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gusto
afine settembre
Cous Cous Fest a S. Vito
tra integrazione e bontà
...
Sabato 25 Maggio 2013
PAGINA31
Per i curiosi che di cous
cous non vogliono soltanto leggere ma desiderano soprattutto scoprirne il sapore, c'è un evento da
non perdere che da sedici anni va
di scena a San Vito Lo Capo, in
provincia di Trapani: il Cous
Cous Fest. Anche quest’anno torna l’appuntamento con la rassegna enogastronomica dedicata a
quella che oggi, a tutti gli effetti, è
considerata la semola della pace,
in grado di riunire attorno ad
uno stesso tavolo Paesi assai diversi tra loro per culture, usi, religioni. L’evento è in programma
dal 24 al 29 settembre. Buone notizie, però, per i più impazienti:
dal 21 al 23 giugno prossimi sarà
possibile partecipare al Cous
Cous Fest Preview, un weekend
di cui approfittare per degustare
ghiotte ricette di cous cous della
tradizione sanvitese.
TRa spezie e aromi. Il cibo tradizionale del paese nordafricano sempre ricercato e apprezzato non solo a Palermo ma anche nel resto della Sicilia
Cucina etnica, che passione!
La Tunisia protagonista a tavola
Tra Brik e Felafel è una festa di sapori forti e decisi che incantano e stimolano il palato
La prossima settimana incontri per «assaggiare» l’unione tra il deserto e la Trinacria
Nei Paesi nordafricani, nei mesi
estivi, si prepara spesso
il tabulè, cous cous freddo
servito con le verdure
dai lettori
Mix di sapori
e di cultura
N
on sono d’accordo con coloro i quali sostengono che le cucine straniere
debbano essere gustate solo nei Paesi di provenienza.
Sono invece favorevole a
questa mescolanza di gusti
e cultura (commento all’articolo «Il sushi conquista i
palermitani» del 18 marzo)
Paola su www.gds.it
Paola Pizzo
PALERMO
Il vento del deserto e la brezza del
mare si incontrano in una terra in
cui i granelli di sabbia si confondono con quelli di semola. Siamo in
Tunisia, paese del cous cous, luogo in cui il gusto si celebra in ogni
piatto da portare a tavola tra spezie, aromi e salse decise. «Il piatto
più famoso della nostra tradizione
è il cous cous – esordisce Faouzi
Souissi, chef e proprietario de «La
Medina», ristorante in via Principe di Belmonte, a Palermo –. L’originale è preparato con la carne di
montone, anche se, con il tempo,
è stato rivisto e servito con il pesce,
con il pollo o addirittura con l’uovo».
Un preparato che si presta a
molte varianti, dunque, e che nel-
la cucina tunisina si trasforma anche seguendo il corso delle stagioni: «Nei mesi estivi – continua lo
chef, da trent’anni nel capoluogo
isolano – si prepara spesso il tabulè, cous cous freddo servito con
le verdure». E per i più golosi, i granelli di semola possono essere anche la perfetta conclusione di un
pasto: «Siamo soliti mangiare il
cous cous dolce – conclude Souissi – servito con datteri, melograno,
pasta di sesamo, zucchero e distillato di acqua di rose». Proprio per
celebrare questa speciale semola,
lo chef ha deciso di dare il via, nel
suo ristorante, ad una serie di appuntamenti (i prossimi il 30 mag-
gio e il 6 giugno, ndr) per raccontare la storia e la cultura gastronomica tunisina, mettere a confronto la
cucina araba con quella siciliana.
E se questa speciale semola è uno
dei piatti tunisini più rinomati, ce
ne sono molti altri che riscuotono
altrettanto successo di palato.
Tra questi, ad esempio, il brik,
una sfoglia croccante ripiena di patate, tonno, prezzemolo, capperi e
cipolla; i falafel, delle polpette di
verdure; il paté di ceci con olio e limone; e il papa ganesh, un piatto a
base di melanzane cotte a vapore.
«Nel nostro ristorante – dichiara
Magid Maik, uno dei proprietari di
«Al Manar», in via Sant’Isidoro alla
Guilla, a Palermo – serviamo anche il cestino arabo, del pane arabo accompagnato da salse a base
di paté di olive, carote, radicchio,
prezzemolo o salmone. Più particolare ancora, invece, la mchiwia
– aggiunge Maik –, un composto di
peperoni, zucchine, melanzana,
cipolla e aglio prima cotto al forno
e poi frullato. E poi – conclude –
c’è l’insalata del deserto, fatta con
mela Smith, cetrioli, cipolla, peperoni e pomodori, prodotti che devono essere serviti rigorosamente
freschi».
le ricette
L’importanza
delpesce
elavariante
«trapanese»
...
«E’ un cibo che è stato portato fin qui dai migranti, un prodotto da adattare alle disponibilità di
ognuno. E a Trapani i pescatori
avevano il pesce». Enzo Battaglia,
chef del ristorante La casa del
cous cous a San Vito Lo Capo, racconta così come nasce la tradizione del cous cous alla trapanese,
quello a base di pesce. Un piatto
servito ancora oggi, apprezzato
da molti e per la cui preparazione
bisogna rispettare alcuni passaggi fondamentali. A cominciare
dalla ‘ncocciata: «Si deve bagnare
la semola di grano duro con un
filo d’acqua – spiega – e con un
movimento rotatorio delle dita
ottenere dei grumi. Lasciare asciugare e insaporirla con sale, pepe e
un trito di aglio, cipolla, prezzemolo, mandorle e olio extravergine d’oliva. Una volta amalgamata
– continua – la semola viene rilavorata con le mani e messa nella
parte superiore della couscoussiera, mentre in quella inferiore c’è
l’acqua aromatizzata a bollire. La
cottura è di circa un’ora e mezza,
a partire da quando il vapore filtra la massa di semola». A parte,
poi, bisogna preparare la zuppa di
pesce, rigorosamente con del pescato «povero, dal gusto forte e
freschissimo – consiglia Battaglia
–. Quando anche la zuppa sarà
pronta, va amalgamata con il
cous cous cotto e si lascia a riposare il composto sotto una coperta.
Nel piatto, poi, il cous cous va servito con un altro po’ di brodo e il
pesce della zuppa deliscato». P.Pi.