Giovedì - cinema d`autore del 2017

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Giovedì - cinema d`autore del 2017
Giovedi 12 gennaio 2017 Café Society
Durata: 96'. Regia: Woody Allen, Anno: 2016. Origine: USA. Genere: commedia. Sceneggiatura: Woody
Allen. Fotografia: Vittorio Storaro
Attori: Jesse Eisenberg - Bobby Dorfman, Kristen Stewart - Vonnie, Jeannie Berlin - Rose Dorfman,
Trama: New York, 1930. Bobby Dorfman ha sempre più difficoltà a destreggiarsi tra i genitori litigiosi, il
fratello gangster e la gioielleria di famiglia. Bobby, infatti, sente che ha bisogno di un cambiamento radicale
e decide di tentare la fortuna a Hollywood. Si trasferisce così a Los Angeles, dove trova un impiego come
fattorino grazie al potente zio Phil, agente cinematografico, si innamora immediatamente di Vonnie, una
ragazza bella e divertente, purtroppo già fidanzata, e stringe amicizia con Rad, proprietaria di un'agenzia di
modelle, e con suo marito Steve, un ricco produttore. Quando Vonnie viene lasciata dal fidanzato, Bobby,
che si era già rassegnato a dividere con lei un semplice rapporto di amicizia, vede l'opportunità di cambiare
finalmente la sua vita, ma alla proposta di sposarlo e trasferirsi a New York, la donna seppur tentata, manda
all'aria i piani. Bobby con il cuore in frantumi, torna a New York dove inizia a lavorare per il fratello Ben, che
nel frattempo gestisce un night club. Bobby mostra un talento naturale come impresario, e promuove
rapidamente il club, ribattezzato con il nome "Les Tropiques", rendendolo uno dei più frequentati della città.
Rad gli presenta la bella e mondana Veronica e lui la corteggia Café Society assiduamente. Anche se il suo
interesse per Vonnie non è mai svanito, quando Veronica gli rivela di essere incinta, si sposano ed iniziano
una vita veramente felice insieme. Tutto sembra andare a gonfie vele per Bobby fino alla notte in cui Vonnie
si presenta a "Les Tropiques"...
CRITICA: "E ora non dite che Woody Allen fa sempre lo stesso film. Con 'Café Society' il grande newyorkese
torna davvero alla sua forma migliore, quella di grandi film 'al passato' come 'Radio Days', 'Zelig' o 'La rosa
purpurea del Cairo'. E rimescolando il solito mazzo di carte infallibili comunica un senso di rimpianto per
un'epoca irripetibile che non sfocia nell'elegia solo perché è e resta una commedia. C'è il jazz, c'è l'America
anni 30, c'è una famiglia ebrea soffocante e insieme adorabile, ci sono le trappole del destino e i dilemmi
della morale. Insomma il meglio dell'Allen di oggi e di ieri, in un film ambientato 80 anni fa ma più vicino di
tanti lavori al presente. Dettaglio chiave: nulla di ciò che accade è di per sé comico, è lo sguardo di Woody,
cioè il nostro, a cogliere l'ironia involontaria e a volte tragica delle situazioni. (...) Perché «la vita è una
commedia scritta da un sadico»,…. È il lato "filosofico" dell'ultimo Allen, esplicito in film come Irrational
Man, e sapientemente fuso con l'intreccio in affreschi più ampi come questo. Anche se qui la vicenda
centrale si sfrangia in una serie di sottotrame solo apparentemente secondarie. (...) 'Café Society' corre
verso un epilogo di gusto molto contemporaneo che lascia tutti sospesi sull'orlo dell'abisso, personale e
globale. (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 29 settembre 2016)
NOTE - FILM D'APERTURA, FUORI CONCORSO, AL 69. FESTIVAL DI CANNES (2016).
Giovedi 19 gennaio 2017 Fai bei sogni
Durata: 133. Regia: Marco Bellocchio. Anno: 2016. Origine: Italia. Genere: Drammatico. Tratto da: romanzo
omonimo di Massimo Gramellini. Sceneggiatura: Valia Santella, Edoardo Albinati, Marco Bellocchio.
Fotografia: V Daniele Ciprì. Musiche: Carlo Crivelli
Attori: Valerio Mastandrea - Massimo, Bérénice Bejo - Elisa, Guido Caprino - Padre di Massimo,
Trama: Storia di una difficile ricerca della verità e allo stesso tempo la paura di scoprirla. La mattina del 31
dicembre 1969, Massimo, nove anni appena, trova suo padre nel corridoio sorretto da due uomini: sua
madre è morta. Massimo cresce e diventa un giornalista. Dopo il rientro dalla Guerra in Bosnia dove era
stato inviato dal suo giornale, incontra Elisa. La vicinanza di Elisa aiuterà Massimo ad affrontare la verità
sulla sua infanzia ed il suo passato.
CRITICA: "Cinquant'anni dopo aver metaforicamente ucciso la madre nel ribellistico 'I pugni in tasca',
Bellocchio chiude i conti con i suoi demoni interni ispirandosi a un romanzo, 'Fai bei sogni', scritto da
Massimo Gramellini sull'esigenza opposta di esorcizzare il trauma della perdita della mamma, scomparsa lui
bambino; e di riconciliarsi con quell'evento che ha gravato a lungo sulla sua vita. Nel rievocare l'epoca
dell'infanzia il film è riuscitissimo, poetico e personale (...) delizioso Nicolò Cabras (...); mentre gli anni adulti
(...) risultano più generici. Se il libro, costruito sull'io narrante, gioca con coerenza il personaggio in una
chiave di autoironia intesa ad alleggerire il dramma, il Massimo sullo schermo, nonostante la scarnificata
interpretazione del bravo Valerio Mastandrea, trova solo a tratti un convincente centro emozionale. Ma
parliamo comunque di un film firmato, intenso, formalmente impeccabile, insomma da vedere."
(Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 10 novembre 2016)
NOTE - FILM D'APERTURA ALLA 48. QUINZAINE DES RÉALISATEURS (CANNES 2016).
Giovedi 26 gennaio 2017 La pazza gioia
Durata: 116. Regia: Paolo Virzì. Anno: 2016. Origine: Italia, Francia. Genere: Commedia. Sceneggiatura:
Francesca Archibugi, Paolo Virzì. Fotografia: Vladan Radovic. Musiche: A Carlo Virzì.
Attori: Valeria Bruni Tedeschi - Beatrice Morandini Valdirana, Micaela Ramazzotti - Donatella Morelli,
Trama: Beatrice Morandini Valdirana è una chiacchierona istrionica, sedicente contessa e a suo dire in
intimità coi potenti della Terra. Donatella Morelli è una giovane donna tatuata, fragile e silenziosa, che
custodisce un doloroso segreto. Sono tutte e due ospiti di una comunità terapeutica per donne con disturbi
mentali, entrambe classificate come socialmente pericolose. La loro imprevedibile amicizia porterà a una
fuga strampalata e toccante, alla ricerca di un po' di felicità in quel manicomio a cielo aperto che è il mondo
dei sani.
CRITICA:"Viaggio «on the road» lungo la costa della Versilia e nei meandri di due anime allo sbando il
copione sceneggiato da Virzì con la collega Francesca Archibugi; e che fra loroesista una fraterna affinità
elettiva è dimostrato dalla felicità con cui sono scritti i personaggi femminili, incarnati con magica aderenza
da Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti. Beatrice e Donatella balzano in rilievo sullo schermo come
creature reali, fragili, complesse, misteriose e schiette. E Virzì, ben coadiuvato dal direttore di fotografia
Vladan Radovic, le pedina con uno sguardo amoroso che trascina con sé lo spettatore." (Alessandra
Levantesi Kezich, 'La Stampa', 15 maggio 2016)
NOTE: - SELEZIONATO ALLA 48. QUINZAINE DES RÉALISATEURS (CANNES 2016) - NASTRI D'ARGENTO 2016
PER: REGISTA DEL MIGLIOR FILM, SCENEGGIATURA, ATTRICE PROTAGONISTA, COSTUMI, COLONNA
SONORA.
Giovedi 2 febbraio 2017 Io, Daniel Blake
Durata: 100. Regia: Ken Loach. Anno: 2016. Origine: Belgio, Gran Bretagna, Francia. Genere: Drammatico.
Sceneggiatura: Paul Laverty. Fotografia: Robbie Ryan. Musiche: George Fenton
Attori: Dave Johns - Daniel Blake, Hayley Squires - Katie, Dylan McKiernan - Dylan, Brianna Shann – Daisy.
Trama: Il 59enne Daniel Blake ha lavorato come falegname a Newcastle, nel nord-est dell'Inghilterra per la
maggior parte della sua vita. Ora però, in seguito a una malattia, per la prima volta ha bisogno di un aiuto da
parte dello Stato. Il destino di Daniel si incrocia con quello di Katie, madre single di due bambini piccoli,
Daisy e Dylan, la cui unica possibilità di fuga dalla monocamera in un ostello per senza tetto a Londra è
quello di accettare un appartamento a circa 500 chilometri di distanza. Daniel e Katie si troveranno così
insieme, confinati in una terra di nessuno e impigliati nel filo spinato della burocrazia delle politiche per il
Walfare nella moderna Gran Bretagna.
CRITICA: "Il messaggio del film è chiaro. La società ti ha tolto la dignità, ma tu puoi riprendertela
proteggendo chi la dignità l'ha smarrita prima dite. Piacerà. E molto. A patto che riusciate a rimontare le
molte pregiudiziali politiche che Ken Loach, in una carriera più che cinquantennale ha sempre messo nelle
sue opere. Oggi come mezzo secolo fa, la lotta di classe è sempre al centro delle sue opere. Figuriamoci se
non spara oggi, che il Welfare è palesemente inadeguato e non tutela più, come si diceva una volta il
cittadino «dalla culla alla bara». Mettendo in scena un diseredato che alla bara non ci può nemmeno
arrivare serenamente, Loach ha indubbiamente buon gioco (di Daniel Blake s'è riempita l'Europa). Ma a
questo punto è il caso di dire che il gioco alla sua veneranda età (80 compiuti) Ken lo sa condurre in modo
magistrale (meritata, eccome la Palma d'oro a Cannes). E' più bravo ora che da giovane. Guida gli attori da
maestro, costringe lo spettatore a calarsi nei panni di Blake e della sua ragazza, anche se non ha ancora l'età
di Daniel e fortunatamente i suoi problemi. E nei cento minuti riesce a darci sequenze indimenticabili."
(Giorgio Carbone, 'Libero', 20 ottobre 2016)
NOTE: - PALMA D'ORO E MENZIONE SPECIALE DELLA GIURIA ECUMENICA AL 69. FESTIVAL DI CANNES
(2016).
Giovedi 9 febbraio 2017 Race - Il colore della vittoria
Durata: 134. Regia: Stephen Hopkins. Anno: 2016. Origine: Francia,Germania. Genere:
Biografico,Drammatico. Sceneggiatura: Joe Shrapnel, Anna Waterhouse. Fotografia: Peter Levy. Musiche: L
Rachel Portman.
Attori: Stephan James - Jesse Owens, Jason Sudeikis - Larry Snyder, Jeremy Irons - Avery Brundage, Carice
van Houten - Leni Riefenstahl, William Hurt - Jeremiah Mahoney, Eli Goree - Dave Albritton,
Trama: L'incredibile storia di Jesse Owens, il leggendario atleta statunitense che sotto gli occhi di Adolf
Hitler vinse quattro medaglie d'oro e fu la stella dei Giochi Olimpici del 1936 a Berlino. Coraggio,
determinazione, tolleranza e amicizia sono le parole chiave di questa parabola di un uomo divenuto una
leggenda olimpica. Nonostante le tensioni razziali nell'America reduce dalla Grande Depressione, James
Cleveland "Jesse" Owens, grazie al supporto del coach dell'Ohio University Larry Snyder, riesce a ottenere la
convocazione alle Olimpiadi di Berlino. Il Comitato Olimpico Americano vorrebbe in realtà boicottare le
Olimpiadi di Berlino in segno di protesta contro Hitler, ma gli Stati Uniti, grazie alla mediazione di Avery
Brundage, infine partecipano all'evento e Jesse, grazie alla sua determinazione e alle sue capacità atletiche,
riuscirà in un'impresa che ancora oggi ispira milioni di persone.
CRITICA: "Non si può restituire in italiano l'ambivalenza della parola 'race' che in inglese significa gara,
corsa, ma anche razza. Perfetta per riferirsi alla parabola agonistica e umana del leggendario atleta Jesse
Owens (...). Perché Owens, che rubò la scena in quella che doveva passare alla storia come la glorificazione
di un regime razzista, era non solo americano ma anche e soprattutto nero. (Paolo D'Agostini, 'La
Repubblica', 31 marzo 2016)
Giovedi 16 febbraio 2017 L'effetto acquatico
Durata: 95. Regia: Sólveig Anspach. Anno: 2016. Origine: Francia,Islanda. Genere: Commedia, Drammatico.
Sceneggiatura: Sólveig Anspach, Jean-Luc Gaget. Fotografia: Isabelle Razavet. Musiche: Martin Wheeler.
Attori: Florence Loiret Caille (Florence Loiret) - Agathe, Samir Guesmi - Samir, Didda Jónsdóttir - Anna,
Trama: Il quarantenne allampanato Samir, operatore di gru a Montreuil, si innamora follemente di Agathe
dopo averla incontrata in un caffè. Quando l'uomo scopre che lei lavora come insegnante di nuoto nella
piscina comunale, per incontrarla decide di prendere lezioni di nuoto proprio con Agathe. Ma Samir sa
nuotare perfettamente e la bugia ben presto viene fuori facendo infuriare Agathe, che detesta i bugiardi.
Scelta per rappresentare la Seine-Saint-Denis, Agathe vola quindi in Islanda, per partecipare a un Congresso
interazionale di Maestri di nuoto. E l'innamorato Samir non ha altra scelta che partire a sua volta...
CRITICA: "Film francese della compianta regista islandese, L'effetto acquatico è lo stupore fatto a cinema
per la felice unione di follia e garbo di cui si compone. Una vera favola agrodolce con irresistibili apici di
comicità che ha riscaldato le platee a Cannes dove ha vinto il premio de La Quinzaine des Realisateurs. E in
naufragar m'è dolce in questo mare: imperdibile." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 1 settembre
2016)
NOTE- PREMIO SACD ALLA 48. QUINZAINE DES RÉALISATEURS (CANNES 2016).
Giovedi 23 febbraio 2017 Neruda
Durata: 107. Regia: Pablo Larraín. Anno: 2016. Origine: Cile, Argentina. Genere: Biografico,Drammatico.
Sceneggiatura: Guillermo Calderón. Fotografia: Sergio Armstrong. Musiche: Juan Federico Jusid
Attori: Luis Gnecco - Pablo Neruda, Gael García Bernal - Oscar Peluchonneau,Mercedes Morán - Delia del
Carril,
Trama:E' il 1948 e la Guerra Fredda è arrivata anche in Cile. Al congresso, il Senatore Pablo Neruda accusa il
governo di tradire il Partito Comunista e rapidamente viene messo sotto accusa. Il Prefetto della Polizia,
Oscar Peluchonneau, viene incaricato di arrestare il poeta. Neruda tenta di scappare dal paese assieme alla
moglie, la pittrice Delia del Carril, e i due sono costretti a nascondersi. Traendo ispirazione dai drammatici
eventi della sua vita di fuggitivo, Neruda scrive la sua epica raccolta di poesie, "Canto General". Nel
frattempo, in Europa, cresce la leggenda del poeta inseguito dal poliziotto, e alcuni artisti capitanati da
Pablo Picasso iniziano a invocare la libertà per Neruda. Ciononostante, Neruda vede questa battaglia contro
la sua nemesi Peluchonneau come un'opportunità per reinventare se stesso. Gioca con l'ispettore,
lasciandogli indizi architettati per rendere più pericoloso e intimo il loro gioco tra 'gatto e topo'. In questa
vicenda del poeta perseguitato e del suo avversario implacabile, Neruda intravede per se stesso dei risvolti
eroici: la possibilità, cioè, di diventare un simbolo di libertà, oltre che una leggenda della letteratura.
CRITICA: "L'impresa temeraria di un film che si fa poesia senza essere banalmente poetico. La provocazione
di raccontare eventi notissimi della Storia recente immergendoli in un'atmosfera misteriosa e sospesa, come
quella che accompagna la nascita delle grandi opere d'arte. Solo Pablo Larraín, il talentuoso regista cileno
(...) poteva dedicare a uno dei massimi protagonisti della letteratura mondiale, un'opera affascinante come
'Neruda', lontana anni luce dalle semplificazioni di un biopic, eppure capace di restituire appieno l'anima
controversa del protagonista (...)." (Fulvia Caprara, 'La Stampa', 13 ottobre 2016)
NOTE: SELEZIONATO ALLA 48. QUINZAINE DES RÉALISATEURS (CANNES 2016).
Giovedi 2 marzo 2017 In nome di mia figlia
Durata: 87. Regia: Vincent Garenq. Anno: 2016. Titolo originale: Au nom de ma fille
Origine: Francia, Germania. Genere: Drammatico. Sceneggiatura: Julien Rappeneau. Fotografia: Renaud
Chassaing. Musiche: Nicolas Errèra.
Attori: Daniel Auteuil - André Bamberski, Sebastian Koch - Dieter Krombach, Marie-Josée Croze - Dany,
Christelle Cornil - Cécile,
Trama: Nel 1982, Kalinka, la figlia quattordicenne di André Bamberski, muore mentre è in vacanza in
Germania con sua madre e con il patrigno. André è convinto che non si sia trattato di un incidente e inizia a
indagare. Gli esiti di un'autopsia sommaria sembrano confermare i suoi sospetti e lo spingono ad accusare
di omicidio il patrigno di Kalinka, il dottor Dieter Krombach. Non riuscendo però a farlo incriminare in
Germania, André cerca di far aprire un procedimento giudiziario in Francia e dedicherà il resto della sua vita
nella speranza di ottenere giustizia per sua figlia. Tratto da una storia vera.
CRITICA: "(...) la costruzione narrativa si basa quasi per intero sui vari processi intentati dal protagonista a
quel tedesco che ha finito per ritenere responsabile della morte della figlia; con fitto contorno di episodi
vari (...) con buoni ritmi e, quando serve, con le necessarie attenzioni, ma forse non basterebbero a
richiamare la calda partecipazione degli spettatori se, a interpretare quel padre in preda alla sua quasi
disperata ossessione non ci fosse il grande, grandissimo Daniel Auteuil qui al vertice della sua splendida
carriera. Sul suo volto si incidono di volta in volta, con sapienza e minuzia, il dolore, la rabbia, l'ostinazione,
le furie, davvero di un grande maestro." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 7 giugno 2016)
Giovedi 9 marzo 2017
7 minuti
Durata: 92. Regia: Michele Placido. Anno: 2016. Origine: Francia, Italia. Genere: Drammatico. Tratto da:
omonima opera teatrale di Stefano Massini. Sceneggiatura: Michele Placido, Stefano Massini. Fotografia:
Arnaldo Catinari. Musiche: Paolo Buonvino.
Attori: Ambra Angiolini - Greta, Cristiana Capotondi - Isabella, Fiorella Mannoia - Ornella, Maria Nazionale Angela, Violante Placido - Marianna, Clémence Poésy - Hira, Sabine Timoteo - Micaela, Ottavia Piccolo Bianca, Anne Consigny - M. Rochette.
Trama:I proprietari di un'azienda tessile italiana cedono la maggioranza della proprietà a una
multinazionale. Sembra che non siano previsti licenziamenti, operaie e impiegate possono tirare un sospiro
di sollievo. Ma c'è una piccola clausola nell'accordo che la nuova proprietà vuole far firmare al Consiglio di
fabbrica. Undici donne dovranno decidere per sé e in rappresentanza di tutta la fabbrica, se accettare la
richiesta dell'azienda. A poco a poco il dibattito si accende, ad emergere prima del voto finale saranno le
loro storie, fatte di speranza e ricordi. Un caleidoscopio di vite diversissime e pulsanti, vite di donne, madri,
figlie. Da una storia vera.
CRITICA: "Ispirato alla vera storia avvenuta in una fabbrica francese poi divenuta pièce teatrale per mano di
Stefano Massini (qui anche co-sceneggiatore), '7 minuti' radiografa quasi in tempo reale un dramma tanto
specifico quanto universale sull'oggi e sulla straordinaria capacità delle donne di resistere oltre ogni
ostacolo. Per Michele Placido un ingresso consapevole al cinema squisitamente sociale, per le undici attrici
una performance memorabile, specie per la veterana Piccolo (protagonista anche della pièce), la ritrovata
Angiolini e la 'deb' Mannoia." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 3 novembre 2016)
NOTE: - FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE CON IL CONTRIBUTO DEL MINISTERO DEI BENI E
DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO- SELEZIONE UFFICIALE ALLA XI EDIZIONE DELLA FESTA DEL
CINEMA DI ROMA (2016).
Giovedi 9 marzo 2017
7 minuti
Durata: 96. Regia: Pedro Almodóvar. Anno: 2016. Titolo originale: Silencio. Origine: Spagna. Genere:
Drammatico. Tratto da: racconti di Alice Munro. Sceneggiatura: Pedro Almodóvar. Fotografia: Jean-Claude
Larrieu. Musiche: Alberto Iglesias
.
Attori: Emma Suárez - Julieta, Adriana Ugarte - Julieta giovane, Daniel Grao – Xoan.
Trama: Julieta, una professoressa di cinquantacinque anni, cerca di spiegare, scrivendo, a sua figlia Antia
tutto ciò che ha messo a tacere nel corso degli ultimi trent'anni, dal momento cioè del suo concepimento.
Al termine della scrittura non sa però dove inviare la sua confessione. Sua figlia l'ha lasciata appena
diciottenne, e negli ultimi dodici anni Julieta non ha più avuto sue notizie. L'ha cercata con tutti i mezzi in
suo potere, ma la ricerca conferma che Antia è ormai una perfetta sconosciuta.
CRITICA: "Nel cinema di Pedro Almodóvar tornano le donne, tenere e materne, forti e determinate, sempre
sull'orlo di una crisi di nervi, ma pronte a ricucire ferite e riallacciare abbracci spezzati. (...) Nel film, già
ribattezzato 'Tutto su mia figlia', tornano tanti elementi almodóvariani - i colori accessi, gli anni Ottanta, la
malattia, la morte, la figura della madre, il thriller, il melodramma, il dolore della perdita, il senso di colpa, i
nodi del passato che vengono al pettine - ma il regista sembra orchestrarli senza cedere ai fiammeggianti
eccessi di gioventù, con più rigore e controllo, in accordo con l'emotività trattenuta e le atmosfere sospese
della Munro. Ed è forse questo il punto più debole di un film durante il quale aspettiamo qualcosa che non
arriva mai, un segreto ancora più inimmaginabile, un mistero più intrigante." (Alessandra De Luca,
'Avvenire', 18 maggio 2016)
NOTE: - IN CONCORSO AL 69. FESTIVAL DI CANNES (2016).
Giovedi 23 marzo 2017 Florence
Durata: 110. Regia: Stephen Frears. Anno: 2016. Titolo originale: Florence Foster Jenkins. Origine: Gran
Bretagna,USA. Genere: Biografico,Commedia, Drammatico. Tratto da: 'Una volta nella vita' di Ahmed
Dramé. Sceneggiatura: Nicholas Martin. Fotografia: Danny Cohen. Musiche: Alexandre Desplat.
Attori: Meryl Streep - Florence Foster Jenkins, Hugh Grant - St. Clair Bayfield, Simon Helberg - Cosme
McMoon, Rebecca Ferguson - Kathleen, Nina Arianda - Agnes Stark.
Trama: Nel 1944 l'ereditiera Florence Foster Jenkins è tra le protagoniste dei salotti dell'alta società
newyorchese. Mecenate generosa, appassionata di musica classica, Florence, con l'aiuto del marito e
manager, l'inglese St. Clair Bayfield, intrattiene l'élite cittadina con incredibili performance canore, di cui lei
è ovviamente la star. Quando canta, quella che sente nella sua testa come una voce meravigliosa, è per
chiunque l'ascolti orribilmente ridicola. Protetta dal marito, Florence non saprà mai questa verità. Solo
quando Florence deciderà di esibirsi in pubblico in un concerto alla Carnegie Hall, senza invitati controllati,
St. Clair capirà di trovarsi di fronte alla più grande sfida della sua vita.
Recensione: La storia di Florence Foster Jenkins l’aveva già raccontata, poco più di un anno fa, anche Xavier
Giannoli nello splendido Marguerite. Il regista spostò la vicenda nella Francia dell’Age d’or degli anni ’20 e
costruì un ritratto “molto libero di una persona realmente esistita, che sognava semplicemente di essere
diversa da ciò che realmente era”. Stephen Frears torna invece nella New York del 1944, nell’ultimo anno di
vita della celebre soprano più stonata del mondo, e realizza un vero e proprio biopic (facendo nomi e
cognomi) sul fenomeno rappresentato da madame Florence (Meryl Streep) e le persone a lei più vicine, il
devoto compagno e manager, l’inglese St. Clair Bayfield (Hugh Grant) e il giovane pianista Cosmé McMoon
(Simon Helberg).“La gente può anche dire che non so cantare, ma nessuno potrà mai dire che non ho
cantato”: è questo il cuore della questione, che Frears (proprio come fece Giannoli) cerca di tirar fuori da
questa commedia in costume incentrata su una donna ignara (?) della propria ridicolaggine, ma al tempo
stesso mossa da una passione genuina e sincera. Della prova di Meryl Streep – che fa il suo ingresso in scena
nel Club Verdi come angelo ispiratore per lo Stephen Foster di Oh! Susanna – è ormai superfluo parlare, ma
sarebbe ingiusto non sottolineare l’importanza delle performance di Hugh Grant – nel pieno di una maturità
attoriale sempre più convincente – e di Simon Helberg (l’Howard Wolowitz della sit-com cult The Big Bang
Theory), ben più che semplici sparring partner per la fantastica protagonista. Che, per l’ennesima volta, ha
prenotato un’altra nomination all’Oscar. E sarebbe la 20esima. (di Valerio Sammarco)
NOTE - SELEZIONE UFFICIALE ALLA XI EDIZIONE DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA (2016).
Giovedi 30 marzo 2017 La stoffa dei sogni
Durata: 103. Regia: Gianfranco Cabiddu. Anno: 2015. Origine: Italia, Francia. Genere:
Commedia,Drammatico. Tratto da: liberamente ispirato alla pièce teatrale "L'Arte della Commedia" di
Eduardo De Filippo e alla sua traduzione in napoletano della "Tempesta" di William Shakespe.
Sceneggiatura: J Ugo Chiti . Fotografia: Vincenzo Carpineta. Musiche: Franco Piersanti.
Attori: Sergio Rubini - Campese, il capocomico, Ennio Fantastichini - De Caro, il direttore del carcere, Gaïa
Bellugi (Alba Gaïa Bellugi) - Miranda, la figlia del direttore, Renato Carpentieri - Don Vincenzo, Luca De
Filippo – Capitano.
Trama: Una nave con a bordo una modesta compagnia di teatranti e pericolosi camorristi naufraga sulle
coste di un'isola. Non un'isola qualunque, ma l'Asinara, isola-carcere in mezzo al Mediterraneo, dove
diventa difficile distinguere gli attori dai criminali. Attraverso le picaresche avventure dei naufraghi si dipana
il tema profondo della necessità dell'arte nella vita dell'uomo e quelli universali della colpa, del riscatto e del
perdono.
CRITICA:"Finalmente un film italiano di cui si può andare orgogliosi. Gianfranco Cabiddu rielabora un testo
di Eduardo De Filippo, 'L'arte della commedia', intrecciandolo con la traduzione che lo stesso Eduardo fece
dell'opera-testamento di Shakespeare. Così genera un film che è al contempo raffinato (i personaggi sono
'doppi' di quelli teatrali, a cominciare dal Prospero del direttore e dalla figlia Miranda) e consapevole delle
ataviche ingiustizie subite dalla sua Sardegna (il personaggio del pastore, dolente e buffo, che riattualizza
Calebano). Ottimo il cast, con Rubini in uno dei suoi ruoli migliori di sempre." (Roberto Nepoti, 'La
Repubblica', 1 dicembre 2016)
NOTE: - FILM RICONOSCIUTO DI INTERESSE - PREAPERTURA ALLA X EDIZIONE DELLA FESTA DEL CINEMA DI
ROMA (2015).
Giovedi 6 aprile 2017 American Pastoral
Durata: 108. Regia: Ewan McGregor. Anno: 2016. Origine: USA. Genere: Drammatico. Tratto da: romanzo
"Pastorale americana" di Philip Roth (ed. Einaudi). Sceneggiatura: John Romano. Fotografia: Martin Ruhe.
Musiche: Alexandre Desplat.
Attori: Ewan McGregor - Seymour "Lo Svedese" Levov, Dakota Fanning - Merry Levov, Jennifer Connelly Dawn Levov, David Strathairn - Nathan Zuckerman.
Trama: Seymour Levov, detto "lo Svedese", è un uomo che dalla vita ha avuto tutto: bellezza, carriera, soldi,
una moglie ex Miss New Jersey e una bambina a lungo desiderata. La sua esistenza, però, pian piano va in
pezzi quando la figlia ormai adolescente compie un attacco terroristico che provoca una vittima. Com'è
possibile che una tragedia di queste proporzioni sia accaduta proprio allo Svedese, la persona che per tutta
la sua vita ha incarnato il Sogno Americano? Dove ha sbagliato?
CRITICA: "C'è da chiedersi cosa sia saltato in mente a Ewan McGregor per decidere di confrontarsi con un
libro premio Pulitzer, come quello di Philip Roth (...), capace di raccontare, in maniera profonda e
complessa, il conflitto generazionale che, a partire dagli anni 60, si scatena, via via, tra i figli del boom
economico e quelli del '68, disgregando non solo famiglie, ma le intere basi su cui poggiava l''American
Dream'. Pastorale Americana ha talmente tante anime, aspetti, lezioni, ritratti, affreschi, approfondimenti
sociopolitici che poteva sembrare un azzardo cercare di dargli una sua «fisicità» sullo schermo,
concentrandola in «sole» due ore di racconto. Infatti, McGregor è quasi costretto a fare delle scelte,
privilegiando solo il dramma famigliare che coinvolge la famiglia del protagonista Seymour Levov, detto lo
Svedese, e a cui lui stesso dà il volto. (...) Qui, più dell'America, si raccontano le contraddizioni di una sua
famiglia. Un appiattimento, comunque, d'autore." (Maurizio Acerbi, 'Il Giornale', 20 ottobre 2016)
NOTE - PREAPERTURA ALLA XI FESTA DEL CINEMA DI ROMA (2016).
Giovedi 13 aprile 2017 Il sogno di Francesco
Durata: 90. Regia: A Renaud Fély, Arnaud Louvet . Anno: 2016. Origine: Italia,Francia, Belgio Genere:
Biografico, Storico. Sceneggiatura: J Arnaud Louvet. Fotografia: Léo Hinstin . Musiche: R Grégoire Hetzel.
ITALIA, FRANCIA, BELGIO Data uscita
6 ottobre 2016
Attori: Elio Germano - Francesco d'Assisi, Jérémie Renier - Elia da Cortona, Yannick Renier - Frate Domenico,
Éric Caravaca - Frate Leone, Marcello Mazzarella - Frate Rufino,
Trama: Assisi, 1209. Francesco ha appena subito il rifiuto da parte di Innocenzo III di approvare la prima
versione della Regola, che metterebbe i fratelli al riparo dalle minacce che gravano su di essi. Intorno a lui,
tra i compagni della prima ora, l'amico fraterno Elia da Cortona guida il difficile dialogo tra la confraternita e
il Papato: per ottenere il riconoscimento dell'Ordine, Elia cerca di convincere Francesco della necessità di
abbandonare l'intransigenza dimostrata finora, accettando di redigere una nuova Regola. Ma che cosa
resterebbe del sogno di Francesco? La loro amicizia riuscirà a resistere al confronto tra gli ideali e i
compromessi necessari?
CRITICA: "San Paolo è la Dottrina, Sant'Agostino il Pensiero, ma San Francesco è qualcosa di più: un'Utopia
incarnata la cui forza ha attraversato i secoli concretizzandosi ora nel mandato di Papa Bergoglio, che
simbolicamente ne ha assunto il nome. Parte da quest'assunto il film dei francesi Renaud Fély e Arnaud
Louvet (...). Bressoniana, e quindi « francescana» nello stile, la pellicola è divisa in capitoletti di esile ordito e
tuttavia, anche grazie agli interpreti, le figure dei due protagonisti emergono vivide e convincenti: Elio
Germano è un Francesco poetico e sognatore, Jérémie Renier conferisce a Elia una qualità molto umana di
dubbio e crisi di coscienza." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 6 ottobre 2016)
Giovedi 20 aprile 2017 Lettere da Berlino
Durata: 97. Regia: Vincent Perez. Anno: 2016. Titolo originale: Alone in Berlin. Origine: Germania. Genere:
Biografico,Drammatico,Storico. Tratto da: "Ognuno muore solo" di Hans Fallada (ed. Sellerio).
Sceneggiatura: Vincent Perez, Achim von Borries, Bettine von Borries. Fotografia: Christophe Beaucarne.
Musiche: Alexandre Desplat.
Attori: Emma Thompson - Anna Quangel, Brendan Gleeson - Otto Quangel, Daniel Brühl - Ispettore
Escherich, Uwe Preuss – Persicke.
Trama: Berlino, 1940. La città è paralizzata dalla paura. Otto e Anna Quangel sono una coppia della classe
operaia che vive in un malandato condominio, cercando come tutti gli altri di stare lontano dai guai.
Tuttavia, quando il loro unico figlio viene ucciso mentre combatte al fronte, la perdita scuote a tal punto la
coppia da spingerli a compiere atti di resistenza contro il nazismo. Otto e Anna iniziano così a diffondere in
città cartoline anonime in cui vengono attaccati sia Hitler che il suo regime. La loro campagna attirerà ben
presto l'attenzione dell'ispettore della Gestapo Escherich ma Otto e Anna, nonostante il rischio di essere
catturati e giustiziati, non si daranno per vinti...
CRITICA: "La didascalia finale rende omaggio alla memoria di una coppia che tra il 1940 e il 1943 si oppose a
Hitler seminando in giro per Berlino cartoline che chiedevano ai concittadini di ribellarsi. (...) Ma, apprende
Otto dal poliziotto che infine lo ha stanato, delle 285 cartoline scritte soltanto diciotto non sono state
immediatamente recapitate alle autorità naziste. Sgradevole verità che scagiona il film, ove si pensasse che
concede eccessivo credito al non conformismo dei sudditi di Hitler, dall'eventuale sospetto di idealizzazione.
Accanto all'onorevole prestazione di Daniel Brühl come ispettore, giganteggiano Emma Thompson ma
soprattutto il massiccio e impenetrabile Brendan Gleeson." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 13 ottobre
2016)
NOTE -- IN CONCORSO
AL 66. FESTIVAL DI BERLINO (2016).
Giovedi 27 aprile 2017 La pelle dell'orso ITALIA Durata: 92. Regia: Marco Segato. Anno: 2016. Titolo originale: Alone in Berlin. Origine: Germania. Genere:
Drammatico. Tratto da: romanzo "La pelle dell'orso" di Matteo Righetto (Ugo Guanda Editore).
Sceneggiatura: Enzo Monteleone. Fotografia: Daria D'Antonio. Musiche: Andrea Felli.
Attori: Marco Paolini - Pietro Sieff, Leonardo Mason - Domenico Sieff, Lucia Mascino - Sara, Paolo Pierobon Crepaz, Maria Paiato - Sig.ra Dal Mas,
Trama:Anni Cinquanta. In un villaggio nel cuore delle Dolomiti vivono Domenico e il padre Pietro, un uomo
consumato dalla solitudine e dal vino, che per campare lavora alle dipendenze. Il rapporto tra padre e figlio
è aspro e difficile. Una notte la tranquillità della valle viene minacciata dal "diaol", il diavolo, un orso vecchio
e feroce che ammazza una vacca dentro una stalla. La comunità è in preda a un terrore superstizioso e non
ha la forza di reagire. Una sera all'osteria in uno scatto d'orgoglio, Pietro lancia una sfida: ammazzerà l'orso
in cambio di denaro. La sfida viene raccolta tra le risate e lo scetticismo generale. È l'occasione che Pietro
aspettava da tempo, il mattino dopo, senza dir nulla a nessuno parte per la caccia. Domenico lo viene a
sapere e decide di seguirlo.Padre e figlio si immergono nei boschi, sempre più a fondo, fino ad esserne
inevitabilmente trasformati.
CRITICA: "Ecco un
esempio di esordiente, Marco Segato, capace di calibrare bene le sue forze: scegliendo un'ambientazione a
lui congeniale; facendo buon uso della sua esperienza di documentarista; pescando un adolescente molto
giusto per la parte protagonista, e affiancandogli un interprete di carisma e autorevolezza quale Marco
Paolini. (...) Segato impagina la storia con limpidezza, seppur con un eccesso di diligenza, in una linea di
cinema che guarda all'ispirata lezione di Ermanno Olmi." (Alessandra Levantesi Kezich, 'La Stampa', 3
novembre 2016)
NOTE- FILM
RICONOSCIUTO DI INTERESSE CULTURALE CON CONTRIBUTO ECONOMICO DEL MINISTERO DEI BENI E
DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO