formato pdf - Ilario Gobbi

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 1 Riconoscimenti: Il presente romanzo è condiviso con una licenza Attribution­NonCommercial­ShareAlike 4.0 International (CC BY­NC­SA 4.0) (​https://creativecommons.org/licenses/by­nc­sa/4.0/​): puoi modificare, redistribuire e utilizzare quest’opera per scopi non commerciali, a patto di citare come autore dell’opera originale “Ilario Gobbi (​www.ilariogobbi.it​)” e redistribuendo l’opera creata alle medesime condizioni di cui sopra. Immagine di copertina: immagine di pubblico dominio, fonte: https://pixabay.com/it/fantasia­castello­nuvola­cielo­782001/ Dedicato a tutti coloro che amano il fantastico, perché sono fantastici a loro volta. Ringraziamenti Questo romanzo è stato pubblicato originariamente sulla piattaforma The Incipit (​www.theincipit.com​) sotto forma di racconto a bivi in tre parti: 1) Primo capitolo: Le Ere Antiche ­ Capitolo 1 ­ L’errore di Xarathos: www.theincipit.com/2014/01/le­ere­antiche­capitolo­1­lerrore­di­xarathos­nickleby/ 2) Secondo capitolo: Le Ere Antiche ­ Capitolo 2 ­ La fine di Agarthi: www.theincipit.com/2014/04/le­ere­antiche­capitolo­2­la­fine­di­agarthi­nickleby/ 3) Terzo capitolo: Le Ere Antiche ­ Atto finale: Armageddon: www.theincipit.com/2014/07/le­ere­antiche­atto­finale­armageddon­nickleby/ Sebbene il romanzo “Le Ere Antiche ­ La Saga di Magog” sia stato interamente scritto da Ilario Gobbi, esso è basato in parte sull’interpretazione offerta da alcuni giocatori del play by forum Dragonisland (www.dragonisland.it), i quali hanno interpretato i personaggi creati dall’autore. Desidero quindi ringraziare: ● Sheyraen nel ruolo di Illusione ● Lunastella nel ruolo di Conoscenza ● Azia Medea Rubinia nel ruolo di Vendetta ● Odino nel ruolo di Terra ● Muriel (solo inizialmente) nel ruolo di Potenza ● ArthasMenthil (solo inizialmente) nel ruolo di Ingegno ● Pandemyc (solo inizialmente) nel ruolo di Seduzione e Ordine Campagna di gioco: www.dragonisland.it/distribution/viewtopic.php?p=52399 Background dei personaggi: www.dragonisland.it/distribution/viewtopic.php?f=87&t=4810 L’autore ha interpretato inoltre Senza Nome, Nemrod, Magog e gli altri personaggi secondari. Ringrazio per gli spunti forniti nel corso degli anni che hanno contribuito alla creazione di questa ambientazione: Lorenzo Sordini, Thekaz, Fulvio Pazzaglia, Nicola Santarelli, Red Dragon. Dizionario del Cybio Wars Universe Agarthi Nota anche come “la città imperitura”, è un centro abitato di circa ventimila abitanti collocato in Asia Minore, nascosto tra rupi impervie e valli aride, i cui edifici sono realizzati quasi esclusivamente nella straordinaria lega adamantina Apeiron. La città sorge sopra un incrocio delle linee di Xarathos, caratteristica che la rende molto preziosa per gli Xeniar, dato che da tali tracciati traggono i propri poteri. Apeiron Lega minerale blandamente radioattiva originatasi sotto la crosta terrestre dall’unione di cromo, argon, iridio, berillio e di altri materiali ionizzati, amalgamati dalla forza tettonica del sottosuolo. Tale materiale emerge dal terreno sotto forma di pinnacoli adamantini in pochi punti del nostro pianeta. L’Apeiron viene considerato praticamente indistruttibile, ma nonostante la sua robustezza può essere reso malleabile dalla volontà psicocinetica di chi possiede almeno un marchio di Xarathos. Bestie Profonde / Creatori di Xarathos Bestiali creature evolutesi nelle Ere Primordiali da semplici organismi marini in esseri grotteschi dallo smisurato potere psichico. Per interfacciarsi con gli esseri umani ­ allo scopo di farsi adorare come divinità ­ crearono collettivamente un ambasciatore, Xarathos, un essere con poteri paragonabili ai loro ma provvisto di ragionevolezza (qualità assente in questi esseri dalla coscienza puramente istintiva), il quale a sua volta separò gli aspetti della propria personalità di otto esseri artificiali di aspetto umano chiamati Xeniar. Al termine della guerra tra i Creatori e Xarathos (che vide quest’ultimo vincitore) le immonde bestie finirono isolate sotto la crosta terrestre e nelle profondità marine, immerse in una sorta di animazione sospesa dalla quale riescono ancora vagamente a percepire cosa accade sulla Terra... Energia di Xarathos Forma di energia geomagnetica originata presumibilmente dal nucleo terrestre e diffusa lungo il pianeta da canali sotterranei chiamati linee di Xarathos. Può essere accumulata all’interno delle cellule (umane o Xeniar) attraverso speciali connettori chiamati marchi di Xarathos. Fuoco dell’armonia Una manifestazione del Mondo Successivo, un dominio astrale colmo dell’energia psichica delle persone trapassate. Ricordi, ambizioni, personalità di coloro che una volta erano in vita si uniscono generando un impressionante fuoco psionico che si manifesta sul piano materiale sotto forma di un enorme massa incandescente di colore rosso­arancio o verde, a seconda dei casi. Il Fuoco dell’armonia può essere impiegato per congiungersi al Mondo Successivo e assorbire ricordi specifici posseduti da chi un tempo era vita, ma ciò è possibile solamente per coloro che possiedono una sufficiente armonia, la quale deve essere ceduta in parte all’entità per bilanciare il trasferimento psichico. Gog Nome che definisce un amalgama di tribù guerriere di diversa provenienza, lingua e cultura, accomunate dall’odio verso gli Xeniar e guidate da Nemrod. A differenza degli altri umani, possiedono armi in metallo e comandano di un gran numero di sauri delle Ere Primordiali (dinosauri). Marchi di Xarathos Sigilli alchemici collocati sulla schiena di ogni Xeniar, in un numero compreso tra uno e nove. Maggiore è il numero di sigilli, maggiore è il tempo che il potere porpora della riplasmazione richiede per riportare in vita gli Xeniar, ma superiore è anche la capacità degli stessi di assorbire l’energia di Xarathos per produrre effetti sull’ambiente in contrasto con le leggi fisiche (magia). Metallo Gog Detto anche Agarthio (essendo stato impiegato nell’attacco di Agarthi) è una particolare lega metallica di origine meteoritica mutata a causa dell’esposizione all’energia di Xarathos. Presente in pochissima quantità sotto la crosta terrestre, ha la particolarità di espandersi considerevolmente finché assorbe una qualsiasi forma di energia termica, per poi esplodere non appena il ritmo di assorbimento cala improvvisamente. Migdol Bavel (Babele) Cittadina collocata nell’odierno Iraq, famosa per la torre che forniva ai mistici che la abitavano notevoli conoscenze sulla natura e la storia della prole di Xarathos. Viene distrutta sedici anni prima dell’inizio della storia dagli Xeniar, e i suoi abitanti finiscono semi­lobotomizzati allo scopo di non poter diffondere le loro scoperte. Potere porpora della riplasmazione Processo bioelettrico proprio della fisiologia Xeniar, che consente ai figli di Xarathos di tornare in vita un attimo dopo la propria morte, sanando qualsiasi ferita subita: non è un potere attivabile dalla volontà dello Xeniar (tranne specifici casi) ma si aziona automaticamente con il trapasso del soggetto. La velocità di recupero dipende dal numero di marchi di Xarathos posseduti, in quanto più sono i sigilli detenuti e maggiore il tempo necessario affinché essi si ricarichino dell’energia di Xarathos. Tale dono non è in grado di resuscitare gli Xeniar da morti non violente ­ quali asfissia e annegamento ­ le quali comportano un trapasso definitivo. Shambhala Presumibilmente, una regione interna alla crosta terrestre vicina al nucleo di origine dell’Apeiron, nei pressi della quale il materiale può essere riassorbito e fatto espellere da qualsiasi punto della superficie del pianeta. Vimana Aeronavi dalla forma molecolare instabile che può essere ridefinita dalla volontà dello stesso mezzo o da quella del pilota. Sono realizzati in Apeiron inferiore, una lega minerale­cristallina che consente loro di galleggiare sopra le linee di Xarathos e di fondersi agli Xeniar, essendo questi ultimi composti di una versione più avanzata del medesimo materiale, l’Apeiron superiore. Xenia Mitologica città, o regione, nella quale i figli di Xarathos sono stati creati ­ con mezzi ignoti ­ presumibilmente da Xarathos stesso. Xeniar Detti anche “Figli di Xarathos”, “Precedenti” o “Razza Fenice”, sono una forma di vita artificiale creata con processi alchemici sconosciuti e alimentata dall’energia di Xarathos che scorre nelle vene della Terra. L’Apeiron superiore che li compone dona loro un aspetto umano e una biologia con simili caratteristiche, ma la loro forma “pura” non richiede né nutrimento né aria per sopravvivere. Hanno un aspetto immutabile che non cambia con il trascorrere dei secoli e la capacità di tornare in vita dopo la morte. Ciascuno di loro è stato creato secondo uno stampo mentale che ne determina il carattere, detto “virtù di Xarathos”. All’inizio della storia le virtù di Xarathos sono otto: la conoscenza, l’inganno, la vendetta, l’equilibrio, la comunione con la natura, la potenza, l’ascendente e l’ingegno. 1 XENIAR Apro gli occhi (ma soltanto in seguito avrei appreso che i corpi molli e tondi che andavano componendosi sul mio viso erano occhi) e vengo investito da un turbinio di luci e colori a cui non riesco ad attribuire un senso. Le mie orecchie stanno prendendo forma, e permettono alle voci concitate che mi circondano di toccare la mia mente. Nessuno mi ha insegnato la lingua che sono chiamato a parlare ma, come una scritta inciso su una lapide, tale conoscenza è scolpita nella mia mente. <<Davvero un bel lavoro, Ingegno. Sempre a blaterare formule incomprensibili, a pastrocchiare con alambicchi e sostanze rare, e poi il meglio che sai fare è dare forma a un essere sgraziato come questo.>> esclama una voce possente che sovrasta tutte le altre. <<Potenza, se la creazione fosse un atto padroneggiabile da una mente meno che sopraffina, potresti riuscirci persino tu.>> risponde una tonalità sonora più bassa e dalla cadenza ritmata. <<Che cosa vorresti dire, miserabile topo di biblioteca? Vuoi forse misurare la tua forza con la mia?>> <<Lo stampo genetico era intatto, stiamo seguendo alla lettera quanto ha disposto nostro padre. Prepariamoci a infondere il tocco.>> afferma un’altra voce, questa volta acuta ma controllata. <<Ma, Ordine, sorella… è piccolo e spiacevole alla vista. Nostro padre non può volere un figlio come questo. Deve esserci stato un errore.>> A un tratto, sento un calore così intenso da fare invidia al sole più splendente. Perdo di nuovo i sensi ­ ma forse non li ho mai avuti ­ e quando li riacquisto posso infine comprendere forme e contorni di ciò che mi circonda. <<... a sentirmi? Muovi la testa se… >> Poco alla volta, le informazioni plasmate nella mia mente iniziano a distribuirsi come gocce di pittura riversate su una tavola intonsa. Capisco che ho due arti per camminare e altri due per afferrare oggetti, una testa che sormonta un esile collo e un busto piccolo e tozzo che custodisce gli organi di cui abbisogno per vivere. Gli esseri che pronunciavano le frasi dal senso prima per me oscuro condividono la stessa struttura del mio corpo, ma differiscono ampiamente tra di loro e rispetto a me. Coloro dai capelli corti e dei peli sul volto, intuisco, sono uomini, mentre quelle dai lunghi capelli e dal petto pronunciato sono donne. Ciò che indossano non sono né vesti né armature, ma una forma particolare che assomiglia in parte a entrambe. Un rivestimento composto di una stoffa gelida, rilucente e in continuo mutamento, uno strato di magma gelato che un attimo sembra una poderosa corazza, quello dopo un tessuto sinuoso di fili argentei. <<Chi sono io? Chi siete voi?>> Si fa avanti un giovane uomo che non sembra molto più grande di me in quanto, a differenza dei suoi compagni, non china totalmente la testa per guardarmi negli occhi. Ha un fisico snello e sinuoso, la sua pelle risplende come il bronzo, i suoi occhi sembrano dischi di platino che galleggiano su di uno scuro stagno. <<Puoi chiamarmi Illusione, poiché mio è il dominio delle menti e delle persone: trucchi, inganni e false speranze sono la mia specialità, ma per il momento non hai da temere imbrogli da parte mia. Mi sembra di capire che la tua mente è ancora acerba, perciò provvedo a presentarti i tuoi fratelli e sorelle. Che sono anche i miei, peraltro. Questa appetitosa femmina dagli occhi a mandorla è Seduzione: non preoccuparti se non riesci a staccare gli occhi dalle sue grazie, è stata creata per essere solluchero per gli occhi e spina nel fianco per chi ascolta le sue lusinghe. Questo energumeno dalla barba rossa è Potenza, un bruto senza cervello, ma un bruto che ama scendere in battaglia al posto nostro: per lui non è un problema sporcarsi le mani con il lercio sangue dei nostri nemici. Non puoi sbagliarti su Terra: solo lui ama portare la testa priva di capelli e la sua pelle scura ornata di tatuaggi; se vuoi conoscere i segreti di fiumi, rocce e cielo, lui è la persona giusta. Non scherzare troppo con Vendetta: è una ragazza davvero affascinante, con capelli d’oro che amo baciare quando me lo concede, ma non ci mette niente a ustionarti con la sua frusta infuocata se commetti qualche torto. Devi ringraziare Ingegno se ora sei qui a onorarci della tua presenza: non sottovalutarlo per essere così magro ed esile, è l’unico tra noi a saper dare forma al luccicante Apeiron per costruire macchine e marchingegni di ogni sorta. Naturalmente è Conoscenza la persona a cui devi rivolgerti per colmare la tua sete di sapere: lei raccoglie nozioni di ogni sorta, e devo dire che da quando ha assunto la forma di una donna dalle forme tanto invitanti, averla al mio fianco è davvero un piacere. Nostra sorella Ordine​ ​è l’unica che riesce a farci lavorare insieme: non parla molto spesso, ma quando lo fa stiamo tutti ad ascoltarla, se non vogliamo correre guai.>> Il giovane si crogiola nel suono delle sue stesse parole, mentre coloro che ha appena elencato mi fissano senza proferire parola. <<E io? Io chi sono?>> domando ancora più confuso. <<Questo devi dircelo tu. Tu sei colui che nostro padre, il supremo Xarathos, ci ha ordinato di creare trasferendoti parte della nostra forza e della nostra conoscenza. Noi otto siamo gli Xeniar leggendari, coloro che nostro padre ha generato per regnare sull’umanità barbara e incivile: non invecchiamo, non moriamo, e abbiamo poteri ben al di là di quelli della feccia umana, mentre tu… tu sei stato concepito per essere il più grande tra tutti noi.>> 2 I MARCHI DI XARATHOS <<Intuisco dalla tua espressione beota che non comprendi minimamente né chi siamo noi, né dove ci troviamo. La tua ignoranza è esecrabile!>> afferma contrariata la donna chiamata Conoscenza. I suoi riccioli immacolati ondeggiano sinuosi come fili d’oro intrecciati <<Vediamo: sai almeno cosa sono gli esseri umani, o dobbiamo spiegarti anche questo?>> <<Sono… sono la razza che popola questo pianeta.>> le parole mi sgorgano dalla bocca e ne acquisisco il senso man mano che le pronuncio <<Animali sociali dotati di autocoscienza. Vivono in branchi chiamati città. Si riproducono per aumentare il proprio numero, e combattono per conquistare risorse e territori.>> <<La capacità di sintesi non ti manca.>> continua Illusione con il suo fare beffardo <<Quindi puoi comprendere perché è diritto degli esseri superiori quali noi siamo dominare una razza tanto barbara. Noi siamo stati creati a Xenia, la città infinita, perciò i miseri inferiori ci chiamano Xeniar. Il sublime Xarathos ci ha generato dalla sua stessa carne per dominare questi primitivi in vece sua: ciascuno di noi è stato plasmato con un’apposita funzione, e ci occupiamo di amministrare ogni angolo di questo mondo ispirando le razze sottoposte. Gli umani ci pregano con molti nomi, io personalmente sono noto come Loki nelle terre del nord, come Coyote nell’enorme continente occidentale, come Tezcatlipoca in quello sottostante…>> <<Basta ciance.>> irrompe Potenza, afferrandomi per il collo e sollevandomi come un fuscello. In quel momento, mi rendo conto che la mia carne è nuda è indifesa, mentre i miei fratelli indossano vesti di una solennità sgargiante. <<Ha… un solo marchio di Xarathos? Allora è veramente un fallimento!>> osserva sbigottita Seduzione, mentre mi gira intorno scrutandomi la schiena. <<Non è detto.>> precisa Ordine <<Non abbiamo idea di come dovrebbe essere uno Xeniar supremo. Forse la potenza non si esprime con un numero consistente di sigilli.>> <<È un patetico errore, Xarathos si vergognerà di lui. L’onta su uno di noi ricade su noi tutti! Lo eliminerò senza indugiare oltre, e rimedierò all’errore del vecchio pazzo!>> Potenza tira il possente braccio indietro e si prepara a sferrare un colpo che non mancherebbe di staccarmi via la testa. Faccio appena in tempo a concepire che sto per tornare nel vuoto abissale da cui sono sorto, e capisco veramente il significato della parola “terrore” della quale concepivo solo il vuoto termine. Il colpo, tuttavia, non va a segno: un lampo infuocato balena nella stanza e separa letteralmente il cranio di Potenza dal collo che lo sosteneva. Il più forte tra gli Xeniar cade a terra con un tonfo trascinandomi con sé, mentre Vendetta ripone nella cinta quella che poco prima appariva come una folgorante frusta infuocata, ma che si spegne non appena torna al suo fianco. <<Osserva bene, Xeniar Senza Nome.>> mi indica Terra <<Adesso capirai perché siamo superiori agli umani.>> Il cadavere di Potenza inizia improvvisamente a fremere, dalle sue membra viene sprigionato un mare di lampi elettrici color porpora che si espandono in ogni direzione. Istintivamente mi aggrappo alle vesti di Ordine in cerca di una qualche protezione, e noto che nessuno dei miei simili dimostra stupore nell’assistere a quel mostruoso fenomeno. A un tratto, l’estremità del collo monco di Potenza si espande, si deforma, diventa duttile e molle, acquisisce compattezza e infine… la testa gli ricresce! <<Hai appena assistito al potere porpora della risplasmazione.>> mi rivela Ingegno con la sua voce spenta e melliflua <<Il dono di Xarathos che ci consente di non invecchiare mai, di non morire per veleni o malattie, e di guarire da ogni ingiuria.>> <<Potenza si è rigenerato subito perché ha due marchi di Xarathos.>> continua Ordine, che ricopre il ruolo di maestra con particolare soddisfazione. <<Ciascuno di noi ha un numero di marchi compreso tra uno e nove infissi sulla schiena. Illusione ha nove marchi, perciò può attingere a più energia per malie e incantesimi, ma necessita, come contraltare, di parecchio tempo per riplasmarsi. Potenza ha soltanto due marchi, perciò non ha molta affinità con la magia, ma è in grado di sorreggere qualsiasi battaglia grazie alla sua inconcepibile forza e resistenza.>> <<Tu sei l’unico di noi ad avere un solo marchio, ciò suggerisce che sei adatto allo scontro fisico, ma poco incline all’approfondimento dell’energia di Xarathos. La magia, se vogliamo dare un tono pittoresco a tutto come fanno gli umani.>> precisa Conoscenza. Nel frattempo, Potenza si è rialzato in piedi e, massaggiandosi il collo dolorante, fissa nostra sorella con aria di sfida. <<Vendetta… vorrei tornassi un uomo come un tempo, così da poterti prendere a calci nelle palle.>> La donna con la frusta passa in rassegna con lo sguardo i suoi simili, ciascuno dei quali ­ ci scommetto ­ si sente pugnalato al cuore quando gli occhi di diamante della dea infervorata incontrano i propri. <<Anche il mio parare è che il piccoletto sia uno scarto, ma nessuno deve torcergli un capello fino a quando Xarathos non si esprimerà in questo senso. Se gli verrà fatto del male sarò costretta a vendicarlo, ci siamo capiti?>> La donna che è stata chiamata Conoscenza si schiarisce la voce e si avvicina a me, poggiando una mano sulle mie spalle nude. Ha la pelle chiara come porcellana, occhi blu profondi come la notte, boccoli lucenti quanto il sole che scendono lungamente fino a incorniciare un petto florido e sinuoso. <<Conosco i vostri dubbi, ma io e Ingegno non abbiamo fallito nel seguire il procedimento della creazione riportato negli antiche testi che si narra ci siano stati lasciati da Xarathos stesso. Le formule alchemiche erano consumate dall’ingiuria del tempo, ma decenni di studi ci hanno permesso di ricostruirle in maniera ineccepibile; ugualmente, l’Apeiron che abbiamo mescolato nella culla della creazione era quanto mai puro e cristallino, e questo palazzo nel quale abbiamo svolto il rito della creazione si trova al congiungersi di due linee di Xarathos. Escludo nel modo più assoluto che sia nostra la colpa di questo fallimento, se davvero di fallimento si tratta. Forse questo… Senza Nome, come lo ha chiamato Terra, è al pari di un bambino umano, destinato a crescere e ad apprendere con il passare del tempo. Ma, vista l’impellenza della guerra che bussa alle nostre porte, propongo di fare quanto sia in nostro possesso per accelerare l’erudizione di questo imberbe fanciullo. Propongo di sottoporlo al Fuoco dell’armonia.>> 3 IL FUOCO DELL’ARMONIA Terra poggia il palmo della mano destra sulla mia fronte. La sua mano profuma di muschio e di radici, e quando mi tocca è come se le fronde degli alberi ondeggiassero nella mia mente. <<La natura lo riconosce come estraneo, ma non percepisco nessuna intenzione negativa nei nostri confronti. Per quanto mi riguarda non ci sono ragioni per cui non debba essere il benvenuto nella nostra famiglia.>> <<Ma ci sono ragioni perché invece debba restare con noi?>> mi domanda Potenza con arroganza <<Sai dirci perché non dovremmo gettarti tra la spazzatura umana?>> Sento di non avere niente da perdere. Li guardo spavaldi e tiro fuori quel poco di coraggio che ho in corpo. <<Perché voglio essere la mano esperta che plasma il vaso, non la creta scadente che l’artigiano scarta.>> Immaginavo che avrei suscitato l’ilarità generale, invece i miei fratelli mi fissano con un’aria a metà tra l’incredulo e il perplesso. <<Non maltrattare troppo il cucciolo, bestione.>> Illusione si fa avanti e la sua pelle bronzea risplende quando incontra la luce brillante filtrata dalle arcate di cristallo opaco. <<Per attivare la sua nascita abbiamo impiegato un po’ della sostanza che ci compone, quindi c’è un po’ di tutti noi in questo corpicino smunto. Se proprio non vi va a genio, lo prenderò con me e ne farò un dispettoso goblin per assistermi nelle mie beffe.>> ridacchia, mentre preme con l’indice sul mio petto come se intendesse perforarlo. <<Senza Nome, il Fuoco dell’armonia è un prodigio della creazione che dona il suo potere soltanto a chi ritiene degno.>> mi rivela Conoscenza con aria austera <<Tramite il Fuoco, io sono in grado di renderti edotto su tutto ciò che concerne la natura Xeniar. Ma è un modo pericoloso e di dubbia riuscita, potresti uscirne riformato come non uscirne affatto.>> Gli sguardi dei miei fratelli sono incerti, divisi, ma in Ingegno e Conoscenza scorgo una stilla di fiducia, e sento di non volerla sprecare. <<Vi dimostrerò che sono degno del vostro rispetto, non della vostra pietà. Sono pronto.>> Vedo Vendetta prendere un attimo da parte Conoscenza e bisbigliarle qualcosa, mentre Ingegno schiocca le dita, e dalla mia pelle sgorga una veste adamantina traslucida che ricopre le mie membra. <<L’Apeiron speciale di cui siamo composti reagisce alla nostra volontà: basta che tu pensi a forma, colore e spessore delle vesti che intendi indossare, e il tuo corpo rimodellerà un po’ della propria massa per rispondere ai tuoi bisogni.>> <<Una dote sciocca, per me potremmo anche andare tutti in giro nudi. Ma, riconosco, la capacità di creare un pugnale o una daga dal mio stesso corpo mi ha permesso più di una volta di salvarmi la gola. Ci tengo, a questa gola, devo usarla per pronunciare i miei motti fulminanti.>> chiarisce Illusione, aprendo la fila che esce dalla stanza della creazione. Mentre attraversiamo locali ai miei occhi impressionanti, incontro di sfuggita quelli che sembrano essere giovani uomini e fanciulle indossanti tessuti a me sconosciuti, i quali si inchinano di fronte a noi e ci chiamano con titoli reverenziali. <<Umani? Qui?>> <<Teniamo dei ragazzi come servitori, e dopo qualche anno li riportiamo nelle loro terre natie. Così trascorreranno il resto delle loro vite a narrare della nostra maestosità.>> mi spiega Ordine. I servi spalancano un pesante portone color ambra, e lo richiudono non appena siamo entrati. Dinnanzi a me splende un bagliore pari a quello di mille incendi, un fuoco porpora che si innalza quanto l’albero più grande che riesco a immaginare. Non sprigiona calore, emana… potenza! <<Senza Nome, questo è il Fuoco dell’armonia.>> comincia a istruirmi Ingegno <<​È l’archivio di informazioni dell’intero pianeta. Se qualcosa è mai stato a conoscenza di un essere vivente, in esso è contenuto.>> <<Quando gli esseri umani muoiono, l’energia mnemonica che compone il loro complesso di pensieri ­ la loro anima, se vogliamo chiamarla così ­ viene trattenuta dal campo magnetico del pianeta. Il Fuoco dell’armonia è uno degli sbocchi dell’energia mentale sul piano terreno. È così, per esempio, che abbiamo saputo dei creatori di Xarat…>> <<Taci!>> la zittisce Ingegno <<Non è saggio parlare di queste cose, in tale luogo.>> <<Cosa? Xarathos è stato creato da qualcuno?>> domando incredulo. <<Concentrati, ora!>> ribadisce Ordine <<Il Fuoco dell’armonia si chiama in questo modo perché, per fornire la sua sapienza, pretende in pasto l’armonia di chi osa evocarlo. Io e Terra, attualmente, siamo gli unici abbastanza in pace con il creato da riuscire a consultarlo. Conoscenza e Ingegno hanno troppa brama di ampliare il loro sapere, Potenza e Vendetta hanno un’ambizione bellica inesauribile, Seduzione e Illusione desiderano troppo prevaricare. Tu forse hai qualche possibilità, in quanto sei ancora estraneo agli stimoli della vita.>> <<Cosa rischio, se il Fuoco mi rifiuta?>> <<La mente.>> mi rivela Seduzione con una punta di rammarico <<Resterai una tabula rasa per l’eternità.>> <<Non credo che incontrare Xarathos, senza esserne degno, possa essere peggio di questa prova. Tenterò.>> e infilo il mio braccio destro dentro l’immenso ardore, come Ingegno mi ha indicato. Mi sento come una barca senza né remi né vele in balia della tempesta più grande che si possa scatenare sull’oceano. Parole su parole su parole mi travolgono e si schiantano negli alveoli della mia mente, invadendola, facendola esplodere e ricostruendola da capo. <<AAAAAAAAH!>> con tutte le mie forze tento di estrarre il braccio, ma il Fuoco è come una bocca rossa e oro che brama azzannare tutto ciò che viene introdotto al suo interno. Cado all’indietro riuscendo infine a riacquistare la padronanza del mio arto, vedo la finta pelle che funge da veste sciogliersi e raggrumarsi in grosse gocce argentate che colano dal mio gomito disegnando arazzi vitrei sul pavimento. <<Stava rispondendo!>> urla Conoscenza, mentre si muove sollevarmi dal suolo <<Lo avete visto anche voi! Ci è riuscito!>> <<Cosa hai visto, Senza Nome?>> mi chiede Vendetta contrariata; non sembra proprio gioire per il mio apparente successo, forse vede ogni mio traguardo come fonte di biasimo e precursore di guai. <<Nel buio accecante di voci senza senso e di pensieri senza forma c’erano occhi famelici che mi scrutavano. Ho udito una voce cavernosa che bestialmente mi mormorava “STO VENENDO A PRENDERTI!” e poi… poi mi ha rivelato il suo nome!>> <<Di cosa vai blaterando?>> Illusione mi afferra per le spalle e mi scuote come una brocca d’acqua <<Vuoi forse dirci che il sommo Xarathos ti ha parlato attraverso il Fuoco dell’armonia, quando a noi non si degna di palesarsi da millenni?>> mi chiede oltraggiato. <<No, non era Xarathos, ne sono certo, anche se non ho idea di cosa sia e di come sia fatto. Ma una cosa la so. Era qualcosa di ostile, qualcosa che ci guarda con odio, e con bramosia; il nome che mi ha rivelato è… Magog!>> 4 IL PRIGIONIERO DI AGARTHI <<Magog… vale a dire? Io non ho mai udito menzionare questo nome.>> domanda perplessa Seduzione. <<Fatto sta che il nostro fratellino lo ha sentito chiaramente.>> chiarisce Conoscenza. La donna inarca il piede nervosa e gira su se stessa, incerta sulla decisione da prendere, turbata dalla consapevolezza che qualcosa di così importante non le era noto fino a quel momento. <<Colloquiate pure senza fretta, io intanto vado a vedere cosa succede fuori.>> Potenza si volta ed esce rapidamente dalla stanza <<Se dovessimo fare affidamento su questo nanerottolo, fratelli e sorelle, saremmo già stati schiacciati dall’esercito nemico.>> <<Esercito?>> chiedo sorpreso. <<Siamo sotto attacco, Senza Nome. Un’armata di uomini, bestie e sauri, ci minaccia. L’ho percepito molto bene, poco prima che tu nascessi.>> mi rivela Terra. Improvvisamente, due persone fanno il loro ingresso nella sala: una giovane dai lunghi capelli castani vestita di una tunica di seta bianca, e un soldato di grande prestanza avvolto in un’armatura di metallo nero dall’aria alquanto pesante. <<Iraconda dea, perdona la nostra intrusione. Temicles, il capitano delle guardie, desidera parlarti.>> la giovinetta si rivolge con rispetto a Vendetta. <<Non farmi perdere tempo Temicles: cosa vuoi?>> Il combattente si inginocchia dinnanzi le due sorelle, prendendo il suo elmo in braccio. <<Mie signore… so che siete al corrente dell’invasione che siamo in procinto di subire. Le armature senzienti create da vostro fratello sono già state predisposte e tutti gli uomini in grado di combattere sono in stato di allerta. I soldati si domandano, tuttavia, se dato il grande pericolo che corriamo, intendiate prendere qualche altra iniziativa, voi o uno della vostra cerchia.>> <<Torna alle tue truppe, miserabile, guidarle sarà affare mio.>> gli intima Vendetta, che poi continua, rivolta ai nostri fratelli <<Seduzione! Illusione! È tempo di agire!>> Ammiro estasiato la sua veste di Apeiron mutare fluida, rispecchiando il suo stato d’animo belligerante: ora è una fulgida tenuta da guerra, un mantello sontuoso le scende fino ai piedi, sulle spalle spunta un fodero che attende di essere riempito da una spada assetata di sangue. <<Lo sgorbio Senza Nome può fare quello che più lo aggrada, noi ci muoveremo contro l'esercito nemico. Illusione, confondi le menti degli ufficiali, infiltrati tra loro e scopri chi muove le loro fila. Seduzione, fai per una volta un uso degno di quel corpo irresistibile di cui ti vanti tanto e fai parlare qualche nemico con il fuoco dei sensi.>> Illusione offre un inchino tanto falso quanto reverenziale, mentre Seduzione schiocca la lingua languida in direzione della sorella. <<Naturalmente, le mie applicazioni belliche vi saranno molto utili. Ho appena assegnato al generale Temicles un carro da guerra migliorato: accumulatori elettrostatici di ampia portata, scafo esterno rafforzato con doppio strato di acciaio rosso, torretta orientabile a curvatura angolare munita di schermo solare a rifrazione condizionata.>> Ingegno si muove con passi felpati verso Seduzione, e noto che le cinge il fianco con desiderio. <<Sono certo che potresti trovarlo affascinante…>> <<Sai bene che mi interessano più altri generi di argomenti. Argomenti che non possiedi in misura tale da impressionarmi.>> ribatte Seduzione, in un tono misto di scherno e di amichevolezza. <<Hai sentito la signora?>> si fa avanti Illusione, che ha cambiato aspetto. Ora è un giovane avvenente dai lunghi ricci castani, ma è come se potessi leggere nel suo cuore e riconoscerlo a prescindere dalle sue fattezze <<Lasciaci andare a svolgere la nostra missione. Dilettati con ingranaggi, meccanismi e leve, ma io ho una leva sola che voglio sperimentare su Seduzione!>> Capisco benissimo la delusione di Ingegno per non essere apprezzato per le sue creazioni: è la stessa delusione che lui e gli altri hanno mostrato quando hanno constatato che non c’era vanto e lustro nella mia nascita. <<Fratello, a me interessa la tua scienza! Rendimi partecipe del tuo genio!>> Terra si avvicina a me e pone nuovamente la mia mano sulla mia fronte. La sua mente per un attimo diventa una cosa sola con la mia, e ho un assaggio del calderone ribollente che è la sua testa: un mare in tempesta nel quale ogni voce della natura è un vento che soffia impetuoso, ogni pianta sradicata e ogni animale stroncato è un grido strozzato riprodotto in eterno e per mille volte. <<Ho sbloccato la tua abilità secondaria. Se desideri contattarci mentalmente quando siamo lontani, concentrati sulla persona che ti interessa ed escludi ogni altro pensiero. Dato che siamo stati originati dallo stesso stampo, la mente di ognuno di noi è un tassello che si incastona con quella degli altri. Ciascuno della nostra famiglia è gli occhi e le orecchie degli altri, a meno che non decida di sottrarsi a tale comunione.>> Li osservo lasciare la stanza e recarsi in esplorazione fuori dalla città. Mentre Ingegno inizia a elencarmi le meraviglie alle quali ha dato vita, io percepisco… qualcosa. <<Va bene, mio nuovo fratello, cosa vuoi vedere per cominciare? Le forge delle armature senzienti, i carri del tuono e del fuoco, il pozzo della spirale fantasma… ma mi stai ascoltando?>> <<Ti chiedo perdono. È solo che, a numerosi edifici di distanza da qui, sento una grande angoscia. Solitudine, rabbia e sete di vendetta.>> <<Affascinante. Evidentemente, le tue cellule sono ancora sature del Fuoco dell’armonia, la tua percezione dei fulcri emozionali è stata enormemente accresciuta. Riesci a sentire il prigioniero da questa distanza.>> <<Abbiamo dei prigionieri?>> <<Non molti. Ma questo è speciale. È l’unico umano che sia mai riuscito a raggiungerci qui ad Agarthi, la principale città dell’impero Xeniar. Lo usiamo per testare la sopportazione del dolore e per creare farmaci adatti per le nostre truppe.>> <<Sopportazione del dolore? Tortura! Questo è inumano!>> <<È una critica che dovrebbe offendermi? Tecnicamente, io non sono umano.>> <<E, “tecnicamente”, il tuo problema è proprio questo. Pretendo di conoscere questo prigioniero!>> Ingegno mi guarda con espressione stupita: perché mi rivolgo così a uno di coloro che ­ con tutta probabilità ­ potrebbe sciogliermi con un solo gesto? <<Perché dovrei concederti di vedere il prigioniero?>> domanda infine, sinceramente curioso. <<Perché dovresti negarmelo? Quale danno credi possa arrecare alla nostra famiglia? Voglio conoscere l’unico altro essere della nostra città che è... solo come me.>> 5 MORTE DAL CIELO Agarthi conta più di ventimila abitanti, e un quarto di essi sono abbastanza giovani e forti da combattere per i signori della città imperitura. Centinaia di guerrieri armati di tutto punto si dispongono a ventaglio all’interno delle mura cristalline, mentre i possenti carri corazzati di Ingegno li affiancano in posizioni sopraelevate al fine di poter bombardare gli invasori con scariche di fuoco e lampi. Fuori dalla città è possibile ammirare le maestose armature senzienti in acciaio rosso levigato che procedono spedite allo scopo di individuare la consistenza delle truppe nemiche. <<MA­GOG! MA­GOG!>> Le grida forsennate degli accaniti nemici rimbalzano tra una montagna e l'altra, attraversano valli e fiumi, fino ad arrivare alle orecchie dei guerrieri Xeniar. <<Magog. È dunque questo il nome dei nostri guai?>> domanda Potenza ad alta voce. <<È il nome di colui che mi supplicherà di risparmiargli la vita quando la mia lama affonderà nel suo costato.>> risponde Vendetta impugnando la frusta, che per rispondere al suo culmine d’ira muta assumendo la forma di una spada a due mani dalla lama seghettata e dall’impugnatura levigata. <<Uhm... mi piace quando fai la cattiva…>> <<Vuoi forse che ti graffi un'altra volta,bestione?>> <<Sì, mi piacerebbe, ma in camera da letto, forse…>> I due compagni indugiano in lascive effusioni, quando si accorgono che la luce del Sole non li illumina più come dovrebbe. Sollevano lo sguardo e scorgono un'enorme bestia alata, dalla pelle verde e scagliosa come quella dei draghi d'aria, il ventre gonfio e un muso allungato come un becco stagliarsi sopra di loro. <<Sembra una Grande Lucertola delle Ere Primordiali! Ma sono estinte!>> <<Guerrieri! Abbattetela!>> ordina Vendetta, e i carri corazzati emettono la mortale scarica elettrica: un colpo va a vuoto, ma il secondo centra la bestia volante, che precipita abbattendosi fragorosamente contro un palazzo nei pressi dei due comandanti. Potenza e Vendetta balzano agilmente da un tetto all'altro per giungere con rapidità ai resti della strana bestia; infine giungono al cadavere del mostro, e osservano sconsolati l’enormità di persone che fuggono terrorizzate per le strade, abbandonando gli edifici danneggiati dal crollo. <<Mai vista una mostruosità del genere... dove ha trovato Magog simili bestie?>> <<Vendetta, il suo ventre si sta gonfiando! Vieni via!>> L'avvertimento di Potenza giunge tardivo: nel giro di un minuto, il cadavere del mostro si gonfia al punto tale da detonare come farebbe un vaso enormemente riempito d’acqua, tempestando l'area circostante di una marea di proiettili neri che sfrecciano in ogni direzione. Anche Vendetta finisce in mezzo alla mortale pioggia, e una di queste lame le si conficca nella spalla facendola cadere a terra. <<Vendetta... che razza di metallo è questo, da averti ferita? Devi riplasmarti subito!>> <<Lo so io... urgh... cosa devo fare. Questi mostri sono come delle bombe a frammentazione. E ne vedo arrivare altri! Avverti gli altri! Fai qualcosa!>> <<Certo che farò qualcosa! Provare la consistenza di quelle zuccacce schifose, per esempio!>> tuona il gigante dalla barba rossastra, e spinge i pugni uno contro l’altro. Vendetta tenta di trattenere la sua irruenza, ma sente la lama di metallo farsi strada dentro il suo costato; tende un braccio verso il fratello e amante, ma il suo monito non lascia le sue labbra. <<Pensa a guarire in fretta, mia signora, io renderò evidente a questi folli perché sono noto come il dio della distruzione!>> L’erculeo Potenza spicca un balzo che supera di molte misure l’altezza di un uomo e si abbatte fragorosamente su di una delle bestie in volo: cala i suoi pugni sul cranio della grande lucertola, che viene ridotto nel giro di un secondo a un ammasso di schegge ossee e di grumi cerebrali. Mentre la bestia precipita verso il suolo, il suo cuore cessa di battere e il metallo esplosivo recita il suo mortale canto. L’esplosione è tale da scaraventare lo Xeniar contro l’edificio successivo, le pareti di Apeiron millenario si incrinano sotto il peso della sua schiena le cui infinite scalfitture testimoniano le mille battaglie che ha visto da vicino. Potenza riapre gli occhi e constata che l’esercito di sauri alati degli invasori non è calato che di una unità. <<Un mare di sangue in cui fare il bagno e senza che mi scomodi a lasciare la mia casa! Tutto sommato la giornata non è stata un pieno fallimento!>> esclama esaltato mentre si asciuga il sangue scintillante che gli adorna il mento. 6 TUTTO IN ORDINE Un passo, un altro, poi un altro ancora. Non ci sono gesti superflui nella posa aggraziata di Ordine, mentre esplora le aule del Palazzo della Solennità in cerca di intrusi. Ha scorto chiaramente bestie cavalcate da uomini decorati da strani tatuaggi, e non le è ignoto che di certo le Grandi Lucertole stanno venendo impiegate anche come cavalcature per superare in altezza le impressionanti difese di Agarthi. Le armature senzienti non possono ostacolare nemici che non poggiano al suolo: i carri del tuono e del fuoco non levitano che a pochi metri di altezza, mentre queste bestie provenienti da un passato dimenticato ­ anche da chi il mondo lo ha praticamente visto nascere ­ non hanno remore a infangare con il loro sangue corrotto le pareti adamantine della città imperitura. Grida di donna richiamano la sua attenzione. Accelera il passo sempre elegante e spalanca il portone che si frappone fra lei e l’atrio precedente al salone che custodisce il Fuoco dell’armonia. Poi le vede. Le fanciulle da lei personalmente scelte per circondare l’entità di un candore puro e verginale, giacciono a terra con la vita ormai separata dal loro corpo. La loro verginità oltraggiata e sottratta un attimo prima della fine, come constata dal sangue che intride i pavimenti. Ordine volge il suo sguardo impassibile e pondera il danno provocato all’universo da una giovane vita spezzata: semi che non sbocceranno mai in piante, scintille che non scalpiteranno mai in consistenti pire. Si riscuote dal suo torpore e attua la meravagliosa trasmutazione del proprio corpo: la carne che non è carne delle sue viscere si scioglie, si ricompone e si addensa intorno ai polsi, emergendo e rimodellandosi sotto forma di due splendenti ventagli multicolori, dai motivi fiammeggianti e dai bordi affilati quanto la lama di un rasoio. Con la forza del pensiero, spalanca il portone innanzi al Fuoco dell’armonia ­ dal peso tale da richiedere solitamente la spinta di due uomini ­ e incrocia lo sguardo dei vili invasori. Sei uomini, tutti calvi e tutti con il cranio e le spalle decorate da tatuaggi fiammeggianti simili a due serpi attorcigliate intente ciascuna a mordere il corpo dell’altra: la parete in Apeiron sfondata e la carcassa di un sauro spappolato rivelano la loro via d’accesso. <<Sangue per patteggiare il sangue.>> mormora Ordine con una voce così flebile che soltanto una mosca potrebbe udirla <<Ma se mi rivelerete quanto intendo sapere, rinuncerò a far scorrere il vostro.>> <<Le tue intenzioni tradiscono il fatto che non ci ucciderai.>> ribatte uno degli uomini, il più grande del gruppo, un energumeno dalla testa squadrata ma dagli occhi sottili quanto due monete; tutti gli altri sogghignano e alzano le armi che reggono in mano. Il Fuoco dell’armonia crepita e scalpita, contrariato dall’emanazione di tante vigorose emozioni ostili. <<Siete nel giusto. Ma non ho bisogno che siate tutti interi per farvi parlare.>> L’uomo più lontano da Ordine scaglia una lancia nella sua direzione, arma che si spezza in due non appena i ventagli fendono l’aria, un movimento così rapido che nessuno nota le mani della donna staccarsi dai fianchi ai quali erano poggiate. Gli altri cinque invasori corrono inneggiando gridi esaltati mentre alzano le rispettive spade; spade che tra l’altro non dovrebbero neanche possedere considerato il progresso tecnologico della loro specie, riflette Ordine. Nonostante l’ardire, i fedeli di Magog non hanno modo di calare le proprie armi: è un baleno, e di nuovo i ventagli saettano falciando impietosi gli arti degli assalitori. I brutali aggressori perdono la propria aggressività non appena constatano che vomitevoli moncherini sono apparsi al posto delle loro mani. Il sesto, colui che aveva scagliato la lancia, volge uno sguardo verso i suoi compagni, ridotti a mocciosi piagnucolanti, poi alla signora dell’equilibrio, che non sembra avere più voglia di prendere prigionieri. Improvvisamente la fede nelle proprie capacità non sembra più supportarlo e, prendendo la rincorsa, corre verso lo squarcio nella parete e si getta attraverso di essa. Ordine scuote la testa e poi si rivolge a uno degli uomini feriti, afferrandolo per il collo e sollevandolo senza alcuna difficoltà. <<A noi, dunque. Rivelami quanto ti è noto di Magog, e rinuncerò al mio debito di sangue.>> <<Dovresti preoccuparti della tua, di vita. Il conquistatore è la marea, noi siamo le onde. E, come le onde, all’infrangersi di una sugli scogli altre dieci prendono il suo posto.>> <<Siete giunti fin qui con uno scopo, il Fuoco dell’armonia. Cosa rappresenta per Magog?>> <<La fessura tra le rocce dalla quale la vipera fuoriesce per mordere il calcagno. MA­GOG! MA­GOG! Urgh!>> Schizzi vermigli fioccano sulla fronte di Ordine, la quale se li asciuga perplessa. Un vomito di sangue invade la gola del soldato di Magog, gli occhi si dilatano e il corpo si contorce follemente. L’incarnazione della precisione poggia il nemico a terra e gli spalanca la mascella, constatando quanto aveva già intuito: una lingua mozzata spontaneamente dall’uomo, che aveva preferito una mutilazione a una rivelazione estorta. Ordine lo abbandona alle sue miserie e si poggia un dito alla tempia, la sua mente corre veloce a toccare le uniche simili alla sua. <<Stiamo sbagliando tutto, raggiungetemi il prima possibile. Siamo in pericolo, l’intera Agarthi è in pericolo!>> 7 LA SPECIE DOMINANTE <<Se proprio vuoi familiarizzare con gli umani, posso farti colloquiare con saggi di Caledonia iniziati ai segreti della Terra, oppure con gli astronomi egizi ferrati nei meccanismi del cielo… ma abbiamo anche avvenenti concubine che sarebbero liete di illustrarti certi aspetti del tuo corpo con cui devi ancora prendere confidenza.>> Mentre Ingegno mi parla, osservo il mio aspetto nelle rilucenti pareti di Apeiron: scopro che ho capelli color sabbia corti come fili d’erba, pelle color latte che racchiude muscoli ben poco consistenti, e occhi tondi come biglie che si muovono furtivi in orbite troppo spaziose. Per quanto le mie fattezze rispecchino quelle di un infante, sono alquanto basso persino in rapporto a un giovane uomo. <<Per quale ragione sono stato portato in questo mondo? Non c’è niente che io possa fare che voialtri non sappiate fare meglio. Non sono forte, non sono bello, non sono intelligente, a cosa servo dunque? E se io fossi solo un gioco perverso di Xarathos?>> <<Spiegati meglio.>> mi domanda mio fratello incerto sul senso delle mie parole. <<Qualsiasi specie senziente sufficientemente evoluta sente il desiderio di creare la vita, o sbaglio? Come faccio a sapere che non sono solamente un ammasso di pensieri in un involucro ambulante, un automa che risponde a programmi sensoriali messi insieme per qualche macchinazione oscura? Come faccio a sapere che sono davvero vivo, secondo il senso che io e te diamo a questo termine?>> <<Vediamo... se mediti su come è distribuito il potere nel mondo, cosa provi?>> <<Scorgo un mondo pregno di morte e di sopraffazione. L’umiliazione inflitta dalla nostra specie agli indifesi umani. Perché dovrei essere chiamato a fare parte di un simile meccanismo ingiusto e sanguinario?>> <<Noi Xeniar leggendari siamo la specie dominante di questo pianeta. Abbiamo costruito il nostro impero di settantasei regni con la forza, la spietatezza e la astuzia. Se tu fossi un automa o un congegno simile, perché mai Xarathos avrebbe dovuto volerti dotare di un animo pio, così alieno e controproducente per la nostra cultura? Questo dimostra che tu sei davvero vivo.>> Ingegno si avvicina a me e mi poggia la mano destra sulla spalla. Con l’indice della mano sinistra si batte leggermente la tempia. <<La mia mente è infinitamente più grande dell’involucro che la contiene, ed è questa la mia forza.>> poi appoggia lo stesso dito sul mio petto <<E se quello che contieni qui dentro è così grande, vuol dire che esso deve essere la tua forza.>> Non sono certo di cogliere il significato delle sue parole. Sto per chiedergli ulteriori chiarimenti, ma veniamo interrotti da un immenso boato sopra le nostre teste. Il palazzo viene scosso fino alle fondamenta e percepiamo stralci della punta dell’edificio staccarsi e precipitare verso il basso. Ingegno corre verso le pareti e, a un suo comando, esse si deformano e si scostano permettendogli di sporgersi per vedere cosa succede. Guardiamo verso l’alto e ciò a cui assistiamo rende basiti persino le divinità quali siamo. Sulla cima del palazzo splendente si è abbattuta la carcassa di una creatura gigantesca: rettile ma alata allo stesso tempo, con la pelle squamosa come quella dei draghi ma con il becco degli uccelli. Il suo ventre appare dilaniato, e da esso cola un olio nero che si rapprende in una forma quasi solida. <<Sauri delle Ere Primordiali? È impossibile! Sono estinti da eoni!>> urla Ingegno. Come per rispondere ai nostri dubbi, la voce di Conoscenza si fa udire nelle nostre menti. <<... a sentirmi? Sembrano le Grandi Lucertole dell’antichità, ma sono a sangue freddo, non a sangue caldo. Non sono esseri naturali…>> <<Conoscenza, non sarà che qualcuno ha messo le mani sulle uova che mi dicesti di aver celato tanti anni fa per i tuoi esperimenti, e le abbia manipolate per i suoi fini?>> <<Questi mostri sono del tutto diversi. Il loro ventre è colmo di uno strano liquido che si dilata non appena il cuore cessa di riscaldare le interiora, per poi esplodere come l’ordigno più fragoroso che tu abbia mai realizzato. Solo un maestro della manipolazione dei geni potrebbe aver concepito tale composizione.>> <<Qualcuno talmente potente da leggere e parlare attraverso il Fuoco dell’armonia. Qualcuno come Magog!>> aggiungo io nel flusso di pensieri condiviso. <<Qualsiasi ipotesi è buona, a questo punto. Terra sta tenendo occupati gli invasori con arbusti animati e con violenti movimenti del terreno. Seduzione e Illusione sono penetrati nelle linee nemiche per carpire informazioni. Vendetta è stata ferita e Potenza la sta assistendo. Voi due cercate di capirne di più di questa storia!>> <<Ricevuto. Senza Nome, io mi occuperò di contrastare queste strane bestie. Ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Ho allestito dei mezzi di spostamento aereo speciali, tu dovrai attivarli per conto mio.>> <<No, prima devo parlare con il prigioniero di Agarthi! Se lui è l’unico ad averci mai localizzato… deve essere collegato con questo esercito invasore. Forse posso capire cosa sta succedendo!>> 8 TRA I NEMICI Illusione e Seduzione calcano le aride distese rocciose delle vallate morte circostanti Agarthi: non c’è erba, non c’è acqua, le bestie non possono pascolare e insediamenti umani non avrebbero vita lunga. Ciò nonostante, incauti assalitori hanno percorso un numero di miglia inconcepibile allo scopo di cingere d’assedio le rilucenti mura della città imperitura. Le armature senzienti mosse da forze arcane per la ragione umana hanno permesso l’uscita in esplorazione dei due signori di Agarthi senza rivelare la loro presenza ma, una volta superata la cita difensiva, le arti ingannevoli di Illusione si rivelano particolarmente indicate per infiltrarsi senza dare nell’occhio tra le fila nemiche. Un semplice gioco di rifrazione percettiva, e Illusione e Seduzione perdono le rispettive sembianze delicate per assumere quelle rudi e vissute dei violenti assalitori. Mentre esplorano le interminabili fila degli invasori, voltano la testa in ogni direzione, e ovunque scorgono solo corpi dipinti con i tatuaggi fiammeggianti, lame forgiate in metallo che non dovrebbero essere noti agli umani arretrati e, soprattutto, sauri delle Ere Primordiali dotati di una pelle scagliosa e ruvida, con corpi appiattiti e larghi le cui appendici permettono loro di affrontare le discese e salite aeree. <<Resuscitare le Grandi Lucertole dei tempi antichi. Un trucco che non avevo ancora sperimentato. Questo “Magog” ha carisma, armi e uomini che non mi sarei aspettato. Può diventare un’imponente seccatura se non lo fermiamo in tempo.>> parla Illusione con la voce della mente che soltanto i suoi simili possono udire. <<Sorella, hai notato?>> <<Certo. Il vigore di questi uomini potrebbe essere sufficiente a soddisfare la mia brama, non come quei rammolliti di Agarthi.>> risponde Seduzione accarezzando i suoi denti candidi con la sua lingua famelica. <<Parlavo di quei carri. Poni attenzione al loro contenuto.>> Seduzione volge lo sguardo e nota una carovana di carri di legno trainata da soldati di Magog particolarmente imponenti, se paragonati al resto dell’esercito la cui altezza non spicca quella degli uomini comuni. Massi dall’insolito color cenere sono ammassati uno sopra l’altro e legati tra di loro con una certa cura che non si attribuirebbe a soldati tanto brutali. <<Proiettili per catapulte?>> chiede la Xeniar. <<Vedi armi di questo tipo? Io no. Deve esserci qualcos’altro. Diamo un’occhiata.>> Grazie alle proprie fattezze camuffate, Illusione e Seduzione si fanno spazio in mezzo al flusso incessante di soldati, un marasma di facce contrite dalla rabbia, dalla fatica e dal pensiero del sangue, troppo intente ai propri propositi di vendetta per fare caso a due loro compagni che si muovono in senso contrario a quello di marcia. La loro manovra però non passa inosservata agli occhi di uno dei guerrieri del carro, un uomo grande quasi il doppio dei suoi alleati, dal cranio bitorzoluto e dalle spalle colme di venature attribuibili a battaglie di ogni sorta. <<Tornate ai vostri posti. Armi del Padrone, non avvicinatevi.>> <<Il Padrone vuole che controlliamo lo stato delle sue armi.>> <<Che cosa?>> L’enorme uomo solleva la cinghia al suo fianco, evidentemente non convinto delle parole che Illusione gli ha rivolto. <<Shh. Va tutto bene, fatti da parte.>> lo ammansisce Seduzione: allo sprigionarsi dei suoi irresistibili feromoni, il guardiano perde ogni aggressività, e sembra acconsentire convinto all’incauta richiesta. <<Sembra pietra, ma emana una radiazione di fondo.>> osserva mentalmente Illusione, comunicando l’esito delle sue osservazioni a Seduzione <<C’è un principio di forza attiva, un cuore pulsante, sembra come…>> I due si fermano di botto esterrefatti: mentre esplorano la superficie marmorea degli strani corpi, la loro attenzione viene attirata da delle insolite venature; convinti che si tratti di quale decorazione rituale volgono il capo per osservarla meglio e magari decifrarne il senso, ma non si tratta affatto di un comune segno. <<Questi sassi hanno tutti inciso… un marchio di Xarathos!>> esclama mentalmente Seduzione. L’osservazione è subito confermata: non appena Illusione sfiora la sua superficie del segno magico, esso inizia a brillare e il masso viene scosso da un frizzo di vitalità: i guardiani del carro si voltano allarmati, tanto cresce la vibrazione emessa dal masso; un masso che si scuote e inizia a incrinarsi, un cuore che si batte con tutte le sue forze per infrangere il guscio che lo conteneva, fino a quando un corpo peloso di lunghezza spropositata non inizia ad emergere dal contenitore ormai a pezzi. Come un gigantesco bruco, la creatura ha un corpo che è una coda lunga molti uomini messi assieme, nessuna traccia di zampe ma una bocca irsuta popolata da tre file di denti e quattro occhi simili a dei grumi mollicci color terra collocati nei vari angoli del viso. <<È trasmutazione della materia! Seduzione, scansati!>> Illusione interviene a difesa della sorella lanciando una turbinio ottico in direzione della mente del mostro: il verme gigante si scuote per un attimo, ma l’illusione sensoriale non sembra avere effetto sulla sua mente troppo primitiva; il mostro scatta in avanti piegando il corpo flessibile, tentando di azzannare i due Xeniar. Seduzione e Illusione scattano in direzione opposte, ed entrambi perdono il travestimento illusorio a causa della distrazione dell’ingannatore. Allertati dalla scena, decine di Gog impugnano le armi e corrono verso i due intrusi, urlando terribili grida di battaglia. Illusione si smaterializza di pochi metri lasciando che due assalitori si taglino a metà tra loro nel tentativo di ferirlo: Seduzione arretra tentando di soggiogare i maschi che le si avventano contro, ma la loro adrenalina contrasta il richiamo dei sensi che la donna tenta di esercitare. <<Maledizione, così non va affatto!>> riflette Illusione scansando una lancia rivolta alla sua persona <<Ora capisco cosa prova chi è vittima delle mie beffe!>> 9 IN AZIONE! <<Quanto sei testardo, Senza Nome, che Xarathos ti aiuti.>> mi rimprovera Ingegno <<Non hai idea di cosa sia capace quell’uomo, l’ho visto fare delle cose che farebbero vomitare anche Potenza. E poi, sono sei anni che lo teniamo prigioniero: in tutto questo tempo non l’ho mai sentito proferire parola, perché ora dovrebbe…>> <<Ha sopportato tutte queste sofferenze in silenzio. Deve possedere una grande disciplina… una grande armonia, se vogliamo.>> <<Può darsi, ma…>> un lampo balena negli occhi di mio fratello <<Ho capito cosa intendi! Se fosse in grado di connettersi a distanza con il Fuoco dell’armonia…>> <<... avrebbe potuto servirsene per informare Magog della nostra posizione. E io ho sentito molto chiaramente il nemico parlarmi attraverso il Fuoco.>> Una nuova scossa scuote il nostro palazzo fino alle fondamenta: sembra che persino le millenarie basi di Apeiron della città leggendaria condividano l’insicurezza che si fa strada nei nostri cuori. <<Va bene, fai come credi meglio. Tieni questa.>> estrae da una tasca una piccola sfera di colore verde smeraldo, passa un dito sulla sua superficie facendo emergere alcune decorazioni a spirale, dopodiché me la lancia <<È un banco di memoria in Apeiron inferiore contenente la mappa della città. Per sapere dove devi andare, puntala in una direzione concentrandoti su cosa vuoi raggiungere: se le spirali si illuminano, vuol dire che la direzione è quella giusta.>> <<Grazie, fratello! Vado subito a provarla!>> La mia veste si adatta immediatamente facendo comparire una pratica tasca per contenerla e, sporgendomi dal varco che si è creato nella parete del palazzo, inizio a scalarlo verso la cima. Sento mio fratello che sbraita alle mie spalle, che mi dice di non compiere pazzie, ma.. come faccio a spiegargli il desiderio che provo di mettere alla prova il mio corpo? Ho corte gamba e braccia, ma le mie ossa sono leggere, i muscoli sembrano reggere il mio peso senza alcuno sforzo. Sono stato quasi immobile fino ad ora, scoppio dalla voglia di saltare e di agitarmi! Mi arrampico come una scimmia sulle pareti di Apeiron saltando da un appiglio all’altro per salire con sempre maggiore velocità… nessuno dei miei fratelli sembra provvisto di una agilità simile, è forse questo uno dei miei pochi talenti che mi sono stati conferiti alla nascita? Mente salgo, sento lo stridio delle bestie alate sopra la mia testa, segno che l’invasione sta entrando nel vivo, e scorgo fuori dalle mura della città radici colossali sollevarsi da terra nel tentativo di afferrare al volo i mostri in aria… senza dubbio, Terra e gli altri combattono senza risparmiarsi. Ora tocca a me! Con la mano destra mi aggrappo a un arco sporgente, e con la sinistra punto la sfera in ogni direzione: dove sei, mio misterioso prigioniero? Niente, niente, niente… ecco, laggiù, quella torre! Ma come ci arrivo? <<Un momento.>> constato lisciandomi la pelle con la mano <<La materia che mi compone è fluida, può essere rimodellata. Vendetta creava e cambiava forma alle sue armi in continuazione. Mi serve qualcosa per saltare ancora più in alto!>> Metto le mani una contro l’altra, immaginando di attivare chissà quale processo di rimodellazione ma… non ho pensato che così facendo non ho alcun modo di aggrapparmi! Scopro nel peggiore modo di tutti che la forza di gravità si applica anche a noi Xeniar. Biascico qualcosa che vuole essere sia una preghiera sia una maledizione alla mia avventatezza, mentre chiudo gli occhi e attendo di conoscere il suolo troppo da vicino; tuttavia, un miracolo non mi viene negato. Una meravigliosa, rilucente, asta in Apeiron, si crea in un istante dal mio stesso corpo: la sua estremità inferiore è già giunta fino al suolo, mentre l’altra continua a estendersi portandomi sempre più velocemente verso l’alto! L’asta sembra leggermi nel pensiero, scansa guglie e si deforma per virare in modo da portarmi verso la mia destinazione… la prigione del recluso di Agarthi! Il terrore di poco prima si trasforma in euforia, volo come un missile verso la torre, e noto che anch’essa è danneggiata su un fianco. Colpa delle esplosioni, senza dubbio, a questo punto il prigioniero si sarà già dileguato, ma è meglio comunque verificare. 10 CHI ​È​ LA PREDA, ADESSO? Atterro esattamente in mezzo alla crepa nel muro: la prigione è spoglia e scomoda come si addice a un ambiente di tal rango, non ospita nemmeno una piccola finestra per confortare il recluso con qualche timido raggio di sole. Noto quattro catene munite di ganci che penzolano senza nulla da trattenere: mi avvicino per osservarle meglio, e scopro che ciascuna di esse termina con un gancio, ciascuno impregnato di fibre muscolari. <<Il prigioniero si è strappato una parte dei suoi stessi muscoli pur di potersi liberare!>> esclamo a voce alta senza accorgermene <<Che razza di tempra ha quest’uomo?>> <<Lo stai per scoprire, Senza Nome!>> Sbigottito, alzo la testa verso il soffitto, dal quale ho udito provenire la risposta, ma faccio solo in tempo a scorgere una massa scura indistinta che si fionda su di me come un falco su un topolino. In una frazione di secondo mi solleva e mi sbatte con la faccia a terra, così forte che sento distintamente le ossa del naso frantumarsi in tante piccole schegge e perforarmi il cranio dall’interno. Non pago, il mio assalitore mi afferra il braccio sinistro e lo ruota completamente, frantumandomi metà spalla. <<Aaaargh! Ascolta… comprendo la tua ira, ma io non sono tuo nemico, sono venuto fin qui per aiutarti!>> <<So benissimo perché sei qui, errore di Xarathos.>> Mentre il dolore fa di tutto per proibirmi di pensare correttamente, osservo l’uomo che nel giro di un secondo si è preso gioco di me: noto un torace allenato e muscoloso ricoperto di un numero impressionante di ferite, così tanti tagli che non si crede possano trovare spazio in un solo busto. Porta una folta barba marrone, sull’occhio destro un lungo e profondo taglio che probabilmente lo ha reso inutile per sempre. Sul cranio, privo di capelli, ci sono ferite dall’aria grave, ma inflitte con un criterio apparente, come se chi le avesse inferte sapesse bene cosa cercare. <<Finalmente sei arrivato. Ho dovuto attendere sei anni la tua nascita.>> Senza emettere nessun lamento, si ficca due dita in una delle piaghe del braccio destro, ed estrae una piccola e sottile lama, apparentemente dello stesso metallo nero che sta distruggendo la mia città. Dopodiché, me la conficca in mezzo alla coscia della gamba sinistra. <<Aaargh!>> ripeto, mentre osservo il mio sangue zampillare dalla ferita senza fare complimenti. <<I tuoi fratelli hanno verificato che io non portassi armi nelle vesti. Dentro il corpo, è tutto un altro discorso.>> <<Mi hai chiamato Senza Nome! Tu sapevi chi sono!>> Il Prigioniero di Agarthi si avvicina a me, e mi afferra per i capelli. <<​Non sono forte, non sono bello, non sono intelligente, a cosa servo dunque? E se io fossi solo un gioco perverso di Xarathos?​>> mi sussurra imitando la mia voce. <<Questo l’ho detto io! Come fai a conoscere queste cose?>> <<Il mio padrone sapeva perfettamente l’aspetto che avresti avuto una volta nato. Conosceva già i tuoi crucci e i tuoi pensieri.>> <<Giochiamo a carte scoperte, ti va? Sei un discepolo di Magog, non è vero?>> <<Glielo chiederai di persona. Io ho il compito di tenerti impegnato mentre le sue truppe radono al suolo Agarthi.>> mi risponde, senza alcun cambiamento nella sua espressione. <<Pensavo fosse sua ambizione conquistarla… anf… non distruggerla.>> <<Sei proprio stupido come sembri.>> mi accusa puntandomi il dito <<A me e al mio padrone non importa nulla di questa città. Il nostro scopo è lo sterminio definitivo della razza Xeniar! Io sarò lo strumento della punizione che si abbatterà sulla progenie perversa di Xarathos!>> Quest’uomo… è diverso dai pochi altri che ho incontrato finora. Non considera me e i miei fratelli degli esseri superiori. Sembra sapere tutto sulle nostre origini, e cova un desiderio di vendetta che faccio fatica a immaginare. Tento di rimettermi in piedi, ma l’emorragia va allargandosi. La testa si fa pesante e le parole non mi escono dalla bocca con il giusto ordine. <<l padrone ha detto che tu sei l’elemento finale per il suo piano. Attraverso di lui, io porterò tra la tua gente mille volte il dolore che essa ha portato alla mia!>> Sto per perdere i sensi, devo tentare il tutto e per tutto. Il prigioniero di Agarthi vede che provo a rialzarmi, così estrae da un’altra ferita una seconda lama simile alla prima, e me la lancia di nuovo. Vedo che punta alla gamba buona, tutto sta a calcolare bene i tempi. Sposto l’intero peso sulla sinistra… e l’arma mi perfora la gola, anziché la coscia. Sento in sangue che si riversa per i polmoni, il cuore si arresta privo della spinta vitale, ma solo per un momento. Come avevo previsto, la riplasmazione si attiva, e le mie membra vengono spinte a ripartire in un mare di saette porpora sprigionate dalle mie cellule. <<Niente male. Ti sei fatto ferire mortalmente per poter attivare la riplasmazione. Va bene, vuol dire che adesso ti farò a pezzi senza ucciderti.>> 11 UNA PIRAMIDE DI DOLORE <<Non deve andare per forza in questo modo. Quello che ti hanno fatto è terribile, ma io sono qui per aiutarti. Troverò il modo per porre rimedio al tuo dolore!>> <<Quale audacia, tu che sei uno della prole di Xarathos vieni a parlare a me di ingiustizie e di dolore! Hai idea di come sia stato costruito questo regno?>> mi urla allargando le braccia <<Centinaia di popoli, in terre lontane e vicine, piegati dalla furia di Potenza, schiacciati dalle macchine di Ingegno, umiliati dalla furia di Vendetta! Antichi culti sradicati perché divergenti dal vostro, l’unico che consideravate puro e autentico!>> <<Capisco dove vuoi arrivare. Ma può esistere una sola specie dominante in un ambiente. È un’equa selezione naturale.>> <<Oh, certo, una guerra tra una fazione armata con arco e frecce e l’altra di carri che sprigionano fiamme e saette è di certo molto equa. La tua stirpe ha eretto una piramide di odio e dolore e si è posta alla sua cima, ma io… io sono il predatore che vi scardinerà dal vostro empio trono!>> Non c’è possibilità di ragionare con quest’uomo. Profana nuovamente le sue ferite e si prepara a colpirmi con le sue diaboliche lame. È il momento di dimostrare che so fare qualcosa che non sia morire. Scatto con tutta la forza che i muscoli delle mie gambe mi concedono: peso ridotto e piccole dimensioni mi permettono di fiondarmi verso il mio avversario tanto velocemente da non permettergli di realizzare una strategia. In un paio di secondi, il prigioniero di Agarthi mi lancia una, due, tre lame affilate: schivo la prima, la seconda mi sfiora la guancia, la terza mi porta via un pezzo di orecchio, ma ora sono di fronte a lui! Mi getto verso il mio nemico con tutto il mio peso e cadiamo entrambi attraverso la crepa nella parete, precipitando verso il suolo. Nella mia mente visualizzo la forma dell’asta in Apeiron, calcolo lunghezza e densità, e subito parte della mia stessa “carne” si liquefa ricomponendosi nell’asta scintillante che raggiunge il terreno. Il problema della caduta è risolto, ora devo afferrare il prigioniero prima che si frantumi al suolo… ma quel pazzo mi scalcia, e si aggrappa all’asta scivolando sulla sua superficie! Prova a scappare? Sto per imitarlo, ma con un balzo il Prigioniero salta in groppa a uno dei sauri alati che sfreccia a fianco degli edifici di Agarthi! Atterro su una guglia mentre osservo il mio nemico andarsene con tutte le risposte che ambisco conoscere: queste bestie volanti sembrano sfruttare pienamente le correnti ascensionali che attraversano la città, e si muove più velocemente di quanto la mia asta non cresca! Adesso come lo raggiungo? Mentre ragiono sul da farsi, un lampo si abbatte poco sotto di me: una risata fragorosa si erge tra polvere e frammenti di Apeiron scagliati in aria, e scorgo il cadavere di una di quelle bestie mentre viene maciullata a suon di pugni… da Potenza! <<Ah, che bellezza! Era tanto che non mi divertivo così, [CENSURA]! Fatevi sotto, figli di [CENSURA]! Avete voluto sfidare la potenza di Xarathos, eh? Ce n’è per tutti!>> <<Potenza! Ehi, fratello!>> <<Mm? Sei ancora, vivo, specie di ortaggio parlante?>> <<Il Prigioniero di Agarthi sta fuggendo! Devo inseguirlo. Presto, lanciami!>> <<Cosa vai farneticando, nanerottolo?>> <<In quella direzione! Prendi bene la mira, e fiondami come faresti con una lancia!>> <<Se sono fortunato, vi spiaccicherete entrambi contro qualche muro. Preparati, sorcio!>> Probabilmente tra diecimila anni ripenserò a questa scena e realizzerò quanto sono stato stupido. Per il momento, cerco di concentrarmi sul mio obiettivo senza badare ad altro. Potenza mi spedisce verso le nuvole e taglio in due l’aria come farebbe il proiettile di una catapulta. Noto di sfuggita palazzi scintillanti, bestie alate e carri meccanici volanti che mi lascio immediatamente alle spalle, mentre cerco di individuare il mio obiettivo. Spero molto, molto intensamente, che mio fratello stesse davvero guardando dove gli indicavo, perché altrimenti dovrò scoprire se sono in grado di riplasmarmi una volta frantumatomi in mille pezzi. Non lo vedo, non lo vedo... eccolo! Il Prigioniero di Agarthi sembra cogliere qualcosa, e noto lo stupore balenare nel suo unico occhio buono, un istante prima che io lo colpisca in pieno. Neanche questo basta a fargli perdere la calma! Con un braccio si regge alla bestia che cavalca, con l’altro mi afferra il collo e cerca di sbattermi via. Gli regalo uno, due, tre calci al volto e non fa una piega, mordo una delle sue dita fino quasi a tagliarla in due e non ottengo che un aspro sapore sanguigno tra le labbra. <<Sei proprio l’idiota testardo che il padrone aveva preannunciato. Ma su una cosa hai ragione. Tu mi aiuterai a porre fine al mio dolore, e adempierai alla profezia.>> <<Urgh.. quale profezia?>> <<Hai una sorella piuttosto colta, no? Chiedilo a lei. Se non morirai prima, ovviamente.>> <<Se non moriremo!>> ribatto, e creo nuovamente l’asta, proprio quando il sauro alato si prepara a volare tra due edifici piuttosto vicini tra loro: esso si allunga fino a coprire la larghezza esatta tra le pareti, e sia io che il mio tenace avversario precipitiamo verso l’ormai a me troppo familiare suolo di Agarthi. 12 NEMROD D’accordo, è ufficiale. Anche se sono nato da cinque minuti, sono davvero stufo di questa vita. Privi di cavalcatura, andiamo da conoscere da vicino il suolo della città rilucente, mentre sbuffo e mi agito nel vano tentativo di ricreare di nuovo la mia asta speciale. Dannazione, perché nessuno mi ha spiegato quanto tempo occorre per rigenerare l’Apeiron? Venti secondi, trenta? Ho paura che mi schianterò prima di averlo scoperto. Il prigioniero di Agarthi mi trascina con il suo peso aggrappandosi alla mia caviglia, tanto per rendere le cose ancora più difficili. Tuttavia, lo vedo chiaramente urtare una delle pareti degli edifici, e sento distintamente la sua spalla salutarci con un sonoro CRACK! <<Adesso tocca a te!>> mi dice e, tirandomi verso di sé, mi usa come scudo per evitare di rompersi altre ossa. Urtiamo più volte di quante non riesca a contare: quattro o cinque delle mie costole lasciano la gabbia toracica per visitare il resto del corpo, il bacino diventa solo un ricordo, una guglia sporgente mi perfora l’anca. Se me la cavo anche stavolta, sarà mia cura riconsegnare personalmente questo farabutto a Ingegno per testare una delle sue sale della tortura. Siamo quasi arrivati… il suolo! Riesco a girare la testa e scorgo sotto di noi una superficie ovale color ruggine, sotto la quale si erge una struttura cilindrica piuttosto alta. Ingegno non aveva parlato di un “pozzo della spirale fantasma”? Vuoi vedere che… Non riesco a terminare le mie elucubrazioni. Non appena la nostra pelle entra in contatto con la superficie del pozzo, una ondata di energia cremisi si sprigiona e si spande come un gorgo; una rilucente spirale diafana che come un fiume in piena ci invade e ci ingloba. * La prima cosa che sento è una corroborante brezza che mi accarezza il volto. Odo rauchi stridii di bestie, ma diversi da quelli che emettevano i mostri degli invasori, le mie mani tastano un terreno umido denso di foglie e radici. Cerco di alzarmi per capirci qualcosa ma… le gambe… non sento più le gambe! <<Mi è andata bene. Hai preso un bel po’ di percosse, ma non abbastanza da attivare la riplasmazione.>> la familiare voce del mio avversario si fa strada tra le fronde prospere, e a un tratto lo vedo ai miei piedi. In confronto a me, lui sta una favola. Mi afferra per il busto e mi carica sulle spalle. <<Ora che sei paralizzato, non puoi più scappare, re delle scimmie. Ti porterò dal mio padrone e completerò la mia missione.>> <<Qui non siamo ad Agarthi. Tu sai dove ci troviamo?>> <<È il santuario di Caledonia, delle grandi isole del continente di mezzo. La mia riserva naturale.>> Odo la voce di una donna, e subito dopo si presenta un concentrato di bellezza femminile fiero e autentico. Occhi blu profondi e misteriosi, lunghi boccoli biondi, fianchi morbidi e seni prosperosi. <<Conoscenza!>> <<Senza Nome, in quale guaio ti sei cacciato?>> mi domanda con stupore <<Un momento, come hai potuto attivare il pozzo della spirale fantasma? Servono almeno due marchi di Xarathos è in grado di…>> ma a un tratto si blocca. Fissa il prigioniero di Agarthi e una drammatica consapevolezza si fa strada nei suoi occhi. Subito punta la mano destra, e da essa si plasma una rilucente balestra in Apeiron. <<Nemrod. Maledetto, allora ci sei tu dietro a questa storia! A costo di bagnare queste acque piene di vita del tuo sangue, ti eliminerò e porrò fine alla devastazione che hai perpetrato.>> <<Ne sei certa?>> <<Cosa?>> <<Sei certa che non afferrerò la freccia al volo e non te la conficcherò nella gola?>> ribadisce con la voce piena di sdegno il prigioniero di Agarthi. <<Sorella? Nemico? Mi sembra strano fare la voce della ragione, ma… posso ricordarvi che c’è una città in procinto di essere distrutta?>> <<Io e Terra siamo venuti qui proprio per indagare. Sauri delle epoche preistoriche… gli unici ancora vivi sono quelli che ho salvato e portato qui eoni fa per riprodursi. Dobbiamo scoprire come Magog se ne è impossessato.>> <<Hai dunque dimenticato la profezia che mi è costata tanto dolore?>> interviene il Prigioniero <<La verità che temevate al punto da devastare il mio regno? Nella profezia era scritto tutto, o sbaglio? Anche il ruolo che avrebbe recitato l’idiota Senza Nome.>> Ancora questa profezia! Allora non erano solo vuote chiacchiere! <<Sorella, vuoi dirmi di cosa sta parlando quest’uomo? Che centro io con la devastazione di Agarthi, e come fa ­ Nemrod, se ho capito bene ­ a conoscerla?>> <<Senza Nome…>> Conoscenza fa per spiegare, ma non sembra trovare le parole giuste <<Vedi… noi abbiamo fatto tante cose che a te possono sembrare recriminabili. Abbiamo versato il sangue quando il sangue doveva scorrere. Abbiamo soppresso vite che non si conciliavano con l’ordine concepito dal sublime Xarathos. Abbiamo celato segreti che avrebbero messo in pericolo la nostra sopravvivenza.>> <<Insomma, vuoi dirmi o no in cosa consiste questa profezia?>> 13 GRANDI ASPETTATIVE Avverto il moto sussultorio del terreno sul quale il mio assalitore poggia i piedi, e in un attimo una cascata floreale parte in una folle salita verticale. Radici di lunghezza e consistenza impressionante sbucano perforando la terra stessa e puntano verso di noi come se intendessero trafiggerci: Nemrod salta più in alto che può per evitare l’assalto, ma così facendo gli scivolo dalle spalle; tuttavia, una delle radici animate mi afferra dolcemente risparmiandomi l’ennesima caduta della giornata. Un potere simile può essere solamente opera di… <<Terra!>> esclamo non appena scorgo il familiare cranio calvo decorato da tatuaggi vermigli. Alle mie spalle, noto il prigioniero di Agarthi che, per tenere fede al suo epiteto, viene trattenuto saldamente dalle piante animate di mio fratello, che ne bloccano braccia e gambe. <<Mordi il mio braccio.<< mi intima Terra, non appena le piante viventi mi poggiano ai suoi piedi. <<Non ho fame, grazie.>> Capisco che sia preoccupato per le mie condizioni, ma così non mi aiuta... <<Stolto! Il mio sangue ha proprietà curative. Mordi questo dannato braccio!>> <<Ah, certo, lo avevo capito! Stavo, uhm, scherzando.>> ubbidisco al suo comando e inizio a succhiare il suo fluido venoso, più simile a linfa che a plasma, a giudicare dal sapore. Le ossa mi rientrano nei relativi incavi, le ferite iniziano a sanarsi e le forze mi scorrono nuovamente nelle membra. <<Noi due eravamo venuti qui per verificare se qualcuno aveva invaso il santuario di Caledonia per rubare campioni genetici.>> <<Ma così non è.>> sentenzia mia sorella <<Non c’è traccia di intrusioni. Escludendo l’improbabile ipotesi che qualche fossile contenesse abbastanza geni per ricreare i sauri che stanno demolendo la nostra città, l’unica ipotesi sensata è…>> si prende una pausa. Dubbio e timore non sono presenti molto spesso nel suo timbro vocale, ma questa è una delle rare volte <<... che Magog esistesse già ai tempi dei dinosauri. E che ne abbia salvato alcuni esemplari.>> <<Mi pare di capire che hai dimenticato il contenuto della profezia.>> ci urla Nemrod <<La mia famiglia morta e la mia gente devastata per qualcosa che neanche vi siete presi la briga di imparare?>> <<Taci Nemrod, o le mie pianti viventi ti staccheranno quella linguaccia piena di veleno!>> <<Fratello, sorella! Cosa enuncia questa profezia di tanto raccapricciante? Io ne faccio parte?>> Conoscenza e Terra si scambiano sguardi carichi di aspettative e di timori, infine mia sorella mi prende per mano e fa per portarmi via. <<Ti sembra una cosa saggia da fare?>> le domanda Terra sospettoso. <<Probabilmente no, ma capisco perfettamente cosa provi quando ti è precluso ciò che vuoi ardentemente conoscere . Facciamolo.>> Ci allontaniamo lasciandoci alle spalle le imprecazioni e minacce del Prigioniero di Agarthi. I miei fratelli mi accompagnano lungo un sentiero in mezzo alla selva incontaminata del santuario, infine giungiamo davanti a quella che sembra essere un disco in marmo dal diametro di due uomini e mezzo adagiato al suolo, attraversato da una spirale simile a quella del pozzo ad Agarthi. Conoscenza si morde il pollice fino a farlo sanguinare, e con il sangue che ne fuoriesce traccia un pentacolo contenuto nei margini della spirale. Non appena si rialza, noto una serie di piccole scintille verdastre scoppiettare lungo i tracciati sanguigni, bagliori che iniziano a crescere e a crepitare fondendosi in un’esplosione sgargiante. <<Il Fuoco dell’armonia! Ma… non ha il colore dell’altra fiamma, è bensì verde!>> <<È vero che non posso attingere al fuoco della conoscenza, ma posso evocarlo, se voglio.>> chiarisce mia sorella <<Questa è un’altra manifestazione del fenomeno che hai conosciuto ad Agarthi. La usiamo per contenere solamente un’informazione. Una soltanto​.​>> <<Ovvero il contenuto della profezia.>> precisa mio fratello <<Per non rischiare che qualcun altro potesse venirne in possesso, abbiamo distrutto le trascrizioni e memorizzato il suo contenuto in questa evocazione. Se vuoi conoscerla… sai cosa devi fare.>> <<Non mi fermerò certo a questo punto.>> Ripenso rapidamente allo stesso stato d’animo che avevo provato la prima volta che provai il contatto con l’entità, e apro la mia mente per consentire l’accesso alle informazioni. Questa volta la voce non è minacciosa, ma calma e imponente, autorevole e colma di significato: “Io esisto oltre tutto ciò che esiste perché ciò che esiste non rasenta la mia potenza. Tutte le guerre mi appartengono perché io ho dato origine a tutte le guerre. Io sono il Creatore dell'esercito perché l’esercito da me ha avuto forma e io solamente ho il diritto di disfarlo. Pretendo in sacrificio la testa del nono figlio, perché il nono figlio ha abbandonato il mio esercito, e lo farà, alla caduta della città imperitura quando la prole della specie estinta...” 14 IL CREATORE DELL’ESERCITO <<Le prime tre strofe sono abbastanza chiare.>> precisa Conoscenza <<Xarathos definisce se stesso come il “Creatore dell'esercito” e noi Xeniar, la prole che ha generato, siamo i suoi soldati. È la strofa successiva che non sembra avere molto senso. Parla al passato dell’abbandono da parte del nono figlio ma, subito dopo, precisa che ciò avverrà alla caduta della città imperitura. Ovvero Agarthi, la nostra casa, che al momento è ancora in piedi.>> <<E “la prole della specie estinta”​ ­​ continua Terra ­ devono essere i dinosauri che al momento stanno demolendo Agarthi. Bestie che in qualche modo colui che si fa chiamare Magog ha riportato in vita millenni dopo la loro dipartita.>> <<Qualcuno mi spieghi!>> sbotto <<Conoscevate o non conoscevate questa profezia? Nemrod ne parla come se l’aveste sottratta alla sua gente, ma ora vi scervellate sul suo senso come se non l’aveste mai udita prima!>> Terra si passa una mano sul cranio glabro ornato da vermigli fiammanti tatuaggi; Conoscenza invece scuote innervosita i suoi rilucenti boccoli biondi, mentre le sue vesti in Apeiron cangiano riflettendo il suo stato d’animo tormentato. <<Senza Nome,>> mi fa sedendosi <<come ti ha detto Nemrod, il mondo nel quale viviamo è paragonabile a una piramide. Noi siamo alla cima di questa piramide, ed elargiamo dolore e giustizia, spesso la seconda attraverso la prima. Quanto abbiamo fatto a Nemrod è così terribile… che abbiamo preferito dimenticarlo. Così come il contenuto della profezia.>> <<Non ci vuole un genio per capire che questa profezia è incompleta!>> sbraito <<Mi gioco tutti e due gli occhi che Magog conosce la seconda parte. Noi dobbiamo…>> <<Tu guardi l’albero trascurando il bosco.>> mi calma mio fratello estraendo da un sacchetto alla cintola alcuni funghi violacei e iniziando a masticarli <<Sei nato da neanche un giorno, mentre noi abbiamo la saggezza di eoni interi. Una profezia emessa da Xarathos non è un semplice auspicio, è verità assoluta.>> <<Xarathos è ​il potere oltre ogni altro potere.​>> sentenzia Conoscenza, battendo il dito indice della mano destra sull’altra mano aperta <<Se Xarathos dice che il giorno è notte, allora il giorno è notte. Se dice che il bianco è nero, allora il bianco è nero. E se dice che il nono figlio ­ ovvero tu ­ lo tradirà, allora è così. E se Agarthi cadrà… significa che tu realizzerai un atto osceno nei suoi confronti.>> <<Ma perché Xarathos mi ha creato se sapeva che avrei agito contro il suo volere?>> <<Forse è pazzo.>> sentenzia Conoscenza. Tre parole che ci fanno gelare il sangue nelle vene, posto che quello che ci scorre dentro il corpo sia lo stesso degli umani. <<Sorella…>> fa Terra con aria seria. <<Noi non sappiamo più chi sia davvero Xarathos. Nessuno di noi lo ricorda davvero. E se questa guerra infinita con i suoi creatori lo avesse fatto uscire di senno?>> <<Se ti sentisse Vendetta, ti taglierebbe subito la testa per una tale bestemmia.>> la critica aspramente il padrone della natura. <<Così non andiamo da nessuna parte.>> taglio corto <<Dobbiamo scoprire cosa recita la seconda parte della profezia. E c’è una persona che la conosce con tutta la probabilità.>> <<Nemrod, il Prigioniero di Agarthi. Immaginavo ci sarebbe servito, perciò le mie piante lo hanno immobilizzato senza ucciderlo.>> <<È il momento di fare qualche passo avanti in questa storia.>> concludo. 15 MIGDOL BAVEL <<Infine, tu e la tua congrega di mostri vi degnate di mostrarvi a me.>> mi dileggia Nemrod, spavaldo. Non c’è traccia di paura nei suoi occhi, sebbene le piante animate di mio fratello Terra lo ghermiscano severamente. <<Ne avremmo fatto volentieri a meno.>> precisa Conoscenza <<Ma ci preme scoprire le origini del nostro nemico. Vaglierò la tua mente per vedere e udire ciò che tu hai visto e udito. Scoprirò nome e volto di Magog.>> <<Donna! Tieni le mani lontano da quest’uomo!>> le urla Nemrod mentre mia sorella fa per poggiare la sua mano sul suo volto. <<Tsk. Non hai niente che non avessi io quando ero maschio. Ora stai fermo oppure ti farò ancora più male del necessario.>> La mente di Nemrod si spegne mentre l’anima di Conoscenza naviga tra sentieri fatti di idee, mari colmi di menzogne, fiumi di maledizioni e montagne di sensi di colpa, cercando di individuare un ancora, un ricordo particolare che le fornisca qualche risposta. Infine, sente di aver scovato ricordi decisamente importanti: dieci, venti anni prima, forse, e il luogo, la sento pensare, è... <<La torre di Migdol Bavel. Ma certo! Il simbolo dell’offesa agli dei!>> Ora Conoscenza può vedere ciò a cui Nemrod stesso assisteva in occasione di quel ricordo specifico, e condivide le sue medesime sensazioni. Sente il corpo di Nemrod penzolare sul vuoto e, percepisce che una presa massiccia al collo è l’unica ragione per cui non ha ancora iniziato un triste volo verso il suolo. Lo avverte guardare alternativamente lo strapiombo che si apre sotto i suoi piedi e il volto dell’uomo che lo sta reggendo. Il ghigno ebbro di violenza e di cupo compiacimento… di Potenza. <<Non vuoi proprio rivelarci come i tuoi sacerdoti hanno concepito la profezia? Non dirmi che sei contrariato per quello che ho fatto alla tua bella famigliola?>> <<Mia moglie… i miei figli… vi ucciderò per questo! Troverò un modo, lo giuro su tutti gli dei!>> <<Giuri di distruggerci, su noi stessi?>> lo dileggia il signore della forza, prima di bagnargli il volto con il suo sputo. Il corpo condiviso tra Conoscenza e Nemrod si trova sulla cima della Torre di Migdol Bavel. I miei fratelli avevano votato per distruggerla quando era giunta loro voce che Nemrod e i suoi seguaci avevano messo le mani su una profezia proibita di Xarathos. Mia sorella aveva votato contro la distruzione e non aveva partecipato, ma… <<Ti avevamo avvertito, cane! Non dovevi sfidare il potere del Creatore dell'esercito!>> Vendetta compare al fianco di suo fratello: lo sdegno nelle sue parole è palpabile, ha gli occhi irrorati di un sangue nero e ribollente. <<Siete onnipotenti… perché vi spaventa una semplice sequenza di parole?>> <<Perché nella conoscenza vi è la leva del potere.>> si unisce Ingegno, il signore della meccanica perfetta <<Perdonate il ritardo. C’erano delle ancelle piuttosto graziose che ho ritratto come modelle per le mie prossime bambole.>> <<Taglia corto, costruttore. Ti sei occupato degli abitanti della torre, oppure no?>> <<Nessuno sarà più in grado di rivelare la profezia. Non saranno proprio in grado di rivelare niente, a dire il vero.>> <<Avevo detto niente uccisioni.>> lo sgrida Vendetta <<Li voglio vivi e agonizzanti, come monito per coloro che volessero in futuro sfidare il sommo Xarathos!>> <<Appunto. Diciamo soltanto che... finché vivranno avranno qualche problema a capirsi tra di loro. Una piccola scombinazione dei centri della parola, tutto qui.>> risponde il signore dell’Apeiron grattandosi il mento, come se gli avessero semplicemente chiesto cosa avrebbe desiderato mangiare per cena. <<Tu e i tuoi malsani giocattoli. Lasciamo perdere. A questo punto, solo Nemrod conosce la scomoda verità. Lascia che nei suoi ultimi attimi di vita pensi alla disgrazia che ha portato alla sua gente e ai suoi congiunti. Sbarazzatene, fratello.>> intima la dea iraconda. Il gigante della forza, con un sogghigno, molla la presa, e Nemrod precipita dalla cima della torre di Migdol Bavel. Decine di metri di volo che si concludono con un tonfo pesante, organi spappolati e una colonna vertebrale in frantumi. L’uomo si prepara a esalare l’ultimo respiro. Prima che l’anima lasci il proprio corpo, però, vede… o crede di vedere… qualcosa che non riesce a comprendere. Venti sorti dal nulla che davanti al suo corpo martoriato sollevano sabbia, terra e rocce: l’aria si muove vorticosamente, e la nube di polvere diventa salda, compatta, si raggruma in proporzioni umane. Un’aura minacciosa si espande dove nulla dovrebbe invece esserci. <<È la morte che viene a prendermi?>> biascica Nemrod con un filo di voce. <<Sì, io sono la morte, ma non la tua! Sono la morte degli sciagurati antichi dei!>> <<Lasciami, demone di sabbia! Tra poco rivedrò la mia famiglia, e sarò in pace.>> <<Se vuoi essere accolto negli inferi come un bastardo e un vigliaccio, rispetterò la tua decisione. Ma se intendi vendicare il sangue innocente versato, io ti darò poteri oltre ogni immaginazione. Sarai il mio braccio, e il mio vassallo. Distruggerai Agarthi l’imperitura e la prole di Xarathos!>> Sono gli ultimi attimi di vita dell’uomo, percepisce Conoscenza. La forza vitale sta per abbandonarlo definitivamente. <<Fammi vivere, signore della guerra, affinché io possa giurarti fedeltà.>> <<Così sia, dunque. Tu sarai la mia spia e il mio generale, e mi chiamerai… Magog!>> 16 LA TRAMA DEL RAGNO <<Ancora pochi attimi e scoprirò l’aspetto di Magog!>> esclama Conoscenza nella mente di tutti e tre. Io e mio fratello Terra non riusciamo a vedere ciò che lei sta rivivendo con i ricordi del prigioniero, ma avvertiamo le medesime sensazioni che ella prova e la voce calda e vellutata con cui si rivolge a noi. Conoscenza scruta la misteriosa apparizione espandendo al massimo i suoi già validissimi sensi. Un’apparizione in piena regola, ma sono solo trucchi da prestigiatore per impressionare un uomo a un passo dalla morte. Mia sorella lo percepisce immediatamente. È un’entità colma di potere quella che sta offrendo a Nemrod la più dolce delle vendette. Mia sorella cerca di scorgere oltre ciò che un uomo è in grado di vedere. L’energia palpitante che solleva rocce e sabbia ha qualcosa di familiare. Di troppo familiare. <<AAAAAAAAAH!>> Sento il dolore lancinante che dalla mente si spande alle carni della mia congiunta. Scatto nel tentativo di aiutarla, ma mio fratello Terra mi agguanta gelandomi con lo sguardo. <<Stai fermo. Se interrompiamo la connessione, la mente di Conoscenza potrebbe restare separata dal suo corpo. Dobbiamo aspettare che sia lei ad annullare il legame!>> Fauci infuocate addentano la mente di mia sorella e la stritolano fino a farla sanguinare, mentre parole che sembrano pronunciate da un cerbero fiammeggiante annullano tutte le barriere mentali che la donna poteva avere eretto in sua difesa. <<Il ragno tesse la tela affinché le sue prede vi rimangano invischiate senza speranza di salvezza.>> <<Magog… chi sei? Perché ci fai questo?>> Ogni parola che Conoscenza proferisce è un’immane agonia. Il potere primordiale di Magog ora la avvolge come un incendio che divampa tra gli arbusti. <<Sono il tuo predecessore, signora del sapere. Sono il soldato che ha forgiato l’Esercito. Sono il potere di Xarathos stesso!>> Sta perdendo il legame con la realtà. La signora delle mille esperienze sente le forze risucchiate nel vortice del potere maligno di Magog. <<Io enuncio il volere di Xarathos. La città imperitura sprofonderà nelle viscere della terra, fino a Shambhala e da essa mai più risorgerà. E quando i nove figli a Migdol Bavel torneranno, l’ultimo nato entrerà nella sua fase finale e ne scaturirà la fine del padre, e il dominio del primo figlio.>> Come sospinta da un’onda d’urto invisibile, mia sorella viene mandata indietro, finendo tra le nostre braccia. Mio fratello solleva il suo corpo spento e le inclina dolcemente la testa per appurarsi delle sue condizioni. <<Sorella, stai bene?>> <<Sanguinano! I suoi occhi sanguinano!>> Le orbite degli splendidi occhi azzurri di Conoscenza si riempiono di fluido sanguigno che inizia a fuoriuscire dalle palpebre come vino versato in eccesso nella brocca. Qualche goccia del suo sangue mi bagna il braccio è sento chiaramente che sprigiona un odore salmastro. Esso brucia come olio colato. Per lo shock, Terra perde il legame mentale con le sue piante, che si allentano quel poco che basta per consentire al Prigioniero di Agarthi di sfilarsi dalle fronde animate. <<Tutto è andato secondo i piani. È stata una fortuna attraversare il pozzo della spirale fantasma per giungere nel santuario delle specie protette in Caledonia. Qui il mio potere è più grande.>> <<Come facevi a conoscerlo? Non ne abbiamo mai parlato in tua presenza!>> <<Dove credi che il padrone abbia cresciuto le sue schiere? Anche lui possiede oasi nelle quali i dinosauri hanno prosperato per millenni. Egli può fare tutto quello a cui pensate voi!>> <<Comunque sia, sei troppo pericoloso per restare in vita.>> il potere geologico di Terra pulsa vivo nelle sue membra <<Ti stritolerò con le mie piante. Addio Nemrod, addio minaccia.>> Nemrod ridacchia e bisbiglia qualcosa in una lingua degli uomini che non so decifrare. Poggia la mano sull’occhio destro, quello perennemente chiuso e attraversato dall’imponente squarcio. <<Non pensavo di doverlo già usare. Il mio unico rammarico è che non sopravviverete abbastanza da assistere alla fine di Agarthi.>> Spalanca l’occhio. Anche se avessimo vissuto il doppio della nostra già infinita esistenza, non avremmo potuto immaginare cosa ci attendeva. Il suo occhio destro è vitreo e sbilenco ma, sulla sua superficie, vi è impresso…. un marchio di Xarathos! <<Mi sembra giusto che ora debba combattere contro di voi con la mia vera potenza!>> 17 L’ASSO NELLA MANICA <<Nemrod, non ci vuole un genio per comprendere che qualcuno sta giocando con te. Per quanto un solo​ ​marchio di Xarathos sia insignificante nella nostra scala di poteri, per un umano è una fonte di esaltazione senza pari. Stai pur certo che chiunque te lo abbia donato non l’ha fatto per il tuo bene.>> spiega Terra al nostro nemico. <<Terra, fratello mio. Lui ha un singolo marchio, proprio come me. Non potrebbe essere…>> <<Ho capito dove vuoi arrivare, ma no. Non può essere lui il figlio del Creatore dell'esercito previsto dalla profezia. Quando l’abbiamo incontrato la prima volta, era un semplice umano.>> <<Una profezia può essere interpretata in un modo piuttosto che in un altro, mi sbaglio?>> gli sussurro. <<...>> <<Basta giocare! Il mio padrone vuole l’ultimo nato! Voi suoi congiunti potete sparire tra i flutti!>> La terra inizia a ondeggiare come se cercasse di cullarci, e il rumore di numerose fronde che si abbattono al suolo echeggia in maniera preoccupantemente vicina. Le acque dei fiumi e degli acquitrini circostanti si sollevano al pari di una massa uniforme sospinta da una ciclopica mano invisibile. Un muro d’acqua considerevole supera di molte misure l’altezza degli alberi che ci circondano, e in pochi secondi si accinge a inondare lo spiazzo che occupiamo. <<Come padroneggi i miei talenti, figlio di un demonio?>> gli urla Terra, quando realizza che la dote evocata dal nostro nemico appartiene ai suoi poteri di dominio sulla natura. Decido che non è il momento di approfondire l’argomento. Afferro mio fratello e riplasmo dal mio corpo la mia asta in Apeiron speciale, sollevando entrambi sopra sopra il livello delle acque. <<Guarda, Terra! Le acque non lo lambiscono, tentano di sommergere solamente noi!>> <<Dovevi prendere anche Conoscenza, disgraziato! Affogherà se non la aiutiamo!>> Come ho fatto a non pensarci? È possibile che il mio senso di sopravvivenza prevarichi sulla salvaguardia dei miei simili? Mia sorella è già stata inghiottita dai flutti, ma subito il signore della natura si immerge in suo soccorso. Io tento di connettermi di nuovo alla mente di Conoscenza, e infine torno a sentire i suoi pensieri nella testa. <<Ho studiato la morte così tante volte, che subirla a mia volta non mi impressiona, Magog. Ma accettare la distruzione della città imperitura e della mia famiglia per colpa delle tue brame? Né ora, né mai!>> Conoscenza percepisce che il suo corpo non riesce più a ricevere l’ossigeno dall’aria che le occorre per sopravvivere. La riplasmazione serve solamente in caso di morte violenta, asfissia o affogamento non sono situazioni dalle quali può sperare di uscire indenne. <<Uno strumento non può avere un fine proprio, ma solamente adempiere a quello di colui che lo impugna. Non ti ho creato per concederti ambizioni che non fossero le mie soltanto.>> <<È vera soltanto la tua prima affermazione. Tu non mi ha creato. Perché tu non sei Xarathos!>> <<Ho donato parte del mio potere a Nemrod di Migdol Bavel affinché diventasse il mio alfiere. Ho riportato in vita le specie antiche che giacevano come mere ossa e polvere. E tu osi dubitare che io sia il Creatore dell'esercito?>> <<Come i miei fratelli, non ricordo nulla di Xarathos. Se mai sia esistito al di fuori dei nostri sogni confusi. Ma una cosa mi è rimasta impressa. Egli mi ha proibito di incontrarlo ora e per sempre, perché il desiderio di sapere che arde in me mi spinge a indagare sulla sua natura divina, a metterla in dubbio e a oppormi a essa. Perciò non si sarebbe mai mostrato a me, perché chi ha il potere non vuole mai confrontarsi con chi può disperderlo!>> <<Sei incredibilmente acuta, proprio come ti ricordavo. Ma sappi che non ti ho mentito. E tutte le mie profezie hanno valore di verità. Agarthi cadrà, e Senza Nome sarà l’ultimo tassello per la distruzione di Xarathos!>> <<Allora, noi aggiungeremo un nuovo capitolo… la distruzione di Magog. Ci rivedremo presto, impostore!>> Ora capisco, Conoscenza ha assecondato Magog affinché, credendo di aver vinto, le rivelasse informazioni sulla sua natura. Non è così facile mettere in trappola mia sorella! Grazie alla sua conoscenza perfetta della natura del suo corpo, mette in stasi i propri polmoni in modo da sottrarsi forzatamente alla ragnatela mentale nella quale era intrappolata. Un istante dopo, attiva i suoi marchi di Xarathos per adattarsi alla tomba acquatica che l’ha inghiottita, e subito delle pratiche branchie spuntano sul suo collo per riattivare il suo sistema circolatorio, e riprendere vigore. Perfetto, ora posso concentrarmi sul nemico! Allungo l’asta ancora e ancora fino a posizionarmi poco al di sopra di Nemrod, poi mi getto in picchiata come un falco per colpirlo con tutto il mio peso. Ma… devo avere dimenticato con chi ho a che fare! Il Prigioniero di Agarthi gira su sé stesso, e mi afferra per il collo prima che possa toccare terra. Mi stringe punti di pressione che mi impediscono di muovere anche solo un muscolo. <<Senza Nome, devi arrenderti a me. Se non lo farai, porrò fine alla vita dei tuoi fratelli!>> 18 LA TORRE DI BABELE 16 anni prima. L’odierna India. Contrariamente alle basi solitamente progettate da Ingegno, il costruttore supremo, questo edificio non ha una parvenza impressionante né dimensioni ragguardevoli: una semplice struttura semicircolare realizzata in sabbia e rocce, sviluppata sotto il terreno anziché sopra di esso. Ingegno siede di fronte al tavolo delle riunioni, confortato da seducenti ancelle selezionate tra le più gradevoli giovani della popolazione locale. Infine, uno dopo l’altro, i fratelli della prole divina di Xarathos fanno la loro apparizione: per quanto il rifugio non sia costruito nel consueto rilucente cristallo imperituro Apeiron, stoffe pregiate e ornamenti variegati non mancano di rendere l’ambiente invitante e sfarzoso. È come se il ribollente genio di Ingegno non possa mai risparmiarsi dal produrre bellezza intorno a sé, la stessa piacevolezza che nel suo corpo non trova spazio. <<Che razza di viaggio! Fratello, perché non hai mandato i tuoi Vimana a prelevarci?>> chiede Vendetta, la prima a comparire. <<Li ho dismessi praticamente tutti. Stavano diventando un po’ troppo come me.>> <<Buffi? Cervellotici?>> ironizza Illusione. <<Pericolosi.>> sentenzia Ingegno senza traccia di umorismo nella voce. <<Comunque, vi ho sottratto ai piaceri delle vostre alcove per una questione ragguardevole. Osservate questa lega metallica.>> li esorta, ponendo sul tavolo una sbarra di materiale nero, perfettamente levigato, apparentemente saldo anche più dell’acciaio. <<Non è nessun metallo che abbia mai osservato fino ad ora.>> nota Conoscenza, saggiandolo. <<I legami molecolari di questa lega si allentano in base alla temperatura corporea di chi lo circonda. L’analisi dei geoneutrini attesta che i blocco originario si è sedimentato nelle prossimità del nucleo della Terra, ma la lega è irradiata anche di raggi cosmici. Stimo appartenesse a un grande quantitativo precipitato dalle stelle tra i 60 e i 70 milioni di anni or sono.>> <<Durante l’estinzione dei sauri dell’antichità.>> nota Terra <<Ma non lo credo possibile. Ho studiato l’orbita del nostro pianeta negli eoni trascorsi. Non c’è mai stato nell’orbita del mondo un allineamento che avrebbe portato a una simile collisione.>> Ingegno si sistema più comodamente sul suo seggio, e fa cenno alle sue ancelle seminude di abbandonare la sala. La questione di cui deve parlare non lascerebbe comunque spazio a nessun tipo di piacere. <<Lo so anche io, questo. Ma i miei studi suggeriscono l’esatto opposto. È come se la Terra fosse stata forzatamente costretta a rivoltarsi dal suo allineamento, senza altro scopo apparente se non quello di farsi bombardare da un corpo celeste colossale.>> <<Affascinante.>> annuisce Seduzione con poca convinzione <<E ci hai fatto venire fin qui solo per raccontarci questo?>> Ormai abituato a incomprensione e a scherno da parte delle donne della sua famiglia, Ingegno si alza e attiva con il tatto un meccanismo olografico compreso nel tavolo. Subito appare una rappresentazione luminosa di una ciclopica costruzione a più strati, una torre dalle dimensioni inaudite per l’architettura dell’epoca. Centinaia di operai ai suoi piedi testimoniano lo sforzo senza limiti profuso nella sua realizzazione. <<Questa meraviglia è Migdol Bavel. O torre di Babele​,​ come la chiamano alcuni dei suoi abitanti. È costruita con immensi blocchi della stessa lega che avete davanti. La costruzione procede a vista d’occhio, le pareti si espandono di volontà propria puntando verso l’alto. Al momento è l’edificio più alto della storia dell’uomo, e il suo prestigio attira menti illustre da tutto il continente asiatico. Scriba, filosofi, dottori delle scienze…>> <<Ne ho sentito parlare, in maniera confusa, persino nelle mie riserve britanniche.>> conferma Conoscenza <<Sì dice che i sacerdoti di Migdol Bavel dispongano di una qualche “conoscenza degli dei” fornita da entità superiori. Pensavo fosse uno dei soliti scherzi di Illusione. ai danni degli ingenui umani.>> <<Il punto è che una tale altezza e una simile lega inconsueta hanno avuto effetti galvanizzanti sui mistici che abitano la torre.>> continua serio Ingegno <<Hanno colto sogni dei creatori di Xarathos che in genere nemmeno noi siamo capaci di avvertire. Parole che stanno spingendo orde di barbari umani alla rivolta contro gli dei.>> <<Costruttore, se sei a conoscenza di moti di insurrezione contro il sublime Xarathos, è mio compito soffocarli nel sangue.>> inizia a ribollire Vendetta. <<Sembra una profezia costruita nella medesima forma degli ordini impartitici da nostro padre nell’antichità. Si parla dell’annichilimento di Agarthi e della distruzione del dio Xarathos stesso. Ma questa non è neanche la parte peggiore.>> <<Cosa può esserci peggio di sentire preannunciata la distruzione della propria casa e del proprio lignaggio?>> lo incalza Vendetta. <<Sapere di essere obsoleti. Che la nostra sostituzione è già stata preparata anni fa. Che il dio­padre Xarathos è in procinto di creare l’ultimo figlio, un essere più potente di tutti noi messi assieme.>> 19 IL MOSTRUOSO MAGOG <<Se avete dei ripensamenti… avreste dovuto esternarli prima.>> Terra si passa la mano sul cranio liscio, lungo i tatuaggi fiammeggianti su di esso impressi. La pratica della divinazione dei ragni, che aveva sviluppato anni prima in Africa, è il metodo più sicuro per evocare un potere superiore quale è Xarathos. Ma “più sicuro” non significa “senza alcun rischio”. <<Per quanto mi riguarda, non ho intenzione di rinunciare a un incontro con il nostro amato creatore.>> fa presente Conoscenza, mentre termina di realizzare il pentacolo con i ciottoli di ossidiana benedetta. <<Il sigillo si occuperà di trasmigrare momentaneamente l’anima di queste bestioline per fare spazio a quella del padre divino. Se tutto va bene.>> <<I “se” non fanno parte del mio vocabolario.>> precisa Ingegno. La sua apparenza scheletrica risulta ancora più lugubre nell’ambiente semi­illuminato allestito per il rito <<Ho costruito questo rifugio lungo le linee di Xarathos che distribuiscono l’energia del nucleo della Terra ai quattro angoli del globo. Il rito può riuscire solo qui, e solamente con noi otto tutti presenti.>> <<Ora basta!>> intima perentoria Ordine, sedendosi in maniera composta sull’angolo del pentacolo assegnatole. I suoi delicati occhi a mandorla si stringono talmente tanto da sparire tra le pieghe del viso <<Pensate piuttosto a coordinare i vostri pensieri con quelli di tutti gli altri. Dobbiamo ferirci mortalmente tutti quanti e tutti nello stesso istante per attivare il potere porpora della riplasmazione.​ ​Se anche solo uno di noi tarda di un secondo, non potremo ritentare il rito prima di un altro anno.>> <<Va bene, va bene, vecchia bisbetica.>> taglia corto Seduzione mentre le sue vesti aderenti color cachi in Apeiron si squagliano ubbidendo alla sua volontà. I suoi fratelli e sorelle, ugualmente, si denudano il torso e creano, modificando la propria sostanza, una scintillante spada per ciascuno, che poi puntano in direzione dello stomaco. <<Siete tutti pronti?>> domanda Vendetta <<Al mio tre. Uno, due…>> Non appena gli otto Xeniar si danno la morte, il loro corpo formidabile inizia a guarire: il potere porpora della riplasmazione sprigiona un mare maestoso di scintille oro e rossastre, lampi elettrici che si propagano dal corpo delle divinità verso l’alto, perforando il soffitto nella loro furia elementale. Potenza è il primo a concludere la rigenerazione e ad assistere a qualcosa di inaspettato. Nelle intenzioni di Terra, i ragni avrebbero dovuto disporsi per rivelare la volontà di Xarathos rispondendo agli evocatori. Non, invece, cominciare ad addensarsi l’uno sull’altro, a confondersi e a implementarsi in un orrendo ammasso viscido, che presto cresce diventando un solo smisurato… ragno ciclopico! <<Quale mostruosità!>> strilla stridula Seduzione alla vista della creatura repellente <<Ingegno, in quale perversa macchinazione ci hai coinvolto questa volta?>> <<Ci penso io!>> si fa avanti l’erculeo Potenza, e afferrata una zampa del ragno gigante, la strappa inondando il pavimento di viscido pattume e di legamenti spappolati. Il mostro emette dei versi vomitevoli e punta verso il gigante dalla barba rossa ingoiando tra le sue zozze fauci un intero braccio del corpulento Xeniar. Vendetta non si scompone: raccoglie senza fretta la sua spada in Apeiron, squadra l’aracnide spropositato, e lancia la sua arma con precisione trafiggendo il mostro sotto la testa pelosa. Ingegno corre con il suo usuale passo balzellante verso Potenza, e ne osserva il braccio corroso dalla disgustosa bava del ragno. <<Brucia come l’inferno… maledetto ingegnere, appena mi riprendo, ti stacco la testa!>> <<Guarda il morso che ti ha inflitto. La sua forma è quella di un marchio di Xarathos!>> Ma non è finita. Le fauci abominevoli della creatura si dilatano, e una massa carnosa inizia a emergere. Un braccio, poi due, che si ergono rivelando un poderoso corpo umano color ebano. Sembra davvero un uomo ciò che esce dalla bocca del mostro, e che con gesti lesti si toglie dalla pelle la schiuma faringea del ragno, che però non lo corrode minimamente. Un uomo davvero imponente (supera Potenza in altezza, fatto già di per sé incredibile) dal cranio perfettamente lucido, una pelle scura spessa più del doppio di quella normale e uno sguardo che potrebbe perforare un muro di mattoni. <<Non doveva affatto andare così.>> balbetta incredulo Ingegno <<Che cosa abbiamo fatto?>> <<Figli di Xarathos!>> ​enuncia il gigante con voce stentorea <<​Da eoni desideravo vedervi con occhi, e udirvi tramite orecchie che fossero fatte di carne.​>> <<Rivelaci il tuo nome, apparizione ­ sibila Vendetta ­ affinché possa decidere se devo separare la tua testa dal tuo corpo, o meno.>> <<Il mio nome è troppo antico perché le vostre giovani labbra possano pronunciarlo. Potete chiamarmi Magog, se lo desiderate. Sono la testimonianza di Xarathos in terra, e sono qui per svelarvi come potrete sfuggire al vostro funereo destino!>> 20 IL GENIO FUORI DALLA LAMPADA <<Notevole. Notevole.>> riconosce Ingegno, grattandosi la fronte bitorzoluta, nel tentativo di dissimulare l’incertezza che lo attraversa. <<Questa apparizione… è del mondo degli uomini oppure degli spiriti?>> si domanda il tatuato Terra <<Ha oltrepassato il pentacolo di contenimento senza alcuna difficoltà!>> La creatura, giunta ad aspetto umano, fissa i suoi divini interlocutori con uno sguardo a metà tra l’impertinente e il compiaciuto. Non ha vesti che lo ricoprano e ­ come nota Seduzione assai soddisfatta ­ possiede, in maniera abbondante, tutti gli attributi che fanno di un uomo un uomo. <<Bah! Se non è il vecchio pazzo che ci ha creati, questo impostore può anche andare in mille pezzi!>> Potenza scatta in avanti e sferra un diretto micidiale contro Magog. Quest’ultimo non appare minimamente preoccupato: alza invece il braccio destro con naturalezza e, fulmineamente, intercetta il pugno in arrivo, stringendolo con una forza tale da far sanguinare le nocche di Potenza e costringendolo a inginocchiarsi dinnanzi a lui. <<Non è possibile!>> esclama sbigottita Conoscenza <<Potenza è l’essere più forte di questo pianeta!>> <<Potenza, lascialo stare. È come te.>> gli intima Ingegno. <<No! Urgh… sono io il più forte!>> <<Ho detto… lui è come te.>> precisa di nuovo il costruttore, ponendo più enfasi su ogni singola sillaba. <<Te ne sei accorto anche tu, non è vero?>> chiede Conoscenza mentalmente al suo arguto fratello, i loro sguardi incrociati tradiscono i medesimi dubbi <<Peso, densità corporea, aminoacidi, acidi grassi, persino il livello di adrenalina… è la replica sputata di Potenza, fatta eccezione per l’altezza maggiore e per la pelle nera anziché olivastra.>> <<Non sono simili inezie a dovervi meravigliare. Ma il piano che il sommo Xarathos ha in serbo per voi!>> ​la voce mentale di Magog si intromette nel loro flusso psichico. <<Riesci a leggerci nella mente?>> <<È davvero questo ciò che vi preme domandarmi?​>> <<Certo che no. Magog, o qualunque sia il tuo vero nome, rivelaci quale legame esiste tra la profezia di Xarathos e la torre di Migdol Bavel.>> gli intima Vendetta, rinfoderando non del tutto convinta la spada scintillante. <<Non è l’edificio a dovervi preoccupare, ma ciò che rappresenta per gli umani. La prova concreta che mani mortali possono realizzare miracoli paragonabili all’imperitura Agarthi. E tale consapevolezza spingerà gli umani ad agire per demolire la piramide di dolore che avete eretto a loro spese. Un domani vi ripudieranno, vi daranno la caccia, vi faranno soffrire!>> <<Perciò, vanno puniti.>> conclude Vendetta, perentoria <<Ma la profezia attesta che la distruzione della nostra stirpe è già prevista. Come violare tale vincolo?>> L’erculeo Magog avanza verso l’iraconda dea e la fissa negli occhi irrorati di sangue con aria di sfida. <<Tu padroneggi lame che hanno trafitto e tagliato ogni genere di carne. Ma mi avete evocato proprio perché il vostro impero di sangue comincia a vacillare. Siete consci che non basterebbe uccidere gli scellerati osannatori per cancellare memoria dell’oscena profezia. L’unico modo sarebbe… cancellare la memoria stessa.>> Scende un attimo d silenzio nella sala, subito rotto dalle esternazioni di Ingegno. <<Come… come fai a saperlo? Tutti gli umani che mi hanno assistito nelle mie ricerche sono morti!>> <<Pertanto, la somma dei loro ricordi è nel Fuoco dell’armonia, e l’entità dei tuoi progressi mi è nota. So che sei in grado di spostare l’energia mnemonica come fosse acqua, travasare ricordi dalle menti che li hanno generati. Potreste quindi far dimenticare agli umani il contenuto della profezia, e poi dimenticarla voi stessi. Compreso questo incontro.>> <<Il nostro cuore è stato modellato a partire da quello di Xarathos stesso, ma il padre divino non può punirci se non ricordiamo alcuna manipolazione dei suoi progetti!>> esclama con un fremito la lasciva Seduzione. <<Tutto molto affascinante.>> lo sbeffeggia Illusione rendendosi vacuo ed effimero, per poi rimaterializzarsi a fianco di Magog <<Ma, se permettete, io capisco al volo quando qualcuno tenta di manipolarmi. E il bestione ignudo esercita tale pratica. Cosa puoi dirci, “Magog”, che ci convinca della tua divina onniscienza?>> Il gigantesco uomo risponde al sorriso beffardo del dio dell’inganno con un ghigno ebbro di compiacimento: a passi lenti e misurati fa il giro della sala, passando in rassegna gli incerti Xeniar e assaporando le espressioni dubbiose che non riescono a celare.
<<Voi siete le otto virtù di Xarathos. La conoscenza. L’inganno. L’ingegno. La seduzione. La potenza. La sete di vendetta. Il legame con la Terra. L’equilibrio. Ma c’è una qualità che non vi appartiene. Che gli esseri umani fragili e corrotti hanno sviluppato e voi no.>> <<Tu dici? E quale sarebbe questa virtù?>> domanda l’illusionista. <<Il coraggio. Esseri potenti quali voi siete ristagnano nella gloria immutabile. Non avete appigli né occasioni per migliorare fisicamente, mentalmente o come civiltà. Ma, se nascesse uno Xeniar debole, misero… umano, potremmo dire… lui avrebbe tutto da guadagnare nel seguire le proprie passioni. Lui potrebbe evolversi, e superarvi in grandezza tutti.>> <<Sì e a me piacerebbe avere otto ca**i per sc****re otto volte tanto, ma così non è. A che serve parlare di ipotesi e non di fatti?>> <<Ma io enuncio solo verità, Potenza. Io so dove si trova il vostro ultimo fratello che deve ancora nascere!>> 21 VIMANA! Agarthi, oggi. Temuto da umani della cui reverenzialità non sa che farsene, ignorato dai suoi fratelli divini (qualunque cosa questo attributo voglia davvero significare), Ingegno pondera nel suo laboratorio l’annichilimento che avvolge Agarthi, la meraviglia imperitura. Una città così antica che esisteva prima delle montagne che ora la circondano. Così incrollabile, scolpita nell’Apeiron cristallino, che rigagnoli hanno fatto in tempo a divenire torrenti per poi estinguersi. Il mortorio, rotto soltanto dai cigolii degli automi/bambole di parvenza femminile, cede il posto a un bagliore scoppiettante, seguito dall’apparizione di Illusione e Seduzione, precedente mente usciti in ricognizione. <<Sorella. Lieto di constatare che la tua leggendaria bellezza non è sfiorita a causa dei bruti assalitori.>> <<Tempismo perfetto, giocattolaio.>> si congratula in modo burlesco Illusione, sollevandosi dal pavimento che è finito ad abbracciare un po’ troppo da vicino <<Mi hai salvato l’acconciatura, rispondendo al mio messaggio mentale in tempo e teletrasportandoci nella tua casa dei balocchi.>> <<Confesso che avrei aspettato ancora un po’, giusto per scoprire se il metallo degli assalitori è solido a sufficienza da accarezzarti la schiena.>> Il sarcastico agita il suo fisico androgino e i suoi capelli ricci e neri ondulano imitando l’eccitazione che lo attraversa. <<Ho scoperto ben di più, falegname. Osannatori con poteri magici. Vermi giganti nati da materia inerte. E, in tutto ciò, marchi di Xarathos, come se piovesse.>> Mentre Illusione racconta le sue peripezie durante l’infiltrazione tra le truppe Gog, fanno il loro arrivo anche gli altri fratelli della stirpe di Xarathos. Potenza entra trasformando un muro di Apeiron in una manciata di schegge cristalline. Ordine, con la sua leggiadria proverbiale, fa capolino senza produrre il minimo rumore. Vendetta, che saltava sui dorsi dei sauri volanti per i cieli di Agarthi allo scopo di solleticargli la pancia con la sua spada, viene disarcionata da uno di essi e sfonda una vetrata alta e sottile, spaccandosi l’osso del collo e iniziando il processo di riplasmazione. <<Nemici… marchi di X… tra..di..men…>> fa in tempo a rivelare, prima che saette porpora si sprigionino dal suo corpo martoriato iniziando a sanarlo. <<Abbiamo capito che il nemico usa in abbondanza marchi di Xarathos per generare poteri sorprendenti in uomini e in cose.>> precisa Ingegno <<La fine di Agarthi, fratelli e sorelle, è stata forse rimandata a oggi, nonostante i nostri piani passati?>> <<Patetico omuncolo!>> sbraita il nerboruto Potenza, che si sente ferito nell’onore virile <<Che Magog sia o non sia Xarathos, non ha nessuna importanza! Agarthi non cadrà, che la profezia lo voglia o no!>> <<C’è un altro modo. Agarthi è totalmente realizzata in Apeiron, e su di esso io ho potere assoluto. Dissolvendo opportuni legami molecolari potrei renderlo fluido e, mantenendo la presa su di esso attraverso una torre di controllo, potrei ricostruirlo a grande distanza da qui.>> Gli Xeniar si scambiano occhiate incerte mentre iniziano a giudicare rischi e vantaggi. <<Agarthi è collocata in un punto nevralgico delle quattro linee di Xarathos.>> spiega Ordine nel tentativo di rendere più chiara la situazione <<I tracciati di energia geotermica e magnetica che attraversano il pianeta. Se sposti enormi quantità di Apeiron tutte in una volta, rischi di mettere in pericolo l’equilibrio tettonico del mondo intero. Sei certo non sia proprio questo a cui il nemico ambisce?>> Ingegno alza la mano per votare a sostegno della propria convinzione, mentre Ordine fa il contrario. Anche Seduzione non è affatto convinta dell’idea di far scappare Agarthi. Potenza si sente troppo sicuro per rifiutare qualsiasi strategia rischiosa. Stallo. <<Signori. Signore.>> Illusione si intromette con la sua fastidiosa voce ticchettante e malevola <<Perché non contrastiamo i piani di Magog con una contromossa originale? Leviamo le tende! Il nemico viene a prenderci a casa nostra, andiamo invece noi a prendere lui nella sua dimora.>> <<Ma…>> tenta di opporsi Ingegno. <<Agarthi sopravvivrà con o senza il nostro intervento.>> concorda Vendetta <<Andiamocene e lasciamo Agarthi ai suoi abitanti. La città imperitura non cadrà senza di noi, ma lo farà se noi restiamo a lottare per essa.>> <<E con cosa ce ne vogliamo andare? Con dei carri trainati da buoi? O magari a piedi?>> domanda contrariato Potenza. <<A questo posso rimediare io.>> spiega Ingegno, e fa cenno agli altri di seguirlo in una camera semovente incastonata nell’edificio di Apeiron. Il vettore, eseguendo la volontà del costruttore, inizia la sua discesa nel sottosuolo di Agarthi. Centinaia di metri di profondità, e una cavità sotterranea attrezzata con ogni genere di apparecchiature impensabili per la mente dell’uomo dell’epoca. <<Ma quello, quello è…>> balbetta interdetta Seduzione. Decenni, forse secoli di oblio, e ora si ripresenta ai loro occhi. Una struttura a forma di piramide orizzontale, scintillante nella sua intera composizione in Apeiron, risplende grazie ai pochi raggi di luce penetrati nel sottosuolo, amplificandoli di mille volte. Il mezzo di spostamento aereo degli dei. <<È arrivato il momento di tornare a utilizzare il Vimana, per quanto pericoloso possa essere. La domanda è… chi di noi ha il coraggio di domare la sua volontà per diventarne il pilota?>> 22 QUANDO UNA MACCHINA NON ​È​ UNA MACCHINA? Ordine la saggia, baluardo contro il caos umano, nota suo fratello Illusione palpitare di eccitazione, come un giovane che brama di conoscere il senso dell’unione nel talamo con la sua sposa. Non vede l’ora di mettere le mani su un portento simile. Ricorda che nelle epoche più antiche i Vimana aiutarono notevolmente a infondere il timore infinito nelle popolazioni umane, che a malapena avevano compreso il segreto del fuoco. Aeronavi mutanti controllate dalla mente degli Xeniar, capaci di rigenerarsi come i loro stessi padroni, in grado di fluttuare sia al livello delle montagne che all’altezza del suolo, senza emettere alcun rumore che non sia l’aria tagliata a metà dal loro muso adamantino. Si avvicina al Vimana e ne studia lo stato di conservazione. Secoli trascorsi a impolverarsi in una caverna di Agarthi, solo che di polvere non ve ne è sulla sua superficie. Uno scafo rilucente come i palazzi della città imperitura, che coglie essere tutt’altro che statico. <<Ah! Mi ha dato la scossa.>> <<Si è reso conto che hai rivolto la sua attenzione verso di lui.>> fa notare Ingegno con la sua solita flemma <<Non trattarlo come se fosse una barca. È intelligente quanto un uomo, probabilmente di più.>> <<Ma è vivo?>> domanda ad alta voce Potenza. Probabilmente si chiede se esso sia in grado di rispondere ai suoi insulti. <<Ha un sistema operativo in Apeiron sul quale ho impresso uno schema comportamentale a memoria di forma psichica convessa.>> Ovviamente tutti, eccetto Conoscenza, lo guardano come se avesse appena enunciato una totale assurdità. <<Qualunque coscienza artificiale notevolmente avanzata è indistinguibile dalla vita.>> sospira <<Io, te e gli altri sette, siamo vivi? Proviamo emozioni, abbiamo una volontà nostra, una personalità, ma così non è anche le mia fulgide bambole­automa? Se loro sono macchine, burattini, noi cosa siamo?>> <<Noi siamo dei, piagnone di un topo di biblioteca! Siamo i signori di questo lurido mondo. Immortali, per sempre giovani, prendiamo tutto ciò che ci aggrada: donne, villaggi, eserciti e ricchezze, perché il dio­creatore Xarathos ha detto che potevamo, che dovevamo farlo!>> Potenza lo prende per scuoterlo come suo solito, ma inaspettatamente lo poggia a terra con poca violenza. <<Sei sempre stato un’opportunista, ipocrita, malinconico e fanatico di meccanica, ma da quando è nato il ridicolo fratello Senza Nome sei peggiorato ancora. Hai cominciato a diventare compassionevole.>> Compassione. La pietà non è una delle otto virtù di Xarathos. È nociva per l’equilibrio della piramide di ordine sanguinario che gli Xeniar hanno eretto sull’intero mondo. Eppure, in questo giorno che hanno trascorso in nove, anziché in otto come le migliaia di anni prima… <<Se non vi dispiace, dobbiamo provvedere recuperare Terra e Senza Nome in Caledonia.>> fa presente Conoscenza. <<Magog quella volta disse che Senza Nome rappresenta il coraggio, ricordo bene? Allora, vedrai che combatterà con valore.>> fa notare Vendetta, sarcastica. <<Perché hai detto che il Vimana è pericoloso?>> domanda Ordine, concreta come sempre. <<Sapete da cosa è composto l’Apeiron?>> domanda Ingegno sedendosi con aria mesta. <<Cromo, argon, iridio, berillio, assieme a tanti altri materiali ionizzati amalgamati dalla forza tettonica del sottosuolo, irradiati dall’energia di Xarathos convogliata dalle linee sincroniche. È solo lungo le quattro linee di Xarathos questo crogiolo minerale riesce a emergere alla pressione magnetica del nucleo per cristallizzarsi a contatti con l’ossigeno. E di cosa siamo fatti, noi?>> <<Di Apeiron superiore, una versione di Apeiron più avanzata dotata di autocoscienza grazie al sigillo chiamato marchio di Xarathos impresso sulle nostre schiene. Dove vuoi arrivare?>> chiede Conoscenza. <<Se il Vimana è fatto di Apeiron, che è direttamente connesso al potere di Xarathos… come facciamo a sapere che Magog, che ha attributi di Xarathos, non sia in grado di manipolarlo? Solo chi è dio è in grado di controbattere il potere divino!>> <<Ma ugualmente può…>> mormora Conoscenza <<.. la testimonianza di Dio.>> <<Behdet!>> urlano tutti in coro. <<Ciò che era scritto nel santuario… dove abbiamo trovato la culla di Senza Nome!>> 23 PRIGIONIERO TRA I MORTALI I polsi mi dolgono a causa degli stretti legacci, e ogni volta che gonfio il petto per respirare una o due costole cercano di farsi spazio ai danni degli organi che incontrano. Quando senti dolore come qualunque altro mortale, ti rendi conto che le differenze tra umani e Xeniar sono molte meno di quante non saresti portato a pensare. Subito dopo esserci smaterializzati dal campo di battaglia in Caledonia, il mio nemico Nemrod mi ha facilmente sottomesso grazie alla sua esperienza in combattimento. Prima che potessi dire “ah!”, dei guerrieri Gog ­ che evidentemente attendevano pazientemente in quel luogo da un bel pezzo ­ mi hanno preso alle spalle, saldamente legato mani e piedi e rinchiuso in una gabbia di metallo trainata da un’altra di quelle grottesche creature. Va bene, gli occhi mi funzionano ancora, e considerando l’odio che Nemrod nutre per gli Xeniar, mi stupisce di averli ancora nelle orbite. Sicuramente non sono più nei pressi di Agarthi, potrebbero essere passate poche ore come un giorno intero, visto che è ormai notte e lugubri versi di animali notturni sono l’unica compagnia sonora che posso vantare. Guardo in alto e scorgo le sagome di sauri in grado di volare come uccelli. Alla mia altezza, branchi di esseri vermiformi strisciano sul terreno producendo una bava biancastra che unge il terreno e lo corrode. Con il passare delle ore, il drappello Gog che mi scorta a cavallo mostra cenni di entusiasmo all’avvistamento di focolari in lontananza. Diversamente da Nemrod, che si limita a rispondere con un cenno della testa al suo attendente, per poi guardarmi con aria minacciosa. Infine giungiamo a quello che evidentemente è un consistente accampamento delle forze Gog. Questo è il nome che si è dato un esercito tremendamente composito: vedo sia uomini non molto alti dagli occhi a mandorla che energumeni con lunghi capelli d’oro raccolti a trecce, soldati con uniformi di cuoio lavorato armati di lance e guerrieri a torso nudo con asce scintillanti. Il mio passaggio non avviene inosservato. Coloro che si intrattenevano con le danze di fanciulle seminude o che indugiavano dinnanzi al fuoco discutendo di tanti tipi di morti in battaglia mi corrono incontro, per salutarmi a modo loro. Mi rivolgono epiteti di cui non sono certo di conoscere neanche il significato. Altri vanno a prelevare appositamente da una cloaca escrementi da lanciarmi in fronte, tra le risa generali. Infine Nemrod alza il braccio destro a pugno, e tutti si zittiscono. Spiega con tono solenne qualcosa in una lingua che non capisco, e decine di uomini e donne iniziano a esultare infervorati “Ma­Gog! Ma­Gog!”. <<Io ero il Prigioniero di Agarthi. Ora tu sei il Prigioniero di Migdol Bavel.>> mi dice infine Nemrod. Siamo a Migdol Bavel? La città che gli Xeniar distrussero sedici anni fa per impedire che gli umani maturassero sentimenti di ribellione nei loro confronti? In effetti mi sembra di scorgere tra le ombre ruderi e frammenti di edifici, trasformati in roccaforti improvvisate per truppe che non sembrano molto interessate a dormire tra gli agi. Probabilmente, quindi, c’è anche il resto della to… Non è possibile. L’offesa agli dei. La costruzione dentro cui le menti eccelse di Migdol Bavel maturavano pensieri sacrilegi… c’è ancora! Tenui bagliori illuminano le strade composte più da aspri ciottoli che da solchi lavorati, ma anche nel buio mi accorgo subito la sua statura è impressionante. Man mano che il corteo prosegue, distinguo chiaramente innumerevoli voci affaticate nei suoi dintorni. Sono operai che sopra impalcature dall’aria non molto stabile lavorano febbrilmente: pesi che vengono trascinati, capo­cantieri che bestemmiano ogni qual volta che qualcuno mette il piede in fallo e precipita verso il basso. <<Se il mio destino è ormai segnato, puoi anche spiegarmi come può quella torre essere ancora in piedi. E, come fai tu a esserti salvato?>> <<Due domande con una sola risposta. Il Padrone…>> <<Magog…>> <<Il Padrone ha mantenuto la mia anima in questo mondo, anche se sarei dovuto morire quando tuo fratello Potenza mi ha lanciato dalla Torre. Quando Ingegno ha reso il mio popolo inebetito e incapace di esprimersi. Quando Vendetta ma maciullato le mie fedeli guardie che cercavano di proteggermi. Invece, mi sono svegliato con un corpo guarito e con il marchio di Xarathos impresso sull’occhio. Il padrone mi ha spiegato molti dei segreti di voi Xeniar. Io mi sono fatto catturare e portare ad Agarthi per guidare i Gog alla vostra città nascosta attraverso il Fuoco dell’Armonia.>> <<E la torre?>> <<Nel nome del Padrone ho radunato uomini da ogni terra nota per ricostruirla. Ora manca un solo pezzo.>> <<Vale a dire?>> <<Te.>> 24 IL DIO E IO Da quando sono nato sono sempre stato tacciato di essere inutile, ridicolo, deludente, debole, povero di fisico e di intelligenza. La buona notizia è che ora so di essere importante. La cattiva, è che lo sono per i miei nemici giurati. Nemrod mi fa uscire dalla gabbia per condurmi in un recinto non lontano dalla torre: una baracca sorvegliata da soldati Gog, nella quale un paio di dozzine di uomini e donne si spartiscono il poco spazio disponibile su giacigli composti solo di fieno e sassi. Il mio carceriere mi lega con una catena a una delle travi che sorreggono la baracca. <<Il Padrone desidera vederti domani all’alba. Se pensi di provare a svignartela mentre tutti dormono…>> <<Mi ucciderai? Avrai notato che non resto morto molto a lungo.>> <<... ucciderò tutti loro.>> sentenzia accompagnando all’affermazione un gesto orizzontale del braccio. <<Darò fuoco alla capanna, con tutti gli schiavi al suo interno. Buonanotte, Senza Nome.>> Potrei rispondergli che a uno Xeniar non può importare nulla della sorte di miseri umani, ma le parole sono pesanti come massi e mi muoiono in gola. Mi accovaccio nel mio angolino mentre alcuni dei prigionieri mi dicono qualcosa in una lingua che non capisco. In più di uno iniziano a mettermi le mani addosso: sono vestiti di cenci miseri e puzzolenti, forse sono attratti dalle mie rilucenti vesti in Apeiron. Quando mi toccano la schiena, il mio unico marchio di Xarathos sfrigola e si illumina rendendosi visibile, e tutti si ritraggono immensamente stupiti. Le donne si genuflettono al mio cospetto e uno degli uomini, un vecchio magro, dalla testa spigolosa e dalla pelle olivastra, viene spinto in avanti dai suoi compagni. <<Me è chiama Anitaris. Stato in Agarthi, giovane tanto tempo fa, parla ancora un po’ sua lingua. Tu è uno dei Precedenti?>> Deve essere stato uno degli umani un tempo servitore degli Xeniar ad Agarthi! <<Sì, mi chiamo... lasciamo stare. Perché vi trovate qui?>> <<Noi tutti schiavi. Nemici di popolo di Magog perché adoriamo gli dei con il marchio. Noi costretti a scavare per far crescere torre.>> <<Vuoi dire “costruire” la torre?>> <<No. Noi scavato immensamente…. per portare alla luce metallo brillante. Metallo cresce verso alto. Da dieci anni dicono, essere pronti per “giorno finale”. Da ieri, comparso dal nulla stesso cristallo di dei. Schiavi montato cristallo su torre.>> Giacimenti di metallo Gog, lavorato per ricostruire la Torre di Migdol Bavel, e ora unito all’Apeiron, evidentemente teletrasportato lungo le linee di Xarathos. Magog si è dato da fare in vista di questo “giorno finale”... purtroppo i miei compagni di prigionia non hanno altre informazioni rilevanti da rivelarmi. Attraverso l’interprete cerco di trasmettere un po’ di coraggio, infine mi concedo una dormita di un paio di ore. Non me ne ero accorto, ma il mio corpo si adatta alla presenza degli umani facendomi provare i loro stessi bisogni: fame, sete, sonno… un modo per non farmi apparire “alieno” ai loro occhi? La mattina dopo, Nemrod viene a prelevarmi scortato da due guardie. Ha una spada lunga e affilata, e dice che se farò qualche scherzo mi taglierà… qualcosa di importante. Mi scorta dentro la Torre, e mi conduce lungo una sequenza di scale circolari. Percorro così tanto gradini che, giuro, se i miei fossero calzari normali, si sarebbero completamente consumati, mentre noto che gli arredi rudimentali che la adornano sono totalmente avvolti da rampicanti, intrisi di un odore forte e selvatico, come se quello fosse un ambiente abitato da bestie e non da uomini. A un certo punto, giungiamo a un piano nel quale è presente un locale sul cui portone color avorio è impresso un simbolo a me noto: un amalgama geometrico difficilmente descrivibile, un “pentacolo spiroidale”... un marchio di Xarathos! Le due guardie si pongono il pugno al petto in segno di rispetto e si allontanano, mentre Nemrod sospinge con facilità il pesante portone. Oltre a esso, si rivela una specie di giardino in miniatura, con piante di ogni specie e dimensione, con animali pennuti strani che starnazzano e svolazzano. Al suo centro, una specie di cassa ambrata paralleloidale, piena di un liquido melmoso ribollente. <<È... è uguale al sarcofago dal quale sono nato io!>> <<Controlla al suo interno.>> mi intima Nemrod, massaggiandomi il collo con la spada. Ubbidisco e inclino il capo per osservare il suo contenuto. <<Argh!>> Un enorme pitone!​ ​Una serpe grossa due o tre volte quanto lo sono io scatta e mi avvolge da capo a piedi, per mordermi sotto la nuca con denti sottili e affilati. Fatto ciò mi lascia, per iniziare a contorcersi e a sputare bava: bava seguita da due braccia, e gambe, e tutto il resto di un corpo. Un vero e proprio essere umano è ora uscito dalle fauci della bestia. È un ragazzo più alto di me, dalla pelle completamente nera. E mi somiglia tremendamente. <<​Senza Nome. Io sono la tua liberazione. Puoi chiamarmi Magog.​> 25 CONOSCI IL TUO NEMICO Mi aspettavo che il famigerato Magog mi sarebbe apparso con le fattezze di un barbaro possente, o magari di uno stratega tanto vecchio quanto saggio, circondato da libri e pergamene, invece… questo essere inconcepibile è emerso dalle viscere di un serpente acquisendo un corpo che ricorda strettamente il mio, ma con proporzioni più da uomo che fanciullo, nonché nero come l’ebano. La sua voce inizialmente è possente e profonda, poi perde solennità e diventa acuta e squillante. Proprio come la mia. <<Ti chiedo scusa se ti ho sconvolto con la mia… mia apparizione. Non riesco ancora a… bene… corde vocali.>>​ tossisce. <<Che prodigio è mai questo? Tu sei come me!>> <<Una manciata di cellule è tutto ciò che resta del mio corpo originario.>> ​esordisce, mentre Nemrod, premuroso, gli porge una tunica color fuoco per coprirsi che si è procurato poco prima ​<<Le custodisco gelosamente nella calde viscere di bestie le cui specie sono vecchie quasi quanto me. Ma da un figlio di Xarathos, posso copiare i geni necessari per dotarmi di un corpo fisico.>> <<Che razza di creatura sei, mostro?>> Non mi piace usare questa definizione, visto che me l’hanno rivolta svariate volte, ma forse mostrare un po’ di risolutezza ritarderà il mio fato. <<Questo è un argomento su cui preferirei mantenere un po’ di riserbo, ancora per qualche tempo. Ci siamo appena conosciuti.>> ​mi irride, e quel sorriso è talmente innaturale che sembra un solco intagliato su di una zucca. <<Così sia. Rivelami allora come fanno dei sauri delle re primordiali a essere sopravvissuti alla grande estinzione.>> <<Li ho salvati io. Come tua sorella Conoscenza ha il suo santuario in Caledonia e vi cela i suoi cuccioli, io possiedo oasi in regioni del tutto ignote all’uomo, ove esemplari di queste bestie si sono riprodotti in un numero esiguo, ma tale da garantirne la sopravvivenza.>> <<Perché spingerle ad attaccare Agarthi, dunque? Per catturare me? Guardami, non metterei paura nemmeno a una formica!>> gli urlo portandomi le mani al petto: stranamente, non appare contrariato dalle mie fattezze da bambino. <<Ed è una fortuna. Se la tua gestazione fosse stata portata a compimento, il tuo potere sarebbe stato…>>​ esita, e scocca la lingua in cerca del termine che non gli è familiare <<​Incontrollabile​.>> Sbatto gli occhi e probabilmente ho un’espressione facciale che non denota troppa intelligenza. Nemrod, in disparte, ci osserva con l’aria di chi ascolta una storia nota. <<Proprio così. Nella tomba nella quale dormivi il tuo sonno senza sogni, accumulavi energia per maturare nella tua forma completa, e così avresti dovuto fare ancora per numerose migliaia di anni. Ma i tuoi fratelli ebbero paura del potere che stavi sviluppando. Falsificarono le antiche pergamene riempendole di presunte disposizioni del dio Xarathos che prevedevano di accelerare la tua nascita, poi espulsero i ricordi dalle loro menti, in modo che nel loro cuore non vi fosse traccia di tradimento scorgibile dal dio­creatore.>> Magog alza la mano destra facendomi cenno di seguirlo. Potrei provare a superare con un salto Nemrod e tentare di fuggire, ma la possibilità di sorprendere i miei carcerieri mi appare del tutto remota. Tra orpelli vegetali ed esseri volanti e striscianti, Magog si fa spazio e raggiunge la parete della torre in Apeiron. La tocca con un dito, ed essa si divarica! <<Dimmi, Senza Nome. Da quando sei nato, ti è mai capitato di fermarti un attimo a mirare il cielo?>> <<Ad Agarthi c’era solo un cielo pregno di morte. Mi dicono che ne sai qualcosa.>> gli rispondo io, cupo. <<Non è la prima volta che faccio scendere la morte dal cielo.>> ​continua con un tono che sembra quasi commosso <<​Molto tempo prima che la specie degli uomini nascesse, io ho portato all’estinzione un’altra razza. Perché lui​ ​desiderava ciò.​>> <<Vuoi dire i sauri? Sei stato tu a…>> <<Io voglio rimediare al mio grande peccato, Senza Nome. Ho salvato i cuccioli delle Ere Primordiali affinché un giorno tornassero a calcare questa terra, e tale giorno è quasi giunto. La distruzione di Agarthi prevista dalla profezia è la scintilla che farà divampare l’incendio. E il passo finale richiede anche il tuo intervento per essere compiuto.>> Se mente, è piuttosto bravo. C’è un rimpianto sincero nelle sue parole, come quello che mi sgorgava dal cuore quando osservavo le misere condizioni degli umani. Ma anche un serpente sa sibilare in tanti modi diversi. <<E immagino che la morte dei miei fratelli ad Agarthi sia un danno collaterale del tutto accettabile, vero?>> <<Non desidero affatto che i tuoi fratelli muoiano. Essi devono vivere, per diventare il fattore d’unione dell’intera umanità. Con la caduta di Agarthi, verrà meno il simbolo del dispotico dominio dei vecchi dei che per migliaia di anni hanno ucciso, devastato, saccheggiato e stuprato come meglio credevano. Come ho unito i Gog nell’odio comune per gli Xeniar, nel giro di una generazione riunirò tutti i popoli conosciuti in una pace dettata dal nemico comune. E tutto grazie a te, se vorrai aiutarmi.>> 26 NELLA MENTE DEL VIMANA Le molecole del Vimana danzano follemente mentre la comunione fisica con il pilota ha inizio: Illusione, il dio dell’inganno, ha accettato di fondersi con l’onnipotente aeronave, essendo probabilmente l’unico ad avere un ego tanto smisurato quanto quello della macchina. Un vortice di pensieri incandescenti si scatena tra le menti delle due creature, mentre l’Apeiron del Vimana inizia a diluirsi e a ricomporsi, mescolandosi con quello che compone lo Xeniar: Illusione sente la parte della sua mente razionale, terrena, messa per la prima volta nella sua lunga vita a tacere, inglobata e annullata dallo sconfinato potere di Xarathos infuso nel Vimana. Provate a mettere insieme mille e mille orgasmi, e non avrete che una pallida idea del piacere che si prova a divenire parte di una forma concreta del potere del dio­creatore. Scosse telluriche si propagano incontrollate, lampi accecanti costringono occhi che hanno visto ogni cosa a chiudersi: quando essi vengono riaperti, gli Xeniar vedono il Vimana con la sua nuova forma. Un maestoso drago, dalla coda sinuosa e ondeggiante, con ali di foggia demoniaca, e dal ruggito potente quanto un uragano. <<Molto interessante.>> riconosce Conoscenza, tentando di dissimulare vanamente il suo disagio <<Il Vimana ora rispecchia la forma non molto modesta con la quale percepisci te stesso, fratello.>> <<Fratelli/sorelle, salite a bordo!>> ​una voce umana e al contempo bestiale risuona nel laboratorio​ <<Ho voglia di maciullarvi con i miei artigli/morsi. No voglio dire… è fantastico! È cosi sublime… comandare questo corpo e farvi a pezzi! No, che cosa accade? Questo non sono io!>> <<Silenzio!>> Vendetta si stacca dalla colonna alla quale era appoggiata e il suo tono imperioso mette a tacere chiunque, l’uomo/macchina compreso. Il furore in questa donna è troppo grande perché una risibile come la paura possa frenarlo.
<<Controllati. Sei il dio dell’inganno. Possibile che una barca troppo cresciuta possa esercitare un influsso sulla tua mente?>> <<Sono dentro il ventre del Vimana/io sono il Vimana! Segregato per decenni lontano dal cielo che mi appartiene, perché i figli di Xarathos non osavano paragonarsi al mio potere! Vi ridurrò in cenere!>> <<Vuoi pensare al dolore? Pensa a quello che Magog e Nemrod hanno inflitto alle nostre schiere, alla nostra città, a noi stessi! Pensa al sangue dei nostri nemici, perché entro stasera ne scorrerà così tanto che ci bagnerà fino al mento! E ora, smetti di crogiolarti e mettiti al lavoro, altrimenti spaccherò con la mia frusta quel bozzolo che ti culla e ti tirerò fuori a morsi!>> Le ruggenti parole di Vendetta non cadono nel vuoto: l’Apeiron sprizza milioni di schegge argentee, mentre un rombo di motori simile a un canto di un cigno di cristallo preannuncia la partenza della macchina. <<Adesso si ragiona. Conoscenza, Potenza, voi recatevi con il teletrasporto in Caledonia, recuperate il piccolo Senza Nome e nostro fratello Terra. Noi andiamo a Migdol Bavel a fare a pezzi Magog.>> <<Non hai perso la tua determinazione, a quanto odo, signora dell’ira.>> <<Terra!>> La voce di Terra echeggia nel laboratorio di Ingegno, ma del suo corpo non c’è traccia; infine, i tratti del suo volto si delineano sulle pareti e sul soffitto in decine di copie, rimodellando gli atomi dello splendente Apeiron per raffigurare il suo viso emaciato. <<Ho risanato i danni inferti al sacro santuario di Caledonia ma, nel farlo, ho dovuto abbandonare la mia forma fisica. Ora sono un tutt’uno con la natura, mente e spirito, e non mi sono mai sentito così libero. Senza Nome, invece, è caduto prigioniero di Nemrod.>> <<Sorella! Guidami! Andiamo a scorticare i nostri nemici! Aggrappatevi al mio dorso e vi isserò a bordo!>>​ la voce della bestia meccanica risuona nella mente degli Xeniar: fino a quando il barlume della coscienza che la guida riuscirà a restare integra? I figli di Xarathos accettano quindi che l’enorme massa di Apeiron ”vivo” si sciolga e si ricomponga attorno al loro corpo, come liquido amniotico che culla il feto nel ventre della madre: pochi istanti, e ciascuno di essi si ritrova comodamente adagiato nel ventre adamantino della folgorante aeromobile. Il Vimana decolla come un fulmine scaturito dalla terra e attraversa il sottosuolo di Agarthi fondendosi a esso, per proiettarsi fulmineamente nel cielo della città: sauri pazzi di rabbia tentano un vano attacco contro l’imperioso mezzo volante lucente, ma la coda del rilucente drago li falcia spietato, i suoi artigli squartano impietosi le incaute bestie, e le creature del passato esplodono in una nuvola di zolfo acre. Senza perdere tempo la nave sfreccia nell’aria verso la terra della Torre maledetta, ma la destinazione si rivela essere assai diversa. <<La terra del Nilo! Illusione, perché siamo qui? Non dovevamo recarci a Migdol Bavel?>> <<C’è qualcosa nel cielo, di enormemente potente… devo/dobbiamo conoscere/impossessare!>> Il Vimana si solleva ancora, e ancora, fino a incrociare l’impensabile fonte della misteriosa energia: qualcosa che non dovrebbe esservi in alcun modo, una inconcepibile, vera e propria… piramide di roccia fluttuante tra nubi! 27 LA PIRAMIDE IN CIELO <<Per il culo di Xarathos! Qualcuno di voi sapientoni sa spiegarmi perché la piramide in cui trovammo lo stampo di Senza Nome fluttua in aria come una c***o di nuvola!>> tuona Potenza, e preme le estremità del Vimana tanto forte da piegare la struttura adamantina. I sei Xeniar, avvolti nello strato di Apeiron caldo e freddo allo stesso tempo, osservano con i sensi della mente l’inspiegabile struttura che ignora ogni legge della fisica. <<Un po’ la capisco.>>​ sentenzia la voce beffarda di Illusione, totalmente fuso al Vimana ​<<Se sei in grado di volare come lo sono io, chi te lo fa fare di restare ancorato al suolo?>> <<Illusione, connettimi ai sensi estesi del Vimana.>> ordina Ingegno, per confermare un attimo dopo i suoi sospetti <<La massa della piramide non è cambiata, ma al suo interno vi è una forma di potere che l’ha separata dalla forza di gravità del pianeta.>> <<Sì è staccata dalla gravità del pianeta?>> domanda incredula Ordine. <<C’è l’eco dentro questa barchetta? L’ho capito persino io!>> irrompe Potenza <<Non perdiamo tempo: Illusione, apri uno squarcio affinché possa saltare e spaccare una parete della piramide!>> <<Fratello, tu hai mani così possenti da frantumare un diamante, ma i miei arti di diamante possono sbriciolare un montagna. Spetta a me portarvi dentro.>> Il Vimana affianca con movimenti sinuosi l’inconcepibile piramide fluttuante, la corteggia con rotte sempre più strette, ne sfiora le estremità rocciose con sensuali carezze. <<Quando sono nel Vimana, tocco l’universo con la mente. State a guardare.>> Non è un’esagerazione: i legami molecolari danzano e impazziscono alla velocità del pensiero del pilota: Illusione immagina l’adamantina aeronave compatta quanto la brezza d’oriente, ed essa segue la sua fantasia. La massa si muta in energia, e l’energia attraversa indenne la crosta di roccia millenaria della piramide, senza arrecarle alcun danno. Una volta all’interno della struttura, lo scafo del Vimana si sfalda dolcemente e fa poggiare i suoi occupanti a terra. La piramide esala mistero e morte, sacralità e fascino: aspra come la pietra cotta al sole e delicata come un arazzo fatto di rocce; se avesse un odore, sarebbe di incenso e di spezie, se avesse un suono, sarebbe fruscio di acque limpidi. <<Benvenuti nella tomba in cui è nato Senza Nome, cari congiunti. Avete gradito il viaggio? A proposito, Seduzione, cosa hai provato per una volta a essere dentro qualcuno, mentre di solito sono gli altri a entrare dentro di te? Ah ah ah!>> <<Perché si è a Behdet, nella terra del Nilo, anziché a Migdol Bavel? Fratello, se le tue sconce perversioni ci hanno fatto perdere tempo…>> digrigna i denti Vendetta, accarezzando la frusta. <<Puniscimi, sorella. Oh, lo sai che mi piace, quando mi carezzi con la frusta!>> <<Non è forse a nostro fratello che dobbiamo essere grati per essere giunti in questo luogo prodigioso? Non abbandoniamoci all’ira bensì allo stupore, una volta tanto!>> li acquieta Conoscenza. <<Bravo fratello, non ho sbagliato a fidarmi di te.>> gli confida, mentendo. Il disagio della donna si coglie come il grano sul campo. Non ha modo di capire dove finisce la beffardaggine del fratello e dove inizia la smania dell’aeronave. Gli Xeniar si avviano quindi ad esplorare i polverosi e tetri corridoi della piramide. Tutti tranne uno. Uno la cui mente è preda di cupe elucubrazioni, condivisa com’è con quella della arcaica macchina. <<I tuoi congiunti ti temono, Illusione. Sai che è così. Ti lasciano in disparte perché hanno paura del tuo raffinato ingegno, della tua malia ingannevole. Ti hanno spinto a guidarmi perché speravano ciò ti nuocesse, ma i nostri poteri congiunti sono incommensurabili!>> <<Taci, macchina. Io sono potente, questo sì, ma noi fratelli uniti siamo invincibili.>> La mente del Vimana è come una lingua che striscia lungo la schiena del figlio di Xarathos. Ne solletica le aspettative, ne esalta i vizi per piegarli alle proprie aspettative. <<Ti temono perché non vuoi piegarti alle loro regole. Un leone non accondiscende alle leggi del branco. bensì le impone. Credi davvero negli illustri epiteti che ti rivolgono, o ami semplicemente farti comandare a bacchetta?>> La voce del Vimana è giusta e sbagliata, è fuoco che gela e acqua che disseta, è tutto e il contrario di tutto. Illusione tenta di appellarsi alla sua mente sopraffina, ma i marchi di Xarathos impressi sulla sua schiena brillano e sfrigolano, non vogliono indugiare oltre per entrare in azione. Sangue denso di potere scorre in vene vecchie di millenni. <<No… nessuno mi/ci dirà più cosa fare. Nessuno mi/ci impiegherà come se fossi uno strumento. E chi ci proverà…brucerà!>> Le ali del Vimana si ritraggono e si distendono. Sacche di plasma riscaldato riempono l’ampio ventre, fauci irte di denti di diamante si dilatano. <<Fratelli!>> urla con la mente <<Questa è la tomba in cui è nato Senza Nome. E dove morirete voi!>>. Dopodiché, è solo fuoco. 28 VERIT​À​ IN TRE PARTI Ali di diamante si divaricano, lapilli dall’odore di incensi antichi riempono i corridoi dell’antica piramide sospesa sopra i cieli di Behdet: dalle fauci di drago del Vimana, una valanga di fuoco emerge. <<In tutto il geode roccioso, nelle volte del cielo stellato, nessuno mi è superiore! Che questa consapevolezza vi accompagni all’inferno!>>​ urla Illusione con la mente. Vendetta è la prima a venire colta di sorpresa: in un secondo, le sue vesti si vaporizzano, la sua carne antica come il mondo inizia a tramutarsi in braci e cenere. <<Ah ah ah, sorella! Sia in camera da letto che sul campo di battaglia, sei davvero rovente!>> La volontà indomita della dea punitrice non basta a proteggerla dal mostruoso calore: Conoscenza si materializza al suo fianco con il teletrasporto, nel rischioso tentativo di proteggerla. <<Illusione, un creatore di sogni può restare vittima del suo stesso gioco di specchi?>> la signora del sapere cerca di richiamare il congiunto alla realtà, mentre i suoi marchi di Xarathos brillano e fanno materializzare dalle crepe della piramide una impressionante ondata di acque limpide. Un torrente in piena si riversa in direzione del dragonesco Vimana: acque che spazzerebbero via la base di una montagna, ma che contro un vulcano in eruzione non possono fare altro che tramutarsi in vapore. <<Io sono etereo come l’aria, padroneggio il fuoco, e la tua acqua è un rigagnolo per la mia gola arsa. A proposito… non vi sembra che manchi un elemento all’appello?>> Uno scudo di roccia si modella e si erge fino a fondersi col soffitto, contenendo il getto di fuoco in arrivo e salvando gli Xeniar dall’ordalia di fiamme. Terra, il guardiano del mondo naturale, è etereo e onnipresente e, con i suoi fratelli in pericolo, non desidera certo contenere il potere in suo possesso. <<​Lux solis!​>> Energia compatta dalla volontà implacabile prende forma in una sagoma umanoide. <<​Mitosis​!>> Copie su copie si generano dal suo corpo e iniziano a girare vorticosamente attorno all’arcana aeronave, nel tentativo di privare le fiamme dell’aria che necessitano per divampare. <<Non osare, lui/noi è mi/ci appartiene!>> ​il Vimana comprende, e teme, il potere di Terra, e sprigiona ogni scintilla della forza della sua vittima. <<Vedremo, bestia, chi di noi due detiene il fuoco più rovente!>> Dopodiché, un lampo di luce. Il calore sparisce. Il fuoco di morte, anche. <<Bel lavoro, fratelli. La prossima volta, mi raccomando, non impegnatevi altrettanto nel distruggermi!>> Illusione li schernisce beffardo, seduto su un trono in Apeiron modellato dal suo stesso corpo. <<Pezzo di sterco… che storia è mai questa?>> lo insulta Potenza <<Poco fa stavamo lottando…>> <<Hai fatto caso a come mi chiamo?>> risponde Illusione alzandosi, tradendo una certa stanchezza <<Il Vimana è nemico e un alleato, e io sono solito ingannare entrambi. Un semplice illusione complessiva per placare i bollenti spiriti di ambo le parti… un momento, Conoscenza non è qui a congratularsi con me?>> <<La fonte primordiale del potere è qui dentro. Raggiungetemi, presto!>> risponde psichicamente la donna. Seguendo i suoi pensieri, i sei Xeniar si avvicendano per gli oscuri corridoi della piramide, lasciando Illusione a controllare il Vimana. <<Guardate, fratelli! Il Fuoco dell’armonia si è manifestato in questo antico sepolcro.>> <<Cosa vai dicendo, sorella? A me non sembra nulla di simile.>> chiede perplessa Ordine. A Ordine e agli altri non si presenta l’imponente roveto ardente, ma una stella cangiante fatta di suoni, luce e meraviglia. Tentacoli argentati che si spandono e ritraggono, mentre una massa informe di colori folli si ridefinisce al cospetto di occhi meravigliati. <<Conoscenza vede oltre ciò che scorgiamo noi.>> chiarisce Ingegno <<Sembra proprio... voglio dire, è uno stallo quantico​.​ Uno strappo nel tessuto della realtà, tra il nostro mondo e quello dei morti. Ciò che gli umani chiamano inferno, non è altro che la dimensione in cui finiscono le anime, i ricordi di chi è vissuto. Un reame di fuoco psichico inestinguibile.>> <<È possibile che il potere di Xarathos, non più confluito nel corpo di Senza Nome, abbia cercato di tornare dal suo padrone, nel mondo successivo al nostro.>> suppone Ordine. <<Un’occasione simile non ci capiterà mai più. Io aprirò quel varco e comunicherò con il dio­creatore Xarathos.>> annuncia convinta Conoscenza. <<Sei uscita di senno, donna?>> ringhia Potenza <<Se apriamo il varco con il Fuoco dell’armonia le fiamme invaderanno questo ambiente e ci ridurranno in cenere.>> <<E la riplasmazione si attiverà non appena il nostro cuore smetterà di battere. Ma, in quella frazione di secondo in cui saremo morti, la nostra anima abbandonerà il piano terreno e fluirà nel regno dei defunti. Dove potremo consultare qualsiasi informazione vorremo.>> <<Neanche un cervello come il nostro in grado di assorbire eoni di esperienze lo sopporterebbe.>> ribatte Ordine. <<Una sola persona, infatti, non avrebbe chance di sopravvivere.>> aggiunge Ingegno <<Ma se foste in tre, ad esempio, potreste ripartirvi le informazioni. E ciascuno, con la propria personalità, si concentrerebbe su un solo dettaglio, che unito agli altri ci fornirebbe il quadro completo. Mi sembra un’occasione troppo ricca rinunciarvi. Chi osa tentare?>> 29 TERRA! <<Io voglio scoprire chi c’è dietro la catastrofe che ci ha colpiti. Se, come dici, dentro questa stella sono custoditi tutti i segreti a noi preclusi, io varcherò la soglia per apprendere la verità. Non rinuncerò.>> si pronuncia sicura Vendetta. <<Ho già espresso la mia decisione. Se nostro padre Xarathos è trasmigrato nel Mondo Successivo, attraverso questo portale vi è una speranza di poterlo contattare. Devo sapere dal creatore perché ci ha riservato questo oscuro gioco.>> puntualizza Conoscenza. <<Anche io sarò dei vostri.>> si aggiunge Terra ai due temerari <<Il mio regno è il mondo intero, è mio dovere partecipare in ogni modo per difenderlo.>> <<Così sia.>> accetta Ingegno <<Io, Potenza e Seduzione ci occuperemo di sottrarre i vostri corpi alla morsa infuocata non appena la riplasmazione avrà luogo: se dovessimo tardare, l’energia infuocata finirebbe per annientarvi fino all’ultima cellula. Illusione ­ che non mi sembra in gran forma, a dire il vero ­ ci coprirà le spalle da eventuali brutte sorprese, mentre Ordine si occuperà di divaricare l’accesso al Mondo Successivo grazie al suo dominio degli elementi. Avete bisogno di tempo per prepararvi?>> <<Ma certo, il tempo qui abbonda. Risparmiaci le fatue chiacchiere e fai quanto devi.>> taglia corso Vendetta. Ingegno recepisce che le sue premure non sono bene accolte e indietreggia, facendo segno a Ordine di cominciare. La signora dell’equilibrio punta le braccia in direzione della filamentosa stella argentata, e i bordi dell’apparizione iniziano a farsi frastagliati, a curvarsi e a deformarsi. Il calore comincia a farsi consistente, una cascata di scintille fuoriesce dall’amalgama emozionale, una serie di fiammelle rosse e oro ben presto assume la consistenza di un mare infuocato, una valanga incandescente che, grazie al campo di soppressione dell’ossigeno che Ordine ha creato attorno ai tre volontari, viene limitata alla sola area adiacente il Fuoco. Terra avverte il suo corpo roccioso sbriciolarsi e i frammenti che una volta erano la sua carne finire inceneriti a causa dell’immensa potenza del Fuoco dell’Armonia: non intende però concedersi distrazioni dovute al dolore, e intima alla sua anima di abbandonare l’involucro carnale per penetrare nel mondo delle anime. Il suo spirito volteggia nel turbinio emozionale, scartando vicende e ricordi che, per quanto bramerebbe conoscere, non sono ciò per cui è venuto. Ciò che vuole sapere si trova nel passato remoto del mondo, e indietro nel tempo deve andare, risalire a qualche bestia arcaica che abbia assistito alle vicende che fino a quel momento gli erano precluse per potersi fondere alla sua coscienza. Viaggia indietro, indietro e indietro ancora fino a quando non coglie un barlume consistente, un ricordo talmente vivido, impressionante e consolidato che non può fare a meno di ignorare, quindi si immerge in esso. In un’epoca nel quale le creature di cielo, di acqua e di terra si spartivano incontrastate il dominio del mondo libere dalla presenza degli uomini, un uomo invece vi era. Impressionante nella sua grandezza, fierezza e potenza traspaiono dal suo corpo d’ebano: Terra lo osserva nudo indugiare con lo sguardo rivolto al cielo, lo ode sussurrare parole flebili quanto sospiri, la sua posa marmorea emana sacralità e fascino. La lingua che sussurra è più antica di quella degli Xeniar, ma una parola Terra riesce comunque a comprendere. <<”Xarathos”. È un’invocazione a Xarathos. Che tutto ciò che è sacro mi assista, questo è il vero aspetto di Magog!>> La sorpresa iniziale si somma a quella di scorgere copiose lacrime nascere dalle palpebre di quel viso troppo austero per sembrare qualcosa di dissimile da una statua. Il cielo si fa pesante, un rumore assordante invade il mondo, la volta celeste trema per un moto oscuro e devastante. Attraverso gli occhi della bestia che sta abitando, Terra lo vede. Un masso di dimensioni inconcepibili proveniente dai flutti celesti punta, con la sua smisurata grandezza, verso il pianeta. Terra sente la sofferenza del mondo, costretto a deviare dalla propria orbita, in virtù di un potere che origina da sé stesso ma che ubbidisce a una volontà superiore. Lo Xeniar del mondo naturale cerca istintivamente di consolare l’afflizione del pianeta congiungendosi a esso, ma in questo modo viene a conoscenza di un male ancora peggiore. Le onde mentali propagate dall’incommensurabile potenza di Magog e sostenute dall’ancora più inenarrabile potere di Xarathos moltiplicano all’infinito la forza magnetica del pianeta conducendola fuori dalla sua orbita, la spingono in cerca di un corpo orbitale abbastanza grande e manipolabile da fungere da arma di estinzione, come era nei programmi del Creatore dell’esercito. L’onda attrattiva si fa via via più scarna man mano che supera la distanza delle stelle, ma ugualmente persiste anche se flebile e consumata. E, per sventura di Terra e di tutti gli abitanti del pianeta, qualcosa risponde alla mortale chiamata. <<Non fu soltanto un meteorite a estinguere le Grandi Lucertole! Un altro suo pari sta puntando verso di noi. Impiegherà milioni di anni, ma… giungerà. Giungerà oggi!>> 30 CONOSCENZA! I boccoli dorati di Conoscenza si tramutano in lapilli carbonizzati quando il Fuoco dell’armonia la bacia con la sua bocca fiammeggiante. Ma la sete di sapere della Xeniar è un’ancora che le permette di orientarsi nel fiume di anime emozionale che la avvolge, le consente di plasmarlo e di dargli una forma nota e comprensibile per interagire con esso. La sua mente filtra e modella il caos psichico nel quale il suo spirito ondeggia, e lo maschera donandogli la confortante apparenza del suo amato santuario di Caledonia. La donna annusa la freschezza delle fronde e l’aria salmastra che impermea l’aere, si rialza e scruta attorno a sé alla ricerca di quanto le era stato promesso. Infine nota un elemento che stona nel paesaggio naturale: un portone in avorio decorato con gemme preziose, una porta dietro cui niente sembra celarsi, essendo collocato nel bel mezzo della selva. <<Cosa difende una porta nel bel mezzo del nulla?>> si domanda Conoscenza <<Un tesoro che esiste soltanto per chi vuole vederlo.>> conclude, e poggia le mani sopra l’arcano uscio. Spinge con tutte le sue forze ma la possente porta non si smuove della più piccola misura. <<Non sono arrivata fino a qui per farmi bloccare dal mio stesso sogno. Se la mia mente ha eretto questa barriera, significa che è in grado anche di dissolverla.>> ripete a sé stessa per darsi forza. <<Io ti invoco, Xarathos, palesati alla figlia che si è spinta oltre la morte per giungere in tua presenza. Presta attenzione alle labbra che pronunciano il tuo nome segreto! J...H….>> Un nome segreto di 216 lettere la cui sacralità è tale da scuotere un intero mondo: ma in un reame nel quale il sogno è la legge, la realtà è illusione, il velo che separa il nostro mondo e quello successivo può essere sollevato senza temere l’annichilimento. Conoscenza pronuncia l’interminabile sequenza di potere vocale, e infine il portone cede docile al suo tocco, permettendole di oltrepassare la soglia che fino a poco prima appariva come invalicabile. I suoi occhi, il suo udito e il suo olfatto si fondono in un unico senso più grande e completo: una semplice parte di esso, infatti, sarebbe annientata dalla forma pura del potere incarnata, ma due essenze vecchie come il mondo possono invece comunicare direttamente, senza organi intermediari che non siano le loro menti. <<Infine, Colei giunge a reclamare la sapienza che le è preclusa.>> <<Sommo Xarathos, padre! Io sono la forma che hai dato alla tua virtù, la conoscenza. Mi hai generata per ottenere e custodire ogni forma di sapere, ma non hai mai voluto rivelarti a me dopo la mia nascita. Perché? Per quale motivo rifuggi da me il contatto?>> Le loro entità si scambiano parole fatte di sogni, si sfiorano con tocchi che sarebbero ardenti anche per le stelle. <<Non fosti generata per chiedere, ma per sapere. Ma Xarathos non ripete ciò che è già noto.>> <<Come? Tale è la portata del tuo odio per me? Non merito nemmeno che tu mi dica perché, tra tutti i miei fratelli e sorelle, io sono l’unica a non averti udito nemmeno una volta? Sono la più insignificante?>> <<La verità ti era già nota, ma non volevi udirla. Conoscenza è, e per sempre sarà, la mia figlia prediletta.>> <Ti prendi gioco di me, creatore? Io, che ti ho sempre contestato, messo in dubbio, rifiutato, sarei la tua prediletta? Non Vendetta che vive per vendicarti, non Potenza che incarna il tuo fulgore, non Ingegno che realizza meraviglie in tua vece?>> <<Se il mio potere è infinito, il potere di chi mi si oppone è doppiamente grande. Ho generato un erede che mi è superiore, questa è la mia delizia e la mia eredità. Ora che non ho più carne, tu sei la carne che mi rappresenta. Non esiste onore più grande che Xarathos sappia concepire.>> <<Padre, io…>> la commozione tronca per un attimo la voce di Conoscenza, ma il dovere non le lascia spazio a distrazioni. <<Ho ancora altro da chiederti. Colui che si fa chiamare Magog ha rapito l’ultimo dei tuoi figli. Perché hai profetizzato che Senza Nome distruggerà Agarthi? Magog è forse una tua forma destinata a impedirlo?>> <<Mio figlio distruggerà Agarthi. Mio figlio salverà la mia prole.>> <<Padre, ti scongiuro, parla con chiarezza, il mio tempo è agli sgoccioli. Cosa deve fare Senza Nome? È egli il tuo protetto, o il tuo flagello?>> domanda angosciata Conoscenza, percependo la sua coscienza venire richiamata nel mondo materiale. <<L’errore di Xarathos correggerà l’errore di Xarathos. Al termine di questa giornata, Senza Nome cesserà di esistere.>> 31 VENDETTA! Vendetta brucia avvolta dalle fiamme del Fuoco dell’armonia, il portale per l’aldilà che lei e i suoi fratelli hanno spalancato all’interno della piramide nei cieli di Behdet: il potere porpora della riplasmazione la riporterà in vita in un attimo, ma in quell’attimo il suo spirito potrà apprendere nozioni in possesso solamente dei defunti. L’anima di Vendetta si separa dal corpo, ondeggia tra il piano fisico e quello successivo osservando il mondo senza occhi. La quiete dei morti è un balsamo per il suo animo perennemente lacerato, ma non può permettersi di assaporare la pace in tale frangente: salvare Senza Nome è il suo compito, e per farlo deve conoscere dove si trova l’infame Magog. Dalla cima di Migdol Bavel, sopra la quale veleggia senza peso e senza corpo, all'improvviso precipita. È una caduta attraverso il ventre della Torre, un precipitare in accelerazione costante che le risucchia e le fa esplodere i sensi. Infine, la forma che identifica il suo “corpo” si ferma: tonnellate e tonnellate di roccia la circondano, sopra, sotto e ovunque, e il battito cardiaco del nucleo della Terra è alquanto vicino. Vendetta si era proposta di spingere la sua anima verso il colpevole della devastazione tra la sua gente… ma come può trovarsi là? <<Colei che la verità sonda, affronti il giudizio della Bestia Profonda!>> Vendetta avverte la languida carezza della creatura, una lingua mentale che sobilla orrori che sono verità, delizie che sono inganni. <<Il mio desiderio di vendetta mi ha condotto da te, infido abominio. Tu sei il responsabile dell’invasione di Agarthi. Tu hai offeso i miei congiunti. Magog è il tuo strumento, e per suo mezzo tormenti il mio piccolo fratello. Condividi con me il tuo nome, affinché sappia chi devo uccidere!>> <<Noi capiamo. Noi condividiamo. L'amore non esiste. L’odio è senno. Noi abbiamo mescolato atomi danzanti per creare la vita. Siamo antichi come il mondo stesso, vi abitavamo sopra e ora giaciamo al suo interno. E noi, ora siamo relegati nelle profondità abissali, traditi, feriti, dimenticati!>> In quella che potremmo definire fanciullezza, se mai Vendetta e i suoi fratelli sono stati giovani, gli Xeniar erano soliti raccontarsi a vicenda meravigliose storie sui prodigi di Xarathos. Narrazioni ogni volta più esaltanti sul potere incommensurabile del dio­creatore, miti che erano troppo grandi per essere paragonati alle leggende che sarebbero nate in seguito. Ma esso… esso ha tutto il potere che si può credere appartenga al Creatore dell'esercito E più ancora! <<Come Egli ha generato, ugualmente è stato generato! Il Figlio ha tradito i Padri! E il Figlio del Figlio tradirà il Padre! Così l’ordine verrà ristabilito!>> <<Senza Nome è il figlio di Xarathos previsto dalla profezia, vero? In che modo tradirà nostro padre?>> <<Il Figlio del Figlio tradirà il Padre! Così l’ordine verrà ristabilito!>> Vendetta non capisce: perché, se è Senza Nome il profetizzato distruttore, è Magog ad aver invaso Agarthi? Il figlio di Xarathos lo tradirà, diceva. Ma, allora, non vorrà dire che... E infine lo vede nella sua gigantesca, mostruosa interezza. Appare come un'enorme bocca piantata nella terra, una mostruosità di tentacoli che fuoriescono da un carapace. File e file di denti aguzzi che si delineano ai due lati di una cavernosa oscurità, gorgoglianti sussurri che fanno affogare in un mare di crudeltà assoluta. Vendetta fa qualcosa che non aveva mai compiuto nella sua interminabile vita. Urla per la paura. * I marchi della riplasmazione si attivano, muscoli si ricompongono, strati di pelle si addensano l’uno sopra l’altro. Ordine comprime atomi di ossigeno in modo che il Fuoco non abbia presa per divampare. Conoscenza è la prima a tornare in vita, ricompone le sue membra delicate mentre Ingegno si occupa di sottrarla al fuoco del reame psichico. Ma Vendetta non è così fortunata. Il suo corpo si agita scomposto sul pavimento di pietra, si contrae, come se stesse affogando. <<Non riesco ad afferrarla! Svanisce e riappare di continuo!>> urla Potenza incredulo. <<C’è qualcosa che la trattiene… una forza mentale smisurata.>> chiarisce Ingegno <<Le sta facendo credere di non riuscire a riplasmarsi. Crede di affogare nell’acqua, l’elemento contrario al suo.>> <<L’acqua non si può afferrare, bensì spingere!>> urla Conoscenza. Ella spande la sua mente oltre ogni limite, e scorge il pozzo mentale di odio e di paura nel quale la dea sta affogando. Con ogni forza concessa dai suoi marchi di Xarathos la afferra e fa per portarla indietro. Ma è una lotta impari. A un tratto, tuttavia, le forze tornano a scorrere nel corpo delle due Xeniar. <<Frecce di sangue!>> Il premuroso Terra, tramite la sua forma di pura energia, trasmette la sua forza vitale alle sorelle in difficoltà. <<Radici del cuore!>> La sagoma del guardiano della natura inizia a brillare, tanto che i suoi marchi di Xarathos splendono come stelle nel firmamento. E la dea della vendetta torna infine a respirare l’aria di questo mondo. 32 FUORI DAL TEMPO Vendetta è infine tornata tangibile, libera dalla presa psichica a cui l’infame mostro sotto Migdol Bavel l’aveva sottoposta. <<È fatta. Ordine, richiudi il Fuoco dell’armonia, presto!>> intima Ingegno, sollevato. <<Non ce la faccio. Non riesco a chiuderlo!>> risponde provata la signora dell’equilibrio, la smorfia di dolore sul suo viso testimonia la serietà dello sforzo. <<Per le budella cancerose di Xarathos!>> bestemmia Potenza <<Finiremo tutti alla brace!>> Lingue di fuoco mentale fuoriescono dalla bolla di contenimento. Un mare di lapilli psichici accarezzano guance che farebbero volentieri a meno del caldo abbraccio. La stirpe di Xarathos si rimette faticosamente in piedi, su gambe che sembrano consapevoli della inutilità della loro corsa. Se il Fuoco dell’armonia dovesse dirompere li raggiungerebbe nel giro di un secondo, e a quel punto… capirebbero davvero perché gli umani temono così tanto la morte. Terra e Illusione si caricano sulle spalle una spossata Vendetta. Il signore della natura incrocia lo sguardo con il dio dell’inganno, e capisce che egli necessita di tempo per tentare una ardita mossa. Con il suo potere di duplicazione Terra crea una copia energetica in grado di sostituire Ordine mentre ella si da alla fuga: un istante dopo, chiama a sé lingue di roccia da ogni direzione, petali di terra e argilla di dispongono a loto intorno alla bolla infuocata nel tentativo di contenere l’imminente deflagrazione. Un fruscio delicato ma pregno di austerità e potenza si avvicina: è il Vimana, l’aeronave adamantina dalla forma di drago che, benché rancoroso verso il suo pilota, non può sopportare di vederlo perire: preferisce salvarlo per dimostrargli nuovamente che il suo potere è pari e superiore al suo. <<Ingannare la morte?>> domanda Illusione a voce alta, mentre la bolla infine cede e le fiamme avvolgono ogni cosa <<Inganniamo il mondo intero, piuttosto!>> Le ali del drago avvolgono gli Xeniar: muri antichi e incisioni fiabesche vengono polverizzati dall’esplosione, mentre il pavimento di onice dorata e rame si scioglie in spruzzi dorati che somigliano a mille sciabole volanti. Il Vimana ora non è più un drago, ma una piramide di diamante. Per proteggersi dalla distruzione dell’arcano edificio in cui si trovavano, ha ritenuto giusto assumerne la stessa forma per meglio proteggersi. Gli Xeniar, storditi dal cambio di contesto, si muovono goffamente tra corridoi che prima erano alveoli, e tutto quel silenzio… hanno perso l’udito, oppure l’esplosione è cessata di colpo? <<Cosa è mai accaduto?>> domanda Conoscenza, la prima a raggiungere Illusione in quella che è ora la “sala centrale” della piramide. <<Preferisco morire piuttosto che diventare banale.>> sentenzia l’Ingannatore <<Ho creato un dedalo onirico che, grazie al potere del Vimana, ho amplificato di mille volte per ingannare nientemeno che lo spazio­tempo. Ora siamo fuori dal tempo stesso.>> <<Pazzo arrogante!>> lo accusa Ingegno strattonandolo con vigore <<Se siamo fuori dal tempo significa che esso non esiste più per noi! Come torneremo a casa?>> Potenza sta per ribattere qualcosa, ma inizia ad accasciarsi al suolo, al pari di tutti gli altri. <<Che bella trovata hai avuto!>> riprende <<Se siamo separati dalla Terra non possiamo ricaricarci dell’energia di Xarathos che scorre sotto di essa. Privi di vita, resteremo qui, inerti, per l’eternità!>> <<Io…>> cerca di ribattere Illusione <<Annullerò il mio incantesimo…>> <<Siamo fuori dal tempo.>> Ingegno inizia ad afflosciarsi <<L’unico modo per revocarlo sarebbe trovare un punto fisso nel tempo della Terra, che esista dall’antichità a oggi. Ma solo noi Xeniar lo siamo, e siamo tutti qui!>> <<Magog!>> urla Terra, prima che il suo corpo inizi a sgretolarsi <<L’ho visto nella mia esperienza nel Fuoco! Xarathos lo ha creato nella preistoria per attirare un enorme meteorite con cui sterminare i dinosauri, che riteneva un vicolo cieco nell’evoluzione. Concentrati su Magog. Cerca di riport…>> <<Ho esaurito tutte le mie forze, e non riesco a ricaricarmi.>> parole per la prima volta cariche di umiltà sgorgano dalla bocca dell’Ingannatore. <<Allora prendi tutta la mia energia.>> si offre Ingegno poggiando la mano sulla schiena <<Sei uno dei miei fratelli che odio di più, ma solo tu puoi salvarci.>> <<E Senza Nome ha bisogno del nostro aiuto! Prendi anche la mia forza!>> lo imita la sinuosa Illusione. Rivalità e amore sono le basi su cui si erge la famiglia Xeniar. Illusione mette da parte l’orgoglio e accetta la generosa offerta: i suoi marchi di Xarathos iniziano a ricaricarsi, seppure con riluttanza, dell’energia estranea. <<Magog. Il tuo odio e il tuo furore hanno già scalfito la mia mente. È una traccia che posso seguire. Arriveremo esattamente ove ti trovi!>> Uno spazio fatto di tempo fuori dalla piramide cessa di esistere, oppure torna a esistere. Un vuoto fatto di atomi inesistenti inizia a vorticare preda di forze che forse sono solo nella mente di chi osserva. Illusione e il Vimana tendono ogni fibra del loro essere cercando di tornare al loro mondo, e infine… Un enorme schianto. Il Vimana si materializza nei cieli di Migdol Bavel, e la parte superiore della infame Torre si frantuma come conseguenza dell’immane scontro con la magnifica aeronave. 33 IL VOLTO DEL NEMICO Schegge di Apeiron e metallo Gog precipitano rovinosamente al suolo, impalando molti guerrieri ai piedi dell’edificio. <<La disfida non è ancora terminata.>> fa notare la voce eterea di Terra <<La nostra scintilla si estinguerà forse oggi?>> <<Non è un gioco che amerei perdere. Io vi fornirò lo scenario, voi reciterete la tragedia.>> dichiara il dio dell’inganno, inglobato nel cuore dell’aeronave <<È meglio morire in piedi, piuttosto che proni.>> Il Vimana si accosta alla torre martoriata: come due fiumi che confluiscono nella stessa foce, le rispettivi superfici in Apeiron iniziano a mescolarsi. Ben presto, la nave piramidale e l’obelisco di Migdol Bavel sono un solo corpo, due teste, e tante braccia rilucenti che frustano e ghermiscono gli impudenti sauri alati. Conoscenza, Potenza e Ordine fuoriescono dalla nave adamantina mentre Vendetta, inaspettatamente, sceglie di restare con Illusione per pianificare qualche misteriosa mossa. Magog, Nemrod e Senza Nome li fronteggiano senza proferire parola.. <<Magog è ora identico a Senza Nome!>> esclama Conoscenza notando che i due sono uguali se non per il colore della pelle, ebano per il primo e latte per il secondo. <<Il meteorite che ha sterminato i dinosauri ha polverizzato anche il corpo di Magog. Può soltanto clonare nuovi involucri dai nostri geni Xeniar, ma essi hanno vita breve.>> chiarisce mentalmente Ingegno: così come Seduzione, è troppo spossato e attende inerte all’interno del Vimana. <<Patetici burattini.>> esclama infine Ordine <<Magog, il Creatore di Xarathos che riposa nelle viscere della Terra ti ha mantenuto in vita e ti ha fatto impazzire a forza di millenni di osceni sussurri, al solo scopo di usarti per vendicarsi della nostra divina genia.>> poi volge la testa verso l’umano e continua <<Hai salvato la vita a Nemrod affinché riunisse un’orda di fanatici ai tuoi comandi. Non so stabilire se mi fate ribrezzo oppure pena.>> <<Avanti. Che gli esseri superiori diano sfoggio della loro brutalità superiore.>> risponde a sua volta il signore di Migdol Bavel. Non è un invito a cui Potenza sa rinunciare. Scatta in avanti muovendo gambe massicce quanto tronchi, carica un diretto verso Magog, che sorprendentemente non indietreggia, ma esegue invece la stessa mossa. Una forza inarrestabile che incontra un oggetto inamovibile. Non appena i rispettivi pugni si incrociano, l’onda d’urto è sufficiente a far letteralmente volare via tutti i presenti nell’androne, scaraventandoli contro le pareti scintillanti. Anche se Magog non ha indietreggiato di un solo passo, non può nascondere il danno subito: porzioni di pelle si staccano dal suo corpo rivelando fibre muscolari necrotizzate e ossa frantumate. Potenza non gli da tregua e, uniti i pugni sopra la testa, li abbatte sulla nuca dell’avversario, schiantandolo al suolo e incrinando il pur inscalfibile pavimento. Nemrod tenta di difendere il suo padrone, ma Ordine scatta contro di lui: non vi sono doti da copiare nella Xeniar, ma soltanto perfette arti combattive, e l’uomo si trova subito in difficoltà. <<Preparate gli spiedi. Ho fatto carne da macello di costui.>> conclude trionfante Potenza. Il piccolo corpo di Magog, tuttavia, inizia nuovamente a issarsi sulle esili braccia, la pelle sulla schiena si sfalda rivelando impressi sul tessuto muscolare… dieci scintillanti marchi di Xarathos. <<È... è uno Xeniar!>> mormora Conoscenza con voce strozzata. <<Io sono il primo Xeniar! Lo stampo che ha dato origine a voi degenerati! E vi sono superiore in tutto!>> Punta il braccio maciullato, e una forza invisibile calamita alle pareti Ordine, Potenza e Conoscenza. <<Voi siete fatti dell’Apeiron di Agarthi, e lo stesso ho integrato nella mia torre. Il metallo Gog ha qualità magnetiche… cosa ne deducete?>> <<Perché allora io riesco a muovermi?>> domanda Senza Nome frapponendosi tra Magog e gli immobilizzati avversari. <<Perché tu sei più simile a me piuttosto che a loro. Senza Nome, tu sei una mia replica nonché il mio diretto successore, che nostro padre Xarathos prevedeva di impiegare per unificare la razza Xeniar e quella umana. Saresti dovuto nascere tra migliaia di anni, quando l’umanità si sarebbe evoluta al punto tale da rifuggire da violenza e avidità. Ma l’intervento dei tuoi fratelli ti ho portato alla luce in una forma acerba, con un desiderio di pace anacronistico in questo mondo barbaro. In queste ere antiche di guerra e di dolore, chi crede nell’amore è un mostro!>> <<Cosa posso fare, dunque, per salvare le vite dei miei fratelli e quelle degli uomini?>> Magog sorride con labbra che si polverizzano non appena sollevate. <<​Il mio involucro è ormai prossimo alla fine. Tu sei una versione giovanile di me stesso: cedimi il tuo corpo affinché possa tornare quello di un tempo, e io risparmierò le vite che tanto ti sono care.>> <<Se questo è il solo modo.>> il giovane china il capo mesto <<Fai scempio soltanto di questo patetico ometto, nato soltanto per fallire.>> Con arti prossimi a sbriciolarsi, Magog solleva il piccolo Xeniar e ­ tra le urla disperate dei suoi fratelli ­ lo avvicina a sé: le sue viscere si schiudono come fauci, lo inglobano inesorabilmente. Poi, il nulla. 34 LA FINE DI UN’ERA <<Ogni tessera del mosaico è stata posta in posizione, ogni vostra azione è stata da me indirizzata per condurre a questo epilogo. Che la disperazione sia il vostro unico commiato.>> Le parole di Magog riverberano attraverso le venature marmoree fino a giungere al cuore pulsante del Vimana. Conoscenza avverte il ribollio di potere al suo interno, e agisce per distrarre il nemico. <<Le foglie ingialliscono e cadono, gli alberi appassiscono e muoiono, ma da un seme nasce una nuova pianta. Magog, la ruota della fortuna gira in entrambi i versi, e oggi capirai perché sei destinato a cadere nell’oblio.>> <<Parole dissennate. La Torre di Migdol Bavel sta attirando il meteorite verso Agarthi. Quando la città sprofonderà nelle viscere della Terra, le linee di Xarathos si sfalderanno e l’energia liberata renderà il mondo prospero per i miei sauri.>> <<Avvelenando gli esseri umani. No, Magog, non può essere questa la risposta. Il sangue non monda il sangue. La pace non si costruisce sulle spalle degli altri!>> <<Il rammarico della tua specie predatrice ha lo stesso valore di quello di un sasso che affonda nell’oceano. Non c’è niente nella tua conoscenza che valga la pena di essere condiviso.>> <<Sei in errore! Io so che non moriremo qui, che Senza Nome non morirà! Perché io vedo il suo nome segreto, destinato a durare per tutta la Storia. Egli vivrà, e si chiamerà il …>> La signora del sapere non termina la frase, una luminescenza incontrollabile invade la sala. Il Vimana si rimodella, e una massa argentea emerge dal guscio assumendo proporzioni umane. Né maschio né femmina, ma entrambi, e nessuno dei due. <<IO SONO IL PARTO DELLA FUSIONE TRA ILLUSIONE E VENDETTA. LA PUNIZIONE INGANNEVOLE, IL TRANELLO INSOLUBILE NEL DESTINO LUTTUOSO. SONO UNO XENIAR SUPREMO, E PUOI CHIAMARMI ​FATO​.>> Anche se invaso di potere, Magog rabbrividisce di fronte all’essere risultante dall’unione di Vendetta e Illusione: un meccanismo di sopravvivenza estremo solamente ipotizzato di Xarathos, ma che ora prende realmente forma. <<HO DODICI MARCHI DI XARATHOS CHE CANTANO IL TUO FALLIMENTO. NOI DI XENIA SIAMO UNO E TANTI, NELL’APEIRON HO IL POTERE DI SCIOGLIERCI E DI RICOMPORCI.>> Magog volge lo sguardo verso ogni angolo del suo palazzo, ma degli Xeniar immobilizzati non vi è più alcuna traccia. Crepe si dipanano nella parete, la torre oscilla e le pareti ondeggiano. <<IL VIMANA HA INTRECCIATO LE SUE CATENE CON LA TORRE, E LE CATENE DELLA MIA MENTE HANNO AVVINGHIATO LA TUA!>> È vero! Magog non riesce a muoversi mentre Senza Nome gli viene letteralmente risucchiato via attraverso il pavimento di Apeiron. <<No! Non puoi fare questo! Devo correggere il mio sbaglio, devo salvare le mie creature!>>​ urla disperato, mentre avverte la consistenza del piccolo Xeniar diventare fluida e scivolare lungo ogni sua molecola, per poi riversarsi nell’Apeiron su cui poggia i piedi. <<Magog, hai parlato di verità ma ti sei sempre ricoperto di menzogne.>> ​risponde la voce eterea di Terra <<​Fratelli, ho modificato l’inclinazione della Torre, ora il meteorite sta puntando verso di noi. Suggerisco di non restare ad attenderlo.>> <<Non finirà così! Ho visto il futuro!>> ​li minaccia Magog, irrimediabilmente bloccato al pavimento della maledetta torre, mentre il Vimana si separa prende il volo ​<<L’Incubo Incarnato vi spazzerà via! Durante nuove ere…>> Nessuno conoscerà le sue ultime parole. L’enorme sasso dello spazio profondo centra perfettamente la Torre di Migdol Bavel, riducendola in polvere. Una tempesta di rocce e un’onda d’urto colossale a cui il Vimana si sottrae per un pelo, sfrecciando nell’aria come il fulmine più fragoroso. <<Ci sarà un diluvio universale… ma l’umanità sopravvivrà, in qualche modo. Terminano qui le Ere Antiche.>> constata mesto Ingegno. <<Qualcuno mi aiuti, Senza Nome non respira più!>> urla angosciata Conoscenza, mentre esercita pressione su polmoni che non hanno più aria da pompare. <<Dobbiamo… ah, mi ha dato la scossa!>> <<Si sta riplasmando! Conoscenza, allontanati, c’è qualcosa che non va!>> <<HA ASSORBITO UNA PARTE DELLA MIA ESSENZA. STA GUARENDO, MA NON TORNERÀ LO STESSO DI PRIMA.>> constata Fato, stupendosi di provare sbalordimento <<SI STA… EVOLVENDO!>> <<È così.>> risponde Senza Nome, mentre si issa sulle sottili gambe <<Senza Nome ha terminato la sua funzione. Ma la piramide di dolore persiste, e se voglio continuare a lottare contro di essa dovrò… cambiare!>> Ed è il lampo, molti lampi. Il potere porpora della riplasmazione scatta, ma fulmini oro anziché violacei si sprigionano in ogni direzione, una potenza tale da costringere tutti a coprirsi gli occhi. Quando cessa, un nuovo giovane è al posto di Senza Nome. Un nuovo ragazzo dai capelli castani anziché biondicci, una pelle rosea e non più biancastra, una voce gioviale e carica di vita anziché timida e timorosa. <<Wow, vow, davvero wow. Questo è stato… ho già detto wow?>> esclama il piccolo Xeniar. <<Senza Nome! Chi… che cosa sei diventato?>> domandano tutti, allibiti. <<Vediamo… più bello? No, aspettate, la mia mente ora è diversa, la riplasmazione ha mutato il mio corpo e i miei tessuti cerebrali. Ora ho una nuova mentalità, ho voglia... di scherzare e di punire i cattivoni! Ho un po’ di astio, un po’ di inganno, ma non sono più Senza Nome. Certo che no, ora ho un nome, a cui dovrò fare onore! Sono, e sarò… il Sarcasmo!>> FINE