cinema - Anica

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cinema - Anica
CINEMA
22 luglio 2015
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INDICE
CINEMA
22/07/2015 Il Sole 24 Ore Dossier
Sale cinematografiche e donazioni per l'arte trovano gli incentivi
5
22/07/2015 La Repubblica - Bologna
Spot, trailer, sgravi fiscali in aiuto delle sale "indie"
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22/07/2015 QN - Il Resto del Carlino - Nazionale
Cinema: operazione aiuti alle sale
7
22/07/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Emma Thompson: «Il maschilismo c'è e non diminuisce»
8
22/07/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Asia Argento: da quando non recito mi sento felice
10
22/07/2015 Corriere della Sera - Roma
Argento, mito «Stracult»
11
22/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Tom Felton: "Dopo Harry Potter incontro Gesù"
13
22/07/2015 La Repubblica - Napoli
Pappi Corsicato e il cinema "Chi aiuta i nostri talenti?"
14
22/07/2015 La Stampa - Nazionale
Bellocchio, Messina e Guadagnino Tre italiani in corsa per Venezia
16
22/07/2015 La Stampa - Nazionale
La Mostra consacra "I mostri" e arriva "Amarcord" restaurato
17
22/07/2015 Avvenire - Nazionale
Il cinema s'ispira alla Rete per denunciare il cyberbullismo
18
21/07/2015 Il Gazzettino - Rovigo
Il Leone d'oro Tavernier sceglie La Lupa
19
22/07/2015 Il Manifesto - Nazionale
Made in Apatow, la factory della risata
20
22/07/2015 Libero - Nazionale
I GRANDI FILM A PUNTATE
23
22/07/2015 Libero - Nazionale
Tom Felton, da Harry Potter all'amore per i Beatles
25
22/07/2015 Il Tempo - Nazionale
Gli Anni Ottanta non finiscono mai
26
22/07/2015 Il Tempo - Nazionale
La donna che inventò il mocio e diventò stramilionaria
28
22/07/2015 Corriere di Bologna - Bologna
Una città a misura di cinefili
29
22/07/2015 F
Lui, lei, l'altra. Tra equivoci e poesie
30
21/07/2015 Pubblicita Italia
Pupi Avati Sono tornato a giocare coi treni
31
CINEMA
20 articoli
22/07/2015
Pag. 1
Il Sole 24 Ore Dossier
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CULTURA/ALL'INTERNO
Sale cinematografiche e donazioni per l'arte trovano gli incentivi
Luciano De Vico
pagina 7 pIn sede di conversione del decreto legge 83/2014, è stato introdotto uno specifico bonus per la
ristrutturazione delle sale cinematografiche, al fine di favorire l'offerta spettacolistica di qualità artisticoculturale. I commi da 2 bis a 2 sexies dell'articolo 6 del decreto, infatti, riconoscono per gli anni 2015 e 2016
un credito d'imposta pari al 30% dei costi sostenuti per il ripristino, il restauro e l'adeguamento strutturale e
tecnologico delle sale cinematografiche esistenti almeno dal primo gennaio 1980. L'agevolazione spetta solo
ai soggetti che in base alle regole comunitarie sono considerati piccole o medie imprese e che sono iscritti
negli elenchi delle imprese cinematografiche previsti dall'articolo 3 del Dlgs 28/2004 di riforma della disciplina
in materia di attività cinematografiche. Il credito d'imposta è riconosciuto nella misura del 30% fino a un
massimo di 100mila euro, e comunque fino a esaurimento delle risorse disponibili (indicate dal decreto in 3
milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018) e deve essere ripartito in tre quote annuali di pari
importo. Oltre al tradizionale utilizzo in compensazione attraverso il modello F24, la normativa prevede che il
credito possa essere ceduto ai sensi dell'articolo 1260 del codice civile, previa adeguata dimostrazione della
sua effettiva titolarità, a intermediari bancari, finanziari o assicurativi. I cessionari sono tenuti a loro volta a
utilizzarlo in compensazione dei propri debiti d'imposta o contributivi, mentre restano impregiudicati i poteri
dell'amministrazione finanziaria relativi ai controlli di legge, che saranno effettuati nei confronti dei cedenti
beneficiari. L'importo del credito non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui
redditi e del valore della produzione ai fini Irap, e non rileva neanche per la determinazione della quota
deducibile di interessi passivi e della deducibilità delle altre spese in presenza di ricavi non imponibili.
L'agevolazione è alternativa e non cumulabile con le altre previste per gli stessi soggetti. Si tratta, in
particolare dei contributi in conto interessi previsti dall'articolo 15 del Dlgs 28/2004 per la realizzazione di sale
nuove o il ripristino di sale inattive, la trasformazione di sale esistenti, la ristrutturazione e l'adeguamento
strutturale e tecnologico di sale esistenti, l'installazione, la ristrutturazione e il rinnovo delle apparecchiature e
degli impianti e servizi accessori alle sale cinematografiche, nonché del credito d'imposta riconosciuto ai
sensi dell'articolo 1, comma 327, lettera c, della legge 244/2007, alle imprese di esercizio cinematografico
nella misura del 30% delle spese sostenute per l'introduzione e l'acquisizione di impianti e apparecchiature
destinate alla proiezione digitale. I criteri e le procedure per l'accesso al nuovo bonus e per il suo recupero in
caso di utilizzo illegittimo sono stati demandati a un decreto del ministro dei Beni e delle attività culturali e del
turismo, di concerto con il ministro dell'Economia e delle finanze e sentito il ministro dello Sviluppo
economico, che non ha ancora visto la luce, nonostante il termine per la relativa emanazione sia scaduto
ormai da nove mesi. Il credito però compare nel modello Unico SC 2015 (quadro RU, codice A4),
evidentemente per l'utilizzo da parte dei soggetti con periodo d'imposta 2014/2015, sempreché la misura
agevolativa avrà avuto attuazione entro la chiusura del periodo stesso.
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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22/07/2015
Pag. 11 Ed. Bologna
diffusione:556325
tiratura:710716
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Lunga vita ai cinematografi
Spot, trailer, sgravi fiscali in aiuto delle sale "indie"
Il Comune rilancia la convenzione con gli esercenti. In Piazza Maggiore i promo dei fim della prossima
stagione
EMANUELA GIAMPAOLI
Certo, il Metropolitan ha lasciato da anni il posto alla moda di Zara, l'Adriano è un residence e il Fellini è stato
trasformato in un bingo. Di alcuni storici schermi cittadini s'è perfino smarrita la memoria, ma nonostante la
triste morìa Bologna ha tenuto alta la bandiera ed è oggi la seconda città italiana per numero di piccole sale. I
suoi 21 cinema in attività la piazzano dopo le 31 di Roma, e addirittura prima delle 16 di Milano. Merito di
esercenti che non hanno gettato la spugna, neppure in anni durissimi, ed anche dei cittadini bolognesi e della
loro cinefilia endemica, ma pure di Palazzo d'Accursio e delle sue politiche da sempre a sostegno del
cinematografo. Non ultima la convenzione tra l'Anec, l'Associazione nazionale esercenti cinema, e il Comune,
la cui prima stipula risale al 2008. Erano i tempi dell'assessore Guglielmi e c'era, tra le clausole, quella
restrittiva sul cambio d'uso insieme ad agevolazioni fiscali. Ora quella convenzione è stata rinnovata
confermando rilevanti sgravi, con tariffe minime per Imu e Tari e l'esenzione per Tasi e pubblicità.
La novità è che adesso l'amministrazione comunale scende in campo con una campagna promozionale a
sostegno della settima arte. «Vogliamo promuovere un percorso - spiega l'assessore alla cultura Alberto
Ronchi - che inviti le persone a vedere i film dove si devono vedere: sul grande schermo. Senza dimenticare
la preziosa funzione sociale delle sale». Il progetto, costato 10mila euro, ha un prezioso alleato nella
Cineteca, e non a caso la campagna avrà il suo battesimo ufficiale sul grande schermo della piazza che da
stasera proietterà i trailer dei titoli più attesi della prossima stagione, creando un'inedita sinergia tra passato e
futuro del cinema. Il Comune ha poi sovvenzionato uno spot d'animazione, prodotto da Kilowatt insieme a
seiperdue, che da settembre si vedrà in tutti gli schermi cittadini, e ha inoltre messo gratuitamente a
disposizione delle sale spazi pubblici per le affissioni. «Durante il Cinema Ritrovato - osserva il direttore della
Cineteca Gian Luca Farinelli - Nicolas Seydoux, presidente della Gaumont, una delle più importanti case
cinematografiche del mondo, ci ha ricordato che negli anni Settanta in Italia si staccavano 500 milioni di
biglietti l'anno, mentre la Francia a stento arrivava a 300.
Che sono oggi invariati là, mentre da noi si fatica ad arrivare a 100 milioni di tagliandi. È la dimostrazione che
le politiche pubbliche possono far la differenza».
Intanto, per la prima volta da tempo, le sale di tutta la penisola, secondo Cinetel, hanno registrato il segno
positivo, un +9,5% che però sotto le Torri si ferma al 2,56%. «Ma si tratta di un dato congiunturale. La
tendenza è ormai invertita», assicura Claudio Reginelli, segretario della sezione regionale dell'Anec.
PICCOLI SCHERMI Dall'alto: il Jolly, riaperto di recente, lo storico Odeon e il Bellinzona, anche cineclub. In
alto a destra: il Rialto CINEFILIA
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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22/07/2015
Pag. 13
diffusione:165207
tiratura:206221
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Cinema: operazione aiuti alle sale
di CESARE SUGHI OPERAZIONE 21 sale. Tante sono, prevalentemente nel centro della città, i cinema
indipendenti aderenti al circuito Anec (Odeon Arlecchino, Fossolo, Media Palace, Nosadella, solo per citarne
alcuni). E ieri, presenti l'assessore Ronchi e il direttore della Cineteca Farinelli - affiancati da Claudio Reginelli
e Andrea Malucelli, rispettivamente responsabili dell'Agis e dell'Anec regionali - è stata rilanciata la
convenzione con il Comune risalente per la cronaca al 2008, assessore alla Cultura Angelo Guglielmi. LA
PRIMA BASE su cui la convenzione viene rinnovata, in pratica senza scadenza, è costituita dalle
agevolazioni fiscali, l'esenzione dalla Tasi e dall'imposta di pubblicità, mentre per Tari e Imu sono previste
tariffe minime. Nei parcheggi di piazza VIII Agosto e di via del Rondone (angolo Azzo Gardino), grazie a un
accordo con Apcoa Parking, gli spettatori godranno di costi ridotti del 50%. «Ma oltre al pacchetto di
facilitazioni - faceva presente l'assessore Ronchi - intendiamo varare un percorso informativo che porti il
pubblico a vedere i film dove si devono vedere. Recuperare le sale cinematografiche del territorio anche
come presidi per la qualità e la sicurezza della vita dei bolognesi, giovani e anziani. Tanto più che lo sviluppo
delle multisale e dei multiplex rallenta, e che c'è una riscoperta delle sale del centro». Del resto, i bolognesi
mangiano pane e cinema non da oggi. Bisogna riandare all'attività ormai pionieristica di Renzi e Boarini o alla
nascita del Roma come prima sala d'essai. «Siamo il secondo capoluogo di regione dopo Roma», si
apprende dall'Agis e dall'Anec, «per numero di sale nel centro storico, e si può calcolare, che ogni bolognese
vada al cinema 5 volte l'anno, contro la media di 2 a livello nazionale». Per la promozione e l'informazione il
Comune stanzia 10mila euro. Da oggi si vedranno, prima delle proiezioni in Piazza Maggiore, le slide della
programmazione in tutti i cinema cittadini. E verso la fine del cartellone estivo, si potrà assistere allo spot
d'animazione Una vita al cinema, prodotto da Kilowatt, un racconto del ruolo prezioso delle 21 sale di cui
parla. Dice Farinelli: «Esperienze come il nuovo Odeon di Ginetta Agostini, il Bellinzona d'essai o Kinodromo
propongono la sala (cosa che del resto avviene in tutta Europa) come luogo di produzione culturale e di
socialità. Durante un incontro all'ultimo festival del Cinema Ritrovato, Nicolas Seydoux, presidente della
Gaumont, una delle massime case cinematografiche europee, si è scandalizzato nel constatare che, a causa
del disinteresse per le sale storiche, l'Italia stacca 100mila biglietti l'anno contro i 300mila della Francia».
L'ANNO si annuncia con molti botti sugli schermi locali: il nuovo 007, Bellocchio, Scorsese, Tarantino, i
vincitori di Cannes. Alla promozione del film in Emilia-Romagna si aggiungerà l'apporto della legge regionale
sul cinema. E chissà che Bologna, oltre a dispensare film in abbondanza, non cominci anche a produrne un
po' di più.
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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22/07/2015
Pag. 1
diffusione:619980
tiratura:779916
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Cinema e ruoli
Emma Thompson: «Il maschilismo c'è e non diminuisce»
Sara Gandolfi a pagina 41
DALLA NOSTRA INVIATA
LONDRA Emma Thompson non è una di quelle attrici che si nasconde dietro un ritocchino estetico. È brava
e molto bella, anche dall'alto dei suoi 56 anni, eppure non è la prima volta che per ragioni di copione si
trasforma in un mostro cinematografico - ad esempio, l'orribile Tata Matilda o l'insegnante di Divinazione nella
saga di Harry Potter. Per vestire i panni di una prostituta di 77 anni nel film The Legend of Barney Thomson che debutta Oltremanica venerdì - la star inglese, due volte premio Oscar, ha però davvero dato sfoggio del
miglior camaleontismo e per l'occasione - visto che quando si pubblicizza una «première» si può anche
parlare di cose serie - ha deciso di togliersi qualche sassolino dalle scarpe, denunciando il «sessismo»
dell'industria cinematografica e più in generale della società.
Dopo il grido di Patricia Arquette sul podio degli Oscar 2015 - «parità di diritti per tutte le donne», aveva urlato
ritirando la statuetta - tocca ora alla grande interprete del cinema e del teatro britannico alzare la voce contro
le discriminazioni di genere, anche «per dare il buon esempio a mia figlia di 15 anni»: «Quando ero giovane
credevo davvero che ci saremmo avviati verso un mondo migliore - ha detto la Thompson in un'intervista al
settimanale «RadioTimes» - ma se osservo come stanno le cose adesso noto che la situazione si è
addirittura aggravata, soprattutto per le donne. Non ci sono stati miglioramenti apprezzabili, anzi la questione
di come si ritiene che le donne debbano apparire è peggiore oggi di un tempo».
Per il suo ultimo ruolo «sarebbe forse stato meglio scegliere un'attrice più vecchia - ammette - ma non ho
saputo resistere a questa commedia». L'attrice si è così sottoposta ogni giorno a un trucco di tre ore e
mezzo, più altri 45 minuti per toglierselo dopo le riprese. Il risultato è stupefacente, e un po' spaventoso. Con
il viso accartocciato dalle rughe, Emma diventa Cemolina, mamma un po' sbandata dell'attore Robert Carlyle
che è anche regista del film. La differenza d'età reale dei due attori? La Thompson ha solo due anni più di
Carlyle. Ma all'industria del cinema piace così.
Piace meno alle attrici, costrette a inseguire ruoli improbabili pur di continuare a recitare nelle hit-movies.
Finiti i tempi in cui poteva essere se stessa - o meglio, una donna della sua età - Emma abbozza sul set e si
sfoga con il pubblico: «La situazione è inquietante e molto triste. Per questo cerco di seguire il maggior
numero di giovani attrici. Le conversazioni con loro ruotano spesso intorno alla constatazione che nulla è
cambiato, e che alcune forme di sessismo sono addirittura più consolidate e diffuse di un tempo».
Non è la prima volta che la Thompson contesta la mancanza di ruoli adatti, ma la sfida agli stereotipi e alle
discriminazioni nello show business ha ormai assunto un respiro ben più ampio, che aggrega attrici di qua e
di là dall'Oceano. La veterana è Meryl Streep - che si è più volte invecchiata per esigenze di copione, ad
esempio nella straordinaria interpretazione di Lady Thatcher - seguita da Maggie Gyllenhaal, protagonista 37
enne della serie tv «The Honourable Woman», che si è vista rifiutare la parte dell'amante di un 55enne
perché «troppo anziana». Ha subito incassato il sostegno di Helen Mirren, altro mostro sacro della recitazione
britannica: «Siamo stati costretti a guardare un James Bond sempre più geriatrico e le sue amanti sempre più
giovani - ha detto la protagonista di The Queen - È fastidioso e ridicolo» .
Da Hollywood ha rincarato Keira Knightley: «Dove sono le storie che parlano di donne? Esiste un enorme
sbilanciamento che non riesco a spiegarmi, visto che rappresentiamo la metà del pubblico pagante».
Sara Gandolfi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Patricia Arquette agli Oscar
«Vogliamo la parità dei diritti» Patricia Arquette, 46, premiata per «Boyhood», dal palco degli Oscar ha
invocato «la parità salariale e di diritti per ogni donna in America», mentre Meryl Streep e Jennifer Lopez la
applaudivano
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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22/07/2015
Pag. 1
diffusione:619980
tiratura:779916
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Foto: Emma Thompson, 56 anni, alla première di «Saving Mr. Banks» (2013).
Interpretava Pamela Travers, la scrittrice 65enne che inventò Mary Poppins e, dopo molte resistenze,
acconsentì a farne un musical Alzo la voce per dare il buon esempio a mia figlia di quindici anni Da ragazza
credevo davvero in un futuro migliore
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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22/07/2015
Pag. 41
diffusione:619980
tiratura:779916
Asia Argento: da quando non recito mi sento felice
Talento «Ero diventata una mestierante, forse mi manca il talento e non sono ambiziosa»
Irene Soave
«Non ero più felice da almeno 10 anni. Ero diventata una mestierante, non sceglievo più per la qualità. Poi,
come attrice, non sono mai stata ambiziosa. E penso neanche di talento. Avevo solo una forte personalità, e
mi sceglievano per quello».
Così, dal palco del Giffoni Film Festival dove è ospite - «ma la prima volta venni qui a 12 anni a ricevere il
mio primo premio per Zoo , di Cristina Comencini, e ci tornai a 25» - Asia Argento parla chiaramente, per la
prima volta, della sua scelta di smettere di recitare: sono trascorsi due anni dalle riprese del suo ultimo film da
attrice, Cadences obstinées , dove è una musicista classica per la regia di Fanny Ardant.
Parole che, in vista del suo 40esimo compleanno in arrivo a settembre, hanno quasi il sapore di un bilancio:
«Sento che nessun ruolo è più adatto a me. A una certa età bisogna capire cosa vuoi fare e non cosa devi
fare, e io amo troppo il cinema per farlo con la mano sinistra. Ero arrivata a scegliere ruoli per soldi o per
stare con i miei figli; oggi i ruoli non mancano ma semplicemente non mi va più di fingere».
Già, fingere: perché anche sulle sue parti più trasgressive - «avrò recitato in tutta la mia carriera cinquanta
prostitute, ho fatto questo ruolo in tutte le variazioni e i ruoli non sono camicie che ti togli facilmente» - Asia
Argento, da sempre identificata dal pubblico come l'incarnazione delle bad girl che interpretava, è sembrata
ieri tendere al revisionismo. «Sceglievo appositamente ruoli molto diversi da me, recitare è stata una terapia.
Ma un giorno ti guardi allo specchio e capisci che le cose sono andate forse "over the top". Ora non mi farò
più mettere etichette».
E se «in panchina» l'attrice si dice più serena, ai ragazzi di Giffoni - i giurati del Festival sono 2.800 giovani e
giovanissimi, tra i 3 e i 22 anni - consiglia invece di «seguire il proprio talento, e non abbandonarsi solo ai
sogni, perché sognare vuole dire restare addormentati». Per chi vuole fare l'attore, in particolare, aggiunge:
«Non ascoltate le critiche, né quelle positive né quelle negative, perché in ogni caso sono un fatto di ego».
E del resto nemmeno il suo è un addio al cinema: piuttosto il desiderio di cambiare lato della macchina da
presa. «Spero che la mia carriera viri verso la regia. Sto lavorando da un anno ad un nuovo progetto, ma è
ancora presto per parlarne».
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La carriera
Figlia del regista Dario Argento e dell'attrice Daria Nicolodi, Asia Argento è attrice, regista, modella e cantante
Oltre che dal padre, è stata diretta da Verdone, Placido Chéreau. Ha esordito alla regia nel 1994
Foto: Asia Argento, 39 anni, «abbracciata» dai ragazzi al suo arrivo ieri
a Giffoni
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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Al Festival di Giffoni
22/07/2015
Pag. 7 Ed. Roma
diffusione:619980
tiratura:779916
Omaggi Il regista di «Profondo rosso» protagonista insieme a Lamberto Bava della prima puntata del
magazine di Giusti Hollywood sul Tevere «Il grande cinema di genere è molto romano: autori colti e bravi
artigiani»
Stefania Ulivi
«Il cinema è romano, il grande cinema di genere lo è ancora di più». Per festeggiare i 15 anni di Stracult , la
trasmissione di Raidue che ideò nel 2000 con Carlo Freccero e che riprende stasera, Marco Giusti ha
costruito la prima puntata intorno a due maestri dell'horror, Dario Argento e Lamberto Bava. « Stracult
nacque con l'intento di rivalutare il cinema italiano di genere, horror, thriller, western, poliziesco, quello che ha
sempre spaccato in due la critica - o lo si ama o lo si odia - e che, per dirla alla romana, spacca , piace». Un
filone artistico che da Sergio Leone a Dario Argento ha tratto linfa vitale dalla capitale. «Si crede Hollywood,
ma è molto Roma», sintetizza Giusti. «È la cosa più romana che si possa immaginare, nato grazie ad autori
colti e intelligenti con il supporto di un mondo di grandi artigiani, bravissimi e geniali, dei cascatori, le
comparse, i caratteristi».
Di questo mondo Dario Argento è tuttora il rappresentante più intellettuale, «più vicino a Antonioni che ai
registi che lo hanno seguito nell'horror» sostiene Giusti. Figlio d'arte (produttore il padre Salvatore, fotografa
di moda la madre Elda Luxardo),nato in via del Tritone 197 sopra lo studio della madre, Argento iniziò come
critico, a Paese sera , proprio difendendo in solitudine quei titoli che facevano storcere il naso a tanti colleghi
puristi. Il debutto alla regia è del 1970, a trent'anni, con L'uccello dalle piume di cristallo. Cinque anni dopo
arriva Profondo rosso , un classico venerato in tutto il mondo. «Come un'opera rock. Nella puntata di stasera
celebriamo i suoi primi 40 anni e i 30 di Demoni di Lamberto Bava che proprio Dario produsse. Fu girato a
Roma ma fingendo fosse Berlino», racconta Giusti. Nello studio di via Teulada del programma - presentato
quest'anno da Andrea Delogu e Nino Frassica - saranno presenti con Argento e Bava (figlio d'arte anche lui,
del maestro di tutto, Mario) diversi testimoni di quegli anni. «E ci saranno anche due interpreti, Bobby
Rhodes, primo attore italiano nero, figlio di un militare Usa di base a Livorno. E Nicoletta Elmi, romanissima,
capelli rossi e occhi azzurri, a cui assegnavano sempre parti da bambina cattiva».
Non mancherà il maestro Claudio Simonetti che con i suoi Goblin firmò le colonne sonore di Profondo rosso e
Demoni. Le eseguirà dal vivo accompagnato dalla band capitolina Statale 66, già da anni nel team di Stracult.
Il programma è anche un'occasione per rievocare certe atmosfere della tv del passato. «I tecnici di via
Teulada ci dicono che ricorda un po' i tempi di Indietro tutta, una tv ad alto tasso artigianale. Proprio come il
cinema che raccontiamo», dice Giusti. «Tutti i trucchi che si vedevano sul grande schermo erano veri. Noi
siamo sempre stati bravissimi negli effetti speciali, nelle scenografie, tutta la parte tecnica era avanzatissima.
Gli effetti sono più belli se sono veri, il digitale nella sua perfezione non riesce ad apparire altrettanto reale.
Su questo la penso come Tarantino». Che, con registi a Martin Scorsese e Tim Burton gli rende omaggi
continui. «Lui è una vera rockstar, lo adorano tutti. Paradossalmente siamo noi italiano a non averlo capito
fino in fondo. Profondo rosso ha fatto nascere l'amore per il cinema in una generazione e, 40 anni dopo, non
ha perso la sua forza né la sua carica anche politica come racconta Dario stesso». Che ora sogna di girare in
libertà una serie tv dal titolo Suspiria de profundis, ambientata nella Londra dell'Ottocento. Si è più liberi in tv
che nel cinema, ha spiegato. Senza rinunciare alla sua regola numero uno: «Non puoi prendere subito di
petto la storia che vuoi raccontare, devi pedinarla, spiarla, avvicinarti per gradi. Una cosa a metà tra il
corteggiamento e la persecuzione»
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In tv
Parte stasera su Raidue Stracult, lo storico magazine di Marco Giusti sul cinema italiano di culto, presentato
quest'anno da Andrea Delogu e Nino Frassica. Ospiti della prima delle otto puntate Dario Argento, Claudio
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Argento, mito «Stracult»
22/07/2015
Pag. 7 Ed. Roma
diffusione:619980
tiratura:779916
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Simonetti, Lamberto Bava, Nicoletta Elmi, Bobby Rhodes. Si parlerà di «Profondo Rosso» e «Demoni»
Foto: Critico Dario Argento, romano, classe 1940. Figlio del produttore Salvatore, ha iniziato come critico
quindi ha debuttato nella regia nel 1970 con «L'uccello dalla piume di cristallo». Nella foto sotto, Marco Giusti
insieme a Andrea Delogu
22/07/2015
Pag. 45
diffusione:556325
tiratura:710716
Tom Felton: "Dopo Harry Potter incontro Gesù"
Al Festival di Giffoni l'ex "cattivo" Draco Malfoy "Ho avuto fortuna. E devo tutto alla mamma..."
GIANNI VALENTINO
GIFFONI LUCKY», FORTUNATO. Perché Tom Felton non si sente un divo nonostante sia famoso e
osannato dai fan. Disposti a scriversi con pennarelli lungo il braccio data, nome e cognome per non
dimenticare di averlo incontrato. Al Giffoni Experience, ieri, migliaia di ragazzi hanno applaudito il 27enne
attore britannico, star della saga Harry Potter (otto episodi interpretati nel ruolo del cattivone Draco Malfoy,
nemico del maghetto buono) che si è concesso in generosi selfie, ha confessato passioni personali e progetti
immediati. E ha addirittura chiesto scusa per aver ricevuto bibite ghiacciate mentre l'audience era costretta a
patire l'afa.
«Volevo diventare un pescatore professionista - racconta - ma a dieci anni sono stato scelto per l'avventura
di Harry Potter. Ciò mi ha in parte allontanato dalla scuola, dalle gite, dai giochi. Mi vietavano di usare lo
skateboard e i roller-blade ma io sapevo bene come infrangere i divieti. La verità è che ero nel posto giusto al
momento giusto. È stata fortuna, la mia». Oggi, invece, la sorte lascia il posto a tante audizioni che vanno a
buon fine. «È innegabile che Harry Potter mi abbia dato molte opportunità ma se ora continuo a recitare il
merito è di mia madre: ha sacrificato il suo lavoro pur di accompagnarmi ovunque sui set, fino in Malesia per
girare Anna & the King con Jodie Foster. Senza di lei non avrei fatto tante meravigliose esperienze e sono
contento di averle potute raccontare a questi splendidi ragazzi.
Sono commosso e divertito di tutto l'entusiasmo ricevuto in questo festival».
Il patron Claudio Gubitosi lo guarda e sorride gioioso. Il futuro prossimo di Felton è in due film: Risen, scritto
e diretto da Kevin Reynolds ( Fandango, Robin Hood) che uscirà a gennaio negli Usa, e Stratton di Simon
West: «Risen è un progetto delicato - aggiunge - ed è incentrato sull'uomo Gesù. La sceneggiatura è
realizzata su fonti storiche e racconta di un legionario romano (Joseph Fiennes) che con il suo aiutante
(Felton) per conto di Ponzio Pilato indagano sull'arrivo di un nuovo messia. In Palestina, all'epoca, accadeva
spesso che qualcuno si spacciasse per tale. La storia ha dimostrato che Cristo era l'eccezione». Poi la nota
personale: «Se prima di girare questo film ero ateo adesso sto cambiando idea». Altrettanta attesa c'è per
Stratton tratto dai romanzi di Duncan Falconer, che porteranno Felton sul set a Lecce e a Roma nelle
settimane estive. «Si avvera un sogno, finalmente: è un thriller in cui interpreto un agente dei servizi segreti
inglesi, indosso costumi dal look nero e ci sono scese d'azione». Quanto alla sua passione per la musica
pop-folk la star commenta: «Amo i Nirvana, i Green Day e il rap di Tupac ma scrivo canzoni per il gusto di
stare con i miei amici. Non sono sicuro che sarei a mio agio sul palco come Kevin Costner e Russell Crowe».
Potrebbe coprirsi con una maschera come i DaftPunk? «Ottima idea ...».
Foto: Tom Felton durante l'incontro con i fan al Festival di Giffoni. L'attore ha due i film in uscita: "Risen" e
"Stratton"
Foto: HARRY E HERMIONE Anche gli altri due protagonisti della saga di Harry Potter, Daniel Radcliffe ed
Emma Watson, hanno numerosi progetti in cantiere. Un ritorno a Hogwarts? Per ora non se ne parla
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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R2 SPETTACOLI
22/07/2015
Pag. 13 Ed. Napoli
diffusione:556325
tiratura:710716
Pappi Corsicato e il cinema "Chi aiuta i nostri talenti?"
Il cineasta è stato fra i protagonisti del rinascimento napoletano degli anni '90 Il suo documentario sul pittore
e regista Usa Julian Schnabel è in fase di montaggio
PIER LUIGI RAZZANO
VISIONARIO, irriverente, che va a fondo con leggerezza e audacia per sondare la piega surreale del mondo
che spesso coincide con il vero. Pappi Corsicato, vincitore a Berlino del Nastro d'Argento come opera prima
con "Libera" nel 1994, rappresentante della grande stagione del cinema che nasceva a Napoli negli anni
Novanta, del "Rinascimento" con Antonio Capuano, Mario Martone, Antonietta De Lillo e Stefano Incerti, oggi
è in sala di montaggio per le ultime fasi di lavorazione del documentario che ha girato sul pittore e regista
newyorchese Julian Schnabel. Con l'autore di "Chimera" e di "Il volto di un'altra" del 2012, affresco grottesco
sulla vita troppo estetica dei nostri tempi, che si divide tra Napoli, Roma e gli Stati Uniti, prosegue la
riflessione di "Repubblica sullo stato del cinema nella nostra regione.
Tanti talenti di Napoli e della Campania realizzano capolavori, film importanti, apprezzati e premiati: regia,
sceneggiatura, produzione, costumi. Da regista e sceneggiatore, che stagione stiamo vivendo? «Il nostro
cinema continua a essere vivo e molto prolifico. Penso ai lavori degli ultimi anni di Gaetano Di Vaio, molto
attivo, e al recente film di Valeria Golino scritto da Giuseppe Gaudino, attualmente in lavorazione. E poi si
realizza molta televisione, come le fiction, basta vedere il successo che ha avuto "Gomorra-La serie" (nella
foto il protagonista Marco D'Amore). Nel tempo, con quell'avvio che si è registrato all'inizio degli anni
Novanta, sono venuti fuori direttori della fotografia, emersi tanti attori, oltre a registi e produttori. E non si è
fermato. Le produzioni napoletane ci sono. Anche se molti si sono trasferiti a Roma». La questione ritorna
spesso, a volte è uno stanco ritornello, ma inevitabile. È necessario andare via? «La realtà produttiva è
romana, questo è un dato di fatto. Quello che è avvenuto negli anni Novanta è stato un caso che ha dato i
suoi grandi frutti, e proseguiti negli anni. Purtroppo ci sono pochi produttori che producono a Napoli. Mentre
dal punto di vista tecnico e creativo ci sono state tante realtà significative in questi anni. Non credo che
bisogna andare via e non credo che manchino le strutture. Questo non è neanche un caso di Napoli e della
Campania, ma di tutta Italia. Bisognerebbe prevedere un budget per la Film Commission. Ci sono quelle più
ricche delle nostre, che sono a Torino, in Puglia, oppure quella della Valle d'Aosta. Però ci sono anche molto
più povere. Bisogna fare in modo che si venga qui in Campania a investire, in modo che si allarghino a
professionalità di altri settori, come alberghi e turismo».
E non disperdere i talenti.
«Ripeto i registi ci sono, le strutture ci sono, è necessario avere più fondi. Mancano per fare in modo che
avvenga quello che succede in Puglia, che incentiva molte produzioni perché si vada a girare lì. O come a
Torino e in Piemonte. La Film Commission dovrebbe essere più ricca per aiutare ad attrarre tante produzioni,
così che provengano anche da fuori. È un incentivo per avere più prodotti e dare opportunità di tanti posti di
lavoro».
Rispetto al "Rinascimento" degli anni Novanta, cosa è cambiato? «Molto è migliorato. In quel periodo non
esisteva eppure la Film Commission, è venuta dopo, anche perché era sotto gli occhi di tutti e in modo
incisivo il movimento artistico, di grande profilo e professionalità presente sul nostro territorio, e che andava
valorizzato».
Si è aperta una nuova stagione politica. In questi giorni il dibattito è aperto sulla mancata nomina di un
assessore alla cultura in giunta regionale. La delega è del Presidente Vincenzo De Luca. Eppure un settore
strategico e determinante necessiterebbe di un alto profilo, di un impegno che non diventi delega.
«Posso solo augurarmi che sia una scelta momentanea e che prima o poi si decida. Sarebbe difficile gestire
l'importanza della cultura in contemporanea ad altri settori fondamentali».
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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L'intervista Il regista interviene nel dibattito di Repubblica sulle produzioni di film e fiction in Campania
22/07/2015
Pag. 13 Ed. Napoli
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tiratura:710716
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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ROMA PIGLIATUTTO
La realtà produttiva è romana, in pochi investono a Napoli Eppure sono certo che non bisogna andare
via
REGIONE E CULTURA
Mi auguro che la scelta di non nominare un assessore alla cultura sia momentanea
22/07/2015
Pag. 32
diffusione:309253
tiratura:418328
Bellocchio, Messina e Guadagnino Tre italiani in corsa per Venezia
Ecco tutti i film di cui si parla per il concorso: tra una settimana l'annuncio
FULVIA CAPRARA ROMA
Un presidente di giuria, Alfonso Cuaron, che torna al Lido pieno di bei ricordi, visto che Gravity , il suo film
premiato con sette Oscar, era stato presentato in anteprima alla Mostra, con gran successo, nel 2013. Una
madrina di raffinata bellezza come Elisa Sednaoui che ha già fatto mettere tra parentesi il suo passato di top
model, debuttando nella regia con un documentario ancora inedito, Image Of a Woman , e dedicandosi alla
fondazione che porta il suo nome e si occupa di promuovere l'educazione dei giovani residenti nelle aree
dell'Egitto più rurale. Un film d'apertura, Everest , diretto da Baltasar Kormakur, ispirato all'impresa delle due
spedizioni che, pur di raggiungere la cima della montagna più alta del mondo, affrontarono terribili pericoli e
spaventose tempeste di neve. Il profilo della prossima Mostra del cinema di Venezia (2-12 settembre), diretta
da Alberto Barbera e presieduta da Paolo Baratta, è già in parte delineato. C'è il contorno, ma manca il piatto
forte, cioè i film che parteciperanno alla gara per i Leoni, ormai già selezionati e ora in attesa di presentazione
ufficiale, nella conferenza stampa fissata per il 29. Quali saranno? E, soprattutto, quale sarà il filo conduttore
della rassegna, l'idea di cinema indicata dal suo direttore? Della squadra italiana, dopo l'exploit al Festival di
Cannes, con tre titoli in concorso, si dice che dovrebbe fare sicuramente parte la nuova opera del maestro
Marco Bellocchio, Sangue del mio sangue . Al centro del racconto, in un'atmosfera a metà tra storico e
fantastico, Alba Rohrwacher nei panni di un'ambigua nobildonna del diciassettesimo scolo, divenuta suora e
poi amante, prima del giovane militare Federico, e poi del suo gemello prete. L'altro favorito per la gara è
L'attesa dell'esordiente siciliano Piero Messina, cronaca della convivenza, in totale isolamento, in una villa
dell'entroterra siciliano, di due donne, Juliette Binoche e Lou de Laage, che aspettano Giuseppe, figlio della
prima, fidanzato della seconda: «La loro attesa si trasforma, giorno dopo giorno, in un misterioso atto di
amore e di volontà». Tra gli italiani in rotta verso la laguna (e poi, forse, verso il Festival di Toronto) potrebbe
esserci A Bigger Splash , regia di Luca Guadagnino, remake, molto riveduto e molto corretto, della Piscina
con Alain Delon e Romy Schneider. La ventata di glamour, in questo caso, sarebbe assicurata, sul tappeto
rosso si darebbero il cambio gli interpreti della storia, Tilda Swinton, Matthias Schoenaerts e l'eroina di 50
sfumature di grigio Dakota Johnson. Altri divi in arrivo Altri (possibili) divi in arrivo con Black Mass , tratto da l
libro di Dick Lehr e Gerard O'Neill, diretto da Scott Cooper, e interpretato da Johnny Depp, nei panni del
gangster «Whitey Bulger», poi diventato informatore dell'Fbi, e con Taj Mahal , thriller di Nicolas Saad in cui
Stacy Martin recita nel ruolo di una ragazza intrappolata nell'hotel di Mumbai obiettivo dell'attacco terrorista
del 2008. Si parla anche, con insistenza, della rentrée del maestro russo Aleksandr Sokurov con l'ultima
creazione, Louvre Under German Occupation , ambientata nel museo francese e centrata sui rapporti tra arte
e guerra. In corsa anche Xavier Giannoli con Marguerite , sulla vicenda di un'aspirante cantante d'opera
(Catherine Frot), Les chevaliers blancs di Ioachim Lafosse, star Valèrie Donzelli e Vincent Lindon, appena
premiato a Cannes per La loi du marché , di Anomalisa di Charlie Kaufman, realizzato in «stop motion», sulla
figura di un life coach: «Il film parla di un uomo paralizzato dalla banalità della sua vita».
Foto: Johnny Il quasi irriconoscibile Johnny Depp in «Black Mass»
Foto: Dakota Johnson in una scena di «A Bigger Splash», il film di Luca Guadagnino
Foto: Alba Rohrwacher protagonista del film di Marco Bellocchio
Foto: «L'attesa» di Piero Messina, con Juliette Binoche
Foto: Vincent Lindon sarà a Venezia con «Les chevaliers blancs»
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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Anteprima
22/07/2015
Pag. 32
diffusione:309253
tiratura:418328
Rispetto a Cannes e Berlino c'è più spazio per lo studio e per i classici
[F.C.]
Capire il cinema significa guardare al futuro, ma anche conoscere il passato. Senza la prospettiva storica è
impossibile apprezzare il capolavoro, individuare la novità, comprendere radici e riferimenti. Per questo la
Mostra, che rispetto al Festival di Cannes e alla Berlinale ha sempre rivendicato una diversità fatta di ricerca,
studio, scoperta, valorizza, quest'anno più che mai, la sezione «Classici». Il Leone d'oro Bertrand Tavernier
ha scelto quattro titoli che presenterà in veste di «guest director», mentre il regista napoletano Francesco
Patierno guiderà la giuria di studenti di cinema che assegnerà premi al miglior film restaurato e al miglior
documentario di argomento cinematografico. La magia dei vecchi, grandi, film che tornano in vita dopo
accurato lifting, si ripeterà con Amarcord di Federico Fellini, con Le beau Serge di Claude Chabrol, Il cielo
può attendere di Ernst Lubitsch, Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli e I mostri di Dino Risi, capolavoro
della commedia all'italiana, restaurato dal Museo nazionale del cinema di Torino e dalla Cineteca di Bologna,
grazie alla campagna di «crowdfunding» sul sito MakingOf.it. Seguendo un modello poi varie volte replicato, I
mostri descrive, nell'arco di 20 episodi, sullo sfondo della capitale nei primi Anni 60, gli orrori grotteschi
dell'Italia del boom. Scritto da assi della sceneggiatura come Age, Scarpelli, Scola, Maccari, il film costruisce
una galleria di sequenze di culto, entrate a far parte della memoria collettiva per la sagacia impietosa con cui
mettevano all'indice vizi e storture di un Paese non troppo lontano da quello di oggi. Sulla scena,
impareggiabili, si stagliavano Gassman e Tognazzi, liberi di rappresentare, con tutto il cinismo caratteristico di
Risi, meschinità e pochezze di italiani di ogni rango, ricchi e poveri, borghesi e proletari, fortunati e derelitti.
Oltre alla Lupa di Lattuada, il maestro Tavernier ha voluto che al Lido ci fossero anche Pattes blanches di
Jean Gremillon, Sonnenstrahl di Pal Fejos, A Matter Of Life and Death » di Michael Powell e Emeric
Pressburger. Alla Mostra, oltre a vedere, si studia e si impara.
Foto: 20 episodi Una scena de «I mostri» di Dino Risi con Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi; il film uscì nel
1963
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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La Mostra consacra "I mostri" e arriva "Amarcord" restaurato
22/07/2015
Pag. 22
diffusione:105812
tiratura:151233
Il cinema s'ispira alla Rete per denunciare il cyberbullismo
Al Festival storie adolescenziali raccontate dalla voce della yotuber emergente Greta Menchi: «Il difficile è
tenere la propria vita privata lontana dalla sovraesposizione»
ALESSANDRA DE LUCA
La costruzione dell'identità ai tempi dei social network. La difficoltà di essere se stessi mentre la condivisione
totale di esperienze familiari, sociali, professionali e sentimentali espone ad aggressioni non da poco. Il
bisogno compulsivo di connessione costante. Ad affrontare questi argomenti arriva la commedia di Ari
Sandel, L'A.S.S.O. nella manica , presentata oggi a Giffoni. Il film, distribuito il 19 agosto da Eagle, innesta
quei temi sopra su un fenomeno adolescenziale sconosciuto a chi ha abbandonato da tempo i banchi di
scuola: l'abitudine delle ragazze o dei ragazzi attraenti e popolari di includere nella propria ristrettissima
cerchia un'Amica (o amico) Sfigata Strategicamente Oscena. Adolescenti più timidi e goffi, magari un po'
sovrappeso, che fanno risaltare la bellezza dei loro amici. Un ruolo ufficialmente codificato anche grazie alla
Rete. Nel film, tratto dal romanzo della diciassettenne Kody Keplinger, Bianca scopre di avere quel ruolo
poco esaltante, e le cose si complicheranno quando finirà vittima di cyberbullismo. Troverà però il mondo di
affermare la propria individualità senza rinunciare a riti, miti e regole che governano la sua generazione. Nei
panni della liceale troviamo l'attrice Mae Whitman e la sua voce italiana è quella della ventenne Greta
Menchi, popolarissima youtuber che condivide in Rete vita quotidiana, pensieri, esperienze, sogni e delusioni
e si ritrova con centinaia di fan, un agente e un lavoro. «Nel creare una realtà parallela il web può essere
molto rischioso - racconta Greta -, soprattutto per ragazzini che spesso non si rendono conto di quello che
postano. Ogni momento della tua vita può essere giudicato da centinaia di persone che non ti conoscono,
bisogna stare molto attenti». Sembra avere le idee chiare, Greta, anche quando parla di come difendersi dai
cyberbulli: «È necessario proteggere la propria privacy, ci sono cose della mia vita online. Non bisogna mai
perdere di vista la vita vera e mantenere ampi margini di riservatezza». Il segreto sta nel condividere
emozioni ed esperienze positive. «Con i miei fan cerco di parlare solo di cose belle, dei momenti migliori della
mia vita. Dolore e sofferenza entrano nei miei discorsi solo quando riesco a trovare un senso a quello che mi
capita mandando un segnale di incoraggiamento». Ma Greta non è l'unica web star pronta a superare i
confini della Rete e conquistare un posto al cinema. Game Therapy porterà sul grande schermo nuovi teen
idol come FaviJ, Federico Clapis, Leonardo DeCarli, Zoda, che nel loro film action fantasy parlano della
passione per i videogiochi, di realtà virtuale e del potere dell'amicizia, mentre The Pills, collettivo di autori
comici romani (anche loro a Giffoni, lo scorso lunedì) protagonisti di una web serie di successo,
approderanno nel lungometraggio Mezzogiorno meno un quarto che la Warner distribuirà nel 2016. Tiramisù
diretto da Fabio De Luigi vede poi nel cast Angelo Duro, protagonista dei video di Il cantante senza pubblico ,
Mariano, il rapper siciliano e I sogni di Angelo . Sarà pure vero quello che dice Greta - le web star al cinema
sono la dimostrazione che i sogni di persone come tutti noi possono avverarsi - ma i suoi attori preferiti sono
Johnny Depp e Meryl Streep. E allora evviva le nuove idee e avanti chi riesce a inventare linguaggi diversi,
ma il rischio è che il cinema perda la magia del sogno e si trasformi in uno dei tanti link su cui cliccare
distrattamente. Eppure il piccolo schermo esercita grande fascino anche sugli attori di cinema, protagonisti di
serie divenute di culto. Tra questi anche Tom Felton, ex Draco Malfoy nella saga di Harry Potter, protagonista
per la tv di Labyrinth e Murder in the first . Ma è il film Risen di Kevin Reynolds sulla Resurrezione di Cristo
vista con gli occhi di un legionario romano ad aver cambiato la vita del giovane attore, ieri a Giffoni: «I miei
genitori mi hanno abituato ad andare in chiesa, crescendo però sono diventato profondamente agnostico. Ma
girando questo film ho cambiato idea su tante cose e, colpito da questa testimonianza sulla vita di Gesù, ho
ripensato a molti aspetti della vita».
Foto: Greta Menchi
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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AGORA Giffoni.
21/07/2015
Pag. 25 Ed. Rovigo
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tiratura:114104
Il Leone d'oro Tavernier sceglie La Lupa
VENEZIA - Bertrand Tavernier, Leone d'oro alla carriera, sceglie i titoli del cuore nella selezione di film rari,
dimenticati o sottovalutati per la sezione Venezia Classici. È la prima volta che accade alla Mostra del cinema
di Venezia (2-12 settembre) che un Leone d'oro alla carriera abbia la possibilità di scegliere alcuni titoli. Tra i
preferiti del maestro del cinema francese, che presenterà al pubblico prima della proiezione, in veste di Guest
Director della sezione Venezia Classici, i quattro capolavori da lui scelti, anche un film italiano: La Lupa di
Alberto Lattuada, opera in bianco e nero del '53, uno dei primi film girati tra i Sassi di Matera, sensuale
melodramma tratto dalla novella di Verga e sceneggiato - tra gli altri - da Alberto Moravia e il cui restauro ad
opera di Csc - Cineteca Nazionale in collaborazione con Filmauro, viene presentato in anteprima mondiale.
Nella sezione Venezia Classici nella Mostra 2015 capolavori italiani a cominciare da Amarcord di Federico
Fellini (1973), restaurato dal laboratorio L'Immagine Ritrovata e promosso dalla Cineteca di Bologna con il
sostegno di yoox.com e il contributo del Comune di Rimini, in collaborazione con Cristaldifilm e Warner Bros.
E poi: Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli (1973), uno dei film più feroci e sorprendenti del maestro della
commedia di cui quest'anno ricorre il centenario della nascita (restauro promosso da CSC - Cineteca
Nazionale in collaborazione con Dean film) e a 40 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120
giornate di Sodoma (1975), il suo film-testamento (restauro promosso dalla Cineteca di Bologna e da CSC Cineteca Nazionale, in collaborazione con Alberto Grimaldi).
Francesco Patierno (La gente che sta bene, Cose dell'altro mondo) presiederà invece la Giuria di studenti di
cinema che - per la terza volta - assegnerà i premi Venezia classici per il miglior film restaurato e per il miglior
documentario sul cinema.
A completamento della sezione Venezia Classici, verrà presentata una selezione di documentari sul cinema
e i suoi autori che sarà resa nota a Roma, il 29 luglio, durante la presentazione ufficiale della 72/ma Mostra.
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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MOSTRA DEL CINEMA Per la prima volta un premiato indica i titoli del cuore a "Venezia Classici"
22/07/2015
Pag. 12
diffusione:24728
tiratura:83923
Made in Apatow, la factory della risata
«Trovo fondamentale mantenere un tono e un margine di realtà coerenti. Non mi piace quando, da una scena
di comicità sopra le righe si passa a un momento superserio» «A colpirmi di Amy Schumer più che gli show è
stato il modo in cui parlava di sé, della sua vita»
Giulia D'Agnolo Vallan NEW YORK
Nel soggiorno di una casa bianca nei sobborghi residenziali di New York, Judd Apatow siede dietro alla
macchina da presa con in mano un foglietto scritto fitto fitto. Davanti a lui gli attori alle prese con una scena in
cui la protagonista presenta alla famiglia l'uomo con cui sta uscendo. Lei (Amy Schumer) è una single - il suo
primo comandamento: non trascorrere la notte con l'uomo che hai appena scopato. Lui (Bill Hader) un timido
medico sportivo che vorrebbe fare le cose sul serio. Il mood della scena è di assoluto imbarazzo. Una dei
presenti chiede se stanno già pensando ai bambini. La sorella di lei inizia punzecchiarla su quando faceva
pompini precoci. Apatow interrompe continuamente la scena, già molto buffa, imboccando agli attori battute
annotate sul foglietto. A ogni suo intervento, il tutto prende una direzione improvvisata, nuova, tutta diversa,
sempre più volgare e iperbolica. Ciak brevissimi, spesso interrotti dal cast che scoppia a ridere. Uno dopo
l'altro. Il set (l'estate scorsa) era quello di Trainwreck, letteralmente disastro ferroviario e in Usa il termine e
con cui ci si riferisce a una donna molto disastrata. «Quella sono io sei mesi fa», dice Schumer durante una
pausa. «Il film è un'esagerazione della mia esperienza». Uscito il week end scorso nel sale americane (in
Italia il 17 settembre con il titolo Un disastro di ragazza); a inizio agosto al festival di Locarno), il film è la
quinta regia di Apatow e il lancio su grande schermo della bionda, pneumatica, e divertentissima Schumer,
protagonista di uno show su Comedy Central e ultima aggiunta a un pool di geniali attrici/autrici comiche che
includono, Amy Pohler, Tina Fey e Lena Dunham (un'altra scoperta di Apatow che è anche produttore di
Girls). In parallelo all'uscita del film, la Film Society of Lincoln Center ha dedicato ad Apatow (produttore e
regista) una grossa retrospettiva: I Found This Funny: The Comedy World of Judd Apatow e la Random
House ha appena pubblicato Sick in the Head (malato di testa) un'affascinante raccolta di interviste che
Apatow ha realizzato, a partire da quando era teen ager, ai maggiori comici americani. Abbiamo intervistato
l'uomo più influente della commedia americana dell'ultimo decennio. Perché, dopo Lena Dunham, Amy
Schumer? Quello che mi ha attratto di Amy non sono stati tanti i suoi spettacoli di stand up comedy, quanto lo
stile colloquiale, diretto. L'ho sentita per la prima volta in un'intervista sul programma radiofonico di Howard
Stern. Mi ha attratto subito il modo i cui parlava di sé, della sua vita. È il tipo di persona che ti fa venire voglia
di conoscere di più. E mi piaceva l'atteggiamento che aveva nei confronti della sua famiglia; il fatto che
avessero attraversato momenti difficili ma che fosse comunque capace di parlare con humor e con affetto di
suo padre...L'ho conosciuta due o tre anni fa e abbiamo iniziato a lavorare su una sceneggiatura. Una volta
che l'ha finita, però, ho pensato che, per il suo primo film, sarebbe stato meglio se avesse scritto qualcosa di
più personale. Quindi abbiamo messo da parte l'altro copione e ci siamo buttati su Trainwreck. Da quel
momento le cose si sono mosse velocemente: siamo molto in sintonia su quello che ci fa ridere e soprattutto
sul tono del film. In certi casi collaborazioni come questa sono molto dolorose. Qui è stato l'opposto. H a i m a
i c o n s i d e r a t o d i f a r i n t e r p r e t a r e i l r u o l o a u n ' a t t r i c e p i ù c o n osciuta? Questa è una
storia molto personale per Amy. Quindi doveva interpretarla lei. È un po' come succede per le grandi canzoni:
ascolti Kurt Cobain e hai l'impressione stia veramente condividendo con te qualcosa che gli è prezioso. Credo
che la migliore commedia nasca da un rapporto analogamente personale con la materia. §Tu e Paul Feig, il
suo co autore di Freeks and Geeks, avete fatto molmolto per far scoprire al pubblico il talento di attrici
comiche contemporanee. Oltre a Dunham e Schumer, penso a Melissa McCarthy, Rose Byrne, Melissa
Hart... Mi piacciono le persone che hanno un punto di vista unico. Questo è un grande momento per la
commedia americana, sia per gli uomini che per le donne. C'è un'intera generazione di attori cresciuta a forze
di commedia e che sta cercando degli spazi. Anche per questo l'idea di collaborare con Amy è così eccitante.
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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«Trainwreck» è il nuovo film del regista, produttore, autore ovvero Intervista l'uomo più influente della
commedia americana dell'ultimo decennio, che vedremo a Locarno
22/07/2015
Pag. 12
diffusione:24728
tiratura:83923
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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Il fatto che sia una donna è un plus, ma non è che questo sia un film che le donne capiranno di più degli
uomini. Come avete collaborato su Trainwreck? Generalmente, io cerco di fare delle prove molto in anticipo,
quando siamo ancora nel processo di scrittura. Per vedere come si materializza quello che c'è sulla pagina e
decidere cosa funziona e cosa no. Così arrivo sul set con una grande comprensione della materia. Durante
quelle prove improvvisiamo molto, giochiamo con le scene. In questo caso, Amy rivedeva continuamente lo
script alla luce di quanto succedeva nelle prove. Credo comunque di essere stato capace di non perdere il
contatto con lo script originale e con ciò che mi ha trasmesso la prima volta che l'ho letto. Ci sono molte idee
della prima stesura che sono rimaste. In realtà, per me è più facile quando didirigo qualcosa che ho anche
scritto, perché ho la sicurezza di poter sempre buttare via tutto. Quando giro un mio copione, mi sveglio ogni
mattina pronto a ricominciare da una pagina bianca. Qui Amy ha scritto una bellissima sceneggiatura e, come
regista, devo rendere la sua visione. Il che tiene a bada la follia con cui reinvento continuamente me stesso.
Come descriverebbe il suo cinema? Per me è fondamentale che una commedia abbia un tono e un margine
di realtà coerenti. Non mi piace quando, da una scena di comicità sopra le righe di colpo si passa a un
momento superserio. Lo stile va orchestrato con attenzione, perché un film ti permetta di sentire qualcosa,
emotivamente parlando. Il mio process è lo stesso dagli inizi, sia per il cinema che per la televisione. Mi siedo
alla scrivania e mi chiedo, per esempio, dove starebbe Gary Shandling in questa scena. Dove sta la verità?
Quell'approccio in genere mi colloca nel framework giusto per scrivere. Quando un film è finito, prima
dell'uscita, faccio moltissime preview. Molte più di altri registi. Così posso vedere le reazioni del pubblico. Le
battute buone sopravvivono quelle non buone no. È difficile tenere alto il livello shock della gross out
comedy? Non necessariamente. Basta essere creativi. Seth Rogen e James Franco, in The Interview, per
esempio, hanno decisamente esplorato nuovi territori del genere.... L'elemento della novità ha una parte
importante della commedia: devi trovare il modo di sorprendere il pubblico per farlo ridere. E in quel senso,
negli ultimi dieci anni abbiamo fatto molta strada. Scioccare, però non vuol dire necessariamente ricorrere
alla volgarità. E non è che tra di noi parliamo di come scioccare il pubblico. È importante avere almeno
qualche momento che fa venire giù la sala dalle risate, ma il film deve avere una sua integrità emotiva, e le
gag devono rispettarla. Da bambino amavi molto gli stand up comedian, e non pensavi al cinema....Oggi il
nome Apatow è sinonimo della commedia hollywoodiana. Il mio sogno era di frequentare tutti quelli che
lavoravano su Saturday Night Live. Volevo uscire con Bill Murray, Harold Ramis...Solo che allora avevo
dodici anni. Adesso abbiamo creato anche noi un nostro piccolo mondo della commedia, che si muove e
cambia di film in film. Perché io sono nato come fan, quindi quando incontro qualcuno come Amy, Seth
(Rogen), Jonah (Hill) o Lena (Dunham)...prima di tutto li vedo da fan. Voglio vederli al lavoro, dare loro
l'opportunità di scoprire la propria personalità sullo schermo o, come nel caso di Amy, di cambiare medium,
dalla tv a cinema. Se ti tratta di persone di talento, da quella collaborazione nasce altro. È molto bello vedere
le cose che ognuno di noi decide di fare dopo, come si evolvono i percorsi e le passioni individuali.
I FILM
Giovani, immaturi tendenzialmente folli Il debutto alla regia «40 anni vergine» (2005), con Steve Carell alle
prese con «la prima volta», segna incassi record. Due anni dopo tocca a «Molto incinta», dove
l'incontro/scontro fa l'eterno adolescente Ben (Seth Rogen) e la ragazza con la testa sul collo Alison Scott
(Katherine Heighl) produce, come da titolo, un bebè. In «Funny people» - il più dark e bello dei suoi film di
regista - 2009 - George (Adam Sandler), è uno stand-up comedian di successo che scopre di essere affetto
da un male incurabile. È l'inizio dello svelamento progressivo di una vena autobiografica del suo cinema che
con inua con «Questi sono i 40» (2012) interpretato da sua moglie Leslee Mann e dalle sue figlie, che
riprende i personaggi di «Molto incinta», Debbie e Pete (Mann e Paul Rudd), mostrati nella settimana in cui
entrambi compiono 40 anni.
FRIENDS AND FAMILY
Fieg, Dunham, allievi e maestri Sono tanti gli attori che hanno beneficiato dell'«Apatow touch», del tocco
magico del regista americano. Una lunga serie di nomi dove spiccano quelli di Seth Rogen, James Franco,
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Lena Dunham, Ben Stiller, Jason Segal, Leslie Mann, Iris e Maude Apatow, Kristen Wiig, Adam Sandler, Paul
Rudd, Amy Shumer, Melissa McCarthy. Importantissima la collaborazione con Paul Feig (sugli schermi
italiani è arrivato proprio in questi giorni la sua ultima commedia dal titolo «Spy») autore della serie cult
«Freeks and Geeks» (di cui parliamo diffusamente nella scheda a fianco) e regista di «Le amiche della
sposa».
TELEVISIONE
Quei problematici gaudenti seriali Su piccolo schermo il debutto di Apatow è datato 1992 come creatore e
sceneggiatore dei tredici episodi di «The Ben Stiller Show. Il successo di culto è però «Freak and Geks»
(1999), la serie scritta da Paul Feig, che fra gli interpreti lanciò fra gli altri un giovanissimo James Franco,
Seth Rogen, Jason Siegel, Linda Cardellini. La Nbc la cancellò dopo diciotto episodi, ma i dvd e ora Netflix
che l'ha resa disponibile sulla piattaforma, l'hanno trasformata in un «cult» del genere. E poi «Girls» creata e
interpretata da Lena Dunham - in onda dal 2012, serie della quale sono stati realizzati finora quaranta episodi
PRODUZIONI
Rock star e party ad alto tasso alcolico Il primo capolavoro è « The Cable Guy» (1999), di Ben Stiller per
cui ha prodotto anche Zoolander. A partire dal 2004, è di sua produzione anche la franchise degli
«Anchorman», fatta di tre film tutti diretti da Adam MacKay. Dopo il boom di «40 anni vergine», un altro
grande sucesso è «Superbad - Tre menti sopra il pelo» (2007) di Gregg Mottola - sulle (dis)avventure di tre
amici adolescenti alla fine dell'ultimo anno di scuola superiore. E ancora, «Forgetting Sarah Marshall», che
inaugura la sua collaborazione con Nicolas Stoller che dirigerà anche «In viaggio con una rock star» (2010). Il
capolavoro incompreso in Italia è «You Don't Mess with the Zohan». Bellissimi anche «Pinapple Express» di
David Gordon Green, e «Le amiche della sposa» (2011). Sua la produzione del ritorno di pee Wee Herman,
«Pee Wee's Big Holiday», previsto per il 2016.
Foto: AMY SCHUMER E JOHN CENA IN UNA SCENA TRATTA DA «TRAINWRECK» DI JUDD APATOW,
IN ALTO A DESTRA
22/07/2015
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I GRANDI FILM A PUNTATE
Fargo, Minority Report e le altre: il cinema cult rivive nelle serie
GEMMA GAETANI
Diceva il francese Michel de Montaigne: «La continuità di vedersi non può rappresentare il piacere che si
sente a lasciarsi e riprendersi a tratti». Forse non c'è aforisma più vero, in particolare per i film addicted .
L'ultimo trend da «mai più senza» non è la bicromia tricologica shatush per le femmine, barba e pantaloni
skinny e alla caprese (alla caviglia) per i maschi o la lotta quasi armata contro Adinolfi per l'affermazione dei
diritti civili per i gay. Ma la prosecuzione narrativa di un originale in realtà concluso. Citando Walter Benjamin,
è l'opera d'arte filmica nell'epoca della sua riproducibilità. Non tecnica, ma telefilmica: l'originale film la cui
trama si esauriva forever dopo l'ultimo fotogramma si riproduce procreando una nuova vita telefilmica.
Avevamo un film? Tàc, la serie tv. Valido anche il contrario: serie tv? Tàc, il film. Dopo l'epoca culturale
dell'Acquario, è quella del Maiale: non si butta via niente. L'espansione del blob originario spesso include
anche romanzo e fumetto e per procedere a mappatura ci vuole il plastico di Vespa. Quest'odierno
spasmodico resuscitare Lazzari narrativi ha antecedenti: dal classico letterario di Margaret Mitchell, da cui il
mastodontico film, Alexandra Ripley nel 1991 scrisse Rossella . Il seguito di Via col vento . Per la gioia di chi
(io ero in prima fila), rimasto male per la separazione di quei due isterici, poté palpitare dietro a Rossella che
si riprendeva Rhett (da Rossella anche la miniserie tv, ovvio). Mission: impossible , film del 1996 con Tom
Cruise, arrivato quest'anno al quinto cinesequel, nacque dalla serie tv omonima andata in onda per sette
stagioni dal 1966 e per altre due nel biennio 1988-1990. Idem Sex & The City . Dopo sei stagioni tv tra i
Novanta e i Duemila, ben due recenti film (e ogni tanto vien fuori che vedremo anche il terzo). Il fan gioisce di
questo accanimento terapeutico: la vita dei suoi eroi prosegue e vede gli attori invecchiare con sé anziché
perire della «regola di Brigitte Bardot» - scomparire al culmine della bellezza e procurare coccoloni fotografati
distrutti dai decenni dai paparazzi. Il sequel ad ogni costo può anche deludere, eh. Nel film Sex and the City 2
Samantha lascia il suo giovane fiancé: tanti (io capeggiavo il corteo di protesta in piazza) avrebbero preferito
immaginare Samantha e Smith per sempre insieme. D'altronde, la scena di lei a Dubai che lancia profilattici
contro musulmani integralisti è più fou di Anna Magnani fruttivendola Elide in Campo de' Fiori che grida «Oggi
so' matta!» (ripensandoci, abbandonai il corteo al suo destino). I Novanta non erano ancora gli anni in cui
c'erano più serie tv che funghi in una velouté de champignons de Paris. Questi sì e il feedback film-serie è
inarrestabile. È nelle sale Entourage , ispirato dalla serie di culto prodotta da Mark Wahlberg sull'ascesa di un
giovane attore a Hollywood (probabilmente la sua vita). C'è stata Bates Motel , ispirata al romanzo Psyco ,
già omonimo film di Alfred Hitchcok. Su Sky abbiam visto la bellissima Fargo , prodotta dai Cohen bros e
tratta dal loro film capolavoro, e le italianissime Romanzo Criminale e Gomorra , sempre innesti di libri e film.
Pochi giorni fa al Comic-Con di San Diego è stata presentata la serie tv sequel di Minority Report , filmone del
2002 di Steven Spielberg con Tom Cruise già tratto dall'omonimo racconto di Philip K. Dick. Annunciate serie
tv dai film: Attrazione fatale, The Truman Show , Narc , Ghost (non confondetela con Ghost whisperer ,è altra
cosa), American Gigoló e Urban Cowboy . Pure del film Django del 1966 di Sergio Corbucci (di cui già
Quentin Tarantino girò il wonder remake Django unchained ) e del romanzo Suspiria de Profundis di Thomas
de Quincey (già Dario Argento ne fece film, Suspiria ) vedremo presto le serie tv (Argento supervisionerà la
seconda). Mentre scriviamo ne avranno annunciate ancora altre e ci chiediamo: dai film di Chaplin no? Si
travasa da grande a piccolo schermo e viceversa per approfondire, far vivere per l'eternità o quasi gli originali.
Ufficialmente in nome di un grande amore per i film, ma c'è anche da considerare che si va sul sicuro (come
in amore, in effetti, dove solo romantici loser si innamorano di soggetti che la razionalità definirebbe
fallimentari). Il rischio di rovinare tutto con uno schifezzone? Ma chi se ne frega, bene o male basta che se ne
faccia sequel.
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Il fenomeno
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Foto: SUL PICCOLO SCHERMO
Foto: A sinistra, la serie tv «Fargo». Sopra, in alto, una scena del film «Minority Report». Sotto, un'immagine
dal trailer della serie tv omonima, diffuso nei giorni scorsi
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Tom Felton, da Harry Potter all'amore per i Beatles
LEONARDO IANNACCI
Prigioniero di un ruolo, suo malgrado. Tom Felton , agli occhi del mondo, non è Tom Felton anche se lui fa di
tutto per sfuggire a quella che potrebbe essere una dannazione. È conosciuto in tutto il globo per i ruolo del
poco rassicurante Draco Malfoy, l'acerrimo rivale di Harry Potter. Eppure a vederlo dal vivo, qui al Festival di
Giffoni, il buon Tom non ha nulla di demoniaco, anzi. Ha i modi gentili ed eleganti di uno studente di Londra,
la città dove è nato 28 anni fa, e dalla quale è partita la sua carriera di attore. Sette le puntate della saga di
Harry Potter a cui ha preso parte: si calcola che i relativi incassi ammontino a 7,7 miliardi di dollari
complessivi: neppure i film di James Bond o quelli di Star Wars sono stati altrettanto produttivi. Un fenomeno
incredibile. Felton la spiega così: «In realtà dentro di me non mi sento prigioniero di quel ruolo e non vorrei
mai sfuggire da Draco. La saga di Harry Potter penso sia una storia fantastica, perfetta nel suo svolgimento.
Mi ha dato una popolarità pazzesca, in Giappone mi hanno trattato come una rock-star. Però non nego che,
ora, mi piace esplorare altri generi e l'ultimo film che ho girato è stato entusiasmante per il mio ego». Felton si
riferisce a Risen , una pellicola diretta da Kevin Reynolds e interpretata insieme a Joseph Fiennes, che
racconta i giorni della resurrezione di Cristo vista attraverso gli occhi di un legionario romano. Quasi un
thriller: «È così. Non è un film biblico, non c'è niente di leggendario: è un resoconto serio di un avvenimento
incredibile. Nessuno, prima d'ora, aveva storicizzato in questo modo la morte e la resurrezione di Cristo.
Questo film, dopo otto Harry Potter, mi ha cambiato la vita: nato anglicano, da adolescente ho avuto qualche
problema con la religione. Per prepararmi a girare Risen ho dovuto leggere i testi sacri e ne sono rimasto
affascinato. Ho rivisto il mio modo di intendere l'aldilà e, per un ragazzino che è cresciuto con il mito di Jim
Carrey e lo imitava, la sera, davanti allo specchio, è stato un salto notevole». Ma Felton non è soltanto un
attore ricercatissimo: ama la musica e ha inciso sei dischi: «Suono la chitarra e scrivo canzoni ma non ho
ambizioni serie. Anche se chi fa il musicista è molto simile a noi attori. Noi dobbiamo toccare tre-quattro corde
per interpretare un ruolo, essere naturali e diretti. Non dimenticate che i Beatles, con tre soli accordi, non
scrissero inizi anni 60 almeno una ventina di capolavori e cambiarano il corso della musica moderna. Mi
ispiro a loro».
Foto: L'attore Tom Felton
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L'attore al Giffoni
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Gli Anni Ottanta non finiscono mai
Musica, cinema e tv: riecco gli '80 Leggerezza e ottimismo contro la crisi Tecnologia Il marchio Commodore
ritorna con uno smartphone «italiano» Pop Estate da protagonisti per Pet Shop Boys e Billy Idol
Davide Di Santo
Sarà «colpa» dell'austerity e di un futuro che fa paura. O di quegli anni Novanta guardati ancora con
sospetto, di fatto già «vintage» ma troppo vicini per tornare alla mente con la patina della nostalgia che lascia
passare solo i ricordi positivi. Fatto sta che gli anni Ottanta continuano a tornare alla ribalta quasi non fossero
mai finiti. E poco importa se oggi i protagonisti di allora hanno il doppio mento, la pancetta e la cellulite, o se a
riascoltarle certe canzoni sembrano di plastica, o se gli effetti speciali dei film sono credibili quanto la parodia
di Miami Vice - altro mito eighties - fatta da Fiorello e Carlo Conti in una réclame. Cinema, musica e
televisione continuano a pescare a piene mani in quell'immaginario ottimista e colorato quasi a trovare
conforto dal grigiore della crisi e dalle miserie della cronaca. Esemplare la trama di Pixels , film di Chris
Columbus in uscita nelle sale italiane, che parte proprio nel 1982, anno in cui la Nasa, per mettersi in contatto
con eventuali forme di vita extraterrestre, invia nello spazio una capsula del tempo con documenti e video
della cultura popolare di quel momento. Un messaggio nella bottiglia che finisce nelle mani di alieni così
bellicosi da interpretare le immagini dei videgiochi di allora come una dichiarazione di guerra. Così, da anni
luce di distanza, inviano sulla Terra - dimostrando anche una certa ironia - versioni giganti di Pac Man e
Donkey Kong per distruggere New York. Quasi a dire che questi anni '80 minacciano di annientarci se non si
trovano altre fonti di ispirazione oltre alla rielaborazione dei bei tempi che furono. Eppure la potenza del
revival non può essere controllata, soprattutto d'estate, con gli Spandau Ballet che riempiono le arene italiane
con le vecchie hit. I rivali dei Duran Duran - anche loro reduci dall'immancabile reunion - non sono gli unici ad
aver previsto una tappa italiana nel tour estivo. Ecco allora Billy Idol, biondissima icona punk di Rebel Yell , o
i campioni dell'electropop inglese Pet Shop Boys che nell'86 dedicarono anche una canzone ai paninari Paninaro , appunto l'unica cultura giovanile 100% made in Italy che giorni fa ha visto morire il suo
«santuario», il fast food di piazza San Babila a Milano. Poi c'è il numero tondo, il trentesimo anniversario di
tanti successi del botteghino, ottima leva di marketing per remake e sequel come quello di Top Gun con Tom
«Maverick» Cruise. Ha fatto sorridere la foto postata sul profilo Instagram di Christopher Lloyd, il «Doc» di
Ritorno al futuro , con i compagni d'avventura Lea Thompson - Lorraine, nel film - e «Marty» Michael J. Fox.
Un revival profetizzato nella fiction dal momento che il 21 ottobre 2015 era la data impostata sul display della
macchina del tempo all'inizio del secondo episodio. La DeLorean argento fa il paio con la fantastica
Interceptor della trilogia di Mad Max , visionario road movie ambientato in un futuro barbarico. Mel Gibson,
protagonista del primo capitolo, aveva declinato l'invito a partecipare al recente quarto capitolo, Fury Road ,
sostituito dal più giovane Tom Hardy. Tiene botta invece Arnold Schwarzenegger al cinema con la nuova
avventura della saga più celebre dell'ex culturista austriaco: Terminator Genesys . Dal 1984 ne è passata di
acqua sotto i ponti, con il nostro eroe ormai 68enne che smessi i panni di governatore della California è
tornato un po' imbolsito tra esplosioni e combattimenti. Anche nella tecnologia di consumo, affollata di marchi
anonimi e senza storia, rispuntano cari vecchi miti dell'8 bit. Come Commodore, fondata da un ebreo polacco
sopravvissuto ad Auschwitz, che negli anni '80 ha portato in milioni di case il personal computer con i vari Vic
20, Amiga e C64. La nuova Commodore l'hanno fondata due italiani, Carlo Scattolini e Massimo Canigiani, e
non ha nulla da spartire con l'«originale» se non il marchio. Il primo prodotto - segno dei tempi - è uno
smartphone chiamato Pet come uno dei primi pc. L'effetto nostalgia è garantito dall'emulatore di videogiochi
vintage grazie al quale i quarantenni di oggi possono tornare idealmente nelle loro camerette di allora. Guida
tv per questa estate retrò la trasmissione Io c'ero negli anni '80 , su Deejay Tv, erede tra l'altro di quella
Deejay Television nata sui canali del Biscione. Tra gli ospiti di stasera anche Ilona Staller in arte Cicciolina,
intenzionata a rilanciarsi nel porno con un nuovo film. Se revival deve essere, giusto farlo fino in fondo.
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Dagli Spandau Ballet a Miami Vice fino al sequel di Top Gun
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Foto: Miti Arnold Schwarzenegger e gli Spandau Ballet
Foto: Parodia In onda in questi giorni lo spot di Fiorello e Carlo Conti ispirato a Miami Vice
Foto: Ritorno al futuro Di nuovo insieme Christopher Lloyd, Lea Thompson e Michael J. Fox alias Marty
McFly
Foto: Effetti speciali Il film «Pixel» in uscita immagina New York distrutta da giganteschi personaggi di
videogame anni '80 inviati dagli alieni
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La donna che inventò il mocio e diventò stramilionaria
Nel cast Jennifer Lawrence, Robert De Niro e Bradley Cooper Dal sogno alla realtà Oggi la sua azienda
incassa più di 10 milioni di dollari all'anno
Dina D'Isa
Si chiama Joy Mangano, classe 1956, newyorkese nata da genitori italo americani, laureata in economia
aziendale, madre single di tre figli con la passione per le invenzioni. Tanto che nel 1990 la sua vita cambiò
completamente e diventò stramilionaria grazie all'invenzione del Miracle Mop, meglio conosciuto in Italia
come mocio, ovvero lo straccio per pavimenti provvisto di secchio, dove si può strizzare il panno senza
bagnarsi le mani. La sua azienda incassa tuttora all'anno più di 10 milioni di dollari. La storia di Joy Mangano
diventa ora un film, dove sarà protagonista il premio Oscar Jennifer Lawrence, la diva 25enne lanciata in
«Hunger Games» e nel film «Il lato positivo» che le valse l'Oscar. A dirigerla il regista David O. Russell e ad
affiancarla un cast strepitoso, con Robert De Niro e Bradley Cooper: i tre hanno già avuto un ottimo riscontro
ne «Il Lato Positivo», motivo per cui il regista ha deciso di tornare a dirigerli in un nuovo film, dalla trama
piuttosto inconsueta, ma sicuramente accattivante. Già, perché Joy Mangano non è una casalinga qualsiasi,
ma una donna che ha avuto una brillante intuizione inventando una sorta di scopa rotante. Alla presentazione
della sua creazione, riuscì a vendere quasi ventimila pezzi in appena venti minuti. Attualmente sono circa 5
milioni le Miracle Mop finora vendute in Usa. La Mangano ha inventato anche tante altre cose, fra cui delle
famose stampelle per abiti antiscivolo. Insomma, il cinema si accorge anche delle casalinghe creative e, non
a caso, la Sony ha intenzione di produrre un film su Brownie Wise, altra famosissima casalinga che inventò
l'incubo di tutte le riunioni pseudo condominiali, la madre di tutte le convention di casalinghe: i contenitori
Tupperware. Nel film «Joy» De Niro vestirà i panni del padre della donna e Bradley Cooper sarà una sorta di
amico particolare. Le riprese sono state girate a Boston e l'uscita della pellicola è attesa nelle sale Usa a
Natale 2015 con distribuzione Fox, mentre in Italia arriverà qualche settimana dopo. Il film natalizio dovrà
però vedersela con una concorrenza al botteghino: a cominciare da l'attesissimo «Star Wars: Il risveglio della
Forza» e poi, «Alvin Superstar 4», il western di Tarantino «The Hateful Eight», «Concussion» di Will Smith, il
remake di «Point Break» di Ericsono Core, che prende il posto del cult diretto dalla Bigelow nel 1991. E per
finire, sempre a Natale arriverà «The Revenant» con Leonardo DiCaprio nei panni di un cacciatore di pellicce
agli inizi dell'Ottocento che dovrà lottare contro orsi e banditi. Ma la Fox non teme rivali, perché «Joy»
racconta anche, e soprattutto, la storia di una famiglia che si dipana attraverso quattro generazioni ed è
incentrata sulla ragazza che da grande fonderà una dinastia di business diventando un'autentica matriarca. Il
film è intriso anche di sentimenti familiari, tra tradimenti, slealtà, perdita dell'innocenza e pene d'amore: tutti
temi cari a David O. Russell, sapiente nel dirigere commedie intense, emozionanti e umane. Mentre la
protagonista lotta per assumersi le responsabilità di un vero capo-famiglia e diventare leader di una grande
impresa in un mondo, quello del commercio, che non perdona e non ha certo pietà per i perdenti. Ecco che
coloro considerati fino a poco prima degli alleati diventano avversari, mentre i nemici si trasformano in alleati,
spesso per interesse e convenienza, sia all'interno sia all'esterno della famiglia. La protagonista Joy
(Lawrence) soffrirà per le slealtà che dovrà subire, ma la sua ambizione e la sua immaginazione la
porteranno lontano, fino al grande successo. Joy Mangano è tuttora presidente della Ingenious Designs LLC
e appare regolarmente sul canale di shopping televisivo statunitense HSN. La passione per l'imprenditoria ha
spinto Joy ad aprire anche un ristorante, «Porto Vivo» a Huntington, nella bella zona di Long Island, a New
York.
Foto: Attrice Jennifer Lawrence a Boston, sul set del film «Joy»
Foto: Mop Lo straccio miracoloso
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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New York In un film la storia dell'inventrice italo- americana Joy Mangano
22/07/2015
Pag. 13 Ed. Bologna
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Rinnovato l'accordo Anec-Comune per la salvaguardia delle sale
Lo spettatore medio bolognese va al cinema cinque volte l'anno in un Paese in cui la frequenza media è due
sole volte, e se è il segreto di Pulcinella ricordare che il cinema si deve vedere al cinema, le sale vanno
preservate. È su questo presupposto che il Comune di Bologna prosegue nell'impegno di salvaguardia delle
sale del centro storico e delle periferie. Se il protocollo d'intesa firmato il 26 ottobre del 2012 tra Comune e
Anec aveva carattere continuativo, oggi vengono confermate le agevolazioni e misure di vario tipo a favore
dei cinema. A partire dal fisco. Esentata (ancora) la Tasi e l'imposta della pubblicità, Tari e Imu sono applicate
a tariffe minime. Anche i parcheggi avranno sconti al 50%, grazie all'accordo con Apcoa (per piazza VIII
Agosto e via del Rondone angolo Azzo Gardino). Dalle conferme alle novità. Che riguardano l'aspetto
promozionale. Già in Piazza Maggiore ogni sera le slide con la programmazione nei cinema cittadini scorrono
prima delle proiezioni di Sotto le stelle del cinema. Da stasera (in collaborazione con Cinè, le giornate estive
di cinema a Riccione), sempre in Piazza vedremo i trailer dei film più attesi della prossima stagione. La
Cineteca ha inoltre commissionato lo spot d'animazione Una vita al cinema (prodotto da Kilowatt), a ricordarci
l'importanza delle sale in centro, visibile da settembre. «Il rinnovo della convenzione tra Anec e Comune - le
parole del direttore della Cineteca Gian Luca Farinelli - è un aiuto e uno sforzo che dà valore all'importanza
sociale, culturale, economico delle sale cinematografiche». Anche per questo, continua Farinelli, «le sale a
Bologna hanno chiuso meno rispetto al resto d'Italia». Il Comune ha improntato una spesa diretta di 10 mila
euro, una cifra che per l'assessore Ronchi va nella direzione «di un arricchimento dell'impegno intrapreso. Il
cinema è un linguaggio fondamentale e le sale devono rimanere il più possibile aperte. Anche nell'ottica della
sicurezza dei cittadini». Ad oggi sono 21 le sale di Bologna coinvolte nel protocollo d'intesa, tra prime,
seconde visioni e parrocchiali. «Un esempio virtuoso», per il presidente Anec regionale Andrea Malucelli. Un
modello che «auspichiamo possa essere replicato». In Regione è aperto il dialogo con l'assessore alla
Cultura Mezzetti. Ma si guarda anche alla scuola, per un rilancio tra i giovanissimi. E intanto si anticipano
alcune novità in arrivo in Cineteca in autunno. Tra i film più attesi, Dheepan , il nuovo '007', gli utlini Scorsese
e Tarantino. (Pa. Ga.) © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Una città a misura di cinefili
22/07/2015
Pag. 81 N.30 - 29 luglio 2015
Lui, lei, l'altra. Tra equivoci e poesie
F.M.
Di triangoli come questo è pieno il cinema, forse perché la rivalità tra sorelle è tema adatto a ogni genere:
dall'horror {Chefine ha fatto Babyjane?) alla commedia ora sugli schermi; dal dramma (vedi il recentissimo
Tre cuori) al film storico: vi siete dimenticate forse L'altra donna del re con le sorelle Boleyn a contendersi il
cuore di Enrico Vili? Bene, qui ci troviamo di fronte a Richard, splendido professore di Cambridge, gran
seduttore, inguaiato con una sua giovane allieva. La quale aspetta un bimbo da lui. Che però ne è ancora
all'oscuro. In questo delicato momento Richard si imbatte in Olivia, esuberante scrittrice di romanzi con la
quale può parlare dei suoi interessi, di se stesso. E sentirsi capito. Naturalmente se ne innamora. Ma
purtroppo Olivia è la sorella maggiore della sua allieva. La trama è esile, ma il cast brillante perché Pierce
Brosnan (malgrado l'età) nel ruolo è perfetto e Jessica Alba e Salma Hayek sono divertenti. Il film ideale per
una serata spensierata. Salma Hayek, 48 anni, Jessica Alba, 34, e Pierce Brosnan in II fidanzato di mia
sorella. L'attore irlandese Pierce Brosnan, 62 anni. CINQUE DOMANDE A PIERCE BROSNAN Che ruolo
interpreta nel film? «Sono un professore di Cambridge con due passioni: la poesia romantica e le belle
donne. Questo è l'incipit per una storia piena di equivoci, che mostra quali strade assurde possa prendere a
volte l'amore». Cosa intende? «Lo vedrete al cinema. Posso dirvi però che a Richard, il mio personaggio, ne
capiteranno di cotte e di crude, in gran parte per colpa sua e del suo carattere di inguaribile donnaiolo,
refrattario a qualsiasi regola». Anche lei ha avuto una vita sentimentale movimentata? «Una volta forse,
quando ero giovane, ora direi molto tranquilla. Mi sono sposato due volte e fra figli miei e acquisiti ho una
famiglia molto numerosa, che mi prende molto tempo, ma mi da anche molte soddisfazioni». Meglio le
commedie o i thriller alla James Bond? «Amo molto i thriller, ma non disdegno la commedia. Dicono che ho
delle doti in questo campo e un sottile humour inglese, anche se io sono di origine irlandese». Qual è
secondo lei il sesso forte: uomini o donne? «Le donne sicuramente. Anche nel film viene fuori questa cosa.
Noi uomini, per quanto possiamo fare o dire, siamo sempre subordinati a loro, in un modo o nell'altro, e credo
che in un futuro non lontano saranno le donne a dominare anche in ambito economico e politico».
Foto: Il fidanzato di mia sorella, di Torri Vaughan, con Jessica Alba, Pierce Brosnan, Salma Hayek, comm.,
Usa 2014, dur.: 114'. 81
CINEMA - Rassegna Stampa 22/07/2015 - 22/07/2015
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IL FIDANZATO DI MIA SORELLA / SHOW NEWS
21/07/2015
Pag. 38 N.5 - giugno 2015
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tiratura:3038
Pupi Avati Sono tornato a giocare coi treni
Andrea Crocioni
Con oltre quaranta Jììm all'attivo, Pupi Avati si può considerare a pieno titolo uno dei maestri del nostro
cinema. Regista 'narratore', capace di esplorare durante la sua lunga carriera i diversi ambili dello storytelling
e di distinguersi per la sensibilità che caratterizza il suo modo unico di raccontare le relazioni interpersonali,
l'autore emiliano e recentemente tornato a occuparsi di pubblicità grazie alla chiamata di Ferrovie dello Stalo.
La storia di un regista che non ha paura di essere 'popolare ' § Una capacità unica di raccontare storie dal
sapore dolce amaro, di fotografare l'evoluzione della famiglia italiana, focalizzandosi sulle debolezze umane,
sulle relazioni interpersonali, con un'attenzione particolare alla dimensione provinciale, retaggio della sua
origine emiliana e contadina. Parliamo di Pupi Avati, considerato uno dei Maestri del cinema italiano con oltre
40 film all'attivo, insignito lo scorso 3 giugno di un premio speciale nel corso della XXVIII edizione del
GrandPrix Advertising Strategies (vedi pag. 12). Prima che uomo di cinema, musicista jazz - storica la rivalità
con Lucio Dalla che lo ha portato a uscire dalla Doctor Dixie Jazz Band - per quattro anni lontano
dall'ambiente artistico per dedicarsi al lavoro di rappresentante nel settore dei surgelati, il regista bolognese
ha esordito dietro la macchina da presa alla fine degli anni '60 esplorando il cinema di genere, horror in
particolare, prima di arrivare alla commedia, ambito in cui ha affinato la sua personalissima cifra stilistica. Non
solo cinema, però, per Pupi Avati - che recentemente è tornato a dirigere una campagna pubblicitaria per
Trenitalia in occasione del lancio del nuovo Frecciarossa 1000 -, ma grande curiosità per tutti gli ambiti dello
storytelling. Ma da un grande regista può uscire un grande spot? "Non sono un regista di spot, questa è
un'incursione in un ambito che non mi è proprio...", ha risposto dal palco durante la cerimonia di premiazione.
"E stato un errore clamoroso quello di criminalizzare la pubblicità - ha continuato Avati -, perché così abbiamo
permesso l'occupazione della televisione da parte dei funzionari, lasciando gli autori completamente fuori. Il
Paese reale lo si incontra attraverso la tv, lo vediamo dalle serie americane: tutti i più grandi registi e
produttori statunitensi producono per la televisione, la sala cinematografica è diventata un luogo di incontro
molto anacronistico, invece la televisione non lo è. E noi l'abbiamo abbandonata con quella schizzinosità che
è un po' tipica degli intellettuali che l'hanno vista come una cosa troppo popolare. Magari oggi ci facessero
recuperare. Mi piacerebbe che molti miei colleghi e miei amici autori lavorassero per la televisione".
COVERSTORY In comunicazione oggi si parla tanto di storytelling. Il suo modo di fare cinema è
caratterizzato proprio dalla grande capacità di raccontare storie, andando a scavare nell'animo umano e
nell'universo delle relazioni. Cosa la ispira nel suo lavoro? Come si cattura l'attenzione di un pubblico
iperstimolato e forse meno propenso all'ascolto? Ma come si fa non lo so. E più un'urgenza mia quella di
raccontare che probabilmente quella del pubblico di sentirmi raccontare. Soprattutto 10 sono nato nella
cultura contadina, quando il racconto era veramente trasmissione di esperienze e arricchimento. E sono
cresciuto con questa urgenza, questa necessità. Fortunatamente c'è ancora chi mi permette di farlo. Non so
ancora per quanto, però per adesso è così. Nel suo ultimo film, Un ragazzo d'oro, ha scelto come
protagonista un creativo pubblicitario. Qual è il suo rapporto con il mondo dell'advertising? 11 mio rapporto
con la pubblicità risale a mille anni fa, quando c'era ancora Carosello. Nel senso che io facevo una pubblicità
per una marca di automobili molto famosa, francese, la feci per tanti anni. E si facevano dei Caroselli, dei
filmati di tre minuti, si raccontavano veramente delle storie. E quindi i registi, tutti i registi italiani di cinema,
facevano la pubblicità. Adesso, forse correttamente, i registi pubblicitari sono veramente più focalizzati, più
specializzati. Io vedo mio figlio che fa questo mestiere a Londra, ma lo fa attraverso un'esperienza, una
pratica tecnologica, molto avanzata. In questa circostanza, con le Ferrovie, è capitato che mi abbiano chiesto
se avevo voglia di rigiocare coi trenini. E allora è evidente che poteva andare bene anche un uomo maturo
come me. Per Trenitalia ha diretto lo spot dedicato a Frecciarossa 1000. Come ha scelto di raccontare un
Paese che vuole correre veloce? Su questo treno, che è veramente magnifico, io ci sono salito e ho viaggiato
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già in anticipo e devo dire che è un treno dal quale è difficile straccarsi e scendere. Io so che quando salgo su
questi Frecciarossa di fatto c'è una sospensione temporale. 10 salgo, organizzo il mio computer, accolto da
questa comodissima poltrona e vorrei veramente non scendere più. Perché poi al marciapiede di arrivo mi
aspettano tutti i problemi, mi aspetta la vita, la quotidianità. E come un tempo sospeso, come un
arricchimento temporale, si vive quel tempo in più. I nuovi media stanno creando nuovi spazi per la creatività.
Come vive la relazione con il mondo digitale? Quali opportunità intravede per gli autori e i registi? Mi sembra
che i nuovi media permettano un'intimizzazione del rapporto che diventa uno a uno. Non è più necessario
avere una massa. Io posso raccontare a te. Quindi posso anche abbassare il tono di voce. Poi è evidente che
il cinema di effetti e altamente tecnologico, che non è nel nostro dna, è quello destinato a piacere di più ai
ragazzi. Però se hai un'emozione e la devi trasmettere io penso che sia più opportuno questo passaggio che
addirittura, dirò una cosa che sembrerà sconsiderata, la sala cinematografica. Dove veramente è un rapporto
uno a chissà quanti, o a chissà quanto pochi! Il rapporto uno a uno diventa come 11 rapporto col libro, con un
disco, con la musica. Io posso parlarti a bassa voce, tu puoi interrompere il mio racconto e riprenderlo
domani. Possiamo farlo assieme e diventare veramente complici in questa narrazione. • Having directed
overforty films, Pupi Avati can be considered with full rights one of the masters of italian cinema. Director'narrator', able to explore during his long career the different areas of storytelling and stand out for the
sensitivity that characterizes his unique way of describing interpersonal relationships, the Emilian author has
recently come back to advertising thanks to Ferrovie dello Stato. The story of a director who is not afraid to be
'popular'
Aunique ability to teli bittersweet stories, to photograph the evolution of the Italian family, focusing on human
weaknesses, on interpersonal relationships, with particular attention to the provincial dimension, a legacy of
his Emilian and peasant origins. It is Pupi Avati, considered one of the Masters of Italian cinema: he has
directed over 40 films and was awarded on 3rd June a special prize during the XXVIII edition of the GrandPrix
Advertising Strategies (see p. 12). Even before being a cineaste he was a jazz musician, but the historic
rivalry with Lucio Dalla led him to leave the Doctor Dixie Jazz Band; he stayed four years away from the
artistic environment to work as a salesman of frozen foods. The director from Bologna debuted behind the
camera at the end of the 60s with exploitation films, especially horror, before devoting himself to comedy, an
area where he honed his very personal style. Not only cinema, however, for Pupi Avati - who has recently
directed an advertising campaign for Trenitalia for the launch of the new Frecciarossa 1000 - but great
curiosity for ali aspects of storytelling. Can a great director produce a great commercial? "l'm not a director of
commercials, this is a raid in an unfamiliar area..." he replied from the stage during the awards ceremony. "It
was a terrible mistake to crimìnalize advertising - said Avati - as a result we have let functionaries occupy
television, leaving the authors completely out. You find the real country through television, look at American
series: ali the greatest US directors and producers produce for television, cinemas have become very
anachronistic meeting places, whereas television is not. And we have abandoned it as fussy intellectuals who
see it as something too popular. I wish we could recover it. I wish many of my colleagues and my author
friends worked for television".
Carta d'identità ID card Pupi Avati, Giuseppe all'anagrafe, nasce a Bologna il 3 novembre 1938. Naufragato
il tentativo di affermarsi come clarinettista jazz, per quattro anni della sua vita si allontana dagli ambienti
artistici per dedicarsi al lavoro di rappresentante per un noto brand di surgelati. A spingerlo verso il mondo del
cinema, per sua stessa ammissione, la visione del capolavoro felliniano 8 Vi. L'esordio dietro la macchina da
presa arriva al la fine degli anni '60 con Balsamus, l'uomo di Satana, cui seguirà Thomas e gli indemoniati. In
veste di sceneggiatore collabora alla pellicola Salò, ultimo lavoro di Pier Paolo Pasolini. Come regista esplora
il cinema horror, del 1976 La casa dalle finestre che ridono, film affermatosi negli anni come un vero cult del
genere (come il successivo thrillerhorror Zeder). Nella sua lunga carriera non disdegna le produzioni
televisive che gli garantiranno popolarità presso il grande pubblico. Del 1978 è lo sceneggiato per la Rai Jazz
Band. Nel1979 realizza con i Pooh lo speciale televisivo Viva, dedicato alla lavorazione dell'omonimo album,
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uno dei maggiori successi di vendite della band. Nel 1983 il regista vira verso la commedia con Una Gita
Scolastica. Del 1986 Regalo di Natale, vero capolavoro drammatico del regista che ha anche il merito di
rilanciare la carriera di attore di Diego Abatantuono (del 2004 il seguito La rivincita di Natale). A seguire
vengono Storia di ragazzi e di ragazze (1989), Bix (1991), T'americano' L'amico d'infanzia (1993) e L'arcano
incantatore (1996). Fra gli attori 'tenuti a battesimo' da Avati anche Stefano Accorsi (protagonista della cover
del numero di aprile di Pubblicità Italia), al debutto sul grande schermo proprio nel suo Fratelli e sorelle.
Impossibile citare tutti i film diretti dal regista, ma ricordiamo Il cuore altrove (2003) con protagonisti Neri
Marcorè e Vanessa Incontrada, la commedia romantica Ma quando arrivano le ragazze? (2005) e La
seconda notte di nozze con Antonio Albanese e una strepitosa Katia Ricciarelli. Nel 2008, con II papà di
Giovanna, affida a Ezio Greggio il suo primo ruolo drammatico. Del 2011 II cuore grande delle ragazze, con
una sorprendente interpretazione del cantante Cesare Cremonini al fianco di Micaela Ramazzotti. Del 2014 la
sua ultima fatica cinematografica, Un ragazzo d'oro, con Riccardo Scamarcio e la star internazionale Sharon
Stone.
Giuseppe Avati, better known as Pupi Avati, was borri in Bologna on 3rd November 1938. After a failed
attempt explores the horror genre: The House with Laughing Windows, 1976, a film which over the years has
become a cult (as the following thriller-horror Zeder). In his long career he ^ does not disdain television
productions that ensure him popularity with the general public. In 1978 he directs the drama for Rai Jazz
Band. In 1979 he creates with Pooh the TV special Viva, dedicated to the eponymous album, one of the best
sellers of the band. In 1983, the director turns to comedy with A School Outing. Christmas present dates back
to 1986, a real drama masterpiece of the director who can also take credit for having revived the career of the
actor Diego Abatantuono (the film has a 2004 sequel, Christmas Rematch). Then we find The Story of Boys &
Girls (1989), Bix (1991), The childhood friend (1993) and The Mysterious Enchanter (1996). Avati was the
'godfather' ofseveral actors including Stefano Accorsi (protagonist of Pubblicità Italia's Aprii cover), who
debuted on the big screen in his Brothers and sisters. Impossible to mention ali the films directed by Avati, but
let's remember Incantato (2003) starring Neri Marcorè and Vanessa Incontrada, the romantic comedy Ma
quando arrivano le ragazze? (2005) and The Second Wedding Night with Antonio Albanese and ari amazing
Katia Ricciarelli. In 2008, with Giovanna's Father, he entrusted Ezio Greggio with his first dramatic role. The
big heart of girls (2011), with a striking interpretation of the singer Cesare Cremonini alongside Micaela
Ramazzotti. A golden boy (2014) is his latest film with Riccardo Scamarcio and the international star Sharon
Stone. " i to establish himself as a jazz ^ T clarinettist, for four years of his life he stayed away from the artistic
environment to work as a representative for a well-known brand of frozen foods. After watching Fellini's K
masterpiece, 8 Vz, by his own H | admission, he decided to de. J ^ H dicate himself to the world of cinema.
He debuted behind the I ^ ^ ^ H camera at the end of the 6Os i with Blood relations, followed " by Thomas e
gli indemoniati. As a screenwriter he contributed to Salò, last work by Pier Paolo Pasolini. As a director, heIn
your latest film, A golden boy, you have chosen an advertiser as protagonist. What is your relationship with
the world of advertising? My relationship with advertising dates back to a thousand years ago, when
Carosello was stili aired. I did a commercial for a very famous French car brand, for so many years. We used
to do Caroselli, three minutes films, we really told stories. And so, ali Italian filmmakers did advertising. Now,
perhaps rightly, commercial directors are really more focused, more specialized. I think of my son who does
this job in London, but he does it through a very advanced experience and technological practice. In this
circumstance, Ferrovie asked me if I wanted to play again with trains. And so it is obvious that a mature man
like me could be fit as well. For Trenitalia you have directed the Frecciarossa 1000 commercial. How did you
choose to teli a country that wants to run fast? l've got on this train, which is really great, and I have already
travelled on it before anyone else and I must say it is hard to get off. I know that when I get on these
Frecciarossa there is a real suspension of time. I get on, I organize my computer, greeted by this comfortable
chair and I really would like to stay there forever. Because then on the platform ali the problems, life,
everyday routine, are waiting for me. It's like a suspended time, as if you gained time, it's more time to live.
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The new media are creating new spaces for creativity. What is your relationship with the digitai world? Which
opportunities do you see for writers and directors? It seems to me that the new media make the relationship
more intimate, it becomes a one-to-one relationship. You no longer need to have a mass. I can teli something
to you. So I can also lower the tone of my voice. Then it is clear that young people prefer hightech cinema
with special effects, which is not in our DNA. But if you have an emotion and you must convey it I believe this
step is more appropriate than, l'Il teli you something that may seem reckless, the movie theatre. Where
actually it is a one-to-who-knows-how-many relationship, or who-knows-how-few! The one-to-one relationship
becomes like the relationship with a book, with a record, with music. I can talk quietly, you can interrupt my
story and résumé ittomorrow. We can do it together and really become accomplices in this narrative. •
In communication today storytelling is the focus. Your way of making f ilms is characterized by your great
ability to teli stories, digging into the human soul and the universe of relations. What inspires you in your
work? How do you capture the attention of an overstimulated public and perhaps less inclined to listen? I
don't know how I do that. Probably I feel more the need to teli than my audience to listen to me. Especially, I
was born in the rural culture, where the story was really handing down experiences and enrichment. And I
grew up with this urge, this need. Fortunately there are stili those who allow me to do so. I do not know for
how long, but for now it is like that.