Nessuno legge Saba.
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Nessuno legge Saba.
NESSUNO LEGGE SABA INTRODUZIONE Della peccabilità del suo poetare era consapevole lo stesso Umberto Saba. Il pubblico, infatti,toccato dall'inquietudine della guerra e dunque bisognoso di distrazioni, era totalmente disinteressato alla visione cruda e realistica del poeta triestinoe piuttosto attratto dall'estetismo. Saba che, al contrario, prediligeva i significati ai significanti, veniva criticato e la sua poetica era considerata banale. Nonostante questo,trascurando l'importanza della bellezza dei versi,il Canzoniere presenta poesie definite dall'autore stesso "brutte", ma che nascondono un impulso unificante. Il poeta chiede infatti collaborazione al lettore, invitandolo a leggere anche i componimenti più mediocri per poter comprendere l'intera opera. Questa complicità tra autore e lettore però non si realizzerà mai pienamente e al colmo dello sconforto, attraverso "Epigrafe", Saba chiede apertamente dimenticanza,quando è ormai definitivamente rassegnato al proprio insuccesso. 1. EPIGRAFE "Parlavo vivo ad un popolo di morti. Morto alloro rifiuto e chiedo oblio." In questa poesia di due soli versi l'autore dice di essersi sempre rivolto ad un popolo di morti. Attraverso questa metafora, infatti, vuole esprimere la propria consapevolezza di un immeritato disinteresse da parte del pubblico nei confronti della sua opera. Nel primo verso,contrapponendovi la sua figura "viva", Saba esplicita fortemente la condizione di totale incomprensione che lo affligge ricordando il periodo in cui ancora sperava che qualcuno riuscisse a scovare l'onesta verità delle sue parole. Nel secondo verso, invece, rivolgendosi allo stesso pubblico in cui prima riponeva le sue speranze, rifiuta l'alloro e chiede oblio. Dopo aver parlato per anni "da vivo ad un popolo di morti", preferisce essere dimenticato che ammirato quando ormai è tutto finito. La poesia esprime un'amarezza e un'inquietudine senza scampo e porta tutto il peso del fallimento. Tanto il riacutizzarsi dalla nevrosi,quanto la percezione,dopo la fine della guerra, di trasformazioni sociali e culturali lontanissime dalla propria concezione del mondo,dunque,spingono Saba a un rifiuto, per la prima volta,della poesia che lui stesso considerava "la mia buona carta alla fine del mio gioco". Saba rifiuta la poesia come articolo e la intende come voce di una possibile comunicazione autentica e limpida. A un certo punto il poeta pensa addirittura di intitolare la suaopera "Carezza" anziché "Canzoniere" per rendere totalmente omaggio al proprio pensiero e alla propria poetica. 2. COMMIATO Chiarezza e onestà diventano i temi principali intorno ai quali ruota la poesia sabiana perchè mediante questi si può perseguire quella verità interiore tanto auspicata dall’autore. La bellezza allora passa in secondo piano e l’inclusione di testi meno “belli” all’interno del Canzoniere è necessaria alla comprensione dell’intera opera. Nel “Commiato” ad esempio Saba è consapevole di questa differenza tra poesie di successo e non. COMMIATO Voi lo sapete amici, ed io lo so, Anche i versi somigliano alle bolle di sapone, una sale e un’altra no. In soli tre versi Saba riesce a sintetizzare il sentimento di disillusione provocato dall’insuccesso. Il poeta si rivolge confidenzialmente ai lettori chiamandoli amici. Attenendosi alla sua poetica, esprime rassegnazione all’insuccesso e quindi è consapevole del possibile fallimento dei suoi componimenti. Nella frase “anche i versi somigliano alle bolle/ di sapone una sale e un’altra no” Saba tramuta le sue poesie in bolle, in elementi fragili e imprevedibili. Quindi sa riconoscere la bellezza di alcuni componimenti o la loro mediocrità senza però attribuire loro importanza per non distogliere il lettore dal significato con il significante. Come le bolle di sapone scoppiano subito, ugualmente le poesie di Saba muoiono ad una prima lettura. Nonostante tutto ciò Saba continuerà sempre a confidare nella sua poetica tradizionale e nel suo pensiero realista, rifiutando l’innovazione. AL LETTORE Se leggi questi versi e se in profondo senti che belli non sono,son veri, ci trovi un canarino e tutto il mondo. L’autore non smentisce mai la sua natura anticonformista. Come più tardi rivedremo nella poesia “Amai”,Saba non punta alla cripticità dei suoi versi ma alla purezza,alla sincerità. E si rivolge direttamente al suo destinatario: “se leggi questi versi e se in profondo/ senti che belli non sono,son veri”. Riformulando la poesia e aggiungendo un “ma” si ottiene “ se leggi questi versi e se in profondo/ senti che belli non sono ma sono veri” si verifica una mutazione del significato. Quindi il nostro scrittore comprende la profondità e la difficoltà di interpretazione che si cela dietro le sue opere. Inoltre, in questa poesia, avviene un’ universalizzazione dei suoi sentimenti e delle sue esperienze. La sua malinconia quindi viene estesa al resto del mondo. Saba rappresenta il canarino, parte dell’attenzione affettiva della sua vita, piccolo e insignificante rapportato ad una realtà più grande che è costituita dai lettori. Già nel titolo è esplicitata la destinazione del messaggio. E’ sempre più evidente il bisogno di comprensione, riconoscenza e la necessità di trovare conforto nel dolore altrui. 3. IL BEATO Ma chi era Umberto Saba? Di certo non un uomo forte. Era un uomo debole che, invece di rialzarsi, assecondava la sua tristezza per essere compatito. Un uomo che cercava conforto sì negli altri, ma di conforto non ne dava mai. Un uomo che si è lasciato abbattere dalle persone, dall’epoca, dal mondo. Lo rassicurava però il fatto di non esser il solo a soffrire, se ne convinceva per “tirar avanti”. Non lo accusiamo però di essere vile: se così facessimo, consideremmo ogni autore come tale. Saba ci dimostra come portare avanti le proprie idee, nonostante sia difficile, dia frutti. Ebbe una moglie,una figlia e dei riconoscimenti in tarda età avvalendosi solamente di una penna e di emozioni vere, vissute. IL BEATO Io non posso soffrire. Io sono tale, per lieto arbitrio degli dei,che niuna pena mi tocca, e vivo tra una cuna e una bara,ignorando il vostro male. Forse sono io stesso un Immortale. Guardami ben:vedi tu in me pur una traccia del tuo dolore? E quanto aduna tristezze in voi me a rattristar non vale. Tanta bontà è nel mio cuore, che un gioco m’è la guerra;ogni volto si fa bello s’io l’affisso, ogni voce è una canzone. E se dar mi potessi un’ora, un poco del tuo dolore,io ti dare per quello l’alta letizia di cui son prigione. Il titolo “Il beato” potrebbe rappresentare una sorta di maschera indossata dall’autore per celare le sue sofferenze. Questa poesia è molto contorta e piena di contraddizioni. All’inizio è l’autore a descrivere uno stato di grazia e di felicità; sembra infatti ignorare il male e la tristezza altrui:”io non posso soffrire”, “vivo tra una cuna e una bara,ignorando il vostro male”, sembra che niente e nessuno lo tocchi minimamente, ci appare un uomo incapace di provare sentimenti. Per lui la guerra è un gioco, ogni volto che vede è bello ed ogni voce è come una canzone. Tuttavia Saba “smonta” quest’apparente felicità nell’ultimo verso della poesia, affermando di essere prigioniero di questa grande gioia. Invita ancora una volta chi legge a riconoscere il proprio dolore nei suoi versi reclamando ancora quell’intesa da sempre tanto auspicata che gli permetterebbe di rallegrarsi sapendo che qualcuno dedicherà del tempo alla lettura dei suoi versi. 4. QUASI UNA MORALITA? La ricerca della complicità è molto frequente nelle poesie di Saba. In “Quasi una moralità” addirittura il poeta parla solamente ai giovani nei quali ripone tutte le speranze del futuro. QUASI UNA MORALITA’ Più non mi temono i passeri. Vanno vengono alla finestra indifferenti al mio tranquillo muovermi nella stanza. Trovano il miglio e la scagliuola:dono spanto da un prodigo affine, accresciuto dalla mia mano. Ed io li guardo muto (per tema non si pentano) e mi pare (vero o illusione non importa) leggere nei neri occhietti, se coi miei s’incontrano, quasi una gratitudine. Fanciullo, od altro sii tu che mi ascolti, in pena viva o in letizia ( e più se in pena) apprendi da chi ha molto sofferto,molto errato, che ancora esiste la Grazia, e che il mondo tutto il mondo-ha bisogno d’amicizia. Il componimento contiene il messaggio dalla magnanimità nascosta degli uomini, i quali provano non solo dolore e odio. Saba confida nelle nuove generazioni valutandole positivamente e perciò si rivolge principalmente a loro. Dall’undicesimo verso si rivolge contrapponendoli agli uccellini citati nei versi e congratulandosi con loro per essere disposti ad ascoltarli (e qui si ripropone il tema del lettore fonte di energia per il poeta). Invita i ragazzi a prendere esempio dai passeri ad affrontare i tempi correnti con occhi e mentalità diversi intimando loro di combattere la diffidenza e la rabbia. Questa urgenza di comunicare attraverso queste poesie che sembrano suppliche, sottolinea il desiderio irrefrenabile di un rapporto stretto tra le persone: più dialogo, più solidarietà, più amore. Il messaggio è riferito direttamente ai ragazzi, emblema si speranza e rivoluzione. Saba appare ottimista, rincuora gli animi dei lettori. Nella poesia compaiono delle parentesi che contengono un parere personale per sottolineare il suo pensiero e delucidare i concetti forse per timore che il pubblico possa non capirli. “Quasi una moralità” sembra una interpretazione etica da dare al mondo per risolvere i problemi interpersonali. Riflettendo sono molte le croci sabiane che non trovano una spiegazione definitiva. Forse neanche l’autore stesso avrebbe saputo spiegare quello che scriveva. Forse l’intento era quello di lasciare il lettore nel mistero. Sempre dando un’opinione personale, “l’unico” problema di Saba era la sua stessa vita, niente di più basilare. Saba era scontento, e malato; la sua vita era un insieme di battaglie: madre-padre-razza-nevrosi-solitudine. E se la vita è piena di battaglie e le battaglie formano una guerra che non ha senso, allora, se la vita è come la guerra, anche la vita non ha senso. L’ unico rifugio di Saba erano una penna e un pezzo di carta. Secondo noi, anche se il suo successo non era stato ancora affermato, le sue potevano essere comprese meglio rispetto ad ora, poiché dopo anni di guerra e sofferenza, i sentimenti che prova l’autore sono universali. 5. AMAI Amai trite parole che non uno osava. M’incantò la rima fiore amore, la più antica difficile del mondo. Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l’abbandona. Amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del mio gioco. La poesia “Amai”, inclusa nella sezione “Mediterranee” pubblicata nel 1946, esprime ancora una certa fiducia nel lettore. Saba infatti afferma “amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata alla fine del mio gioco” ribadendo il proprio amore onesto per la poesia, unica opportunità di dare un senso positivo alla sua vita. Il poeta si rivolge direttamente al lettore nei confronti del quale prova gratitudine autentica, quasi un sentimento d’amore. Quindi si rivolge ancora con “amore” al suo pubblico e lo invita a cogliere il senso più profondo delle sue poesie. Ma col tempo alla gratitudine si sostituisce la disillusione provocata dall’insuccesso. Lo stesso poeta ce ne parla in “Storia e cronistoria del Canzoniere” nelle parti dedicate alla sezione “Autobiografia”. Se la poesia rappresentava inizialmente la rivincita di Saba sulle tristi esperienze della vita, l’insuccesso rappresenta “l’assoluzione negata” e dunque l’impossibilità di un riscatto, d’una via d’uscita alla propria angoscia. La sua passione per le rime modeste che nessuno avrebbe mai adottato, non lo fanno scendere però nella banalità, essendoci sempre un’idea mirata dietro di esse. Sta in questo il suo “gioco”: rendere qualsiasi cosa speciale, una rima oppure un concetto, quello del dolore per esempio, che rende amica anche la verità più oscura. CONCLUSIONE Ci sono due metodi per leggere una poesia: il primo è di informarti sulla vita dell’autore e sapere fin da subito che cosa intendeva dire e perché; quindi leggere la poesia dopo aver studiato così da riuscire a cogliere il puro sentimento che voleva trasmettere l’autore. Il secondo consiste nell’agire nella più completa ignoranza: leggere la poesia d’impatto e vedere che emozioni suscita, il che cambia da persona a persona. Ma al giorno d’oggi, perché leggere Saba? Perché leggere un poeta? Apparentemente non c’è una risposta perché noi siamo una generazione eclettica, sbrigativa, non ci piace fermarci a riflettere. Però, leggendo le poesie dedicate al lettore, ci siamo rese conto che alla lettura dei brani di Saba si addice meglio il primo metodo poiché , nel lettore si scatenano emozioni che nascono solo combinate alla conoscenza dei suoi dati biografici. Si vengono a creare emozioni particolari legate alla comprensione del suo dolore. L’unico motivo per cui dedicheremmo il nostro tempo a Saba, sarebbe per esaudire il suo desiderio di empatia. Oppure perché nei suoi versi ci trovi “un canarino e tutto il mondo”… Classe 3B linguistico Caravita Olivetta Di Carlo Alessia Macchia Anna Mancini Francesca Marucci Laura