Non basta la dicitura in fattura per definire una “caparra confirmatoria”

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Non basta la dicitura in fattura per definire una “caparra confirmatoria”
FISCO
Non basta la dicitura in fattura per definire
una “caparra confirmatoria”
L’esame sulla corretta qualificazione in caparra o acconto delle somme versate prima
della compravendita è basata sulla volontà delle parti
/ Anita MAURO
Al fine di qualificare come “caparra confirmatoria” la somma versata prima della conclusione del contratto definitivo,
non è sufficiente la fattura che rechi tale intestazione, atteso
che l’esame della natura delle somme versate prima della
conclusione della compravendita deve essere fondata sulla
ricostruzione della volontà delle parti, come manifestata nel
contratto preliminare. Questo è il principio enunciato dalla
Corte di Cassazione, nella sentenza n. 5982 di ieri, 14 marzo
2014.
La qualificazione delle somme versate dal futuro acquirente,
in sede di stipula del contratto preliminare o, comunque, prima della stipula del contratto definitivo di compravendita
immobiliare può avere importanti risvolti in campo fiscale.
Infatti, atteso che la caparra confirmatoria è (ex art. 1385
c.c.) una somma che viene consegnata alla controparte per
garantire l’adempimento del contratto, essa ha natura risarcitoria e sfugge, quindi, dal campo di applicazione dell’IVA,
risultando, invece, soggetta ad imposta di registro proporzionale (con l’aliquota dello 0,50% ex art. 6 della Tariffa,
parte I, allegata al DPR 131/86).
Invece, gli acconti relativi a contratti immobiliari “soggetti
ad IVA”, configurando un “anticipo”, del corrispettivo, risultano assoggettati al tributo sul valore aggiunto al momento del pagamento, limitatamente all’importo a ciò destinato.
La corretta qualificazione, quindi, implica una diversa tassazione delle somme.
Nel caso di specie, in particolare, l’Agenzia delle Entrate
aveva qualificato alcune somme come corrisposte a titolo di
caparra confirmatoria, ritenendole, quindi, escluse dal campo di applicazione dell’IVA, mentre i contribuenti ne sostenevano la natura di acconti, con il conseguente assoggettamento ad IVA (e le relative conseguenze in relazione alla detrazione).
La Corte di Cassazione censura la decisione delle
Commissioni, ritenendo che non sia condivisibile la
qualificazione delle somme come caparra confirmatoria.
/ EUTEKNEINFO / SABATO, 15 MARZO 2014
In particolare, la Corte giunge a tale conclusione sulla base
di tre considerazioni.
In primo luogo, la Corte ricorda che la corretta qualificazione delle somme corrisposte prima del contratto definitivo
non può limitarsi all’esame della dizione recata dalla fattura,
ma deve essere effettuata, dall’interprete, mediante la ricostruzione della volontà delle parti, come manifestata nel
contratto. Pertanto, anche le somme formalmente qualificate
come “caparra confirmatoria” possono essere assoggettate
ad IVA ove l’interprete accerti, sulla base di elementi
intrinseci ed estrinseci al contratto preliminare, che la
volontà delle parti era, invece, rivolta ad anticipare il prezzo
di acquisto del bene.
Nel caso di specie – rileva la Corte – la fattura recante la dizione “caparra confirmatoria” (che era il solo elemento fondante la qualificazione promossa dall’Agenzia delle Entrate
e avallata dalle Commissioni tributarie) era stata, poi, spontaneamente sostituita da un’altra fattura recante la corretta
intestazione di “acconto”. Tale elemento, secondo la Corte,
non avrebbe dovuto essere ignorato, nell’ambito dell’esame
volto a ricostruire la volontà delle parti, anche perché, dal
contratto preliminare, non risultava alcuna pattuizione
concernente una caparra confirmatoria, mentre risultava la
volontà di dilazionare nel tempo il pagamento.
In casi di dubbia interpretazione, le somme si qualificano
come “acconti”
Infine, la Corte ricorda l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 28697/2005), secondo
cui, in presenza di dubbi sulla corretta interpretazione della
volontà delle parti, le somme versate anteriormente alla
stipula del definitivo di compravendita devono ritenersi
corrisposte a titolo di anticipo o di acconto e non a titolo di
caparra.