Art. 784 Art. 784 – Donazione a nascituri

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Art. 784 Art. 784 – Donazione a nascituri
Mimma Moretti
Art. 784
essere con modalità tali da soddisfare il requisito richiesto dall’art. 783 c. c.,
paia, in tali ipotesi, alquanto improbabile, salvo poter ipotizzare il conferimento del documento, necessario per la registrazione del conto nel registro
dell’emittente, dal donante al donatario109.
Art. 784 – Donazione a nascituri
[1] La donazione può essere fatta anche a favore di chi è soltanto concepito, ovvero a favore dei figli di una determinata persona vivente al tempo
della donazione, benché non ancora concepiti.
[2] L’accettazione della donazione a favore di nascituri, benché non concepiti, è regolata dalle disposizioni degli articoli 320 e 321.
[3] Salvo diversa disposizione del donante, l’amministrazione dei beni
donati spetta al donante o ai suoi eredi, i quali possono essere obbligati
a prestare idonea garanzia. I frutti maturati prima della nascita sono
riservati al donatario se la donazione è fatta a favore di un nascituro già
concepito. Se è fatta a favore di un non concepito, i frutti sono riservati al
donante sino al momento della nascita del donatario.
commento di Mimma Moretti
Sommario: 1. La natura giuridica. – 2. Il nascituro. – 3. L’amministrazione dei beni. –
4. La disciplina dei frutti.
1. La natura giuridica
Per espressa previsione, capace di ricevere per donazione può essere
anche chi sia solo concepito ed anche chi, sebbene non ancora concepito,
sia figlio di persona determinata e vivente al tempo della donazione.
Si perpetua, pertanto, quel parallelismo tra materia successoria e contratto di donazione, che possiamo ritrovare in altre norme, quali, prime
fra tutte, le disposizioni sulla rilevanza dei motivi individuali o, ancora, in
tema di onere. L’articolo in commento, infatti, riproduce quanto disposto
109
Sull’accostamento tra la nuova normativa e il sistema cartolare, v. OPPO, Tramonto dei
titoli di credito di massa ed esplosione dei titoli di legittimazione, in Riv. dir. civ., 1998, 648.
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dall’art. 462 c.c., che estende la capacità di ricevere per testamento1 ai nascituri, anche se immediata considerazione deve essere rivolta alla indubbia
carenza, a giustificazione dell’istituto, di ogni motivazione a carattere pratico, propria della disposizione testamentaria: se, in tal caso, si può richiamare l’ampiezza della volontà del testatore nel disporre dei propri beni per
il periodo successivo alla sua morte2, altrettanto non può certo dirsi in caso
di donazione, posto che essa deve necessariamente perfezionarsi in vita del
donante3.
A ciò si aggiunga che la sicura inesistenza del donatario – solo concepito
o neppure tale – crea non pochi problemi ricostruttivi, tali da far dubitare
della stessa natura contrattuale della fattispecie.
Molteplici, infatti, sono stati i tentativi volti a superare la difficoltà di
conciliare la struttura contrattuale della donazione con l’inesistenza del
soggetto cui è destinata: ora richiamando il concetto di titolarità potenziale
della capacità giuridica da parte dei nascituri4, ora ricorrendo all’idea di una
vera e propria fictio iuris5, ora ravvisando la stessa giustificazione della
norma nella circostanza che è lo stesso ordinamento ad indicare il soggetto
idoneo a valutare la convenienza dell’attribuzione stessa6, o, infine, individuando proprio nell’art. 784 c.c. una disciplina speciale che “pone in essere
un congegno volto a preservare l’esplicarsi anche in relazione al passato di
una capacità giuridica futura”7.
Più articolata, invece, si presenta la posizione di chi ha prospettato la
necessità di distinguere la donazione a favore di concepito dalla donazione
in cui beneficiario sia solo il concepturus: se il primo, infatti, in quanto spes
hominis, può considerarsi dotato di capacità giuridica e “centro autonomo
di rapporti giuridici in attesa della nascita”8, per il secondo pare necessaria
1
Sulla capacità di succedere mortis causa, si veda, di recente, NATALE, La capacità di
succedere delle persone fisiche, in Tratt. Bonilini, I, La successione ereditaria, Milano, 2009,
888 ss.
2
M. MORETTI, La donazione disposta in favore di nascituro, in Bonilini e Barba, Le donazioni. Formulario norarile commentato, VII, 3, Milano, 2013, 526.
3
BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 5a ed., 2010, 390-391.
4
FALZEA, La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Milano, 1941, 256 ss.
5
PRATIS, Alienazione di cose attribuite a nascituri per donazione o per atto mortis causa,
in Giur. compl. cass. civ., 1953, II, 72.
6
GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, in Comm. Scialoja - Branca, Bologna-Roma,
1976, 287.
7
CATAUDELLA, La donazione, in Tratt. Bessone, V, Torino, 2005, 79.
8
TORRENTE, La donazione, in Tratt. Cicu- Messineo, XXII, Milano, 2a ed. a cura di Carnevali e Mora, 2006, 452 ss.
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una diversa ricostruzione, che consideri la donazione stessa quale contratto
a formazione progressiva con anticipazione di alcuni effetti9.
A fronte di tali incertezze, peraltro, il tenore letterale dell’art. 784 c.c.
pare dare risposte univoche: l’espressa indicazione, contenuta nel secondo
comma, che l’accettazione della donazione a nascituri deve essere effettuata
da coloro che, dopo la nascita, ne avranno la rappresentanza legale, induce
ad affermare il carattere contrattuale della fattispecie. Indiretta conferma
può trarsi dalla diversa formulazione dell’art. 785 c.c., là dove, per la donazione obnuziale, espressamente si esclude la necessità dell’accettazione10,
nonché dalla considerazione che priva di fondamento pare l’opinione di chi
considera inappropriato il richiamo agli artt. 320 e 321 c.c., posto che l’istituto della rappresentanza, per sua natura, presupporrebbe una dualità di
soggetti, impossibile a fronte di un soggetto inesistente11.
Si è rilevato, infatti, come di rappresentanza in senso proprio sia possibile parlare anche in relazione ad un soggetto futuro, analogamente a
quanto previsto in tema di società all’art. 2331 c.c.12. Tale norma, infatti,
al suo secondo comma, prospetta una forma di responsabilità che risulta
essere aderente alla teoria della società in fieri, ovverosia “la responsabilità
per un soggetto futuro o rappresentanza senza rappresentato”13. Proprio in
tal senso si è espressa la giurisprudenza, là dove ha ammesso la validità di
una convenzione modificativa dell’atto costitutivo, in presenza dei richiesti
requisiti di sostanza e di forma e pur in assenza dell’iscrizione della società
nel registro delle imprese, precisando peraltro che la stessa è destinata a
divenire efficace solo dopo l’iscrizione della società14.
Considerata, dunque, la natura contrattuale della donazione a favore di
nascituri, se ne deve affermare l’irrevocabilità e la vincolatività15 a seguito
9
SANTORO PASSARELLI, Su un nuovo profilo dell’istituzione dei nascituri, in Saggi di
diritto civile, II, Napoli, 1961, 748.
10
Sulla donazione obnuziale, si veda, da ultimo, BASINI, La donazione obnuziale, in Bonilini e Barba, Le donazioni. Formulario norarile commentato, VII, 3, Milano, 2013, 1120.
11
Si esprime in tal senso A. PALAZZO, Le donazioni, in Il codice civile. Commentario Schlesinger, Milano, 2a ed., 2000, 270.
12
CAPOZZI, Successioni e donazioni, II, Milano, 3a ed., rivista e aggiornata da A. Ferrucci e
C. Ferrentini, 2009, 808.
13
Così LIOTTI, Società di capitali prima della iscrizione: la cassazione torna sul tema, in
Notariato, 2012, 369 ss., la quale riconduce la fattibilità del principio proprio alle norme sulla
capacità a succedere e a ricevere per donazione, dettate per i nascituri.
14
Cass. 1 dicembre 2011, n. 25703, in Notariato, 2012, 369.
15
Si veda C. SCOGNAMIGLIO, La capacità di ricevere per donazione, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, II, Padova, 1994, 303, il quale evidenzia proprio la diretta connessione
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della dichiarazione di accettazione dei legali rappresentanti: la situazione
di “sospensione giuridica”, dovuta all’impossibilità per il nascituro di acquistare i diritti nascenti dall’attribuzione a suo favore16, è determinata dalla
natura di contratto sospensivamente condizionato17 e non certo dal mancato
perfezionamento della fattispecie.
2. Il nascituro
La norma in commento individua, innanzi tutto, quale possibile beneficiario della donazione, il concepito, ossia colui la cui nascita avviene entro trecento giorni dal perfezionamento del contratto: lo si desume espressamente
dal secondo comma dell’art. 462 c.c. – ai sensi del quale si presume concepito chi sia nato entro 300 giorni dall’apertura della successione – nonché
dal principio generale espresso dall’art. 232 c.c., che fissa nei trecento giorni
il “tempo” di presunzione di concepimento nel matrimonio18.
È anche possibile, peraltro, che donatario sia colui che, pur non essendo
ancora stato concepito, sia figlio di persona vivente al tempo della donazione, nonché determinata, indicata cioè dal donante come colui da cui il
nascituro potrà essere concepito19.
Ne consegue la possibilità che una donazione a favore del concepito,
nulla per difetto di uno dei soggetti in quanto la nascita avviene dopo
la scadenza del trecentesimo giorno, possa risultare comunque valida,
tra irrevocabilità della proposta e perfezionamento del contratto: se l’irrevocabilità non fosse
conseguenza del perfezionamento, sarebbe stata necessaria una specifica indicazione legislativa, così come avveniva per la proposta rivolta a persone giuridiche e ad enti non riconosciuti.
16
Si richiama, al proposito, la regola dell’art. 1 c.c. che fissa l’acquisto della capacità giuridica al momento della nascita della persona. Sul punto, si veda, peraltro, l’ormai copiosa giurisprudenza in tema di diritto al risarcimento in favore del concepito. Da ultimo: Cass. 3 maggio
2011, n. 9700, in Fam. e dir., 2011, 1102, con nota di PISANO, Lesione del rapporto parentale e
tutela aquiliana del concepito successivamente nato.
17
Così, per tutti, CARNEVALI, Le donazioni, in Tratt. Rescigno, VI, Torino, 2a ed., 1997, p. 512.
Di parere contrario BALBI, La donazione, in Tratt. Grosso- Santoro Passarelli, II, Milano, 1964,
23, secondo il quale la nascita non deve essere considerata quale avveramento della condizione, ma quale momento perfezionativo della stessa donazione.
18
BISCONTINI, La filiazione legittima, in Tratt. Bonilini - Cattaneo, III, Torino, 2a ed.,
2007, 30. Nonostante le modifiche introdotte dal D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, infatti, il
principio su esposto rimane del tutto invariato, essendo solo scomparso ogni riferimento alla
nascita entro i primi 180 giorni dalle nozze, stante l’abrogazione dell’art. 233 c.c. in forza della
piena parificazione dello stato di figlio.
19
Si rilevi, dunque, come la persona vivente, indicata dal donante, possa anche essere in
tenera età, ma non solamente concepita.
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qualora ricorrano i requisiti necessari per la validità della donazione a
concepturi20.
Quanto alla condizione giuridica del nascituro, a lungo si è discettato se
il silenzio della norma ne consentisse un’interpretazione estensiva, tale da
ricomprendere non solo coloro il cui rapporto di filiazione fosse stato accertato, ma anche coloro che risultassero privi di status, nonché i figli adottivi.
Molti dubbi sono certamente stati risolti dalla riforma della filiazione,
attuata di recente con la legge n. 219 del 2012: è scomparsa ogni differenziazione, anche terminologica, tra figli legittimi e naturali, unica essendo la
condizione di “figlio” (art. 315 c.c.).
Molto più discusso pare, invece, ancora oggi il tema degli adottati: se a suo
tempo si era espresso un dubbio21 sulla possibilità di includere, tra i donatari,
anche gli adottati con adozione legittimante, posto che la norma fa espresso
riferimento ad eventi naturalistici – quali il concepimento e la procreazione
– oggi la situazione pare ancora più confusa, se pure per diverse motivazioni.
Il nuovo testo dell’art. 74 c.c., nel definire il vincolo di parentela, fa espresso
riferimento tanto alla filiazione nel matrimonio, quanto al di fuori di esso,
che, infine, al caso in cui si tratti di “figlio adottivo”. Unica espressa esclusione concerne gli adottati maggiori di età, cui si applicano gli artt. 291 ss.
Logica e corretta conseguenza era sembrata ricomprendere nella nozione
di figlio anche l’adottato con adozione in casi particolari ex artt. 44 e ss. l. adoz.
Nessun altro senso, infatti, pareva avere il riferimento agli adottati – e quindi
la loro ricomprensione nella nozione di figlio – posto che è da tempo immemorabile certo che, con l’adozione legittimante si acquista lo status di figlio.
A ciò si aggiunga che, con l’inclusione nella categoria dei figli di coloro
che sono adottati anche con adozione minus plena, si sarebbe data assoluta prevalenza al legame sorto tra genitori e prole, del tutto indipendentemente dalla circostanza che si trattasse di filiazione civile e non biologica,
tale da consentire un’interpretazione ampia della norma stessa, che dunque
sarebbe rivolta a tutti coloro che acquistano lo stato di figlio. In altri termini, l’aver attribuito la condizione di figlio anche a chi “entra” nella nuova
famiglia senza rescindere i legami con la propria originaria, avrebbe indicato con certezza la valorizzazione dei rapporti familiari, nel senso di “vita
comune”22.
20
Così TORRENTE, op. cit., 453.
Si veda M. MORETTI, Il donatario, in Tratt. Bonilini, VI, Le donazioni, Milano, 2009, 326.
22
Sul punto, si veda M. MORETTI, in DOSSETTI, M. MORETTI, C. MORETTI, La riforma dela filiazione. Aspetti personali, successori e processuali, Bologna, 2013, 51.
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Nulla, al proposito, si dice nel D. Lgs. 154/2013, ma va segnalato come
parere opposto sia stato espresso nella Relazione illustrativa dello “Schema
di decreto legislativo recante revisione delle disposizioni vigenti in materia
di filiazione”, trasmesso alla Presidenza del Senato il 9 agosto 2013, là dove,
con inusuale sistema interpretativo, si afferma che l’art. 74 c.c., nella sua
nuova formulazione, fa certo riferimento agli adottati con adozione legittimante, posto che solo per loro si configura la nascita di un legame familiare:
ne conseguirebbe la certa esclusione degli adottati con adozione non legittimante, posto che, per essi, come per l’adozione dei maggiori di età, non
vengono meno i legami con la famiglia di origine.
Un discorso diverso deve, invece, essere fatto per quanto riguarda l’ipotesi in cui il rapporto di filiazione non sia stato instaurato.
La legge n. 219/2012 ha inciso fortemente anche su tale aspetto, senza
peraltro toccare il principio generale della volontarietà dell’atto di riconoscimento: ancora oggi, nei confronti di un figlio nato da genitori non coniugati,
non sussiste alcun obbligo di creare il rapporto di filiazione, fermo restando
che il figlio stesso (od eventualmente, se minorenne, il suo legale rappresentante) può chiedere l’accertamento dello status con l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale23.
Esiste, dunque, ancora la categoria dei figli non riconosciuti, mentre ciò
che è scomparso è il divieto di riconoscimento dei figli incestuosi24: il nuovo
art. 251 c.c. prevede, infatti, che i figli nati da parenti, indipendentemente
dalla buona o mala fede dei genitori, possono essere riconosciuti, fatta salva
la necessità dell’autorizzazione giudiziaria, volta a valutare se da tale riconoscimento possa loro derivare pregiudizio25.
23
Per un’ampia e attenta disamina di tali istituti, si rimanda a BONILINI, Manuale di diritto
di famiglia, Torino, 5a ed., 2010, 259 ss.
24
Si tenga conto, peraltro, che la Corte costituzionale, già da tempo, aveva concesso
ai figli incestuosi la possibilità di agire giudizialmente proprio al fine di conseguire lo status filiationis (Corte cost. 11 novembre 2002, n. 494, in Giur. it., 2003, 868, con nota di A.
ANGIULI, Sfera d’applicazione dell’art. 279 c.c. a seguito della pronuncia di incostituzionalità dell’art. 278, 1° comma, c.c. e in Giur. it., 2004, c. 15, con nota di L. DE GRAZIA, I diritti
dei «figli incestuosi» al vaglio della Corte costituzionale. Osservazioni a margine della
sentenza n. 494/2002.
25
La palese discriminazione cui erano sottoposti i figli nati da una relazione incestuosa,
del tutto incolpevoli della situazione stessa, non poteva che condurre ad una revisione della
disciplina per essi dettata. Parlava chiaramente di forte ed ingiustificata discriminazione FERRANDO, La filiazione naturale, in Tratt. Rescigno, III, 2a ed., Torino, 1997, 259 e, nello stesso
senso, AMBANELLI, La filiazione non riconoscibile, in Tratt. Bonilini-Cattaneo, III, Filiazione
e adozione, 2a ed., Torino, 2007, p. 235 ss. che pone, a fondamento della succitata decisione
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Al di là di ogni considerazione sulla opportunità di sottoporre ad autorizzazione il riconoscimento di un soggetto maggiore di età, e non solamente
chi sia minorenne, ciò che qui conta è rilevare come il discrimen tra figli
attualmente riguardi solo coloro che tale status hanno acquisito, per riconoscimento o per dichiarazione giudiziale, e quanti, invece, per decisione non
solo del genitore ma anche per loro libera scelta, tale stato non hanno acquistato26. Ancora oggi, dunque, si può dubitare della possibilità di includerli tra
i possibili beneficiari di una donazione a favore di nascituri27.
Un’ultima notazione si rende, peraltro, necessaria: l’ampia autonomia
riservata al donante certamente gli riconosce la possibilità di dettare precise indicazioni in merito allo status del donatario, consentendo, quindi,
che possano ricevere per donazione anche coloro che ne dovrebbero essere
esclusi, ovvero precisando che si debba trattare di una determinata categoria di figli.
Il disponente, dunque, può indicare quali donatari anche i figli privi di
status, così come ben potrebbe riservare la donazione al solo primogenito
o ai figli di un sesso determinato, o, ancora, tutti i figli della persona da lui
indicata.
In tale ultima ipotesi, la nascita del primo figlio comporterà l’acquisto in
suo favore dei beni donati, mentre le nascite successive opereranno quali
condizioni parzialmente risolutive dell’acquisto stesso28.
Qualora, infine, il donante abbia disposto a favore di più donatari, uno
dei quali sia un nascituro, si ritiene applicabile l’art. 715 c.c.: ne consegue
l’impossibilità di procedere alla divisione fino al momento della nascita,
salva autorizzazione dell’autorità giudiziaria29.
della Corte costituzionale proprio la volontà di porre rimedio alla violazione del diritto del
figlio allo status filiationis e del principio di uguaglianza, conseguenza oggettiva del comportamento di terzi.
26
Dubbi paiono sorgere, oggi, sulla possibilità che i figli non riconosciuti agiscano ex
art. 279 c.c., al fine di ottenere le provvidenze economiche, posto che è loro concessa azione
per ottenere l’accertamento giudiziale dello statu filiationis. Così PROSPERI, Paternità naturale, stato di figlio legittimo altrui, efficacia preclusiva degli atti di stato civile e dubbi
sulla perdurante operatività dell’art. 279 c. c., in Giur.it., 2005, 10 ss.
27
A. TORRENTE, op. cit., p. 456; B. BIONDI, Le donazioni, in Tratt. Vassalli, XII, 4, Torino,
1961, 246.
28
G. BALBI, op. cit., p. 24. In giurisprudenza si è espresso nello stesso senso Giud. Tut. Martina Franca, 27 aprile 1990, in Riv. notar., 1990, 761, secondo cui la sopravvenuta impossibilità
di procreare, rendendo impossibile la nascita di ulteriori figli, comporta il definitivo consolidamento dell’acquisto in capo ai figli precedentemente nati.
29
BARELA, La durata della comunione ereditaria, in Fam. Pers. Succ., 2012, 214 ss.
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3. L’amministrazione dei beni
Ai sensi del terzo comma, l’amministrazione dei beni donati spetta al
donante e, qualora questi muoia prima della nascita del donatario, ai suoi eredi.
La regola così dettata, se pur a carattere dispositivo30, dà ulteriore conferma alla ricostruzione prima prospettata: la donazione deve considerarsi
perfetta, ma condizionata all’evento nascita, e, pertanto, l’inefficacia del contratto comporta che la titolarità dei beni permanga in capo al donante che,
quindi, ne ha l’amministrazione. Non pare, infatti, vi siano elementi testuali o
sufficienti, tali da far supporre che la proprietà dei beni donati non competa
né al donante né al donatario, creandosi di conseguenza una situazione di
assenza di titolarità sui beni stessi31.
Corretto è, invece, evidenziare come al diritto di proprietà riconosciuto al
donante non possa accompagnarsi un correlativo potere di disposizione sui
beni donati: pur non essendosi realizzato ancora l’effetto traslativo, l’irrevocabilità della donazione, già perfezionata, fa sì che il donante non sia legittimato agli atti di alienazione32.
Discussa è, peraltro, la sorte di un eventuale atto dispositivo compiuto
in difetto di legittimazione. Se per alcuni, infatti, esso deve considerarsi
nullo33 od inefficace34, per altri la peculiare titolarità del donante, da intendersi quale proprietà risolubile, comporta l’esplicazione degli effetti dell’atto
dispositivo compiuto per necessità od utilità evidente, salvo il sorgere di un
obbligo di reimpiego35.
Analogo difetto di legittimazione deve ravvisarsi in capo ai legali rappresentanti del nascituro, il quale, in pendenza della condizione, è titolare di
una mera aspettativa: essi potranno, dunque, richiedere provvedimenti cautelari, volti ad evitare atti pregiudizievoli36, mentre non potranno compiere
atti di disposizione dell’aspettativa, mancando nel nascituro la capacità a
divenire titolare del corrispettivo37.
30
L’inciso iniziale dell’art. 784 c.c., infatti, fa salva diversa disposizione del donante.
In tal senso, si vedano BIONDI, op. cit., 253 e PALAZZO, op. cit., 273-274.
32
Sul punto, si veda, DELLA VENTURA, Donazione a nascituri e garanzia per evizione, in
Arch. civ., 1992, 241 ss.
33
PALAZZO, op. cit., 273.
34
C. SCOGNAMIGLIO, op. cit., 305.
35
Così CAPOZZI, op. cit., 810.
36
BALBI, op. cit., 24.
37
VILLA, Potestà dei genitori e rapporti con i figli, in Tratt. Bonilini - Cattaneo, III, Filiazione e adozione, Torino, 2a ed., 2007, 338.
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4. La disciplina dei frutti
A differenza di quanto avviene per l’amministrazione dei beni donati, la
cui disciplina è unitaria tanto per l’ipotesi di concepiti che di concepturi, la
maggiore aleatorietà che contraddistingue l’evento nascita – e quindi l’avverarsi dell’elemento condizionante – fa sì che venga predisposta una disciplina diversificata per le diverse ipotesi.
Nel caso di donazione a concepito, infatti, i frutti maturati nel periodo
intercorrente fra l’accettazione della donazione – e quindi il suo perfezionamento – e la nascita competono al donatario, in attuazione della retroattività
propria della condizione. Tale retroattività, al contrario, non opera in caso
di donatario non ancora concepito, con la conseguenza che i frutti maturati
durante la pendenza spettano al donante.
Pare corretto, peraltro, ritenere che, analogamente a quanto espressamente previsto per l’amministrazione dei beni donati, anche in tema di frutti
sia lasciato ampia libertà al donante di disporre diversamente, prevedendo
in modo esplicito una diversa destinazione38.
Art. 785 – Donazione in riguardo di matrimonio
[1] La donazione fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio,
sia dagli sposi tra loro, sia da altri a favore di uno o di entrambi gli sposi
o dei figli nascituri da questi, si perfeziona senza bisogno che sia accettata, ma non produce effetto finché non segua il matrimonio.
[2] L’annullamento del matrimonio importa la nullità della donazione.
Restano tuttavia salvi i diritti acquistati dai terzi di buona fede tra il
giorno del matrimonio e il passaggio in giudicato della sentenza che
dichiara la nullità del matrimonio. Il coniuge di buona fede non è tenuto a
restituire i frutti percepiti anteriormente alla domanda di annullamento
del matrimonio.
[3] La donazione in favore di figli nascituri rimane efficace per i figli
rispetto ai quali si verificano gli effetti del matrimonio putativo.
38
G. AZZARITI, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, p. 879. Nello stesso senso, in
giurisprudenza, si è espresso Trib. S.M. Capua Vetere, 3 luglio 1989, in Dir. e giur., 1990, 570,
secondo cui deve escludersi l’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 784 c.c. qualora il
donante abbia disposto una riserva di usufrutto a proprio favore.
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