La condizione dell`infanzia oggi

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La condizione dell`infanzia oggi
La condizione dell’infanzia oggi
Conferenza Kids’ mission – Palermo, 4,5,6 ottobre 1999
di Giacomo Ruggeri
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Le condizioni dei bambini, ieri e oggi
La socializzazione primaria del bambino, la famiglia
La socializzazione secondaria, la scuola e la strada
Il contesto sociale e nazionale: diverse tradizioni e contesti, diverse strategie evangelistiche
La bibbia focalizza i due grandi nemici dell’infanzia: la rottura delle famiglie e il capitalismo spietato
Un mondo spaccato in due, tra bambini ricchi e bambini poveri
La tragedia dell’infanzia: fame, prostituzione minorile, mutilazioni sessuali, sfruttamento nel lavoro
Quattro storie: due raccolte dall’UNICEF nel mondo e due da me a Palermo
1. Le condizioni dei bambini, ieri e oggi
L
a peculiarità di un risvegliato è una viva coscienza spazio-temporale. Quante volte appena svegliati dopo un
profondo sonno, ci siamo chiesti: “Ma dove mi trovo? Uh, pensavo di essere altrove! Quanto tempo è passato? E già
mattino?! Non me ne sono accorto”. La prima cosa che facciamo è sincronizzare l’orologio del nostro cervello con la
sveglia sul comodino. La seconda azione è vedere: prendere un giornale, accendere il televisore per un TG, o
semplicemente affacciarsi dalla finestra per prendere coscienza del posto dove ci troviamo. Infine, dopo che abbiamo
aperto i nostri occhi sul mondo che ci circonda, possiamo iniziare a lavorare. Dobbiamo pur vedere dove poggiare i
piedi e sapere quanto tempo abbiamo a disposizione! In altre parole il risveglio è “consapevolezza”: del tempo in cui si
vive e del mondo in cui viviamo.
Le differenze tra il dormiente e il risvegliato sono chiare: uno ha gli occhi chiusi, l’altro aperti, uno sogna e vive nel
mondo delle fiabe, l’altro s’immerge con i piedi nella realtà toccando con mano i problemi; uno ha grandi visioni,
concretamente nulla, l’altro praticamente opera; per uno il tempo si è fermato e riposa tranquillo, per l’altro è uno
scorrere frenetico che l’assilla quotidianamente (Pensate a tutti gli apostoli risvegliati, rosi dall’ansia di non riuscire a
fare in tempo: “Affrettatevi il tempo è vicino!”).
Inutile dire che il risveglio di uno darà un tremendo fastidio all’altro che voleva rimanere indisturbato a dormire.
Come chiesa promotrice di risveglio, cercheremo allora di stropicciare i nostri occhi, di conoscere il tempo e le
circostanze indicate dallo Spirito di Cristo che è in noi per usare le parole di Pietro, di affacciarci alla finestra del mondo
per vedere in che condizione sono e in quale tempo vivono i nostri bambini.
Q
ual è la condizione dell’infanzia oggi? Certamente migliore di quella del medioevo dove i neonati venivano
abbandonati a migliaia nei fossi o sulle strade, o uccisi direttamente, come era uso comune. Al massimo, oggi, ne puoi
trovare qualcuno, sotto un cavolo, tra i sacchi d’immondizia che fuoriescono dai contenitori dell’AMIA. Non sono più
migliaia come nel medioevo!
Ma la scarsa considerazione non è solo una di quelle stranezze medievali da caccia alle streghe.
Nel 1700, nell’evoluta Parigi, i neonati venivano dati alle balie che se li portavano ammucchiati su dei carretti , spesso
perdendone qualcuno per strada. I genitori non se ne interessavano più, finché li riprendevano a sette anni. Era un fatto
irrilevante se nel frattempo morivano. Scrive uno storico, Badinter (1980), intorno a quel periodo: “I medici parigini si
rifiutavano di intervenire quando sapevano che si trattava di un bambino, ed i genitori non presenziavano neanche
l’interramento”.
Di acqua sotto i ponti n’è passata e la nostra cultura è senz’altro migliorata.
Le nostre balie moderne, i nido e le scuole materne, sono certo più attente di quelle parigine, tranne per qualche raro
caso dove una zingara viene a prelevare un bambino al posto del genitore legittimo. I genitori odierni non hanno nulla a
che vedere con le distrazioni parigine del ‘700: tutt’al più può succedere che un genitore disattento, per la fretta di
arrivare puntuale in azienda, dimentichi di portare suo figlio al nido lasciandolo dormire nell’auto sotto il sole cocente,
per ritrovarlo arrostito morto all’uscita del lavoro (Fatto realmente accaduto ad un impiegato della ST electronic di
Catania ndr.).
Nelle nostre città delle metropoli odierne c’è una considerazione notevole per i ragazzi: sono in diminuzione i
posti vietati ai minori. Oggi non è più come in Palestina ai tempi di Gesù dove i bambini andavano al tempio per adorare
e trovavano scritto: “Vietato entrare”. Andavano nelle sinagoghe e vedevano un cartello: “Vietato parlare”. Correvano
allora da Gesù per protestare su questa situazione invivibile e trovavano i discepoli con un cartellone: “Vietato passare
ai fanciulli”. Allora non gli rimaneva che rivolgersi alla corte suprema, il Sinedrio; ma ahimè v’era scritto: “Solo per
adulti”.
Era così la vita in Palestina: c’erano adultere ma non adulteri, e il parere di un bambino era inascoltato, inopportuno e
fastidioso per i discepoli dell’Amore. La vita dei bambini contava poco o nulla. Almeno per Erode.
L’attenzione che le nostre città rivolgono ai bambini è migliorata in soli vent’anni: fate il raffronto tra i giardini
pubblici di Palermo durante la gestione Ciancimino dei palazzinari, e quelli d’oggi, dove l’attenzione del nostro Sindaco
Orlando verso i minori, ha permesso a cooperative giovanili (quali Ipotesi fantasia e altre) di resuscitare la città dei
ragazzi, di trasformare villa Garibaldi in una ludoteca, etc...
Del resto, questo è il nuovo orientamento della comunità europea che vuole dedicare nuovi spazi ricreativi nelle città e
centri di accoglienza per i bambini. Un sogno dei nostri governanti, rievocato da Zaccaria per le sue città (Zc8:5), e da
Gesù che allude ai fanciulli festanti e rumorosi che giocano nelle piazze pubbliche (Mt 11:16). Gli scavi in Palestina
hanno riesumato questa saggia disposizione delle antiche città al gioco per i bambini: animali di creta, palle decorate,
dadi e pedine d’avorio sono tra gli oggetti ritrovati. Da sempre i loro giochi hanno dato felicità ai vecchi (Pr 17:6).
Se il vedere bambini festanti ci rallegra il cuore, vederli piangere ci rattrista l’animo. Ma questa generazione è
insensibile ai sentimenti dei bambini (Mt 11:16): ha gli occhi chiusi sia sui bambini che piangono sia su quelli festanti.
Mt 11:16 Ma a chi paragonerò questa generazione? Essa è simile a fanciulli seduti nelle piazze, che si rivolgono ai
loro compagni e dicono: "Noi vi abbiamo sonato il flauto e voi non avete ballato, abbiamo intonato lamenti e voi non
avete fatto cordoglio".
Un giorno riflettevo sul verso di Romani 12:15 Rallegratevi con quelli che sono allegri, piangete con quelli che
piangono. E pensavo: “Com’è possibile mutare così repentinamente sentimenti? Signore, io non ci riesco. Se mi alzo
triste, rimango così fino a sera. Forse non è un verso applicabile ad una persona con il mio carattere”. E il Signore: “Il
fatto è che semplicemente non guardi. Non guardi quelli che sono tristi, e non vedi quelli che sono allegri. I miei occhi,
invece, scorrono del continuo la terra: vedono i bimbi benestanti dell’occidente e mi rallegro della loro benedizione;
subito dopo, però, i miei occhi non possono chiudersi dall’altro capo della terra sui bambini che muoiono di fame. E
così piango”. Egli non dorme e non sonnecchia, i suoi occhi scorrono la faccia del terra da un capo all’altro. Egli aspetta
qualcuno che pianga insieme a lui per quei bambini.
Non lasciatelo piangere per molto tempo: se piangerà tutta la notte, al mattino il Signore si adirerà tremendamente! E chi
potrà resistergli?
1. La socializzazione primaria del bambino, la famiglia
Dopo l’ospedale, il primo ambiente dove è immerso il nascituro è la famiglia. La cultura locale, le tradizioni
familiari marchieranno il destino del nascituro.
In Israele la famiglia viene considerata la pietra angolare della società: unita da legami di stretta solidarietà, i membri
sono considerati un sol corpo, nei suoi componenti scorre lo stesso sangue (Labano disse a suo nipote “Tu sei veramente
mia carne e sangue!”. Gen29:14) («E ricordatevi che io sono vostre ossa e vostra carne”, ricorda Abimelek agli uomini
di Sichem. Giud 9:2). La famiglia ebraica viene descritta dalla bibbia quale “casa del padre”, per descrivere questo
potere paterno. Non era matriarcale come quella semitica o meridionale!
La famiglia in Italia poi ha subito notevoli trasformazioni negli ultimi 60 anni. Ad esempio i componenti di una
tipica famiglia erano più di 4 (4,2) nel 1931, mentre nel 1991 il numero medio è sceso a meno di 3 unità (2,8). La
composizione oggi è più varia e meno standardizzata. Crescono le famiglie senza figli o quelle con un solo figlio e
diminuiscono quelle con più figli. E’ difficile oggi trovare famiglie con cinque, sei o sette figli. Cosa normale invece
nel dopoguerra.
Crescono nuove realtà familiari: single e genitori soli, unioni libere, famiglie ricostituite, famiglie monogenitore. Cosa
non comune negli anni ’30, quando il divorzio era proibito e c’era una struttura patriarcale, alcune volte matriarcale,
della famiglia. Gli sposi spesso optavano per la convivenza con uno dei genitori. Così si formavano veri e propri
aggregati, quasi dei clan, dove vivevano fratelli, cugini, nonne, zii, nipoti. Negli ultimi dieci anni le famiglie con più
generazioni al loro interno hanno continuato a registrare una progressiva riduzione. Oggi questi rapporti sono più
distanti, quasi inesistenti. Le famiglie sono disgregate. I bambini trovano molto più raramente che nel passato occasioni
di confronto con coetanei all’interno della famiglia. Questo è un male perché una corretta formazione richiede che il
bambino trascorra parte del suo tempo con i suoi coetanei.
Considerando l’intera rete parentale, i bambini oggi si trovano inseriti in un mondo familiare con sempre meno pari
(fratelli e cugini), con poche figure adulte (genitori, perché divorziati, e zii) ed un numero più elevato di parenti anziani
(nonni e bisnonni). Il 52% dei bambini da 0 a 13 anni ha un solo fratello, il 27% è figlio unico...solo il 4,4% ha tre
fratelli o più. Pensate un po’ agli inizi di questo secolo l’Italia era, dopo la Germania, il paese con il maggior numero di
figli. Adesso è all’ultimo posto.
A che servono queste statistiche? A studiare nuove strategie di attacco, modellate secondo i mutamenti della società:
bisogna combattere la solitudine dei bambini d’oggi, perché c’è il rischio che i bambini diventino sempre più asociali,
isolati nelle loro celle-stanzette, con rapporti schermati da un interfaccia elettronica. Come potrà penetrare il seme della
parola se saranno chiusi a riccio nei loro gusci?
Ad esempio, era positivo il contesto di famiglia numerosa, patriarcale, perché offriva ai bambini maggiori punti di
riferimento vicini ai propri modelli: coabitavano contemporaneamente bambini, adolescenti, giovani. Sappiamo tutti
infatti, che i bambini sono attratti dai coetanei: imparano più dai compagni che dai genitori. Perché sono più vicini a
loro! Così la sapienza divina ha ispirato i pastori con una struttura piramidale, con le cellule familiare. La comunità
locale, oggi assume sempre più un contesto alternativo di socializzazione alla famiglia. In questo modo la chiesa
supplisce a questa mancanza di modelli intermedi nelle famiglie moderne. Tra l’irraggiungibile vetta del pastore e il
neofita, si trovano persone sicuramente meno spirituali del pastore, più vicini alla carnalità dei novizi, ma che fungono
da giuntura con il corpo perché saldamente ancorati ai valori dell’unità della famiglia.
La situazione familiare italiana in questo senso è peggiorato: si è perso il senso d’unità delle famiglie in solo 50 anni.
C’è un calo dei matrimoni: dai 7,5 ogni 1000 abitanti del 1926, si è scesi al 5,1 del 1994. Ed un calo delle
nascite. Si fanno meno figli perché costa troppo mantenerli, tanto che il Comune ha stanziato degli assegni di maternità
per le famiglie con reddito inferiore a 50 milioni nei primi cinque mesi del bambino. La mancanza di spazi nei piccoli
appartamenti moderni e la scelta della donna moderna che sempre più respinge il modello di “casalinga, moglie e
madre” contribuiscono a questo orientamento di famiglia “ridotta”.
Nell’ultimo decennio sono aumentati i bambini con entrambi i genitori che lavorano (dal 37 al 40%) e diminuiscono
quelli con padre occupato e madre casalinga. Pertanto i compiti di cura si distribuiscono su entrambi i genitori, anche se
la figura della madre che cura i bambini è prevalente in tutta la nazione. A sorpresa un dato statistico: sono più i padri
quelli che giocano con i figli: il 39% dei padri gioca con i propri bimbi da 3 a 5 anni tutti i giorni, solo l’1,9 non gioca
mai con i figli. Le casalinghe naturalmente si dedicano a questo aspetto più delle madri-lavoratrici.
Ma c’è un dato critico che emerge dall’analisi delle nuove strutture familiari: sono 1.900.000 gli individui nei quali si è
verificata la rottura di un’unione coniugale, il 74% dei quali ha almeno uno o più figli. Il 25,7% dei padri vede i figli
non più di qualche volta l’anno. Infatti, nelle cause di divorzio si privilegia l’affidamento alla madre. La concessione del
divorzio, in alcuni casi estremi veramente necessaria, ha distrutto l’unità familiare.
Si considerano a rischio i bambini che hanno almeno due segni maggiori e uno minore.
Segni minori: Istruzione della madre < della 5 elementare, genitori separati, malformazioni, ...
Segni maggiori: Sovraffollamento dell’abitazione più di 6 componenti; genitore detenuto; genitore tossicodipendente; o
genitore invalido.
Ci sono poi gli “eterni bambini”. Soprattutto al meridione. A fronte di una prolungata dipendenza economica
dai genitori, favorita dalla difficoltà di trovare lavoro, i figli rimangono sempre più a lungo con i genitori. In cambio la
famiglia da loro ampi spazi di movimento e di indipendenza. Comunque, spesso è una scelta culturale, diffusa
soprattutto al Sud, un traviamento del concetto di cura: cura uguale possessione. Questa è l’equazione: «figlioletto/a
“mio/a”», (che appartiene a me, unico/a proprietaria) esclama la madre o il padre al bambino ormai ventenne. Ed a volte,
questo senso di cura-possessione viene traslato nella famiglia spirituale, dov’è uso comune sentire frasi del tipo: “i miei
discepoli, la mia riunione, la mia supervisione”, come se i credenti fossero proprietà esclusiva del curatore e non della
chiesa e di Cristo.
«Ma lo scopo della cura» - afferma in un intervista a Repubblica l’anziano psicanalista Mario Trevi - «non è mai il
possesso dell'altro, bensì la tendenziale liberazione dell'altro, l'aumento delle sue potenzialità creative e la crescita delle
forme adattative necessarie a vivere».
Guai se non fosse così! Creeremo delle persone succube della mamma o responsabile-dipendenti, incapaci di liberarsi,
incapaci di svilupparsi, incapaci di adattarsi in nuovi terreni. Perennemente legati al paletto di sostegno della loro
gioventù, impossibilitati a svilupparsi, destinati a non vedere mai il sole ed a rimanere sotto la cappa protettiva della
mamma.
Nel curare i bambini è bene focalizzare questi nobili sentimenti, farciti d’altruismo, per non legarsi troppo a loro al
punto da soffocarli.
• La figura della nonna e delle fiabe
Ai padri d’Israele piaceva raccontare le grandi gesta che Dio aveva fatto per il suo popolo e spiegargliele. Storie
che si raccontavano di padre in figlio, sentimenti di attaccamento alla terra che si tramandavano, iniziazione alla vita.
(Es 13:8 - Deut 4:10 - Dt 11:19 - Gs 4:6 - Sl 78:5 - Pr 4:3 - Pr 22:6)
Salmi 78:5 Egli ha stabilito una testimonianza in Giacobbe e ha posto una legge in Israele, e ha comandato ai nostri
padri di farle conoscere ai loro figli, affinché la generazione futura le conoscesse, assieme ai figli che sarebbero nati,
ed essi a loro volta le narrassero ai loro figli
Questo ruolo fondamentale è profondamente mutato dagli inizi del secolo ad oggi, ma non è passato senza aver lasciato
il segno nell’attuale generazione. Molti adulti di oggi, sono rivisitazioni viventi delle fiabe raccontategli dalle nonne
quarant’anni fa. Non a caso la Bibbia ne raccomanda l’uso per i propri figli affinché sia formata nel bene la generazione
futura. Certo le nostre nonne atee, ci raccontavano la favola di Pinocchio invece di quella di Giona, e quella di Aladino
invece della storia di Salomone (2 Cronache 1:7 In quella notte DIO apparve a Salomone e gli disse: “Chiedi ciò che
vuoi che io ti conceda”). Aladino è simbolo della fortuna: per caso trova una lampada e per caso la raschia ed esce un
genio che gli chiede di esprimere tre desideri. Da qui nasce l’attuale febbre del gioco e la corsa al gratta e vinci.
Sapendo però, questa è la lezione di vita, che non puoi sciupare la fortuna con desideri vani, perché capita solo una volta
nella vita.
Queste fiabe ognuno le ha vissuto a modo proprio, più o meno intensamente, è impresse nell’inconscio di
quand’eravamo piccoli le abbiamo traslate nella realtà. In psicanalisi, questa trasposizione nella vita reale di personaggi
fantastici o storici viene chiamata pseudologia fantastica. Sarà capitato a tutti di vedere un politico sentirsi l’imperatore
del regno perché somiglia a Federico II, o qualcuno camminar in doppio petto con la mano sotto la giacca per
impersonare Napoleone, o qualche altro ancora considerarsi investito di poteri speciali per aver ricevuto addosso il
mantello di Batman. A livelli esasperati siamo in presenza di patologie serie, ma a bassi siamo a livelli fisiologici.
E’ ora di scendere dalle nuvole, dal mondo magico che ognuno si è creato, dall’oziosa attesa miracol-fortuita, e di
camminare con i piedi per terra di quelli che annunciano buone novelle. Vere, però.
La fiaba di Cappuccetto Rosso c’insegnava che potevano esserci nelle chiese lupi rapaci travestiti da pecora, quella di
Biancaneve a non ripetere lo sbaglio di Eva. La fiaba di Peter Pan, invece, personificava quelli che non vogliono
crescere mai, e quella di Cenerentola le ragazze che non si sposano mai: in attesa perenne di questo fantomatico principe
azzurro (tutta colpa dei genitori che le privano della libertà, se non viene), finché arriva il giorno in cui si sposeranno
con il commesso di Spadafora calzature.
Le nonne con le loro fiabe, a parte quelle diaboliche filastrocche come quelle delle tre civette o dell’uomo nero, avevano
l’innegabile funzione educativa, formativa e sedativa: ci addormentavamo con quel fiato caldo, con la sua mano stretta
nella nostra, mentre le ripetevamo: “Ancora un’altra storia”. E lei: “Basta, ora dormi che è tardi”.
Le nonne di oggi, invece, hanno una voce metallica, allungano le storie con melodie stupende, non si fermano mai
perché hanno l’autoreverse, e ogni storia ha sempre la stessa durata della precedente: 30 minuti esatti. Inoltre sono
instancabili e capaci di ripetere esattamente la stessa fiaba per quaranta volte senza dimenticare nulla.
Non ci sono più i fratelli Grimm a firmare le fiabe dei nostri bambini, ma altri mostri della Walt Disney. Invece di
matrigne ci sono streghe vere e proprie, invece del lupo cattivo c’è il diavolo in carne e ossa...
Tremo al pensiero della prossima generazione, frutto della Bella e la Bestia (in fondo è bello sposarsi con il 666), o
della Sirenetta (dove si spiega come fare un patto con il diavolo). Come saranno gli adulti del 2020 che hanno
riascoltato e visto quaranta volte più una, la stessa scena del patto con il diavolo nella Sirenetta? E se ci fosse tra loro
qualcuno ammalato di pseudologia fantastica?
2. La socializzazione secondaria, la scuola e la strada
Visto che mamma lavora e papà pure (specie se non è terrone), chi terrà il bambino? Negli anni ‘70 le fabbriche
per attirare le lavoratrici crearono asili agli interni degli stabilimenti. Oggi non ce n’è più bisogno. In quegli anni, forse
trascinati dal successo di Mery Poppins (un film della Walt Disney ndr), nasceva il mestiere della baby sitter, per i più
ricchi le bambinaie a tempo pieno. Oggi, invece, le baby sitter costano troppo, e la maggior parte degli italiani ripiega
per il nido: sono 140mila i bambini che frequentano il nido. Se la cultura dell’affidamento all’asilo nido, inizia a
diffondersi quella della scuola materna è già radicata profondamente: per i bambini di 5 anni i tassi di frequenza
arrivano a toccare il 99%!
Nell’Italia settentrionale le scuole materne osservano 8 giornaliere (Nelle isole più del 50% preferisce ancora ritirare il
bambino dopo l’orario antimeridiano).
Non diciamo questi numeri per condannare questa tendenza, ma per prenderne atto. Non si può evangelizzare ancora
con i metodi di trent’anni fa. Perché in trent’anni questo dato è passata dal 50% al 99%. Allora se prima poteva aver
effetto l’educazione religiosa del genitore, adesso in questa fascia di età è pressoché ininfluente. Cosa può dire un
genitore ad un figlio che preleva alle 18 e che si addormenterà tre ore dopo circa sul piatto della cena? La maggior parte
del tempo, le otto ore migliori dei bambini di cinque anni, sono in mano alla scuola materna. Sono loro che hanno il
coltello dalla parte del manico, o meglio dire il crocifisso dalla parte dei piedi. Sono loro che insegneranno il segno
della croce. Per cui, se non vogliamo boicottarle, se il nostro obiettivo evangelistico è indirizzato a questa fascia d’età, è
più strategico conquistare le scuole materne piuttosto che i genitori. “Non seminate fra le spine”, dice Geremia. Non
perdete tempo, su un terreno improduttivo.
Non è una buona strategia di marketing puntare ancora sui genitori che non hanno il tempo di trasmettere un bel nulla,
specie se è un divorziato che vede una volta l’anno suo figlio, perché la società non è più quella di trent’anni fa. Sveglia.
Il vento soffia da un altra parte. Queste analisi della società, sono indispensabili per programmare strategie di mercato,
per conquistare le masse. Voglio usare uno slogan forte: «Se vogliamo conquistare il mondo, dobbiamo imparare dal
mondo». Gesù l’ha detto diversamente: Luca 16:8 Il padrone lodò il fattore disonesto, perché aveva agito con
avvedutezza, poiché i figli di questo mondo, nella loro generazione, sono piú avveduti dei figli della luce.
Perché la chiesa cattolica non vuole perdere terreno nelle scuole private? Perché pretende i finanziamenti pubblici e la
parità scolastica? Per fortuna hanno trovato un governo laico e pluralista che li sta osteggiando. Sarebbe assurdo, infatti,
se dovessimmo pagare le tasse per pagare insegnanti scelti da preti, che insegneranno teologia cattolica. Dovremmo
appellarci all’art.8 della costituzione per pretendere i finanziamenti pure per le nostre scuole.
Come mai il sig. Ray Kroc, fondatore della McDonald's Corporation, in 50 anni è riuscito a piazzare 24.000 ristoranti in
tutti i continenti?
Mc Donald's ha sfornato dal 1955 a oggi più di 100miliardi di panini e servono 38 milioni di clienti al giorno. Ogni
giorno apre 3 ristoranti Mc Donald's nuovi nel mondo presente in più di 80 paesi diversi.
Oggi McDonald's è presente con oltre 800 ristoranti in Germania, 600 in Francia, oltre 700 in Inghilterra, 177 in Olanda
e 185 in Italia. L'unico continente dove non è presente: l’Antartide.
Se la Coca Cola ha cocalizzato il mondo, la bevono ovunque pure in Cina, se Mc Donald's ha paninizzato il mondo, noi
cristiani dobbiamo perdere la speranza di vedere in breve un mondo evangelizzato ?
Ci sono nazioni dove non esiste una chiesa, ma non c’è paese che non vi sia un Mc Donald's. Ci sono popolazioni che
non hanno mai sentito il profumo di Cristo, ma non c’è bambino al mondo che non conosca il sapore della Coca-cola.
Qual è la loro strategia di mercato? Le insegne sono di colore rosso intenso e tinte forti, per attrarre i bambini. I locali
sono molto colorati e pieni di attrazioni ludiche. Ad ogni confezione viene regalato un giocattolo, in linea con il cartone
animato più in voga. Sarebbe anacronistico e ridicolo, infatti, tentare di conquistare i bambini odierni con il cavallo a
dondolo di legno, il cerchio in legno con la bacchetta o la trottola del ‘900! Non va più bene neanche il Lego tanto
famoso e ambito dai bambini degli anni ’70. Saremmo più aggiornati se invece regalassimo pupazzi interattivi
Tamagotchi, Furby, Nintendo, Playstation. Sanno che colpendo l’attenzione dei bambini, questi trascineranno l’intera
famiglia ogni settimana in questo luogo. Anche se si mangiasse paglia. Hanno capito che i bambini muovono la società!
Hanno capito che devono camminare di pari passo con gli eroi preferiti del momento, del cinema, della televisione.
Negli anni ‘70 la Coca cola è diventata la bevanda preferita dai bambini.
Anche noi dovremmo agire su queste logiche, non che il vangelo sia una merce da vendere, ma poiché abbiamo
intenzione di evangelizzare le masse dobbiamo utilizzare i mezzi di comunicazione di massa.
Chi c’è al centro della società? I bambini. Cosa li attrae di più? I giocattoli. Allora diamo un giocattolo insieme con il
vangelo. Dove trascorrono la maggior parte del loro tempo: a scuola, nei videogiochi, al computer, in TV.
Precisamente nelle sale giochi si trovano l’8,9 % dei bambini tra i 6 e i 13 anni e il 14% dei tredicenni, nei cortili
condominiali e nelle strade giocano il 65%, specie al meridione, mentre il 44% frequenta le attività parrocchiali.
Allora nei nuovi metodi evangelisti dovremmo programmare insegnanti cristiane, scuole materne evangeliche,
programmi multimediali cristiani, sale giochi cristiane, cartoni animati cristiani, siti internet evangelici, una televisione
cristiana.
• la scuola
“I bambini d’oggi apprendono più velocemente di quelli di una volta”. Questo è un luogo comune. Sono forse più
intelligenti? No. Solo che il bombardamento di informazioni si è intensificato negli ultimi 70 anni. Esattamente 73 anni
fa, nel 1926, in Italia non esisteva la televisione. Agli inizi del secolo, prima della radio, c’era il parroco: esisteva un
passaparola che partiva dal commerciante che tornava da un viaggio in città e si confessava con il parroco, e questi
diffondeva le informazioni in tutto il piccolo centro. Poi venne un bene di lusso, un mobile enorme, la radio: le
principali notizie venivano trasmesse per radio contemporaneamente a tutta la nazione, o meglio ai fortunati possessori.
Dopo è entrata nelle case degli italiani una specie di mostro in bianco e nero che trasmetteva oltre l’audio anche le
immagini. All’appuntamento televisivo con Rischiatutto si riuniva tutta la famiglia e tutti i vicini di casa, perché l’aveva
solo il capocondomine. Negli anni 70 i bambini sono incollati alla TV aspettando i cartoni animati di Hanna & Barbera.
Evento straordinario lo zecchino d’oro. Oggi la Tv è a colori, c’è n’è una per ogni bambino, ci sono centinaia di
programmi satellitari, con cartoni diurni e notturni, per tutti i gusti. Videoregistratori e case ripiene di videocassette per
far assorbire centinaia di volte lo stesso cartone ai bambini. Computer, videogiochi, internet. Un’overdose di immagini
interattive. All’epoca della radio si ascoltava, nel cinema muto si vedeva, nell’età della televisione di udiva e si vedeva
passivamente, nell’era della multimedialità i bambini ascoltano, vedono e interagiscono.
Secondo Brunner, un teologo protestante d’inizio secolo che studiò l'apprendimento, gli alunni ricordano
SOLTANTO IL:
20% di ciò che ascoltano (ad esempio la radio)
30% di ciò che vedono (ad esempio un film muto)
50% di ciò che vedono e ascoltano insieme (ad esempio la TV o un film audiovisivo)
70% di ciò che ascoltare e che li diverte
(ad esempio un film comico)
90% di ciò che viene contemporaneamente detto e fatto davanti ai loro occhi (ad esempio un film in cui cooperi)
La fase sperimentale è necessaria per fissare l'apprendimento. Grazie che i nostri figli sono più svegli! Se poi
raffrontiamo le classi del primo decennio del secolo, ove c’erano 61mila scuole per 3milioni di allievi con un rapporto
di cinquanta bambini per insegnante, con le moderne classi elementari piene di laboratori, comprendiamo quale
bombardamento d’informazione sostengano i nostri figli.
Qual è la lezione per noi cristiani? Che noi non possiamo più insegnare come una volta, con gli stessi metodi
didattici che hanno usato i nostri padri e i nostri nonni. Se la scuola laica ricerca nuovi metodi didattici anche la chiesa si
deve adeguare al passo con i tempi. E siccome negli ultimi tempi, i tempi si accorciano, i cambiamenti generazionali non
sono più centenari, ma biennali! Basta che rimani due anni fermo con gli stessi metodi e sei fuori corsa, doppiato da
tutti. Certo non è facile come nel mondo, insegnare questa lezione ai cristiani perché non puoi predicargli: “Chi si ferma
è perduto!”. Se ne infischieranno, sogghignando: “Tanto io sono salvato”. Non si possono trattenere più i bambini con il
registratore e la cassetta del vangelo, il pennino e il calamaio, il temperino, il grembiulino con il fiocco, la storiella di
pinocchio e poi le caramelline.
Nelle famiglie c’è un veloce ricambio generazionale: se prima era ogni 50 anni, oggi è ogni 5 anni. Le innovazione
tecnologiche e le scoperte scientifiche procedono oggi ad un ritmo incalzante rispetto al secolo scorso. Di conseguenza
cambia il modo di essere e di parlare dei bambini più velocemente rispetto a una volta. Questo aumenta il distacco
padre-figli, la voragine nonni-figli: oggi padri e figli sembrano distanti anni luce, e nonni e figli due personaggi storici
di epoche differenti, Cavour a confronto con Cofferati. Parlano diversamente, pensano diversamente. Non si può
continuare a parlare sempre alla stessa maniera ai giovani per anni e anni, perché non ti capiranno più, e ti diranno che
sei sclerato. E tu gli chiederai: “Che mi hai detto?”. E loro: “Sclerato significa svalvolato”. E tu non sai se sentirti offeso
o no. Poi li vedrai scriversi bigliettini con “TVB” e penserai che i due ragazzi si stanno scambiato un invito alla Trinity
Voluntary Broadcasting ed invece stanno dicendosi “Ti voglio bene”. Li ascolterai comunicare tra loro: “Perché stasera
sei così taroccato e la tua tipa è scannerata? Mica sono un cacirro”. E tu, con un sorriso ibernato, fingerai di aver capito.
Non li puoi correggere con un libro di grammatica di vent’anni fa, dicendogli: “Non si dice a me mi...”, perché ti
rideranno in faccia. Oggi è nell’accezione comune dire (e non è sbagliato): a me mi, ma però, andare a capo lasciando in
fin di riga l’apostrofo, etc... Per accorgersi quanto la lingua italiana sia cambiata basta sentire Mentana al TG5.
E’ passato qualche anno, da quando le ragazze studiavano nelle comuni del ‘68 e i genitori pur di farle smettere di
studiare e tirarle fuori da quegli ambientacci pagavano la loro laurea negli anni ’70, e forse non ce ne siamo neanche
accorti perché in tutto questo tempo abbiamo dormito.
Tredici anni fa, una cara sorella mi ha parlato del vangelo, o meglio mi ha sparato a ripetizione una trentina di versi
senza logica, con vocaboli del tipo “bruscolo, trave”. Mi sembrava di parlare con un extraterrestre: non avevo idea di
cosa fosse il bruscolo (a quei tempi conoscevo solo la bruschetta, ma quella non si mangiava con l’occhio!). Eppure vi
giuro che non sono passati molti anni! Questo è quando usciamo per parlare del vangelo dopo essere stati chiusi in casa
per tanti anni a dormire. Il mondo trova strano il nostro linguaggio perché non ha mai letto la Bibbia, (e noi ci
dimentichiamo che nei pub e nelle scuole cattoliche non la leggono mai) e la chiesa trova difficile una parola che sia al
di fuori dei 3.000 vocaboli della vecchia Diodati. Dovrebbero esserci dei sottotitoli per quelli del mondo, in certi
messaggi farciti di “Seguitami, acciocché non finisca nell’Ades... Vieni, ove la tignola non guasta...”. Ed il ragazzino
rivolto al signore seduto accanto, esclama: “Aho, ma ch’è st’Adès, una sottomarca dell’Adidas?”. E poi, insiste: “Ma chi
è la tignola? E’ una del luogo? Perché gli evangelici dicono parolacce?”
La scuola statale si evolve, progredisce. Ricordo ancora i miei pianti per il primo giorno di scuola, il trauma del
distacco dal cordone ombelicale con la mia mamma, il mio maestro delle elementari con una bacchetta di legno, le mani
rosso fuoco, incandescenti solo per aver disturbato la lezione... e non sono passati molti anni! Lo giuro, anche se non si
può giurare. Oggi in alcune scuole si sperimentano nuovi metodi per accogliere i bambini il primo giorno di scuola, per
vincere il trauma e suscitare il desiderio di tornare il secondo: una specie di atmosfera festosa. Non si usano più metodi
violenti, punitivi, né si boccia più. Si cerca di condannare e di ferire il meno possibile l’alunno.
Gli antichi banchi di legno sono stati sostituiti dai meno pericolosi di plastica per creare un ambiente sicuro, si può
scegliere tra sorbire o no la lezione di religione, le cassi di una volta con un unico maestro, sono state sostituite da
moduli con più di tre insegnanti. Le classi rigorosamente femminili o maschili, di razza unica del fascismo, sono state
sostituite da quelle miste e multietniche. I nostri figli con la colf extracomunitaria e il compagno di banco di colore,
sono più integrati di noi nella moderna globalizzazione. Perché la chiesa non deve adeguarsi ai tempi?
La strada, il cortile, o la parrocchia, sono gli ambiti più tradizionali dove si sviluppa il bambino fuori dagli orari
scolastici. Il 65,7 % dei bambini da 6 a 13 anni, trascorre più ore al giorno per strada o nei cortili. Mentre il 44,7
frequenta la parrocchia. Naturalmente queste percentuali variano dai piccoli paesi ai centri delle aree urbane: nei paesi si
preferisce la parrocchia, nelle grandi metropoli è meno frequentata dai bambini. Infine, va segnalato un centro
d’aggregazione che condiziona sempre più bambini: le sale giochi sono frequentate dal 9% dei bambini 6-11 anni e dal
14% dai bambini di 11-13 anni. I bambini del Sud, e quelli di basse condizioni socioeconomiche, preferiscono le sale
giochi più di quelli del Nord.
Nei casi d’analfabetismo, o di disertazione scolastica, la strada diventa l’unica maestra di vita alternativa alla scuola.
Lì presto impareranno le cose peggiori: ad aggredire, a difendersi, a violare, a rubare, a fuggire dalla polizia, a
mantenere il muro dell’omertà costi quel che costi. Un bacino prezioso per la criminalità organizzata ove può pescare e
addestrare manovalanza fresca.
L’analfabetismo è ancora diffuso a livello mondiale (dati UNICEF): su un totale di 625 milioni di bambini in età
scolare nel mondo, 130 milioni di loro non sono scolarizzati. I dati sono del 1999, alle soglie del duemila. Ciò significa
che quasi un miliardo di persone, circa un sesto dell’umanità intera, entrerà nel 21° secolo senza saper leggere un libro o
scrivere una lettera.
Tra questi esclusi alla scuola della vita, che li può letteralmente salvare dal destino della malavita, della prostituzione e
dalle barbare tradizioni, le ragazze rappresentano la stragrande maggioranza dei bambini non scolarizzati.
Senza contare poi, tutti quei paesi dove ci sono in corso conflitti armati, dove l’iscrizione alla scuola viene totalmente
evasa. Chissà se, alla fine della guerra, questi bambini sorpassata l’attuale età scolare riprenderanno più.
L’Italia, (dati ISTAT) in tema di diritto alla scuola, è in linea con gli altri paesi industrializzati già dagli anni ’60. E cosa
strana, rispetto al terzo mondo, sono le bambine quelle che abbandonano meno la scuola. L’indagine ISTAT conclude
affermando che sempre più oggi in Italia la formazione delle giovani generazioni passa attraverso canali extrascolastici:
televisione, computer, agenzie formative, corsi professionali non riconosciuti, mass media in genere, libri e giornali.
3. Il contesto sociale e nazionale: diverse tradizioni e situazioni, diverse strategie evangelistiche
Dato che la maggior parte dei bambini, nelle società industriali, ha delle madri lavoratrici, le loro condizioni
variano da paese a paese. Ad esempio, l’Italia prevede 3 mesi di congedo retribuito dopo il parto, ed un ora di
allattamento al giorno per il primo anno di vita del bambino. Siamo in paradiso. Queste cifre scendono a picco in Belgio
e nel nord Europa e precipitano quasi a zero negli Stati Uniti. Così tra vent’anni, visti i fattori positivi dell’allattamento
al seno nella psiche del bambino, quando evangelizzeremo un ventenne consideriamo la sua nazionalità per saper quale
può essere la radice dei suoi scompensi affettivi. Se è orientale, dobbiamo considerare che da quelle parti, ancora oggi
l’allattamento si prolunga per più mesi, perfino due o tre anni, così come in passato si verificava nella storia biblica
(Gen 21:7-8; 1Sam1:22-4 - Isacco svezzato da Sara quando era cresciuto; Anna che allatta Samuele finché il fanciullo
non diventa giovane).
In paesi diversi, troverai culture e tradizioni diverse che produrranno ferite differenti nel corpo e nell’animo della
gente. Ad esempio:
Si può morire solo se si nasce femmina ... basta nascere nell’Asia meridionale (India, Nepal, Pakistan, Sri Lanka). In
questi paesi c’è una cultura che privilegia pesantemente il maschio e declassa la femmina. Fra l’altro da grandi queste
bambine sono obbligate a portare una dote secondo la tradizione locale, e per le famiglie già povere, veder nascer una
bambina significa il sorgere di un problema futuro enorme. Si è scoperto in queste zone che le bambine analfabete sono
256milioni contro i 159 dei maschietti e che la mortalità infantile è tremendamente alta per le bambine. La causa è
chiara: meno cibo, meno cure mediche, meno assistenza per le femmine!
Tra questa gente ci sono proverbi del tipo: “I maschi devono avere più cibo”, oppure “Non ha senso spendere soldi per
una bambina, tanto i frutti se li goderà un’altra famiglia”.
Pensate: su un campione di 8.000 aborti effettuati a Bombay, in India, 7.999 riguardavano feti di sesso femminile!
Si può rischiare la mutilazione sessuale ... se la bambina dovesse nascere in Somalia, in Sudan, o in tutta l’Africa
occidentale. Viene praticata prima della pubertà per un interpretazione balorda del Corano (in termini di pulizia e
purezza spirituale della donna). Tre tipi: taglio o incisione del clitoride, escissione totale (clitoridectomia), oppure
infibulazione (taglio praticamente di tutti i genitali esterni femminili e la loro chiusura attraverso una sutura che lascia
un foro solo per le fuoriuscite urinarie e mestruali). Ogni anno 2milioni di piccole vittime vanno ad aggiungersi ai
130milioni di donne che vi sono nel mondo. Il fenomeno è diffuso pure in paesi non tra i più arretrati, quali l’Egitto,
particolarmente nelle classi più povere. Recentemente alcuni genitori immigrati hanno portato la loro bambina nelle
nostre strutture sanitarie, reclamando quest’intervento. Inutile dire, lo sgomento dei medici italiani di turno.
Si può dire che siamo stati fortunati a non nascere in questi luoghi. In Italia al massimo una bambina può rischiare un
orecchio forato, oltre l’imposizione del battesimo cattolico. Successivamente, il fratellino avrà invidia della sorellina e
volontariamente si perforerà l’orecchio. Altre tradizioni, culture diverse.
Per intraprendere un lavoro di cura con i bambini è determinante approfondire e conoscere la nazionalità, le tradizioni,
la cultura, il contesto sociale e familiare: faciliterà il rapporto, stimolerà la comprensione dei metodi idonei al caso, ci
aiuterà a fasciare le ferite sia fisiche che nell’anima.
Sarebbe tragicomico, infatti, non considerare il contesto sociale e nazionale nelle nostre missioni per i bambini. Ci
comporteremmo come il papa in questa barzelletta. Almeno uno dei suoi numerosissimi viaggi, Papa Woityla vuole
dedicarlo ad una missione di beneficenza per i bambini del Ruanda. Fa preparare l’aereo personale del vaticano, e da
ordini di caricare la stiva interamente di giocattoli. Riempiono l’aereo con migliaia di giocattoli e partono. All’arrivo
Suor Belinda d’Alcontres l’attende con una folla di bambini che strillano. Non ci sono solo quelli della sua missione:
sono accorsi da tutti i villaggi vicini. Mentre scende, il papa fa cenno alla madre superiora di avvicinarsi e le dice
sussurrando all’orecchio: “Ho una sorpresa per questi bambini, ho l’aereo pieno di giocattoli. “Ma Sua Santità” - replica
balbettando l’anziana suora - “Sa, i bambini qui neanche mangiano”. “Come?! Non mangiano?! E allora dica loro che se
non mangiano... niente giocattoli!”.
4. La bibbia focalizza i due grandi nemici dell’infanzia: la rottura delle famiglie e il capitalismo spietato
I bambini, nella cultura ebraica, venivano considerati l’ultima ruota del carro. Gesù li ha presi e li ha messi come
ruota motrice. “Gli ultimi saranno i primi”, ripeté più volte. Il rivoluzionario Gesù ha sovvertito quest’ordine di valori
traviato dalla cultura mediorientale, riportando al centro della società i bambini (Mat18:2), mettendoli prima degli
anziani, al di sopra del capitalismo.
Osservando nella bibbia i due passi chiave dove Gesù esalta i bambini, in Matteo 18:2 e Matteo 19:14 tema della
conferenza, noteremo che ognuno di essi è inserito nel contesto di due argomenti sociali scottanti per i fanciulli. Una
specie di morsa che stritola i bambini nel mezzo. Nel primo caso la sequenza evangelica di Matteo riporta la questione
infanzia schiacciata dell’evasione fiscale sopra e sotto dagli strozzini. Nel secondo caso, in mezzo a due fuochi: il
divorzio e l’avidità del capitalismo, con in coda un modello d’equità salariale. Possiamo, quindi, leggere in chiave
sociale questa straordinaria coincidenza della sequenza biblica rivedendo i principali nemici dell’infanzia. Pura
coincidenza o straordinario progetto di un divino Architetto che ha saputo disegnare il testo biblico nei minimi
particolari? Se pensiamo che lo stesso contesto, con la medesima sequenza, viene riportato pure da Marco e da Luca,
che scrivono in tempi diversi a destinatari differenti, la seconda ipotesi diventa l’unica praticabile.
• Il contesto di Matteo 18:2
Con quale veemenza il Maestro si scaglia contro coloro che li scandalizzano (Mat 18:6). Poco prima aveva
parlato di coloro che scandalizzano gli innocenti non pagando i tributi (Mat17:27). Una lettura sociale del vangelo ci
farebbe vedere l’indirizzo dell’anatema di Cristo: sono gli sfruttatori dei bambini per fini commerciali e per evadere le
tasse, che dovrebbero mettersi una macina al collo! E poi giù, in Mat 18: 28-30, contro gli spietati creditori che
prendono i figli degli indebitati come pegno. Lavoratori che non costano nulla. Carne venduta per i vizi dei ricchi. Tanto
il debito era impossibile da saldare per il padre. Disprezzati, venduti come schiavi ai creditori spietati: per il lavoro duro
e noioso dell’industria tessile, per quello pericoloso nelle miniere, per il mercato della prostituzione sempre più esigente
di carne fresca di primo taglio.
“Guai al mondo per gli scandali”, dice il Cristo.
• Il contesto di Matteo 19:14
Anche il successivo passo in cui Gesù abilita l’accesso nel regno di Dio ai bambini, è posto tra due fuochi che
bruciano l’infanzia: il divorzio e il capitalismo.
Il tema della separazione e l'effetto devastante che ha sui figli, meriterebbe un argomento a parte. Non immaginiamo
nemmeno le sofferenze atroci di un bambino che vede spaccarsi la sua famiglia. La famiglia è un nido per il bambino,
come per il piccolo uccellino. Quando egli sente gli scricchiolii dei rametti che si separano l’uno dall’altro, incomincia a
temere per la sua vita: se si apre il nido, cadrà dall’albero, e lui è così piccolo che non ha imparato ancora a volare. I
figli che vivono il trauma della separazione dei genitori hanno gli stessi sintomi delle persone che vivono il terremoto:
panico, insicurezza, paure, desiderio di fuggire lontano. Lo stesso dicasi dei bambini che vivono in un contesto di
perenni litigi coniugali: è come se vivessero in una zona ad alta densità sismica.
La chiave di lettura è quella “durezza di cuore” che indusse Mosè a dare concessioni sul tema. E’ per la durezza di cuore
che non si considerano i figli in queste decisioni. E’ per la spietatezza poco prima aveva detto Gesù, che i creditori
strangolano i debitori. E’ per la durezza di cuore che si scandalizzano i bambini, che si preclude loro l’accesso al regno
di Dio, che si diventa avidi, che si sfruttano gli operai, continuerà la sequenza evangelica.
Il contrasto tra l’episodio della benedizione dei bambini (Matteo 19:14) ed il successivo del giovane ricco è a tinte forti:
in uno libera l’accesso a coloro che gli veniva proibito, i bambini, nell’altro chiude e sigilla l’accesso a coloro che
pensavano di averne pieno diritto: gli accumulatori di ricchezza.
Con la stessa veemenza con cui si era scagliato contro i generatori di scandali dei bambini, così attacca gli avari
Matteo 19:24 E ve lo ripeto: è piú facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di
Dio”.
I bambini no, possono entrare nel regno:
Matteo 19:14 Ma Gesú disse: “Lasciate i piccoli fanciulli venire a me, perché di tali è il regno dei cieli”.
Gesù è il Giustiziere dei deboli, dei miseri, degli orfani, degli oppressi, dei piccoli, degli ultimi: “Gli ultimi saranno i
primi”, ripete Gesù più volte nelle due storie successive. Coloro che i ricchi consideravano sulla terra gli ultimi, saranno
i primi nel cielo, e Gesù, nel cielo, inizierà a pagare i lavoratori della terra cominciando dagli ultimi in maniera equa,
senza distinzione (Matteo 19:30, 20:8).
Il capitalismo sfrutta gli operai bambini (Mat20:8). Essi sono ossigeno per mantenere la concorrenza, per restare
competitivi nel mercato. Per l’avidità, per la durezza delle leggi del mercato (un po’ come la durezza delle legge sul
divorzio: insopportabile perché i nostri interessi personali superavano quelli dei bambini) che non conoscono regole, i
mini-operai vengono pagati meno del dovuto, per ultimi. La parabola successiva al giovane ricco, infatti, tratta
dell’equità del datore di lavoro che paga tutti alla stessa maniera, grandi e piccoli, cominciando dagli ultimi.
Il problema dello sfruttamento dei minori, infatti, nasce dalla miseria. Nel mondo non ci dovrebbero essere
poveri se si attuasse il principio d’eguaglianza descritto da Paolo in 2Cor 8:14.
14 ma solo seguire un criterio di uguaglianza; che al presente la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza,
affinché anche la loro abbondanza sia impiegata a supplire alla vostra indigenza, perché vi sia uguaglianza,
15 secondo quel che sta scritto: “Chi ne aveva raccolto molto, non ne ebbe di piú, e chi poco, non ne ebbe di meno”.
Ma rimane solo utopia. Perché utopia? Primo per la malvagità dell’uomo. Secondo perché Dio non volendo privare
nessuno della benedizione del dare, ha promesso che ce ne avrebbe dato l’opportunità in ogni generazione, in ogni
momento: “I poveri li avrete sempre con voi”. Ma aver costruito delle dighe per fermare il fiume della benedizione nei
nostri bacini artificiali, quel giorno risulterà a nostro giudizio.
E’ sbagliata una teologia del tipo: “Grazie, Signore per come abbondi la nostra famiglia. Provvedi anche per quelli che
non ne hanno”. Dio ti ha messo sulla terra, in una posizione benedetta, affinché potessi distribuire il surplus delle tue
entrate a quelli che non ne hanno. Non ha forse insegnato Gesù di pregare per il sufficiente quotidiano? Se ci
appropriamo indebitamente della benedizione in eccedenza, conservandola in granai, sapete bene quale sarà la nostra
fine: quella dello stolto (Luca 12:20).
Non possiamo vedere le scene girate in Niger di bambini straziati dalla fame e dire: “Dio, perché lo permetti?”. Non si
può incolpare Dio, perché Lui ha già versato sul mondo benedizioni a sufficienza per tutti. Che colpa ne ha Dio se
qualche furbacchione che abita in cima alla montagna si è costruito delle dighe per raccogliere nei bacini personali
l’acqua piovana impedendole di scorrere in basso nelle zone più depresse? Se abiti in un palazzo molto alto, ed hai il
problema che non arriva acqua a casa tua, prova a chiederne la ragione al capocondomine? Ti risponderà: “E io che
c’entro? Il Comune, è colpa sua ... mandano un’ora al giorno d’acqua”. Poi scopri che ha nascosto nel sotterraneo di
casa sua una minicisterna di 300 mc3 con 3 motori aspiranti da 15 CV, e capisci perché non arriva mai acqua negli ultimi
piani! E’ sempre colpa del Comune, dello Stato, del Governo, della Chiesa, di Dio. Mai nostra. Il problema non era nella
quantità d’acqua fornita, ma nella distribuzione iniqua a vantaggio dei più furbi, a danno dei più deboli: quelli degli
ultimi piani.
6. Un mondo spaccato in due, tra bambini ricchi e bambini poveri
Esiste un mondo diviso tra est e ovest, tra nord e sud. Tra l’Asia e l’America, tra l’Europa e l’Africa, tra il Nord
Italia e il Sud dell’Italia. Tra benedetti e maledetti, tra ricchi (a spese di altri) e poveri (a vantaggio di quelli).
Il gap economico è voluto dai governi e creato dalle grandi holding economiche per avere bacini di manodopera a costo
zero, materie prime a basso costo, potenziali utenti per riciclare merce fuori produzione. E’ possibile ammirare lo
splendore dell’oro occidentale se l’oriente non rimanesse in una sorta di camera oscura? Lo sfavillio del Nord potrebbe
brillare senza il prezzo della povertà del Sud? No. Per usare un affermazione catalanica: non ci sarebbero padroni al
mondo se non ci fossero più schiavi, non esisterebbero più bambini obesi se non ci fossero più quelli denutriti.
Una rivista economica ha calcolato che basterebbe soltanto il guadagno del settimo uomo nella graduatoria dei più ricchi
del mondo, per sfamare tutti i bambini dell’impero cinese. Il consumismo occidentale è a prezzo della fame orientale. La
rinuncia del terzo telefonino nelle nostre famiglie, potrebbe ridare la vita a diversi bambini che muoiono di fame.
Il debito estero costituisce il nodo scorsoio dei paesi ricchi su quelli poveri. Ad esempio ci sono le leggi sui minori, ma i
governi non le applicano perché altrimenti le industrie americane se ne vanno, infossando il paese. Sono le regole di
Mammona: chi paga le conseguenze dell’imperialismo economico, della dura legge del mercato, sono sempre gli ultimi
della società, i bambini.
Quest’anno, in un luogo imprecisato, una madre darà alla luce un bambino molto speciale: sarà il seimiliardesimo
abitante del pianeta. Ma questo bambino - ha ricordato il Direttore Generale dell’Unicef, Carol Bellamy - ha 3
probabilità su 10 di nascere estremamente povero e 4 su 10 di crescere in povertà. Infatti, metà dei poveri nel mondo
sono bambini! Un bambino su 3 che nasce in paesi come il Niger e la Sierra Leone muore prima di raggiungere 5
anni”.
C’è un mondo spaccato tra bambini affamati ed obesi. Così mentre vedi da questa parte dieci bambini che assalgono la
madre sperando di succhiarle qualcosa dalle mammelle deperite e questa scappa perché sono vuote e non sopporta il
dolore sia fisico che morale, dalla parte opposta c’è la mamma che insegue il suo unico bambino che non ha finito di
mangiare la terza cotoletta e gliela deve comprimere a forza nello stomaco infilandogli la forchetta nell’esofago.
Dicotomie della vita.
Il capitalismo è la massima manifestazione dell’avidità, il trionfo dell’egoismo, il contrario della solidarietà. La
risposta è il vangelo della solidarietà. Solidarietà, dal latino solidum, significa “rendere compatto, saldare, massiccio”, e
in senso traslato “intero, pieno, compiuto, duraturo, incrollabile, vero, reale”. Unire lo spirito e la materia, il parlato e la
pratica, il forte e il debole, il primo con l’ultimo, secondo quel principio utopico d’uguaglianza di Paolo in 1Cor 12:8
Giacomo 5:1 E ora a voi ricchi: piangete e urlate per le sciagure che stanno per cadervi addosso.
Le vostre ricchezze sono marcite e i vostri vestiti sono rosi dalle tarme.
Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e divorerà le
vostre carni come un fuoco; avete accumulato tesori negli ultimi giorni.
Ecco, il salario da voi defraudato agli operai che hanno mietuto i vostri campi grida, e le grida di coloro che hanno
mietuto sono giunte agli orecchi del Signore degli eserciti.
Sulla terra siete vissuti nelle delizie e morbidezze, avete pasciuto i vostri cuori come per il giorno della strage
L’apostolo Giacomo lancia il suo anatema contro i ricchi oppressori, avidi, sfruttatori degli operai, sciacalli dei bambini.
Scusate, ma non posso imbonire la pillola più di tanto, né addolcire il taglio della spada apostolica. Perché gli è costata
la testa. Perché non taglierebbe il male alla radice.
• L’altra faccia dell’infanzia
L’altra metà del mondo dell’infanzia, quella dei bambini opulenti e viziati, non è in condizioni molto migliori di
questa .... solo che i problemi sono diversi: l’obesità, la noia, la tristezza, il senso d’inutilità scatenano impulsi di
malvagità recognita. Hanno tutto, sono stufi dei soliti insegnamenti, sono stanchi della stessa scuola, dei soliti regali di
papà. Vogliono cose nuove, emozioni forti, mai provate. Non cose da bambocci. Si scatena allora la smania degli sport
estremi, la fregola di provare perversioni animalesche, la brama di sfogare la rabbia repressa dentro ognuno di loro.
Sono i nuovi teen-ager che ha prodotto il capitalismo: quelli che muoiono lanciandosi con un elastico da 50 metri, o
sfidando un torrente in piena con una canoa, che provano l’ecstasy per fare qualcosa per non addormentarsi, che
lanciano sassi da un cavalcavia per vedere qualcuno morire in un incidente dal vivo e non da un film come hanno fatto
finora, che violentano una ragazza per provare l’amore di gruppo, che scappano dal posto di blocco per vedere se i
poliziotti son capaci di prenderli, che rubano per sport, che stufi delle pistole ad acqua vogliono sparare con quelle vere,
che ammazzano per scacciare la noia mortale, che fanno a botte all’uscita dello stadio per colmare la perdita della
propria squadra e finire in parità, che sfidano la morte correndo a tutta velocità all’uscita della discoteca il sabato sera.
Le nuove bande giovanili con le loro scorribande notturne in cui scatenano i loro impulsi repressi, il crescendo della
violenza gratuita dei bambini con i loro coetanei, il diffondersi delle armi da fuoco all’interno delle scuole hanno
determinato la dura reazione dei sindaci di trecento città negli USA. “Zero tolerance”, (Tolleranza zero) - ha detto il
sindaco Giuliani di New York - vale a dire coprifuoco dopo le 23: qualunque ragazzo sotto i 17 anni si trovi per strada
viene arrestato, condannato a scontare 25ore di lavori socialmente utili (pulire le strade, raccogliere carte nei giardini,
accudire gli anziani) e il genitore multato con 900mila lire circa. E in America le leggi le fanno rispettare con un ampio
dispiego di forze dell’ordine: ci sono decine e decine di pattuglie di poliziotti che perlustrano notte per notte ognuna di
queste città a caccia di giovani disubbidienti.
In Italia, noi pensiamo: “Only in America”, i nostri figli sono più saggi. “Mia figlia può restare fuori tutta la notte,
perché ho piena fiducia in lei. Conosco bene la sua integrità”, disse una volta un padre. Non sapeva che oltre a lui, tutto
il rione aveva già avuto il piacere di conoscerla. “I nostri figli sono evangelici, tutti della stessa comunità, non fanno
nulla di male se escono in comitiva la notte”.
Vi ricordate la notizia di quei quattro ragazzi di un piccolo centro che assassinarono un coetaneo a pugni e calci nel
fegato. Scioccante è stata la risposta serafica di uno di questi dodicenni: “Volevamo solo dargli una lezione perché
aveva disturbato una nostra ragazza. Non volevamo fargli male”. Ammazza della lezione. Se la ricorderà nell’aldilà.
Stiamo parlando di fatti italiani dove c’è la politica della “tolleranza cento”!
Isaia 3:5 Il popolo sarà oppresso, l'uno dall'altro, e ognuno dal suo prossimo; il fanciullo sarà insolente verso il
vecchio, lo spregevole verso l'uomo onorato.
7. La tragedia dell’infanzia: fame, prostituzione minorile, sfruttamento nel lavoro, nella guerra, nella malavita
Lamentazioni 5:10 La nostra pelle si è riscaldata come un forno per l'ardore della fame.
11 Hanno violentato le donne in Sion, le vergini nelle città di Giuda.
...
13 I giovani sono stati messi a macinare, i ragazzi sono caduti sotto il carico delle legna.
...
C’è un infanzia infelice. Quella che fa piangere Dio, quella che produrrà i bestemmiatori di domani, quella dei
bambini che gridano: “Dio, perché mi hai messo in questo mondo schifoso?”, maledicendo il giorno in cui sono nati.
L’altra faccia dell’infanzia, quella nera, orribile, di fronte alla quale tutti si chiudono gli occhi con un brivido che
vogliono presto dimenticare (“Uh, non posso vederle queste cose”), si turano le orecchie (“Non farle sentire al nostro
bambino potrebbe spaventarsi la notte”), e si tappano la bocca perché non sanno cosa dire (“non hanno alcuna scusa
per il loro peccato”).
Il mondo è così: fa finta di non vedere gli affamati, le stragi d’innocenti, evade i funerali e scappa dagli ospedali, cerca
perennemente tutti i luoghi di festa. Fugge la tristezza per tutta la vita. La teme, la evita, almeno finché ci riesce. Sa che
quando l’incontrerà se la porterà addosso per tutta l’eternità.
Quella di 3 bambini su 10 che muoiono di fame prima di aver compiuto il 5° anno di vita, quella dei 12milioni di
bambini al di sotto dei 5 anni che muoiono senza ragione, per malattie infantili facilmente curabili in un paese evoluto,
quella dei 130milioni di bambini che non frequentano la scuola, quella dei 250milioni che lavorano a rischio, quella di 4
bambini su 10 che ha difficoltà nella crescita e nello sviluppo, quella dei 300mila soldati-bambini coinvolti in guerre,
quella dei 2milioni di bambini che ogni anno subiscono mutilazioni sessuali, quella dei 1.600 bambini che ogni giorno
muoiono per AIDS.
• Vittime della prostituzione
Vi sono particolari mezzani, mercanti di carne umana, che da anni battono le campagne thailandesi alla ricerca
di bambine da avviare alla prostituzione nei locali a luci rosse di Bangkok, di Pattaya e delle altre località turistiche
della Thailandia. Perché c'è un turismo speciale, che viene da quelle parti a cercare proprio loro, le bambine e i bambini
schiavi dei trafficanti del sesso. Sono 800.000, secondo alcune stime recenti, i minori vittime della prostituzione in
Thailandia, e fra i loro clienti sono molti gli europei (anche italiani). E il prezzo che i bambini pagano è altissimo:
devastati nel corpo e nell'anima dalle violenze subite, quasi mai riescono a tornare a casa. I centri di recupero creati
dall'UNICEF e da vari organismi per salvare le piccole vittime della prostituzione devono accogliere un numero
crescente di bambini, sottratti allo sfruttamento ma privi d’alternative di vita.
Oltre al problema del recupero psicologico, e del reinserimento nella vita sociale, insegnando un lavoro a questi
ragazzi e ragazze, facendoli tornare a scuola, l'UNICEF deve affrontare un'emergenza sanitaria gravissima, quella
dell'AIDS. Nell'anno 2000 quattro thailandesi su cento saranno sieropositivi. E fra loro, moltissimi sono bambini,
vittime dirette della prostituzione ma anche piccoli figli di giovanissime prostitute, condannati ad una breve vita: da qui
al 2000 si stima che saranno 40.000 l'anno i nuovi casi d’infezione nei bambini, e che ogni anno moriranno d’AIDS
20.000 bambini. Accogliere questi piccoli, dare loro un tetto, garantire serenità e affetto per la breve vita che li attende è
un compito straziante ma fondamentale, per l'UNICEF e per i medici thailandesi che li assistono.
Il problema non riguarda solo la Thailandia: in India si stimano in mezzo milione le piccole prostitute, in
Brasile, in Sri Lanka e in molti altri paesi la situazione è gravissima. Ogni anno, nel mondo, sono milioni i bambini
costretti a prostituirsi o ad alimentare l'industria pornografica. Tra questi anche bambini e bambine di città come New
York, Sidney, Parigi o Amsterdam. E questi abusi sono ''in allarmante e rapida progressione in tutto il mondo'', secondo
il rapporto della Commissione ONU per i diritti umani sulla "vendita dei bambini, la prostituzione e la pornografia
infantile".
Il pericolo pedofilia non è qualcosa lontano dai nostri paesi. Come le recenti cronache dimostrano tocca pesantemente
l’Europa, il Belgio, e finanche Palermo. Ricordate quel bar in Via Roma, dove hanno scoperto una sala di registrazione
di video con bambini nel retrobottega?
• Schiavi dei giochi. Degli altri.
Quanti sono? In India 44milioni, in Nigeria 12, in Pakistan 8 (edilizia e lavori vari), e poi maggiormente nel Bangladesh
(industria tessile), in Nepal (lavori pesanti soprattutto bambine), Thainlandia (articoli d’esportazione), nelle Filippine
2,2 milioni, nel Brasile 7milioni.
Lavorano in condizioni malsane e con orari impossibili per un adulto. Hanno smesso di giocare, non vanno più a scuola.
Nell’articolo pubblicato sul n.9 dell’Ultima Pioggia dello scorso anno, Cristina Ruozi della sede romana dell’UNICEF
ci aveva concesso la foto della campagna contro lo sfruttamento minorile.... Un bambino che ...
Come milioni di suo coetanei lavorano anche 12 ore al giorno per cucire a mano palloni di cuoio da calcio e da rugby o
scarpe da ginnastica: per il nostro sport, per il nostro tempo libero. - conclude la didascalia della foto - 250milioni di
bambini che lavorano non sono solo un dato statistico: sono milioni di facce, di storie, di vite reali.
Per sfatare il pregiudizio che la piaga riguardi solo i paesi arretrati basti pensare che negli Stati Uniti lavorano
5milioni e mezzo di norme in barba a tutte le norme. Ma non è necessario andare così lontano per vedere queste scene:
basta aprire la porta di casa nostra per vedere il garzone di dieci anni che porta la spesa, il cantiere che lo utilizza per
pulire le betoniere, il venditore ambulante che lo utilizza come mezzo di trasporto, il posteggiatore padre che affida una
zona al figlio di cinque, i ragazzi più grandi che sfruttano i bambini più piccoli come distributori di eroina, lo zingarello
(non è il dizionario) che infila le piccole mani da uno spiraglio del finestrino sopra il tuo volante. Se domani dovreste
vederne uno al semaforo con le mani ustionate, provate a chiedergli cosa gli hanno fatto! E questo non lontano da noi: al
campo ROM di Via Messina Marine. Vi siete mai chiesti perché questi bambini ROM questuano fino a tardi senza
fermarsi un attimo? Un bambino normale dopo aver raccolto le prime 5.000 lire, lo troveresti con un panino in mano o
con la bocca piena di caramelle o in un sala giochi. E invece loro rimangono lì, fino a sera, per raccogliere uno spicciolo
in più... degli altri. Perché?
Sono comodi i bambini per certi lavori manuali, con le loro piccole mani. Veloci, imparano presto, sono facili da punire,
puoi picchiarli e non ti denunciano, non si associano in sindacati, puoi persino legarli sul posto di lavoro ... E non paghi
nemmeno i contributi! Con un pasto hai risolto il problema di due operai. Non hanno molte pretese, con una caramella li
puoi persino premiare, convincerli a vendere il loro corpo, e poi ti portano pure i soldi per intero perché non hanno il
senso del denaro, non sanno che farsene. Sono comodi, riesci ad infilarli in una betoniera per pulirla, come uno
spazzolone umano. Riesce ad infilarli nel buco ristretto di una miniera, come una sonda esploratrice. Sono più redditizi
come posteggiatore o come questuanti al semaforo perché commuovono la gente. Sono persino comodi per traffici
illegali: se la polizia li prende, non può fargli nulla. Al massimo può tenerli una sera in prigione, per spaventarli. Ma
dopo la prima volta, si abituano anche a questo.
• Bambini soldato
Sono più di 300mila i ragazzi attualmente usati nel mondo come soldati. Obiettivo privilegiato del nemico, trattati con
brutalità dai soldati, spesso seviziati, puniti severamente per i loro errori. Sono però comodi, è più facile che attraversino
i campi minati, perché sono leggeri: se poi gli salterà una gamba in aria, pazienza ... Avanti un altro.
I
l tiranno di questi bambini si chiama fame. Regna per la miseria delle loro famiglie, colpa della povertà del loro
paese, a sua volta vittima dell’egoismo planetario.
Costretti a lavorare anche dieci ore al giorno per l’industria estera a soli 4 o 5 anni. Hanno perso il desiderio di giocare,
per i giochi degli altri. Costretti a vendere la loro verginità per saldare i debiti dei genitori. Costretti a vendere i loro
corpi per i piaceri dei ricchi e perversi turisti occidentali. Costretti a vendere i loro giovani organi per il trapianto del
vecchio e malato magnate europeo.
“Non si può dire lascia che sia” - dice una famosa canzone italiana - “per le scene che vedi in TV perché sarebbe anche
colpa tua”. Che hai chiuso gli occhi, che hai fatto finta di non vedere. Come quel ricco che per tutta la vita non si
accorse del povero Lazzaro seduto sulle scale di casa propria. Passava e ripassava di lì, ma i suoi occhi erano rivolti a
quelli dei piani alti. Poi, in cielo, nonostante la distanza enorme, aprì gli occhi su Lazzaro, cercò la sua amicizia, i suoi
favori... Troppo tardi.
Non possiamo dire sono realtà distanti da noi: oggi il 93% dei bambini nasce nel Terzo Mondo. Per il 2025 saranno
l’84% di tutta la popolazione mondiale. L’ONU mette in guardia sul fatto che le migrazioni future supereranno quelle
che hanno portato alla creazione degli Stati Uniti, del Canada, dell’Australia. L’assalto dei diseredati e degli affamati
alle pingui roccaforti del Nord è già cominciato.
L’invasione degli immigrati, la pressione dei profughi (pensate a quelli albanesi, è solo un inizio!) diventerà sempre più
incontenibile...sarà difficile custodire le nostre proprietà, i nostri territori, le nostre case. Se non li aiutiamo oggi, domani
ci divoreranno ridisegnando quelle scene apocalittiche di cannibalismo.
Lamentazioni 2:20 “Guarda, o Eterno, e considera. Chi hai trattato in questo modo? Dovevano le donne mangiare il
frutto del loro grembo i bambini che accarezzavano? Dovevano il sacerdote e il profeta essere massacrati nel santuario
del Signore?
...
Lamentazioni 4:10 Le mani delle donne pietose hanno fatto cuocere i loro stessi bambini, son serviti loro di cibo
8. Quattro storie di bambini: due raccolte dall’UNICEF nel mondo e due da me a Palermo
• Fongkam Panya ha un viso largo e sorride, seduta accanto ai figli (due bellissime ragazzine e un maschio più
piccolo) sulla soglia della sua casa fatta di legno e stuoie di canna. Siamo a Dok Kaam Tai, nell'interno della
Thailandia; zona di contadini poveri, pochi campi e un po' di artigianato tradizionale come unica fonte di reddito.
"Quelli vengono ogni due-tre mesi - dice Fongkam con voce ferma e tranquilla, mentre il marito annuisce - con i
loro fuoristrada e gli orologi d'oro al polso, sempre facce diverse, sempre lo stesso discorso. Mi chiedono se voglio
vendergli le mie figlie, dicono che le porteranno in città a lavorare, che guadagneranno bene. Offrono molti soldi in
anticipo, centinaia di migliaia di baht - e farebbero comodo, per aggiustare il tetto e fare qualche lavoro. Ma io gli
ho sempre detto di no - quei soldi non ci cambierebbero la vita. Vedi i vicini, la casa qui di fronte? ne hanno
vendute tre, di figlie, a 30.000 baht l'una. Ma loro continuano a essere poveri, i soldi sono finiti subito. E le
ragazze, non si sono più viste. Una aveva 11 anni appena. Io lo so che lavoro vanno a fare in città, è disgustoso.
No, non c'è prezzo per questo, preferisco avere tutta la famiglia qui con me, vedere le bambine crescere. Ho
mandato la più grande a lavorare alla pompa di benzina qui vicino, guadagna solo 1.500 baht al mese, ma può
continuare ad andare a scuola."
• Marco, invece dice che ha dieci anni ma a guardarlo ne avrò per lo meno la metà. Forse, vuole sentirsi grande per
incutere nel prossimo una forma di rispetto, oppure ogni anno che passa così gli pesa il doppio. Un enorme cappello
da ferroviere che gli copre la testa e la fronte intera, fermato solo dalle orecchie. Un paio d’occhiali celesti, più
larghi del suo viso, con dei vetri spessi come un fondo di bottiglia completano la figura di questo comico miniposteggiatore.
Passate da poco le 21, esco dal reparto di ostetricia dopo aver fatto una visita ad una sorella. Fa buio. Mi viene incontro
questo bambino, più o meno cinquanta centimetri, con dei pantaloni di sessanta. «Come ti chiami? Marco. Vai a
scuola? Sì, a Cruillas. E ti piace andare a scuola. Sì, molto. Peccato però che mi addormento sul banco. Certo, se
rimani la notte qui come puoi stare sveglio in classe? A che ora vai a letto? Quando se ne vanno le macchine, a
mezzanotte. Perché non vai a dormire ora? Mio padre non vuole. Ciao. Ciao». Vado via, e mi chiama: “E i soldi?”
Non siamo in Pakistan, ma in un ospedale di Palermo.
• Anni fa mi hanno portato in un sobborgo di Palermo ed ho visto tre o quattro ragazzini con dei pacchetti di sigarette
in mano, ben in vista. Ad un tratto, sono arrivati alcuni motorini e qualche auto, che li hanno accerchiati. I bambini
hanno offerto una sigaretta ad ognuno. Poi hanno preso in cambio dei soldi e sono corsi felici verso il caseggiato
vicino.
Non erano sigarette. Erano bustine di droga. Per la loro impunibilità, venivano usati come distributori di eroina.
Siamo a Palermo, non in India.
• IQBAL MASIH: UN BAMBINO CORAGGIOSO (di Patrizia Paternò)
Era nato nel 1983 Iqbal Masih e aveva quattro anni quando suo padre decise di venderlo come schiavo a un fabbricante
di tappeti. Per 12 dollari.
E' l'inizio di una schiavitù senza fine: gli interessi del "prestito" ottenuto in cambio del lavoro del bambino non faranno
che accrescere il debito.
Picchiato, sgridato e incatenato al suo telaio, Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno. E' uno dei tanti
bambini che tessono tappeti in Pakistan; le loro piccole mani sono abili e veloci, i loro salari ridicoli, e poi i bambini
non protestano e possono essere puniti più facilmente.
Un giorno del 1992 Iqbal e altri bambini escono di nascosto dalla fabbrica di tappeti per assistere alla celebrazione della
giornata della libertà organizzata dal Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF). Forse per la prima volta
Iqbal sente parlare di diritti e dei bambini che vivono in condizione di schiavitù. Proprio come lui. Spontaneamente
decide di raccontare la sua storia: il suo improvvisato discorso fa scalpore e nei giorni successivi viene pubblicato dai
giornali locali.
Iqbal decide anche che non vuole tornare a lavorare in fabbrica e un avvocato del BLLF lo aiuta a preparare una lettera
di "dimissioni" da presentare al suo ex padrone. Durante la manifestazione Iqbal conosce Eshan Ullah Khan, leader del
BLLF, il sindacalista che rappresenterà la sua guida verso una nuova vita in difesa dei diritti dei bambini. Così Iqbal
comincia a raccontare la sua storia sui teleschermi di tutto il mondo, diventa simbolo e portavoce del dramma dei
bambini lavoratori nei convegni, prima nei paesi asiatici, poi a Stoccolma e a Boston: “Da grande voglio diventare
avvocato e lottare perché i bambini non lavorino troppo”. Iqbal ricomincia a studiare senza interrompere il suo impegno
di piccolo sindacalista.
Ma la storia della sua libertà è breve. Il 16 aprile 1995 gli sparano a bruciapelo mentre corre in bicicletta nella sua città
natale Muridke, con i suoi cugini Liaqat e Faryad. “Un complotto della mafia dei tappeti” dirà Ullah Khan subito dopo il
suo assassinio. Qualcuno si era sentito minacciato dall'attivismo di Iqbal, la polizia fu accusata di collusione con gli
assassini. Di fatto molti dettagli di quella tragica domenica sono rimasti poco chiari.
Con i 15 mila dollari del Premio Reebok per la Gioventù in Azione ricevuti nel dicembre '94 a Boston, Iqbal voleva
costruire una scuola perché i bambini schiavi potessero ricominciare a studiare...