La nostra Rassegna Stampa
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La nostra Rassegna Stampa Marzo 2016 SOMMARIO I. NEWS .................................................................................................. 2 Tutela piena per l’infortunio in itinere in bicicletta ................................................................. 2 Maternità in favore delle lavoratrici iscritte alla gestione separata: istruzioni operative......... 2 Apprendistato più conveniente nel 2016 ................................................................................ 5 Inps, precisazione sul congedo parentale ad ore .................................................................... 7 Istruzioni Inps per la depenalizzazione del reato di omesso versamento di ritenute previdenziali .......................................................................................................................... 7 II. SENTENZE ........................................................................................... 9 Lavoratori trasfertisti: gli emolumenti concorrono a formare reddito previdenziale al 50% ...9 Apprendisti e minori: obblighi di certificazione sanitaria ancora vigenti.................................9 Niente multa o sospensione se non si lavora di domenica ......................................................9 ANCORA SENTENZE PARADOSSALI?!! .............................................................................. 10 Malato al lavoro, la sera sul palco: assolto l’autista-cantante dell’Atac................................. 10 III. SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO DI LAVORO ........................................ 11 Dal 1° marzo al via il superbonus tirocinanti ......................................................................... 11 Premi di produttività a maglie larghe ................................................................................... 12 Trattamento fiscale lavoratore dipendente estero ............................................................... 12 Compensazione per eccedenze dei versamenti di ritenute da lavoro dipendente ................ 13 Decesso del titolare e permessi al dipendente ..................................................................... 14 Enti no profit, voucher fino al tetto di 9.333 euro.................................................................. 14 IV. APPROFONDIMENTI ........................................................................... 16 La contribuzione 2016 alla Gestione IVS artigiani e commercianti ....................................... 16 Infortuni sul lavoro: abolizione del registro infortuni e altre novità ...................................... 18 Ispezioni in materia di lavoro: sistema sanzionatorio e strumenti di difesa del datore di lavoro ............................................................................................................................................ 20 LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 1 NEWS Tutela piena per l’infortunio in itinere in bicicletta L’art.5, co.4 e 5, L. n.221/15, recante “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali”, pubblicata sulla G.U. n.13 del 18 gennaio 2016 e in vigore dal 2 febbraio 2016, ha stabilito che i lavoratori che si infortunano recandosi al lavoro in bicicletta beneficiano della tutela piena anche qualora non si avvalgano di piste ciclabili. Infatti, l’art.5, co.4 e 5, L. n.221/15, modifica gli artt.2 e 210, T.U. n.1124/65, introducendo un nuovo comma: “L'uso del velocipede, come definito ai sensi dell'articolo 50 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, deve, per i positivi riflessi ambientali, intendersi sempre necessitato”. Pertanto non è più necessario che, ai fini dell’indennizzabilità dell’evento occorso in bicicletta, debba essere verificata la sussistenza di mezzi pubblici, la possibilità di effettuare il percorso a piedi e la presenza di pista ciclabile. Ovviamente, affinché l’infortunio sia indennizzabile, devono sussistere le condizioni generali per l’infortunio in itinere. Maternità in favore delle lavoratrici iscritte alla gestione separata: istruzioni operative L’INPS fornisce istruzioni amministrative in merito alla tutela della maternità in favore delle lavoratrici iscritte alla Gestione separata Con la circolare n.42 del 26 febbraio 2016, l’INPS fornisce istruzioni amministrative ed operative in materia di: indennità di maternità/paternità, in favore delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti alla Gestione separata, genitori adottivi o affidatari, per un periodo di astensione di 5 mesi; diritto all’indennità di congedo di maternità/paternità in favore delle lavoratrici e dei lavoratori “parasubordinati” iscritti alla Gestione separata nei casi in cui il committente o l’associante in partecipazione non abbia effettuato il versamento dei contributi dovuti. Ricordiamo che il decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015, attuativo dell’art. 1, commi 8 e 9 della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, c.d. Jobs Act, ha apportato modifiche al T.U. maternità/paternità (decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001) con riferimento, tra l’altro, alle disposizioni relative alle lavoratrici ed ai lavoratori iscritti alla Gestione separata. In particolare, l’art. 13 del citato decreto legislativo n. 80 ha introdotto nel T.U. citato gli artt. 64 bis e 64 ter in materia, rispettivamente, di adozione/affidamenti e di “automaticità” delle prestazioni. Le misure previste dalle menzionate disposizioni sono state introdotte a carattere sperimentale, per le giornate di astensione riconosciute nell’anno 2015 (art. 26 del decreto legislativo n. 80/2015); per effetto del decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 148 le nuove disposizioni trovano applicazione anche per gli anni successivi, salve eventuali rideterminazioni dei benefici da parte dei Ministeri vigilanti. 1. Diritto all’indennità per un periodo di 5 mesi in caso di adozione e affidamenti preadottivi Il nuovo art. 64 bis del T.U. è così formulato: “In caso di adozione, nazionale o internazionale, alle lavoratrici di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritte ad altre forme obbligatorie, spetta, sulla base di idonea documentazione, un’indennità per i cinque mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia, alle condizioni e secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato ai sensi dell’articolo 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 2 La disposizione in esame – che interessa la generalità delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti alla Gestione separata Inps, sia parasubordinati che liberi professionisti – non comporta variazioni sulle tutele già in atto in quanto si limita ad armonizzare, nell’ambito delle disposizioni del T.U. maternità/paternità, il disposto della sentenza della Corte Costituzionale n. 257 del 19 novembre 2012, per effetto del quale il periodo indennizzabile per maternità è stato esteso da 3 a 5 mesi. 2. Diritto alle indennità di maternità/paternità in caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente o associante Il nuovo art. 64 ter del T.U. maternità/paternità, rubricato “Automaticità delle prestazioni” prevede che “I lavoratori e le lavoratrici iscritti alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non iscritti ad altre forme obbligatorie, hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento alla gestione dei relativi contributi previdenziali da parte del committente”. L’art. 64 ter, sopra riportato, comporta il riconoscimento del diritto all’indennità per congedo di maternità in favore delle lavoratrici e dei lavoratori parasubordinati iscritti alla Gestione separata, anche nel caso di mancato versamento dei contributi da parte del committente. La norma trova applicazione anche per il riconoscimento dell’indennità per congedo di paternità laddove ricorrano i presupposti di cui all’art. 3 del D.M. 4 aprile 2002, sopra richiamati. Non trova, invece, applicazione ai fini del diritto all’indennità di congedo parentale che continua quindi ad essere riconosciuto a condizione che sussista il versamento effettivo di almeno 3 mesi di contributi nei 12 mesi presi a riferimento per l’indennità di maternità (12 mesi antecedenti alla data di inizio del congedo di maternità). Ambito di applicazione Come noto, i decreti ministeriali del 4 aprile 2002 e del 12 luglio 2007 subordinano l’erogazione delle indennità economiche di maternità/paternità in favore dei lavoratori iscritti alla Gestione separata di cui alla legge n. 335/1995, all’accreditamento effettivo di almeno 3 mensilità di contribuzione nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo indennizzabile a titolo di maternità. A tali fini, l’aliquota richiesta è quella maggiorata per le prestazioni di maternità, ed è attualmente pari allo 0,72%. Fermo restando quanto sopra, l’art. 64 ter introduce la possibilità di corrispondere l’indennità in argomento anche nei casi di mancato versamento dei contributi da parte del committente o associante, sulla base di contributi “dovuti”, secondo le indicazioni di seguito dettagliate. Si precisa che queste nuove disposizioni si applicano in favore delle lavoratrici e dei lavoratori “parasubordinati”, in quanto non sono responsabili dell’adempimento dell’obbligazione contributiva (collaboratori o associati in partecipazione) che è in capo invece al committente/associante. Si rammenta, infatti, che l’onere contributivo è ripartito tra committente/associante e collaboratore/associato – nella misura, rispettivamente, di due terzi e un terzo (nel caso di committente) ovvero del 55% e 45% (nel caso di associante) – e che l’adempimento dell’obbligazione contributiva è interamente a carico del committente/associante, con diritto di rivalsa sul collaboratore/associato per la quota parte a carico di quest’ultimo. Per le predette ragioni, la norma non trova applicazione in favore dei lavoratori iscritti alla Gestione separata che sono responsabili dell’adempimento dell’obbligazione contributiva, quali, ad esempio, i liberi professionisti iscritti alla Gestione stessa. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 3 Periodi di congedo di maternità/paternità indennizzabili In mancanza del requisito contributivo effettivo, è possibile indennizzare in base alla contribuzione dovuta, i periodi di congedo di maternità/paternità ricadenti dall’anno 2015 in poi (art. 26 del decreto legislativo n. 80/2015 cit.). Con particolare riferimento all’anno 2015 si precisa quanto segue. Sono indennizzabili, anche in forza alla contribuzione dovuta, i periodi di congedo di maternità/paternità iniziati in data successiva al 25 giugno 2015 (data di entrata in vigore della riforma). Sono, inoltre, interamente indennizzabili i periodi di congedo di maternità/paternità “a cavaliere”, ossia in corso di fruizione alla predetta data, anche per la parte di congedo anteriore alla data della riforma. Invece, non possono essere indennizzate sulla base della contribuzione dovuta, i periodi di congedo di maternità/paternità che si sono conclusi prima del 25 giugno 2015; tali periodi pertanto sono indennizzati in presenza dei 3 mesi di contribuzione “effettiva” nei 12 mesi di riferimento. Analogamente, non è possibile indennizzare in base alla contribuzione dovuta ex art. 64 ter T.U. le giornate di congedo di maternità/paternità ricadenti nell’anno 2014. Inoltre, come detto, la contribuzione “dovuta”, non è utile per l’indennizzo del congedo parentale, indipendentemente dal momento di fruizione. Istruttoria per l’erogazione delle prestazioni in base alla contribuzione “dovuta” Come detto, fermo restando il requisito dei 3 mesi di contributi nei 12 mesi antecedenti all’inizio del periodo di congedo di maternità/paternità, la disciplina introdotta dall’art. 64 ter del T.U. consente l’erogazione delle prestazioni anche sulla base di contributi dovuti (e non versati) da parte del committente/associante. Si precisa che la contribuzione “dovuta” sussiste solo se il committente/associante ha pagato il compenso alla lavoratrice o al lavoratore parasubordinato, ma non ha effettuato il versamento della relativa contribuzione. Premesso ciò, se nei 12 mesi di riferimento non sono rinvenuti 3 mesi di contributi effettivamente versati, oppure se i mesi di contributi versati sono inferiori a 3, occorre procedere, mediante consultazione dell’archivio della gestione separata, nel seguente modo: verificare l’esistenza di compensi erogati alla lavoratrice e la contribuzione dovuta nella misura dell’aliquota piena (ossia comprensiva dell’aliquota maggiorata per le prestazioni di maternità). Gli operatori di sede possono visualizzare tali dati, per l’anno o gli anni di interesse, all’interno della casella “Presenza periodi non accreditati” cliccando la voce “SI”. La maschera successiva contiene le informazioni necessarie sulla contribuzione dovuta, in quanto presenta il compenso versato dal committente/associante alla lavoratrice interessata, con la valorizzazione della relativa contribuzione dovuta, calcolata in base all’aliquota denunciata dal committente/associante, che, come detto, per le prestazioni di maternità deve essere maggiorata, attualmente, dello 0,72%. Si rammenta che l’aliquota maggiorata è dovuta se le lavoratrici non sono assicurate ad altra forma previdenziale obbligatoria e se non sono pensionate. Pertanto, se l’aliquota visualizzata risulta non corretta, perché ad esempio è stato riscontrato che la lavoratrice era contemporaneamente assicurata per la maternità presso altra gestione previdenziale obbligatoria, l’operatore non procede alla liquidazione della prestazione e segnala tale circostanza all’Anagrafica e flussi, per i conseguenti adempimenti; calcolare il numero delle mensilità accreditabili ed i mesi solari coperti dalla contribuzione “dovuta”. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 4 Individuata la contribuzione dovuta, occorre: – reperire l’importo mensile contributivo riferito all’anno in cui è stato pagato il compenso (importo come noto rivalutato annualmente e che, nell’anno 2015, è pari ad euro 398,03); – procedere, quindi, dividendo la predetta contribuzione dovuta per questo importo mensile contributivo in modo da ottenere il numero di mensilità accreditabili; – individuato il numero di mensilità riconoscibili in base alla contribuzione dovuta, occorre procedere con l’attribuzione di tali mensilità ai mesi solari. A tale fine trovano applicazione le stesse regole previste per l’accreditamento della contribuzione effettiva: le mensilità dovute si attribuiscono a decorrere dal mese di gennaio dell’anno di versamento del compenso oppure, in caso di prima iscrizione, dal mese di iscrizione. Si ribadisce che la contribuzione dovuta può andare anche ad integrazione della contribuzione versata per cui, nei 12 mesi di riferimento, è possibile che il requisito delle 3 mensilità sia soddisfatto, ad esempio, con 2 mensilità effettivamente accreditate e con 1 mensilità di contribuzione ancora dovuta. E’, invece, da escludersi l’indennizzo di periodi di congedo di maternità/paternità qualora nei 12 mesi di riferimento non sia rinvenibile alcuna contribuzione, né versata né dovuta, ovvero una contribuzione, versata o dovuta, inferiore alle suddette richieste 3 mensilità. Si sottolinea che la simulazione con la quale si attribuiscono mesi di contribuzione dovuta ha effetto ai soli fini del riconoscimento delle prestazioni di maternità; nessun altro effetto può scaturire sulla posizione contributiva, su prestazioni pensionistiche o altre prestazioni. Restano immutati, ai fini dell’erogazione delle prestazioni in argomento, tutti gli altri requisiti richiesti dalle disposizioni vigenti in ragione della specificità dell’evento (congedo di maternità o paternità per parto, adozione o affidamento). Rimangono, altresì, ferme le condizioni di indennizzo del congedo parentale previgenti alla riforma: pertanto l’indennità di congedo parentale può essere corrisposta solo a condizione che nei 12 mesi antecedenti al congedo di maternità risultano almeno 3 mesi di contribuzione effettiva. Il riconoscimento dell’indennità di maternità/paternità in base alla contribuzione dovuta non è quindi sufficiente per il riconoscimento dell’indennità di congedo parentale. Il pagamento della prestazione, come di consueto, è effettuato direttamente dalla Strutture periferiche in favore delle lavoratrici e dei lavoratori richiedenti. Apprendistato più conveniente nel 2016 Due punti in più per il contratto di apprendistato, che nel 2016 risulta ancor più conveniente del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Se per quest'ultimo, infatti, è stato ridotto l'esonero contributivo, per le tre tipologie contrattuali che interessano la disciplina dell'apprendistato, gli sgravi contributivi sono confermati al 100% per le imprese fino a 9 dipendenti, mentre per quelle con almeno 10 dipendenti la contribuzione è al 10%. Per l'apprendistato di I livello è stato, poi, confermato, fino al 31 dicembre 2016, l'esonero dal contributo sul licenziamento e dal contributo per il finanziamento della Naspi e del fondo per la formazione professionale, così come la riduzione dal 10% al 5% dell'aliquota contributiva a carico datore di lavoro. APPRENDISTATO CON “SCONTO” DEL 60% Dopo la riduzione dello sgravio contributivo applicato nel 2015 per le assunzioni a tempo indeterminato, nel 2016 l’apprendistato risulta più vantaggioso rispetto agli altri contratti di lavoro subordinato, compreso quello a tutele crescenti. Tra le tre diverse tipologie previste dal decreto di riordino delle forme contrattuali (Dlgs 81/2015), risultano particolarmente rinnovate le due forme dell’apprendistato duale che consentono di LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 5 conseguire tutti i titoli dell’istruzione e della formazione professionale, dalla qualifica, al diploma professionale e di istruzione, al certificato di specializzazione tecnica superiore (primo livello), al diploma tecnico superiore, alla laurea, al dottorato di ricerca, al praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche (terzo livello). Per quanto riguarda gli incentivi normativi, innanzitutto sono stati standardizzati i documenti necessari alla stipula del contratto, il protocollo tra l’impresa e l’istituzione formativa e quelli da allegare al contratto, ovvero il piano formativo individuale e il dossier individuale dell’apprendista. Gli schemi di questi due documenti sono stati approvati con lo stesso provvedimento (Dm 12 ottobre 2015), che ha anche fissato gli standard formativi dell’apprendistato duale validi sul territorio nazionale. In secondo luogo, è stata semplificata la disciplina del recesso, che prevede solo la tutela risarcitoria introdotta dal contratto a tutele crescenti e che configura come giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi nel caso della prima tipologia di apprendistato. Infine, per l’apprendistato duale non trova applicazione l’obbligo di aver stabilizzato a tempo indeterminato nei 36 mesi precedenti almeno il 20% degli apprendisti, prima di poter procedere all’assunzione di nuovi. Per quanto riguarda gli incentivi contributivi, per tutte le forme di apprendistato è confermato lo sgravio del 100% per le imprese fino a 9 dipendenti e la contribuzione al 10% per quelle con più di 9. Per l’apprendistato di primo livello, il Dlgs 150/2015 prevede, a titolo sperimentale fino al 31 dicembre 2016, l’esonero dal contributo sul licenziamento (legge 92/2012) e dal contributo dell’1,61% per il finanziamento della Naspi e del fondo per la formazione professionale, e la riduzione dal 10 al 5% dell’aliquota contributiva a carico datore di lavoro. Sul fronte retributivo, per tutte le tipologie di apprendistato è stata confermata la possibilità di stabilire la retribuzione in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio o, in alternativa, di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante in applicazione del contratto collettivo nazionale. Inoltre, per l’apprendistato duale è stato previsto l’esonero retributivo per le ore di formazione da svolgersi all’interno dell’istituzione formativa e una retribuzione pari al 10% di quella che sarebbe dovuta per le ore di formazione a carico del datore di lavoro. Con questi benefici il costo dell’apprendistato duale può ridursi fino al 60% rispetto a quello dei contratti a tempo indeterminato. Tuttavia, secondo alcuni, la possibilità di prevedere l’esonero retributivo per la formazione esterna all’impresa e al 10% per quella interna non sarebbe applicabile finché gli accordi interconfederali o i contratti collettivi nazionali recepiranno la nuova disciplina, fermo restando gli aspetti inderogabili fissati dalla normativa. Secondo altri, invece, non sarebbe necessario l’esplicito recepimento da parte dei Ccnl, perché essi interverrebbero come mera acquisizione dei principi generali già fissati dal decreto di riordino delle formule contrattuali (l’articolo 42 del Dlgs 81/2015). Altre soluzioni già adottate sono quelle di accordi territoriali, nonostante la normativa faccia espressamente riferimento ad accordi interconfederali. Infine, l’ultima soluzione indicata è applicare contratti collettivi “affini” richiamando una precedente posizione del ministero del Lavoro (interpello 4/2013). In questo contesto sarebbe quindi auspicabile che le parti sociali procedano a un accordo interconfederale o al rinnovo dei Ccnl, anche perché per la loro inerzia non è stata prevista alcuna soluzione alternativa, diversamente da quanto stabilito nel caso di inerzia delle Regioni per cui si applicherà automaticamente la disciplina nazionale dopo i sei mesi dalla pubblicazione del Dm del 12 ottobre 2015. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 6 Inps, precisazione sul congedo parentale ad ore Con la circolare n. 40 del 23 febbraio 2016, l’Inps fornisce indicazioni relative alla valorizzazione in denuncia dei congedi parentali ad ore, con contribuzione figurativa ai fini pensionistici a carico dell’Istituto, per le aziende e le amministrazioni pubbliche iscritte alla Gestione Dipendenti Pubblici. Il d.lgs n.148/2015, con lo stanziamento dei fondi necessari al mantenimento delle misure introdotte dal d.lgs n.80/2015, conferma la struttura delle misure per il sostegno della maternità anche per gli anni successivi al 2015. L’art.7 del d. lgs. n.80/2015 interviene in materia di congedo parentale fruito su base oraria, aggiungendo il comma 1-ter all'art. 32 del d. lgs. 151/2001. Tale comma introduce una disciplina legislativa applicabile in caso di mancata regolamentazione delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria. La disposizione in esame consente a ciascun genitore di scegliere tra la fruizione del congedo in modalità giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. E’ esclusa inoltre, la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al decreto legislativo n. 151/2001. Le disposizioni del comma 1-ter sono applicabili anche ai lavoratori dipendenti pubblici o privati iscritti ai fondi esclusivi dell'AGO della Gestione dipendenti pubblici, ferme restando le disposizioni specifiche previste dai rispettivi quadri normativi di riferimento. Le modalità di comunicazione dei dati per il congedo parentale sono descritte all'interno della circolare. Istruzioni Inps per la depenalizzazione del reato di omesso versamento di ritenute previdenziali Prime istruzioni dell'Inps con il messaggio 804/2016, in margine alla trasformazione in illecito amministrativo del reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali previsto dall'articolo 2, comma 1 bis, del decreto legge 12 settembre 1983, per effetto della pubblicazione del decreto legislativo 8/2016. L'articolo 3, comma 6, del Dlgs 8/2016 distingue la rilevanza penale dell'omesso versamento collegandola alla misura dell'omissione. Infatti, nei casi in cui la condotta omissiva riguardi un importo complessivo superiore a 10.000 euro annui, resta confermata la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.032,91 euro; al di sotto di tale soglia si applicherà la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro. In ogni caso il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione. Un aspetto sul quale si soffermano le istruzioni dell'Inps riguarda la retroattività della norma. Infatti l'articolo 8 del Dlgs dispone l'applicazione retroattiva della depenalizzazione anche alle violazioni commesse prima dell'entrata in vigore del decreto (6 febbraio 2016), con il limite del giudicato e dell'entità della sanzione amministrativa che non può superare il massimo della pena originariamente inflitta per il reato (secondo il criterio del ragguaglio). È poi lo stesso decreto legislativo (articolo 9) che programma la “restituzione” degli atti dei procedimenti penali all'autorità amministrativa (ente previdenziale) nel termine di 90 giorni, prevedendo un ulteriore termine di 90 giorni dalla ricezione degli atti per la notifica degli estremi della violazione agli interessati da parte della stessa autorità amministrativa. Dovendosi comunque mantenere il vecchio canale di trasmissione per le ipotesi che superano la soglia prevista dalla nuova norma, tenendo conto anche della disciplina temporale, l'Inps distingue tra i periodi antecedenti e successivi al gennaio 2016. Per i periodi fino al mese di dicembre 2015 dovranno essere adottate le diffide ancora oggi in uso presso l’istituto (per i datori di lavoro agricoli, per i datori di lavoro ordinari e i committenti nella gestione separata). Ricevuta in restituzione la denuncia dall'autorità giudiziaria, gli uffici LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 7 provvederanno a cancellarla, così come saranno cancellate, nel termine di 90 giorni decorrenti dal 6 febbraio, le partite ancora non oggetto di diffida o comunque non oggetto di trasmissione all'autorità giudiziaria. In ogni caso, per la gestione delle vecchie posizioni restituite e per gli illeciti non ancora oggetto di denuncia, l'Inps rilascerà un nuovo testo di diffida (che andrà a sostituire anche il vecchio modello), mentre per la gestione degli illeciti fino al dicembre 1995 (da inviare all'autorità giudiziaria se sopra soglia o da mantenere come illecito amministrativo) l'Inps adotterà specifiche modalità operative che saranno successivamente comunicate. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 8 SENTENZE Lavoratori trasfertisti: gli emolumenti concorrono a formare reddito previdenziale al 50% Gli emolumenti erogati ai lavoratori trasfertisti concorrono a formare reddito assoggettabile a contribuzione previdenziale nella misura del 50%. Per costoro non deve parlarsi propriamente di indennità di trasferta, bensì di retribuzione per le attività lavorative che comportino un continuo movimento del dipendente per raggiungere – con mezzi di solito messi a disposizione dal datore di lavoro – località diverse, determinabili sulla base delle opere da eseguire. Apprendisti e minori: obblighi di certificazione sanitaria ancora vigenti L’inadempimento agli obblighi di certificazione sanitaria per apprendisti e minori è ancora reato nonostante di Decreto del fare. Niente multa o sospensione se non si lavora di domenica L'omissione della prestazione lavorativa da parte del lavoratore nella giornata festiva domenicale, pur a fronte di una specifica turnazione oraria prevista dal datore di lavoro, non è sanzionabile con il provvedimento disciplinare conservativo della multa e della sospensione dal servizio e dalla retribuzione, nel caso in cui il rifiuto della prestazione sia riconducibile, tra gli altri motivi, all'esercizio del diritto di culto. In questi termini si è espressa la Corte di cassazione con sentenza 3416/2016 , nella quale è stato confermato il giudizio reso dalla Corte di appello di Milano di non proporzionalità delle sanzioni disciplinari irrogate a un dipendente per essere risultato assente dal lavoro in tre distinte occasioni di turno domenicale di servizio. Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema corte si riferisce a un lavoratore nei confronti del quale erano state adottate due sanzioni disciplinari conservative (una multa e un giorno di sospensione) a fronte di tre assenze ingiustificate durante altrettanti turni domenicali di lavoro. Il dipendente si era giustificato affermando che egli intendeva la domenica come un momento dedicato alla pratica della fede, aggiungendo che aveva offerto la propria prestazione di lavoro nelle giornate di riposo immediatamente successive al turno domenicale rifiutato. Precisava ulteriormente il lavoratore che, in altri casi analoghi, l'azienda non aveva adottato alcun provvedimento disciplinare, la qual circostanza contribuiva a rendere priva di rilievo disciplinare la condotta inadempiente per violazione dell'obbligo di diligenza fissato nell'articolo 2104 del codice civile. La Corte di cassazione ha valorizzato il contenuto di queste giustificazioni, osservando che, quand'anche l'assenza dai turni di lavoro domenicali previsti aziendalmente integri gli estremi di un'assenza ingiustificata, l'inadempimento contrattuale assume una connotazione modesta e le sanzioni disciplinari irrogate al lavoratore si connotano per la loro non proporzionalità. La Corte perviene a questa conclusione sul rilievo che il giudizio di proporzionalità della sanzione disciplinare inflitta dal datore di lavoro, in presenza di una o più violazioni degli obblighi che derivano dal contratto, impone di considerare il contesto nel quale si colloca la condotta del dipendente e le condizioni soggettive che lo hanno animato nella sua decisione di non osservare le disposizioni aziendali. Sul piano del contesto la Corte valorizza la circostanza per cui il datore di lavoro, evitando di sanzionare altri dipendenti in presenza di un analogo rifiuto del turno di lavoro domenicale, aveva manifestato un atteggiamento di tolleranza. Sul piano soggettivo, la Corte ha dato rilievo sia al LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 9 fatto che il lavoratore aveva richiesto di non essere assegnato ai turni domenicali per motivi religiosi e di culto, sia al fatto che il dipendente aveva offerto di rendere la prestazione lavorativa in altri giorni di riposo settimanale. Sulla scorta di questi elementi, la Suprema corte conclude che i tre indici, quello oggettivo e quelli soggettivi, rendono le sanzioni conservative adottate dal datore di lavoro sproporzionate sul piano sanzionatorio rispetto alle mancanze (assenza dal lavoro durante tre turni domenicali) contestate in sede disciplinare. ANCORA SENTENZE PARADOSSALI?!! Malato al lavoro, la sera sul palco: assolto l’autista-cantante dell’Atac La dissenteria impedisce di guidare l’autobus di mattina, ma non di cantare la sera «Tutto il resto è noia» di Califano, magari anche con la camicia sbottonata. Il riscontro della compatibilità della salute malandata con il canto, ma non con il lavoro, è uno dei presupposti che ha convinto il giudice dell’udienza preliminare a prosciogliere Ezio Capri, autista dell’Atac e amante del Califfo, accusato dalla procura di truffa aggravata per essersi dato malato negli stessi giorni in cui la notte andava a esibirsi nei locali pubblici come cantante. «Il fatto non sussiste» come reato perché, come scrive il gup Stefano Aprile nelle motivazioni della sentenza di proscioglimento, «la partecipazione all’evento canoro è perfettamente compatibile con la malattia». Malessere a Capodanno Malessere che, nel caso dei giorni di assenza coincidenti con la sera di Capodanno del 2014, era «diarrea», come riportato nel certificato medico citato dal gup. In quell’occasione Capri non poté muoversi di casa per andare a guidare il bus a causa dei problemi allo stomaco, mentre la sera riuscì ad arrivare all’Audithorium Seraphicum dove dimostrò doti canore capaci di strappare applausi. Il giudice, comunque, non ha prosciolto Capri solo sul presupposto che il canto è compatibile con la malattia, mentre quest’ultima è inconciliabile con il lavoro. Nota il gup che «il dipendente in malattia, al di fuori di specifici orari in cui è tenuto a trovarsi all’interno del domicilio per eventuali controlli da parte dell’autorità sanitaria, è libero di allontanarsi dall’abitazione e di svolgere qualunque attività». Svolta la visita fiscale, Capri pertanto poteva andare dove desiderava. Show a San Valentino Non c’è stata solo la sera di Capodanno tra le esibizioni canore affrontate dall’autista dell’Atac in condizioni precarie. Per esempio il giorno di san Valentino del 2014 Capri ebbe una «colica addominale» che gli impedì di afferrare il volante di mattina ma la sera andò ad allietare gli innamorati con la sua voce al locale «Nuovo Gusto». La cagionevolezza dell’autista si manifestò di nuovo il giorno della festa delle donne, sempre del 2014, colpito ancora una volta da dissenteria. La passione per il canto però ebbe la meglio sui suoi acciacchi e la sera andò al Cecco di Lebico. Ancora problemi si presentarono ad aprile del 2014 e a causarli, come raccontò Carpi, fu il suo capo con il quale ebbe un diverbio. Gli fu consigliato allora di andare in ospedale dove gli registrarono la pressione alta e gli diedero dieci giorni di riposo assoluto tra il 10 e il 19 aprile. La sera del 12 andò a suonare al locale Dante a Zagarolo dove ancora ricordano quando intonò «Amore Amore Amore» del Califfo. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 10 SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO DI LAVORO Dal 1° marzo al via il superbonus tirocinanti Per promuovere l’inserimento occupazionale dei giovani di età compresa tra i 16 e i 29 anni non occupati né inseriti in un percorso di studio o formazione coinvolti nel Programma Garanzia giovani il Ministero ha deciso di prevedere il riconoscimento di un bonus ai datori di lavoro che assumono i giovani registrati e presi in carico, che abbiano svolto un tirocinio nell’ambito del Programma Garanzia giovani. L’obiettivo è quello di contrastare la pratica di alcune imprese di usare i tirocini alternando i giovani, senza avere un vero e proprio obiettivo di inserimento, e di favorire invece l’assunzione del giovane che sia stato formato e valutato attraverso la sua esperienza di tirocinio. La proposta prevede che in favore di un qualsiasi datore di lavoro che assume - con un contratto di lavoro a tempo indeterminato - un giovane che abbia svolto, ovvero stia svolgendo, un tirocinio extracurriculare finanziato nell’ambito di Garanzia Giovani, sia riconosciuto un Super Bonus Occupazionale, nei limiti dell’intensità massima di aiuto previsti dall’articolo 32 del Regolamento UE n. 651/2014. In via sperimentale il Super Bonus - Trasformazione Tirocini potrà essere fruito dai datori di lavoro che attiveranno un contratto di lavoro a partire dal 1 marzo 2016 e fino al 31 dicembre 2016 ed in relazione ai soli tirocini avviati entro il 29 febbraio 2016. Inoltre, perché si possa usufruire di tali incentivi, è necessario che: il tirocinio sia stato svolto nell’ambito di Garanzia Giovani; il giovane, all’inizio del percorso, sia in possesso del requisito di NEET. In relazione a quest’ultimo requisito si deve valutare che il requisito di NEET si considera mantenuto purché il giovane, al momento dell’assunzione, sia già iscritto al Programma e non risulti occupato o inserito in un percorso di studio e/o formazione. Alla determinazione della sussistenza di quest’ultimo non concorre il tirocinio in essere o appena concluso grazie al quale si concretizza la possibilità di ricevere il “Super Bonus Tirocini”. Ai datori di lavoro che assumono un giovane aderente a Garanzia Giovani, che abbia svolto, ovvero stia svolgendo, un tirocinio extracurriculare finanziato nell’ambito di Garanzia Giovani, con il ricorso al contratto a tempo indeterminato, viene riconosciuto un incentivo il cui valore varia a seconda della classe di profilazione attribuita al giovane. Nella tabella sottostante è rappresentato il valore dell’incentivo: BONUS ASSEGNATI IN BASE AL PROFILING DEL GIOVANE E DELLE DIFFERENZE TERRITORIALI Contratto a tempo indeterminato* BASSA MEDIA ALTA MOLTO ALTA 3.000 6.000 9.000 12.000 In caso di lavoro a tempo parziale (comunque superiore a 24 ore settimanali) l’importo è moltiplicato per la percentuale di part-time. In caso di conclusione anticipata del rapporto di lavoro l’importo è proporzionato alla durata effettiva (l’importo è concesso rispettivamente in sei ratei nel primo caso, in dodici negli altri due). L’incentivo è cumulabile con l’esonero contributivo previsto dalle Leggi di stabilità 2015 e 2016. Lo Studio, in quanto Agenzia accreditata dalla regione Toscana tramite la Formazione Lavoro, si occupa della promozione ed anche della gestione di questo importante intervento di attivazione al lavoro ed alla quale è utile rivolgersi. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 11 Premi di produttività a maglie larghe In arrivo il decreto del ministero Lavoro, di concerto con l’Economia, sui criteri «di misurazione» degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione previsto dalla legge di Stabilità. Il decreto è essenziale per applicare la tassazione agevolata del 10% sulle quote variabili di salario collegate alla produttività. La misura agevolativa è stata reintrodotta dalla legge 208/2015, articolo 1, commi 182 e seguenti. Il decreto - che è molto atteso dal mondo delle imprese perché si torna a incentivare il salario collegato a efficienza e innovazione dopo l’assenza, lo scorso anno, dello strumento premiale sarà la cornice all’interno della quale dovrà muoversi la contrattazione aziendale e territoriale per gli accordi sul miglioramento della produttività. Individuare quali saranno le azioni e gli interventi che beneficeranno della riduzione fiscale sarà compito del confronto tra le parti: il decreto non conterrà criteri iperselettivi, perché si ritiene che datore di lavoro e lavoratori siano i migliori “giudici” nel decidere quali siano gli obiettivi da perseguire per migliorare la competitività della singola azienda. In questo modo si eviterà anche di escludere eventuali accordi già stipulati in queste settimane. Potranno quindi essere ricompresi nell’alveo della produttività, per esempio, i miglioramenti sulla qualità di prodotto, la flessibilizzazione degli orari, il raggiungimento di risultati quantitativi e così via. La misurazione dei risultati - poiché nella legge di Stabilità si parla esplicitamente di misurazione e monitoraggio - dovrebbe essere affidata all’impresa. A questo riguardo, probabilmente, dovranno seguire delle circolari da parte del ministero del Lavoro e dell’agenzia delle Entrate, che in sede di controllo potrà chiedere all’azienda le “giustificazioni” per aver applicato una tassazione sostitutiva del 10% su una parte della retribuzione anziché l’aliquota ordinaria. Un altro dato importante del decreto è la forte spinta sul welfare derivante da accordi aziendali o dall’iniziativa del datore di lavoro che, sempre in base alla legge 208, non contribuiscono al reddito del lavoratore. È la stessa legge di Stabilità a collegare produttività e welfare, nel senso che servizi e benefit possono essere “opzionati” dal lavoratore in cambio delle somme detassate: le prestazioni di welfare continueranno a non confluire nel reddito imponibile. L’accento sul welfare per la generalità dei dipendenti o per categorie di dipendenti, anche in cambio della detassazione sulle somme collegate alla produttività e all’efficienza, consentirà alle imprese di pianificare e sviluppare politiche per le risorse umane tese anche a fidelizzare i lavoratori che hanno particolari skills e competenze. Nel paniere del welfare, secondo alcune indiscrezioni, potrebbero finire anche i contributi alla previdenza complementare: il premio per la produttività potrebbe insomma essere indirizzato, su richiesta del lavoratore, verso il secondo pilastro. Questa previsione potrebbe essere esplicitata nel decreto in arrivo e potrebbe costituire una novità rispetto alla legge 208 che nel prevedere le somme e le prestazioni escluse dal reddito imponibile fa riferimento all’articolo 51 del Tuir, dove non è prevista esplicitamente la previdenza di secondo pilastro. Si ricorda che la tassazione sostitutiva del 10% può essere applicata ai lavoratori che nell’anno precedente hanno percepito un reddito lordo fino a 50mila euro, per una quota di stipendio fino a 2mila euro, 2.500 «per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro». Trattamento fiscale lavoratore dipendente estero Quesito circa l'assoggettamento fiscale di un lavoratore dipendente straniero, assunto da un'azienda italiana, che presta la sua attività lavorativa in Stati diversi: il lavoratore tedesco, residente e con centro di interessi in Germania, sarà assunto con contratto di lavoro subordinato da un'azienda italiana e che non ha una stabile organizzazione in Germania. Per il 25% dell'anno presterà la sua LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 12 attività lavorativa in Germania e dove verserà anche i contributi previdenziali, mentre per il restante 75% dell'anno svolgerà la sua attività lavorativa in diverse nazioni. Non raggiungendo il requisito dei 183 giorni in nessuna delle nazioni, vorremmo capire dove è tenuto a pagare le imposte. La risposta al quesito richiede un preliminare, seppur sintetico, richiamo ai principi generali della tassazione internazionale, dal momento che per individuare la legislazione applicabile ai fini fiscali è necessario conoscere con precisione i criteri di collegamento stabiliti da ciascun Paese coinvolto dal fenomeno della mobilità transnazionale del lavoratore, siano essi di carattere domestico o convenzionale. Generalmente, sono tre i criteri adottati dagli Stati per definire la propria sovranità in ambito tributario: quello della cittadinanza, quello della territorialità e quello della residenza. Se nel primo criterio assume rilievo esclusivamente la cittadinanza del contribuente (ma non è questo il caso della Germania o dell’Italia), nel secondo, prescindendo dall’analisi della residenza o della cittadinanza del contribuente, rileva il luogo di produzione del reddito, assoggettando ad imposizione i redditi prodotti nel territorio nazionale (è il c.d. principio della fonte). Infine, la pretesa impositiva nel terzo criterio è subordinata al fatto che il contribuente sia considerato fiscalmente residente nel territorio di detto Stato, concetto che, come noto, può variare da ordinamento ad ordinamento; il contribuente che, ai sensi della legislazione locale, viene qualificato come residente fiscale, viene assoggettato ad imposizione fiscale sui redditi ovunque prodotti e tassato su base mondiale (è il c.d. Worldwide taxation principle). L’Italia, al pari della maggior parte degli altri Paesi, ha adottato un sistema così detto «misto», in forza del quale i contribuenti residenti sono assoggettati ad imposizione sul reddito ovunque prodotto, mentre quelli non residenti sono soggetti ad imposizione esclusivamente sui redditi prodotti nel territorio dello Stato. Al fine di eliminare (affievolire) i fenomeni di doppia imposizione, ovvero il contemporaneo esercizio della potestà impositiva da parte di due Stati sul medesimo reddito, vengono inoltre previste specifiche disposizioni, domestiche e/o convenzionali. Tutto ciò premesso, tornando al quesito, le informazioni fornite non si reputano sufficienti per dare una risposta compiuta, ma si possono fornire delle linee guida per individuare il corretto trattamento fiscale. Difatti, il lavoratore di cittadinanza tedesca, con residenza e centro di interessi in Germania, vedrà ivi assoggettata ad imposizione la totalità dei redditi ovunque prodotti nel rispetto del principio della tassazione su base mondiale, in quanto residente fiscale. Occorre inoltre rilevare come, al contempo, sulla base del principio di territorialità, parte di tale reddito verrà assoggettato pro-quota ad imposizione nei vari Paesi sulla base di quanto disposto dalle singole legislazioni. L’eventuale doppia imposizione dovrà essere eliminata riconoscendo verosimilmente in Germania - un credito d’imposta per le imposte pagate all’estero. In conclusione, per individuare il regime impositivo applicabile al caso di specie, occorrerà analizzare con attenzione la legislazione tedesca, la legislazione dei vari Paesi presso cui il dipendente presta la propria attività lavorativa e le convenzioni contro le doppie imposizioni eventualmente in vigore tra i Paesi coinvolti. Compensazione per eccedenze dei versamenti di ritenute da lavoro dipendente Per una SRL in sede di conguaglio fiscale è scaturito un credito (COD. 1627). L'azienda non avendo Irpef a debito da compensare può procedere con la compensazione di altre sezioni a debito nell'F24(quali Inps, Inail, ecc)? Il codice tributo 1627, denominato “Eccedenza di versamenti di ritenute da lavoro dipendente e assimilati – art. 15, c.1, lett. b) D.Lgs. n. 175/2014”, è stato istituito dall’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 13/E del 10 febbraio 2015. Il provvedimento rientrava nell’ambito delle disposizioni dettate dal D.Lgs. n. 175 del 21 novembre 2014, in vigore dal 13 dicembre 2014, volte ad introdurre semplificazioni fiscali mediante la revisione degli adempimenti superflui, ovvero di LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 13 quelli che dessero luogo a duplicazioni. In particolare, con l’articolo 15 del citato Decreto è stato introdotto, a partire dal 1° gennaio 2015, l’obbligo di compensazione orizzontale delle eccedenze di versamento delle ritenute e delle imposte sostitutive mediante il Modello F24, che, come noto, venivano in precedenza recuperate dal sostituto d’imposta mediante la compensazione verticale e l’indicazione degli elementi di quadratura in sede di 770. In altre parole, la disposizione si è resa necessaria al fine di introdurre maggiori elementi di trasparenza nella modalità di compensazione dei debiti e dei crediti per ritenute, abolendo la compensazione interna e facendo transitare le relative informazioni per il tramite del Modello F24. Trattasi, dunque, di un intervento che incide sulla forma piuttosto che sulla sostanza della compensazione, che resta tra debiti e crediti della medesima natura. Alla luce di quanto esposto, si può concludere che le eccedenze dei versamenti di ritenute da lavoro dipendente e assimilati (cod. 1627) non possano essere utilizzate per compensare nel Modello F24 gli altri debiti della SRL (INPS, INAIL,ecc.). Decesso del titolare e permessi al dipendente In caso di decesso del titolare, l'esercizio rimane chiuso per lutto. Ai dipendenti spetta un permesso retribuito extra contrattuale? O sono semplicemente ferie ...? Posto che talvolta la chiusura dell’esercizio ha luogo solamente per alcune ore e che gli stessi dipendenti partecipano al funerale del titolare, dovendosi quindi ritenere che formalmente tale periodo non sia da retribuire normalmente (ma le ore potrebbero essere recuperate), l’articolo 2109 del codice civile, quanto al periodo di ferie annuale stabilisce che esso va goduto “nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro”. In pratica, salvo diverso accordo tra le parti e salva diversa previsione da parte del contratto collettivo, deve ritenersi che nel caso di chiusura dell’attività che si protragga per 2 o 3 giorni, il datore di lavoro possa considerare questo periodo come ferie. Enti no profit, voucher fino al tetto di 9.333 euro Voucher fino a 9.333 euro negli enti no profit. Pur operando con partita Iva, infatti, non sono «imprenditori» puri, ai sensi dell’art. 2082 del codice civile, né professionisti e, pertanto, a essi non si applica il limite di 2.693 euro annui all’utilizzo dei voucher. A precisarlo è l’INPS nel messaggio n. 8628 del 2 febbraio 2016, «correggendo» la circolare n. 18/2012 del Ministero del Lavoro che, invece, aveva ritenuto esteso il limite inferiore a tutti i soggetti con partita Iva. Oltre agli enti no profit, sono fuori dal limite anche chiese e associazioni religiose, fondazioni, partiti politici, sindacati e condomini. IL LAVORO ACCESSORIO Dal 25 giugno 2015, per prestazioni di lavoro accessorio s’intendono le attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi netti superiori a 7 mila euro nel corso di un anno civile: quindi 9.333 euro lordi, cioè al valore nominale di voucher. Nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, inoltre, va rispettato un secondo limite, in relazione a ciascun singolo committente stavolta, che è quello del compenso netto: non deve superare 2 mila euro netti sempre nell’anno civile, ossia 2.693 euro lordi. Oltre a questo limite economico, per i committenti imprenditori e professionisti è altresì vincolante la modalità di acquisto dei voucher: esclusivamente con la procedura telematica. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 14 COMMITTENTI CON PARTITA IVA Con circolare n. 18/2012, il Ministero del Lavoro aveva chiarito che «l’espressione imprenditore commerciale vuole in realtà intendere qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, che opera su un determinato mercato, senza che l’aggettivo «commerciale» possa in qualche modo circoscrivere l’ambito settoriale dell’attività d’impresa alle attività di intermediazione nella circolazione dei beni». In questo modo il limite inferiore (2 mila euro netti) risultava, di fatto, esteso e applicato a tutti i titolari di partita Iva. Dal 25 giugno 2015 l’aggettivo «commerciale» non è più presente nella disciplina normativa dei voucher e, tuttavia, la limitazione dei 2 mila è rimasta operativa per tutti i soggetti con partita Iva. Nel messaggio n. 8628/2016, l’INPS cambia rotta. Spiega che, «in linea generale, l’espressione imprenditori risulta comprensiva di tutte le categorie disciplinate dall’art. 2082 e segg. del codice civile, dalla cui lettura congiunta è possibile individuare una serie di soggetti che, pur operando con partita Iva e/o codice fiscale numerico, non sono da considerare imprenditori e, dunque, non sono soggetti alle limitazioni» economiche (2 mila euro annui di voucher) e di acquisto tramite la procedura telematica. Tali soggetti, pertanto, possono utilizzare i voucher fino al più alto limite di 7 mila euro annui (9.333 al valore nominale) e possono ancora ricorrere all’acquisto cartaceo dei buoni lavoro, non essendo obbligati ad utilizzare la procedura telematica. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 15 APPROFONDIMENTI La contribuzione 2016 alla Gestione IVS artigiani e commercianti Con la circolare n. 15/2016, l’INPS ha fornito i dati per il calcolo della contribuzione per l’anno 2016 dei soggetti iscritti alla Gestione IVS degli artigiani e commercianti; in particolare sono state fornite le nuove aliquote, i minimali e i massimali di reddito e le relative contribuzioni sul reddito minimale e sul reddito eccedente il minimale, nonché termini e modalità di versamento. In premessa la circolare ricorda che l’art. 24, comma 22 del D.L. 201/2011, ha previsto che, con effetto dal 1 gennaio 2012, le aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani e commercianti iscritti alle gestioni autonome dell'INPS siano incrementate di 1,3 punti percentuali e successivamente di 0,45 punti percentuali ogni anno fino a raggiungere il livello del 24%. Pertanto l’aliquota contributiva per il finanziamento delle gestioni pensionistiche dei lavoratori artigiani e commercianti, per l’anno 2016, è pari al 23,10%. Inoltre viene confermato che: per i soli iscritti alla gestione commercianti l’aliquota del 23,10% deve essere aumentata dello 0,09% a titolo di aliquota aggiuntiva destinata all’indennizzo per la cessazione definitiva dell’attività commerciale; l’obbligo del versamento di tale contributo è stato prorogato fino al 31 dicembre 2018; è dovuto per entrambe le gestioni (artigiani e commercianti) un contributo per le prestazioni di maternità stabilito nella misura di euro 0,62 mensili (euro 7,44 annuale); viene confermata anche per l’anno 2016 la riduzione del 50% dei contributi dovuti da artigiani e commercianti con più di sessantacinque anni di età, già pensionati presso le gestioni dell’Istituto; vengono confermate anche le agevolazioni previste per coadiuvanti e coadiutori di età inferiore a ventuno anni (riduzione di tre punti percentuali). Occorre poi tener presente che per l’anno 2016: il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto dagli artigiani e commercianti è pari ad € 15.548. La circolare precisa che per l’anno 2016 il reddito minimo annuo da prendere in considerazione ai fini del calcolo del contributo IVS dovuto è rimasto invariato rispetto all’anno precedente, a causa della variazione negativa (-0,1%) dell’indice dei prezzi al consumo tra il periodo gennaio 2014 – dicembre 2014 ed il periodo gennaio 2015 – dicembre 2015 comunicata dall’ISTAT; il massimale di reddito annuo entro il quale sono dovuti i contributi IVS è pari ad € 76.872; tale reddito massimale è individuale e da riferire ad ogni singolo soggetto operante nell’impresa e non da riferire all’impresa nel suo complesso; per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, iscritti con decorrenza gennaio 1996 o successiva, il massimale annuo è pari ad € 100.324 e non è frazionabile in ragione mensile; i contributi per la quota eccedente il reddito minimale di € 15.548 sono dovuti sulla base delle aliquote previste fino al limite della prima fascia di retribuzione annua pensionabile pari ad € 46.123; per i redditi superiori a € 46.123 annui resta confermato l’aumento dell’aliquota di un punto percentuale, come disposto dall’art. 3-ter della Legge 438/19928. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 16 Aliquote, agevolazioni, reddito minimale e massimale per la gestione artigiani sono riepilogate nella seguente tabella. ETA’ SUPERIORE 21 ANNI ALIQUOTA REDDITO Fino a € 46.123 COLLABORATORE ETA’ NON SUPERIORE 21 ANNI ALIQUOTA 23,10% 20,10% Da € 46.123 fino a € 76.872 (o € 24,10% 100.324 per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31/12/1995). 21,10% Il contributo calcolato sul reddito minimale sarà pari: Artigiani Titolare di qualunque età e coadiuvanti o coadiutori di età € 3.599,03 (3.591,59 IVS + 7,44 superiore ai 21 anni maternità) Titolare di qualunque età e coadiuvanti o coadiutori di età € 3.132,59 (3.125,15 IVS + 7,44 non superiore ai 21 anni maternità) Aliquote, agevolazioni, reddito minimale e massimale per la gestione commercianti sono riepilogate nella seguente tabella. REDDITO Fino a € 46.123 ETA’ SUPERIORE 21 ANNI ALIQUOTA COLLABORATORE ETA’ NON SUPERIORE 21 ANNI ALIQUOTA 23,19% 20,19% Da € 46.123 fino a € 76.876 (o € 24,19% 100.324 per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31/12/1995). 21,19% Il contributo calcolato sul reddito minimale sarà pari: Commercianti Titolare di qualunque età e coadiuvanti o coadiutori di età € 3.613,02 (3.605,58 IVS + 7,44 superiore ai 21 anni maternità) Titolare di qualunque età e coadiuvanti o coadiutori di età € 3.146,58 (3.139,14 IVS + 7,44 non superiore ai 21 anni maternità) In merito ai termini e alle modalità di versamento i contributi sul reddito minimale devono essere versati, mediante modello F24 calcolato direttamente dall’INPS, in quattro rate di importo fisso da pagare a scadenze prestabilite: I° rata fissa: 16 maggio 2016; II° rata fissa: 22 agosto 2016; III° rata fissa: 16 novembre 2016; IV° rata fissa: 16 febbraio 2017. LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 17 I contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale, a titolo di saldo 2015 e di primo e secondo acconto 2016 devono essere invece effettuati entro i termini previsti per il pagamento delle imposte sui redditi. Infine la circolare ricorda che l’Istituto non invia più le comunicazioni contenenti i dati e gli importi utili per il pagamento della contribuzione dovuta in quanto le medesime informazioni possono essere facilmente prelevate, a cura del contribuente o di un suo delegato, tramite l’opzione, contenuta nel Cassetto previdenziale per artigiani e commercianti, “Dati del mod. F24”. Attraverso tale opzione è possibile, inoltre, visualizzare e stampare in formato PDF, il modello da utilizzare per effettuare il pagamento. Infortuni sul lavoro: abolizione del registro infortuni e altre novità Dal 23 dicembre 2015 il registro infortuni è abrogato, in applicazione del D.Lgs n.151/15, art.21, co.4. Il decreto Semplificazioni ha di fatto anticipato quanto già previsto dall’art.53, co.6, D.Lgs. n.81/08, che prevedeva l’abolizione della tenuta del registro infortuni all’atto dell'istituzione del Sinp (Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro). Il citato D.Lgs n.151/15 ha dunque previsto l’abolizione del registro pur in assenza della programmata istituzione del Sinp. COS'ERA IL REGISTRO INFORTUNI Il registro infortuni era regolamentato dall’art.403, D.P.R. n.547/55, nel modello approvato dal D.M. 12 settembre 1958 e modificato con D.M. 5 dicembre 1996, e prevedeva l’obbligo per il datore di lavoro di annotare cronologicamente tutti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali occorsi ai lavoratori e che comportassero l’assenza di almeno un giorno. Il registro andava anche vidimato dall’Asl di competenza, ad eccezione di quelle Regioni che nel tempo avevano abolito l’adempimento nei loro territori. Il D.Lgs. n.81/08 ne aveva però previsto l’abolizione, o meglio la sostituzione, con la creazione del Sinp: un sistema nazionale, alimentato dalle denunce dei datori i lavori di infortuni sul lavoro anche di un solo giorno. Il Sinp, che, come detto, ad oggi non è ancora istituito, nell’intento del Legislatore sarà uno strumento utile per avere un unico registro sul quale far confluire tutti gli infortuni, ma ai soli fini statistici e informativi. Dobbiamo quindi tenere presente sin da subito che l’abolizione del registro infortuni a partire dal 23 dicembre 2015 non comporta nessun diverso obbligo a carico del datore di lavoro in tema di denuncia infortuni all’Inail, che, ad oggi, è ancora legato al verificarsi di eventi che comportino un'astensione dal lavoro superiore a tre giorni. Probabilmente, vi sarà un notevole impatto rispetto agli oneri del datore di lavoro allorquando verrà decretato l’obbligo di presentare all’Inail la denuncia anche per l’infortunio di un solo giorno, al fine di alimentare il futuro registro Sinp. COS'È CAMBIATO NELLA DENUNCIA ALL’INAIL DOPO L’ABOLIZIONE DEL REGISTRO INFORTUNI? Come detto in premessa, la risposta alla domanda nel titolo è: per ora niente. Infatti, le denunce all’Inail di infortuni e malattie professionali dovranno essere inviate telematicamente e sempre nei limiti della franchigia. Dal 1° luglio 2013 c’è l’obbligo esclusivo del canale telematico per l’inoltro della denuncia di infortunio, di malattia professionale e di silicosi/asbestosi; tale obbligo riguarda, oltre che i datori di lavoro titolari di posizione assicurativa presso l’Inail, anche le Pubbliche Amministrazioni LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 18 assicurate con la speciale forma della gestione per conto dello Stato, gli imprenditori agricoli, nonché i privati cittadini (in qualità di datori di lavoro di collaboratori domestici, badanti o lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio). Il datore di lavoro deve denunciare all’Inail e all’autorità di pubblica sicurezza (polizia, carabinieri e/o sindaco, nei Comuni ove non vi sia un'autorità di pubblica sicurezza) l’infortunio prognosticato non guaribile entro tre giorni. L’obbligo deve essere ottemperato inviando la denuncia on-line, entro due giorni dalla data di ricevimento del certificato medico (art.53, D.P.R. n.1124/65, c.d. T.U.). Per il lavoratore titolare d'impresa artigiana che si trovi nell'impossibilità di provvedere alla denuncia, l’obbligo di informare l’Inail è a carico del sanitario che per primo ha prestato le cure. La violazione degli obblighi a carico del datore di lavoro è soggetta alla sanzione amministrativa e, anche sotto questo profilo, nulla è mutato rispetto alla situazione precedente l’abolizione del Registro infortuni; come sempre, quindi, ai sensi dell’art.1, co.1, lett.d), L. n.561/93, la violazione dell’art.53, D.P.R. n.1124/65, per mancato o ritardato invio della denuncia di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, è soggetta alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma, quantificata in un importo variabile da un minimo di € 1.290,00 a un massimo di € 7.745,00. Con lettera del 2 ottobre 2007, la Direzione Generale dell’Inail ha precisato che, laddove il personale amministrativo dell’Istituto accerti la violazione, il datore di lavoro, a norma dell’art.13, D.Lgs. n.124/04, viene diffidato a sanare l'inosservanza riscontrata e al pagamento della sanzione amministrativa nella misura minima di € 1.290,00. Decorso inutilmente il termine fissato nell’atto di diffida per l’invio della denuncia e il pagamento della sanzione in misura minima, l’Inail, ai sensi e per gli effetti degli artt.14 e 35, co.7, L. n.689/81, contesta la violazione del citato art.53: in quest'ipotesi, a norma dell’art.16 della stessa L. n.689/81, il datore di lavoro è ammesso, entro sessanta giorni dal ricevimento della contestazione, al pagamento della sanzione amministrativa in forma ridotta, pari a € 2.580,00. Qualora anche tale termine decorra inutilmente, la sanzione amministrativa viene calcolata nella misura intera, sulla base dei criteri indicati dall’art.11, L. n.689/81 (gravità della violazione, opera svolta dall’agente per l’eliminazione o l’attuazione delle conseguenze della violazione, personalità del medesimo e sue condizioni economiche). I CONTROLLI DA PARTE DEGLI ORGANI VIGILANTI Con circolare n.92/15 l’Inail ha fornito indicazioni su come gli organi preposti alla vigilanza possono, a seguito dell’abolizione del Registro infortuni, acquisire dati e informazioni utili ad orientare l’attività ispettiva. L’Inail ha realizzato e reso operativo dal 23 dicembre un apposito cruscotto informatico attraverso il quale gli organi preposti potranno consultare gli infortuni occorsi, appunto a partire dal 23 dicembre 2015; mentre gli infortuni avvenuti prima di tale data saranno consultati sul Registro infortuni, che quindi il datore di lavoro deve conservare (il registro infortuni va conservato per almeno quattro anni dall’ultima registrazione o, se non usato, dalla data di vidimazione o dalla data di cessazione dell’attività). Il cruscotto infortuni è accessibile dagli organi di vigilanza nell’apposita area del sito www.inail.it tramite l’inserimento di credenziali e potranno essere consultati gli infortuni per singolo soggetto o per tipologia di singolo settore per anno e per PAT (posizione assicurativa territoriale). QUALI SONO LE ALTRE PROSSIME NOVITÀ IN ATTUAZIONE DEL D.LGS. N.151/15 Un’altra novità è che dal 22 marzo 2016, cioè 180 giorni dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n.151/15, i certificati medici di infortunio e malattia professionale dovranno essere trasmessi direttamente LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 19 all’Inail solo per via telematica dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio. Quindi niente più certificati cartacei trasmessi per posta. Come per l’invio telematico dei certificati di malattia Inps, i medici e le strutture sanitarie dovranno impegnarsi nell’uso degli strumenti informatizzati, ma la semplificazione e l’immediatezza gioveranno all’intera gestione dei casi di infortunio e di malattia professionale, a tutto vantaggio degli assistiti Inail. L’obbligo di invio telematico a cura del medico o della struttura sanitaria avrà come effetto anche l’esonero per il datore di lavoro di trasmettere, assieme alla denuncia di infortunio o di malattia professionale, il relativo certificato medico. Il datore di lavoro dovrà solamente corredare la denuncia con i riferimenti al certificato medico già trasmesso all’Inail dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio. Sicuramente in questo modo vi sarà una semplificazione anche per l’Inail che non riceverà duplicati di certificati provenienti da fonti diverse. Quando diverrà pienamente operativo il D.Lgs. n.151/15 (180 giorni dopo la sua entrata in vigore) e l’Inail avrà fornito le apposite indicazioni non sarà inoltre più necessario trasmettere la denuncia di infortuni mortali o con prognosi superiori a tre giorni all'Autorità di Pubblica Sicurezza, poiché il datore di lavoro adempirà i suoi obblighi inviando all’Inail solo la denuncia di infortunio per via telematica. Si tratta in sintesi di novità significative, che vanno nella direzione della semplificazione attraverso il fondamentale supporto della tecnologia informatica. Lo sviluppo di queste modalità operativa rientra nell’ampio processo di innovazione e riorganizzazione della Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di modernizzarla e migliorare la qualità del rapporto con il cittadino. Ispezioni in materia di lavoro: sistema sanzionatorio e strumenti di difesa del datore di lavoro L’ispezione del lavoro costituisce un importante strumento di tutela diretta dei lavoratori e di tutela indiretta delle imprese sane che operano nel rispetto delle norme di legge. Scarica l’approfondimento che trovi sul nostro sito nella sezione “Marzo 2016” ISPEZIONI IN MATERIA DI LAVORO, Sistema sanzionatorio e strumenti di difesa del datore di lavoro LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – MARZO 2016 20