Paesi Baschi: una lotta di liberazione nell`Europa di - CPA Fi-Sud

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Paesi Baschi: una lotta di liberazione nell`Europa di - CPA Fi-Sud
Paesi Baschi: una lotta di liberazione nell’Europa di Maastricht
Dossier a cura della Commissione Politica del Centro Popolare Autogestito Firenze Sud (1996)
Euskal Herria
Il Popolo Basco è insediato storicamente su un territorio chiamato Euskal Herria situato nei
Pirenei occidentali e delimitato dal Mar Cantabrico (golfo di Biscaglia), bagnato al sud dal fiume
Ebro e a nord dall'Adur. Il suo territorio di 20570 Km2 ospita una popolazione di 2.800.000
persone. Attualmente, a causa degli eventi storici, è diviso in modo artificiale ed amministrato
dallo Stato francese e da quello spagnolo.
Euskal Herria, come entità nazionale rappresentata dal Popolo Basco, possiede caratteristiche
specifiche quali la territorialità, la lingua (l'Euskara, la più antica d'Europa), la storia, forme
proprie di relazioni sociali, politiche e economiche, la cultura; caratteristiche che ancora oggi si
mantengono vive e che affondano le loro radici in peculiarità non ancora sufficientemente
esplorate.
A causa della suddetta divisione territoriale le province di Nafarroa, Gipuzkoa, Araba e Bizkaia
permangono sotto l'amministrazione spagnola mentre Lapurdi, Behenafarroa e Zuberoa sotto
quella francese, ma i Paesi Baschi soffrono anche di altre divisioni di tipo politicoamministrativo (la Comunità Autonoma Basca e quella di Navarra all'interno dello Stato
spagnolo), ecclesiastico, militare , economico...
In Iparralde ( zona di amministrazione francese) ai baschi non viene riconosciuta nessuna
identità, essendo territorio incluso nel dipartimento dei Pirenei atlantici.
È facile capire che, in queste condizioni, il desiderio e lo sforzo per la sopravvivenza di una
propria identità si scontra con gli interessi dei propri dominatori. Pertanto rimane aperto il
contenzioso che contrappone il popolo basco ad entrambi gli stati.
Caratterizzazione di un movimento
Nell'ultimo trentennio del secolo XIX, con l'introduzione nella penisola iberica dell'industria
pesante (legata soprattutto alla siderurgia cantieristica) e, di conseguenza, con la nascita di un
proletariato di fabbrica, la questione nazionalista di stampo antimperialista del Popolo Basco
iniziò la propria formazione. La prima concretizzazione di questo tipo di lotta si ebbe il 13-61895 con la formazione del PNV (Partito Nazionalista Basco).
I dissensi all'interno del PNV si manifestarono al momento che l'Euskadi, grazie alla propria
elevata industrializzazione, divenne meta di immigrati spagnoli in cerca di lavoro. La critica
intestina al PNV nacque dalla sua ala sinistra che contestava la linea politica della leadership
del partito poiché quest'ultima, a causa delle proprie carenze di analisi sociali sui problemi
della classe operaia, non riusciva ad unificare la lotta dei lavoratori immigrati a quella del
proletariato basco. Le divergenze di opinioni sulla necessità di affiancare alla lotta nazionalista
anche quella di classe portò ad un'inevitabile spaccatura. Nel 1931 l'ala sinistra del PNV si
staccò dal partito e fondò l'Azione Nazionalista Basca, ANV.
Sempre nel 1931 la caduta del regime di Primo Rivera portò ad una nuova costituzione
spagnola in cui si rivendicava l'indivisibilità della nazione. Il PNV, ormai totalmente
caratterizzatosi come partito della borghesia basca, per paura che una lotta nazionalistica
potesse essere deviata della sinistra patriottica su posizioni di classe, non si oppose a questa
costituzione ed iniziò un'opera di trattative con il governo di Madrid che proseguì fino al 1936.
Nell'ottobre del 1936, all'indomani del colpo di stato del dittatore Francisco Franco, il Popolo
Basco, per dissociarsi dalla Spagna fascista, costituì un governo autonomo ed anche il PNV,
sotto la pressione delle masse popolari, dovette iniziare una campagna di stampo repubblicano
contro la dittatura. Alla costituzione di tale governo Franco rispose con una sanguinosa
repressione (400 000 fra esiliati, arrestati, uccisi) che lo portò ad occupare militarmente le
principali città basche. In seguito, onde eliminare ogni elemento che potesse catalizzare il
patriottismo basco, vietò l'insegnamento, la diffusione ed anche il semplice uso della lingua
Euskara.
Il suo desiderio di annichilire fisicamente e moralmente il Popolo Basco fu sancito dal discorso
pronunciato dal dittatore l' 8-6-1937, subito dopo la presa di Bilbao: "Questo orrore, questo
incubo chiamato Euskadi è il risultato di un sentimento ostinato e rovinoso che nasce dal
cretinismo della predica socialista; tutto ciò va vanificato, distrutto, fatto cadere per sempre"
Durante la seconda guerra mondiale l'avanguardia basca lottò strenuamente contro il nazi-
fascismo sia in patria che nelle terre d'esilio e nel '45 manifestazioni di esuli baschi
festeggiarono in tutta Europa la liberazione, ma le speranze di questo popolo vennero ben
presto tradite; con la fine del conflitto mondiale e con l'inizio della guerra fredda, la Spagna
assunse, per gli Stati Uniti, un forte valore strategico e ciò fece ottenere, al regime franchista,
privilegi e legittimità da parte del governo USA.
Così dal 1947 in poi, mentre gli Stati Uniti trattavano col "generalissimo", permettendo
l'insediamento delle proprie ambasciate in Spagna e mentre il Papa stilava con Franco
concordati e lo investiva col "supremo ordine di Cristo", i socialisti ed i comunisti baschi
vennero nuovamente perseguitati. Intanto, anche a causa dello scioglimento da parte di Stalin
della III Internazionale, gli esuli baschi, privati di qualsiasi riferimento politico, rimasero alla
mercé delle socialdemocrazie ospitanti che li privarono di qualsiasi rappresentatività e, in
alcuni casi, misero fuori legge i loro organi di informazione e propaganda.
Intanto il PNV privato dell'opposizione in patria potette apertamente allineare la propria politica
a quella delle forze socialdemocratiche occidentali di stampo democristiano, mostrando così
come i propri vertici fossero ormai manipolati in base agli interessi dell'alta borghesia basca.
Tutto ciò fece sì che il PNV affiancasse in toto i principi di ordine sociale, incremento produttivo
e industrializzazione capitalistica sostenuti da Franco dal '47 in poi.
La sconfitta istituzionale però non poteva fiaccare una classe operaia sempre più combattiva ed
unita da quella collettivizzazione della produzione che è tipica del capitalismo; fu così che dal
'46 in poi l'Euskadi fu teatro di continue manifestazioni, i suoi centri più industrializzati videro
la propria produttività bloccata dai continui scioperi. La stabilizzazione imposta dall'oligarchia
finanziaria, peggiorando ulteriormente le condizioni di vita del proletariato basco, costituì
l'ultimo tassello di un mosaico sociale adatto al rilancio della lotta armata.
Lotta nazionale e lotta di classe
I primi germi di un nuovo tipo di nazionalismo, che vedeva nella lotta armata lo svolgimento
dell'anti-imperialismo e del conflitto contro ogni forma di sfruttamento ed oppressione, si
ebbero nelle proposte elaborate, al "Primo Congresso Basco" (1952), da Frederico Krutwig, ma
la loro concretizzazione avvenne solo nel 1959 con la formazione del fronte rivoluzionario
socialista Euskadi `Ta Askatasuna (ETA).
Negli ambienti di fabbrica e nelle sue organizzazioni sindacali crebbe, di pari passo con la
combattività del proletariato, il consenso verso questo tipo di lotta e, nel 1968, l'ETA già
poteva contare su di un ampio fronte operaio.
Il valore di classe dell' ETA, tanto sminuito dalla stampa internazionale, che continua a definirla
come un'organizzazione puramente nazionalista, appare chiaramente nei comunicati
dell'organizzazione stessa. È significativo a questo proposito ricordare il comunicato "Lettera
agli intellettuali", del 1964, in cui venne smentita l'ipotesi secondo la quale il movimento basco
sarebbe degenerato in una lotta piccolo-borghese e razzista: "I capitalisti baschi sono
sfruttatori al pari di quelli spagnoli o stranieri, sotto di essi i lavoratori vengono sfruttati nella
stessa maniera indipendentemente dalla propria nazionalità. È per questo motivo che oggi
chiediamo agli immigrati spagnoli che lavorano in Euskadi di unirsi alla nostra lotta per
eliminare qualsiasi tipo di sfruttamento".
È inoltre da notare la linea internazionalista dell' ETA chiaramente esposta in documenti quali
la risoluzione del suo V Congresso in cui si conclude che: "Attualmente l'unico rimedio
all'oppressione
dettata
dall'internazionalismo
del
capitale
e
dell'imperialismo
è
l'internazionalismo proletario e la sua lotta per la liberazione degli oppressi. Vogliamo che la
lotta per l'indipendenza del Popolo Basco divenga un tassello di questa battaglia."
Durante il periodo del regime franchista, l'ETA fu parte integrante della resistenza antifascista
portando avanti continue azioni contro gli esponenti della dittatura e contribuendo
direttamente alla caduta del regime con l'uccisione di Carrero Blanco, braccio destro di Franco
che ne sarebbe dovuto divenire successore.
L'ottenimento dell'attuale democrazia spagnola non poteva, però, essere un risultato
sufficiente per il Popolo Basco. Sicuramente, con l'avvio del processo di democratizzazione,
vennero modificate molte caratteristiche dell'esercizio del potere, venne consentita l'esistenza
di partiti politici e di elezioni a suffragio universale. Allo stesso tempo, la struttura ipercentralizzata dello Stato fu sostituita da un modello di decentramento regionale (statuto delle
autonomie). Lo Stato spagnolo si dotò di una costituzione con l'apparente consenso dei partiti
politici.
Ma questo processo presenta caratteristiche atipiche. In altri paesi il passaggio dalla tirannia
delle dittature alle nuove forme socio-politiche non è stato un processo pacifico, ma ha
determinato l'annullamento delle caratteristiche violente delle precedenti società. In Spagna
invece il carattere pacifico della transizione nasconde la superficialità di alcuni cambiamenti che
non rispettano la realtà e che sono la continuazione di una storia di espansionismo che perdura
nei secoli.
Il processo di transizione dello Stato spagnolo è viziato fin dalla nascita; è il frutto di un
accordo stipulato, non fra partiti politici, ma fra il potere militare ereditato dal franchismo e dai
partiti, per far si che non si alterassero la caratteristiche essenziali dello Stato e del regime:
Funzionari, polizia, esercito, codici legali.
La monarchia stessa rappresenta un chiaro segno di tutto ciò: fu un imposizione della dittatura
mai sottoposta al giudizio popolare e che costituisce il tramite di unione fra potere regio semiocculto e struttura politico-istituzionale, garantendo la trasmissione delle direttive del primo al
secondo.
La costituzione contiene, inoltre, aspetti inediti rispetto a qualsiasi paese europeo, è compito
dell'esercito salvaguardare l'unità dello Stato e l'ordinamento costituzionale, subordinando così
qualsiasi potere a quello militare nell'interesse dell'oligarchia che aveva sostenuto il regime
precedente.
Per i Paesi Baschi non fu possibile scegliere tra modelli diversi, il suo popolo fu costretto ad
accettare ciò che venne deciso per l'insieme senza distinzioni di alcun tipo.
La democrazia dello Stato spagnolo era e rimane una facciata dietro la quale continuare a
perpetrare lo sfruttamento nazionale, individuale e di classe ed è questo il motivo per cui la
lotta del movimento basco ancora oggi continua.
Il movimento basco e la repressione oggi
Oggi il Movimento di Liberazione Nazionale Basco è consolidato su solide linee tattico-politiche
e diramato capillarmente nelle problematiche sociali, culturali e politiche tramite le
organizzazioni riunite attorno al blocco rivoluzionario K.A.S. (Coordinamento Patriottico
Socialista) che racchiude sotto di sé oltre all' ETA, l'organizzazione per il Cordinamento dei
Movimenti Popolari (ASK), il Movimento della Gioventù della Sinistra Patriottica (Jarrai) ed il
"braccio politico" Herri Batasuna che, formatosi dalla fusione dei partiti ANV ed HASI, funge da
contenitore per gruppi che si muovono su tematiche specifiche (dall'insegnamento dell'Euskara
all'ecologismo,
dall'obiezione
di
coscienza all'amnistia
per
i
prigionieri
politici)
Il KAS si lega al mondo operaio tramite il sindacato LAB che, da un lato, opera su
rivendicazioni pratiche (salario, condizioni di lavoro, ecc), dall'altro porta avanti una linea di
non-patteggiamento con il capitale. LAB aiuta a mantenere alto l'impulso di classe nel
Movimento di Liberazione Nazionale Basco.
ETA appartiene al movimento come organizzazione politica che pratica la lotta armata e i cui
obbiettivi di indipendenza e socialismo sono condivisi da settori della popolazione più ampi di
quelli rappresentati nello spazio elettorale di Herri Batasuna: segmenti della base di partiti
quali E.A. (Eusko Alkartasuna) sono favorevoli all'indipendenza e elementi di altri partiti al
socialismo.
A tutto ciò lo Stato spagnolo risponde con una spietata repressione: gli elementi che
compongono le forze di occupazione spagnole (Guardia Civil) e la polizia basca (Erzaintza)
sono muniti di mezzi tecnici e tecnologici da strategia bellica e, grazie alla reintegrazione dei
codici franchisti, dotati di un potere di azione praticamente illimitato; le squadre antisommossa, utilizzate per reprimere cortei e manifestazioni, hanno in dotazione fucili che
sparano proiettili di gomma che causano frequentemente feriti gravi ed in alcuni casi anche
morti.
Nel maggio 1994 esistevano 554 prigionieri politici baschi distribuiti in carceri baschi, francesi e
spagnoli, 150 dei quali in carcerazione preventiva (situazione che può durare fino a quattro
anni). È opportuno ricordare che nel 1979 c'erano 120 prigionieri politici, dei quali solo 5
risiedevano in carcere fuori da Euskal Herria. La situazione dei prigionieri politici baschi supera
qualsiasi concetto di violazione dei diritti minimi e della legislazione vigente: 9 persone hanno
perso la vita in prigione (5 per mancanza di assistenza sanitaria) e vari soffrono di malattie
gravi, anche di carattere irreversibile, senza la necessaria assistenza e con la negazione della
libertà prevista dalla legge in questi casi. La distribuzione dei detenuti in un numero elevato di
prigioni, l'allontanamento dai loro centri di residenza abituali, la privazione dei contatti con la
famiglia e con la società, il continuo trasferimento da un carcere all'altro, oltre ad impedire una
minima stabilità, sono la copertura di continui pestaggi e lunghi periodi di isolamento. Il non
rispetto della legge impedisce a 79 persone di essere scarcerate nonostante risultino
soddisfatti i requisiti legali di compimento della pena.
A questo bisogna aggiungere l'esistenza di 50 persone (inizialmente 54 di cui 4 hanno perso la
vita) deportati in diversi paesi dell'America e dell'Africa, 48 persone assegnate al confino nello
Stato francese, in entrambi i casi senza personalità giuridica né diritto al lavoro o di
partecipazione al movimento. Inoltre 1500 persone si sono viste obbligate ad abbandonare
casa i lavoro per sfuggire alla repressione.
A tutto questo si aggiunge il fatto che mo lte componenti delle forze dell'ordine militano nelle
file del GAL, gruppi di terroristi filofascisti che negli ultimi anni hanno mietuto decine di vittime
fra i militanti e simpatizzanti del movimento di liberazione nazionale. La creazione di queste
squadri paramilitare, assieme al tentativo di fare dilagare nella popolazione basca il problema
della tossicodipendenza 1 e all'uso della tortura sui prigionieri politici2 , costituisce il lato oscuro
dell'opera reazionaria, illegale, non riconosciuto, ma allo stesso tempo finanziato dallo Stato
spagnolo.
La repressione, però, oltre a non riuscire a fiaccare la resistenza basca, ricompatta, elevando il
livello di scontro, le fila del movimento indipendentista e ne rende più combattiva la militanza.
È in questo clima che l'ETA ha dimostrato, demolendo le teorie istituzionali che la definivano
come un'organizzazione allo sbando politico, la propria forza arrivando a colpire illustri membri
della repressine spagnola. Tutto ciò, assieme a decine di attacchi che, con scadenza
settimanale, hanno colpito e colpiscono caserme della Guardia Civil e dell' Erzaintza, dimostra
la vanificazione della repressione.
È da questa posizione che il movimento basco ha rilanciato la propria alternativa di pace
(Alternativa Democratica) come unica e realistica soluzione.
Alternativa Democratica, di cui riporteremo nelle pagine seguenti ampi stralci, è la prima
proposta per la cessazione del sanguinoso conflitto armato. Lo Stato spagnolo ha, però,
risposto a questa mano tesa con una forte repressione che ha portato all'arresto di quei
membri dell'Herri Batasuna che si erano impegnati nella diffusione di materiale informativo
riguardante la proposta di pace. Lo Stato spagnolo non si è limitato quindi a bocciare
l'Alternativa (fatto che già di per sé dimostra la volontà spagnola di risolvere "il problema
basco" con la repressione e la violenza), ma ha reso illegale la pubblicazione, la diffusine e il
possesso del documento. Ha forse lo Stato spagnolo paura che la conoscenza di Alternativa
Democratica dimostri al mondo che i tanto temuti "terroristi baschi" sanno avanzare proposte
molto più giuste del “democratico” governo spagnolo.
Manifesto dell’ETA ad Euskal Herria
E.T.A., organizzazione rivoluzionaria socialista di liberazione nazionale, con l'azione contro Jose
Maria Aznar, presidente del Partito Popolare, ha colpito uno dei maggiori rappresentanti della
politica di oppressione ai Paesi Baschi mettendo allo scoperto l'accentuata crisi politica ed
istituzionale dello Stato spagnolo.
Il sistema repressivo, che da una falsa risposta al "problema basco" negando al popolo i propri
diritti e che rimane pianificato su codici franchisti, è stato accettato di buon grado da tutte le
forze politiche dello stato spagnolo. Ora che il P.S.O.E. è barcollante, sotto il peso degli
scandali di corruzione e della "guerra sporca"3 , il Partito Popolare si appresta a prendere il
potere pretendendo di far bere al popolo basco un nuovo calice di sofferenze.
Le forze politiche che accettarono lo "statuto di autonomia"4 hanno fatto pagare ai paesi baschi
una cambiale di divisione istituzionale, deculturizzazione e deindustrializzazione.
Ernesto Galindo, capo dell'antiterrorismo ad Irun, ed altri membri illustri della Guardia Civil sono stati riconosciuti
responsabili del traffico di droga nelle proprie giurisdizioni. Le indagini non hanno portato a nessun tipo di condanna.
2
La tortura ha assunto un ruolo di sistematicità che porta anche alla morte: nel giro di un mese tre cittadini baschi
sono morti in tre commissariati di diversi corpi polizieschi a causa dei trattamenti ricevuti.
3
Viene definita guerra sporca la creazione da parte del governo spagnolo, ed in particolare da alti membri del P.S.O.E.,
di gruppi terroristici paramilitari denominati G.A.L. Questi gruppi, ufficialmente illegali, ma di fatto finanziati dallo
Stato, hanno mietuto decine di vittime nel movimento basco.
4
Lo statuto di autonomia è un accordo di facciata firmato fra i partiti della destra basca (P.N.V. ecc)e lo stato spagnolo
che in realtà non concede nessun potere autonomo ai Paesi Baschi.
1
Il popolo basco non dispone della possibilità e degli strumenti che gli permettano di decidere il
proprio futuro.
Il conflitto politico continua invariato come risposta alle imposizioni ad all' oppressione operata
dallo Stato spagnolo.
Per la costruzione della società basca i cittadini hanno la necessità di impedire la divisione del
nostro popolo; di imparare l' euskara recuperando la nostra cultura; di lottare per l' autonomia
economica prima che si compia la deindustrializzazione di cui siamo oggetto.
Questi i nostri obbiettivi in carcere, in esilio, nella società.
Alternativa democratica per i Paesi Baschi
Alternativa democratica è la proposta base per il negoziato politico che nasce
dall'attualizzazione di "ALTERNATIVA K.A.S"5 e si basa sulla compartecipazione di due differenti
negoziati: uno fra E.T.A e stato spagnolo, l'altra ,che spetta direttamente alla cittadinanza
basca, per mezzo di un processo democratico senza limiti e con la possibilità di scelta su tutte
le possibili opzioni. Obbiettivo del negoziato fra stato spagnolo ed E.T.A è l'ottenimento del
riconoscimento del popolo basco come comunità cui spetteranno in forma indelegabile le ultime
decisioni sulla ridefinizione della società basca. Il completo riconoscimento del nostro popolo e
l'abolizione della frontiere giuridico-istituzionali sono gli argomenti del tavolo di trattative tra
Stato spagnolo ed E.T.A.; niente più. Non spetta allo Stato, bensì al popolo, la scelta del tipo di
organizzazione interna ai Paesi Baschi, del rapporto tra le sue due parti attualmente divise
dalle frontiere franco-spagnole, dei metodi di insegnamento della nostra lingua e della nostra
cultura, ecc. Allo stato spetta il dovere di rispettare le legittime decisioni della cittadinanza.
Tutti i temi che riguardano organizzazione ed il futuro del nostro popolo saranno elaborati
tramite la partecipazione diretta di tutta la società.
Questa proposta nasce come alternativa all' attuale conflitto armato e quando lo stato la
accetterà l' E.T.A. ordinerà un cessate il fuoco.
Riconoscimento del popolo basco, del diritto all’autodeterminazione e
all’unità
territoriale
Il diritto all'autodeterminazione non è tanto una posizione politica quanto un diritto che ci
spetta come popolo.
La decisione di come e con quali criteri questo diritto si attuerà spetta ai cittadini baschi cui va
ovviamente riconosciuto il diritto assoluto di scelta sulle decisio ni che riguardano il proprio
futuro. Anche per quel che riguarda la forma di concretizzazione dell'unità territoriale, previo
abbattimento delle attuali frontiere istituzionali, sarà decisione sovrana del popolo basco.
Rispetto dei risultati del processo democratico
Non si può porre limiti alla parola del popolo, quindi lo stato spagnolo dovrà accettare e
rispettare lo svolgimento del processo democratico ed i suoi risultati qualsiasi essi siano.
Condizione minima per canalizzare il processo è che tutti i cittadini vi possano partecipare
senza alcuna pressione, si esige quindi un'amnistia generale che permetta il rilascio dei
detenuti ed il rientro degli esuli. Si esige inoltre la creazione di mezzi che impediscano alle
forza armate spagnole di influenzare il processo.
Un pò di chiarezza:
Quando in febbraio vi abbiamo inviato la nostra ultima lettera stavamo andando incontro ad un
elezione legislativa che ha poi provocato un radicale cambiamento nella mappa politica
spagnola.
La salita al potere del Partito Popolare, appoggiato dai partiti C.I.U., P.N.V. e Coalizione
Canaria 6 , ha aperto un nuovo capitolo della vita politica dello Stato Spagnolo.
Nonostante la nascita del governo di Aznar7 non abbia portato nessun sostanziale
cambiamento nella politica sociale, economica ed autonomistica dello Stato Spagnolo, il partito
popolare, con il potere che gli è conferito dall'appoggio della borghesia basca, canaria e
catalana, vuole far fronte a quei problemi politico-economici che il P.S.O.E., con il suo governo,
5
Alternativa K.A.S. era il piano che definiva le direttrici su cui tutte le forze, legali ed illegali, del movimento di
liberazione nazionale si muovevano.
6
C.I.U., P.N.V. e Coalizione Canaria sono, rispettivavamente, i partiti di centro destra catalano, basco e canarico.
7
Aznar è il presidente del Partito Popolare.
non poteva affrontare a causa della propria debolezza e mancanza di credibilità.
È in questo quadro che il P.P., nel tentativo di ottenere le condizioni economiche imposte da
Maastricht, inaugura una politica di privatizzazioni e presupposti restrittivi che stabilisce un
vero e proprio record per quel che concerne l' attacco allo stato sociale ed ai diritti di lavoratori
e lavoratrici.
La recente pianificazione di un dibattito per rendere illegale l'aborto, le leggi peggiorative sul
sistema scolastico, la volontà di piena integrazione nell' O.TA.N., l'agevolazione dei rapporti
economici con il Marocco a discapito di quelli con Cuba, sebbene siano solo la continuazione di
una linea politica creata dal P.S.O.E. mostrano la chiara decisione del nuovo governo di
mantenere un posizione nettamente di destra.
Tutto ciò rende necessaria una forte opposizione politica e sociale che faccia fronte alla
realizzazione dei progetti governativi, anche e soprattutto in EUSKADI, dove si stanno per
attuare pesantissimi piani repressivi contro la sinistra patriottica.
L'intensificazione della collaborazione tra stati, l'intento di inasprire la legislazione attuale, il
persistente uso della tortura, le ultime manovre legali che colpiscono i prigionieri politici
baschi, e la sempre maggiore collaborazione fra Ertzaintza8 e le altre forze di polizia sono
elementi della strategia di governo che ottengono il pieno consenso del P.N.V. e vengono
appoggiati da tutti i partiti politici che sostengono l'attuale regime.
Senza esitazioni la sinistra patriottica basca si sta muovendo per far fronte a questi attacchi
intensificando la lotta per i diritti democratici che spettano al Popolo Basco, ma non è tutto:
giorno dopo giorno il nostro lavoro è quello di muoversi negli spazi sociali e politici per la
costruzione nazionale; socio-economia, lingua basca, cultura, ecologia, organizzazione dei
giovani. Così, la sinistra abertzale, sta ponendo le solide basi del proprio progetto di
costruzione patriottica e socialista.
L' Alberri Eguna del 1996, la manifestazione unitaria fra E.L.A. e L.A.B9, che si è tenuta il
primo maggio ed i risultati delle ultime elezioni, in cui Herri Batasuna ha ottenuto un notevole
incremento di voti, mostrano la solidità del progetto di liberazione basco. Si aggiunge a questo
la lotta sociale: sabotaggio e paralisi di Itoiz 9 , manifestazioni a favore dell' insegnamento della
lingua e della cultura basca, la salvaguardia degli insumisio (obiettori al servizio militare), la
lotta per il riavvicinamento dei prigionieri politici alle proprie città d' origine, l'impulso al
movimento giovanile.
Questa è l' espressione della forza e della determinazione di un popolo che chiede di costruire il
proprio futuro in libertà. Peraltro l' E.T.A. nel comunicato del 23 giugno 1996 mostrava
nuovamente la volontà di superare il conflitto violento che imperversa fra Stato Spagnolo e
Popolo basco.
E.T.A. offriva, ancora una volta, la chiave per la risoluzione del conflitto ed, invitando il
governo a prendere la via del negoziato, dichiarava la sospensione, per una settimana, delle
azioni armate per favorire l'inizio del dialogo. Purtroppo, per l'ennesima volta, lo stato ed i
partiti politici ad esso fedeli hanno chiuso la porta davanti alla proposta di un negoziato di
pace.
Nelle pagine seguenti, questo ed altri aspetti verranno più chiaramente analizzati (Herri
Batasuna, luglio 1996)
Aggiornamenti su “Alternativa Democratica”
Nelle pagine seguenti parleremo degli ultimi risvolti dell' "alternativa democratica", ovvero la
proposta di pace che l' E.T.A. realizzo il 26 aprile del '95. La sinistra patriottica, unendo i lavori
fondamentali di costruzione nazionale e sociale e stimolando tutte le forze sociali e politiche
che su questa strada si stanno muovendo, ha come obbiettivo la creazione di un mezzo
democratico per far ottenere al Popolo basco il riconoscimento del diritto di scelta sul proprio
futuro e tramite il quale tutte le possibilità politiche sociali ed economiche possano elevarsi alla
pratica.
Questo è un punto necessario per dare risposta alle rivendicazione dei Paesi Baschi e per far si
che la sinistra basca possa sviluppare il proprio programma indipendentista e socialista. Deve
8
Ertzaintza è la polizia autonoma basca.
Itoiz= progetto di costruzione di una discarica la cui costruzione è stata soggetta ad un azione di sabotaggio da parte
di ecologisti baschi che ha bloccato i lavori per un anno.
9
essere la società basca la protagonista di questa lotta democratica con un obbiettivo comune:
il
riconoscimento
del
diritto
di
autodeterminazione
ed
unità
territoriale.
Herri Batasuna si è assunto il compito di rendere pubblica l' "alternativa democratica" per
stimolare la partecipazione di tutti i settori sociali nella difesa di questa soluzione pacific a.
Premettiamo che questo documento non corrisponde al programma politico né dell' E.T.A., né
della sinistra patriottica, ma è patrimonio unico della società basca.
Senza esitare, il governo spagnolo pretende di mettere sotto silenzio la proposta di pace per
impedire che i suoi contenuti democratici vengano diffusi. Questa è la ragione dell' arresto,
avvenuto il 21 febbraio '96, di Jon Idigoras, storico dirigente patriottico e portavoce della
camera nazionale, ordinata dall' udienza nazionale sotto la pressione del governo spagnolo.
Lo stato, sia esso governato dal P.S.O.E. o dal P.P., pretende di cancellare la voce della sinistra
patriottica e di criminalizzare, a tal punto, le sue posizioni che è arrivato al punto di minacciare
di mettere fuori legge il partito Herri Batasuna.
Ovviamente, H.B. non ha ceduto a queste pressioni, ne ha modificato le proprie posizioni sulla
base di quelle che i giudici spagnoli vorrebbero imporgli e per questo Herri Batasuna è stato
punito con un ammenda di 5 milioni di Pesetas (questa è stata la cifra necessaria per il rilascio
di Jon Idigoras).
E.T.A. ha ribadito la propria volontà di dialogo, per il superamento del conflitto armato, tramite
un comunicato pubblicato il 23 giugno '96. L' organizzazione manifesta, ancora una volta, la
volontà di non combattere con la Spagna e di non imporre niente né al popolo spagnolo ne a
quello basco, confermando che il proprio obbiettivo è l'ottenimento, per la cittadinanza basca,
del diritto di opzione sugli aspetti economici, politici e sociali del proprio futuro.
È per dimostrare tutto ciò che, nello stesso comunicato, veniva proposto un "cessate il fuoco"
della durata di una settimana. Senza esitazione il governo, appoggiato dai partiti riuniti attorno
alla "mesa de Ajura Enea", rifiutava ogni dialogo con l' E.T.A..
Il governo spagnolo, la destra spagnola, ma anche la sinistra (il documento elaborato da
Izquierda Unida mostra una squallida politica di allineamento con la strategia dello stato) ed i
partiti della destra basca ( E.A. e P.N.V.) hanno avallato la linea repressiva senza considerare
la possibilità di un dialogo.
Il primo luglio, dato il totale immobilismo da parte dello stato, E.T.A. ha ritirato l'ordine di
"cessate il fuoco", ma ribadiva la propria disponibilità ad un negoziato di pace. Durante questa
settimana la società basca e l'opinione pubblica spagnola hanno potuto comprovare,
nonostante la propaganda e la manipolazione informativa operata dal governo, la qualità
politica del problema il perché del conflitto armato e comprendere chi realmente vuole
percorrere la strada della pace e chi invece quella della repressione e della violenza.
In questo senso è stata importante la presa di posizione dei due sindacati maggioritari in
Euskadi (E.L.A. e L.A.B.)1 0 che hanno giudic ato positivamente l'offerta dell' E.T.A. ed hanno
chiamato il governo a rispondere affermativamente.
Herri Batasuna e tutta la sinistra patriottica continueranno a sviluppare iniziative in favore del
processo democratico, dando impulso all'implicazione della società, di settori dello stato e della
comunità internazionale.
La collaborazione internazionale
Il governo del Partito Popolare, così come quello precedente, ha come desiderio principale la
risoluzione per via repressiva di quello che chiamano "problema basco". Eludendo la
motivazione politica del conflitto ed ignorando la determinazione della sinistra patriottica, il
governo spagnolo ed i partiti che assumono la sua strategia di stato, tenteranno di risolvere il
problema con la violenza chiudendo la strada all' unica vera soluzione democratica.
Uno dei pilastri della linea repressiva è la collaborazione internazionale. Lo stato spagnolo,
tramite la pressione politica ed economica, implica gli altri stati europei, ma anche latinoamericani, nella propria strategia reazionaria. La forza della sinistra basca, su tutti i fronti di
lotta, e l'incapacità dello stato di distruggere l'organizzazione armata E.T.A., obbligano il
governo spagnolo ad attaccare gli esponenti politici più deboli ed indifesi: i rifugiati politici.
Parigi è stata una delle prime destinazioni dei ministri degli esteri e degli interni spagnoli e
dello stesso Aznar. Lo stato Francese si è immediatamente dimostrato un grande collaboratore
nella compartecipazione alla strategia reazionaria contro i paesi baschi ed i fatti lo dimostrano:
10
ELA e LAB sono i due sindacati operai maggioritari nella sinistra dei Paesi Baschi.
il compromesso di espellere e consegnare alle forze di polizia spagnole i prigionieri politici
attualmente detenuti in Francia, la creazione di unità di polizia mista, il coordinamento "antiterrorista", l'attuazione di azioni di polizia fuori dai rispettivi confini, le iniziative repressive
congiunte sono prove inequivocabili. La vera punta di diamante di questa strategia è la,
recentemente approvata, legge Toubon che pretende d'interrompere la solidarietà ai rifugiati
punendo pesantemente tutti coloro che aiutano l'immigrazione o il soggiorno irregolare di
presunti "terroristi". I mezzi del governo francese contro i rifugiati, dei quali 214 sono stati
consegnati da una polizia all'altra negli ultimi 10 anni, sono completamente irregolari e violano
la stessa costituzione francese, la convenzione internazionale e i diritti umani universalmente
riconosciuti.
Esempio recente, di quello che stiamo dicendo, è stata l'espulsione di Josu Urrutikoetxea
(rifugiato politico che fungeva da interlocutore designato dall'E.T.A. per il negoziato), avvenuta
il 4 maggio, che dopo avere scontato la condanna impostagli nello Stato francese è stato
rimpatriato e incarcerato senza che la giustizia spagnola avesse cause pendenti su di lui. Il
governo francese ha pattuito di consegnare alla polizia spagnola tutti i prigionieri baschi
incarcerati nelle prigioni francesi, violando il principio della "proibizione di doppia pena" e il
diritto di non espulsione dal paese in cui si è stati perseguiti.
Ciò dimostra inoltre la persistente volontà, da parte degli apparati legali francesi, di ignorare la
sistematica pratica della tortura e le violazioni dei diritti umani che vengono continuamente
messe in atto nelle carceri spagnole, come per altro è denunciato anche da organismi
internazionali.
A questo riguardo, possiamo citare il caso del rifugiato politico Luis Irruretagoiena che, mentre
scontava la propria condanna in Francia, fu consegnato alla guardia civil l'8 giugno. Nei tre
giorni, in cui rimase nelle mani delle autorità spagnole fu selvaggiamente torturato: picchiato
sulla testa e su tutto il resto del corpo, asfissiato, sottoposto a scariche elettriche, ecc ecc.
In seguito, il giudice dell' Udiencia Nacional ignorò la denuncia di tortura ed incarcerò Luis con
l'accusa di "appartenenza a banda armata" (condanna per la quale, il rifugiato, aveva già
scontato la pena in territorio francese) decretando inoltre, il giorno 10 luglio, che il prigioniero
non poteva tenere contatti con l'esterno al fine di occultare all'opinione pubblica le barbarie da
lui subite.
Di particolare gravità è stato, inoltre, il rimpatrio e la consegna alle autorità spagnole di sei
deportati che, dopo più di dieci anni di esilio in paesi dell'Africa e dell'America, avevano scelto
di tornare nel nord dell'Euskadi e che vivevano in una chiesa di Baiona. Lo scopo del rientro
degli esuli baschi, annunciato il primo di giugno, era quello di denunciare la situazione che
stavano vivendo; le deportazioni furono decise, dieci anni fa, congiuntamente dai governi
Spagnoli e Francesi avevano coinvolto 55 militanti baschi dei quali 6 sono morti nei paesi
ospiti.
Questo tipo di azioni, da parte dei due stati, sono state denunciate anche dal sindacato della
magistratura francese, dalla lega dei diritti umani e dalla sezione francese di Amnesty
International, che si sono mosse perché cessasse questa campagna di arresti arbitrari.
Adesso il governo spagnolo necessita di coinvolgere, nella propria politica reazionaria, anche gli
altri paesi dell'Unione Europea. L'assemblea su Maastricht, che si è tenuta a Firenze il 21-22
giugno, ha dato il via libera ad un nuovo trattato di estradizione fra i paesi dell'U.E.. Il nuovo
testo, che prima di entrare in vigore dovrà essere rettificato dai paesi aderenti, prevede che
siano fatti oggetto di estradizione i colpevoli di "terrorismo", collaborazione per reati associativi
o appartenenza a banda armata; il trattato avrà, inoltre, carattere retroattivo.
Tutto ciò garantisce un ulteriore peggioramento delle garanzie giuridiche attualmente esistenti
e presuppone, da parte dei vari stati, la pretesa di ovviare ai problemi politici non risolti in
Europa dandogli una risposta repressiva senza cercare alcuna soluzione democratica.
Vogliamo, per concludere, menzionare alcuni fatti accaduti negli ultimi mesi. Il 5 giugno fu
estradato dalla Germania Benjamin Ramos su dichiarazione del tribunale tedesco che non lo
aveva riconosciuto come perseguitato politico prima che fosse esaminata la sua richiesta di
asilo. Il 28 maggio fu arrestato a Bruxelles il rifugiato Enrike Pagoaga che aveva già subito
deportazioni in Algeria e Venezuela. All'inizio di maggio fu incarcerato in Costa Rica il rifugiato
Josetxo Zeberio, posto in libertà il 5 luglio.
La lotta dei prigionieri politici
Quando, il 15 gennaio, i prigionieri politici baschi iniziarono la lotta contro la dispersione e la
violazione dei propri diritti umani, esigendo il riconoscimento dello "status" di prigionieri politici
ed il raggruppamento dentro ai confini baschi, la coscienza e la pressione dell'opinione pubblica
basca è andata sempre più aumentando.
I quasi 600 prigionieri baschi sanno che questa lotta sarà lunga e ardua, ma hanno dimostrato
la propria intenzione di non cedere finché non sarà applicata la legislazione vigente (che
prevede che i detenuti scontino la propria condanna in carceri vicini ai propri ambienti sociali e
familiari) e finché non cesseranno le violazioni ai diritti umani, sbandierati nei testi legali e nei
comizi degli uomini politici, ma costantemente violati fra le mura delle carceri.
La sinistra patriottica e la società basca non devono lasciare nelle sole mani dei compagni
incarcerati queste rivendicazioni giuste e democratiche. La partecipazione di tutti i baschi, la
solidarietà e la pressione esterna sono elementi necessari da unire alla lotta dei prigionieri per
raggiungere questi obbiettivi.
Il 16 giugno, i prigionieri politici iniziarono una nuova fase di lotta consistente in un txapeo
(una sorta di auto-isolamento all'interno delle proprie celle) permanente, a rotazione fra due
gruppi. Il giorno stesso un gruppo di ex-detenuti politici iniziarono una settimana di sciopero
della fame in solidarietà con lo sciopero dei compagni in carcere ed in appoggio alle loro
rivendicazioni.
A questo proposito dobbiamo anche ricordare che sta continuando tuttora la sciopero della
fame, a rotazione settimanale, che iniziò il 18 dicembre 1995. A questa forma di protesta ha
preso parte, nella settimana 6-13 luglio, anche un gruppo solidale di cittadini dell'Andalusia.
Ricordiamo inoltre che il 22 giugno si è svolta a Donostia (San Sebastian n.d.t.) una colossale
manifestazione in favore del raggruppamento dei prigionieri all'interno dei confini baschi
Di fronte alle richieste dei collettivi dei detenuti ed alle mobilitazioni sociali in loro sostegno, il
governo del Partito Popolare, unito al P.N.V., ha elaborato una strategia per rimodernare la
politica penitenziaria, senza eliminare la dispersione e le violazioni dei diritti umani. Il primo
punto di tale strategia è stato il propagandato "avvicinamento", di 42 prigionieri, nei confini
baschi, manovra che fu ipotizzata, nell'ultimo giorno della tregua proclamata dall'E.T.A., per
dimostrare al gruppo armato una "buona volontà" del governo, che si è poi dimostrata
totalmente falsa. Dei 42 prigionieri che dovevano essere oggetto dell' "avvicinamento" 5 hanno
subito trasferimenti carcerari senza alcuna variazione di distanza rispetto ai Paesi Baschi (fra
essi vi è anche una compagna che secondo legge dovrebbe già essere in libertà), 8 hanno
subito un allontanamento, e, dei 24 che sono stati trasferiti in prigioni più vicine, 12 avrebbero
diritto alla libertà secondo la legislazione vigente.
Solo tre prigionieri sono stati realmente trasferiti in luoghi di detenzione situati nei Paesi
Baschi come prevederebbe la legge.
Alla luce di tutto ciò appare chiaro che, questa manovra di "avvicinamento" è un ipocrita bugia
che il governo sta utilizzando per manipolare l'opinione pubblica e indebolire, così, il
movimento sociale in favore delle richieste dei detenuti politici.
Senza tanti scrupoli, la stampa e tutti i mezzi di comunicazione hanno dato eco a questa
propaganda governativa presentando la manovra come un reale riavvicinamento nonché come
una prova di disponibilità da parte del governo.
Il collettivo dei prigionieri politici ha voluto rendere pubblica la legittimità dei propri obbiettivi e
la volontà di proseguire la lotta fino al loro conseguimento. Il 10 luglio venivano esposte,
mediante un comunicato, dai sette detenuti designati come interlocutori nelle trattative con lo
stato, le seguenti rivendicazioni: rispetto dei diritti umani, fine delle aggressioni e dei pestaggi,
scarcerazione di coloro che, per legge, dovrebbero già essere in libertà o che soffrono di
malattie gravi o incurabili, riconoscimento del carattere politico del collettivo e
raggruppamento dei prigionieri in carceri interne ai confini baschi. Come si può vedere, quelle
che lo Stato si rifiuta di accettare, sono rivendicazioni democratiche e conformi alle stesse leggi
spagnole. Non dimentichiamo, inoltre, che la libertà del funzionario delle prigioni José Antonio
Ortega, attualmente in mano all'E.T.A., dipende solo dall'applicazione, da parte da parte del
governo, di tali leggi.
Annunciamo inoltre che è previsto per l'autunno (probabilmente in settembre) uno sciopero
della fame di 550 volontari, uno per ogni prigioniero politico incarcerato fuori dai confini
baschi, in tutta Europa. L'iniziativa è stata organizzata dal Senideak (associazione di familiari di
prigionieri rifugiati e deportati baschi) e ha come obbiettivi l'evidenziare all'opinione pubblica
europea il carattere politico dei perseguiti e denunciare la situazione di ingiustizia a cui sono
soggetti.
Guerra sporca
Uno dei temi abituali delle nostre lettere è la "guerra sporca". Riportiamo i nuovi dati
recentemente venuti alla luce che confermano ciò che, già in molte occasioni, avevamo
affermato: i G.A.L. e le azioni terroristiche di "guerra sporca" sono state create e dirette dallo
stato spagnolo e sono tasselli di una strategia più ampia che mira ad eliminare la resistenza in
Euskadi e ad assimilare la realtà basca nel "progetto Spagna".
Iniziamo con l'avvenimento di maggior rilevanza, verificatosi il 23 maggio, quando il giudice
Gomez De Liañd ha ordinato l'arresto del Generale della Guardia Civil Enrique Rodriguez
Galindo, comandante della caserma di Intxaurrondo, con l'accusa di aver ordinato ed eseguito
il sequestro e l'omicidio (tramite tortura) dei rifugiati politici Josan Lasa e Joxi Zabala.
Tre giorni prima erano stati arrestati , come esecutori materiali del delitto, i membri di polizia
Enrique Dorado e Felipe Bayo e, il giorno seguente, il Tenente della Guardia Civil Pedro Gomez
Nieto per partecipazione negli stessi omicidi.
Il giorno dell'arresto di Rodriguez Galindo, i ministri degli Interni Jose Barrionuevo e Luis
Corcera, insieme al Segretario di Stato per la sicurezza, convocarono una conferenza stampa
per solidarizzare con il generale arrestato e assumersi "le responsabilità che derivano
dall'esecuzione di ordini da loro formulati" tanto da affermare di voler dividere la prigione con
Galindo.
Qualche giorno dopo lo stesso presidente del P.S.O.E., Gonzales, dichiarava il proprio appoggio
al generale.
Senza dubbio, Galindo non è il solo alto esponente della polizia e dell'esercito implicato nella
"guerra sporca". I generali Antonio Saenz De Santamaria e Andres Cassinelo sono stati
imputati di partecipazione negli omicidi di vari rifugiati e di cittadini baschi. Essi sono stati i
massimi dirigenti della Guardia Civil e della "lotta anti-terrorismo".
Inoltre, informazioni giornalistiche ricordano che il CESID (servizi segreti militari) fu il
pianificatore e l'organizzatore dell'omicidio del deputato di He rri Batasuna, Joso Muguruza,
materialmente eseguito dal militante dell'ultra-destra neo-fascista Juan De Dios Rubio nel
1989.
Inoltre, grazie alle dichiarazioni di Luis Roland, ex-direttore della Guardia Civil, si è appreso
che altre azioni di terrorismo, come l'invio di pacchi-bomba ai simpatizzanti e ai militanti della
sinistra patriottica, erano pianificati dal ministero degli interni ed eseguiti dalla polizia.
Queste azioni, che non furono mai rivendicate e che causarono la morte di molte persone,
furono attribuite da stampa e polizia all'E.T.A. con lo scopo di fare propaganda "controinsurrezionale".
Più recentemente, il 19 giugno, è stato incarcerato l'ex-dirigente del P.S.O.E., nonché
governatore civile di Gipuzkoa, Julien Elgorriega, per partecipazione nel caso "Lasa Zabala".
Tenendo presente questi avvenimenti si giunge ad una serie di conclusioni che vanno
confermandosi.
In primo luogo, è evidente l'implicazione degli apparati dello Stato nella "guerra sporca" contro
il movimento di liberazione nazionale basco; il terrorismo di stato è una strategia condivisa dai
responsabili del governo, dell'esercito, della polizia e degli altri organi statali ed è coadiuvato
da partiti politici e mezzi di comunicazione.
In secondo luogo, si rende evidente la partecipazione del P.S.O.E. nella programmazione e
nello sviluppo della "guerra sporca"; le imputazioni a carico degli esponenti di partito, l'arresto
di molti di essi e le dichiarazioni degli inquisiti, mostrano le responsabilità politiche e criminali
dei dirigenti del P.S.O.E. incluso il presidente Felipe Gonzales.
È da ricordare l'impunità della quale hanno goduto i responsabili di terrorismo di stato e di
corruzione sui finanziamenti della lotta anti-terrorista. Da una parte, i fondi deviati ( denaro
senza controllo destinato alla lotta anti-E.T.A.) a vantaggio di singole persone o gruppi
paramilitari, dall'altra, l'implicazione dei responsabili della "guerra sporca" in traffici di droga,
prostituzione, delinquenza organizzata, sono stati facili guadagni per chi sapeva di godere di
totale impunità.
È, inoltre, necessario porre l'attenzione sull'implicazione della polizia francese nella "guerra
sporca"; essa forniva dati a riguardo dei rifugiati politici baschi alla polizia spagnola, per far si
che, quest'ultima, attuasse gli attentati.
É questo il caso dell'omicidio di Juan Carlos Garcia Goena, avvenuto nel luglio dell'87, il cui
nome era stato fornito dalla Gendarmeria francese all' allora governatore civile di Gipuzcoa.
É inoltre evidente che la realtà delle esecuzioni e delle torture extra-giudiziarie hanno come
protagonisti le forze dell'ordine; i nuovi dati sulla morte per tortura di Michel Zabala che la
polizia ed i mezzi di comunicazione propagandarono come morte per annegamento in un
fiume, dimostrano la realtà della pratica della tortura nello Stato spagnolo, già molte volte
denunciata anche da organizzazioni internazionali.
Inoltre le prove sulla morte di Lucia Orgaiza, assassinata con un colpo di pistola alla tempia, in
un modo che ricorda la morte di decine di militanti dell'E.T.A. presentati, come in questo caso,
come risultato di scontro a fuoco e che furono in realtà esecuzioni sommarie operate dalla
polizia.
Innanzi tutto dobbiamo domandarci se le indagini saranno portate sino in fondo arrivando ai
massimi responsabili della "guerra sporca". Riguardo a ciò i fatti ci rendono pessimisti;
l'insabbiamento delle indagini da parte delle forze dell'ordine e la corruzione dei giudici ci fanno
temere che le inchieste non verranno approfondite. Inoltre lo stato ed i suoi apparati non
permettono in nessun modo che abbiano risposta domande fondamentali: chi decise
politicamente e militarmente le azioni di terrorismo?, chi, nella cupola dello Stato, tuttora le
pianifica?
A questo proposito, i rappresentanti dell'attuale governo democristiano hanno già dichiarato
che "le indagini sui G.A.L. non sono prioritarie" ed hanno impedito che si istituisse una
commissione di inchiesta parlamentare dimostrando di voler sorvolare il tema della "guerra
sporca".
I fatti ci fanno inoltre temere che tutto ciò sia un preludio ad un'altra ondata di terrorismo di
stato in funzione della strategia repressiva di cui non si è mai smesso di fare uso. Tutt'oggi gli
apparati statali utilizzano sequestri dei beni dei militanti baschi, detenzioni ed interrogatori
illegali, aggressioni di "incontrollabili", ecc.
Così mentre lo stato continua ad impegnarsi nelle soluzioni repressive prepara gli altri
strumenti che tiene nelle proprie mani.
Senideak
Nel 1991, è stata creata nel Paese Basco-Euskal Herria l'associazione dei familiari dei
prigionieri, rifugiati e deportati politici baschi, SENIDEAK. Dal 1992, tale associazione è scritta
presso il registro della Comunità Autonoma Basca e della Comunità Autonoma Navarra.
Obiettivi di SENIDEAK sono: l'assistenza giuridica, sanitaria e morale ai prigionieri, agli esiliati
e ai loro familiari; l'informazione e la denuncia della situazione nella quale versano queste
persone; l'attività legale volta al conseguimento del rispetto dei Diritti Umani e delle libertà dei
prigionieri, degli esiliati e dei loro familiari; la denuncia delle violazioni degli stessi e delle leggi
fondamentali riconosciute dalla legislazione spagnola e dai diversi trattati internazionali
ratificati o dalle norme sul trattamento dei prigionieri elaborate come raccomandazioni da
diversi organismi internazionali.
SENIDEAK è un'associazione umanitaria, nata per far fronte alle diverse violazioni dei Diritti
Umani registrate nei confronti di detenuti politici baschi nelle carceri francesi e spagnole. I
membri di questa associazione sono accomunati unicamente dalla relazione familiare con i
detenuti politici baschi, esistendo, all'interno della stessa associazione, ideologie differenti tra i
diversi componenti e talvolta anche contrapposte.
Il lavoro di SENIDEAK consiste nel denunciare queste siruazioni tramite l'azione legale e la
mobilitazione sociale, allo scopo di sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sulla
situazione della violazione dei Diritti Umani dei prigionieri ed esiliati politici baschi.
SENIDEAK elenca alcune delle violazioni ricorrenti nelle carceri spagnole quali: pestaggi,
isolamenti prolungati, vessazioni, lontananza dalla famiglia e dal proprio ambiente sociale ed
affettivo, censura e controllo delle comunicazioni orali e scritte, morte di due prigionieri per
mancanza di assistenza medica, strumentalizzazione delle malattie come forma di pressione...
Contro questa situazione i familiari dei prigionieri politici baschi hanno attuato uno sciopero
della fame a staffetta e ad oltranza -della durata di una settimana per ciascun gruppo- dal 18
dicembre del 1995 nella cattedrale del Buon Pastore di San Sebastian.
Anche i prigionieri, dopo numerose lotte nel corso di lunghi anni di carcere e repressione,
hanno dato vita nel gennaio del 1996 a una protesta ad oltranza con scioperi della fame e
"txapeos" (rifiuto dei colloqui e rifiuto di sottomissione al regime carcerario). Il 9 settembre è
iniziata una nuova fase di lotta nelle carceri: 20 prigionieri politici baschi hanno nuovamente
iniziato uno sciopero della fame a tempo indeterminato.
La società basca -i sindacati maggioritari, diversi Comuni e istituzioni, gli organismi di difesa
dei Diritti Umani, comprese numerose associazioni cittadine- hanno detto NO alla dispersione
dei prigionieri baschi. Ciò nonostante il Governo spagnolo e quello francese continuano con la
loro politica di dispersione, violando la legalità statale e le norme di diritto internazionale.
La situazione di cui sono oggetto i prigionieri politici baschi è la seguente:
1) DISPERSIONE Attualmente (sebbene la situazione cambi quotidianamente) ci sono 543
prigionieri politici baschi disseminati in 62 carceri dello Stato spagnolo (464 prigionieri) e in 14
carceri dello Stato francese (59 prigionieri).
Obiettivo della dispersione è sottoporre i prigionieri a una condizione limite di isolamento,
aggressione e mancanza di qualunque difesa per ottenere che crollino sia umanamente che
politicamente. La strategia della dispersione è diretta anche contro i familiari, il cui obiettivo è
quello di trasformarci, toccando i limiti della crudeltà e della disumanità, attraverso elementi di
ricatto e pressione messi in atto contro i nostri congiunti. Per questo sosteniamo che la
dispersione è all'origine di gravi violazioni dei diritti fondamentali.
Sebbene la Costituzione spagnola e la Legge Generale Penitenziaria (che regola gli istituti di
prevenzione e pena) stabiliscaono per i prigionieri obiettivi di rieducazione sociale, accesso alla
cultura, sviluppo integrale della personalità e integrazione nella società, tutto ciò resta lettera
morta per i prigionieri politici baschi.
Le regole penitenziarie adottate dal Consiglio d'Europa stabiliscono il diritto a comunicare con i
propri familiari e l'obbligo di mantenere e rafforzare i vincoli con la famiglia ed il mondo
esterno (regole 43 e 65).
La violazione di Diritti Umani, insita nella dispersione, ha portato molti organismi internazionali
a raccomandare allo Stato spagnolo il trasferimento dei prigionieri politici nelle carceri più
vicine ai luoghi di origine: Rapporto del Human Rights Watch (aprile 1992), Comitato Europeo
per la Prevenzione della Tortura (rapporti sulle inchieste 1991 e 1994), Rapporto 1994 e 1995
dell'Osservatorio Internazionali delle Prigioni.
Il Parlamento europeo nella sua Risoluzione B4-0043 e 0065/96 ha mostrato preoccupazione
per l'allontanamento dei prigionieri dalle loro famiglie e ha chiesto agli Stati della Unione
Europea che "vengano applicate rigorosamente le Norme Minime del Consiglio d'Europa in tutte
le prigioni". E il Parlamento basco con sede Vitoria-Geistaz ha approvato il 28 dicembre del
1996 una Risoluzione chiedendo che "tutte le persone di cittadinanza basca private della libertà
scontino le loro pene in Euskal Herria".
2) ISOLAMENTO. I prigionieri politici baschi vengono separati da ogni contesto sociale e
culturale dal quale provengono (isolamento sociale) ed inoltre sono costretti all'isolamento
carcerario (isolamento dal gruppo).
Gli stessi sono incarcerati in prigioni lontane centinaia o migliaia di chilometri dalle loro
famiglie (sebbene la legge prescriva di evitare lo sradicamento dei detenuti). Le visite -in molti
casi- sono proibite agli amici e sono durata breve (alcune unicamente di dieci minuti), i colloqui
sono di applicazione arbitraria, entrambi si svolgono sotto controllo e sono registrati. La
corrispondenza privata è limitata, la stampa e le pubblicazioni di tipo politico sono ristrette o
addirittura proibite.
I prigionieri sono isolati nelle loro celle, a questo si aggiunge la privazione continua del sonno,
la temperatura sfavorevole e le cattive condizioni alimentari che causano angustia e sfinitezza.
Tutto questo produce difficoltà nel prigioniero, soprattutto al suo equilibrio psicofisico.
3)DIRITTO ALLA SALUTE. I prigionieri politici baschi hanno difficoltà a ricevere un'assistenza
sanitaria adeguata da parte dei medici penitenziari. In particolar modo, sono assai gravi i casi
di prigionieri con infermità psichica. Inoltre i prigionieri baschi non vengono separati dai
detenuti che presentano malattie infettive e contagiose.
Nè l'amministrazione francese ne quella spagnola permettono l'assistenza di medici esterni al
carcere, sebbene questo sia un diritto previsto dalla legge.
Attualmente 3 prigionieri baschi presentano malattie gravi ed incurabili , secondo gli articoli di
legge (art.60 del Reglamento Peninciario) essi dovrebbero essere scarcerati. Tuttavia,
malgradola loro grave situazione, il Governo Spagnolo rifiuta di applicare questa legge nei loro
confronti.
4)TRASFERIMENTO DEI PRIGIONIERI. I prigionieri sono sottoposti a continui trasferimenti.
Solo nel 1995 sono stati registrati più di 600 trasferimenti da un carcere all'altro, o da cella a
cella senza alcun tipo di motivazione. L'obiettivo è quello di mantenere il prigioniero
costantemente sotto pressione e di romperne la stabilità e l'equilibrio. Noi, in quanto familiari,
siamo seriamente preoccupati per i problemi psichici che tutto questo provoca ai prigionieri.
Inoltre noi familiari non veniamo informati dei trasferimenti, delle situazioni dei nostri cari, e
questo aumenta i nostri problemi e ci procura una grave tensione.
5)LIBERTA' CONDIZIONALE. Il codice penale spagnolo prevede che scontati 3/4 della
condanna, il restante quarto sia portato a termine in regime di libertà vigilata, ciò nonostante
125 prigionieri politici baschi continuano a languire in prigione sebbene dovrebbero essere in
libertà, seppure vigilata.
6)DIRITTO ALLA DIFESA. La Costituzio spagnola ed il Codice di Procedura Penale, così come gli
Accordi Internazionali, prevedono che il diritto alla difesa è un diritto fondamentale.
La dispersione dei nostri familiari provoca la violazione di fatto di questo diritto fondamentale.
In condizione di dispersione dei prigioieri è impossibile una strategia comune di difesa. Tra
l'altro, tutte le conversazioni tra avvocati e prigionieri vengono registrate.
CONCLUSIONI GENERALI. Il Governo spagnolo e quello francese utilizzano la sofferenza dei
nostri familiari per raggiungere i loro obiettivi politici, usando la violazione dei diritti
fondamentali nei confronti dei prigionieri nel contesto di una strategia politica.
Non possiamo, come familiari dei prigionieri politici baschi, accettare questa situazione,
rifiutata dalla stessa società basca.
Il nostro obiettivo è che la legge e i Diritti Umani siano rispettati, per questo motivo
chiediamo:
- trasferimento dei prigionieri nelle carceri basche
- libertà per i prigionieri colpiti da infermità gravi e irreversibili, come previsto dalla legge
- libertà per i 125 prigionieri che, secondo quanto prevede la legge spagnola, dovrebbero già
essere liberati per scadenza termini
- Rispetto dei diritti umani nelle carceri.
(Senideak – Gureak)
La mal denominata “violenza di strada”
Non c'è dubbio, negli ultimi anni la lotta popolare, che si svolge nelle nostre città, ha raggiunto
una nuova dimenzione. I continui attacchi e provocazioni da parte dei vari corpi repressivi, le
condizioni a cui sono sottoposti i prigionieri politici, la mancanza di libertà, la criminalizzazione
della gioventù, la grave situazione economica, il controllo sociale , hanno trovato risposta.
È ovvio che che in tutta la società, e facendo un ripasso di storia possiamo osservarlo
chiaramente, la gioventù è stata una dei principali protagonisti delle lotte per i cambiamenti
sociali e per la libertà. I movimenti giovanili baschi, in questo senso non fanno eccezione. E' il
settore sociale più coinvolto nella lotta, il settore che sta organizzando risposte immediate, è la
gioventù.
Ovviamente questo fenomeno preoccupa lo stato il quale, invece di analizzare le ragioni
politiche che portano un settore giovanile a lottare con i mezzi di cui dispone, preferisce
criminalizzarlo tramite varie (e sempre errate) analisi strumentali.
Definiscono "violenza di strada" la risposta organizzata che questo ampio settore sociale basco
sta applicando contro i continui attacchi dello Stato spagnolo e dei suoi alleati regionalisti.
Parlano di ragazzi emarginati e disorganizzati, ma tutte le volte che uno di essi viene arrestato
centinaia di amici e familiari si mobilitano per la sua liberazione.
Tentano di dimostrare, manipolando le informazioni sociologiche, che questi giovani non hanno
alcuna ideologia e che si tratta di un semplice fenomeno delinquenziale, ma dietro ogni loro
azione vi è rivendicazione politica concreta e giusta.
Sappiamo che è pratica comune di qualsiasi stato il tentativo di togliere prestigio al nemico per
negare il fatto che le proprie istanze di potere (poliziesche, giuridiche e politiche) sono rimaste
disorientate da una nuova realtà di lotta: la risposta popolare nelle strade ad ognuno dei
soprusi commessi, ad ogni provocazione.
Vogliamo menzionare in special modo i continui attacchi che l'organizzazione giovanile basca
Jarrai sta subendo. La mancanza di risultati giuridici, unito all'effettività di questo tipo di lotta
di strada, porta lo Stato ad operare risposte repressive contro la gioventù organizzata. Ciò che
lo preoccupa enormemente è che la gioventù basca prenda coscienza dei problemi che li
affliggono e che lottino per il loro superamento.
Vogliamo ricordare i continui soprusi repressivi che tutti i giovani baschi stanno subendo.
Viene continuamente criminalizzato chiunque abbia la fame di contestatario, ma anche chi si
trovi a passare nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Sono già decine i casi di giovani che, senza avere niente a che fare con la lotta basca, sono
detenuti in alcuni casi giudicati ed in altri incarcerati, senza prove, con l'unica colpa di essere
giovani e la sola testimonianza della polizia. Ciò avviene in un ambiente nel quale i politici ed i
mezzi di comunicazione giudicano senza avere prove e prima che si esprimano i giudici ai quali
viene data, in questo modo, una piattaforma perfetta per incarcerare qualsiasi ragazzo.
I giovani baschi, oggi, non godono della presunzione di innocenza.
La Lega Nord ed il suo progetto di “Padania”
Quando esigiamo il diritto, che appartiene a tutto il Popolo, di poter decidere senza ingerenze
per il proprio presente e futuro, per la costruzione del proprio destino e delle proprie relazioni
interne ed esterne, ci riferiamo a processi in cui la partecipazione della società ed il rispetto
delle decisioni popolari sono condizioni imprescindibili ed insostituibili.
L'essenza di un popolo deriva soprattutto dalle caratteristiche mille volte menzionate: l'identità
di se stessi, la volontà di essere un "popolo", la coscienza e la dinamica della propria
costruzione nazionale. Il valore di un progetto storico di costruzione nazionale esiste quando,
in questo obbiettivo, la maggioranza della società possa vedervi riflessi i propri interessi come
singole persone e come popolo.
Non è certo utile l'ambiguità nè l'astrazione; non serve a niente dire "tutti i popoli hanno il
diritto inalienabile all'indipendenza" e nel nome di frasi come queste presentare, come fatto
consumato, un progetto per il quale non si è saputo ( o voluto) creare un'identificazione sociale
che lo legittimasse, soprattutto se chi presenta tale progetto non ha intenzione di sviluppare
una struttura sociale diversa da quella che attualmente esiste.
Quel che è certo è che le contraddizioni esistenti si stanno acuendo e stanno divenendo
"aggressive"; fra esse vi è anche quella secessionista che cavalc a aspirazioni nazionali e
popolari. Tali desideri sociali vengono strumentalizzati da un separatismo statalista i cui
progetti corrispondono sospettosamente con quelli dei governi centrali.
La mappa dell'Europa è ancora molto lontana dall'essere una realtà stabile ed armonica, l'
esistenza e l'evoluzione delle coscienze dei popoli, che mancano di mezzi propri, mettono in
contraddizione l'attuale modello di costruzione europea, e ne consegue un accrescersi delle
tensioni interne.
Questo è un problema reale. L'Unione Europea è un modello concepito da Stati che si autoconsiderano, eccetto quando la realtà immediata non lo smentisca, inamovibili ed immutabili.
Tutto ciò è in stretto accordo con gli interessi capitalistici. In tal senzo il progetto dell'Europa
della regioni, proposto dalla Lega, è parallelo a quello dell' unione degli Stati, poichè entrambe
si contrappongono all'Europa dei popoli.
In un'ambiguità calcolata si muove la Lega Nord, appoggiando l'attuale modello di Unione
Europea apportandovi delle n
i novazioni di facciata. L'Europa della regioni, da essa proposta,
non è incompatibile, né migliore di quella degli Stati.
Essendo tale progetto puramente al servizio del capitalismo, lo sono anche le proprie premesse
e le proprie conseguenze: l'autoritaris mo degli stati polizieschi che minano le libertà
democratiche, la crescente xenofobia ed il "protezionismo" verso i paesi poveri, l'appartenenza
dei propri membri alla NATO ed all'ONU, la svendita delle conquiste sociali in nome della
modernità e della convergenza economica ne sono la prova.
La politica neoliberista che la Lega Nord propone, come quella attualmente in voga nel così
detto "mondo occidentale", non ci permette di sperare che la "Padania" abbandoni l'apparato
politico militare e ricacci la politica di sicurezza europea (manovra che ha la finalità di
annichilire le figure politiche dello scontro contro il sistema attuale etichettandole come
terroriste), rinunci all' attuale politica estera che trasformerà la "Padania" nella nuova frontiera
sud-europea (che servirà a proteggere gli stati più ricchi dalle eventuali rivendicazioni delle
zone povere che abbondano nella parte d'Italia dalla quale i leghisti intendono separarsi),
propugni la difesa dello stato di diritto e del benessere comune.
L'indipendenza della Padania ed il proprio desiderio di inserirsi nell'attuale Unione Europea
obbedisce alle stesse ragioni sulle quali l'UE nasce: ragioni economiche di appropriazione della
ricchezza, non con finalità giuste, bensì per accordo con le premesse economico-sociali del
Neoliberismo. La traduzione pratica di tutto ciò è garantire e permettere un maggiore margine
di beneficio ad una classe dominante poderosa e ricca (quella nord-italiana) che vede
minacciate le proprie possibilità di accordo dalla sperequazione esistente nello stato italiano e
dalle distanze abissali presenti fra le regioni del nord ricco e quelle del sud povero.
È in questa prospettiva che si deve intendere questo progetto economico-secessionista. I
poderosi capitali industriali e finanziari forzano dinamiche e pressioni per favorire i propri
interessi, vista l'incapacità che il centralismo ha dimostrato nella gestione di tale linea.
La separazione non è, per il grande capitale nord italiano, un obbiettivo, ma uno strumento di
pressione.
L'evoluzione del consenso sarà un mezzo per soddisfare le proprie aspirazioni; la grande
borghesia sarà a posteriori l'unico beneficiario di questa situazione. Per questo è giusto far
prudenza nel momento in cui si allude all'attuale appoggio socio-elettorale, derivato da
svariate ragioni sociologiche, poiché esso non significa un'approvazione dei progetti leghisti,
ma dà soltanto un buon esempio di ciò che demagogia e populismo riescono a fare.
Un progetto dal punto di vista dello svolgimento delle condizioni popolari, per raggiungere un
modello nazionale globalmente definito non esiste nella proposta della Lega Nord. Mancano le
necessarie basi che definiscono una comunanza di identità e la coerenza sociale
sufficientemente omogenea per quello che riguarda gli obbiettivi essenziali dell'auto
affermazione
nazionale,
sociale,
culturale,
territoriale,
linguistica,
ecc.
ecc.
La stessa modificazione dello spazio territoriale che la Lega Nord ha operato dimostrano
l'assenza di caratterizzazioni naturali. Le risorse culturali e linguistiche esistenti (presenza del
francese, tedesco,dialetti gallici e naturalmente dell'italiano), la presenza di rivendicazioni
diverse in Friulii e Valle d'Aosta, evidenziano ancora una volta la debolezza dei progetti sopra
descritti.
È accertato il concetto di "nazionalismo economico" applicato nel caso padano, viste le
caratteristiche che lo conformano, ma in nessun caso chi lo pratica è autorizzato ad intenderlo
come un progetto di liberazione nazionale e, tanto meno, tale progetto si profila differente dai
nazionalismi applicati dagli stati dell'attuale Europa. Esso è un modello di organizzazione ed
articolazione interna del corpo economico, di relazioni sociali di dominio, di aspirazioni
espansionistiche (la Lega Nord sta già facendo passi in questo senso), di configurazioni
coercitive per disputarsi aree a spese di altri popoli e soprattutto di quelli più poveri e indifesi,
il tutto basato sul neo liberalismo come pilastro ideologico politico ed economico. È il blocco
capitalista che anima le aspirazioni della Lega Nord nella creazione della Repubblica della
Padania e non la volontà di un autogoverno né il desiderio di autogestire i propri destini.
Noi definiamo il progetto leghista come tutto il contrario del modello di liberazione nazionale e
sociale rivendicato dalla sinistra patriottica. È per questo che non è possibile ritrovare requisiti
di accesso ad un futuro, che ci parli di libertà e progresso, nella regione che s'intende
secessionare.
La nostra solidarietà va, come sempre, agli uomini e alle donne della Padania, ai lavoratori e
emarginati, giovani e oppressi ma non a progetti come quelli della Lega Nord.
L'Herri Batasuna fu invitata al Convegno del 15 settembre, e la nostra decisione fu di non
andarci (Herri batasuna, novembre 1996).
Lettera di Herri Batasuna sulle iniziative anti-Maastricht del giugno 1996
Innanzi tutto vogliamo ringraziare il Centro Popolare Autogestito Fi-Sud per averci invitato a
partecipare alle attività organizzate per opporsi al grande show della calunnia
intergovernamentale: il meeting di giugno dell'Unione Europea.
Riguardo a ciò vogliamo utilizzare queste righe per lanciare due messaggi molto chiari.
1) evitando di lasciarci ingannare dal sistema, dai suoi mezzi di comunicazione e dai suoi
intellettuali dobbiamo smascherare i veri obbiettivi della "costruzione europea".
La pratica quotidiana ci dimostra che questa è l'Europa della divisione in ricchi e poveri fatta su
misura dalle multinazionali, dai grandi gruppi finanziari, industriali. È l'Europa della grande
scala e della disegualianza, dei 50 milioni di poveri e dei 20 milioni di disoccupati (in special
modo donne e giovani).
È l'Europa della privatizzazione e del lavoro precario in cui le decisioni si allontanano sempre
più dal volere del popolo, in cui si chiudono le frontiere e si promuove razzismo e xenofobia, in
cui si prosegue a sfruttare il terzo mondo e ad appoggiare regimi fascisti come quelli
marocchino e turco.
Non dimentichiamoci che nell'Unione Europea si continua ad incarcerare chi diserta il servizio
militare e ad utillizzare la tortura come pratica quotidiana nelle carceri e nei commissariati,
come dimostrano le indagini di Amnesty International.
È in questo quadro che si continua a negare ai popoli il diritto di autodeterminazione.
2) Il nostro compito è ricercare il cambiamento attraverso la lotta, il lavoro ed il compromesso
quotidiano, poiché le capacità ed i mezzi del sistema dimostrano che è da illusi tentare di
modificare questa realtà "dal suo interno", i gruppi che propongono questa via o stanno
cercando una sc usa per integrarsi nel sistema o non si sono resi conto dei rischi di
"assimilazione" alle stesso.
Per questo non valgono a niente le riforme ed i cambiamenti intermedi al trattato di
Maastricht, dobbiamo costruire un punto di riferimento fuori dal trattato che ricerchi una
società alternativa, progressista e solidale. Per questo dobbiamo lottare, a livello ideologico ed
organizzativo, sviluppando solide alternative e medio e lungo termine organizzando punti di
incontro come quello che abbiamo celebrato a Firenze.
Avanzare verso un futuro più degno per l'umanità è, da Herri Batasuna, la nostra scommessa
ed il nostro compromesso di lotta.