procedura valutazione di impatto ambientale

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procedura valutazione di impatto ambientale
PROCEDURA VALUTAZIONE DI
IMPATTO AMBIENTALE
POTENZIAMENTO DELL’IMPIANTO DI RECUPERO INERTI
NON PERICOLOSI PROVENIENTI DA COSTRUZIONI E
DEMOLIZIONI IN LOCALITA’ VAL DI MERSE
D
C
E
N
O
I
S
S
I
M
E
B A
ITALCAVE s.r.l.
Via G. Montanelli 19, 56121 PISA
Cava Val di Merse - Comune di Monteriggioni (SI)
PROGETTO DEFINITIVO
RELAZIONE TECNICA
4 5
6 0 S G G 1 0 A
Set.
2015
2
INDICE:
0.1. PREMESSA ................................................................................................ 4
0.2. CONTENUTI DEL PROGETTO ............................................................... 5
1. INQUADRAMENTO TERRITORIALE ........................................................... 7
1.1 Ubicazione e viabilità di accesso .......................................................... 7
1.2 Inquadramento geologico e geomorfologico ............................................ 10
1.3 Idrogeologia ............................................................................................. 14
1.4 Idrografia ............................................................................................... 20
2. PROGETTO DI POTENZIAMENTO DELL’IMPIANTO ESISTENTE ............ 21
2.1 Descrizione del ciclo tecnologico di progetto ........................................ 21
2.2. Modifica del sistema di conferimento e vendita dei materiali ................. 24
2.3 Processo A: Inerti da costruzione e demolizione (Misti) .......................... 25
2.4 Processo B: Terre e Rocce da Scavo...................................................... 31
2.5 Sovvali ..................................................................................................... 33
2.6 Considerazioni in merito all’end of waste ............................................... 34
2.7 Quadro normativo end of waste............................................................... 36
3. SUDDIVISIONE DELL’AREA IMPIANTO DI RICICLAGGIO ....................... 39
3.1 Delimitazione dell’area impianto di riciclaggio ........................................ 39
3.2 Definizione delle parti comuni con l’attività estrattiva.............................. 40
3.3 Zona di stoccaggio del materiale in ingresso .......................................... 40
3.4 Zona di stoccaggio del materiale lavorato in uscita ................................ 41
4. PREVISIONE CIRCA I MATERIALI MOVIMENTATI .................................. 43
4.1 Contratti attivati dalla Società Italcave ................................................... 43
4.2 Volumetria in ingresso all’impianto di riciclaggio..................................... 44
4.3 Volumetria massima delle MPS presenti nell’area impianto ................... 45
4.4 Flussi in ingresso ed uscita dall’area ..................................................... 46
5. PRODOTTI COMMERCIALI ....................................................................... 48
5.1 Introduzione e motivazioni ...................................................................... 48
5.2 Identificazione dei prodotti commerciali .................................................. 48
5.3 Prodotti riciclati derivanti dal processo di recupero................................ 49
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Progetto definitivo per il potenziamento dell’impianto di recupero inerti
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6. PROCEDURE PER IL CONTROLLO DEI MATERIALI ............................. 52
6.1 Procedura per il controllo dei materiali in ingresso all’impianto .............. 52
6.2 Procedura per il controllo dei materiali prodotti dall’impianto di
recupero ed utilizzati nel recupero della cava .......................................... 54
6.3 Procedura per il controllo di aggregati riciclati prodotti dall’impianto e
posti sul mercato ...................................................................................... 55
6.4 Controlli finali (prodotti) ......................................................................... 58
7. MONITORAGGIO AMBIENTALE ............................................................... 60
7.1 Riepilogo delle attività di monitoraggio ambientale derivanti da altre
autorizzazioni ........................................................................................... 60
7.2 Potenziamento della rete per il monitoraggio delle acque sotterranee ... 63
7.3 Raccolta e conservazione di tutti i dati derivanti dal monitoraggio.......... 67
7.4 Diffusione e pubblicazione dei dati relativi al monitoraggio ambientale .. 67
8. STIMA DEL COSTO DELL’OPERA .......................................................... 68
ELABORATI DEL PROGETTO DEFINITIVO
4560SGG10
4560SGG11
4560SGG12
4560SGG13
4560SGG14
4560SGG15
4560SGG16
Relazione tecnica
Stato attuale opere murarie
Stato attuale impianto
Stato futuro impianto
Stato attuale – Luglio 2015
Sezioni stato attuale
Zoning dell’impianto
1:200 – 1:25
1:100
1:100
1:1.000
1:1.000
1:1.000
DOCUMENTI DELLO STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE
4560SGG40
Studio di impatto ambientale
4560SGG41
Sintesi non tecnica
4560SGG50
Allegato: Valutazione delle polveri diffuse
4560SGG51
Allegato: Valutazione del rumore
4560SGG52
Allegato: Incidenza sul traffico
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0.1. PREMESSA
La Società ITALCAVE S.r.l., ha presentato in data 22 Dicembre 2014 istanza
per l’attivazione di una procedura di verifica di impatto ambientale relativa al
potenziamento dell’impianto di recupero inerti non pericolosi proventi da
costruzioni e demolizioni. Dall’istruttoria della procedura di verifica è emersa
la necessità di procedere con lo studio di Valutazione di Impatto Ambientale
(determinazione Dirigenziale n° 1681 del 23 luglio 2015.)
La Società ITALCAVE S.r.l ha sede legale in Via g. Montanelli n.c. 19, 56121
Pisa, è attualmente in possesso dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 208
del D.lgs. 152/06 per l’impianto di recupero rifiuti speciali non pericolosi sito nel
Comune di Monteriggioni (SI) in Loc. Cava Val di Merse.
Tale autorizzazione è stata rilasciata attraverso la D.D. n. 691 del 10/03/2014
della Provincia di Siena che modifica e sostituisce le precedenti D.D. n. 183 del
11/02/2010, e D.D. n. 1805 del 22/12/2010, successivamente alla D.D. n. 1231
del 16/09/2008 con la quale l’impianto di recupero inerti è stato escluso dalla
procedura di Valutazione di Impatto Ambientale.
La Società Italcave intende potenziare l'impianto in essere e rivedere in tale
occasione l'intero ciclo produttivo e pertanto si rende necessario potenziare la
capacità dell'impianto in essere a mezzo di una modifica impiantistica che
prevede l’inserimento di un vibrovaglio che consentirà di incrementare la
volumetria dei materiali trattati.
In data 22 dicembre 2014 (BURT 31 dicembre 2014) fu attivata la procedura di
Verifica di Impatto Ambientale per il potenziamento delle quantità trattate dal
citato impianto; tale procedura autorizzativa, presso l’Amministrazione
Provinciale di Siena ha portato alla decisione di sottoporre il progetto alla
procedura di VIA . .
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0.2. CONTENUTI DEL PROGETTO
Il presente progetto prevede :
1. incremento della quantità complessiva dei materiali da trattare con
l'impianti. Nello specifico si richiede :
TIPOLOGIA
Codice
CER
Autorizzazione in essere
Richiesta di
potenziamento
Quantità
istantanea
(tons)
Quantità
trattata
(t/anno)
Quantità
istantanea
(tons)
Quantità
trattata
(t/anno)
1.000
50.000
1.000
50.000
Terre e rocce da scavo, diverse
da quelle di cui alla voce
170503 ( conformi alla Colonna
170504
A della tab. 1 all. 5 degli
allegati al titolo V° della parte
IV del DLGS 152/06 e s.m.i)
1.000
5.000
1.000
135.000
Terre e rocce da scavo, diverse
da quelle di cui alla voce
170503 ( conformi alla Colonna
170504
B della tab. 1 all. 5 degli
allegati al titolo V° della parte
IV del DLGS 152/06 e s.m.i)
1.000
10.000
1.000
25.000
170101 Cemento
170102 Mattoni
170103 Mattonelle e ceramiche
Miscugli o scorie di cemento,
mattoni,
mattonelle
e
170107
ceramiche, diverse da quelle di
cui alla voce 170106
Rifiuti misti dell’attività di
costruzione e demolizione,
170904
diversi da quelli di cui alle voci
170901, 170902, e 170903
2. una modifica all'impianto in essere, che a seguito dell'introduzione di un
“vaglio rotante” o similare consente appunto di incrementare la
produzione.
Si ricorda che la sopracitata modifica non richiede alcuna nuova opera edile per
l'impianto esistente essendo appunto tale vaglio mobile come per altro risulta
essere anche la restante parte dell'impianto.
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Le autorizzazioni ottenute nel tempo dalla Società ITALCAVE e ancora oggi
vigenti sono costituite da.






Esclusione dalla Procedura di VIA – Atto Dirigenziale n. 1231 del 16/09/2008;
Autorizzazione art. 208 del D.lgs. 152/06 – Atto Dirigenziale n. 183 del
11/02/2010;
Autorizzazione art. 208 del D.lgs. 152/06. Modifica – Atto Dirigenziale n. 1805
del 22/12/2010;
Autorizzazioni art. 124 del D.lgs. 152/06 – Atto Dirigenziale n. 290 del
1/03/2010;
Autorizzazione art. 208 del D.lgs. 152/06. Modifica – Atto Dirigenziale n. 691 del
10/03/2014 che ricomprende:
o Autorizzazione alla gestione dei rifiuti
o Autorizzazione allo scarico delle acque reflue fuori dalla pubblica
fognatura
o Autorizzazione alle emissioni diffuse in atmosfera.
Autorizzazione AUA sia per la cava di inerti che per l’impianto di lavorazione
MPS – Atto Dirigenziale n. 2100 del 01/08/2014 .
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1. INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1.1 Ubicazione e viabilità di accesso
L’area di cava ove è posto l’impianto è ubicata sul versante orientale del
rilievo montuoso del Monte Maggio, che rappresenta l’estrema propaggine
settentrionale della Montagnola Senese. Tale area è ubicata sulla parte
inferiore del versante, in sinistra orografica del Fosso di Val di Merse, nel
Comune di Monteriggioni, in Provincia di Siena. In destra orografica del Fosso
Val di Merse sono presenti dei rilievi collinari medio-bassi, oltre i quali, in
direzione orientale, è presente il fondovalle del T. Staggia.
L’area è cartografata nei Fogli della Carta d’Italia n° 113 “Castelfiorentino”, alla
tavoletta II SO “ Monteriggioni” e n° 120 “Siena” alla tavoletta I NO “Sovicille”.
L’area è censita al N.C.T. del Comune di Monteriggioni nel foglio n° 75 alle
particelle n° 1, 25 p.p. , 28 , 27 p.p. e nel foglio n° 50 alle particelle n° 6 p.p, 10
e 9 p.p. Il fondo valle è inoltre caratterizzato dal tracciato della Via Cassia
(Strada Regionale n° 2 ) che percorre tutta la valle con direzione quasi SudNord, parallelamente all’alveo del Fosso Val di Merse.
Fig. 1.1 Localizzazione impianto da Google Earth
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Fig. 1.2 Localizzazione impianto da Google Earth – maggior dettaglio
L’impianto è facilmente raggiungibile dall’abitato di Monteriggioni, percorrendo
la SR2 Cassia. Gli agglomerati o nuclei abitativi più vicini all’area di cava sono
rappresentati da quelli delle Fornacelle (2,8 km a Sud-Est), delle Badesse (2,0
km ad Est –Nord-Est) e di Monteriggioni (3,2 km a Nord).
Uno studio dettagliato circa il traffico veicolare indotto dal potenziamento
dell’impianto è riportato nell’elaborato 4560SGG52 .
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Fig. 1.3 Viabilità di accesso all’area
L’area dell’impianto si relaziona interamente all’interno dell’ambito territoriale
del Comune di Monteriggioni. L’area di studio, presenta un carattere
sostanzialmente rurale ed agricolo, ad uso essenzialmente boschivo. Nelle
immediate vicinanze dell’area sono presenti delle cave dismesse oggetto di
risanamento ambientale, che portano ancora tracce evidenti della passata
attività estrattiva. Ad Ovest dell’area si sviluppa l’area PSIC “Montagnola
Senese”, area che interessa i Comuni di Casole d'Elsa, Siena, Monteriggioni,
Sovicille. L’area psic “Montagnola Senese” ha un orientamento nord est – sud
ovest ed è delimitata ad ovest dall'Alta Val d'Elsa e ad est dalle antiche piane
lacustri di Pian del Lago. E’ quindi compresa tra l'alta valle dell'Elsa, il torrente
Rosia, la Val di Merse e le piane situate ad occidente di Siena. I suoi rilievi
raggiungono un’altezza attorno ai 500-600 metri sul livello del mare (la quota
massima è quella di Montemaggio, mt 671 s.l.m.).
Le attività che interessano le pendici dei rilievi collinari posti nei dintorni
dell’area di cava, sono caratterizzate, essenzialmente, da usi agricoli ad uso
boschivo. Spostandosi verso Sud, verso l’area di Pian del Lago, si aprono,
lungo il fondovalle del Fosso Maestro di Pian del Lago, ampi coltivi ad uso
seminativo.
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1.2 Inquadramento geologico e geomorfologico
Geograficamente l'area in esame si colloca nella propaggine più settentrionale
della dorsale montuosa della Montagnola Senese a circa 2 km a Sud-Est
dell'abitato di Monteriggioni ed a circa 5 km dalla periferia Nord della Città di
Siena. L'area è ubicata nella parte meridionale del bacino idrografico del Fiume
Elsa, facente parte del più ampio bacino imbrifero del Fiume Arno, ed è
prossima allo spartiacque topografico con il bacino del Fiume Merse, a sua
volta tributario del Fiume Ombrone. Tutta l'area adiacente è caratterizzata da
una morfologia di tipo collinare con rilievi aventi altezze variabili intorno a 300 m
s.l.m.
Questa morfologia tende a degradare verso Nord ove è presente l'area
pianeggiante di "Pian del Casone" e verso Sud in corrispondenza di "Pian del
Lago".
Queste aree pianeggianti sono per la massima parte corrispondenti a
preesistenti bacini lacustri instaurati ai margini delle zone collinari
precedentemente menzionate. In questa zona, oltre ai noti processi morfologici
dovuti all'azione degli agenti atmosferici, si devono anche segnalare a carico
del substrato calcareo gli effetti del carsismo. Questi effetti, dovuti alla
dissoluzione chimica delle rocce, sono in parte responsabili delle forme del
paesaggio e sono evidenti sia a piccola scala con forme minori, che a grande
scala con formazione di doline. Queste ultime, per la verità, non sono presenti
nell'area della cava o nelle aree immediatamente limitrofe, mentre si segnalano
nell'area del Monte Maggio.
La successione dei terreni affioranti nell'area in esame è piuttosto eterogenea, i
vari complessi geologici sovrapposti possono essere così distinti, dal basso
verso l'alto:
A - COMPLESSO DEI TERRENI DI FACIES TOSCANA NON
METAMORFICA
B - COMPLESSO DEI TERRENI DI FACIES LIGURE
C - COMPLESSO MIOCENICO POST-OROGENICO
D- COMPLESSO NEOAUTOCTONO
Per le varie formazioni costituenti i diversi complessi geologici è riportata qui di
seguito una più dettagliata descrizione:
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A - COMPLESSO DEI TERRENI DI FACIES TOSCANA NON METAMORFICA
I terreni di facies toscana non metamorfica affiorano estesamente nell'area in
esame, anche se limitatamente al solo termine inferiore. Questi terreni hanno
subito, nel corso delle vicende orogenetiche che hanno interessato l'Appennino
Settentrionale, un particolare fenomeno tettonico. Essi sono stati infatti sradicati
al livello della serie anidritica basale dal loro originario substrato, per essere
traslati in posizione "alloctona" su altri complessi geologici, andando a costituire
la cosiddetta "falda toscana". Queste vicende tettoniche hanno finito per
determinare in alcune zone dell'Appennino la formazione di alcune aree
denudate in cui si nota l'affioramento dei soli termini rimasti dalla serie basale
della facies toscana. Questo fenomeno è conosciuto come "serie ridotta". In
queste aree gli affioramenti riconducibili alla facies toscana sono costituiti dal
cosiddetto "calcare cavernoso". Con questo termine si intende una particolare
facies di alterazione della "Formazione Anidritica di Burano" che costituisce
l'originaria base della serie toscana non metamorfica. Il processo di alterazione
che ha interessato questa formazione è dovuto essenzialmente alla circolazione
idrica superficiale su una successione originaria costituita da un'alternanza di
dolomie ed anidriti. "I calcari cavernosi sono prodotti da una successione di
fenomeni di brecciatura tettonica, di brecciatura autoclastica, di trasporto e
accumulo, di un substrato rimaneggiato specialmente ad opera del mare
pliocenico" (Signorini, 1967). Di questi processi parleremo più dettagliatamente
in seguito.
B - COMPLESSO DEI TERRENI DI FACIES LIGURE
Questo termine sta ad indicare tutti quei terreni in "posizione alloctona" sulle
precedenti formazioni del complesso dei terreni di facies toscana. Si tratta infatti
di sedimenti depositatisi in un originario bacino ligure esistente ad oriente del
dominio toscano e sovrappostosi a questo in seguito alle vicende tettoniche che
hanno interessato l'Appennino Settentrionale. Di tutte le varie unità distinte dagli
Autori, nella parte nord dell'area in esame affiorano esclusivamente:
− Rocce Ofiolitiche: si tratta essenzialmente di rocce magmatiche che hanno
subito stress metamorfici e sono costituite da associazioni di serpentina,
gabbro e diabase che in quest'area di "serie ridotta" poggiano direttamente
sulla formazione anidritica triassica.
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− Complesso delle argille scagliose: costituite da masse interamente
scompaginate con blocchi o strati di calcari immersi in una matrice argillosa.
Il complesso risulta profondamente tettonizzato a causa delle vicende
tettoniche subite.
C - COMPLESSO MIOCENICO POST-OROGENICO
Si possono inserire in questo complesso i terreni rimaneggiati dalla
trasgressione miocenica riferibile al Tortoniano sup.-Messiniano inf. e
precedente alla fase sedimentaria neogenica. In questa fase l'elaborazione a
carico del substrato rappresentato dal "calcare cavernoso" operata dalla
trasgressione marina dà origine alle cosiddette "Brecce di Cerreto a Merse",
delle quali tratteremo ampiamente più avanti relativamente alle caratteristiche
geolitologiche del giacimento in esame.
D - COMPLESSO NEOAUTOCTONO
I terreni che contraddistinguono questo complesso sono il risultato della
sedimentazione neogenica. Alla fine del Tortoniano sup. termina la cosiddetta
"fase parossismale" con la quale si ha la messa in posto delle principali coltri
alloctone della catena appenninica. In tutto l'Appennino Settentrionale al
termine di questa fase, caratterizzata sostanzialmente da una tettonica di tipo
"compressivo", si vengono ad evidenziare movimenti a carattere
prevalentemente "distensivo". Questo nuovo stile tettonico finisce con
l'evidenziare un sistema di faglie dirette con componente verticale
predominante, associate a formare un sistema di "horst e graben". Gli alti
strutturali costituiranno delle dorsali emerse separanti i bacini di sedimentazione
che ben presto si andranno ad instaurare nelle aree di approfondimento
tettonico. Si possono chiaramente ricondurre a questo tipo di origine sia il
Bacino di Siena che il Bacino della Val d'Elsa che interessano la zona in
esame. Queste aree saranno interessate inizialmente da una sedimentazione
lacustre (Miocene sup.) e successivamente (Pliocene inf.) marina. E'
interessante notare come questi sistemi di faglie assumano nel complesso
direttrici principali circa NW-SE in accordo con quelle che sono le principali
direttrici appenniniche. A complicare questa situazione si inseriscono altre linee
tettoniche trasversali che determinano la separazione degli ampi bacini
sedimentari sopraddetti in bacini più piccoli con successioni sedimentarie
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differenti. L'area in studio si trova in una zona compresa tra i già citati bacini di
Siena e della Val d'Elsa, contraddistinta da una successione sedimentaria
propria, e ciò proprio in virtù della presenza di linee tettoniche trasversali che lo
delimitano lateralmente. Queste discontinuità sono costituite dalla "Linea di
Belforte-Monteriggioni" e dalla "Linea Piombino-Faenza". Queste zone di
discontinuità hanno separato dai bacini adiacenti l'area in esame che ha
funzionato da soglia tettonica separata fin dal Miocene sup. I bacini principali di
Siena e della Val d'Elsa risultano quindi interrotti da un piccolo bacino
sedimentario a se stante conosciuto come "Bacino del Casino". La successione
stratigrafica che caratterizza questo bacino è analoga agli altri, dapprima
lacustre e solo successivamente marina e comprende:
− Successione continentale del Miocene sup. La serie stratigrafica miocenica
comprende due episodi lacustri separati da una fase tettonica. La
SUCCESSIONE LACUSTRE è dal basso costituita da: argille con
intercalazioni di lenti, strati gessosi e banchi di lignite, arenarie e brecciole,
argille azzurre lignitifere e conglomerati lacustri di chiusura con elementi
calcarei alternati ad argille e sabbie. Tutti questi depositi sono riferibili al
Messiniano sup.
− Successione marina del Pliocene. La SUCCESSIONE MARINA, trasgressiva
sui sopraddetti sedimenti, comprende, dal basso: sabbie e conglomerati con
elementi di cavernoso, argille e argille sabbiose con sabbie, brecce
conchigliari con intercalazioni sabbiose, conglomerati e ghiaie di natura
prevalentemente calcarea e sabbie stratificate con argille o ciottoli. Tutti
questi depositi sono riferibili al Pliocene ed in parte al Pleistocene.
− Sedimenti continentali del Quaternario. Questo tipo di sedimenti sono
caratterizzati in quest'area da:
TRAVERTINI ANTICHI E RECENTI - Si tratta di estesi affioramenti di travertini
antichi presenti sul lato occidentale del bacino del Casino e su cui è edificato tra
l'altro l'abitato di Colle Val d'Elsa. Si tratta di litotipi piuttosto compatti, stratificati,
di colore biancastro, presenti in bancate che si elevano sui fondovalle. Sono
riferibili invece all'Olocene i depositi travertinosi recenti affioranti lungo le valli
del Fiume Elsa e del Torrente Staggia. Si tratta di travertini sabbiosi di aspetto
tipicamente spugnoso. DEPOSITI ALLUVIONALI - Si tratta essenzialmente dei
depositi alluvionali fluviali presenti anche in terrazzi del Fiume Elsa e dei
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principali affluenti. Inoltre si ricordano i depositi fluvio-lacustri plio-quaternari,
costituiti principalmente da sabbie, depositatesi nell'antico bacino lacustre di
"Pian del Lago".
La situazione geologico-strutturale del sottosuolo dell’area in esame è
graficamente definita nella carta geologica di tav. 14. Nella carta geologica si
osserva che il substrato roccioso sul quale poggiano i litotipi del Calcare
Cavernoso è costituito dalle Dolomie grigie compatte, che risultano
caratterizzate da una piega antiforme con nucleo posizionato al di sotto del
piazzale di cava, sul lato settentrionale dello stesso. I primi livelli di dolomia
affiorano infatti alla base degli ultimi gradoni, mentre in quelli superiori affiorano
i livelli di Calcare Cavernoso. In alcune zone della cava e nei dintorni della
stessa, all’interno del Calcare Cavernoso, affiorano delle tasche riempite di
terre rosse. Tutto il settore interessato attualmente dall’attività di escavazione è
caratterizzato da brecce calcaree vacuolari di Calcare Cavernoso con limitate
zone dove sembrano affiorare dei terreni riconducibili alle terre rosse.
Nella zona di studio prevalgono quelle forme geomorfologiche imputabili
all'azione degli agenti atmosferici e quelle forme legate alla presenza del
substrato calcareo interessato dal carsismo. La dissoluzione chimica delle
rocce è in parte responsabile delle forme del paesaggio, sono infatti presenti,
sia a piccola che grande scala, forme minori con formazione di doline. Queste
ultime, per la verità, non sono presenti nell'area della cava o nelle aree
immediatamente limitrofe, mentre si segnalano nell'area del Monte Maggio. Nei
dintorni dell’area di cava non sono state rilevate forme geomorfologiche di
particolare rilevanza ad esclusione di una forma carsica puntuale individuata
nell’adiacente cava “Castellino 2”.
1.3 Idrogeologia
Dal punto di vista idrogeologico i terreni presenti nella zona in studio sono
caratterizzati da elevati valori di permeabilità. Questi litotipi (calcari e brecce)
che affiorano in maniera piuttosto estesa nell'area in esame, dal Monte Maggio
alla valle del Torrente Staggia, sono interessati da una intensa circolazione
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idrica sia per porosità che, relativamente ai soli Calcari Cavernosi, per
carsismo. Questa circolazione idrica consente l'alimentazione di importanti
acquiferi. Le manifestazioni sorgentizie più interessanti presenti in zone limitrofe
si concentrano infatti essenzialmente nella formazione dei Calcari Cavernosi e
spesso al contatto tra questi ed i litotipi argillosi dei bacini neogenici presenti al
bordo. Le caratteristiche di permeabilità elevata dei terreni in oggetto, inducono
a ritenere che nell'area in esame non sussista coincidenza tra lo spartiacque
topografico superficiale e quello geologico profondo. Si ritiene infatti che gli
affioramenti del Calcare Cavernoso e del Cavernotto contribuiscano ad
alimentare un'estesa falda idrica regionale ed in parte anche la falda
geotermica profonda. Esistono scarsi elementi in questa porzione dell'area per
l'effettiva definizione dell'andamento piezometrico della citata falda idrica; ma
sulla base di considerazioni generali si può ritenere che questa presenti una
direzione di drenaggio verso Sud-Ovest inferiormente alla pianura di Pian del
Lago, successivamente sotto Lecceto e quindi sotto la Piana di Ponte allo
Spino. Sulla base delle citate informazioni generali e sui dati ricavati
dall’esecuzione del pozzo all’interno della cava, si ritiene che la quota
piezometrica si attesta intorno alla quota di circa 170 m s.l.m. (profondità di 100 metri dal piano di campagna, riferito alla S.R.2 Cassia).
Nei dintorni dell’area, è presente un solo pozzo (Podere Casella) realizzato nei
terreni di facies toscana, a Sud è presente un altro pozzo, sempre nei suddetti
litotipi, ubicato in loc. Il Caggio. Si ricorda che i dati dei pozzi esistenti sono
stati ripresi da un censimento pozzi effettuato nell’ambito del progetto di
bonifica della cava Castellino 2 e che tali dati sono stati riverificati nell’ambito
del presente progetto. Un ulteriore verifica dei dati stratigrafici e dei dati
piezometrici relativi all’area di studio è stata eseguita nel database di
ricercando.
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Fig.1. 4 Carta della permeabilità dei terreni affioranti
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Fig. 1.5 Carta delle isofreatiche
Relativamente al pozzo realizzato all’interno dell’area dell’impianto, si riporta di
seguito lo schema di completamento. Si precisa che il pozzo viene utilizzato per
scopi industriali (impianto di lavaggio dei pneumatici e impianto abbattimento
polveri delle piste interne della cava). I quantitativi di acqua emunta dal pozzo si
aggirano intorno a 50 l/min. Inizialmente il pozzo era stato realizzato per gli
scopi di monitoraggio ambientale della falda idrica sotterranea, nell’ambito
dell’attività di escavazione in atto. In seguito è sorta l’esigenza di
approvvigionare sia l’impianto di lavaggio dei pneumatici che l’impianto di
abbattimento polveri, quindi è stata richiesta la derivazione dell’acqua per scopi
industriali.
Il pozzo raggiunge la profondità di -161,0 m p.c., il foro è stato realizzato nel
2002 con il metodo a rotazione a distruzione di nucleo dall’Impresa Tosco Pozzi
di Empoli (FI) con i seguenti diametri: 17”1/2 e 14”3/4. Il foro è stato rivestito
con un tubo in P.V.C. del diametro di 120 mm.
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La successione stratigrafica è così caratterizzata: da p.c. a -150,0 m p.c. brecce
calcaree asciutte appartenenti alla formazione del Calcare Cavernoso, da 150,0 al fondo-foro (-161,0 m p.c.) calcari e dolomie saturi appartenenti alla
Formazione dei Grezzoni.
Fig. 1.6 Schema costruttivo del pozzo
Lo schema di tubaggio è costituito da barre cieche fino a -153,0 m p.c.,
inferiormente è stata posizionata una sezione filtrante di tipo a ponte lunga 6 m,
la tubazione termina quindi con la sezione filtrante. L’intercapedine perforotubazione è stata riempita con ghiaietto da fondo-foro a -40,0 m p.c., mentre da
-40,0 m p.r. al p.c. è stata riempita con cemento, al fine di garantire l’isolamento
idraulico rispetto alla superficie. Il livello statico della falda idrica sotterranea si
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attestava, al momento dell’esecuzione delle prove di portata, intorno a -100,0 m
p.c., in fase di esercizio, con una portata di 1 l/s, il livello dinamico scendeva
fino a -110,0 m p.c. , attestandosi a questa quota.
Considerando che il pozzo è ubicato alla quota di 269 m s.l.m., il livello della
falda si dovrebbe quindi attestare intorno a 169 m s.l.m., basandosi sulle misure
piezometriche eseguite nell’ambito del presente progetto. La falda sembra
quindi caratterizzata da una buona salienza, in quanto da circa -150,0 m l’acqua
risale fino ad attestarsi a circa -100,0 m p.c., attualmente il livello dovrebbe
aggirarsi sempre intorno a -100,0 m p.c..
Nella cartografia del PAI sono perimetrate le aree del territorio comunale con
pericolosità idraulica e con pericolosità da fenomeni geomorfologici di versante
individuando quattro livelli di pericolosità. La normativa del PAI definisce le
tipologie di intervento consentite per ogni livello di pericolosità. L’area di
intervento è mappata nelle aree a livello di sintesi (tavola PAI Stralcio n. 137, in
scala 1:25.000) è esclusa dalle perimetrazioni di tali aree.
Fig. 1.7 Carta pericolosità idraulica PAI
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1.4 Idrografia
Tutto il versante lungo il quale si imposta la cava è drenato, alla base, dal
Fosso Val di Merse, che scorre verso Nord con direzione circa Nord-Sud. Il
Fosso Val di Merse confluisce nel Torrente Staggia, in Loc. Stommennano, il T.
Staggia appartiene al bacino idrografico del Fiume Elsa, facente parte del più
ampio bacino imbrifero del Valdarno inferiore. Poco a Sud dell’area, lungo il
crinale che unisce i colli di Cerbaia e del Monte Maggio, passa lo spartiacque
che separa il bacino del Fiume Arno dal bacino del Fiume Merse, appartenente
al bacino del Fiume Ombrone. A Sud dell’area è invece presente una situazione
idrografica del tutto particolare, con un sistema di modesti fossi che convergono
nel "bacino endoreico" di Pian del Lago, in comunicazione artificiale con il
Torrente Rigo, tributario del bacino del Fosso Merse.
Fig. 1.8 vagli per la selezione granulometrica
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2.
PROGETTO
ESISTENTE
DI
POTENZIAMENTO
DELL’IMPIANTO
2.1 Descrizione del ciclo tecnologico di progetto
L’impianto di gestione rifiuti attualmente autorizzato ai sensi dell’art. 208 del
D.lgs. 152/06 con D.D. della Provincia di Siena n. 691 del 10/03/2014 è
posizionato all’interno dell’area impianti della cava “Val di Merse”, nel settore
settentrionale della stessa, ed è costituito da un frantoio mobile modello
BR380JG-1 della Komatsu.
La superficie interessata dall’area impianti ha
un’estensione pari ad 1 ha circa (comprendente tutta la zona del frantoio e dei
cumuli, esclusa la zona di trattamento delle acque meteoriche). L’ubicazione
del frantoio e delle altre infrastrutture ad esso connesse ( vasche di stoccaggio,
zona dei cumuli, cassoni per la raccolta differenziata), non hanno subito
variazioni rispetto a quanto definito in sede di prima attivazione della procedura
di assoggettabilità del 2008.
Con la presente procedura di VIA viene presentato il potenziamento
dell’impianto di recupero inerti appena descritto. La modifica riguarda
l’introduzione nel processo di gestione dei materiali di un vaglio. Tale
macchinario verrà posizionato in adiacenza al frantoio sfruttando comunque la
zona impermeabilizzata già presente.
Fig. 2.1 STATO ATTUALE
STATO FUTURO
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Con le planimetrie sopra riportate viene messo in evidenza il potenziamento
dell’impianto con l’introduzione del vaglio sul lato sud dell’impianto.
Indipendentemente dalla tipologia di vaglio prescelto, questo darà comunque
costituito da un carrello mobile e trainabile per mezzo del gancio di traino. Le
dimensioni sono di circa lunghezza 12 metri, larghezza 2,5 metri ed altezza 4
metri.
Fig. 2.2 immagine del vaglio che sarà istallato
Il tamburo cioè l’elemento principale del vaglio ha una lunghezza di 5,5 metri ed
un diametro di 2 metri; all’interno una spirale consente al materiale di percorrere
un percorso più lungo e quindi una vagliatura più completa. Il macchinario è
inoltre costituito da un ampia tramoggia di carico dove confluirà direttamente il
materiale da lavorare. Il vaglio prevede anche l’utilizzo di spazzole pulenti che
hanno lo scopo di tenere pulito e funzionante il corpo centrale costituito dal
tamburo. Il materiale vagliato esce su due nastri di carico della lunghezza di 5
metri ciascuno; da un lato esce il materiale fine terrigeno e dell’altro il materiale
grossolano che viene immesso direttamente nel frantoio.
Il vaglio che varrà prescelto, come già ricordato, non essendo fisso sul terreno
potrebbe anche essere spostato in funzione delle esigenze della lavorazione.
Dal vaglio il materiale grossolano passa al mulino ove viene frantumato in
relazione alle specifiche granulometrie richieste; l’alimentazione del mulino può
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avvenire anche, come adesso, direttamente dalle vasche di deposito dei
materiali.
Il materiale frantumato viene poi disposto in vari cumuli a seconda della
granulometria e pronto per essere commercializzato. I mezzi che portano i rifiuti
inerti derivanti da demolizioni e da costruzioni, dovranno prima passare dalla
pesa e poi dirigersi verso la zona del frantoio. Le eventuali frazioni di ferro o di
plastica o di legno verranno separate all’interno del frantoio e trasportate
automaticamente all’interno dei 3 cassoni di cui è predisposto il frantoio. I mezzi
e scaricheranno il materiale, in relazione alla loro tipologia, nelle apposite
vasche di accumulo e da qui, con un escavatore, il materiale verrà immesso
all’interno della tramoggia del vaglio. Nel caso in cui dovessero arrivare mezzi
con materiale da selezionare, questi scaricheranno nella zona del cumulo di
materiale da selezionare, dove si procederà con la cernita ed il vaglio e
successivamente con il caricamento all’interno del frantoio. Il materiale in uscita
dal frantoio è collocato in cumuli dal nastro trasportare dello stesso, la zona del
materiale lavorato e pronto per la commercializzazione è situato a ridosso della
fine del nastro . La zona di carico è posta a circa 3 m di altezza da terra, ed è
realizzata con muri in cls; tale manufatto non subirà modificazioni.
Le acque meteoriche raccolte dalla zona di carico e dalla zona del frantoio
vengono convogliate ad una canaletta di raccolta e successivamente alla vasca
di decantazione; tale manufatto non subisce modifiche rispetto a quanto
autorizzato con l’AUA.
Nelle immediate vicinanze del frantoio sono posizionati i cassoni per la raccolta
differenziata (ferro/plastica/legno).
L’impianto ha una sola linea di lavorazione sulla quale si articolano i seguenti
processi lavorativi riguardanti:

Rifiuti misti da costruzione e demolizione (linea A)

Terre e rocce da scavo (linea B)
Durante gli orari di apertura il centro è presidiato da operatori opportunamente
formati che sovrintendono a tutte le fasi connesse al conferimento e verifica del
regolare svolgersi delle operazioni.
L’area consta di diverse aree di stoccaggio adibite al conferimento delle varie
tipologie di rifiuti. Ciascuna di queste aree è adeguatamente evidenziata, in
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modo da garantire la separazione dei diversi materiali e favorire un immediato
orientamento dell'operatore addetto, che dovrà comunque seguire le indicazioni
impartite dal responsabile tecnico dell’impianto.
Il conferimento avviene in due fasi distinte successive:
1.
registrazione utente, controllo e pesatura dei rifiuti, accettazione;
2.
conferimento dei rifiuti nelle aree predisposte.
Le operazioni di cui al punto 1), avvengono presso l’ufficio collocato alla sinistra
dell’ingresso e di fronte alla pesa a servizio dell’impianto, dove sono conservate
copie delle autorizzazioni, tutti i documenti della contabilità rifiuti (registro
c/scarico, formulari, registro di conduzione, ecc.), nonché la modulistica prevista
dalle procedure interne.
Al momento dell’ingresso presso il centro di recupero, prima di qualsiasi
conferimento, il personale addetto provvede ad effettuare un primo controllo
visivo dei rifiuti da conferire.
Nel caso in cui sia verificata la correttezza della documentazione presentata,
terminata l’operazione di pesatura il mezzo viene indirizzato verso il settore di
conferimento a seconda del rifiuto che trasporta.
2.2. Modifica del sistema di conferimento e vendita dei materiali
Attualmente l’impianto di recupero inerti e la cava producono il seguente
movimento di camions annuo:
Produzione di inerti da parte della
cava
40.000 – 60.000
mc /anno
Conferimento di inerti all’impianto
50.000
mc/anno
Vendita di inerti dall’impianto
20.000 – 30.000
mc/anno
TOTALE
mc annui movimentati 110.000 - 140.000
TOTALE tons annue movimentate 150.000 – 200.000
Attualmente il trasporto dei materiali avviene, quasi esclusivamente con mezzi
di trasporto da 10 – 15 tons a viaggio e di fatto presentano sempre un viaggio a
vuoto.
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Pertanto attualmente il traffico indotto è stimato in circa 13.000 – 15.000
camions annui .
Il nuovo sistema organizzativo dell’attività prevede, in ragione dei nuovi contratti
stipulati, i seguenti elementi :
1. I comions che trasportano il materiale all’impianto eseguono sempre il
viaggio di ritorno con il carico o di MPS o di inerte di cava;
2. I comions che trasporteranno il materiale, in relazione ai contratti
stipulati, consentono un carico di 10 - 30 tons .
In futuro i nuovi volumi movimentati risultano i seguenti :
Conferimento di inerti all’impianto
270.000
mc /anno
Vendita di inerti o MPS dell’impianto
270.000
mc/anno
mc annui movimentati 270.000
mc/anno
TOTALE
TOTALE tons annue movimentate 350.000
tons /anno
Operando con comions che consentono una portata di 10 – 30 tons il numero
dei viaggi annui risulta paria a 15.000 - 20.000 con un incremento rispetto
all’attuale del 15 - 20 % a fronte di una triplicazione del materiale trattato
dall’impianto.
E’ ipotizzabile che 2/3 di detto traffico abbiano direzione prevalente nord
Firenze ed 1/3 direzione sud Siena.
2.3 Processo A: Inerti da costruzione e demolizione (Misti)
Questa linea di lavorazione riguarda la macrofamiglia Inerti misti da costruzione
e demolizione. Tali tipologie merceologiche andranno ad affiancarsi a quelle
prodotte dall’attività estrattiva (inerti naturali); da un lato quindi la
commercializzazione di inerti naturali e dall’altro avremo inerti derivanti dal
riciclaggio di materiali derivanti da demolizioni.
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MACROTIPOLOGIA INERTI DA COSTRUZIONE E DEMOLIZIONE (MISTI)
CER
DESCRIZIONE
17 01 01
Cemento
17 01 02
mattoni
17 01 03
Mattonelle e ceramiche
miscugli o scorie di
cemento, mattoni,
mattonelle e
ceramiche, diverse da
quelle di cui alla voce
17 01 06
rifiuti misti dell'attività di
costruzione e
demolizione, diversi da
quelli di cui alle voci
17 09 01, 17 09 02 e
17 09 03
17 01 07
17 09 04
TOTALE
STOCCAGGIO
ISTANTANEO
R13
STOCCAGGIO TRATTAMENTO
ANNUO
ANNUO
R13
R12/R5
(t)
(m3)
(t/a)
(t/a)
1.000
750
50.000
50.000
Ovviamente tutti questi CER appartenendo alla medesima categoria
merceologica verranno miscelati fra loro per la realizzazione di prodotti riciclati.
Avendo questi CER la medesima composizione merceologica (laterizi –
cemento – roccia – sasso – pietre – ceramiche etc.), la miscelazione non
altererà la caratteristica del rifiuto inerte contemplato dal CER 170904. Posto
ciò, l’operatore avrà cura anche di isolare, prima della miscelazione, eventuali
impurità che potrebbero compromettere la qualità del prodotto finale.
Il materiale quale rifiuto verrà stoccato in cumuli e la miscelazione avverrà
proprio all’atto del deposito nel cumulo di riferimento.
La separazione dei processi produttivi sarà assicurata perché le fasi di
lavorazione saranno separate per ogni macrotipologia trattata. L’alternanza
delle lavorazioni consentirà di mantenere distinti i processi tecnologici utilizzati
a seconda della filiera di rifiuti trattati.
In questo specifico caso, relativamente alla possibilità di miscelare tipologie di
rifiuto diverse, ci preme sottolineare che la misura giusta ci viene garantita dalla
rispondenza delle caratteristiche prestazionali e granulometriche fissate dalla
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normativa tecnica di settore. Pertanto laddove le prove dovessero dare risultati
non congrui, il materiale verrà allontanato quale rifiuto e destinato ad altre filiere
oppure reimmesso nel ciclo produttivo a seconda che la mancata
corrispondenza riguardi rispettivamente le caratteristiche prestazionali o la
granulometria.
Quindi la miscelazione verrà adottata e sperimentata avendo come obiettivo
finale la realizzazione di aggregati inerti riciclati di tale qualità, tali da ottenere la
Certificazione CE.
Rientra in questa tipologia una consistente varietà dei rifiuti prodotti nel settore
dell'edilizia durante la demolizione di edifici o di pareti, solai, muri di cinta ecc.,
nonché nel settore delle costruzioni di infrastrutture. La varietà delle
caratteristiche fisiche dei materiali rientranti in questa macrotipologia è
significativa e comprende molti codici CER in ingresso comprendenti la
cosiddetta frazione lapidea, ossia quella composta da mattoni, malte e
calcestruzzi, ma anche le ceramiche derivanti da mattonelle, sanitari,
rivestimenti vari, nonché le rocce derivanti dalle attività di escavazione.
In ingresso è frequente trovare anche frazioni che non vengono recuperate e
pertanto sono considerati sovvalli della selezione di inerti da riciclare: sono le
frazioni leggere tipo plastica, carta e legno, e le frazioni pesanti ovvero
metalliche.
I prodotti riciclati derivanti dal processo vengono collocati sul mercato corredati
da etichetta CE così come previsto dalla specifica norma tecnica UNI EN 13242
richiamata dalla C.M. 5205 del 15/07/2005.
Le possibili forme di recupero per questa tipologia sono:
- produzione di materie prime seconde per l’edilizia;
- utilizzo per la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali e ferroviari
e aeroportuali, piazzali industriali e qualunque altra opera per la
quale in base alla C.M. 5205 sono consentiti gli utilizzi;
- produzione di materia prima per l’industria lapidea e dei laterizi
previa eventuale miscelazione, omogeneizzazione e integrazione
con altra materia prima.
I rifiuti in entrata sono accettati secondo le procedure previste dall’impianto e
successivamente stoccati in un’area dedicata contraddistinta in planimetria.
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Le operazioni di recupero secondo l’Allegato C alla Parte IV del D.lg. .152/06
saranno R5, R12 e R13.
Identificazione del codice CER dei rifiuti derivanti dall’operazione di
miscelazione.
Nel caso specifico la miscelazione potrà riguardare i seguenti codici CER:
1.
MISCELAZIONE CER
COSTRUZIONE
E
“INERTI DA
DEMOLIZIONE”: 170101, 170102, 170103, 170107,
APPARTENENTI ALLA MACROTIPOLOGIA
170904
2. ANNOTAZIONE SUL REGISTRO DI CARICO E SCARICO: si annota l’R12
3. CER MISCELA OTTENUTA: 191212
4.
OPERAZIONE DI TRATTAMENTO: frantumazione e vagliatura R5
La miscelazione in questo caso è giustificata dalla natura dei rifiuti coinvolti,
accumunati dalla medesima derivazione merceologica. Si fa notare infatti che
non è solo la provenienza a garantire l’omogeneità fra i rifiuti; se i rifiuti hanno le
medesime caratteristiche chimico fisiche e quindi, come in questo caso, sono
accumunati dall’essere complessivamente considerati “rifiuti inerti”, la
miscelazione avvenendo fra tipologie non pericolose non crea alcun problema.
La miscelazione verrà effettuata, dunque, tra rifiuti del medesimo stato fisico e
con analoghe caratteristiche chimico-fisiche così da finalizzare tale operazione
a produrre miscele di rifiuti ottimizzate.
Le operazioni di miscelazione dovranno avvenire, previo accertamento
preliminare da parte del tecnico responsabile dell’impianto, sulla scorta di
adeguate verifiche sulla natura e compatibilità dei rifiuti e delle loro
caratteristiche chimico-fisiche.
L’operazione di miscelazione verrà annotata sul registro di carico e scarico con
il codice attività R12 e sul CER 191212 si procederà al trattamento [R5] per
arrivare al recupero del materiale. Tutte le operazioni di miscelazione sopra
elencate verranno effettuate nell’apposita area individuata in planimetria.
La partita omogenea di rifiuti risultante dalla miscelazione non dovrà
pregiudicare l’efficacia del trattamento finale, né la sicurezza di tale trattamento.
Per l’attività dell’impianto potrà verificarsi anche la circostanza in cui l’azienda
tratterà/recupererà esclusivamente il CER 170904 che costituisce generalmente
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la parte maggioritaria dei conferimenti, nel qual caso non si procederà alla
miscelazione e sul rifiuto in questione l’azienda procederà ad un preliminare
stoccaggio [R13] per procedere poi alla lavorazione [R5] al fine di recuperare
completamente il materiale.
Le operazioni di recupero secondo l’Allegato C alla Parte IV del D.lg. .152/06
che interessano i CER appartenenti alla macrotipologia degli inerti da
demolizione e costruzione, saranno R5, R13 oltre alla miscelazione per la quale
la Ditta utilizzerà il codice identificativo R12.
La filiera di recupero consta di una sequenza di operazioni e fasi di trattamento
che vengono realizzate attraverso le seguenti macchine e parti meccaniche:
▪
i rifiuti in ingresso all’impianto sono sottoposti alle fasi di accettazione e di
pesatura presso i locali adibiti ad ufficio (vicino al quale è collocata una pesa
a ponte destinata alla pesatura dei conferimenti in ingresso ed in uscita
dall’impianto);
▪
dopo la pesata, il mezzo scarica i rifiuti da trattare nelle apposite aree
identificate in planimetria;
▪
il materiale costituito da rifiuti inerti da costruzione e demolizione, può
essere direttamente caricato nel frantoio dove verrà lavorato, le eventuali
frazioni di ferro o plastica o di legno verranno separate all’interno del frantoio
e trasportate automaticamente all’interno dei 3 cassoni di cui è predisposto il
frantoio: i mezzi quindi percorreranno la rampa e scaricheranno direttamente
sulla sommità della zona di carico, da qui, con una pala meccanica, il
materiale verrà immesso all’interno della mascella;
▪
nel caso in cui arrivasse materiale da selezionare, questo viene scaricato
nella zona del cumulo del materiale da selezionare dove si procederà con la
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▪
▪
cernita e successivamente con il caricamento sul vaglio vibrante, attraverso
il quale il materiale salirà verso l’alto ellitticamente alimentando le mascelle
in modo omogeneo;
Una volta all’interno delle mascelle il materiale verrà frantumato e ridotto alle
dimensioni importate. La tramoggia è accessibile dai 3 lati per il caricamento
del materiale;
Il materiale verrà prodotto in granulometria tali da poter essere utilizzato in
miscela con altri aggregati naturali o singolarmente come aggregato
artificiale ed andrà ad affiancare i materiali inerti naturali prodotti dalla
Italcave srl dalla cava (misto fronte cava, pietrisco 40/70 e stabilizzato 0/30).
Gli operatori che effettuano la cernita dei rifiuti sono forniti di tutte quelle
dotazioni obbligatorie per legge elencate di seguito, il cui uso è disciplinato dal
DVR:






Scarpe antinfortunistiche dotate di suola antisdrucciolevole;
Casco UNI;
Occhiali a protezione;
Guanti resistenti alle abrasioni;
Maschera antipolvere nei casi in cui i conferimenti
particolarmente polverulenti;
Le cuffie antirumore.
siano
La filiera di recupero, dunque, consta di una sequenza di operazioni e fasi di
trattamento che vengono realizzate attraverso i seguenti macchinari:
Frantoio mobile KOMATSU BR380JG-1 alimentato tramite vaglio
vibrante incorporato.
La procedura di verifica delle MPS in fase di uscita è la seguente:
test di cessione con frequenza semestrale per ogni tipologia di
materiale secondo il metodo di cui all’all.3 del DM 5/02/98;
certificazione ai sensi della Circolare UL/2005/5205 del 15/07/2005All. C .
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2.4 Processo B: Terre e Rocce da Scavo
Questa linea di lavorazione riguarda la macrofamiglia Terre e rocce da scavo.
MACROTIPOLOGIA TERRE E ROCCE DA SCAVO
CER
17 05 04
STOCCAGGIO
ISTANTANEO
R13
DESCRIZIONE
RECUPERO
ANNUO
R12/R5
(t)
(m3)
(t/a)
Terre e rocce, diverse da quelle di cui
alla voce 17 05 03 (conformi alla
colonna A della Tab.1 All.5 degli
allegati al titolo V della parte IV del
D.lgs. 152/06)
1.000
770
135.000
Terre e rocce, diverse da quelle di cui
alla voce 17 05 03 (conformi alla
colonna B della Tab.1 All.5 degli
allegati al titolo V della parte IV del
D.lgs. 152/06)
1.000
770
25.000
TOTALE
150.000
Rientrano in questa filiera i materiali terrigeni di varia natura ed origine derivanti
da attività di scavo.
Si tratta in ogni caso di rifiuti non pericolosi di tipo compatibile, in quanto
composti da terra, ovvero da quell’aggregato di particelle naturali derivanti
dall’alterazione delle rocce costituenti la superficie terrestre.
In questa tipologia sono ricompresi sia i terreni a grana grossa (ghiaie e sabbie)
che quelli a grana fine (limi e argille). Tra l’altro è bene sottolineare come i
terreni naturali consistono generalmente in una miscela di più tipi di terreno
appartenenti alle categorie a grana grossa e fine, a cui può aggiungersi
materiale organico.
Con questo codice CER però si identificano anche
materiali che hanno una composizione prevalentemente rocciosa.
I rifiuti in questo caso saranno accettati solo insieme ad un certificato analitico
che attesti la natura non pericolosa di tale rifiuto, vista la variabilità della
provenienza (scavo) e l’impossibilità di poter accertare in altra maniera il
contenuto in inquinanti di tale rifiuto. È importante inoltre, per questa particolare
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tipologia procedere ad un ulteriore caratterizzazione dei materiali in ingresso
distinguendo due diverse tipologie:
1. Terre e rocce colonna A (di cui all’All. 5 Parte IV D.lg. 152/06);
2. Terre e rocce colonna B (di cui all’All. 5 Parte IV D.lg. 152/06);
In considerazione del fatto che le terre utilizzate per il ripristino ambientale
saranno esclusivamente quelle con parametri rientranti nella colonna A di cui
all’All. 5 Parte IV del D.lgs. 152/06, la Ditta vorrebbe proporre la seguente linea
di lavorazione:
‐
Ingresso all’impianto delle terre (CER 170504) distinte per colonna A
e colonna B;
‐
Eventuale vagliatura delle terre colonna A per eliminare eventuale
materiale non conforme presente nel carico in ingresso (R12) e
suddividere la parte rocciosa (indicativamente con Ø>0,5 cm) dalla
frazione fine che sarà idonea per essere utilizzata ai fini del ripristino
ambientale;
‐
Vagliatura delle terre colonna B per eliminare eventuale materiale
non conforme presente nel carico in ingresso (R12) e suddividere la
parte rocciosa (indicativamente con Ø>0,5 cm) dalla frazione fine, la
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‐
quale se rientrante nei limiti stabiliti dalla normativa potrà anch’essa
essere utilizzata per il ripristino ambientale;
La frazione rocciosa a questo punto (CER 191209) verrà reimmessa
in testa all’impianto di frantumazione e seguirà il percorso intrapreso
per gli inerti.
La procedura di verifica delle MPS in fase di uscita è la seguente:

Analisi chimica effettuata con cadenza semestrale
2.5 Sovvali
Una volta scaricati nell’apposita area, i rifiuti inerti verranno sottoposti ad un
controllo visivo durante il quale verranno asportati tutti quei materiali che per
dimensione e per stato fisico danneggerebbero il funzionamento del mulino. I
sovvalli derivanti da questo genere di operazione (ferro, plastica, legno, metalli
selezionati) saranno separati e stoccati in appositi cassoni scarrabili. Una volta
che tali cassoni saranno pieni, questi materiali verranno avviati ad impianti di
smaltimento o di recupero secondo le modalità previste dal D.Lgs 152/06.
Per quanto riguarda la produzione di residui di lavorazione, accanto alle Materie
Prime Secondarie recuperate, in uscita dall’impianto mobile di trattamento
potranno risultare i seguenti materiali di scarto:
‐
‐
Materiali ferrosi, inquadrabili nel codice CER 191202, che verranno
scaricati dal nastro di uscita dell’impianto in appositi contenitori, per poi
essere allontanati con formulario e conferiti presso impianti di recupero
secondo le modalità previste dal D.Lgs 152/06;
Eventuali altri rifiuti inquadrabili nel codice CER 191212 “altri rifiuti
(compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti,
diversi da quelli di cui alla voce 191211”, che verranno depositati in
apposito cassone ed anch’essi allontanati con formulario e conferiti
presso impianti di recupero secondo le modalità previste dal D.Lgs
152/06;
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2.6 Considerazioni in merito all’end of waste
Prima di addentrarci nella descrizione del processo tecnologico, è importante
soffermarci su alcune importanti considerazioni prima di ordine giuridico e poi di
ordine tecnico per confortare l’autorità di controllo in merito al processo di
recupero, che si compie all’interno dell’impianto, e ai prodotti riciclati derivanti.
L’art. 181bis titolato “Materie, sostanze e prodotti secondari” è stato abrogato e
nella nuova versione della parte IV del D.lg. 152/06, post D.lg. 205/2010, è stato
inserito l’art. 184ter titolato “Cessazione della qualifica di rifiuto”; il primo comma
recita:
“Un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un'operazione di
recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i
criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e
rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi
negativi sull'ambiente o sulla salute umana”.
Pertanto il legislatore ha scelto di definire il momento della cessazione del rifiuto
piuttosto che riproporre la definizione delle MPS; questo sta a significare che
l’attenzione del legislatore si è spostata, ed è passata dalla definizione delle
MPS al momento in cui un rifiuto cessa di essere tale.
Infatti il legislatore fissa delle condizioni e precisa che oltre a queste specifiche
condizioni, il rifiuto cessa di essere tale quando soddisfa criteri specifici che
saranno individuati attraverso uno o più decreti; e così come recitava l’art.
181bis anche l’art. 184ter rimanda, in attesa dell’emanazione, ai contenuti del
D.M. 05/02/1998 e all’art. 9bis, lettera a) e b) del Decreto Legge 6 novembre
2008, n. 172 convertito con modifiche nella legge 30/12/2008, n. 210.
L’art. 9bis lett. a) ricorda che in attesa dei decreti attuativi, le caratteristiche dei
materiali “si considerano altresì conformi alle autorizzazioni rilasciate ai sensi
degli artt. 208 e 209 del D.lg. 152/06”.
L’onere di dimostrare che un rifiuto non è più tale si compie quando il produttore
dimostra che la sostanza è comunemente utilizzato per scopi specifici, esiste un
mercato, la sostanza soddisfa i requisiti tecnici per degli scopi specifici, non
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comporta impatti negativi sull’ambiente e soddisfa, nel caso de quo, i criteri di
cui al D.M. 05/02/1998.
Coordinare dunque il rispetto della Circolare Ministeriale 5205 – richiamata dal
D.M. 05/02/1998 - con il rispetto delle norme tecniche e in ultimo verificare che
il processo di recupero si svolga nel completo rispetto delle normative
ambientali in un momento storico caratterizzato da forti lacune legislative, è per
l’azienda un onere piuttosto gravoso.
L’unico elemento che l’azienda ha a sua disposizione per rassicurare gli enti di
controllo che dalla linea di recupero adottata deriva un prodotto con determinate
caratteristiche prestazionali tali da parificato ai prodotti similari usualmente in
commercio, è la Certificazione CE.
Per quanto riguarda le Certificazioni CE è necessario specificare che vengono
rilasciate in base ad accertamenti effettuati (da un organismo terzo rispetto al
gestore dell’impianto) sulle caratteristiche prestazionali che un certo prodotto
deve avere in relazione ad uno specifico uso.
Per es. la norma UNI 13242, più volte richiamata, stabilisce le caratteristiche
degli aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l'impiego
in opere di ingegneria civile e nella costruzione di strade.
Nello specifico dunque gli aggregati riciclati si suddividono in:
applicazioni non legate, dove l’aggregato è utilizzato sciolto (costruzioni
stradale, massicciate ferroviarie, etc.);
applicazioni legate, dove la miscela contiene un agente legante, come il
cemento, il bitume o una sostanza che ha proprietà leganti a contatto con
l’acqua, come il cemento (calcestruzzi, malte, etc.).
I settori di utilizzo:
opere in terra dell’ingegneria civile (corpo di rilevati, recuperi ambientali,
riempimenti e colmate, confezionamento di calcestruzzi a bassa
resistenza);
lavori stradali e ferroviari (sottofondi stradali, ferroviari, aeroportuali e di
piazzali, civili e industriali; strati di fondazione delle infrastrutture di
trasporto; strati accessori aventi funzione anticapillare antigelo, drenante,
etc.).
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L’introduzione della MARCATURA CE per i materiali da costruzione ha
ufficialmente sancito il superamento della tradizionale distinzione degli
aggregati in funzione della loro natura, imponendo di valutare il materiale solo
per le caratteristiche prestazionali dello stesso. La marcatura CE permette
dunque di equiparare gli aggregati riciclati a quelli naturali e di poter sostituire
gli uni con gli altri indifferentemente (per gli impieghi prefissi dal progettista).
2.7 Quadro normativo end of waste
Riepilogando, nel panorama delle normative tecniche e non che possiamo
prendere a riferimento al fine di definire i prodotti riciclati derivanti dal
trattamento dei rifiuti sopra elencati, ci sono:
- UNI EN ISO 14688-1 (Indagini e prove geotecniche - Identificazione e
classificazione delle terre); fra l’altro nel 2004, anno in cui è stata ritirata la
UNI 10006, è stata apportata anche un’errata corrige dichiarando la UNI
14688 unitamente alla UNI EN 13242 e alla UNI EN 13285 le norme
tecniche che avrebbe sostituito appunto la 10006;
- Allegato ZA della Norma armonizzata UNI EN 13242 (Aggregati per
materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego in opere di
ingegneria civile e nella costruzione di strade);
- D.M. 11 aprile 2007 (Applicazione della Direttiva n. 89/106/CEE sui
prodotti da costruzione, recepita con decreto del Presidente della
Repubblica 21 aprile 1993, n.246, relativa all’individuazione dei prodotti e
dei relativi metodi di controllo della conformità di aggregati);
- Circolare Ministero Ambiente del 15 luglio 2005, n. 5205.
Nessuna di queste norme, singolarmente considerata, contiene in maniera
esaustiva i requisiti che il prodotto riciclato deve avere per rispettare da un lato
l’aspetto prestazionale correlato al tipo di uso e dall’altro l’aspetto ambientale
affinché il prodotto riciclato possa essere commercializzato al pari del prodotto
vergine.
Per es. i parametri indicati negli allegati della Circolare 5205 possono essere
verificati tutti (più il test di cessione) solo per gli aggregati riciclati c.d. “grossi”
visto che la verifica del rispetto dei parametri la si compie solo sul trattenuto al
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setaccio 8 mm; mentre la composizione caratteristica potrebbe dipendere
esclusivamente dalla committenza e stabilita nel capitolato dell’opera (cfr il
paragrafo successivo).
Tuttavia, è ispirandosi a questo filone logico che la Regione Toscana ha
deliberato la legge n. 41 del 5 agosto 2011 di modifica alla L.R. 25/98 “Norme
per la gestione e la bonifica dei siti inquinati”.
Considerato che a livello regionale la materia della gestione dei rifiuti è, ad oggi,
regolata dal D.P.G.R.T. 14/R del 2004 e dalla L.R. 25/98, sicuramente un
intervento che attualizzasse la materia della gestione dei rifiuti ai principi fissati
dal legislatore nel D.lg. 152/06 era diventato un bisogno impellente, non solo
per le autorità deputate al controllo ma anche per gli operatori del settore.
All’art. 20 quinquies la Regione ha stabilito che, al fine di assicurare l’uniforme
applicazione sul territorio regionale della normativa nazionale in materia di
recupero di rifiuti non pericolosi, “per il rilascio delle autorizzazioni di cui agli
articoli 208 e 209 del DLgs 152/06 non sono vincolanti le disposizioni di cui al
D.M. 05/02/98 relative alla provenienza e alle caratteristiche del rifiuto, alle
tecniche e ai metodi di recupero, nonché alle caratteristiche dei materiali
ottenuti, fatto salvo quanto previsto al comma 2”.
L’intenzione, in questo primo comma, sicuramente è quella di svincolarsi dai
percorsi fissati nel D.M. 05/02/98 e concepire modalità, attività e prodotti riciclati
diversi da quelli elencati nell’Allegato 1, Sub-allegato 1 al citato decreto.
Il comma 2 dispone che per le attività di recupero di rifiuti inerti da costruzione e
demolizione non pericolosi, autorizzate ai sensi dell’art. 208 del DLgs 152/06, i
materiali ottenuti al termine del processo di recupero devono:

rispettare i parametri fissati dall’art. 9 del D.M. 05/02/98 previsti per
l’eluato del test di cessione;

essere conformi alle norme UNI di settore e alla normativa vigente in
materia di marcatura CE dei prodotti da costruzione;

avere le caratteristiche di cui all’Allegato C della Circolare del
MinAmbiente n. 5205/2005;

se usati per ripristini ambientali, devono avere le caratteristiche di cui
all’art. 5, comma 2, lett. d-bis del D.M. 05/02/98, ossia il contenuto dei
contaminanti deve essere conforme a quanto previsto dalla legislazione
in materia di messa in sicurezza, bonifica e ripristino in funzione alla
specifica destinazione d’uso del sito.
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Che le terre e rocce di scavo siano escluse dalle prescrizioni di cui al suddetto
comma 2 è stato recentemente confermato dalla Decisione della Commissione
UE n. 753 del 18 novembre 2011; all’art. 1 titolato “Definizioni” viene precisato,
infatti, che “i rifiuti da costruzione e demolizione corrispondono ai codici di cui al
capitolo 17 dell’allegato della decisione 2000/532/CE della Commissione,
esclusi i rifiuti pericolosi e il materiale allo stato naturale di cui alla voce
170504”.
Considerato che l’intervento legislativo della Regione Toscana è stato
successivo alla modifica intervenuta, da parte del legislatore nazionale con
l’introduzione dell’art. 184ter titolato “Cessazione della qualifica di rifiuto”1, si
deve supporre che la Regione abbia solo voluto chiarire in maniera definitiva
che le autorizzazioni ordinarie non devono riferirsi necessariamente ai processi
di recupero o alle caratteristiche delle MPS del D.M. 05/02/98, non certo
sostituirsi al legislatore nazionale nella definizione delle caratteristiche dei
prodotti riciclati derivanti dal recupero degli inerti.
Dunque sarà l’operatore/gestore all’atto della presentazione dell’istanza
autorizzatoria ex art. 208 D.lg. 152/06 a dover indicare quali saranno
esattamente i processi di recupero che intende effettuare e quali saranno i
prodotti riciclati che deriveranno dal trattamento effettuato, rilasciando alla
Provincia il compito di verificare:

che l’attività si svolga nel rispetto delle norme in ambito ambientale,
sanitario e in materia di sicurezza sul lavoro;
e che attraverso il processo di recupero sia cessata la qualifica di rifiuto
(Cfr. art. 184-ter comma 1).

1
D.lg. 205/2010, entrato in vigore a dicembre del 2010. ______________________________
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3. SUDDIVISIONE DELL’AREA IMPIANTO DI RICICLAGGIO
3.1 Delimitazione dell’area impianto di riciclaggio
L’area impianto di contro occupa la parte settentrionale dell’area ed è delimitato
appunto dalla parete rocciosa ormai ripristinata e dai due fossi di compluvio che
percorrono la cava da sud a nord. Il limite di contatto con l’area di cava è
rappresentato dalla strada di accesso all’area; nella parte meridionale tale area
è confinante con la zona comune ove sono posti gli uffici, la pesa la piazzola
degli oli, ecc (fig. 3.1)
Fig. 3.1 delimitazione dell’area destinata all’impianto di riciclaggio
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3.2 Definizione delle parti comuni con l’attività estrattiva
Le parti comuni sono rappresentate dai contener uffici, dalla pesa, dalla
piazzola impermeabilizzata per il deposito dei combustibili e degli oli,
dall’impianto per il lavaggio delle ruote dalla strada comune di accesso
provvista di irrigatori, dal pozzo, ecc (fig. 3.2) .
Fig.3.2 individuazione delle parti comuni
3.3 Zona di stoccaggio del materiale in ingresso
Il materiale in ingresso all’impianto, così come avviene attualmente, sarà
collocato nelle tre vasche impermeabilizzate avente ciascuna una capacità
idonea ad ospitare i quantitativi autorizzati.
In particolare le 3 vasche sono così utilizzate (vedasi fig. 3.3):
codici
Posizione vasca
170101 – 170102 – 170103 – 170107 170904
1
170504 colonna A
2
170504 colonna B
3
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Fig. 3.3 identificazione delle specifiche vasche di stoccaggio temporaneo
3.4 Zona di stoccaggio del materiale lavorato in uscita
Il materiale in uscita dall’impianto verrà allocato secondo il seguente criterio
generale :
 I cumuli delle terre, sia in colonna A (tre cumuli retinatura azzurra) che in
colonna B (1 cumulo retinatura arancione), nella zona compresa tra
l’accesso e l’impianto di recupero (settore nord est);
 Tutto il materiale arido riciclato nella zona compresa tra l’impianto e la
gradonatura di cava ad occidente (retinatura rossa).
Più in particolare le varie aree saranno così identificate (riferimento tavola
4560SGG07A) :
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1. Le terre colonna A, potranno essere stoccate in 3 cumuli aventi
volumetria massima 3.000mc cadauno. Tale conformazione si è resa
necessaria al fine di non intralciare la lavorazione ed il successivo
stoccaggio delle terre durante la caratterizzazione di un lotto: avendo
infatti tre cumuli a disposizione, durante le analisi di verifica di un cumulo
sarà comunque possibile continuare la deposizione del materiale in un
secondo cumulo in formazione.
2. Le terre colonna B saranno stoccate in un cumulo avente volumetria
massima di 7.000 mc;
3. I materiali caratterizzati come 10/40 mm, 40/70 mm, e 0/10,
successivamente alla loro formazione al di sotto dei rispettivi nastri
vaglianti, verranno depositati nel cumulo apposito, mantenendoli
comunque ben distinti per granulometria di prodotto attraverso setti
mobili. In planimetria quindi è indicata attraverso una retinatura rossa
un’area unica , al quale interno però saranno ben distinti i singoli prodotti
suddivisi per granulometria omogenea.
______________________________
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4. PREVISIONE CIRCA I MATERIALI MOVIMENTATI
4.1 Contratti attivati dalla Società Italcave
La Società Italcave negli ultimi anni ha visto sistematicamente ridursi il proprio
mercato locale ( raggio 40 – 50 km) verso il quale aveva da sempre indirizzato
la propria produzione e vendita.
Per superare appunto tale situazione di crisi ha sviluppato un’intensa attività
commerciale che ha permesso all’azienda di trovare entrare un mercato più
ampio a fronte produzioni ed attività continuative. Inoltre sono state ricercate,
con successo, delle sinergie tra la vendita dei prodotti di cava con quella delle
M.P.S. provenienti dall’impianto in essere.
Quest’ultima opportunità ha
permesso di fatto alla società di entrare a pieno titolo nel mercato della Toscana
Nord ed in particolare in quello della zona Metropolitana di Firenze.
Si citano, come riferimento, i seguenti contratti recentemente stipulati:
Contratto A, prevede
in due anni :
Contratto B, prevede :
Ritiro di materiali da trattare presso
l’impianto
80.000 t
Fornitura di MPS prodotto dall’impianto
50.000 t
Fornitura di misto di cava
50.000 t
fornitura di terre in colonna B per il
2015 di
10.000 t
fornitura di terre in colonna A + B per il
2016 di
15.000 t
Tale opportunità ha prodotto e sta producendo una sostanziale inversione dei
prodotti in uscita, tanto è vero che, in relazione ai primi mesi del corrente anno,
si può affermare che il rapporto tra la vendita della breccia di cava e quello di
MPS prodotto dall’impianto di recupero è circa in equilibrio al 50% .
L’inizio del ritiro sistematico di materiale riciclato consentirà nei prossimi mesi lo
svuotamento degli attuali piazzali di stoccaggio in maniera tale che gli stessi
possano essere riorganizzati circa nel mese di settembre del c.a. .
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4.2 Volumetria in ingresso all’impianto di riciclaggio
Incremento della quantità complessiva dei materiali da trattare con l'impianti.
Nello specifico si richiede :
Autorizzazione in essere
Codice
CER
TIPOLOGIA
Richiesta di
potenziamento
Quantità
istantanea
(tons)
Quantità
trattata
(t/anno)
Quantità
istantanea
(tons)
Quantità
trattata
(t/anno)
1.000
50.000
1.000 (1)
50.000
Terre e rocce da scavo, diverse
da quelle di cui alla voce
170503 ( conformi alla Colonna
170504
A della tab. 1 all. 5 degli allegati
al titolo V° della parte IV del
DLGS 152/06 e s.m.i)
1.000
5.000
1.000 (2) 135.000
Terre e rocce da scavo, diverse
da quelle di cui alla voce
170503 ( conformi alla Colonna
170504
B della tab. 1 all. 5 degli allegati
al titolo V° della parte IV del
DLGS 152/06 e s.m.i)
1.000
10.000
1.000 (3)
170101 Cemento
170102 Mattoni
170103 Mattonelle e ceramiche
Miscugli o scorie di cemento,
mattoni,
mattonelle
e
170107
ceramiche, diverse da quelle di
cui alla voce 170106
Rifiuti misti dell’attività di
costruzione
e
demolizione,
170904
diversi da quelli di cui alle voci
170901, 170902, e 170903
25.000
Circa il permanere dei volumi di stoccaggio autorizzati in precedenza,
nonostante l’incremento dei volumi trattati, si specifica quanto segue :
(1) il box esistente presenta dimensioni tali da risultare sufficiente allo
stoccaggio;
(2) pur incrementando il quantitativo delle terre trattate, non si ritiene di
dover incrementare l’attuale volume stoccato in quanto la modifica
all’impianto prevede l’introduzione di un vaglio in grado di trattare fino a
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150 t/ora di materiale. Con il nuovo quantitativo richiesto si prevede un
ingresso giornaliero medio di 300 t con dei valori massimi di 500 t ;
(3) pur incrementando il volume delle terre trattate, non si ritiene di dover
incrementare l’attuale volume stoccato in quanto la modifica all’impianto
prevede l’introduzione di un vaglio in grado di trattare fino a 150 t/ora di
materiale. Ne consegue che il tempo di lavorazione di questi prodotti è
estremamente ridotto.
4.3 Volumetria massima delle MPS presenti nell’area impianto
Sebbene la normativa vigente non impongo nessuna limitazione, la società
Italcave, motu proprio, ha deciso di porsi un limite onde prevenire ed evitare
situazioni di criticità che sistematicamente si presentano negli altri impianti
similari toscani.
Tale esigenza trae la sua origine nel presupposto che la
società Italcave si è sempre contraddistinta per serietà ed ha sempre
sistematicamente evitato criticità che potessero compromettere l’ambiente della
Val di Merse.
Si ritiene pertanto in questa sede fissare un limite, sebbene la normativa
vigente non lo richieda, un limite alle MPS invendute presenti nell’area; tale
limite è stato così fissato :
 Un massimo di 40.000 mc complessivi di tutti i prodotti in vendita, ed in
particolare:
o Massimo 7.000 mc di terre colonna B;
o Massimo 3 lotti da 3.000 mc per un totale di 9.000 mc di terre
colonna A;
Tali valori saranno giornalmente monitorati come meglio specificato nel capitolo
7 e quando tali limiti saranno raggiunti, il ricevimento dei materiali in ingresso
all’impianto, sarà sospeso e l’impianto di trasformazione fermato.
I valori giornalieri dei vari materiali giacenti presso l’impianto saranno riportati
in una specifica tabella che periodicamente sarà trasmessa all’Amministrazione
Comunale ed all’ARPAT di Siena.
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4.4 Flussi in ingresso ed uscita dall’area
Attualmente l’impianto di recupero inerti e la cava producono il seguente
movimento di camions annuo:
Produzione di inerti da parte della cava
40.000 – 60.000
mc /anno
Conferimento di inerti all’impianto
50.000
mc/anno
Vendita di inerti dall’impianto
20.000 – 30.000
mc/anno
TOTALE
mc annui movimentati 110.000 - 140.000
TOTALE tons annue movimentate 150.000 – 200.000
Attualmente il trasporto dei materiali avviene, quasi esclusivamente con mezzi
di trasporto da 10 – 15 tons a viaggio e di fatto presentano sempre un viaggio a
vuoto.
Pertanto attualmente il traffico indotto è stimato in circa 13.000 – 15.000
camions annui .
Il nuovo sistema organizzativo dell’attività prevede, in ragione dei nuovi contratti
stipulati, i seguenti elementi :
3. I camions che trasportano il materiale all’impianto eseguono sempre il
viaggio di ritorno con il carico o di MPS o di inerte di cava;
4. I camions che trasporteranno il materiale, in relazione ai contratti
stipulati, consentono un carico di 10 - 30 ton .
In futuro i nuovi volumi movimentati risultano i seguenti :
Conferimento di inerti all’impianto
270.000 mc /anno
Vendita di inerti o MPS dell’impianto
270.000 mc/anno
TOTALE
mc annui movimentati 270.000 mc/anno
TOTALE tons annue movimentate 350.000 ton /anno
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Operando con camions che consentono una portata di 10 – 30 ton il numero
dei viaggi annui risulta pari a 15.000 - 20.000
con un incremento rispetto
all’attuale del 15 - 20 % a fronte di una triplicazione del materiale trattato
dall’impianto.
E’ ipotizzabile che 2/3 di detto traffico abbiano direzione prevalente nord
Firenze ed 1/3 direzione sud Siena.
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5. PRODOTTI COMMERCIALI
5.1 Introduzione e motivazioni
Al fine di rendere il processo produttivo presente nell’area estremamente
trasparente si prevede una riorganizzazione dell’intera attività si negli spazzi
destinati alle varie attività, sia nei prodotti offerti in maniera che risultino
incontrovertibili i seguenti elementi :
 Definire le aree di lavorazione e vendita dei vari prodotti
 Garantire al cliente la certezza tipologica e qualitativa del prodotto
acquistato;
 Fornire un percorso certo e tracciabile al trasferimento dei prodotti
all’interno dell’area ed in particolare dall’impianto di M.P.S. al ripristino
della cava.
5.2 Identificazione dei prodotti commerciali
I vari cumuli presenti all’interno dell’area, in relazione alle loro caratteristiche
commerciali, saranno identificati con una bandierina riferita ad uno specifico
codice colore di riferimento.
L’elenco completo dei colori identificativi delle caratteristiche dei vari cumuli,
sarà posto con un cartello ben visibile in prossimità della pesa, in maniera il
Trasportatore abbia la certezza del materiale ritirato per conto del Cliente.
In riferimento ai vari prodotti tali codici saranno :
MATERIALI PROVENIENTI DALL’ATTIVITÀ DI CAVA
Materiale misto fronte cava
C
0 / 30 stabilizzato
C 0/ 30
40 / 70 pietrisco
C 40 / 70
0 / 70 frantumato
C 0 / 70
0 / 100 frantumato
C 0 / 100
Sasso da muratura
C
Pietrame in blocchi
C
M.P.S. PROVENIENTI DALL’IMPIANTO DI RECUPERO
0 / 100 arido riciclato
MPS 0 /100 arido
10 / 40 arido riciclato
MPS 10 / 40
40 / 70 arido riciclato
MPS 40 / 70
0 / 10 fino riciclato
MPS 0 /10
Terre colonna A
MPS A
Terre colonna B
MPS B
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5.3 Prodotti riciclati derivanti dal processo di recupero
L’attività di recupero dei materiali inerti termina con la produzione di Materie
Prime Seconde. Il loro riutilizzo per gli scopi previsti sarà subordinato alla
verifica del rispetto delle caratteristiche prestazionali indicate nel DM
05/02/1998. Nello specifico sarà subordinato all’effettuazione di un test di
cessione ai sensi dell’All. 3 del DM 05/02/98 e delle prove prestazionali in linea
a quanto disposto dagli Allegati C della Circolare del Ministero dell’Ambiente n.
UL/5205/2005 del 15/07/05 e smi.
Gli allegati della citata Circolare fissano i requisiti minimi richiesti per l’utilizzo di
aggregati riciclati in opere di ingegneria civile, e nello specifico per la
formazione di corpi di rilevati, sottofondi stradali, strati di fondazione, recuperi,
riempimenti e colmate. Soddisfacendo tali requisiti gli aggregati riciclati possono
essere considerati come prodotti derivanti da un processo di recupero che porti
al raggiungimento di standard qualitativi confrontabili con materiali di origine
naturale.
Gli aggregati riciclati prodotti dalla ITALSCAVI srl sono tutti classificati secondo
la norma UNI EN 13242:2008 e tramite la stessa norma, attraverso il rispetto
dei requisiti imposti, etichettati dal produttore con il marchio CE.
Le tipologie di aggregati attualmente prodotte sono:
1.
Frazione 0/5mm;
2.
3.
4.
Frazione 0/30 mm;
Frazione 0/100mm;
Frazione 40/70 mm.
LA CLASSIFICAZIONE DEI PREDETTI AGGREGATI RICICLATI ATTRAVERSO LA NORMA UNI
EN 13242, ed in particolare le caratteristiche specifiche, sono sintetizzate
dall’etichetta che accompagna i prodotti all’atto della commercializzazione; si
tratta di un documento contenente almeno le informazioni minime richieste dalla
norma, attraverso le quali sono descritte una serie di caratteristiche
(dimensione, forma, resistenza alla frammentazione, ecc.).
Come detto si tratta di un estratto, ottenuto dal confronto dei valori verificati sottoponendo il prodotto a determinate prove - con i valori tabellari contenuti
nella norma; diversi per ogni tipologia di prestazione analizzata; in questo modo
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si identifica una classe di appartenenza (diversa per ogni tipologia di
prestazione analizzata) che viene appunto esplicitata nell’etichetta e al
contempo si ottiene una sintesi dei valori caratteristici per ciascun prodotto.
Il rispetto dei parametri tabellari garantisce che tale prodotto possa essere
utilizzato in tutta sicurezza per le opere di ingegneria civile e nella costruzioni di
strade.
Da un punto di vista ambientale invece le CARATTERISTICHE PRESTAZIONALI
richieste per i suddetti aggregati (quindi nell’ambito dell’individuazione degli
stessi quali prodotti derivanti da un processo di recupero che porti al
raggiungimento di standard qualitativi confrontabili con materiali di origine
naturale), sono individuate nella Circolare del Ministero dell’Ambiente n. 5205;
gli allegati della Circolare medesima fissano i requisiti minimi richiesti per
l’utilizzo di aggregati riciclati in opere di ingegneria civile, e nello specifico per la
formazione di corpi di rilevati, sottofondi stradali, strati di fondazione, recuperi,
riempimenti e colmate.
Gli allegati, da C1 a C5, prevedono parametri di ordine diverso più il test di
cessione: prendiamo per es. l’allegato C2 contiene dei parametri volti ad
accertare la COMPOSIZIONE CARATTERISTICA del materiale [parametri 1, 2, 3, 4, 5,
6, 7, 13 e14] e poi ce ne sono altri che indicano la granulometria [parametri 9,
10, 11 e 12].
Fra l’altro, come già anticipato sopra, i parametri indicati negli allegati della
Circolare 5205 possono essere verificati tutti (più il test di cessione) solo per gli
aggregati riciclati c.d. “grossi” visto che la prima prova riguarda il trattenuto al
setaccio 8 mm; questo comporta che tutte le frazioni inferiori che passano
interamente dal setaccio, in teoria, non potrebbero essere valutate in base agli
altri parametri indicati negli allegati. Pertanto dipende da quali criteri si intende
adottare nell’interpretare la Circolare, è evidente che qualora si ritenesse
obbligatorio osservare tutti i parametri di ogni allegato C ci sarebbero
indubbiamente delle grosse difficoltà a giustificare la commercializzazioni di
alcuni aggregati CE 13242-13285 [quelli a granulometria fine].
Al fine di poter verificare il rispetto di tali requisiti da parte di un aggregato, è
necessario dunque conoscerne:

La composizione caratteristica, ovvero le percentuali delle varie
componenti del materiale (calcestruzzi, laterizio, vetro, conglomerati
bituminosi, ecc.);
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La composizione granulometrica, che contempli almeno i setacci
della serie ISO 3310-1, ISO 3310-2 con aperture: 63, 31.5, 16, 8, 4,
2, 0.5, 0.063 mm, in maniera che per tali aperture sia possibile
determinarne la percentuale di passante;

L’ecocompatibilità, ovvero il rispetto dei limiti per il test di cessione del
DM 05.02.1998;

Altre proprietà caratteristiche degli aggregati, quali indice di forma e
appiattimento, equivalente in sabbia, resistenza alla frantumazione
(Los Angeles), ecc.
Come anticipato sopra alcune di queste informazioni sono anche riportate
nell’etichetta CE.
Considerato che alla stregua di quanto prevede il Decreto del Ministero delle
Infrastrutture 11 aprile 2007 spetta al produttore attestare la conformità degli
aggregati alla norma UNI EN 13242, l’etichetta CE è anche il documento che
insieme al DDT accompagna il trasporto degli aggregati riciclati.
Tuttavia per verificare il rispetto dei requisiti della Circolare, è necessario rifarsi
più che all’etichetta CE (che come detto rappresenta una sintesi) ai risultati
delle singole prove granulometriche condotte sui materiali, anche nell’ambito
della certificazione CE.

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6. PROCEDURE PER IL CONTROLLO DEI MATERIALI
6.1 Procedura per il controllo dei materiali in ingresso all’impianto
Le procedure di conferimento e accettazione, sono volte alla verifica della
compatibilità dei rifiuti in ingresso con gli atti autorizzativi e con i processi di
trattamento.
L'accettazione dei materiali in impianto, in linea generale è subordinata alle
seguenti condizioni:
 verifica dell’autorizzazione al trasporto del conferitore (iscrizione Albo
Gestori Ambientali);
 accertamento del codice CER identificativo del rifiuto, verifica sua
inclusione nell'elenco delle categorie autorizzate;
 corrispondenza
tra le caratteristiche fisiche del rifiuto e sua
identificazione con CER assegnato;
 verifica della trattabilità del rifiuto presso l'impianto in funzione delle sue
caratteristiche merceologiche;
 presenza del formulario d’Identificazione, previsto dall'art. 190 del D.lg.
N. 152 del 03 aprile 2006;
 eventuale compilazione della scheda di caratterizzazione del rifiuto a
firma del Produttore/Detentore;
Se previsto dalle modalità di gestione operative dell'impianto, verifica della
presenza di idonea certificazione analitica attestante la non pericolosità del
rifiuto.
Una volta controllata l'accettabilità del rifiuto, i materiali in ingresso sono
sottoposti alla verifica del peso (mediante apposita pesa) e l’addetto guida
l’utente verso l’area di conferimento.
Contestualmente sarà controllata la completezza e l'esattezza dei dati contenuti
nei documenti di trasporto/formulari. In particolare l’addetto:
 controlla la congruità dei dati ivi riportati;
 provvede al completamento della compilazione della parte riservata
all’impianto di destinazione;
 trattiene la copia di propria spettanza;
 provvede alla registrazione della stessa entro i tempi di legge.
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Come infatti già accennato in precedenza, all’interno dell’area del centro sono
sviluppate quattro linee di recupero che riguardano: rifiuti inerti da demolizione
e costruzione, terre e rocce, miscele bituminose.
Tali linee saranno adesso affrontate in modo specifico, al fine di poter meglio
spiegare quali sono le operazioni che verranno effettuate.
In generale nell’ottica di garantire un prodotto riciclato di qualità e al contempo
salvaguardare l’ambiente, la Ditta Italcave srl ha adottato una procedura in
merito ai controlli da effettuare sui rifiuti in entrata all’impianto; al momento del
conferimento del rifiuto presso l'Impianto di recupero e trattamento, il personale
incaricato dovrà procedere con l’esecuzione dei controlli riportati nella seguente
tabella per la verifica di conformità:
REQUISITO
TIPO
CONTROLLO
Verifica della corretta
attribuzione Codice CER
riportata dal Produttore del
rifiuto sul Formulario di
identificazione
CODICE CER DEL
RIFIUTO
TIPO DI RIFIUTO
QUANTITA’
Documentale e
Visivo diretto
Visivo diretto
Strumentale
(pesa)
Verifica di conformità del
rifiuto alle Autorizzazioni
dell’Impianto di recupero e
trattamento
ADEMPIMENTO
Il materiale di
tipologia diversa da
quella autorizzata per
il recupero e
trattamento deve
essere respinto
Verifica dell’aspetto, del
colore, dell’odore e di
eventuali elementi
pericolosi come, ad
esempio, amianto (lastre o
frammenti di lastra,tubi o
frammenti di tubi, ecc.),
conteni-tori di sostanze
peri-colose, anche vuoti o
parzialmente vuoti (vernici,
colle, sigil-lanti, additivi per
cls)
In caso di sospetta
presenza di materiali
pericolosi il rifiuto
deve essere respinto
Accertare la quantità di
materiale consegnato
mediante pesatura
Consegnare copia del
cedolino pesa
all’autista e/o
apportare il peso nella
parte destinata alla
compilazione da parte
del destinatario
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REQUISITO
IMPURITA’
AUTORIZZAZIONE AL
TRASPORTO DEI
RIFIUTI
CARATTERIZZAZIONE
DEL RIFIUTO
CONTROLLO
ANALITICO
TIPO
CONTROLLO
ADEMPIMENTO
Riportare nella
documentazione in
Visivo diretto
uso la presenza del
tipo di impurità
riscontrata
Accertamento
Verificare iscrizione Albo
documentale ed
Documentale
Gestori Ambientali (c/o
eventuale copia dei
terzi; c/o proprio)
documenti (in caso di
primo conferimento)
Scheda di caratterizzazione obbligatoria per ogni cantiere di provenienza
sottoscritta dal produttore iniziale del rifiuto
Obbligatorio per conferimenti superiori alle 10t, in relazione al lotto di
provenienza
Verificare la presenza di
impurità come, ad esempio,
legno, plastica, carta, etc
6.2 Procedura per il controllo dei materiali prodotti dall’impianto di
recupero ed utilizzati nel recupero della cava
a) MATERIALI TERRIGENI RECUPERATI (END OF WASTE) derivanti dalla lavorazione
presso il proprio impianto di frantumazione autorizzato.
In questo caso la terra ha già preliminarmente subito i controlli in fase di
accettazione all’impianto precedenti alla lavorazione.
Per il ripristino della cava verranno utilizzate solo terre, terre e rocce colonna A:
‐
Caratterizzazione analitica e composizione fisico-granulometrica per ogni
lotto di produzione (definito come un quantitativo di terra pari a 3.000 mc)
‐
Test di cessione di cui all’All.3 del DM 05/02/1998.
I lotti verranno analizzati all’interno di aree ben definite e delineate (vedi
planimetria allegata). Nell’impianto saranno quindi facilmente individuabili le
aree di stoccaggio dei rifiuti, dei materiali in attesa di caratterizzazione, dei
materiali pronti per essere avviati a ripristino o ad impianti esterni.
b) PRODOTTI RECUPERATI DA IMPIANTO DI RECUPERO INERTI
Parte del materiale terrigeno che sarà utilizzato per il rimodellamento
morfologico della cava potrà essere costituito da Prodotti Recuperati (cfr
aggregati riciclati) provenienti da attività di recupero effettuate dallo stesso
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impianto di recupero di rifiuti inerti o da impianti esterni autorizzati. In questo
caso il materiale dovrà essere, oltre che da un punto di vista chimico
compatibile con la destinazione d’uso, dovrà rispettare la Circolare 5205/2005,
rispetto ai requisiti previsti dall’Allegato C4 – recuperi ambientali, riempimenti e
colmate ed essere sottoposto ad un sistema di certificazione secondo UNI EN
933-1.
‐
Caratterizzazione chimica per lotti (3.000 mc) ricercando il set analitico
(idrocarburi C>12, e metalli standard Pb, Cd, Cr tot, Ni, Cu, Zn).
‐
Test di cessione cui all’All.3 del DM 05/02/1998.
‐
Analisi granulometrica ai sensi della Circolare UL/2005/5205 – rispetto ai
requisiti previsti dall’Allegato C4 – recuperi ambientali, riempimenti e
colmate ed eventuali altre verifiche prestazionali geotecniche
(composizione granulometrica e caratteristiche fisico-meccaniche).
6.3 Procedura per il controllo di aggregati riciclati prodotti dall’impianto e
posti sul mercato
L’attività di recupero rifiuti dei materiali inerti termina con la produzione di
Materie Prime Seconde. Il loro riutilizzo per gli scopi previsti sarà subordinato
alla verifica del rispetto delle caratteristiche prestazionali indicate nel DM
05/02/1998. Nello specifico sarà subordinato all’effettuazione di un test di
cessione ai sensi dell’All. 3 del DM 05/02/98 e delle prove prestazionali in linea
a quanto disposto dagli Allegati C della Circolare del Ministero dell’Ambiente n.
UL/5205/2005 del 15/07/05 e smi.
Gli allegati della citata Circolare fissano i requisiti minimi richiesti per l’utilizzo di
aggregati riciclati in opere di ingegneria civile, e nello specifico per la
formazione di corpi di rilevati, sottofondi stradali, strati di fondazione, recuperi,
riempimenti e colmate. Soddisfacendo tali requisiti gli aggregati riciclati possono
essere considerati come prodotti derivanti da un processo di recupero che porti
al raggiungimento di standard qualitativi confrontabili con materiali di origine
naturale.
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Gli aggregati riciclati prodotti dalla ITALCAVE srl sono tutti classificati secondo
la norma UNI EN 13242:2008 e tramite la stessa norma, attraverso il rispetto
dei requisiti imposti, etichettati dal produttore con il marchio CE.
Le tipologie di aggregati attualmente prodotte sono:
1. Frazione 0/100 mm;
2. Frazione 10/40 mm;
3. Frazione 40/70 mm;
4. Frazione 0/10 mm.
La classificazione dei predetti aggregati riciclati attraverso la norma UNI EN
13242, ed in particolare le caratteristiche specifiche, sono sintetizzate
dall’etichetta che accompagna i prodotti all’atto della commercializzazione; si
tratta di un documento contenente almeno le informazioni minime richieste dalla
norma, attraverso le quali sono descritte una serie di caratteristiche
(dimensione, forma, resistenza alla frammentazione, ecc.).
Come detto si tratta di un estratto, ottenuto dal confronto dei valori verificati sottoponendo il prodotto a determinate prove - con i valori tabellari contenuti
nella norma; diversi per ogni tipologia di prestazione analizzata; in questo modo
si identifica una classe di appartenenza (diversa per ogni tipologia di
prestazione analizzata) che viene appunto esplicitata nell’etichetta e al
contempo si ottiene una sintesi dei valori caratteristici per ciascun prodotto.
Il rispetto dei parametri tabellari garantisce che tale prodotto possa essere
utilizzato in tutta sicurezza per le opere di ingegneria civile e nella costruzioni di
strade.
Da un punto di vista ambientale invece le caratteristiche prestazionali richieste
per i suddetti aggregati (quindi nell’ambito dell’individuazione degli stessi quali
prodotti derivanti da un processo di recupero che porti al raggiungimento di
standard qualitativi confrontabili con materiali di origine naturale), sono
individuate nella Circolare del Ministero dell’Ambiente n. 5205; gli allegati della
Circolare medesima fissano i requisiti minimi richiesti per l’utilizzo di aggregati
riciclati in opere di ingegneria civile, e nello specifico per la formazione di corpi
di rilevati, sottofondi stradali, strati di fondazione, recuperi, riempimenti e
colmate.
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Gli allegati, da C1 a C5, prevedono parametri di ordine diverso più il test di
cessione: prendiamo per es. l’allegato C2 contiene dei parametri volti ad
accertare la composizione caratteristica del materiale [parametri 1, 2, 3, 4, 5, 6,
7, 13 e 14] e poi ce ne sono altri che indicano la granulometria [parametri 9, 10,
11 e 12].
Fra l’altro, come già anticipato sopra, i parametri indicati negli allegati della
Circolare 5205 possono essere verificati tutti (più il test di cessione) solo per gli
aggregati riciclati c.d. “grossi” visto che la prima prova riguarda il trattenuto al
setaccio 8 mm; questo comporta che tutte le frazioni inferiori che passano
interamente dal setaccio, in teoria, non potrebbero essere valutate in base agli
altri parametri indicati negli allegati. Pertanto dipende da quali criteri si intende
adottare nell’interpretare la Circolare, è evidente che qualora si ritenesse
obbligatorio osservare tutti i parametri di ogni allegato C ci sarebbero
indubbiamente delle grosse difficoltà a giustificare la commercializzazioni di
alcuni aggregati CE 13242 - 13285 [quelli a granulometria fine].
Al fine di poter verificare il rispetto di tali requisiti da parte di un aggregato, è
necessario dunque conoscerne:




La composizione caratteristica, ovvero le percentuali delle varie
componenti del materiale (calcestruzzi, laterizio, vetro, conglomerati
bituminosi, ecc.);
La composizione granulometrica, che contempli almeno i setacci della
serie ISO 3310-1, ISO 3310-2 con aperture: 63, 31.5, 16, 8, 4, 2, 0.5,
0.063 mm, in maniera che per tali aperture sia possibile determinarne la
percentuale di passante;
L’ecocompatibilità, ovvero il rispetto dei limiti per il test di cessione del
DM 05.02.1998;
Altre proprietà caratteristiche degli aggregati, quali indice di forma e
appiattimento, equivalente in sabbia, resistenza alla frantumazione (Los
Angeles), ecc.
Come anticipato sopra alcune di queste informazioni sono anche riportate
nell’etichetta CE.
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Considerato che alla stregua di quanto prevede il Decreto del Ministero delle
Infrastrutture 11 aprile 2007 spetta al produttore attestare la conformità degli
aggregati alla norma UNI EN 13242, l’etichetta CE è anche il documento che
insieme al DDT accompagna il trasporto degli aggregati riciclati.
Tuttavia per verificare il rispetto dei requisiti della Circolare, è necessario rifarsi
più che all’etichetta CE (che come detto rappresenta una sintesi) ai risultati
delle singole prove granulometriche condotte sui materiali, anche nell’ambito
della certificazione CE.
6.4 Controlli finali (prodotti)
Il Produttore deve effettuare dei controlli strumentali sui prodotti ottenuti al fine
di valutare la conformità alle prescrizioni normative applicabili per l’accettazione
dei prodotti riciclati.
I Controlli finali possono essere classificabili nelle seguenti categorie:
controllo della produzione in fabbrica (FPC), ossia il Manuale di produzione;

controllo delle caratteristiche prestazionali e di ecocompatibilità.
Il Controllo della produzione in fabbrica è necessario per il requisito di idoneità
all’utilizzo dei prodotti inglobati nelle costruzioni stradali e di alcuni materiali
costituenti di altri prodotti (es. CLS, CB,..). Consente di valutare le prestazioni
del processo produttivo e garantire la costanza dei requisiti tecnici dei materiali
prodotti.
Il controllo dei requisiti tecnici e prestazionali è previsto per verificare le
sostanze componenti ed il loro contenuto percentuale.
Il controllo dei requisiti di ecocompatibilità è necessario per accertare che il
rilascio delle sostanze potenzialmente inquinanti presenti nei prodotti sia
inferiore al limite prescritto. In particolare deve essere effettuato il test di
cessione ai fini della caratterizzazione dell’eluato, secondo i criteri e le modalità
descritte nell’Allegato 3 del D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i.
Il Produttore sottoporrà ad analisi i prodotti per la verifica di conformità alle
norme specifiche (caratteristiche prestazionali, ambientali e di idoneità
all’impiego) in base all’impiego ed alle prescrizioni delle Norme tecniche relative
ai prodotti riciclati, secondo le frequenze indicate nel Manuale di produzione.

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Sommariamente il Manuale di produzione prescrive che l’azienda tenga sotto
controllo il processo di riciclaggio inerti attraverso:
 la definizione della programmazione della produzione in funzione del
livellamento delle scorte di magazzino (intese materia prima seconda) gestite a
vista;
 il controllo visivo costante del processo come da tabella seguente:
PARAMETRI DA
LIMITI DI
GESTIONE NON
CONTROLLARE
ACCETTABILITÀ
CONFORMITÀ
Scarico in
tramoggia
Pezzatura
materiale
0,5 mc
Preventivo
adeguamento
volumetrico
Frantumazione
Presenza corpi
estranei
Nessun corpo
estraneo
Eliminazione di
corpi estranei
Eliminazione
frazioni leggere
Pulizia completa
Riduzione velocità
alimentazione
tramoggia
Flusso del
materiale
Deflusso costante
Riduzione velocità
alimentazione
tramoggia
FASE/ATTIVITÀ
Vagliatura
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7. MONITORAGGIO AMBIENTALE
7.1 Riepilogo delle attività di monitoraggio ambientale derivanti da altre
autorizzazioni
Nel proseguo dell’attività estrattiva e durante il ripristino verranno mantenute le
azioni di monitoraggio attualmente in essere che derivano dai seguenti
procedimenti amministrativi:
‐ procedura di verifica di VIA del progetto di coltivazione e ripristino della
cava Val di Merse;
‐ progetto di coltivazione e ripristino della cava autorizzato;
‐ autorizzazione unica ambientale (AUA) del sito Val di Merse
(comprendente sia l’attività di recupero di rifiuti non pericolosi sia
l’attività estrattiva vera e propria del materiale naturale) rilasciata
nell’Agosto 2014.
Nell’ ambito della procedura di verifica di VIA del progetto di coltivazione e
ripristino della cava era emerso che i principali fattori di impatto individuati
erano riconducibili al solo impatto visivo, in quanto l’attività di scavo inciderà sia
in fase di avanzamento dei lavori che al termine degli stessi. Un altro aspetto
che era emerso in fase di valutazione di VIA era quello relativo agli impatti sulle
falde idriche, che, anche se non considerato come un impatto principale, era
stato comunque preso in considerazione nell’individuazione degli interventi di
monitoraggio.
MONITORAGGIO IMPATTO VISIVO
Relativamente all’impatto visivo, negli elaborati della procedura di verifica di
VIA, era stato precisato che la mitigazione sarebbe avvenuta con la
realizzazione degli interventi di ripristino vegetazionale (dettagliatamente
descritti nell’elaborato “Adeguamento del Piano di ripristino ambientale del I° e
del II° Lotto della cava Val di Merse Rapporto Tecnico” - Ns. Arch.
3531SGG08A). Gli interventi di monitoraggio previsti consistevano in verifiche
annuali della visibilità dell’area di cava con redazione di apposita
documentazione fotografica) dai punti sensibili individuati dallo studio di
intervisibilità specificatamente redatto nell’ambito dello studio di valutazione, al
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fine di verificare lo stato di avanzamento dei lavori di ripristino ambientale
(morfologici e vegetazionali) e la loro effettiva efficacia.
L’attuale elaborato, relativo alla variante del progetto di ripristino, riconferma
quanto riportato negli elaborati approvati della procedura di verifica di VIA in
materia di monitoraggio dell’impatto visivo. Dalla documentazione fotografica
fornita sarà quindi possibile controllare che il recupero ambientale e
paesaggistico proceda di pari passo con l’attività di coltivazione e che gli
interventi realizzati corrispondono a quelli descritti nel progetto di recupero
approvato. Nella tav. 4578SGG45 della “Variante al progetto di ripristino“ sono
riportati i punti di vista ritenuti sensibili dai quali dovranno essere eseguite le
verifiche, definiti di seguito: punto di presa fotografica 7 località Macialla, punto
di presa fotografica 15 località P. Cerretaie, punto di presa fotografica 20
località Montalbuccio e punto di presa fotografica 3 località Fonterutoli.
Annualmente verrà quindi presentata una apposita documentazione fotografica
atta a dimostrare l’effettiva esecuzione degli interventi di ripristino vegetazionale
e la loro progressione temporale. Si precisa che le verifiche di intervisibilità
verranno eseguite all’inizio della stagione estiva, per poter avere poi il tempo di
predisporre i necessari interventi di ripristino vegetazionale nella successiva
stagione autunnale (sostituzione delle essenze arboree non attecchite,
inerbimento di zone particolarmente visibili..etc..).
MONITORAGGIO FALDE IDRICHE SOTTERRANEE
Come precedentemente accennato, in fase di verifica di VIA era emerso che gli
impatti sulle falde idriche sotterranee erano da considerarsi secondari in virtù
dell’elevato franco di sicurezza (circa 85-90 m) che separa la superficie e la
quota del livello freatico della falda idrica sotterranea. Nonostante tali condizioni
erano stati comunque previsti, in misura precauzionale, degli interventi di
monitoraggio a tutela della risorsa idrica sotterranea. Nello specifico si era
previsto di monitorare annualmente, all’inizio della stagione estiva, la falda
idrica sotterranea, facendo eseguire, su un campione di acqua prelevato dal
pozzo della cava , delle analisi chimiche per la determinazione dei seguenti
parametri: nitrati, nitriti, ammoniaca e idrocarburi totali. Circa 10 giorni prima
della data di esecuzione del prelievo, era previsto di avvertire le strutture di
controllo competenti (ARPAT e Amm.ne Comunale di Monteriggioni) della data
esatta di esecuzione del prelievo per potervi presenziare. Con cadenza annuale
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doveva essere stilata una nota tecnica che contenesse i risultati analitici delle
analisi eseguite ed inviata alle strutture di controllo competenti.
Il presente elaborato relativo alla variante del progetto di ripristino riconferma il
piano di monitoraggio della falda idrica sotterranea attualmente in attivo
modificando la cadenza delle misure da annuale a semestrale così da fornire un
controllo maggiore in merito ad eventuali problematiche legate all’eventuale
inquinamento della falda idrica sotterranea. Nella tav. 4578SGG45 è riportata la
planimetria dell’area impianti con l’ubicazione del pozzo e lo schema costruttivo
dello stesso. Si precisa che le analisi verranno eseguite approssimativamente
all’inizio della stagione estiva e all’inizio di quella invernale. Annualmente verrà
trasmesso un elaborato contenente i risultati delle analisi.
MONITORAGGIO DELLA ACQUE SUPERFICIALI
L’autorizzazione unica ambientale (AUA) per il sito Val di Merse rilasciata con
Det. Dirig. N.2100 del 01.08.2014 del Settore Politiche Ambientali della
Provincia di Siena sia per l’attività di recupero rifiuti non pericolosi sia per
l’attività estrattiva vera e propria richiamano, relativamente alle prescrizioni del
monitoraggio delle acque superficiali, richiama espressamente quelle espresse
nell’ Autorizzazione per l’impianto di recupero inerti non pericolosi (Det. Dirig.
N.2069 del 31.07.2014 del Settore Politiche Ambientali della Provincia di Siena)
che a sua volta richiama le prescrizioni di cui all’Autorizzazione allo scarico non
in pubblica fognatura (Disp. Dirig. N. 290 del 01/03/2010 del Servizio Ambiente
della Provincia di Siena). Si precisa che questa autorizzazione allo scarico
riguarda le seguenti tipologie di reflui:
‐ acque meteoriche dilavanti (AMD) afferenti all’area impianti della cava
e all’area dell’impianto di recupero rifiuti inerti non pericolosi che
recapitano in un’unica vasca di decantazione;
‐ acque meteoriche della zona di deposito e stoccaggio oli e filtri;
‐ acque reflue domestiche provenienti dalla zona uffici, spogliatoio e
mensa che recapitano in una fossa imhoff e poi smaltite per
subirrigazione;
‐ acque di lavaggio dei pneumatici raccolte in una vasca di accumulo e
conferite da ditte specializzate allo smaltimento.
In definitiva le operazioni di monitoraggio relativamente alle acque superficiali
derivano dalle prescrizioni espresse in merito all’Autorizzazione allo scarico non
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in pubblica fognatura e all’Autorizzazione per l’impianto di recupero inerti non
pericolosi che nello specifico prevedono l’attivazione di un sistema di
autocontrollo con n.2 analisi complete con cadenza semestrale con verifica dei
parametri solidi sospesi totali ed idrocarburi.
7.2 Potenziamento della rete per il monitoraggio delle acque sotterranee
Durante l’istruttoria iniziale è altresì emersa la necessità di potenziare l’attuale
rete di monitoraggio delle acque sotterrane. Attualmente, come descritto in
precedenza, è previsto il campionamento per le analisi delle acque sotterranee
prelevate nel pozzo presente all’interno dell’area di cava.
Fig. 7.1 piezometria della falda idrica sotterrane. E’ evidenziata l’area di cava e la
posizione dei pozzi acquedottistici
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La falda idrica sotterranea presenta un deflusso con andamento in direzione
sud (fig. 7.1), ove alla distanza di ben 5 km sono comunque ubicati alcuni pozzi
acquedottistici; sebbene tali pozzi non presentino un elevata produttività, esiste
comunque l’esigenza di tutelare particolarmente tale impianto.
Onde risolvere tale criticità la Società Italcave ha deciso di incrementare la rete
di monitoraggio realizzando due nuovi pozzi in maniera tale che la rete di
monitoraggio e controllo, in relazione al deflusso sotterraneo sia il seguente:
1. pozzo a monte atto a rilevare il “bianco” realizzato all’interno della cava
Castellino 1;
2. pozzo all’interno dell’area dell’impianto ( attualmente in essere)
3. pozzo a valle ubicato nell’area del Pd. Castagnoli.
Il pozzo a monte destinato a registrare il “bianco” verrà perforato all’interno
dell’area della ex cava Castellino 1 durante i lavori per la realizzazione del
“campeggio” in ottemperanza alle previsioni urbanistiche in essere. Tale pozzo
avrà le caratteristiche costruttive evidenziate in figura 7.2 ed avrà una
lunghezza di circa 150 - 170 metri e sarà dotato di una pompa sommersa che
permetterà di campionare le acque di falda ( livello statico circa -80 metri p.c.)
per le opportune analisi chimiche
Il pozzo ubicato in corrispondenza del Podere Castagnoli è posto in una
posizione circa congiungente in linea retta l’area con i citati pozzi
acquedottistici. Il nuovo pozzo di monitoraggio avrà una lunghezza di circa 150
metri e sarà dotato di una pompa sommersa che permetterà di campionare le
acque di falda ( livello statico circa -80 metri p.c.) per le opportune analisi
chimiche (vedasi fig. 7.3).
L’autorizzazione alla perforazione del pozzo sarà rilasciata dall’Ufficio Acque
Sotterranee dell’Amministrazione Provinciale di Siena.
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Pozzo posto circa 800 m a monte dell’area di
impianto

mm
"
Fig. 7.2 ubicazione del pozzo per le analisi del “bianco” e schema costruttivo dello stesso.
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
La distanza tra l’area dell’impianto ed il Pod.
Castagnoli è circa 1 km
mm
 "
Fig. 7.3 ubicazione del pozzo e schema costruttivo dello stesso.
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7.3 Raccolta e conservazione di tutti i dati derivanti dal monitoraggio
Tutti i dati relativi al monitoraggio saranno digitalizzati e la copia cartacea sarà
conservata presso la cava mentre quella informatica presso gli uffici societari di
Pomarance.
In particolare tutti i dati relativi al monitoraggio saranno raccolti con la seguente
cadenza:
RIFERIMENTO:
COSA
CADENZA
Annuale
Quantità materiale escavato
Quantità
ATTIVITÀ DI CAVA
AUA
materiale
utilizzato
per
il
Annuale
ritombamento
Impatto visivo
Annuale
Falda idrica : pozzo in cava
Semestrale
Acque Meteoriche Dilavanti
Semestrale
Falda idrica : pozzo Pod. Castagnoli
Semestrale
Quantità MPS giacente nell’impianto
Mensile
IMPIANTO DI RECUPERO
Circa il monitoraggio volontario relativo al quantitativo di MPS giacente
nell’impianto si prevede di attivare un monitoraggio mensile suddividendo lo
stesso in relazione alle varie tipologie merceologiche ed indicando altresì la
quantità del rifiuto prodotto.
7.4 Diffusione e pubblicazione dei dati relativi al monitoraggio ambientale
Al fine di garantire la corretta informazione circa il funzionamento dell’impianto
ed il monitoraggio dello stesso si prevede di redigere annualmente uno
specifico rapporto contenente tutti i dati analitici ed un breve commento degli
stessi.
Tale rapporto sarà consegnato, per posta certificata, all’Amministrazione
Comunale, Amministrazione Provinciale ed all’ARPAT di Siena onde costituire
un deposito certo dei dati contenuti a garanzia di tutti gli operatori.
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8. STIMA DEL COSTO DELL’OPERA
Per quanto attiene la stima del costo delle opere da realizzare in relazione alla
presente procedura di VIA si inferisce quanto segue:
- Il potenziamento dell’impianto non richiede nuove opere edili
risultando sufficienti per l’attività le tre vasche esistenti e la piazzola
impermeabilizzata ove verrà posto il vaglio;
- Le infrastrutture dell’impianto risultano adeguate al potenziamento
dell’attività;
- Il nuovo vaglio che verrà istallato possiede le caratteristiche, come
per altro la restante parte dell’impianto, di mobilità non essendo
fissato al suolo. Pertanto tale attrezzatura è esclusa dal dal costo
delle opere.
Siena, Ottobre 2015
Il coordinatore del gruppo di lavoro
Dr. Geol. Antonio Maria Baldi
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