Lallo - Daniele Leone
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Lallo - Daniele Leone
www. m a h e l . i t EDITO DA ME http://leone.freeweb.org EDITATI DA TE Mario Dari http://www.mahel.it/ [email protected] Lallo Mario Dari Il mondo di Mahel foglio 1a – Ho litigato con mia moglie – fa a un certo punto. – Di brutto. Che cervello di gallina! Non mi meraviglierei si mettesse a fare anche le uova. Ma ti pare possibile … L’altra sera prendo dalla rastrelliera la pipa, lo sai che ora fumo la pipa, no? mi metto in poltrona e riempio accuratamente il fornello. Poi accendo. Tiro la prima boccata, l’assaporo, “strano” penso. Tiro un’altra boccata e capisco. Per la miseria, dico, ma questa non è la pipa del Giovedì. Tutto un altro aroma. Corro alla rastrelliera, guardo con attenzione le pipe e mi accorgo che è un casino. Chiamo Pina. “Ma tu hai toccato le pipe?” le chiedo. Lei mi guarda con aria di sufficienza. “Beh? Cosa c’è? Per spolverare la rastrelliera le ho tolte e poi le ho rimesse a posto. Non le ho mica mangiate.” Capito? Le aveva rimesse a posto. A capocchia. Non ce n’era una nel giorno giusto. Allora mi sono incavolato … Lallo è tornato a sedersi sul divano. – Il problema è il cane – Spara all’improvviso. – L’hai visto il mio cane, no? – Mi pare di sì. L’anno scorso, mentre lo portavi a spasso. Un bel cagnone. – L’anno scorso? – Ride – Allora era ancora un cucciolone. Devi vederlo ora: sembra un vitello obeso. – Ma che razza è? – Domando. – E chi lo sa? Chi ce lo regalò ipotizzò fosse un husky, ma non ne era sicuro. Era una palla di pelo con 12 due occhi vivacissimi. Zampettava comicamente e io e Alina ce ne innamorammo subito. Ora ci ritroviamo con un bestione unico nel suo genere. A me pare un incrocio tra un bulldog e un sanbernardo, ma non è così semplice definirlo. Bene, questo è il problema. Se non trovo da sistemarlo, addio vacanza – mi guardò e, quasi avesse intuito i miei pensieri, riprese con un tono scandalizzato – no, metterlo in un albergo per cani, neanche da pensare. Lei si metterebbe a piangere fino al ritorno. E anche a me la cosa non va proprio giù. Gli siamo troppo affezionati … – E allora? – Chiesi ingenuamente. – Allora ho pensato a te. Non soffro di attacchi di panico, ma quello che provai doveva essere qualcosa di simile. – Roberto, ascolta: – ora sparava tutte le sue cartucce – sei l’unico che può farlo. Non ti darà molto fastidio. Tu, hai un lavoro che ti lascia molto tempo libero. Ti farà compagnia. Si tratta solo di 7 o 8 giorni. È pulito, ha anche il collare antipulci. Basta che tu lo porti fuori un paio di volte al giorno. Qui hai molto posto. Per il mangiare non è un problema, mangia di tutto … Sono un debole? No, sono uno che pensa alla salute. Se non gli do subito il benestare, Lallo è capace di torturarmi per altre due ore. Spaccanapoli taglia in due una città. Ed io, che sono solo un uomo, come potrei salvarmi? – Va bene, – dico rassegnato – te lo tengo. Quando me lo porti? – Domattina, sul presto. Così, poi, possiamo partire 13 foglio 1b – È visibilmente soddisfatto. – Chissà come sarà contenta Alina. Non so come ringraziarti. Sono ormai più di sei mesi che io e Alina abbiamo una relazione. All’inizio, un incontro fortuito, una bibita bevuta insieme al tavolo di un bar, la sensazione di avere molto da dirci, la simpatia reciproca, un appuntamento per rivederci. Ci rivedemmo. Quando il discorso cadde su Lallo, lei non nascose la sua insoddisfazione. Non era capita, era trascurata. Noi invece stavamo bene insieme. Io la capivo, la facevo sorridere, avevo tempo da dedicarle. – Ma tu che lavoro fai? – Mi chiese. – Faccio l’allibratore. Ho un picchetto all’ippodromo. – Le spiegai di cosa si trattava. – Si corre 3 o 4 volte la settimana al massimo, per questo ho molto tempo libero. – Che bello! – disse con un gran sorriso. Poi si decise e venne a trovarmi a casa. Fu molto piacevole e divertente. Le sue mutandine erano nere ed avevano una scritta bianca: “Scopri il nido del cucù.” Ridemmo insieme per quell’indumento della linea Freegirl e mi disse che c’era anche la linea maschile Freeboy. Sarò un cinico, ma onestamente devo ammettere che non ho mai avuto il benché minimo rimorso verso Lallo. E, fino ad ora, nemmeno lei. E se ho deciso di tenere il cane, a prescindere dallo spaccanapoli, l’ho fatto, più che altro, per lei. 14 pipa ha bisogno di riposare. Usale seguendo i giorni della settimana. Il Lunedì una, il Martedì un’altra e così via. Per ognuna il suo tabacco, in modo da non mescolare aromi. Quando finisce la settimana, riparti da quella del Lunedì. Mi raccomando. E finalmente se ne andò. Avvertii un bisogno impellente di fumare una sigaretta. Me ne accesi una, aspirai voluttuosamente un paio di boccate, presi la rastrelliera e la misi su un mobiletto in un angolo della sala. Come già sapete, è ancora lì. Con me era andata così e immagino che qualcosa di simile fosse accaduto a tutti gli altri amici. Ma non tutti l’avevano relegata come soprammobile. C’era anche chi, spinto dalla curiosità di provare le voluttuose sensazioni declamate da Lallo, aveva cominciato a fumare attenendosi scrupolosamente alle regole consigliate. La moglie di Emilio, incontrata per strada, mi confidò che da quando il marito aveva iniziato a fumare la pipa, le serate in casa erano diventate burrascose. Oltre che, a sentir lei, puzzolenti. – È una cosa impossibile. Lui accende la pipa e io comincio a tossire per il fumo e devo scappare in un’altra stanza. Non posso più vedere un film in pace alla TV. Un tanfo che non ti dico. Fa delle nuvole di fumo che sembrano quelle di un temporale. Sono incazzatissima. Qualche giorno dopo viene a trovarmi Daniele, per fare quattro chiacchiere, dice lui. In realtà voleva sfogarsi. 11 22 EDITO DA ME I giorni passano ed io non posso fare a meno di pensare a Lallo e alla sua lettera. Ora, mio malgrado, credo di cominciare a capire quell’uomo. In un sol colpo è riuscito a sbolognarmi la moglie e il cane. Senza contare le due rastrelliere di pipe. E pensare che non so nemmeno cos’è il “flock”. tutto ciò che ha intorno emettendo tragici e sconsolati muggiti. Solo in compagnia è tranquillo e si limita a masticare una scarpa o un pezzo di pelle strappato dal divano. Guai a rimproverare od inveire contro quel degenerato incrocio di geni. Alina diventa una belva. Il suo cuore di “mammina” sanguina. Ogni tanto, la sera, possiamo andare tutti a mangiare una pizzetta dal “Pirata”, l’unico posto dove Crock è accettato. Un mesto locale poco frequentato, dove lui è accolto con esultanza. Forse in considerazione del fatto che, mentre noi mangiamo una pessima “margherita”, lui ingurgita quattro pizze con salsiccia e due calzoni farciti. Alina è scontenta, imbronciata e pronta al litigio. Addossa a me la colpa della monotonia delle serate. Mi accusa di non avere inventiva. Lallo Mario Dari foglio 2a anno ti ritrovi un pezzo da collezione. Che ne dici? Era inutile dicessi qualcosa. Non facevo in tempo ad aprire bocca che lui già riprendeva quello che mi pareva un soliloquio. Ora aveva in mano una pipa e me la mostrava con ammirazione. – Guarda. Guarda la perfezione, la precisione di questo flock … Mi sforzai di non chiedergli che cosa era il flock per il terrore di un’altra mezzora di spiegazioni e, sfinito, cedetti. – Va bene. Prendo la rastrelliera. – Credevo d’aver posto fine alla penitenza. – Bravo, un giorno mi ringrazierai. – Era euforico. – Ah, ma non credere che ti lasci così, senza qualche consiglio. Sono un amico o no? Intanto ti lascio una confezione di scovolini: devi sempre pulire il cannello e il bocchino con lo scovolino dopo ogni fumata. Poi ti regalo tre confezioni di tabacco: un Virginia, un Kentucky e un Burley. Non prendere mai miscele orientali. Il caricamento della pipa è molto importante. Devi sfilacciare il tabacco rendendolo arioso ed inserirlo nel fornello in piccole quantità, premendolo a poco a poco col curapipe, in modo che rimanga ancora elastico … Non so quanto continuò a parlare. Ero semiincosciente. Finalmente parve aver finito. – Ciao, allora. – disse avviandosi alla porta. Stava per aprirla, quando si voltò di nuovo verso di me. – Dimenticavo la cosa più importante: tieni sempre le pipe nei loro alloggiamenti. Dopo una fumata la 10 Erano esattamente le 9 e 11 minuti, quando il cane entrò in casa. Lallo gli tolse il guinzaglio e quella massa di carne e pelo mi si avvicinò e mi annusò. Ero un po’ intimidito da quella specie di pachiderma dal muso poco raccomandabile, ma Lallo trovò subito parole rassicuranti. – Non ci far caso, si sta ambientando. Vedrai, è buonissimo. – Speriamo. – dissi poco convinto. – Piuttosto, non lasciare delle scarpe in giro. Ci si diverte moltissimo: le mastica come chewing-gum. – Hai altri consigli, prima d’andartene? – Beh, se gli vuoi dare una lavata, perché effettivamente lui dopo un paio di giorni non manda un buon odore, non ci sono problemi. Lo puoi fare tranquillamente sotto la doccia. Dopo però non prendere il phon per asciugarlo, ti si avventerebbe contro. Si asciuga da solo, vedrai. Ah, dimenticavo, si chiama Crock.. Bene, adesso scappo. E grazie, grazie di cuore. Permetti un abbraccio? Non riuscii ad evitare l’abbraccio. – Un’ultima cosa. Non lasciare mai una porta chiusa tra te e lui: l’abbatte. Rimasi solo con Crock. Girava per la stanza come se cercasse qualcosa. Fece cadere due sedie, e con una musata contro un’anta della libreria fece tintinnare i vetri della parte superiore. – Crock! – Urlai – Vieni qui! Mi fissò sorpreso e rimase immobile. Allora mi sedetti sul divano. 15 21 Questa collana di racconti umoristici è curata da Mario Dari © Editodame / Editodate © Il mondo di Mahel maggio 2004 È passato un mese da quel giorno, ma a me sembra molto di più. Alina si aggrappò a me come ad una ciambella di salvataggio. Era disperata: non sapeva come affrontare la nuova situazione. Le dissi di venire a stare con me e per lei fu un sollievo. Portò, indumenti, biancheria, cianfrusaglie varie e la rastrelliera delle pipe che io misi sul mobiletto accanto all’altra. Dopo un mese di vita in comune, rallegrata dall’ingombrante e costante presenza di Crock, il mio consueto ottimismo, si è dileguato. Sono diventato lo schiavo del bestione che, due volte al giorno, mi trascina nei posti più impensati e maleodoranti come le discariche di rifiuti. La sera non possiamo uscire da soli, perché lui, mi ha spiegato Alina, non regge la solitudine e viene preso dall’angoscia dell’abbandono che lo porta a devastare arrangiarti perché io non ti lascio niente. Volevo portarmi dietro anche la rastrelliera delle pipe, ma te l’ho lasciata in un impulso di generosità. Tienila cara. Tu sei giovane e bella. Non ti sarà difficile sistemarti, conoscendo il tuo amore per i cucù. Come tutte le mattine, ho dovuto portare Crock a bighellonare. Per poter sparire, l’ho lasciato da Roberto che, se è ancora vivo, merita i miei più sentiti ringraziamenti per la sua disponibilità. A mai più. Lallo” foglio 2b – Qui, ho detto! – Ordinai, indicando il pavimento vicino a me. Devo avere insospettate doti da domatore, perché, contro ogni mia aspettativa, obbedì. Venne e si sdraiò ai miei piedi. Un attimo dopo ne aveva uno in bocca: con la scarpa, s’intende. Non senza fatica riuscii a riprendermi il piede. Misi le estremità sul divano. Mandò uno uggiolìo di disappunto, quindi abbassò la testa. Provai ad accarezzarlo sul dorso, ma ci rinunciai subito per timore di graffiarmi la mano. Aveva un pelo così ispido e grosso che, così sdraiato, somigliava ad un lettino da fachiro. Mi convinsi che passare sette giorni con lui sarebbe stata un’esperienza indimenticabile. Semprechè ne fossi uscito intero. La sorpresa fu, quando poco dopo mezzogiorno, mi telefonò Alina. Il cellulare mi portò la sua voce preoccupata. – Stamani Lallo ha portato fuori il cane e non è ancora rientrato … – Credevo foste già partiti – la interruppi – avrà avuto qualche contrattempo. Dove ha deciso di portarti? Stai tranquilla per il cane: farò del mio meglio. Ci fu un attimo d’imbarazzato silenzio. – Ma di che cosa parli? Scusa Roberto, stai dando i numeri? Quale cane? Mi ci volle un po’ per spiegarle tutto. Sembrava che 16 dono del pezzo forte del suo campionario. La piccola rastrelliera in legno pregiato con sette pipe. Un pezzo d’alto artigianato, adeguatamente sagomato per accogliere, in bella vista, sette diverse pipe una accanto all’altra. Sulla base della pregevole opera, sotto ogni pipa, delle piccole targhette d’ottone con incisi i nomi dei giorni: Lunedì, Martedì e così via fino alla Domenica. Toccò anche a me cedere alle sue martorianti pressioni. – Le sigarette. D’accordo, ti piacciono le sigarette, – macinava instancabile – ma devi credermi, devi provare. Tra fumare una sigaretta e fare una bella fumata con una buona pipa c’è la stessa differenza che passa tra bere un bicchiere di Tavernello e degustare a piccole sorsate un Brunello d’annata. Mi capisci? No, io Lallo non riuscivo a capirlo. Mi guardava con occhi da ipnotizzatore e i suoi baffetti erano lucidi di sudore. – Vedi, Lallo… – Ma tu pensa: credi che sia qui per fare un affare? – Scuoteva la testa. – Io ti voglio fare un favore. Un articolo come questo viene venduto a 1.170 Euro. Ma mica con le pipe che ti voglio dare io. Con robetta. Ascolta, io te lo regalo a 560 Euro con delle pipe di Manganaro, di Armellini ed anche di Posella. Una serie ben differenziata anche nella forma, con delle Billiard, un paio di Bent, una bella Bulldog ed anche una Pot. Puoi sceglierle tra lisce, sabbiate e rusticate. Una rastrelliera così si rivaluta nel tempo. Tra qualche 9 20 5 “Alina, sono sparito. Volatilizzato. Ti assicuro: introvabile. Anche se è difficile cambiare vita all’improvviso, io me la caverò. Con le pipe o senza. Ho preso questa decisione perché in me si è rotto qualcosa d’importante: il limite di resistenza alle tue continue lamentele, ai tuoi rimproveri e a quel fetente animale che ostinatamente vuoi tenere in casa, avversando ogni mia ragionevole proposta di trasferimento, come quella di liberarlo in una savana. Sparisco, con l’unico paio di scarpe ancora rimastemi, prima che anch’esse vengano masticate dalla bestia. Tu dovrai Quel “mammina” mi sembrò un termine inappropriato per quel bestione. – Senti, – le dissi – riesci a farlo star fermo per un po’? Mi sembra che noi dovremmo parlare. Il suo tono di voce cambiò subito. Divenne secco e tagliente. – Crock! Subito a cuccia! – Ordinò. Il cane abbassò la testa e si sdraiò per terra. Ci sedemmo sul divano e lei scoppiò in lacrime. Le presi una mano tra le mie e attesi pazientemente che cominciasse a parlare. Ad un certo punto, si scosse, aprì la borsetta che aveva a tracolla, tirò fuori una busta e me la porse. – Me l’ha portata un’ora fa un Pony Express … Robeeerto, sono disperata – e riprese a singhiozzare. La busta conteneva un foglio dattiloscritto. Lo lessi in silenzio. Il campanello suonò ed io andai al citofono. Mi sentii cadere le braccia: era quello spaccanapoli di Lallo. – Scusa se ti disturbo … Aprii il portone e, mentre lui, inesorabilmente, saliva con l’ascensore, passai rapidamente in rivista le cose che potevo fare per salvarmi: sbattergli la porta in faccia e mandarlo a quel paese; uscire di corsa così com’ero (voglio dire in mutande) gridandogli che avevo una cosa urgentissima da sbrigare e che ci saremmo rivisti un altro giorno; fingere un malore e gorgogliargli di chiamare un’ ambulanza: conoscendolo sarebbe sicuramente svenuto e l’ambulanza, che avrei chiamato io, avrebbe portato lui in Ospedale; oppure subirlo. Non c’era scampo. – Entra, che cosa c’è? – Dissi impassibile. Il mio self-control certe volte mi fa veramente schifo. Lallo abbozzò un sorrisetto di ringraziamento ed entrò in casa. Si guardò intorno, mi guardò. – Senti, – fece – io non ho fretta. Se devi vestirti fallo pure. Aspetto. Stavo benissimo in mutande e avrei voluto rimanerci, ma con lui, lì a guardare, quell’indumento intimo di Freeboy, che sul davanti portava la scritta “Spingi un bottone per vedere il cucù”, mi procurava un certo disagio. Lo lasciai per andare a mettermi qualcosa addosso. foglio 3a – Non sono un indovino. – Non ha importanza. Comunque, sempre in casa, sempre le solite cose, qualche volta una pizzetta. Capisco che si annoi. Ha quasi smesso di sorridere, è irritabile, immusonita. A volte risponde male. – Ma portala a fare un viaggio, allora. Che aspetti? – Esclamai convinto di chiudere l’argomento. – Meno male che hai capito e che la pensi come me. È già un bel risultato. – Fece esprimendo soddisfazione. – Mi fa piacere che tu sia d’accordo. Ebbe un attimo d’esitazione, quindi riprese: – Solo che il problema è un altro… Cominciavo a sentire lievi accenni di capogiro. Quanto sarebbe durato ancora il martirio? Lallo si era alzato ed era andato davanti a un mobiletto. – Ma allora non le vuoi proprio provare? – Esclamò con un tono di rimprovero. – Come? – Chiesi, non rendendomi conto di cosa parlasse. – Le pipe. Hai un set di pipe da fare invidia e tu le lasci lì, sul mobiletto, a prendere polvere. D’accordo, tu sei abituato alle sigarette, ma provare, per la miseria, che ti costa? Mi dispiace perché ti privi di un piacere … Già, le pipe. Lallo non si limitava a venderle alle tabaccherie specializzate, ma si dava da fare anche con i privati. Per amicizia, s’intende. Nella cerchia degli amici nessuno era riuscito a sottrarsi all’offerta8 lei non sapesse niente della vacanza. – Forse vuole farti una sorpresa – dissi con poca convinzione – ritelefonami appena sai qualcosa di nuovo. Io sono in casa. – Si, ma porta un po’ fuori Crok. Trattalo bene. Sento già la sua mancanza. Sbagliavo o stava piangendo? Mangiai qualcosa in fretta, anche perché Crock cercava d’impossessarsi di qualsiasi cosa portavo alla bocca con delle linguate rapide come lampi. E il più delle volte ci riusciva. Avevo la faccia bagnata. Inutile gettargli dei bocconi per terra. Lui prediligeva il metodo descritto. In sostanza mangiai ben poco in confronto alla quantità di cibo che lui era riuscito a carpirmi e a trangugiare. Non avevo voglia di pensare. Misi il guinzaglio a Crock e lo portai fuori. Vicino a dove abito ci sono dei giardinetti pubblici. Provai a dirigermi in quella direzione, ma Crock aveva altre idee. S’impuntava e mi trascinava in direzione opposta. Sembravo un aratro dietro ad un bue. Se non lasciavo solchi era perché sotto i piedi avevo dell’asfalto e non terra. Allora invertii la marcia. Mi diressi dove lui sembrava intenzionato ad andare ed in poco tempo irruppi nei giardinetti come un fantoccio legato ad un trattore. Dopo aver innaffiato abbondantemente non so più quanti alberelli che si agitarono come fossero stati percossi, Crock si diresse deciso verso un gruppetto di bambini che stavano giocando sotto gli occhi delle 17 18 madri. Il suo arrivo causò un’improvvisa ondata di panico nelle donne. I bambini, invece, sulle prime, si misero a ridere, ma quando Crock li salutò allegramente con una specie di ruggito, s’impaurirono e scapparono piangendo. Mi si avvicinò un vigile che era nei paraggi. – Lo porti via – ordinò – ma che cos’è? Rinunciai a rispondergli. Se avessi detto “un cane” poteva credere che volessi prenderlo per i fondelli. Con il solito metodo di tirarlo dalla parte opposta, Crock mi trainò velocemente a casa. Mi pareva che le braccia mi si fossero allungate di una decina di centimetri. Dopo avergli sganciato il guinzaglio, mi buttai sul divano per riprendere fiato. Lui si stese per terra ansimando. Da Alina nessuna notizia. Cominciavo a sentirmi preoccupato, ma non ebbi molto tempo per stare a rimuginare pensieri, perché avvertii uno strano odore. Era penetrante e leggermente disgustoso. Aumentava di momento in momento e stava permeando la stanza. Ci volle poco a capire che ad emetterlo era il cane. Dalla gita era rientrato affaticato e sudato. Il calore del suo corpo faceva fumigare il suo sudore che si disperdeva per l’aria. Pareva un incensiere. Dovetti farmi forza e trascinarlo in bagno per dargli una lavata. Se non l’avessi fatto, il rischio sarebbe stato l’asfissia. Capii che era un habitué, perché si dimostrò docilissimo. Lo misi sotto la doccia, feci scrosciare l’acqua, gli versai addosso un flacone di shampoo e, con un 7 – Ho un grosso problema – Disse non appena mi sedetti sul divano vicino a lui. Mi limitai a guardarlo. – Ora non pensare a chissà cosa. – Continuò. Grosso ma risolvibile. E poi, grosso, forse ho esagerato. Dipende dai punti di vista: a me pare grosso, tu, magari, puoi trovarlo una sciocchezza. Potessi conoscere in anticipo il tuo pensiero, potrebbe anche non esserci alcun problema. Capisci? Non volevo che cominciasse a triturare. – Insomma, vuoi dirmi di cosa si tratta? – Chiesi. – Per me sei un grande amico e se sapessi di arrecarti disturbo, non avrei il coraggio di parlartene. Comunque, se lo faccio, è per Alina. – Alina? – Certo. Ma lo sai quanto tempo è che non trovo il modo di portarla a fare una vacanzetta? Di farla divertire un po’? avere già i coglioni costipati. Sciocchezze. Quando attaccò a parlare del suo lavoro, faceva il rappresentante di articoli per fumatori ( in pratica pipe e tabacchi pregiati), avvertimmo, senza ombra di dubbio, che quell’uomo non si limitava a rompere, ma arrivava a macinare, triturare, a ridurre in poltiglia i nostri desolati ed inermi attributi. A guardare bene i movimenti della bocca, mentre parlava, pareva te li masticasse. Beh, adesso era lì che mi aspettava. Non era una bella prospettiva, ma mi feci forza e uscii dalla mia camera. foglio 3b In camera mentre m’infilavo i jeans e una camicia il pensiero correva a Lallo. “Ma cosa diavolo è venuto a fare? Cosa vorrà?” Il suo vero nome era Raffaello Piromallo, ma non ho mai sentito nessuno chiamarlo così. Lo conobbi una sera ad una cena. Doveva essere una cena limitata ad amici ed amiche che si conoscevano da tempo. Quasi una cenetta intima. – Siamo solo noi. Sette o otto in tutto. Anzi, c’è la Miriam, che non sa se riesce a venire … Arrivai sul luogo dell’appuntamento, e mi ritrovai in mezzo ad una ventina di persone. Più della metà non le avevo mai viste. Tutti avevano invitato qualcuno. Presentazioni, strette di mano, sorrisi. La Miriam c’era. Anche lei con una coppia di conoscenti. – Conosci i signori Piromallo? – Mi chiese con un tono che parve rivelare la sua grande sorpresa nel constatare che ignoravo la loro esistenza. – Ti presento Alina e Lallo. Ecco, lo conobbi così. Alina, la moglie, era una bella ragazza, giovane e dal volto molto dolce. La trovai attraente e simpatica, ma lui m’ispirò antipatia ancor prima che aprisse bocca. Durante la cena, la prima impressione, si tramutò in certezza. S’intrometteva in ogni discorso, distribuiva consigli non richiesti, dava giudizi sulle pietanze indicando, con un’ incredibile quantità d’inutili particolari, quali ingredienti o modi di cottura avrebbero potuto migliorarle. Un mini Raspelli pignoleggiante e logorroico. Qualcuno, di nascosto, mi faceva cenno di 6 guanto-spugna, lo strofinai a lungo. Quindi lo sciacquai. Feci per afferrare il phon, ma ricordai quello che mi aveva detto Lallo. Restai in attesa, curioso di vedere il suo metodo per asciugarsi. Fu un attimo: si scrollò con forza due o tre volte facendo un rumore di panni fradici sbattuti ed io fui investito e inzuppato d’acqua come sotto ad un nubifragio. Quando tornò il sole, tutto era bagnato intorno a me. Dal soffitto cadevano grosse gocce d’acqua. Mi ero cambiato da poco quando, finalmente, Alina si fece viva. Singhiozzava, piangeva, era disperata. – Alina, che hai? Che è successo? – Le chiesi inutilmente. – È accaduto qualcosa a Lallo? – Sììììì. – Riuscì a dire. Un’altra serie di singulti prima di dire altre poche parole. – Vengo da te. Voglio il mio Crock … Quella telefonata non prometteva niente di buono. Attesi impaziente il suo arrivo facendo mille congetture, non riuscendo a darmi spiegazioni logiche. Quando le aprii, si presentò con gli occhi arrossati e gonfi. Protese le braccia verso di me ed io mi preparai ad accoglierla tra le mie, ma quel tentativo d’abbraccio fu vanificato dall’intrusione di Crock che, alla vista di Alina, pareva impazzito. Le saltellava attorno colpendola con i fianchi e facendola traballare. – Crock! – Chiamava lei in evidente stato di improvvisa felice ebbrezza – Crock! Buono, Croccolone mio. Sì, sono qui. La tua mammina è qui. 19