Oikos nomos e salute mentale

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Oikos nomos e salute mentale
Oikos nomos e salute mentale
Luisa Brunori, Luigi De Donno, Chiara Bleve.
Parole chiave: modello economico, salute mentale, microcredito, social business.
Abstract
Questo lavoro si focalizza sulle complesse dinamiche tra modelli economici e aspetti
psicologici, individuali e di gruppo, e sull’impatto che esse hanno nella costruzione
della mente e dei rapporti sociali.
Come sottolinea Paul Verhaeghe [1] la diffusione del sistema neoliberista ha
influenzato tali rapporti favorendo lo sviluppo di tratti di personalità patologici basati
sulla esasperata ricerca dell’interesse personale con totale disattenzione al benessere
degli altri. Questo modello pone al centro delle dinamiche economiche e sociali
l’egoismo, atomizza gli individui, indebolisce e svalorizza i legami.
La corposa tradizione di studi sulla relazione nell’ambito della psicologia e delle
neuroscienze ha dimostrato come l’essere umano sia invece predisposto per la relazione
con gli altri suoi simili; la rottura dei legami sociali e l’isolamento determinano perciò
sofferenza a livello fisico, psichico e sociale. Da qui la necessità di riflettere su quali
siano le dinamiche relazionali e le pratiche economiche in grado di ribaltare la logica
dell’individualismo e riportare al centro dei rapporti umani quelli che in letteratura sono
definiti beni relazionali, che scaturiscono da uno scambio paritetico e gratuito
caratterizzato da cooperazione e collaborazione.
Riteniamo che il Microcredito e il Social Business, così come sono stati concepiti dal
Premio Nobel per la Pace Muhammad Yunus, rappresentino buone prassi a livello
economico e sociale, per lo sviluppo delle capabilities e per la promozione del
benessere dell’individuo e della Comunità.
Introduzione
Uno dei maggiori contributi di Norbert Elias [2] sulla questione di come la cultura
influenzi la mente è stato quello di evidenziare l’inscindibile relazione tra la dimensione
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sociale e quella psicologica; la continua evoluzione della società è in grado di incidere
sulla personalità degli individui che si devono adattare ai mutamenti del contesto
sociale di cui fanno parte. Dunque i processi sociali hanno un duplice ruolo nella vita
degli individui: il ruolo di sfondo e di parte attiva.
Ci interroghiamo qui su quale sia l’impatto che il pensiero economico neoliberista,
diffusosi nella cultura occidentale negli ultimi trent’anni, ha avuto per gli individui e
per la società.
Secondo Karl Polanyi [3] [4] un sistema basato solo sul mercato che si auto regola su
base rivalitaria, come il neoliberismo, risulta essere incompatibile con qualsiasi forma
di solidarietà (socialità), tanto da minare le fondamenta della società stessa. In questo
caso i termini del rapporto tra economia e società si invertono: non è più l’economia ad
essere inserita nei rapporti sociali (economy embedded in society) ma, al contrario, i
rapporti sociali sono assorbiti e determinati dal sistema economico. Polanyi contesta il
dogma della scuola economica neoclassica secondo cui la ricerca del profitto o, più in
generale, di un qualche vantaggio materiale sono le molle “naturali” del comportamento
umano; l’uomo, secondo questa prospettiva, è inteso in una accezione parziale: quella
di homo oeconomicus.
Polanyi si chiede se veramente la pulsione all’acquisizione e al guadagno sia da
considerarsi come una predisposizione naturale e onnicomprensiva degli uomini. La
sua risposta è che il principio del mercato “autoregolato”, la codificazione del
capitalismo e dei suoi dogmi, nascono solo nel corso del XIX secolo con la Rivoluzione
industriale e rappresentano una sorta di anomalia storica; i precedenti rapporti
economici erano subordinati ai rapporti sociali, invece con il capitalismo sono i rapporti
sociali a essere subordinati ai rapporti economici.
La convinzione secondo cui gli esseri umani sono per natura dominati dall’interesse
personale e dalla voracità viene analizzata anche dall’economista Jeremy Rifkin nel suo
best-seller “La civiltà dell’Empatia” [5].
Ripercorrendo le tappe significative della storia dell’uomo fino ai nostri giorni Rifkin
evidenzia come la scienza, applicata allo studio della mente, sia oggi in grado di
dimostrare come in realtà “l’animale uomo” sia biologicamente predisposto a
manifestare empatia e quindi a costruire rapporti, non a distruggerli.
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Uno dei pilastri sui cui si fonda la predisposizione genetica all’empatia è la scoperta dei
neuroni specchio avvenuta nel 1996 ad opera di un’equipe dell’Università di Parma
guidata da Giacomo Rizzolatti.
Ma ancor prima psicologi come Spitz, Fairbairn, Kouth e Bowlby hanno concepito la
persona frutto della relazione tra il sé e il contesto. In particolare il lavoro di ricerca di
Winnicott ha mostrato come l’individuo si forma nella relazione: è la relazione a creare
l’individuo e non viceversa [6].
Paul Verhaeghe, psicologo Clinico docente presso l’Università di Ghent, in un recente
articolo [1] afferma che il neoliberismo ha tirato fuori il peggio di noi, elicitando lo
sviluppo
di
tratti
tipici
della
personalità
psicopatica:
impulsività,
deresponsabilizzazione, assenza di senso di colpa e aggressività nei confronti dei più
deboli. Inoltre il pensiero economico neoliberista avrebbe enfatizzato la pressione sui
cittadini spingendoli verso ideali di successo e di potere. Verhaeghe sostiene che questo
sistema condanna la sconfitta e genera in chi fallisce forti sentimenti di vergogna e di
umiliazione anziché incoraggiare le persone a trovare soluzioni alternative a situazioni
di difficoltà. In altre parole il modello economico propone implicitamente un’etica che
contribuisce a definire l’identità dei cittadini.
Gli autori citati sostengono che il modello neoliberista vada nella direzione opposta
rispetto ai bisogni profondi degli esseri umani generando sofferenza.
È importante a questo punto focalizzarsi sui fattori individuali, sociali e macrosociali,
in grado di promuovere una differente prospettiva sociale ed economica.
Individuo e gruppo: il contributo della Gruppoanalisi
S.H. Foulkes, uno dei fondatori della Teoria Gruppoanalitica, sostiene che l’individuo
non può essere concepito in isolamento poiché la vita umana si svolge sempre in un
contesto relazionale.
Nella sua teorizzazione Foulkes introduce il concetto di matrice vista come “la rete di
tutti i processi mentali individuali, l’elemento psicologico in cui gli stessi si incontrano,
comunicano e interagiscono” [7] [8] e all’interno della quale le persone costruiscono
se stesse e la loro identità.
Applicando il pensiero di Foulkes al gruppo familiare possiamo immaginare la matrice
come un nido composto da tutte le pagliuzze che “l’animale genitore” raccoglie per
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creare il contenitore utile per la crescita del piccolo. All’interno di questo “nido” il
neonato acquisisce tutti gli elementi fisici, relazionali, sociali e culturali di cui ha
bisogno per diventare soggetto. Ogni soggetto fin dalla nascita apprende ed elabora,
all’interno dei diversi gruppi di cui fa parte, tutti gli elementi istituzionali e culturali
che definiscono i modelli di convivenza proposti e che ne definiranno l’identità.
Rispetto al rapporto individuo-gruppo, John Forbes Nash nel suo contributo alla “teoria
dei giochi” [9] descrive quattro diverse possibilità in cui si realizzano i rapporti tra gli
esseri umani: “lose-win”, “win-lose”, “lose-lose”, “win-win”. Nei primi due casi si
esprime una relazione che mette i soggetti in posizione rivalitaria tra di loro, dove se
uno vince l’altro perde e viceversa, in un contesto in cui le risorse sono considerate
scarse.
La modalità “lose-lose” è quella dove tutti perdono: la guerra ne è un esempio.
La forma “win-win” è quella per cui ognuno collabora per raggiungere un risultato
migliore di quello che avrebbe ottenuto agendo da solo. Il gruppo win-win è quello che
noi consideriamo strumento ad “alto potenziale relazionale”: un luogo in cui diversità
e rapporti orizzontali vengono valorizzati, rafforzando il legame sociale e ciascun
individuo che di quel gruppo fa parte.
Gruppo e psicoterapia
Secondo la teoria Gruppoanalitica ogni individuo è il frutto della fitta rete di relazioni
in cui cresce e organizza il suo sistema psichico. Gli elementi psichici che lo
compongono stanno insieme attraverso un sistema relazionale che è conseguenza della
oikòs- nomos del gruppo in cui la psiche si è organizzata.
A questo proposito poniamo l’attenzione su un aspetto che crediamo particolarmente
utile per valorizzare una sorta di continuità concettuale che tiene insieme l’economicità
del gruppo, la psicoterapia e il modello economico di riferimento. Consideriamo il
gruppo nella sua accezione di strumento di cambiamento applicato alla psicologia
clinica: il gruppo di psicoterapia.
La gruppoanalisi ci parla dell’individuo “malato” come espressione di un cattivo
funzionamento del gruppo originario, la famiglia, che produce un “capro espiatorio” su
cui si addensano le tensioni del gruppo. Si tratta di un gruppo che funziona secondo
modalità escludenti, attraverso forme relazionali “win-lose”. La funzione del gruppo
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terapeutico è quella di offrire al paziente l’esperienza emotiva correttiva di un gruppo
che funziona secondo una modalità “win-win”, includente. La matrice del gruppo di
psicoterapia infatti, perché l’effetto terapeutico sia possibile, deve funzionare attraverso
l’accoglienza e il diritto di esserci per ciascuno dei membri di cui è composto. Questo
passaggio è cruciale per produrre il cambiamento necessario nella matrice del paziente.
L’economicità del gruppo e i beni relazionali
La necessità di esemplificare i punti di contatto tra economia e psicologia ci ha spinto
a concepire il concetto di “economicità del gruppo” [10]. Un gruppo è “economico” se
lo concepiamo nella sua accezione di struttura ad alto potenziale relazionale, capace
di produrre beni relazionali [11] che per definizione si basano su relazioni paritetiche
gratuite, incentrate su reciprocità e responsabilità condivise. L’amicizia è il bene
relazionale per eccellenza.
Questo tipo di gruppo è risorsa necessaria per lo sviluppo degli individui e genera
vantaggi sia per le singole persone che per la Comunità. Utilizzando lo schema di John
Nash [9] potremmo dire che si tratta di un gruppo basato su relazioni “win-win”.
Immaginiamo così un sistema in cui le relazioni sono merci di scambio, che producono
e originano altri beni relazionali; in questa prospettiva la partecipazione sociale è
certamente un valore.
In questi dinamismi possiamo cogliere il profondo nesso tra psicologia ed economia,
ancora più evidente se consideriamo il significato etimologico di economia:
oikòsnomos, la regola della casa, la regola che governa le relazioni in gioco.
Da queste considerazioni si può dedurre che il benessere di una comunità è tanto
maggiore quanto minore è l’esclusione di tutti i suoi membri; quanto maggiore è la
possibilità che ciascuno partecipi alla vita della Comunità, tanto più ricca è la Comunità
stessa.
Gli aspetti descritti fino ad ora concorrono a determinare quella precisa caratteristica
del gruppo che definiamo “economica” e che comporta lo sviluppo sia degli individui
sia del gruppo all’interno di un circolo virtuoso.
La dialettica individuo/gruppo, elemento portante di questa riflessione, ha un ruolo
significativo relativamente alla questione dei modelli sociali ed economici.
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In un contesto sociale, infatti, per ragioni di ordine politico, economico e culturale, può
crearsi una situazione in cui il gruppo prevale sull’individuo e, viceversa, una situazione
in cui l’individuo prevale sul gruppo. In entrambi i casi si tratta di una relazione del tipo
“mors tua - vita mea”, ovvero una relazione a somma zero tra le due parti in gioco.
Pensiamo che il primo modello, quello in cui è l’individuo a prevalere sul gruppo,
corrisponda alla cultura che viene espressa dalla filosofia dell’economia di mercato
centrata sulla rivalità, il modello neoliberista dell’homo oeconomicus, mentre l’altro
corrisponde al modello coercitivo socialista in cui l’individuo tende ad essere
prevaricato dal gruppo, dal sociale. In ambedue i casi ci troviamo in una situazione
“win-lose”/ “lose-win” tra individuo e gruppo.
Il Microcredito
Il modello che descriveremo di seguito è stato ideato dal prof. Muhammad Yunus che
per questa incredibile impresa ha meritato nel 2006 il Premio Nobel per la Pace.
L’esperienza è iniziata in Bangladesh negli anni settanta a favore di coloro che Yunus
definisce “i più poveri dei poveri” e che vede come protagoniste principali le donne
[12].
Si tratta di una oikos nomos molto diversa da quella che riguarda l’istituzione del credito
nelle banche tradizionali. Potremmo addirittura dire che si tratta di un ossimoro poiché
con questa metodologia si intende fare credito a coloro che sono
“non bancabili”.
Dice Yunus [13] “ loro cercano i ricchi, noi i poveri; loro vanno dagli uomini, noi dalle
donne; loro in città, noi nei villaggi; loro vogliono sapere tutto delle persone, della loro
storia, del loro lavoro, noi non siamo interessati al passato ma al futuro della gente;
loro vogliono garanzie, noi no; loro hanno avvocati, noi no”.
Con questa intenzione, Yunus ha fondato la Grameen Bank che ha sede a Dhaka,
capitale del Bangladesh; Grameen deriva dalla parola gram che vuol dire “villaggio” la
si potrebbe tradurre in italiano con l’espressione “banca rurale”.
Il modello del Microcredito è fondamentalmente basato sulla fiducia. Consiste nella
concessione di piccoli prestiti a persone escluse dal sistema bancario “classico”,
permettendo loro di intraprendere un’attività di impresa o consolidare attività già
esistenti. Coloro che desiderano accedere ai prestiti e avviare un progetto devono
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formare un gruppo composto da cinque persone con cui sono in un rapporto di fiducia.
È il gruppo il luogo in cui vengono prese le decisioni che riguardano i membri, i piani
di lavoro e la sequenza dei prestiti anche se alla fine ogni “cliente” rende conto
personalmente alla banca. Il gruppo si incontra ogni settimana nella casa di una
“prestatrice” per la restituzione del debito e per consolidare le relazioni, attraverso uno
scambio continuo di competenze e suggerimenti.
Il gruppo in questo senso è da considerarsi anche come strumento di contenimento delle
ansie che una tale esperienza può attivare e per il consolidamento dell’autonomia
personale. Questa impostazione ha fatto si che il Microcredito, così come Yunus lo ha
costruito, abbia avuto dei tassi di restituzione vicini alla totalità dei prestiti. Ciò che
risulta particolarmente interessante nell’esperienza del microcredito è che “a partire
dalla componente intangibile, la fiducia, si sviluppano beni tangibili, i prodotti
realizzati, che, a loro volta, creano autostima, bene intangibile che, di nuovo, sviluppa
capacità di assunzione di rischio che ulteriormente sviluppa risorse tangibili e così
via… in un crescendo virtuoso che si realizza all’interno di un sistema a “beni
relazionali” [14].
Si tratta di una relazione di tipo “win-win” in cui individuo e gruppo dialogano nella
forma di un “gioco a somma variabile” dove l’economicità assume il significato di
incremento delle risorse per ambedue le parti.
Il microcredito di Yunus costituisce una “rivoluzione” sociale ed economica con
conseguenze significative sulla psiche degli individui nella rappresentazione mentale
di sè, di sè tra gli altri, del gruppo, della comunità, del sociale.
Yunus Social Business
Il contributo di Muhammad Yunus all’ideazione di pratiche economiche innovative non
si ferma al Microcredito, ma si estende anche ai modelli di impresa. Secondo Yunus
[15] il sistema capitalistico attuale è incompleto (half-developed capitalism) e andrebbe
integrato introducendo un nuovo tipo di impresa in grado di tenere conto della natura
multidimensionale delle persone.
Da questa necessità nasce l’idea di Social Business, come espansione e logica
conseguenza del Microcredito. Gli imprenditori che daranno vita a questo tipo di
impresa non seguiranno egoisticamente la massimizzazione del profitto personale, ma
perseguiranno precisi obiettivi sociali. Si tratta di un’impresa che ha come scopo
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principale la soluzione di problemi sociali e la creazione di lavoro per i cittadini di
quella comunità. È strutturato come una qualunque impresa ma non ha il profitto come
ragione d’essere. L’investitore può recuperare esclusivamente il proprio denaro.
Una volta recuperato quello, tutto il profitto è reinvestito nell’azienda per ampliarla e
renderla più efficiente.
Secondo Yunus il Social Business potrebbe rappresentare una nuova soluzione a un
problema atavico, quello della disoccupazione. Tutti possono essere potenziali
imprenditori: giovani, anziani, uomini, donne, alfabetizzati e analfabeti. Questo
processo aiuterebbe le persone ad uscire dalla frustrazione estrema e dalla depressione
legate alla disoccupazione; darebbe loro la speranza di una nuova vita. Attraverso la
creatività dei cittadini si potrebbe creare una nuova economia basata sull’altruismo.
Crisi e speranza: oltre l’homo oeconomicus.
Pensiamo di potere dire che stiamo vivendo un periodo di crisi fortemente determinato
dal sistema economico che ha reso possibili speculazioni finanziarie inaccettabili. “Nel
mondo di oggi, 85 individui al vertice della piramide posseggono più ricchezza di tutti
quelli che ne stanno alla base. Il vertice dell’umanità possiede il 99% della ricchezza
mondiale e lascia solo l’1% agli altri” [15].
In questo contesto abbiamo assistito all’aumento esponenziale delle disuguaglianze
sociali ed economiche fra le diverse popolazioni che hanno comportato situazioni di
povertà estrema e comportamenti dannosi nei confronti del Pianeta.
A partire da questa disastrosa empasse economica e sociale nasce la necessità di
riformulare il paradigma dell’ “homo oeconomicus”, secondo cui l’uomo è orientato
esclusivamente alla ricerca del massimo profitto e del guadagno personale.
Yunus, nel tentativo di proporre alternative a questo cupo scenario socioeconomico, ha
formulato il Microcredito e il Social Business, due pratiche economiche che pongono
al centro la fiducia. La fiducia secondo Fukuyama [16] è ingrediente sostanziale per
una buona economia e la base per la creazione di una società civile: un contesto
relazionale in cui scambiare reciprocità, responsabilità e giustizia e poter generare
energia vitale e speranza.
Bibliografia
8
[1]
Verhaeghe P. Neoliberalism has brought out the worst in us. The
Guardian 2014.
[2]
Elias N. La società degli individui. Bologna: Il Mulino; 1990.
[3]
Polanyi K. The Great Transformation. New York: Holt, Rinehart &
Winston Inc.; 1944. – Trad. it.: La Grande Trasformazione. Torino:
Einaudi; 1974.
Polanyi K. La sussistenza dell’uomo. Il ruolo dell’economia nelle
[4]
società antiche. Torino: Einaudi; 1977.
[5]
Rifkin J. La civiltà dell'empatia. Milano: Mondadori; 2010.
[6]
Winnicott WD. Gioco e Realtà. Roma: Armando Editore; 1990.
[7]
Foulkes SH. La psicoterapia gruppoanalitica. Metodi e principi. Roma:
Astrolabio; 1976.
Foulkes SH. Therapeutic Group Analysis. London: Allen – Unwin;
[8]
1964. - Trad. it.: Analisi terapeutica di gruppo, Torino, Boringhieri,
1967.
[9]
Nash JF Jr. Equilibrium Points in n-Person Games. Proc. Nat. Acad.
Sci. 1950; 36: 48-49.
[10]
Brunori L. Atti del convegno “The economy of the group. Relational
Goods in society, mind and brain”; 2002; Venezia, Italia.
[11]
Uhlaner CJ. Relational Goods and Participation: Incorporating
Sociability into a Theory of Rational Action. Public Choice Journal
1989; 62
(3): 253-285.
[12]
Yunus M. Il banchiere dei poveri. Milano: Feltrinelli; 2007.
[13]
Yunus M. Un mondo senza povertà. Milano: Feltrinelli; 2008. [14]
Brunori L. Laudatio per il conferimento della Laurea Honoris Causa a
M. Yunus. Alma Mater Studiorum; 2004.
[15]
Yunus M. Redesigning Economics to Redesign the World. Yunus
Centre; 2014.
[16]
Fukuyama F. Trust. London: Penguin Books; 1995.
9