluire degli stati interni è
soggetto infatti all’influenza esterna così da poter essere modificato se l’intervento di un
caregiver è coerente e parallelo alla direzione dello stato di cambiamento del bambino.
In quest’ottica la costruzione dell’esperienza interna è legata al riconoscimento di sé come
capaci di risperimentare gli stati affettivi come familiari assumendo la funzione di veicolo per
segnalare un sentimento di condivisione e reciprocità.
Il bambino non è un recettore passivo ma è in grado di influenzare il contesto circostante.
1. La critica al concetto di “narcisismo primario”
Il modello di sviluppo infantile di D. Stern si colloca all’interno della corrente che si chiama
“Infant Research”, un’area di ricerca al confine tra psicanalisi e psicologia evolutiva.
Stern sostiene la necessità di superare il punto di vista patomorfo e retrospettivo della
psicanalisi classica per esplorare le origini, lo sviluppo e il processo di formazione delle
strutture psichiche a partire dai dati di ricerca.
Critica il concetto di narcisismo primario e contesta il postulato di uno sviluppo per fasi e tappe
successive che implica una possibilità di fissazione o regressione, ritenuto poco adeguato a
spiegare uno sviluppo.
Non trascura l’importanza dei problemi legati all’oralità, la simbiosi o l’autonomia per la
comprensione della psicopatologia.
L’analisi di Stern si muove su due livelli paralleli:
• critica la concettualizzazione della Mahler riguardo la simbiosi e l’autismo
• propone un modello che sostiene la precoce capacità del bambino di sperimentare
l’emergere di un organizzazione del sé fin dai primi mesi
E’ un bambino attivamente impegnato nella ricerca di stimoli con predisposizione all’interazione
sociale. Non esiste uno stato di indifferenziazione o di confusione tra sé e l’altro.
2. Il modello di costruzione continua dello sviluppo
Stern riconosce l’importanza dei cambiamenti dei primi 2 anni di vita e concepisce lo sviluppo
come una sequenza epigenetica di compiti adattivi che emergono con la maturazione delle
capacità fisiche e mentali del bambino.
Modello di costruzione continua dello sviluppo: esiste una sequenza evolutiva che delinea una
successione di cambiamenti biocomportamentali che si individuano come periodi distinti in cui
le caratteristiche biologiche, cognitive, affettive e sociali si riorganizzano sulla base di un nuovo
livello organizzativo in conseguenza del quale emergono capacità qualitativamente nuove e di
maggiore complessità.
E’ una progressione di compiti evolutivi che la coppia madre-bambino deve risolvere in
maniera congiunta e reciproca per conseguire l’adattamento.
Il significato evolutivo delle fasi viene determinato dalla qualità del processo di negoziazione e
di regolazione reciproca tra madre e bambino necessario a mantenere una continuità di
organizzazione al livello successivo di complessità.
Il bambino viene considerato fin dalla nascita come parte di un sistema internazionale. In base
alle ricerche il bambino è attivo, sospinto da sistemi motivazionali differenziati, dotato di
capacità complesse per l’interazione e la regolazione e predisposto biologicamente fin dalla
nascita ad interagire con il mondo sociale.
C’è una forte inclinazione relazionale: il vero oggetto di studio è il sistema dinamico di
relazione madre-bambino.
La partecipazione attiva all’interazione reciproca è resa possibile dal bagaglio comportamentale
che madre e bambino mettono in gioco per costruire la loro particolare relazione a partire dal
repertorio di comportamenti comunicativi di cui entrambi dispongono.
I comportamenti interattivi regolano i livelli ottimali di stimolazione di cui il bambino ha
bisogno e permettono al bambino di organizzare l’esperienza sula base dell’identificazione di
costanti che Stern definisce isole di coerenza necessarie alla definizione di sé e dell’altro.
Nel bambino l’identificazione dei caratteri invarianti dell’esperienza conduce ad una
categorizzazione progressiva dell’esperienza la quale porta alla formazione di prototipi che si
possono definire momenti R (rappresentazioni di esperienza) mentalmente costruiti.
Uno specifico momento interattivo vissuto, momento V, viene codificato in memoria per
formare il ricordo di un episodio specifico, cioè un momento M.
Il bambino crescendo acquisisce un repertorio sempre più ampio di ricordi interiorizzati e la
capacità di organizzarli in astrazioni e modelli prototipici che non coincidono necessariamente
con la somma dei ricordi esperienziali.
Via via che i bambini accedono ad un livello più complesso dell’organizzazione simbolica
acquistano una maggiore abilità nel risolvere i problemi nei vari sistemi motivazionali.
Il risultato è che la rappresentazione simbolica assicura sia una maggiore possibilità di
trasformazione sia l’instaurarsi di un senso di continuità.
3. Lo sviluppo dei sensi del sé
Il senso del sé vien visto da Stern come un’esperienza oggettiva organizzante, è ciò che dà
coerenza e continuità all’esperienza dell’individuo, integrando percezioni e affetti, sistemi
motivazionali e rappresentazioni.
Ognuno dei sensi del sé emerge in congiunzione con le nuove capacità che accompagnano i
cambiamenti dello sviluppo infantile precoce. Non sono stadi o fasi che si susseguono ma
operano continuamente e simultaneamente rappresentando forme diverse e specifiche di fare
esperienza di sé e delle relazioni interpersonali.
All’emergere dei diversi sensi del sé si accompagna la comparsa progressiva di nuovi campi di
relazione cioè modalità nuove di sperimentare le esperienze interpersonali.
Stern quindi propone che i bambini sperimentino diversi sensi del sé relativamente distinti
della tabella:
SENSO DEL SE’
EMERGENTE
NUCLEARE
SOGGETTIVO
VERBALE
NARRATIVO
ETA’
0-2 MESI
2-6 MESI
7-15 MESI
15-18 MESI
3-4 ANNI
Il senso del sé emergente: nei primi 2 mesi di vita il bambino inizia a stabilire le connessioni
che gli consentono di sperimentare il precoce processo di integrazione
Il senso del sé nucleare: tra i 2 e i 6 mesi le integrazioni iniziali si consolidano e sperimenta un
senso organizzato del sé, il periodo è impegnato in una serie di interazioni sociali, compare il
sorriso sociale (Spitz), la capacità di mantenere lo sguardo e la madre risponde con
comportamenti corrispondenti al bambino (accentuata espressività). E’ ancora al di fuori della
consapevolezza, ma si percepisce come un’entità fisica unitaria dotata di volontà e vita
affettiva propria e percepisce se stesso come l’autore delle azioni. Anche l’esperienza affettiva
assume caratteristiche di costanza.
Il senso del sé soggettivo: tra i 7 e i 9 mesi c’è un salto maturazionale, il bambino entra nel
campo di relazione intersoggettiva e sperimenta un nuovo senso del sé costruito a partire dalle
nuove capacità di condividere l’attenzione, le intenzioni e gli stati affettivi di un altro. Puntare il
dito, espressioni proto linguistiche, utilizza l’espressione affettiva della madre. Viene percepito
un proprio contenuto mentale e riconosciuto un contenuto mentale dell’altro: distinzione tra sé
e l’altro. La sintonizzazione affettiva è significativa per l’empatia, il rispecchiamento, ecc. La
corrispondenza interattiva si colloca negli stati interni.
Il senso del sé verbale: verso la metà del secondo anno di vita c’è una nuova trasformazione, il
bambino comincia a essere consapevole di sé in modo autoriflessivo, si riconosce allo specchio,
parla con pronomi per riferirsi a sé, inizia a usare il linguaggio comunicativo e simbolico, entra
nel campo della relazione verbale, sperimenta un nuovo modo di relazione con gli altri.
Il senso del sé narrativo: verso il terzo-quarto anno di vita arriva a costruire una narrazione
della propria storia.
4. La psicopatologia
Stern fonda la sua teoria della psicopatologia sul modello di sviluppo che si avvale di una
prospettiva relazionale fondata sulle competenze interattive della coppia madre-bambino.
L’indagine psicanalitica privilegia l’esperienza intrapsichica risultante interiorizzata dei modelli
di relazione costituiti a partire dalle esperienze interattive, al contrario della classica che
privilegia i processi fantasmatici. E’ a livello delle interazioni e regolazioni intrinseche alla
coppia madre-bambino che va indagata la funzionalità o la patologia della relazione.
Sono importanti la sincronia, la sintonia, la reciprocità di entrambi, la capacità della coppia di
stabilire e mantenere un livello di stimolazione ottimale. Stern concepisce il bambino come
attivo e guarda alle interazioni della diade a cui entrambi contribuiscono. I difetti continui e
prolungati della regolazione possono costituire la base della patologia.
Il tipo di interazione e regolazione diadica può essere influenzata da caratteristiche materne
(depressione) o da rappresentazioni mentali del bambino, può stabilizzarsi e divenire un
modello relazionale interno del bambino.
Schema di “essere con”: madre depressa (rallentamento psicomotorio, melanconia, angoscia)
micro depressione (imitazione, identificazione perdita di affetti positivi).
Stern concepisce quindi la psicopatologia come un’accumulazione di modelli lungo una serie
continua.
5. Passato e presente
XVI Capitolo. La teoria multi motivazionale: Joseph D. Lichtenberg
L’area motivazionale si è sempre più spostata dal dominio delle pulsioni e dei desideri infantili
a quello dei bisogni. Oggi la teoria motivazionale è articolata in teorie in competizione:
• la teoria no-drive ossia il punto di vista ermeneutico,
• la teoria one-drive la psicologia del sè,
• la teoria two-drive il punto di vista relazionionale
• la teoria multi-drive legata al punto di vista della neuropsicologia dell’Io.
La teoria della motivazione freudiana enfatizzava il ruolo delle pulsioni: l’autoregolazione dei
bisogni veniva gestita tramite appagamento della pulsione ed erano importanti il tema del
bisogno di cibo e la fine della tensione e non quello dello scambio affettivo, ma mostrava i suoi
limiti quando bisognava dare spiegazione dei legami tra gli individui.
Klein elaborò una spiegazione complessa dell'esperienza umana come lotta tra aggressività e
invidia verso le persone che sono importanti e dall'altro lato un senso di amore e gratitudine
unita al desiderio di salvarli dall’altro.
Winnicott pose l'accento su una serie di bisogni di sviluppo.
Fairbairn concepì la motivazione centrale dell'esperienza umana in termini di ricerca in
mantenimento di un legame emotivo intenso con un’altra persona: è primario il contatto non il
piacere.
Bowlby, con il concetto di attaccamento, concepisce la motivazione centrale dello sviluppo
umano nel bisogno di legami affettivi, considerando i bisogni di sicurezza e di protezione.
Kohut descrive il Sé come una struttura bipolare prodotta dalla tensione tra bisogno di
riconoscimento e bisogno di identificazione.
Per la psicologia classica l’esperienza umana veniva descritta come una lotta tra le richieste
delle pulsioni che hanno sede del corpo e sono asociali e le esigenze della realtà sociale.
Nei modelli relazionali l'organismo umano viene inteso come intrinsecamente sociale, inserito
in una matrice di relazioni e lo sviluppo del senso di sé è visto come un processo complesso.
1. Perché abbiamo bisogno di una nuova teoria della motivazione ?
La motivazione è un processo interno di un individuo che stimola un individuo all’azione e che
termina con il raggiungimento di una ricompensa.
Robert Emde delinea un modello evolutivo in cui gli affetti occupano il ruolo centrale di
organizzatori della vita psichica e propone una multi-drive theory. Considera gli affetti in modo
innovativo rispetto alla precedente tradizione psicanalitica: è importante la disponibilità
emotiva della madre che dovrebbe garantire al bambino l'esperienza di condivisione degli
affetti nonché la continuità di tale esperienza.
I fattori motivazionali primari, gli affetti, presenti fin dalla nascita, sono aspetti della
regolazione evolutiva e costituiscono i processi che danno continuità alla nostra esperienza.
Ciò implica una forte componente di predisposizione biologica; il bambino nasce con dei
programmi di sviluppo che si esplicano attraverso dei principi motivazionali di base:
• l'attività: è la prima motivazione di base, consiste nel bisogno di esercitare i sistemi
sensomotori e comporta un incremento dell'organizzazione e una comprensione del mondo
indipendentemente dall’apprendimento
• l'autoregolazione: è la seconda motivazione di base, riguarda l’autoregolazione, vale a
dire le tendenze all’autoaggiustamento
• la predisposizione alla socializzazione: è la terza motivazione di base, che mette in
evidenza la propensione dell’individuo fin dalla nascita a partecipare alle interazioni umane
• il monitoraggio affettivo: è la quarta motivazione di base, consiste nella propensione ad
organizzare l’esperienza in base al criterio della piacevolezza-spiacevolezza
2. La proposta di Lichtenberg per una nuova teoria della motivazione
La proposta di Lichtenberg ha come obiettivo quello di ampliare la comprensione della
motivazione proponendo una teoria della motivazione strutturata che integri le nuove
conoscenze con la tradizione psicanalitica.
Lichtenberg riconosce il valore delle forze motivazionali (pulsioni), ma crea un sistema
motivazionale basato sui bisogni di base e sul concetto di sé come centro di avvio,
organizzazione e integrazione delle motivazioni.
Ogni sistema è costruito intorno a un bisogno di base di natura biofisiologica. Le motivazioni
hanno origine solo dall’esperienza vissuta. Ciascun sistema motivazionale è basato su
comportamenti chiaramente osservabili, modalità di esperienza la cui organizzazione può
essere valutata sia separatamente per ogni sistema che nel rapporto dinamico dei sistemi,
sono processi continuamente in moto e in collegamento tra loro.
Tali processi possono includere contemporaneamente sia la “differenziazione” cioè un
crescente numero di pattern organizzati per l’esperienza e l’espressione emozionale, sia
“l’integrazione” cioè un crescente aumento del controllo e regolazione di questi pattern.
I 5 sistemi motivazionali sono:
• Sistema motivazionale della regolazione psichica delle richieste fisiologiche: la
combinazione tra il funzionamento preprogrammato dello stato del bambino e delle risposte
organizzative del caregiver crea un sistema di sensibilità mutualmente regolantesi. Ad ogni
stato sono associati gli affetti positivi o negativi. Quando il bambino e il caregiver
raggiungono un buon accordo l’esperienza vissuta sarà quella di una buona regolazione
fisiologica. La fiducia del bambino nel risultato atteso conduce a una maggiore flessibilità
della risposta.
• Sistema motivazionale di attaccamento-affiliazione: la richiesta di responsività del
bambino è un bisogno a la recettività di tale bisogno e la prontezza con cui il caregiver
risponde è un indice del sistema motivazionale di attaccamento del genitore. Il modello di
attaccamento che caratterizza la coppia madre-bambino è una mutua regolazione che ha
origine dall’attivazione di motivazioni e funzioni rilevanti di ambedue.
I bambini hanno un’informazione sul proprio stato affettivo che viene costantemente
localizzato all’interno del sé ma l’esperienza non è solo di fusione, ma di un altro regolatore
dl sé. I bambini sperimentano l’attaccamento come un essere con che implica il
riconoscimento di uno stato affettivo reciproco del sé e dell’altro.
• Sistema motivazionale esplorativo-assertivo: il bambino sperimenta se stesso come
colui che ha dato inizio a un effetto prevedibile. L’organizzazione dell’esplorazione e
dell’assertività è basata su momenti in cui i bambini possono auto organizzarsi uno “spazio
aperto” (Winnicott: la capacità di essere soli alla presenza dell’altro). Una volta definito e
riconosciuto attraverso la memoria, il bambino si darà da fare per ripetere e sperimentare
uno specifico stato considerato come desiderato e riconoscere la capacità di stabilire una
corrispondenza comunica un senso di competenza e di piacere.
• Sistema motivazionale avversivo: secondo Lichtenberg i comportamenti aggressivi si
dividono in 2 categorie:
o antagonismo: disagio espresso attraverso il pianto, la rabbia e il disgusto
o ritiro: paura, vergogna e bassa adattabilità
Le risposte avversive segnalano al caregiver la necessità di eliminare le cause della
sofferenza, di offrire consolazione.
• Sistema motivazionale sensuale-sessuale: è costruito intorno ai bisogni e desideri per
il conseguimento di due differenti ma correlati stati affettivi: piacere sensuale e eccitazione
sessuale. Ritiene che il piacere sensuale e l’eccitazione siano il risultato di un programma
innato che diventa un evento regolare nella normale esperienza quotidiana come esito dei
circuiti di feedback cistiti da parti del corpo a attività della figura di attaccamento.
3. Principi di sviluppo dei sistemi motivazionali e loro modificazioni in relazione alla
crescita
Lichtenberg enfatizza il tema della differenziazione come una questione cruciale per l’esistenza
di molteplici motivazioni. Presuppone un sé emergente in grado di sperimentare in modo
differenziale un momento dominato dal bisogno. Posiziona gli affetti al centro del
funzionamento psichico e li integra con ciascuno dei sistemi motivazionali perché forniscono
significati primari di identificazione momento per momento, dei livelli della dominanza
motivazionale.
I vari sistemi motivazionali possono essere intesi come modalità dell’esperienza nella quale
mutevoli e fluttuanti combinazioni di motivazioni dominano consciamente e inconsciamente
pensieri, sentimenti e azioni. In ogni periodo della vita le necessità, i desideri e gli obiettivi
possono essere risistemati in differenti gerarchie indicate da differenti scelte, preferenze,
tendenze.
Il sé si sviluppa come un centro indipendente per iniziare, organizzare e integrare la
motivazione. Il senso del sé cresce a sua volta tramite questo esperire che può estrinsecarsi
secondo una modalità sia attiva che passiva.
La prospettiva evolutiva ha una base neurobiologica che assicura la sopravvivenza, poi vi sono
gli schemi elementari appresi che a loro volta si sviluppano in programmi di crescente
complessità (intenzione e pianificazione).
Il modello evolutivo è sincronico: tutti questi livelli persistono durante tutto l’arco della vita
sebbene lo sviluppo maturativo può enfatizzare questo o quel sistema; in particolari
circostanze ad esempio un sistema può essere dominante o ci può essere tensione tra sistemi.
Questi avvicendamenti nella dominanza dei sistemi sono quelli che avvengono perentoriamente
alle varie età della vita imponendosi sugli altri creando un riassetto.
Lichtenberg considera lo sviluppo come l’evoluzione di un sistema complesso interazionale che
costantemente cambia, integra, trasforma a si sposta verso livelli organizzativi più complessi.
4. La psicopatologia
Lichtenberg integra una concettualizzazione dei sistemi motivazionali con le riformulazioni della
psicologia del sé e con teorie sull’intersoggettività: il sé come fulcro per l’esperienza e la
motivazione e la teoria dei bisogni di base.
Se i bisogni di base non sono soddisfatti la persona sperimenta un senso di coesione disturbata
cha va dall’attacco di panico a inquietudine.
I desideri invece sono motivazioni multiformi che possono o non coincidere con i bisogni.
Il funzionamento o la patologia di una relazione possono essere interpretabili e fondati su un
mutuo sistema di regolazione dell’interazione.
Gli ostacoli da affrontare sono due:
• valutare cosa costituisca l’organizzazione separata di ogni sistema
• valutare il rapporto dinamico tra i sistemi, parametro fondamentale per la comprensione
introspettiva ed empatica dell’esperienza.
Una disturbata regolazione fisiologica di un bisogno implica elementi di mancata soddisfazione
delle motivazioni di attaccamento e potrebbe determinare un ridotto senso di efficacia e
mettere in atto un eccessivo ricorso all’antagonismo e alla paura. La tensione derivante si
allargherebbe alle esperienze di sfondo amplificando persistenti modelli di disorganizzazione e
disturbo.
I passaggi da uno stato affettivo all’altro verrebbero a mancare di ritmo e coerenza.
Con l’avvento della rappresentazione simbolica i bambini hanno a disposizione complesse
funzioni cognitive che la psicanalisi chiama meccanismi di difesa che contribuiscono alla
flessibilità dei sistemi motivazionali.
Il processo psicoterapeutico implica il recupero di prototipi di emozioni negative più specifici di
quelle positive.
Le scene modello fanno riferimento a esperienze normali o patologiche nell’ifanzia e sono in
grado di trasmettere il senso delle motivazioni e delle relazioni di un individuo adulto.
Focalizzano e danno continuità alle rappresentazioni delle esperienze che si verificano durante
l’infanzia, la fanciullezza, l’adolescenza e la vita adulta.
Le scene modello si riferiscono a 3 costrutti:
• le concezioni legate alle fantasie inconsce o opinioni o credenze
• le concezioni che il paziente e l’analista costruiscono insieme
• i costrutti che derivano dalle esperienze evolutive osservate dai teorici e dai ricercatori
Il compito dell’analista è quello di porsi in diretto confronto con i dilemmi di comprensione delle
esperienze, dei significati e delle motivazioni del paziente “momento per momento” alo scopo
di costruire nuove scene modello che possano favorire un’ulteriore esplorazione di esperienze e
motivazioni che sono fondamentali nel processo di cambiamento terapeutico.
5. Conclusioni
Per Lichtenberg i fenomeni vengono considerati come elementi di una matrice di sistemi
complessi in continua interazione tra loro.